Desclaimer: niente è mio e niente mi appartiene. Non Thranduil, non Legolas, non Boromir, nemmeno Faramir e neanke uno dei due gemelli. Se mi appartenessero vivrebbero molto più felici, ve lo assicuro, e sarebbero felicemente accasati l’uno con l’altro…Ovviamente io non guadagno nulla ad accoppiarli come i Valar comandano…ditemi se non è volontariato…

Note pre fic: Indecente…questo solo mi vien da dire…abbandonato a se stesso l’angst, son passata a qualcosa di più succulento.Il titolo è inventato di sana pianta. Il mio Sindarin fa schifo, anzi è inesistente…ho schiaffato insieme due parole, ma nn so neanche se nella maniera giusta-_-…Però, comunque sia, questo è quanto la mia mente malata è stata in grado di produrre…enjoy the story!!  

___________________________________________________________________________________________________________________________

DULOTH

Di Rinie

PROLOGO

[Laddove si narra di un'antica e strana leggenda, e si fa cenno ad un viaggio a Bosco Atro di due dei protagonisti]

  C’era una volta una bellissima terra, circondata come ad anello da un fiume, e dominata al suo interno da foreste verdi e lussureggianti. Su Bosco Atro, questo il suo nome da quando una fosca nube oscura l’aveva invasa, si narravano molte leggende, che allietavano le lunghe serate davanti al fuoco delle locande della contea. Inaccessibile ai più era infatti l’enorme selva,e persino gli elfi di Granburrone osavano recarvisi di rado. I pochi elfi silvani che da Bosco Atro si recavano a ovest, a Imladris o su, verso le terre selvagge, e di conseguenza passavano per l’avamposto est della contea, Brea, conservavano sempre un tale alone di mistero e di bellezza celata che le storie sul bosco misterioso proliferavano.

C’era in particolare una leggenda…

  “Essa narra di un fiore, un bellissimo fiore! Così bello che si dice che Yavanna stessa l’abbia seminato a Bosco Atro, e gli abbia infuso l’essenza della bellezza. La leggenda narra che anche gli altri Valar, meravigliati della magnificenza del fiore, gli abbiano infuso un po’ della loro essenza. Solo Melkor ne era geloso. Ma molto geloso, che qualcun altro che non fosse lui potesse creare una simile opera d’arte. E lo voleva, lo desiderava solo per poterlo corrompere, insozzare, rovinare. Cercò di coglierlo, ma davanti alla natura splendida del fiore, rimase così trafitto, che non riuscì a distruggerlo, e l’unica cosa che, nella rabbia suprema di non aver avuto successo, riuscì a fare, fu di contaminarlo con un po’ del suo spirito malizioso, e di lanciargli una maledizione: in eterno sarebbe vissuto, e mai nessuno l’avrebbe colto. Tutti sarebbero stati affascinati dalla sua bellezza, candida come una perla all’esterno e rossa come il fuoco all’interno. Nessuno però avrebbe mai più potuto riammirare il fiore nella sua vera essenza, quella che la dea gli aveva donato, candida e incorrotta, ma variopinta come l’arcobaleno, per l’eternità. E fu così che il fiore mutò aspetto, rimanendo sempre di una bellezza sfolgorante, ma lievemente corrotta dall’influenza di Morgoth. Si dice che questo fiore esista tutt’ora, e che tutti gli elfi di Bosco Atro ne conoscano lo splendore: questo prodigio della natura, dicono abbia i petali all’esterno di un bianco candido come la neve, e splendente come un diamante, e all’interno di un rosso carminio, vellutato e bellissimo, che riscalda il cuore solo a guardarlo. Dùloth lo chiamano, il “Fiore della notte”. Si narra infatti che si schiuda solo di notte, e solo se colpito dai raggi della luna.”

I piccoli hobbit erano rimasti a bocca aperta, con grossi sorrisoni stupiti stampati sulle facciotte. Gandalf ridacchiò tra sé, aspirando un’altra boccata di erba pipa. Poi guardò Aragorn con un espressione tra l’interrogativo e il divertito, mentre i bambini gli auguravano buona notte e si sparpagliavano per la locanda in cerca dei genitori .

Il ramingo lo guardò a sua volta curvando l’angolo della bocca in un mezzo sorriso:

“Sono anni che racconti questa frottola ai bambini, mago. E mille sono le volte che io stesso te l’ho sentita raccontare… Mi chiedo se me ne stancherò mai…”

Un brillio ammiccante passò negli occhi azzurri di Gandalf:                                                                                       

“Nulla è mai affidato al caso, figlio mio…ricordatelo”

“Gandalf ha ragione Estel… Chissà che non lo vediamo anche noi, il fiore…”. A parlare era stata una terza figura, una delle poche rimaste nella sala davanti al camino. Capelli corvini e lisci come la seta incorniciavano un volto marmoreo, illuminato da due bellissimi occhi color viola. Il giovane avrebbe potuto esser preso per un’apparizione se un paio di orecchie a punta non avessero segnalato la sua origine… E d’altra parte, chi non conosceva Elrohir, figlio di Re Elrond, principe di Imladris, gemello di Elladan?

