TITOLO: E caddi come corpo morto cade

AUTORE: Voce del silenzio

GENERE: yaoi, sentimentale, angst

STORIA: I ricordi resistono alla morte… forse proprio nei ricordi, sta la nostra vera felicità.

NOTE: autoconclusiva


Dedicato alle azioni di ogni giorno…


 

E caddi come corpo morto cade

By Voce del silenzio

 

Eravamo abbracciati quella volta, sotto la neve che cadeva fitta. Senza giacca, perché noi siamo degli scemi. Con le nostre teste tutte bagnate, appoggiate l’una sull’altra, come per sostenersi, come una stella che regge l’altra, per poter fare più luce. Ti ricordi, Luca? Sei sempre stato un po’ smemorato. Alla fine ci siamo lasciati andare, ci siamo abbracciati ancor più forte. Riuscivo a sentire i tuoi muscoli che tremavano. Ci siamo lasciati abbracciare dal gelo. Chissà cos’avrà pensato quell’anziana signora quando ci ha trovati? Forse era una romantica, e in noi ha visto due angeli, che per stare assieme si sono tolti le ali, facendo nevicare, e che forse sono stati puniti da Dio, per il loro gioco azzardato. Forse, ha sfidato Dio pur di continuare a farci vivere assieme. Quando ci siamo svegliati in ospedale, tu nel letto alla mia sinistra io alla tua destra, ci hanno detto che la cioccolata che la signora aveva portato per noi era finita, ma che era molto buona.

 

Al mare si stava meglio. La sabbia calda, l’odore del sale che ci saliva su per le gambe, che ci accarezzava i fianchi facendoci sussultare. Quell’odore di sale che ci baciava l’ombelico. L’odore del sale, che in quella sua nebbiolina madreperlacea, dai mille colori, superava il petto, arrivava alla bocca e ci univa in un nastro arcobaleno. Viola. Ti ricordi che tutto divenne viola attorno a noi? Il sole ci lasciò soli, scomparve sott’acqua, senza farsi sentire, per non disturbare. Siamo rimasti fermi, in costume, sulla sabbia dorata. Siamo rimasti fermi senza costume, sulla spiaggia. Siamo rimasti senza costume.

 

E quella volta in cui eravamo intrappolati nella pancia di una balena? Te la ricordi? Quella notte abbiamo fatto lo stesso sogno, ci siamo costruiti la stessa, identica, realtà alternativa in cui noi eravamo un po’ il Pinocchio e il Geppetto della situazione. Eravamo rinchiusi nella pancia di una balena, e nella pancia, assieme a noi, c’era un letto a baldacchino. Sembrava assurdo, ma, in fondo, cosa ci può essere di assurdo in un sogno? Il dio dei sogni aveva creato quel posto per noi, ma per noi soli, non potevamo, non volevamo, neanche ci pensavamo di rifiutare. Ci siamo amati anche in sogno, e non c’è cosa più dolce, e non c’è cosa più bella, di un’unione che avviene sulle rive rosate del regno di Morfeo.

 

Ma il ricordo più bello, è di quando ci siamo resi conto di cosa eravamo divenuti. Sotto il sole, sotto la pioggia, la neve, la tempesta, noi eravamo amanti, compagni, amici e due metà di un essere solo che non potrà mai dividersi. E tu lo sai. Ed io lo so. E lo sappiamo entrambi. Quel giorno, siamo andati in centro, siamo entrati in un negozio di sport e abbiamo comprato un pallone da basket nero, con le righe bianche. Lo comprammo perché rappresentava alla perfezione la nostra visione della vita nuova in cui stavamo appena iniziando a camminare. Un pallone da basket, perché logicamente avremmo continuato a giocare, anche più intensamente, più uniti. Nero, perché la nostra vita la volevamo nera. Il nero è visto in maniera sbagliata, il nero non è la tenebra, è l’insieme di colori, e noi volevamo che la nostra vita assieme fosse un insieme di colori. Ci siamo riusciti, e tu lo sai.

 

Questa è la prima lettera che ti scrivo, e sarà anche l’ultima. Lo faccio solo per te. Voglio vederti di nuovo sorridere.

Sai, qui in paradiso non è poi così male, è solo che… che… tu non ci sei, no, non ci sei, e anche se sono egoista ti vorrei qui, ti vorrei qui, qui, qui, qui, tra queste braccia che non possono più stringerti, che non possono più essere strette da te. Ti vorrei qui!

Non piangere. Non ci riesco neanch’io, ma so che possiamo farcela.

Non raggiungermi nella morte, non tentare di farlo.

Non ti dirò di essere cordiale con il ragazzo ubriaco alla guida della porche, ti chiedo solo di non pensarci. È un coglione, uno stronzo, un pezzo di merda ma… ma, ti prego, pensa solo a me, così mi sembrerà che mi stai abbracciando.

Sai, ti abbraccio sempre…

Marco

 

-Fine-

 

DISCLAIMER: tutta roba mia… tranne il titolo che è una frase tratta dalla “Divina Commedia”… va beh… potete pure commentare… critiche ed elogi saranno ben accetti

 

Ciao!

 


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