DISCLAIMER: I pg ovviamente non sono miei ma di quell’uomo meraviglioso che è Inoue-sensei (Sì, ok, i soldi me li dai dopo…NdSaku Seeeee, come no -_- NdInoue)
RINGRAZIAMENTI: Un grazie speciale alla mia amica Acua per aver fatto da cavia, per avermi incoraggiata e per essere la persona meravigliosa che è. Ti voglio bene tesoro ^*^
NOTE: Ecco l’ultima parte… Sì, non sto scherzando, è davvero la fine! Questo capitolo è molto lungo, avevo pensato anche di divederlo in due, ma poi ho creduto che sarebbe stato meglio lasciarlo intero per non spezzare la storia…



Due vite, un destino

parte XI

di Sakuya


Hanamichi era steso sul suo letto con lo sguardo fisso sul soffitto. Non credeva ancora che Akira se ne fosse andato. La cosa che lo rattristava maggiormente era che il ragazzo non gli portasse il minimo rancore, nonostante tutto quello che aveva fatto e come si era comportato. Era un semplice egoista, questo lo faceva star male, eppure Sendo lo aveva incoraggiato anche prima di tornarsene a casa, anche mentre aspettava l'aereo e mentre veniva chiamato il suo volo aveva sempre sorriso.
Continuava a dirgli che si sarebbe sistemato tutto, che se amava davvero Rukawa allora tutta quella situazione avrebbe avuto una soluzione felice, ma come poteva crederci? Come poteva sperare che si sistemasse tutto?
Rukawa voleva solo essergli amico, voleva solo qualcuno con cui dividere la solitudine o che lo facesse sentire un po’ meno solo... Aveva scelto lui solo perché aveva riconosciuto che erano molto più simili di quello che entrambi avrebbero mai ammesso, nient’altro.
Come poteva Rukawa innamorarsi di lui? Di uno stupido, sciocco, immaturo ragazzino che era scappato nel momento stesso in cui aveva capito di essere innamorato di una persona che non avrebbe mai potuto avere?
Kaede era così... forte, risoluto, eppure alle volte sembrava anche fragile e dolce... Questo amava di lui, e non solo.
Non amava la maschera da freddo e insensibile kitsune che portava di fronte alla gente, ma il suo vero io. Gli occhi tristi, il sorriso sempre nascosto, la forza di gettare la maschera per creare un contatto...
E poi... gli mancavano le loro chiacchierate al locale, Kaede che non finiva mai la cena, lui che sbuffava dicendo che non voleva fare tardi per colpa di una stupida kitsune, ma che in cuor suo era felice per ogni attimo in più concessogli insieme a quell'angelo...
Che strano, aveva detto ad Akira di essere un angelo e adesso usava lo stesso termine anche per Rukawa. Era dunque così volubile? Poi ci pensò un attimo.
Akira era come un angelo custode, quello che lo aveva aiutato e sorretto nel momento del bisogno, che non lo aveva abbandonato nonostante lui lo avesse ferito e sfruttato, ma Kaede...
Lui era un angelo di quelli veri, un angelo sceso in Terra per sbaglio che è in grado di abbagliare con la sua bellezza e di donare gioia con un sorriso. Perché vederlo sorridere due volte gli era stato più che sufficiente. Sapeva che quel sorriso, quelle labbra increspate timidamente, era il dono più bello e prezioso che qualcuno gli avesse mai fatto e mai niente avrebbe potuto essere come quel piccolo regalo.
Si sentiva un verme per il comportamento che aveva avuto con Akira, eppure lui lo aveva perdonato senza remore, ma con Rukawa era diverso. Kaede non era come Akira...
Aveva alzato il telefono almeno dieci volte, ma tutte e dieci si era fermato dopo aver composto solo il prefisso e le prime due cifre del numero. Aveva trovato il suo numero di telefono sull'elenco di Kanagawa che i suoi nonni tenevano in casa per ogni evenienza, ma se anche fosse riuscito a chiamarlo, che gli avrebbe potuto dire?
'Mi dispiace ho sbagliato, sai ho capito che ti amo e che non ho voluto il tuo aiuto solo perché avevo paura di quello che provo…?'
Era la verità certo, ma non sempre uno ottiene quello che desidera solo dicendo la verità anzi, la maggior parte delle volte pronunciare parole che rispondono all'etichetta di verità, fa talmente male che non riesce a dirle una seconda volta.
A dire il vero lui non era riuscito a dirla nemmeno una volta la verità... La sua vita era stata una finzione fino ad allora ed in parte continuava ad esserlo. Come poteva Kaede innamorarsi di lui avendone visto la vera natura?
E quando avesse saputo del ritorno di Akira sarebbe stato davvero la fine. Glielo aveva detto, lo aveva avvertito di non ferire le persone che gli erano accanto in quella sua fuga senza senso dalla realtà. Eppure lui si era ben guardato dal dargli ascolto, aveva fatto soffrire Akira, se stesso, avrebbe fatto soffrire i suoi nonni se fosse tornato a Kanagawa e in un certo senso aveva fatto soffrire anche lui, Rukawa. Non sapeva bene come, ma sentiva che lui si aspettava molto da quel rapporto, forse perché, come lui del resto, non aveva mai avuto un amico vero, uno di quelli con cui condividere tutto e quando lo aveva trovato... bhe... prima lo aveva trattato malissimo, poi lo aveva abbracciato mentre se n’andava.
Strano comportamento il suo non c'era che dire. Non era da nemico, non era da amico, non era da innamorato. Era invece come se le tre cose si fossero mischiate insieme... e non n’era uscito niente di buono.
Che doveva fare adesso, come doveva comportarsi? Doveva chiamarlo, stabilire un contatto con lui? Doveva tornare a Kanagawa, chiedergli scusa per tutti gli atteggiamenti idioti che aveva avuto con lui da quando si conoscevano? Doveva dichiaragli il suo amore, dirgli che nulla aveva senso se non c'era anche lui?
Si alzò dal letto e si sedette alla scrivania.
Aveva scelto quella foto da mettere lì perché rappresentava tutto il suo passato, quello che lui aveva deciso essere il suo passato, ma che si stava impunemente presentando come il suo presente, un presente da cui non poteva più fuggire e un futuro, quello che non conosceva, quello che quella foto sembra prospettargli, che cercava disperatamente, come si cerca l'acqua nel deserto.
E tra tutti, in quella foto, un volto. Un solo unico volto che era impresso a fuoco nella sua mente. Da quello non avrebbe mai potuto fuggire. Ci aveva provato sin dalla prima volta, da quando i suoi occhi avevano incontrato quel blu profondo e sconfinato sulla terrazza della scuola, continuava a provarci anche in quello stesso momento, eppure non ci riusciva.
Sarebbe stato troppo banale dire che Rukawa gli era entrato fin dentro l'anima, perché ormai della sua anima rimaneva ben poco, e sarebbe stato anche troppo semplice dire che aveva bisogno di lui, perché ormai Hanamichi conduceva una vita in cui chiunque avrebbe rappresentato un’ancora di salvezza, una vita vuota e piena di dolore che lui si era scelto, che lui stesso si era imposto.
Rukawa non era solo quello, no.
Sarebbe stato limitativo dire che aveva bisogno di lui come l'aria e sbrigativo dire che senza di lui non viveva.
Rukawa ERA la sua anima, l'aria che respirava, la sua vita, il suo destino. Perché anche a kilomentri e kilomentri di distanza lo sapeva, lo sentiva dentro, chiaro e regolare come il battito del suo cuore.