“Dubito che il nostro viaggio a Bosco Atro ci lascerà il tempo di occuparci di botanica…” Rispose il ramingo tra gli sbuffi della pipa.

“Hai ragione, fratello, ma forse…”

“Tutte storie!” Una quarta voce si insinuò, e un paio di occhi verde acqua fissò con un’espressione  tra il serio e il faceto quelli viola. “Ti assicuro che a Bosco Atro non c’è nessun fiore leggendario… Il vecchio mago sta esaurendo il suo repertorio di frottole, ultimamente…”

“La tua arroganza, principe Elladan. Mi lascia di giorno in giorno più perplesso… Il che mi fa presumere che tu ti sia dimenticato delle sculacciate che hai preso dal qui presente vecchio mago quand’ eri un elfetto impertinente… Definizione che non si discosta dal tua attuale stato”

“Le mie scuse, Gandalf, non volevo mancare di rispetto… Ma da Bosco Atro ci son tornato di recente…”

“Senza cavare un ragno dal buco, peraltro” gli ricordò il gemello

“Non è stata colpa mia… Se la testa di Re Thranduil è dura come le mura di Moria!”  Tentò di difendersi Elladan

“Al contrario di quella dei suoi figli, vero?!”

“Cosa insinui?!”

“Che dati i mesi che sei stato via, per una missione relativamente semplice, che richiedeva una risposta immediata, devo dedurre…”

“Cosa deduci?!”

“Che i letti di Bosco Atro dovevano essere ben comodi…”

“Si, indubbiamente, l’ospitalità è ottima”

“Ecco, ti sei incastrato da solo, fratello… Ho sempre sospettato che, come la chiami tu, l’ ospitalità dei principi di Bosco Atro fosse molto… Come dire, piacevole”

“Insinui forse che io abbia approfittato della lasciva leziosità dei figli del Re?!”

“Insinuo, insinuo… Conoscendoti non ci saranno voluti molti bicchieri di vino per  farti finire tra le cosce di qualche principe reale…”

“Ne è valsa la pena, credimi…” sospirò Elladan

“…E farti perdere memoria del tuo compito effettivo”

“Come osi?!”

Aragorn tolse lo sguardo dalla pietosa scena che si svolgeva al suo fianco, non ritenendola degna della sua attenzione… Erano… Quanti anni che conosceva i gemelli?? Perlomeno da quando era nato… Ed era da quella data che con una devastante puntualità era per così dire costretto a subire le zuffe tra i due (in cui aveva spesso giocato una parte attiva…), e poi le sbruffonate di entrambi, che non perdevano occasione di ricordare al mondo intero di quanto riuscissero bene nella loro attività preferita dopo il tiro con l’arco…

“Tu cosa ne pensi, Aragorn” chiese lo stregone, come se niente fosse

“Di cosa? Del “fiore della notte” o del disastroso fallimento di Elladan?”

“La seconda parte…”

“Credo che re Thranduil sia troppo accorto per dare in pasto i suoi figli, che tra l’altro sono guerrieri di chiara fama, al qui presente…”

Gandalf, insolitamente serio per un argomento così poco serio disse

“Quindi secondo te il fallimento di Elladan ha a che fare con qualcos’altro??”

Il ramingo annuì “Si, qualcosa che intendo scoprire e superare quando sarò lì…”

Il mago aggrottò le sopracciglia “Potrebbe non essere così facile”

“No; Thranduil ha sempre guardato con rispetto a noi raminghi. Difendiamo i bordi del suo regno dagli orchetti da tempo. Mi ascolterà”

“Non parlavo di Thranduil, quanto dell’ostacolo che ha impedito ad Elladan di insistere nella richiesta”

Aragorn, togliendo gli occhi dall’apparente nulla in cui erano fissi, squadrò Gandalf

“Non avrò problemi…e ci sarà Elrohir con me”

“Ah, beh…” Rispose scettico lo stregone guardando i gemelli che nel frattempo erano passati alle mani “questa si che è una garanzia di successo…”

[[[Noticina: i nomi dei Valar sono un'autentica sboronata, sappiatelo... La mia conoscenza del Silmarillion si ferma a pagina 80...]]]