Non appena arrivato in albergo si era catapultato nella sua camera, cercando sull'elenco telefonico tutti i Sakuragi. Erano, per sua fortuna, solo sei e li aveva chiamati tutti. Un buco nell'acqua.
I suoi nonni non si chiamavano Sakuragi. E adesso? Che avrebbe fatto?
Non poteva girare tutta Kyoto alla ricerca del rossino, senza avere una meta, un punto di riferimento, un indizio qualsiasi!
Poi gli venne in mente che tutti i suoi compagni di squadra avevano il numero di cellulare e di casa di Hanamichi.
"Stupido!" si apostrofò con poca dolcezza mentre si batteva una mano sulla fronte.
Prese il cellulare e cercò il numero di Ayako. Stava per fare la telefonata quando si rese conto di quanto strana poteva risultare la sua chiamata. 'Ehi Ayako, sono Rukawa. Dammi il numero di Sakuragi, gli devo dire che lo amo...' E se anche non le avesse detto così... Come poteva lui, Kaede Rukawa, chiedere il numero di Sakuragi senza attirarsi dietro un'infinità di domande e battutine?
Non poteva perdere la faccia così! Ma soprattutto, non gli andava di mettere in piazza gli affari propri...
Poi un'illuminazione: Mito. L'amico di Hanamichi sarebbe stato perfetto. Sembrava un bravo ragazzo, in fondo..., era di certo il migliore amico di Hanamichi e quindi non avrebbe fatto troppe storie se gli avesse detto la verità... o almeno una parte... Era lì a Kyoto con suo padre e voleva fare un saluto a Sakuragi. Non c'era niente di male, no? In fondo erano stati compagni di squadra... avevano condiviso tante cose insieme... forse Hana gli aveva anche detto che quando lavorava al locale, lui era lì tutte le sere e si erano trovati a chiacchierare.... Beh, forse no, non gli avrebbe mai detto una cosa del genere, ma doveva provare, no?
Ovviamente non aveva il suo numero... chi poteva averlo? Forse Miyagi o Mitsui, loro di tanto in tanto uscivano con Hana&co... Pensò alle battutine che gli avrebbe potuto fare il loro nuovo capitano e quindi optò per Mitsui… non che le cose sarebbero andate meglio, ma alle volte l'ex-teppista sapeva essere anche molto serio... o almeno sperava!
Prese il coraggio a quattro mani e compose il numero.
Uno squillo... due... tre... 'Non può rispondere’... quattro...'Ok attacco'... cinque...
"Pronto?"
"Ehm... senpai... sono Rukawa..."
"Sì, l'ho letto sul visore... dimmi... qualcosa non va?"
"Ehm... no. Senti... per caso tu hai il numero di Mito?"
"Yohei? A che ti serve il numero di Yohei?"
'Ma da quando 'sto qui è così sospettoso?'
"Ehm... vedi il fatto è che..."
"Aspetta un attimo... Sì... ma... ok, ok... Rukawa?"
"Sì, eccomi"
"Te lo passo, ciao".
'Me lo passa? Mito è lì con lui??? Guarda che fortuna sfacciata..."
"Rukawa? Ciao sono Mito, volevi qualcosa?"
"Ehm sì... Io adesso sono a Kyoto e..."
"Hai carta e penna?"
Anche se Rukawa non poteva vederlo, sapeva che in quell'istante Mito stava sorridendo, si poteva percepire chiaramente dalla sua voce, diventata improvvisamente dolce e comprensiva. Non aveva avuto neanche il bisogno di terminare la frase, Mito aveva capito al volo cosa voleva.
"Sì, vai..."
Scrisse quei numeri ad una velocità impressionante, come se anche solo averli potesse portarlo finalmente alla gioia.
"Ok, ti ringrazio... Saluta il senpai".
"Sì… Rukawa... Se soffre sei morto, capito?"
"....Sì. Ci sentiamo".
Riagganciò e fece un lungo, profondo sospiro. Mito lo aveva completamente spiazzato. Perché gli aveva detto quella frase, a che pro? Aveva capito quali erano i suoi veri sentimenti? Naaa, era impossibile... chiunque se ne fosse accorto doveva essere un mago o un veggente, perché mai una volta, se non quando erano da soli, era trasparso qualcosa di diverso dall'indifferenza più totale, quella che lo caratterizzava sempre... Certo, non che rispondere alle provocazioni o chiamarlo "do'aho" ad ogni occasione fosse un segno d’indifferenza, ma... Oh, ma che gliene fregava se anche Mito lo avesse capito!
Il problema adesso era prendere il cellulare e comporre quel numero.
Che gli avrebbe detto, come si sarebbe comportato? E Hanamichi? Lui come avrebbe reagito?
All'improvviso gli venne in mente un'altro problema: Sendo.
Si era quasi dimenticato che anche lui era lì a Kyoto, con la piccola, insignificante, differenza che era lì con Hanamichi, che lui lo aveva voluto con sé e se non era stupido, a quell'ora, Sendo era tra le braccia di Hana con la scusa di consolarlo o di renderlo davvero felice.
Sentì una rabbia immensa salirgli su, dallo stomaco fino ad esplodere in un urlo che si trattenne appena dall'emettere e che fece tornare il suo umore più che nero.
"Kaede, posso entrare?"
Finalmente si rese conto che quel martellare insistente non era il suo cuore che batteva più veloce perché si trovava nella stessa città di Hanamichi, ma era suo padre che bussava alla porta.
"Hn" disse solo, col suo solito tono e pensò che suo padre doveva avere un udito ultrafino per riuscire a sentire quella specie di lamento.
"Kacchan senti io ho una riunione tra un'ora, mi dispiace lasciarti da solo, ma..."
"Non fa niente, ho altro da fare".
Prese il pallone che era in una sacca e cominciò a farselo girare su un dito. Non riusciva ad essere gentile con il padre, nonostante lui stesse facendo di tutto per comportarsi come gli competeva, da padre.
"Ah... va bene, ok... intanto facciamo un giro qui intorno, ti va?"
"Hn". No, non era proprio tagliato per fare il figlio, ma in quel momento non gli andava di pensarci. Non appena suo padre se ne fosse andato alla sua riunione lui avrebbe chiamato Hanamichi, avrebbe affrontato Sendo e gli avrebbe detto di lasciar stare il rossino perché nessuno se non lui doveva toccarlo, e dopo di quello... Hanamichi lo avrebbe massacrato di botte. Ma non gli importava, almeno gli avrebbe detto che lo amava.

Fissava il telefono da più di venti minuti. Suo padre lo aveva salutato per andare alla sua riunione, promettendo di tornare in tempo per la cena.
Alla fine si decise: era andato lì solo per quello, solo per poter sentire la sua voce. Prima di chiamarlo sul cellulare decise che era il caso di provare a casa.
"Pronto? Casa Komori".
Una voce bassa gli rispose. Doveva essere certamente il maggiordomo o qualcosa del genere... certo che i nonni di Hanamichi erano davvero ricchi!
"Ehm.. buonasera, mi chiamo Kaede Rukawa, sono un amico di Hanamichi. Lui è in casa?"
"No, mi dispiace, il signorino è ancora a scuola per gli allenamenti".
'Il signorino?? E poi ero io quello strapieno di soldi, eh? Gli allenamenti? Senza il basket non ci viviamo io e te, vero?'
"Mi scusi, io adesso sono qui a Kyoto e sono tre settimane che non vedo Hanamichi, potrebbe darmi l'indirizzo della scuola?"
'Ti prego fa che me lo dia!!!' Certo, come poteva pretendere che dessero ad uno sconosciuto il nome e l'indirizzo...
"Può prendere nota?"
La fortuna stava decisamente girando dalla sua parte. Davvero gli stava dando l'indirizzo della scuola di Hana? Forse Hanamichi aveva parlato di lui in quelle settimane, forse ne aveva parlato talmente tanto che anche il maggiordomo sapeva il suo nome!
Si costrinse a tornare con i piedi per terra. Quella era stata solo fortuna. Ringraziò e riagganciò. E adesso? Che faceva? Come si vestiva? Avrebbe fatto in tempo ad arrivare da lui prima che gli allenamenti finissero? E Sendo sarebbe stato lì?
Aprì la piccola valigia, ne tirò fuori l'occorrente per giocare, lo mise insieme alla palla da basket nella sacca, e poi tirò fuori i vestiti migliori che aveva portato.
Un paio di jeans scuri, attillati nei punti giusti, che gli mettevano in risalto il sedere e un maglione bianco con il collo alto, non troppo stretto, non troppo largo... si potevano intravedere i muscoli, senza però metterli in mostra. Si sistemò i capelli e si guardò nello specchio a figura intera che era nell'anta dell'armadio.
"Niente male... Hana sarai mio... Sendo ti riduco in polpette... preparati!"
Prese la sacca e scesa di gran fretta alla reception, dove, chiedendo aiuto al portiere, scoprì che la scuola del rossino era a solo 10 minuti da lì... a piedi...
Uscì dall'albergo raggiante. Se qualcuno che lo conosceva lo avesse incontrato di certo non lo avrebbe riconosciuto. Le mani affondate nelle tasche della giacca, una sciarpa che gli copriva metà del volto lasciando scoperti solo gli occhi, la sacca con il pallone da basket in spalla. Certo poteva sembrare il solito Rukawa, ma le differenze fondamentali erano due: era perfettamente sveglio e i suoi occhi erano diversi. Lasciavano trasparire tutte le sensazioni che provava in quegli istanti.
Emozione, paura, gioia, angoscia, tensione, felicità, allegria, amore.
Quando arrivò incrociò due ragazzi che se n’andavano. Erano piuttosto alti e sembravano sfiniti, probabilmente erano compagni di squadra di Hanamichi.
Non senza difficoltà, riuscì a tirare fuori la voce, che sembrava essergli improvvisamente sparita, e a chiedere ai due dove fosse la palestra. Non gli dissero che era vuota, quindi poteva sperare che Sakuragi fosse ancora lì.
Aveva il cuore che gli batteva a mille e le mani che gli tremavano, e non per il freddo.
Si accostò alla porta aperta e vide un angelo.
Un angelo dai capelli rossi che volava in alto, fino a insaccare la palla nel canestro con uno dei suoi splendidi slam dunk.
Rimase incantato da quella visiono, tanto da non accorgersi della palla che finiva ai suoi piedi e dello sguardo shoccatissimo che un rossino senza fiato gli stava lanciando per averlo visto lì, dove di certo lui non avrebbe dovuto essere.

La palla gli rotolò di alto dopo essersi insaccata alla perfezione. Era davvero migliorato, se ne rendeva conto e la cosa lo riempiva di gioia, anche se non era questo il suo pensiero principale. Decise che la cosa migliore era continuare a giocare per annullare tutti i pensieri e per questo doveva recuperare la palla, anche se, quando si fermava, sentiva addosso tutta la stanchezza di giorni di allenamenti sfrenati quali erano stati quelli dalla partenza di Akira.
Alzò lo sguardo fino al punto in cui si era fermata la palla e per poco non svenne.
Il pallone si era fermato tra i piedi dell'unico spettatore presente, un bel ragazzo alto e moro... un ragazzo che in quel momento doveva essere a Kanagawa, a vivere la sua vita, come se niente fosse.
Per un istante Hanamichi pensò che Akira aveva tradito la sua fiducia dicendo a Rukawa quali erano i suoi sentimenti, ma le parole che il moretto pronunciò lo fecero ricredere immediatamente.
"Beh.... Il porcospino dove lo hai lasciato?"
Possibile che non sapesse dire altro? Ciao, come stai? Che cazzo sono venuto a fare qui... E poi sempre così freddo... era come al solito... perché continuava ad illudersi? Ma allora perché era lì?

"Aki è tornato a Kanagawa... ce l'ho mandato io..."
'Che cavolo mi è venuto in mente? Non lo vedo da tre settimane e la prima cosa che gli dico è <Dove hai lasciato il porcospino?> Ma sono scemo o cosa? No, qui il cervello mi è andato in pappa a forza di guardare questo corpo da favola che non si muove in maniera così sensuale... Oh cazzo, no... devo stare calmo... Respira Kaede, respira... calmo... Ok, ma che muoversi sensualmente??
Adesso mi ammazza...
Però... ok ragioniamo... e smettila di pensare a Hana che fa lo spogliarello, pervertito di un volpastro che non sei altro!... Sendo non c'è... Sendo è tornato a Kanagawa... Hanamichi ha rimandato Sendo a Kanagawa...'
Il flusso di pensieri che colpì la mente di Kaede seguiva un proprio filo che scorreva così velocemente da non permettergli un cambio di espressione... sempre che il suo volto volesse cambiare espressione...
"Ah... avete litigato?"
"Ehi volpe perché sei qui? Che ti frega di me e Aki?"
"Niente..." Rukawa abbassò il viso. Ma che stava facendo? Davvero voleva litigare con lui?
"Senti... sono venuto per parlarti... Se mi batti ti dico quello che sono venuto a dirti, altrimenti me ne torno a casa..."
"Ehi, aspetta... Tu, sei venuto fino a qui, solo per parlare con me??? No, ma mi stai prendendo per il culo?"
'Magari... Cazzo Kaede smettilaaaaa!!!' "No, è la verità".
Kaede sollevò bruscamente lo sguardo sul rossino quando una risata di quelle solite, false e assordanti riempiva l'aria.
"Ah ah ah... sei dovuto venire fino a Kyoto per battere il grande genio!"
"Smettila di fare l'idiota... credevo avessi capito che con me non serve..." Una leggera nota di delusione nella voce. Possibile che ancora dovesse sentirsi così in pericolo da far finta di essere ciò che non era con lui?
"Già... non serve... Mica vorrai giocare così vero?"
‘Non serve’. Lo aveva ammesso, la voce calda di sempre, quella che solo lui conosceva, o che così credeva essere. Probabilmente anche Sendo sapeva tutto di lui, anzi, forse lo conosceva anche meglio. Forse si era innamorato di lui e lo aveva rimandato a Kanagawa solo per provare a vedere se riuscivano a stare separati... Kaede scosse la testa, per allontanare quei pensieri e concentrarsi solo sulle parole di Hanamichi e non sulle sue stupide fantasticherie.
"Ho portato il cambio, dove vado?"
Avrebbe potuto anche cambiarsi velocemente in un angolo, ma non voleva che quel corpo sudato e invitante davanti a lui lo 'distraesse'...
"Esci da quella porta, corridoio a sinistra, prima a destra e seconda porta a sinistra. Hai capito o vuoi che ti accompagni?"
Certo ci mancava solo che lo accompagnasse e magari restasse lì impalato a guardarlo... a quel punto altro che sfida!
"Non sono stupido come te..."
"Tu... baka kitsune!!! Non sai...."
"Do'aho" gli sussurrò passandogli accanto mentre si dirigeva fuori dalla palestra. Lo aveva detto con un tono che niente aveva dell'insulto... Hanamichi si accorse come era maledettamente sexy quella voce anche se non faceva niente per esserlo! In realtà non sapeva che l'intento del moro era proprio quello!
In men che non si dica Rukawa tornò in palestra, con una maglietta, un paio di pantaloncini e la solita fascetta al braccio. Sembrava tutto come sempre, non fosse stato che erano in un'altra città, Rukawa aveva sfidato Sakuragi e non il contrario, e nell'aria c'era molto più che una sfida, sembrava che la vita di entrambi dipendesse da quel match.
"Si arriva a 11, se vinci tu ti dico perché sono qui, ma, se vinco io..."
"Se vinci tu, e non vincerai, ti dirò una cosa che altrimenti non ti direi per nessuna ragione al mondo".
"Che sono più bravo di te già lo so..." Rukawa era divertito da quella situazione. Era andato lì per riprendersi Hanamichi e niente lo avrebbe fermato, anche se avesse vinto quella sfida gli avrebbe confessato lo stesso i suoi sentimenti.