 

___________________________________________________________________________________________________________________________

 

CAPITOLO 1 _ SYNDROME   

[Laddove conosciamo ospiti e abitanti della reggia di Bosco Atro]

C'era, quel giorno, una sorta di euforia che pervadeva gli animi dei cavalieri di Gondor. Una sottile felicità, mista a piacere e tranquilla pace d'animo, si era insinuata in tutti loro da quando erano entrati nella parte più a sud del grande Bosco governato da re Thranduil. E queste sensazioni erano tanto più piacevoli dal momento che nessuno di loro si sarebbe mai aspettato di sentirsi in un tale stato d'animo; anche se, pensava Boromir, principe reale, ed erede alla reggenza di Gondor, non erano state certo le tante e tali leggende sulla selva oscura a preoccuparlo, quanto la risaputa abilità bellica del contingente di forze armate del re locale. Un sorriso sarcastico gli incurvò le labbra dai baffi malcurati: se pensava alle mille, accorate, superstiziose e folli elucubrazioni del padre suo unico re (che sempre fosse rispettata la sua volontà), su improbabili attacchi aerei, uso di svariate arti magiche, strabilianti poteri che avevano il terribile e tremendo potere di annebbiare la mente dei visitatori, gli veniva seriamente da ridere! Erano quelli i momenti in cui avrebbe volentieri suggerito al padre l'abdicazione... Se non l'aveva ancora fatto era perchè in fondo in fondo un po' di bene glielo voleva, a quel vecchio folle, e anche un po', ma solo un po', perché l'idea di giocarsi l'eredità al trono per parole troppo avventate non lo stuzzicava piu di tanto... Suo padre era un visionario, ma non era nè sordo né scimunito... Comunque, tornando al paesaggio a lui circostante, doveva ammettere che era davvero degno di nota; mai nella sua vita aveva visto una foresta tanto ampia, intricata, con alberi secolari e altissimi che solo sporadicamente lasciavano filtrare i dolci raggi del sole. Tutto molto poetico... Ma di magiche creature dalla forza ineguagliabile che volavano di albero in albero come scoiattoli isterici non ne aveva ancora visti... Tutte frottole per impressionar la gente erano... Questi fantomatici elfi... Cos'erano mai? Leggendari, millenari... Ci voleva ben altro per ingannarlo; se non vedeva, non credeva, lui...

...... Non che fosse ignorante, no. Qualche libro, qua e la, in epoche remote l'aveva anche letto, Boromir, figlio di Denethor, solo che, al contrario dell'erudito fratello, aveva sempre preferito la pratica alla teoria. Leggere e studiare gli era sempre risultato difficile e noioso. Preferiva esercitarsi nell'arte della guerra. Ed era sempre stato il pupillo di suo padre, che preferiva indubbiamente lui, forte e impulsivo, al fratello.                                            Faramir, questo il nome del giovane biondo che cavalcava dietro di poco dal cavaliere sopra citato, invece, ne sapeva qualcosa di piu. Ma fare sfoggio di cultura non sarebbe servito a molto; cosi come non sarebbe servito dire al fratello che se di elfi fino ad allora non se n'erano visti era probabilmente perchè proprio loro non volevano farsi vedere... Ma se il futuro re era convinto che tutto sarebbe filato liscio come l'olio, bisognava lasciarglielo credere, anche se Faramir era scettico; a prescindere da leggende più o meno fantastiche e lambiccate sulla natura di quelle creature, era risaputo che re Thranduil era un ottimo uomo di stato, ed era in possesso di una retorica da mettere in soggezione quella dello stregone, Gandalf. Non sarebbe stato facile convincerlo. Il vecchio re aveva fiuto, e Faramir, nonostante non conoscesse il sovrano della selva, poteva ben immaginare che ci sarebbe voluto poco perchè egli stesso capisse come meglio e con che mezzi convincere il suo esimo fratello a togliersi dai piedi. Boromir, per quanto fosse un guerriero eccezionale, aveva molte debolezze, e tutte tipicamente umane. Sarebbe stato fin troppo facile ritorcergliele contro... Faramir sospirò... Forse, in fin della fiera, c'era un motivo per cui Denethor aveva mandato anche lui dietro all'impetuoso fratello...

:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

Re Thranduil entrò nella grande radura illuminata dai raggi argentei del sole appena filtrati dagli alberi. Sapeva che l'avrebbe trovato lì. Da quando aveva visto l'uomo di Gondor in tutta la sua arroganza che entrava a grandi passi nel suo palazzo, non aveva pensato che a lui. Era stata la solita solfa, niente di piu, niente di meno. L'uomo chiedeva, mentre a bocca aperta rimirava lo splendore del palazzo, il re ascoltava, mentre scrutava il personaggio che aveva davanti. Questo uomo non era molto diverso da tutti gli altri; un guerriero, indubbiamente forte, indubbiamente abile, indubbiamente determinato e cocciuto, ma anche indubbiamente e irrimediabilmente idiota. La stima che re Thranduil riponeva nell'intelligenza umana era poca, anzi, pochissima, anzi minima, anzi nulla. E si chiedeva perché re Denethor, dopo cinquant'anni che con spettacolare puntualità gli spediva ambasciatori questuanti, non si fosse ancora rassegnato. Tutti i suoi messi (tutti ignari dei precedenti fallimenti) erano tornati a Gondor, quando erano tornati, stralunati e folli per il resto della loro vita. Questa volta gli aveva mandato addirittura suo figlio, anzi, come aveva potuto notare, i suoi figli... Figuriamoci... Rispedirlo al mittente inebetito sarebbe stato un gioco da ragazzi... Ormai era diventata una piacevole abitudine veder ripartire felici, contenti, dimentichi di quella che doveva essere la loro missione, dopo qualche mese i vari ospiti arrivati a Bosco Atro con intenzioni belligeranti!! La vittoria che aveva di recente riportato su Elrond lo inebriava. Per i Valar, far su quel cretino di suo figlio era stato persino divertente!!! E altrettanto divertente sarebbe stato veder capitolare quello sbruffone appena giunto. E il mezzo con cui ci sarebbe riuscito, si trovava poco lontano dal circolo di piante in cui il re si trovava.

E fu proprio da lì che dopo qualche secondo il giovane elfo sbucò, aiutando con una mano colui che lo accompagnava ad uscirne.

"Haldir di Lorien... Vedo che la compagnia di mio figlio vi risulta gradita..." Disse il re ad alta voce. Il guerriero si voltò di scatto, evidentemente sorpreso di trovar lì il re. Imbarazzato, la guardia non trovò di meglio che rispondere a tono, come al suo solito, con l'arroganza e l'alterigia che tanto lo contraddistinguevano.

"Vostra maestà... Devo dire che la... compagnia di vostro figlio e la sua...ospitalità è una delle migliori che si possano trovare... Nonchè una delle piu dolci" Concluse, con voce piu bassa guardando di sottecchi il giovane elfo, che nel frattempo si toglieva delle foglioline che gli erano rimaste impigliate nei capelli. Questi arrossì vistosamente, mordendosi il labbro inferiore, e Haldir ridacchiò tra se, lanciando a lui un'occhiata maliziosa, e al padre una di sfida.

"Spero di poterne... godere ancora, re Thranduil" E con aria divertita lasciò padre e figlio, passando di fianco al re dall'impressione imperscrutabile, e inchinandosi davanti al principe sussurrandogli: "Buona giornata, pen-neth"

Solo quando Haldir scomparve dalla loro vista, re Thranduil ruppe il silenzio apparentemente imbarazzato che regnava tra di loro, sollevando un sopracciglio. Legolas levò gli occhi, mentre il rossore scompariva dalle sue guance, esso lasciò il posto a d un sorriso malizioso e molto divertito.

"Sembra che neppure la glaciale guardia di Lorien possa resisterti, ... pen-neth" Disse il re, enfatizzando, quasi a imitazione, le ultime due parole.

"Al contrario, atar, Haldir sembra apprezzare molto la nostra... ospitalità..."

Thranduil si sedette su una panca naturale, indicando al figlio di venirgli in braccio. Il giovane si mosse in tutta la sua grazia, permettendo al padre di osservarlo. Legolas, suo ultimo e piu giovane figlio, era veramente una meraviglia della natura. Lui stesso spesso si chiedeva come aveva fatto a mettere al mondo una creatura così splendida e affascinante. Lui stesso, che pure era suo padre, spesso si trovava a desiderare che non lo fosse. La sua verde foglia, innocente come una delle peggiori prostitute, e inconsapevole del suo fascino come Narciso, riusciva a tenere intorno a se un alone di bellezza intoccata, pura e diamantina che incantava chiunque lo guardasse. Il sensuale movimento dei glutei quando camminava, il morbido e invitante sorriso che spesso gli ornava le labbra color ciliegia, per esempio, sembravano, e con tutta probabilità erano anche, spontanei, e non studiati per colpire. Un grande affetto lo legava a quella meraviglia, e sapeva di essere ricambiato. Lui avrebbe fatto qualsiasi cosa per il figlio, così come il figlio avrebbe esaudito qualsiasi suo desiderio pure, speculò il re, il piu turpe e sconcio, con tutta probabilità.

Legolas si posò con delicatezza sulle gambe del padre, abbracciandogli il collo e nascondendo il volto nell'incavo del collo.