Hanamichi era convinto che mai avrebbe avuto la possibilità di dire a Rukawa quello che provava per lui, ma quella sfida gli si prospettava come la migliore occasione che gli si fosse mai presentata, la prima e forse anche l'ultima. Si sarebbe impegnato con tutto se stesso, ma, qualsiasi fosse stato il risultato, avrebbe detto lo stesso a Kaede quello che provava, era troppo importante.

Rukawa fu il primo ad andare in attacco e riuscì a segnare, dopo essersi smarcato con una banalissima finta. Hanamichi era troppo perso nei suoi pensieri, non molto casti, sul corpo perfetto della volpe per accorgersi che lui si era già mosso. Scosse la testa e ricordò a se stesso che avrebbe fatto di tutto per vincere! Era troppo curioso di sapere cosa aveva da dirgli Rukawa!

Per tutto il proseguimento della partita nessuno dei due fu concentrato nello stesso momento. Se Hanamichi si perdeva in chissà quali pensieri, Rukawa sfruttava l'occasione per segnare, ma se era quest'ultimo a perdersi nei meandri della propria mente, allora era il rossino ad approfittarne.
"9 pari volpe... chi segna questo vince!" Disse Hanamichi atterrando dopo un bellissimo tiro in sospensione che Rukawa non era riuscito a bloccare perché saltato in ritardo.
Rukawa era in attacco, Hanamichi in difesa.
Kaede abbassò i fianchi cercando di studiare il suo avversario: i capelli che gli ricadevano in ciocchette scomposte sul viso, il torso nudo, libero dalla maglietta gettata in un angolo poco prima, il respiro accelerato, i muscoli tirati per lo sforzo.
Meraviglioso, semplicemente meraviglioso e assolutamente perfetto.
Kaede fissò i suoi occhi in quelli di Hanamichi, come era solito fare con tutti i suoi avversari.
Pozzi d'ambra, cioccolato fuso e denso, i suoi occhi erano senza dubbio una delle cose che Rukawa amava di più in lui. Era come se sprigionassero un calore profondo e senza limiti capace di avvolgerlo e portarlo lontano, dove niente poteva ferirlo o anche sono infastidirlo. Un luogo in cui era sicuro, dove voleva passare il resto dell'eternità.

Hanamichi continuò a fissare Kaede nonostante quei suoi occhi blu sembrassero bruciargli dentro. Erano in quella posizione da un tempo brevissimo ma che per lui durava da tutta una vita. Tante volte i loro sguardi si erano incontrati, e tante volte avevano espresso i sentimenti più differenti, ma ora... Ora ne era certo. Tutto quello che voleva era solo perdersi in quegli occhi, annegare in quell'oceano e perdersi nell'anima che essi celavano, perché niente e nessuno poteva portargli via quello che prova in quell'istante: un amore sconfinato e senza limiti.

Kaede lasciò cadere la palla senza distogliere lo sguardo da quegli occhi magnetici e profondi.
Pochi passi lo separavano dal suo amore, tante volte era stato vicino a toccarlo, ma mai ci era riuscito veramente, non era mai riuscito a toccare la sua anima, ma adesso sentiva che avrebbe potuto, che ci sarebbe riuscito.
Si avvicinò fino ad essere a pochi centimetri da lui, lo guardò fisso e improvvisamente i suoi occhi s’illuminarono, le sue labbra s’incurvarono e lui sorrise, come mai aveva fatto prima di allora.
"Ammazzami se vuoi ma io ti amo e sono disposto a morire per te... anche se preferire vivere con te..." Continuò a sorridere e allungò le braccia fino a sfiorare il corpo immobile di Hanamichi. Lo abbracciò stretto, ma questo era un abbraccio diverso dai precedenti, adesso poteva finalmente far capire l'amore che metteva in quel gesto e non nasconderlo dietro il semplice affetto o la semplice comprensione.

Hanamichi era completamente immobile, non riusciva più a dire o fare niente. Quegli occhi lo avevano rapito e portato in un posto dal quale non voleva far ritorno, lo avevano condotto direttamente nell'anima di Kaede e da lì non sarebbe mai più scappato, non avrebbe fatto di nuovo l'errore che lo perseguitava fin da quando ne aveva ricordo.
"Ammazzami se vuoi, ma io ti amo e sono disposto a morire per te... anche se preferirei vivere con te..."
Un sogno. Doveva di certo essere morto ed ora era in paradiso, perché mai, neanche nei suoi sogni più profondi aveva immaginato una scena del genere, mai aveva sperato realmente che Rukawa fosse innamorato di lui, e invece...
Due braccia sottili ma terribilmente forti lo strinsero all'altezza della vita, mentre lui rimaneva lì, completamente immobile e senza riuscire quasi a respirare. Aveva la mente in completo black out, solo quelle parole gli rimbombavano nella mente.
"... io ti amo... io ti amo... io ti amo..."
Non si rese conto delle lacrime che cominciarono ad uscire dai suoi occhi senza permesso, non si accorse nemmeno delle sue braccia che aveva stretto a sé quel corpo così perfetto, cingendogli il collo, non si accorse della voce dolce di Rukawa che gli diceva di calmarsi, che era lì con lui, non si accorse nemmeno dei mille lievi baci che gli toccavano il volto.
Sentì la sua voce, lontana, come se non fosse stato lui a parlare e sentì le sue braccia serrarsi di più attorno a quel corpo, come per essere certe che non era solo un sogno.
"Anche io ti amo... ti amo così tanto che potrei morire per dimostrartelo..."
"Non voglio che tu muoia, dimostramelo amandomi..."
Di tutto quello che stava succedendo se ne rese conto solo quando due labbra morbide si posarono sulle sue, una lingua velluta chiese il permesso di entrare nella sua bocca e intraprese insieme alla sua una danza che sembrava senza fine e che unì, sopra ogni altra cosa, le loro anime.

Kaede si staccò a malincuore da quel bacio passionale e carico di sentimenti, quando entrambi erano in grosso deficit di aria, maledicendo mentalmente una cosa stupida come il dover respirare per sopravvivere.
"Io... era così tanto che..."
Poggiò due dita sulle labbra del rossino, che ormai aveva smesso da molto di piangere, ma che aveva ancora il viso rigato di lacrime, per impedirgli di parlare oltre. Avrebbero avuto molto tempo per le spiegazioni, ora era di altro che entrambi avevano bisogno...
"O adesso tu vieni con me in albergo, oppure sbarro le porte e ti sbatto addosso ad un muro... oppure potrei portarti nelle docce..."

Hanamichi arrossì violentemente a quelle parole, ma si limitò ad abbassare la testa annuendo, trascinando poi Rukawa per mano verso gli spogliatoi.
Fu un vero miracolo il fatto che entrambi fossero riusciti a fare la doccia in silenzio (o meglio, fu un miracolo che Hanamichi riuscisse a stare zitto!), ma soprattutto placando i loro bollenti spiriti. Del resto Hamichi era fin troppo teso e anche emozionato per permettere che la passione li cogliesse lì. Voleva che tutto fosse perfetto per la loro prima volta insieme, anche perché quella era la sua prima volta e basta. Si chiese, guardandolo di sfuggita, se Kaede aveva avuto altre esperienze prima e provò una fitta di gelosia ad immaginare il suo bel volpino tra le braccia di un altro, o peggio di un'altra... Si chiese per tutto il tragitto perché uno popolare come lui, fra tutte le donne della Terra, e poteva averle davvero tutte data la sua bellezza e più lo guardava più se ne rendeva conto, avesse scelto proprio un tipo banale e senza nessuna particolare attrattiva come lui.

"Hana... ti amo. Capito do'hao?" disse piano Rukawa mentre il portiere prendeva la sua chiave tra le altre. Era come se potesse leggere in quegli occhi, e adesso ci vedeva tanta insicurezza. Temette di aver corso troppo, pensò che forse Hanamichi non era ancora pronto e del resto, non era convinto lui stesso di esserlo. Si erano appena dichiarati il loro amore reciproco, era vero, ma c'era una strana atmosfera di aspettativa tra loro, e poi il fatto che Hanamcihi fosse in completo silenzio da ben 25 minuti non era una cosa buona... beh forse solo un po’...
Hanamichi si limitò ad annuire alle parole del volpino e la cosa spaventò ancora di più Kaede che percorse gli ultimi metri, dalla hall all'ascensore e poi da lì alla sua stanza, con un’ansia sempre crescente che lentamente stava prendendo il posto dell'euforia e della gioia di pochi attimi prima.
Entrò, buttò la borsa in terra e si sedette a gambe incrociate sul letto dopo essersi tolto la giacca. Guardò Hanamichi sorridendo con estrema dolcezza ed invitandolo accanto a lui.