"Mia dolce, verde foglia..." Sussurrò il re, accarezzando con delicatezza il morbido collo e la schiena del principe. "Stai facendo un ottimo lavoro, e questo mi rallegra molto, la sai..."

il giovane sospirò contento: "si, atar, lo so."

"Bene, figlio mio... Spero che i compiti che ti affido non siano troppo gravosi per te..."

"Mai, padre, lo sapete che ciò che rende felice voi rallegra anche me..."

"Lo so, lo so... Così come sospetto che, talvolta, non sia per te così spiacevole adempiere ai tuoi compiti..."

"No, atar... Haldir è molto attraente..." il giovane sorrise, seducente, sollevando il volto a fissare il padre da sotto le ciglia socchiuse.

"Mai quanto te, mai piccola foglia verde..." Sussurrò Thranduil, baciandogli le labbra. Legolas rispose volentieri, socchiudendo i due petali rosati, come a dolce invito. Ma Thranduil si tirò indietro, sapendo che se avesse osato di piu, avrebbe superato quell'ultima barriera che ancora lo tratteneva dal possedere totalmente il principe. Spesso si domandava anche, come facesse quella creatura apparentemente così innocente, ad essere così priva di inibizioni... Era pur sempre suo padre, no? Eppure, ne era sicuro, si sarebbe concesso a lui senza aprire bocca, o aprendola per ben altro che protestare. E lui sarebbe stato troppo debole per poter resistere al richiamo carnale di quel corpo così sensuale.

"No, pen-neth, sai che non si può..." il giovane si tirò indietro di mala voglia, mettendo un lieve broncio.

"Shht, piccolo mio... Non ti rattristare... Sono arrivati ospiti, stasera dovrai essere più brillante del solito." Gli occhi di Legolas si illuminarono. "Ospiti?? E da dove?" Chiese piano

"Da Gondor, figlio mio. Abbiamo tra noi il figlio del reggente al trono con suo fratello e una piccola corte di soldati al seguito."

Legolas aprì le labbra e inspirò in sorpresa. "Il figlio del re... Un uomo..."

"Si, mio tesoro, e anche un forte guerriero" gli sussurrò il padre nell'elegantemente appuntito orecchio. Gli occhi di Legolas si velarono, di che, il re non seppe dirlo, e il principe si inumidì le labbra con la punta della lingua. "E... com'è, ditemi, padre..."

"E' alto, forte, impetuoso e arrogante. Si lascia sopraffare dalle passioni con una facilità impressionante e..."

Ma si fermò quando notò che il figlio si stava mordendo le labbra per non gemere e tremava sul suo grembo, fissando il vuoto. "Cosa... Cosa deva fare, padre... " Ansimò lievemente

Il re sorrise, sicuro del successo: "Quello che sai, niente di piu... Indossa il vestito piu bello che hai e così presentati a cene stasera... Lui sarà lì..."

Legolas piegò indietro la testa, a stento domando la sensazione inebriante che lo pervadeva... "Si, padre, sarà fatto..."

::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

Giunse la sera, e con la sera la tanto attesa cena. Boromir, dopo le prime due portate era già piuttosto alticcio; non sapeva dire se per la dolcezza del vino che tanto volentieri gli continuava ad offrire il re della selva (che non era mica poi così antipatico, anzi, lo faceva riiiiiideree...), gli aromi speziati e succulenti del sopraffino cibo che continuava ad essere servito, i profumi di sandalo, lavanda, incenso che aleggiavano nell'aria, o le luci brillanti tra l'argento della luna e l'oro delle lampade, o la musica delicata che veniva suonata in qualche angolo remoto della radura dove era stata apparecchiata la titanica cena per gli ospiti; sì, Boromir, come i suoi uomini, e persino il suo solitamente algido fratello, si stavano divertendo, completamente a loro agio. Il re si era mostrato essere una brillante e a tratti addirittura seducente compagnia. Il guerriero di Gondor aveva infatti notato, quando ancora era sobrio, come a pochi fosse sfuggita l'ostentazione del corpo tonico, muscoloso e completamente glabro che il sovrano e i suoi due figli facevano intravedere dalle tuniche lasciate leziosamente aperte qua e là. Ma Boromir era uom d'arme e non d'amori, per quanto potesse stimare la probabile forza combattiva di Thranduil, non era tipo da farsi mandare in estasi da un po' di carne scoperta... Giusto? Giusto...Quel che Boromir non sapeva era che il re non aveva la minima intenzione di farlo sbavare per così poco... Quella era l'usuale tenuta da cena della famiglia reale...

"Principe Boromir" Disse, il re sorseggiando di sbieco in un bicchiere di vino. "Mi sembra che vi stiate divertendo..." . Il suddetto principe gli rispose con un grosso sorriso, sollevando come a brindisi il bicchiere.

"Bene, bene" Sorrise compiaciuto. "E' ora, chiamalo..." sussurrò in un orecchio al figlio primogenito che stava sdraiato sul triclinio in fianco a lui

Il principe chiamò con uno schiocco delle dita un servo e a sua volta gli sussurrò qualcosa in un orecchio. Il servo si allontanò di corsa.

La musica cessò, e per Boromir, fu come se il mondo avesse cambiato l'asse di rotazione. Quello che vide, non riuscì mai e poi mai in tutta la sua lunga vita a raccontarlo a nessuno, tanta fu la meraviglia, lo stupore, il senso di leggerezza e di venerazione che si impossessarono di lui. 

Prima pensò che fosse una visione, o che il vino gli avesse fatto qualche scherzo molto pesante, ma poi si accorse che molti degli astanti avevano avuto la sua stessa reazione, soprattutto i suoi uomini, che pareva stessero facendo a gara a chi aveva la mascella piu slogata. 

Sembrò che un’opera d’arte vivete fosse entrata nella sala. Un’opera a cui tutte le stagioni avessero donato una qualità dei loro frutti: Capelli color del grano, morbidi come seta. Occhi color del cielo estivo, blu vellutato come il mare. Labbra piene color ciliegia… o fragola… o qualsiasi frutto  color carminio si potesse mangiare con un solo morso. Pelle color pesca,  che e tratti ricordava l’alabastro. I lunghi capelli cadevano copiosi su spalli eleganti, e terminavano appena al di sopra del paio di glutei più tondi, apparentemente sodi e perfetti che avesse mai visto. Un sottile abito quasi trasparente cadeva morbido dalle spalle alla vita, dove era leggermente ristretto da una cintura morbida che sottolineava la sinuosità della ventre piatto e snello. Lunghe ciglia nerissime chiudevano e schiudevano gli occhi, posandosi leggiadre su guance appena imporporate per il caldo.  

I sentimenti di coloro che videro per la prima volta il principe piu giovane di Bosco Atro, furono uguali e contrastanti. Chi credette di aver avuto un'allucinazione, e svenne sul colpo (pel troppo vino... Adesso, non esageriamo...), chi decise che avrebbe creato un nuovo culto per la divinità che gli era magicamente apparsa innanzi. Chi provò un desiderio irrefrenabile di toccare e gustare di ciò che aveva innanzi, come aveva fatto fino a poco prima con le dolci pietanze. 

Boromir, le provò tutte. Passò dal mutismo catatonico, alla sicurezza di trovarsi nel mondo dei sogni o nell'aldilà, a una condizione di desiderio. Già, perchè non c'è altra parola per descrivere ciò che in quel momento lo spinse a volere quella creatura. Subito. Voleva mordere quelle labbra come si fa con un dolce frutto. Voleva passare le meni in mezzo a quella cascata di stelle, accarezzare i fili di mithril che allacciavano le ciocche, inspirare il profumo di rosa e di incenso che dovevano sicuramente avere. E poi voleva accarezzare. Invidiava la veste che ricopriva quel corpo perfetto: avrebbe voluto che fossero le sue mani e sfiorare il petto liscio e i piccoli capezzoli che li sotto si intravedevano timidi. Voleva che fossero le sue mani a toccare avide di possesso le morbide cosce, e a stringere i piccoli glutei. E quando lo sguardo dell'elfo di posò su di lui, velato di interasse e non certo privo di malizia, lasciando il posto a un innocente sorriso, l'uomo si sentì morire. 

Il giovane, che era indubbiamente un maschio anche se conservava una componente androgina non indifferente, si mosse mantenendo il dolce sorriso sulle labbra, facendo tintinnare lievemente i due bracciali d'argento che gli ornavano i polsi e le caviglie. Mentre si spostava verso il posto dove sedeva il re, lasciava dietro una scia di sospiri meravigliati e di occhiate di approvazione... Molta approvazione...

Giunto vicino al padre, dopo aver sorriso ancora una volta, questa volta con un lieve inchino del capo, a Boromir, si fermò. Il re alzò il capo e con un sorriso orgoglioso gli cinse la vita col braccio. E il silenzio si ruppe

"Buonasera padre. Spero che la cena sia stata di vostro gradimento... Mi desideravate?"

L'incantesimo si ruppe, e tutti capirono che la visione era reale, e si trovavano davanti al piu giovane figlio di re Thranduil, principe di Bosco Atro Legolas.