E il rossino così fece. Si tolse la giacca, si sedette sul letto e dopo un attimo appoggiò la testa sulle gambe del moro, mentre lui cominciava ad accarezzargli i capelli con dolcezza, per farlo rilassare.
"Che c'è?"
Una semplice e logica domanda. Ma cosa poteva rispondergli? Una convinzione si stava facendo largo in lui ma era ancora troppo nebulosa per riuscire a spiegarla, e poi in quel momento, desiderava fare l'amore col suo Kaede più di ogni altra cosa, ma si vergognava troppo per dirlo.
"Io... non so spiegartelo ancora..."
"Ti sei pentito di quello che hai detto?"
"No! Come credi che potrei farlo??!!"
Hanamichi si alzò a sedere e piantò i suoi magnifici occhi in quelli altrettanto belli del volpino che ora lo fissavano con una leggera nota di preoccupazione.
Come poteva, quel volpino artico, credere davvero che si fosse pentito? Dopo tutto quello che aveva passato per ammetterlo a se stesso!
"Sei così... strano... freddo..."
"Freddo? Io... sarei FREDDO??"
Hanamichi si gettò su Kaede facendo finire entrambi sdraiati e si mise seduto a cavalcioni su di lui.
"Chi sarebbe quello freddo di noi due kitsune?"
"Ok, sei finito!"
Con un colpo di reni Kaede invertì le posizioni e si abbassò fino ad essere ad un soffio dal viso del suo compagno. Il respiro di entrambi cominciò a farsi improvvisamente corto. La tensione era stata spezzata ed entrambi aspettavano con ansia l'evolversi della situazione.
"Sei mio adesso..."
Kaede sorrise di nuovo, un vero record per lui, ma si sa, l'amore è capace di molti miracoli...
Si abbassò a baciare il rossino che non aspettava altro e che si strinse di più al suo amore per intensificare il contatto.
Come i vestiti finirono sul pavimento in meno di due secondi nessuno dei due avrebbe mai saputo dirlo.
Le mani di Kaede accarezzavano, esploravano e toccavano ogni millimetro di pelle con cui venivano a contatto e quelle del rossino non erano da meno.
La pelle di Kaede era così morbida e vellutata al tocco che per chiunque sarebbe stato impossibile non desiderarne sempre di più.
Rukawa lasciò finalmente respirare il rossino, dopo una serie di lunghi e profondi baci, ma solo per dedicarsi al suo collo e al suo petto provocando un numero sempre crescente di sospiri e piccoli gemiti a Hanamichi, completamente rapito dai quei semplici gesti.
Una scossa percorse i loro corpi, quando finalmente le loro virilità, ancora ricoperte dalla stoffa leggera dei boxer, vennero in contatto, una scossa che si ripeté più e più volte.
La mano del moro scese a torturare un capezzolo mentre baciava di nuovo il rosso che accarezzava febbrilmente la sua schiena.
"Ti voglio Hana" disse con voce roca e terribilmente eccitante Kaede nell'orecchio di Hanamichi prima di leccarlo dolcemente, mordicchiando e succhiando il lobo, cosa che fece letteralmente impazzire il rossino, che non poté impedirsi di gemere più forte mentre si stringeva ancora di più alla volpe e gli allacciava la vita con una gamba, come in un tacito, ma molto esplicito invito a continuare.
Non avevano bisogno di parole, solo loro contavano, solo il loro mondo, le carezze sempre più ardite di Kaede, i gemiti via via più intensi di Hanamichi, i loro occhi, velati di passione, che s’incontravano e s’incatenavano per non lasciarsi più, i loro cuori che battevano sempre più veloci, insieme, i loro respiri più convulsi, ma sempre in sincronia, come se non avessero fatto altro per tutta la vita, come se fosse stato creato un solo essere, poi diviso in due perfette metà, che ora si erano incontrate di nuovo.
La mano di Kaede scivolò piano sui boxer di Hana e il moro aspettò uno sguardo che gli concedesse il permesso di continuare, sguardo che arrivò immediatamente. Mentre lo accarezzava con una mano scese con tutto il corpo fino ad arrivare con le labbra ad accarezzare il membro duro di Hanamichi, ancora protetto dai boxer.
Il rossino inarcò la schiena e non vide il sorrisetto compiaciuto che increspò le labbra del moro mentre toglieva anche quell'ultimo ostacolo al raggiungimento della sua meta.
Kaede si fermò un istante ad osservare il corpo nudo del suo koibito. Il respiro affannato, la pelle ricoperta d’impalpabili goccioline di cristallo, gli occhi socchiusi. Uno spettacolo, e lui era il solo spettatore. Si abbassò e baciò con reverenza la punta del membro di Hanamichi, che al contatto tra quelle labbra fresche e la sua pelle bruciante di desiderio, sussultò e strinse il lenzuolo sotto di lui con entrambe le mani.
Kaede cominciò a depositare lievi baci lungo tutta l'asta mentre alternava giochi di lingua, saliva e riscendeva con lentezza esasperante che sembrava studiata, ma era solo frutto dell'istinto.
"Ka... Kae... ti.. prego.."
Come si poteva rifiutare qualcosa a quelle labbra dolci che pronunciavano quelle parole con una voce così bassa e sensuale da rischiare di farlo venire così, in quello stesso momento?
Ovviamente era impossibile e così Rukawa non si fece ripetere la richiesta due volte, prendendo in bocca in una sola volta l'eccitazione fremente di Hanamichi facendolo gridare di sorpresa e piacere.
Succhiava e leccava, baciava e mordicchiava con dolcezza, sempre di più, sempre più spesso. Senza preavviso Hanamichi prese una delle mani di Kaede che gli tenevano e accarezzavano i fianchi con languide carezze, e se la portò alla bocca. Leccò e baciò quasi con foga quelle dita, rapito e trasfigurato da un piacere mai provato e che voleva donare anche al suo amante.
Piano, lasciando una scia umida lungo il loro tragitto quelle dita scesero, fino arrivare all'apertura di Hanamichi, che s’irrigidì immediatamente quando sentì il primo dito entrare. Kaede si mosse piano, per far abituare il suo ragazzo a quell'intrusione che presto sarebbe diventata ben più grande. Mentre continuava la sua opera di suzione sul membro di Hanamichi continuò a prepararlo aumentando il numero delle dita, causando gemiti strozzati al rossino.
Quando sentì che ormai era prossimo a raggiungere il limite, si fermò e si posizionò tra le sue gambe, dopo aver tolto con un gesto rapido i boxer che ancora indossava e che erano diventati maledettamente stretti, nonostante fossero di leggero cotone. Gli si avvicinò fino a raggiungere il suo orecchio.
"Ti amo Hana-chan, vuoi fare l'amore con me?" Poteva sembrare una domanda stupida, in fondo erano già andati molto, forse troppo, oltre per fermarsi, ma in quelle parole c'era racchiuso molto di più.
Vuoi fare l'amore con me? Ti vuoi fidare di me? Vuoi affidarti a me? Vuoi amarmi come io amo te? Vuoi essere finalmente felice e rendere felice anche me?
Ecco cosa nascondeva quella domanda, e anche senza parlare Hanamichi lo aveva compreso perfettamente.
"Ti amo Kae-chan e voglio fare l'amore con te..."
Kaede sorrise e cominciò ad affondare nel corpo stretto e caldo di Hanamichi che non riuscì a trattenere un urlo di dolore. Kaede si fermò, aveva troppa paura di fargli del male, paura che il dolore andasse oltre quello fisico e che lui smettesse di dargli quella fiducia appena ottenuta e che era costata ad entrambi sofferenza e dolore.
"Co...continua..." Hanamichi si aggrappò a quelle spalle larghe e rassicuranti e affondò il viso nell'incavo del collo del moro che, lentamente, ricominciò a spingere mentre con una mano riprendeva a massaggiare l'eccitazione ancora insoddisfatta del rossino.
A mano a mano che le spinte aumentavano di frequenza, anche il ritmo del massaggio aumentava, come i gemiti di Kaede e quelli di Hanamichi, che si erano finalmente trasformati in espressioni di piacere e non più di dolore.
Ci riuscì, Kaede riuscì a trovare il punto che donava più piacere a Hanamichi che si sentì, per la prima volta in vita sua, davvero completo. Sentiva di appartenere a qualcuno e che quel qualcuno apparteneva a lui.
Non un pensiero attraversava le loro menti, non un dubbio, non un'incertezza. Erano pieni solo di loro stessi, del loro amore appena nato e dell'estasi di stare insieme.
Kaede venne urlando il nome del suo compagno, che sentendosi inondato e appagato del seme del moro, lo imitò chiamando il suo nome mentre si riversava sui loro corpi intrecciati.
Uscì a fatica dall'amante, procurandogli un gemito di dolore. Lo avvolse protettivamente tra le sue braccia e lo sentì stringersi a lui, affondare la testa sul suo petto e accoccolarsi come un cucciolo contro il suo corpo.
"Mi fa male tutto..."
"E vedrai domattina..."
"Ah... devo avvertire casa..." Hanamichi fece per muoversi ma una fitta di dolore alla schiena lo bloccò e ci pensò Kaede ad allungargli il telefono.
"Hana... ti amo".
Lo guardò con gli occhi che gli diventavano di un blu più intenso di quello del cielo e più profondo di quello del mare e gli accarezzò la guancia mentre il rossino gli sorrideva dolcemente e gli sussurrava un "Anch'io" prima che dall'altra parte alzassero la cornetta.

Kaede si svegliò talmente felice che non gli sembrava possibile. Avvertì immediatamente il calore del corpo che giaceva accanto al suo, stretto e intrecciato al suo come per cercare conforto e riparo. Tutto quello che poteva offrirgli era un amore puro e incondizionato e forse questo, ricambiato com’era, avrebbe dato ad entrambi la pace e la serenità che a lungo avevano cercato.
"Buongiorno volpe"
"Ma sei sveglio?"
La capigliatura rossa che giaceva tranquillamente sul suo petto si mosse fino a far rispecchiare gli occhi color cioccolato di Hanamichi in quelli ancora assonnati di Kaede.
"Praticamente non ho dormito..."
"Ti fa male? Insomma sono stato troppo..."
"Ma no! Non è per quello scemo!... Ehi… e il bacio del buongiorno?" Il rossino sorrise così dolcemente che la preoccupazione nella voce del moro scomparve all’istante ed entrambi si persero in un lungo, dolce bacio.
"Allora oggi dirai ai tuoi nonni che torni a Kanagawa?"
Erano stesi, così come si erano svegliati, abbracciati talmente stretti da lasciare solo lo spazio necessario alla respirazione, come se entrambi avessero paura che il loro amore si rivelasse essere solo un sogno.
"No..."
"Ah... senti so che ci vorrà qualche giorno e se non vuoi tornare domani con ma va bene, però.."
"Io non torno a Kanagawa."
Kaede si irrigidì: doveva aver sentito male, sì, senza dubbio.
"Come scusa?"
"Non torno".
"Hana... cazzo Hana guardami! Che significa che non torni?"
Kaede si era messo a sedere e ora aveva gli occhi puntati sul rossino, era in attesa di una risposta. Possibile che tutto quello che era successo fosse solo un'altra illusione? A che scopo avevano fatto l'amore se poi lui non voleva tornare a casa?