::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

Faramir osservò la scena disgustato. Il principe aveva una bellezza rara. Egli stesso, quando l'elfo era entrato in scena (perchè solo così si poteva definire un apparizione tanto spettacolare), era rimasto meravigliato dalla grazia e dal fascino, nonchè dall'indubbia ambiguità che traspariva dalla forma del giovane. Non c'era dubbio, chiunque sarebbe capitolato... Ma già da quando aveva cominciato ad avanzare verso di loro, tutto gli era sembrato avere un che di falso e calcolato. In principio si era chiesto come mai il re tenesse schiavi così belli solo per la fine della cena, e aveva sospettato che il giovane dovesse fungere, in un certo senso, da dessert. Poi si era accorto che alla cosiddetta visione, gli sguardi ammirati e ricolmi di desiderio che tutto il circondario gli lanciava, facevano un enorme piacere, anzi, sembrava gloriarsene. Quando però l'elfo aveva chiamato il re padre, rivelando di esserne il figlio, la nebbia che gli aveva offuscato la mente gli si era diradata. Ovviamente quella era un entrata spettacolare, studiata per dare l'effetto che aveva avuto... Ovvero per cogliere di sorpresa e fuori guardia una manica di imbecilli quali erano suo fratello e gli attendenti e\o generali che sedevano al tavolo con lui. Faramir si chiese come degli uomini che fino a un giorno prima consideravano una spada e un cavallo il massimo della felicità, e la cui unica concezione d'amore riposava comodamente tra le cosce di qualche gonnella in qualche bordello di Minas Thirit, si fossero trovati all'improvviso a sproloquiare di bellezza assoluta, di amore a prima vista, di fede incondizionata... Per un maschio poi... Loro, per i quali gli uomini erano prevalentemente simili da prendere a cazzotti... E simili domande se le poneva pure sull'egregio fratello, che non aveva staccato gli occhi dal bel principe, e soprattutto, dopo una generale osservazione, dal suo rotondeggiante fondoschiena, da quando era lì giunto. Non che lui fosse rimasto indenne da cotanta ostentazione, anzi, una bottarella a quel culetto d'avorio gliel'avrebbe pure data, se fosse stato ancora convinto che il giovane era uno schiavo, ma dal momento che aveva scoperto che il giovane era il principe, e sopratutto il figlio minore di quella volpe di re Thranduil... Beh, questo cambiava tutto...      

:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

L'aveva sentito da quando era entrato in quella stanza: un'ondata di natura che ben conosceva l'aveva travolto, preso in pieno e ora minacciava di trascinarlo via con se. Tutti, ma proprio tutti gli occhi dei presenti gli si erano incollati addosso. Ammirazione, rispetto, approvazione per la sua bellezza… Ma soprattutto… desiderio… Un’incontrollabile flusso di sentimenti devastanti, tutti rivolti verso di lui. Era al centro dell’attenzione, e lo sapeva; era bello, lo sapeva; era vestito nel modo più elegante e sensuale possibile, sapeva anche questo.

Ma sentire su di se lo sguardo fisso di tutti quegli uomini, tutti insieme, lo amava in uno stato di delirante attesa, mista a eccitazione che lo faceva tremare. Sentire che tutti, sicuramente stavano desiderando LUI, il suo corpo… che lo volevano possedere, lo fece gemere. Schiuse la labbra e abbassò civettuolamente le ciglia… si, lo sentiva, sentiva il loro desiderio. Sentiva come avrebbero voluto accarezzarlo, toccarlo, prenderlo. Se il protocollo non gliel’avesse impedito avrebbe tolto con lentezza quella veste leggera che lo copriva, per sentire quegli sguardi pieni di desiderio direttamente sulla sua pelle.

In particolare quello di uno degli uomini. Quello con gli occhi verdi velati di passione. Quello con le spalle ampie, muscolose. Quello che era con tutta probabilità ubriaco fradicio…ma che importava, ora, anche lui era ubriaco di passione.

Come gli sarebbe piaciuto spogliarsi… si, sentire quegli occhi verde smeraldo vagare anche di più sulla sua forma nuda. Posarsi sulla sua pelle, sulle sue dolci mani, sul suo viso, sul suo fondoschiena. Li avrebbe sentiti colmi di desiderio per quel corpo così perfetto, liscio, morbido, che poteva dare soddisfazione, piacere, calore, passione. Quel corpo(il suo corpo) bello quanto intoccabile, etereo. Desiderabile come un frutto maturo, come un agnello sacrificale, come un’opera d’arte, ricoperta solo da un velo, eppure intoccabile.