Hanamichi si sollevò a sua volta e fissò gli occhi in quelli del suo ragazzo. Era difficile, ma ci aveva pensato tutta la notte, era quella la cosa che si stava facendo largo in lui, la consapevolezza di dovercela fare da solo.
"Kae adesso la mia vita è qui, o almeno un parte di essa... Io... non so se riesco a spiegartelo bene..."
"Beh provaci perché per adesso ho sentito solo stronzate!"
"Kae ascolta..." Hanamichi prese un profondo respiro e poi riprese a guardare fisso Kaede. Lui doveva capire! Era l'unico che potesse farlo, l'unico. "Io ho passato tutta la mia vita a scappare. Scappavo dai miei amici, da quelli che non mi conoscevano, dal basket e soprattutto da te. Fingevo di essere qualcuno che non ero e solo tu hai visto il vero me, quello che mi ostinavo a nascondere perché la paura di soffrire era troppa..."
"Questo..."
"No, lasciami finire adesso che ho cominciato..." Aspettò che Rukawa annuisse e poi riprese a parlare. "Poi sei arrivato tu... o meglio, ho capito che l'odio che dicevo di provare per te serviva solo per non ammettere che in realtà eravamo identici, che solo tu avresti potuto capirmi come avevi cominciato a fare. E quando mi sono reso conto che tu eri già molto più importante di quello che credevo e che avevi visto di me molto più di chiunque altro, sono scappato da Akira. Lui mi ha aiutato, non so perché, non credo che lo abbia fatto solo per amore..."
A quelle parole e al nome di Sendo, vide le mani di Kaede stringersi convulsamente. Se lo avesse avuto lì davanti, lo avrebbe preso di certo a pugni, ma il sorriso rassicurante che Hanamichi gli fece, fu come un calmante e il moro tornò improvvisamente sereno, ben cosciente dei reali sentimenti del rossino verso quel porcospino che camminava su due zampe.
"Comunque lui mi aiutato, non venendo qui, ma facendomi capire che non potevo nascondere in eterno i miei sentimenti. Mi ha scritto una lettera prima di andarsene. C'è scritto che lui sapeva che ti amavo... ti amo... dal primo istante in cui ci ha visti insieme in quell'amichevole, ma che se me lo avesse detto sarebbe stato troppo semplice. Ha detto che mi capiva e che si augurava che fossimo felici... La cosa veramente importante però, quella che ho ripromesso a me stesso, è che non avrei mai più fatto affidamento sugli altri, che avrei mostrato sempre e solo il vero Hanamichi e che sarei andato avanti con le mie sole forze per riscoprire il vero me stesso e... ecco, diventare una persona migliore... una persona degna di te..."
"Hana ma io non sono nessuno! Non devi sentirti inferiore a me! Tu sei stato creato per me come io per te e..."
Hanamichi strinse le mani del volpino che si erano lanciate sulle sue, intrecciando le loro dita.
"Lo so... e visto che lo sai anche tu, cerca di capirmi... Adesso io e te... siamo una coppia, vero?" chiese con un po’ d’incertezza, ma la luce che accese gli occhi del moro non lasciava adito a dubbi.
"Do'aho prova a dire che non sei il mio ragazzo che ti faccio a fette!"
"Eh eh eh... ok, ok... Kae..." Sospirò "... io ti amo, lo capisci? Niente mi potrà tenere separato da te! Non ti dico che non ci vedremo più, non sia mai!, solo... lasciami qui... non so per quanto..."
Kaede si alzò, recuperò i boxer poco distanti, li infilò e se ne andò nella poltrona che stava nell'angolo, dove si lasciò sprofondare, portando le ginocchia al mento e abbassando il viso per coprire gli occhi con la frangia.
Hanamichi rimase fermo un attimo, poi prese a fatica il lenzuolo, se lo mise sulle spalle e andò da Rukawa.
Lo costrinse con la forza (Anf, anf... pat,pat... è__é NdHana ^^;;; NdSaku) a tirare giù le gambe e vi si sedette a cavalcioni sopra, sfruttando anche il fatto che era nudo per attirare l'attenzione del volpino, poi lo abbracciò avvolgendo anche lui con il lenzuolo.
"Kae...guaradami ti prego... io ti amo e..."

"Se mi amassi resteresti con me!" gridò lui sollevando finalmente il viso e mostrando le lacrime che lo solcavano. Questa volta non era riuscito ad impedirsi di piangere, dopo tutto quello che era successo, dopo tutto quello che entrambi avevano passato. Come poteva Hanamichi non voler stare con lui?
Una piccola parte del suo cervello, quella ancora in grado di ragionare, gli diceva che in fondo non c'era niente di male, che Hanamichi doveva crescere da solo, senza appoggiarsi a nessuno e lo stesso valeva per lui. Se Hanamichi fosse tornato di certo si sarebbero chiusi a bozzolo su loro stessi, cercando l'uno nell'altro la forza di andare avanti, finendo, senza rendersene conto, a considerarsi solo come una parte dell'altro e non come esseri viventi che potevano e dovevano farcela da soli. Il vero problema era tutto il resto della sua materia grigia che urlava e scalciava come un bambino che faceva i capricci, perché come sempre, la paura di rimanere solo, ora che finalmente aveva trovato un posto nel mondo, era troppo forte.

Hanamichi sorrise dolcemente, sapeva come si stava sentendo il suo ragazzo, aveva passato tutta la notte in quello stato di indecisione.
Se fosse tornato sarebbe stato felice, ma avrebbe continuato ad essere debole e lui non voleva esserlo, non voleva far sobbarcare Kaede anche della sua vita, doveva diventare forte per lui, anche se la paura di rimanere solo, ora che finalmente aveva trovato il suo posto nel mondo, era troppa.
Si chinò a baciare quelle perle salate e poi baciò sulle labbra il volpino.
"Tu sai che è la cosa giusta". Disse solo questo, sapeva che Kaede lo capiva, lo aveva sempre fatto, anche senza bisogno che parlasse.
"Anche io ho paura... E se incontrassi qualcun altro? Se t’innamorassi di un'altra persona? Se mi tradissi? Se ti accorgessi che non siamo fatti l'uno per l'altro? Credi che non me lo sia domandato? Amore... che bello chiamarti così... io devo fidarmi di te e tu di me, ma soprattutto dobbiamo fidarci del nostro amore..."