Sapeva che a quell’uomo sarebbe piaciuto vederlo danzare, svestirsi, toccarsi, donarsi a lui. Aprire braccia a gambe per accogliere tutto il suo essere…E a lui sarebbe piaciuto soddisfare questi desideri essenziali….anzi, era quasi cieco dalla voglia di farsi possedere da quell’uomo, di sentirsi desiderato, penetrato, posseduto, idolatrato…

Questa incredibile ondata di emozioni così violente, lo colpì lasciandolo quasi senza fiato. Mai era stata così forte la sua brama di lussuria. Voleva lasciarsi andare alla decadenza dei sensi, al totale libertinaggio del corpo…E in quel momento l’avrebbe fatto.Se Non fosse stato in mezzo a un ricevimento. Se non avesse avuto a un metro suo padre. Se …

L’indomani avrebbe offerto un notevole spettacolo a quei cavalieri.

“Legolas…mia verde foglia…Questi sono i nostri ospiti da Gondor…” Disse con un sorriso caldo e ammaliante suo padre.

Legolas si chinò e gli diede un lieve bacio sull’angolo della bocca.

Il padre gli carezzò un braccio, e sfiorò il profilo dell’orecchio.

Legolas gemette in maniera soffusa.

“Padre…” 

Il giovane elfo socchiuse le labbra e sventolò le lunghe ciglia color antracite.

“Shht…mia verde foglia…cosa ti turba?”

Sussurrò morbido il re.

“Padre…io…lo sento…Mi vogliono…Non…non resisto…”

Thranduil posò un dolce bacio sulle labbra del figlio, allontanandosene appena per tornare a mormorare

“Lo so pen-neth…lo so…lo vedo…”

Il re guardò con la coda dell’occhi il pubblico che assisteva alla scena (senza peraltro udire nulla)

Boromir aveva guardato…e nella completa ebbrezza alcolica, in un primo momento non aveva compreso a fondo tutte le implicazione di quello che gli stava capitando davanti.

Poi…gli si era come acceso un lume…e la sua mente annebbiata dal vino aveva cominciato ad elaborare il concetto che, per quanto la scena fosse piacevole, dolce, estremamente eccitante, un delirio di bellezza…c’era qualcosa che del tutto non funzionava…

Padre.Figlio.Bacio.Carezza.Sussurri in lingua ignota ai più.Apparizione divina tremante.Re che lo consola baciandolo sulla bocca…

BACIANDOLO SULLA BOCCA??

Va bene…non era raro neppure a Gondor che genitori dessero bacetti sulla bocca ai figli…Ma non BACI…

Baci quasi…quasi lussuriosi…

Ciò naturalmente, non l’aveva sconvolto più di tanto, un po’ perché la condizione non gli permetteva di sconvolgersi più di tanto, un po’ perché per quanto lo riguardava il re e suo figlio potevano essere promiscui e incestuosi quanto volevano…Finché lo lasciavano (guardare) in pace…

“Signori…”

Boromir fu ridestato dalle sue speculazioni machiavelliche dalla voce decisa, gentile, ma pure un po’ ironica, del re, che ora lo guardava con quegli occhi da pantera.

“Vedo che gradite la nostra ospitalità…”

Ora la gradivano ancora di più, dopo un’altra tornata di vino elfico …

“…Come ben sapete ho sempre caldeggiato una possibile nuova alleanza tra uomini ed elfi…”

Nemmeno il cervello in via di deterioramento di Boromir riuscì a non capire che il re li stava pesantemente prendendo per il fondoschiena…

“Ma nelle alleanze…bisogna condividere sempre ciò che di bello si possiede…vero principe Boromir?” Chiese mellifluo, fissando ancora una volta gli occhi verde smeraldo sul principe…Che era indeciso amleticamente se lasciare i suoi sulle forme delle gambe del di lui figlio, sugli occhi blu dello stesso che in quel momento lo guardavano divertiti, o se farli tornare nelle proprie orbite

“Si…si…certo…come no…”

Riuscì quindi a biascicare Boromir

“Quindi, sperando che abbiate gradito la presenza di questa splendida creatura…Vi prometto che domani sera vedrete il principe Legolas danzare dopo cena…”

Si levò un mormorio di approvazione da parte di più o meno tutti i presenti…

Gli occhi di Legolas luccicavano dalla gioia…

“Padre…” Sussurrò al settimo cielo…

“E’ una rarità che lasci un tale gioiello essere scoperto…consideratelo un onore…Le qualità danzatrici della nostra verde foglia sono pari forse solo a l naturale danzare delle foglie nel vento…”

I mormorii di approvazione, aspettativa e un filo di eccitazione, aumentarono,e seguì un applauso ubriaco e storto da parte di alcuni uomini…

“E ora…che la festa continui…spero vi divertiate ancora di più…”

Il re battè le mani ed entrarono suonatori e danzatrici.

Legolas si sedette in grembo al padre per godersi lo spettacolo.

 

TBC________________________________________________________________________________________________________________________