"Da quando un do'hao come te è così saggio?" chiese Kaede abbozzando un sorriso. Hanamichi aveva ragione e il fatto che anche lui avesse le sue stesse paure era il segno che lo amava davvero.
"Ehi tu, volpastro malefico! Parli con il tensai cosa credi!" Hanamichi sorrise e poi si strinse più forte a Kaede, abbracciandolo così stretto da soffocarlo.
"Ti amo Kae-chan, non dimenticartelo!"
"Anche io ti amo... Ma visto che mi hai chiamato volpastro malefico devi pagare! Specie visto che mi stai apertamente provocando!"
Hanamichi cominciò a giocherellare distrattamente con i capelli del moro, come se non lo avesse sentito.
"Sì, certo... io ti provoco… diciamo piuttosto che non puoi resistere al tensai!"
Kaede lo scostò da sé, lo guardò per un interminabile istante e poi lo baciò di nuovo.
Si ricordò che probabilmente suo padre avrebbe voluto fare colazione con lui, ma avrebbe dovuto aspettare ancora per un bel po’...


UN ANNO E MEZZO DOPO. CERIMONIA DEL DIPLOMA, LICEO SHOHOKU

Il preside aveva fatto un lungo e noiosissimo discorso di commiato alla classe di diplomati di quell'anno. Ora tutta la scuola era riversata nel cortile e si stava interessando ai vari banchetti preparati per la festa da tutte le classi dell'istituto.
Un ragazzo moro era seduto sotto un albero, vicino alla palestra.
Aveva passato lì i tre anni più belli della sua vita, la squadra che aveva avuto il primo anno era stata meravigliosa, benché anche i compagni che aveva avuto gli anni seguenti erano stati sempre bravi e il secondo anno del liceo avevano persino vinto il campionato nazionale. Quell'anno erano arrivati in finale ma avevano perso. Il liceo H di Kyoto li aveva battuti e tutto grazie al loro capitano. Anche lui era diventato capitano quell'anno, ma il suo avversario aveva sorpreso tutti con la sua bravura. Era davvero migliorato in quei tre anni, era un giocatore nuovo da quando aveva messo piede per la prima volta in quella palestra.
Si alzò e si pulì, i pantaloni dalla polvere, aprì la porta della palestra ed entrò. Purtroppo non c'erano palloni in giro, così fece finta di avere la sfera in mano, si tolse la giaccia restando in maglietta e cominciò a scartare invisibili avversari.
Tutti quelli che aveva battuto in quel tempo, quelli che, con le loro sfide, gli avevano permesso di diventare il numero uno del Giappone... numero uno a pari merito con il capitano della squadra che li aveva battuti l'estate precedente. Per quello non poteva andare negli Stati Uniti, non era ancora il numero uno assoluto del Giappone.
L'ultimo avversario, un ragazzo della sua età, alto poco più di lui, i capelli corti che gli ricadevano in ciocchette scomposte sulla fronte, rossi come il fuoco e come il suo cuore che batteva. Scartò anche lui, come non era riuscito a fare in quella partita, e segnò uno splendido slam dunk con una palla immaginaria.
Clap, clap, clap. Qualcuno stava battendo le mani. Si voltò e vide il volto del suo ultimo rivale, il solo che contasse realmente, illuminato dai raggi del solo di primavera.
"Peccato che tu non ci sia riuscito in quella partita..."
"Do'aho"
"Teme baka kitsune!"
Kaede allargò le braccia sorridendo e il rossino si gettò tra esse rischiando di far cadere entrambi per terra. Gli buttò le braccia al collo e lo baciò profondamente, con trasporto e una gioia senza limiti che gli riempiva il cuore.
Si staccarono solo quando erano sull'orlo della crisi respiratoria.
"Non dovevi venire domani?"
"Sorpresa!"
"E la cerimonia?"
"Non ci sono andato..."
"Do'aho!... Sono felice che tu sia qui... quanto resti? Ancora non me lo hai detto... e poi dobbiamo prenotare il volo se vogliamo trovare posto, io voglio andarci almeno in vacanza negli Stati Uniti!"
"Ehi kitsune... prendi fiato! Cavolo non ci vediamo per quindici giorni e mi diventi un chiacchierone?"
"Do'aho!"
"Sei monotono!... Richiedimelo.."
"Eh?"
"Richiedimi quanto resto..."
"Quanto resti?" Kaede sollevò gli occhi al cielo, a volte sembrava proprio un bambino!
"Per sempre."
Gli occhi del moro si allargarono per la sorpresa e rimase a bocca aperta per l'espressione soddisfatta che aveva Hanamichi. Quel cretino lo aveva fatto apposta! Ah, ma gliel'avrebbe fatta pagare, eccome se l’avrebbe fatto! Aveva giusto in mente due o tre ideuzze al riguardo...
"Hana... che vuoi dire?"
"Torno qui... se mi vuoi ancora..."
Se lo voleva ancora? Aveva fatto tutta quella storia, erano stati insieme un anno e mezzo ammazzandosi per passare insieme più tempo possibile, viaggiando tra Kyoto e Kanagawa, dalle due alle quattro volte al mese, e poi... gli chiedeva se LUI lo voleva lì?
"Tu sei un... do'aho!"

"Sì, lo so" rispose l'altro sorridendo.
Ormai ce l'aveva fatta, era riuscito a trovare la propria strada, da solo. Voleva fare il giocatore professionista, proprio come Kaede, e poi avrebbe fatto l'allenatore. E se non fosse riuscito a sfondare... beh intanto che ci provava si sarebbe iscritto all'università, aveva fatto l'esame d’ammissione nella stessa di Kaede senza dirgli niente, ed era stato accettato. E aveva fatto tutto da solo. Aveva dimostrato a se stesso che poteva farcela da solo, senza appoggiarsi a Kaede. Era diventato forte.

Kaede lo baciò di nuovo e di nuovo si perse in quelle iridi nocciola, calde e profonde che gli avevano fatto perdere la ragione e per le quali era cresciuto e maturato.
Sarebbe diventato un giocatore professionista e avrebbe realizzato il suo sogno, e se anche non ci fosse riuscito, non aveva importanza. Il suo vero sogno, quello per cui viveva e per cui era diventato quello che era, era lì, tra le sue braccia, niente sarebbe potuto andare storto d'ora in avanti.

"Tu sei stato creato per me..."
"... come io per te."
Hanamichi iniziò la frase che Kaede completò. Quelle parole erano rimaste marchiate a fuoco nell'anima di entrambi e niente e nessuno avrebbe impedito loro di ricordarle per sempre.
Hanamichi era la metà mancante di anima che Kaede aveva cercato per tutta la vita e Kaede, allo stesso modo, era la metà di Hanamichi, come due parti di uno stesso oggetto che combaciano e una volta uniti non possono essere più separati.

FINEEEEEEEEEEEE!!!!!!!

SAKU: ç_____ç Ci sono riuscita, l’ho finita ç____ç Sono commossa... BUAAAAAAAAAAHHHHHHH ç________ç
HANA: Ce… ce l’hai fatta *_____* Amore… questa tortura è finita *___*
KAE: Sì, siamo liberi *_____*
SAKU: ¬_¬ dopo tutto l’impegno che c’ho messo
H&K: -________-
SAKU: Basta, ci rinuncio -_-
Grazie a tutti voi che siete arrivati fino a qui e avete sopportato tutti i miei scleri e le mie pazzie. UN bacio a tutti e ancora grazie ^__^





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