DISCLAIMER: Al solito, io vorrei che Hana, Kae e gli altri fossero miei, ma
Inuoe non me li vuole regalare ç___ç
Due vite,
un destino
parte VIII
di Sakuya
Rukawa aveva passato tutta la giornata in
classe, facendo finta di dormire. Non voleva uscire nei corridoi, aveva
troppa paura.
Paura che lui fosse tornto a scuola, e allora avrebbe dovuto affrontarlo,
ma anche paura che non ci fosse stato e se era così, sarebbe dovuto andare
direttamente a casa, lo aveva giurato a se stesso. Non avrebbe permesso
che quel do'aho si rovinasse la vita in un qualsiasi modo (sempre che
avesse in mente di rovinarsi la vita...) solo per una stupida lite...
L'ora degli allenamenti arrivò fin troppo presto per i suoi gusti e appena
arrivò in palestra, cercò di capire se quella che aveva di fronte fosse
un'allucinazione o qualcosa di simile.
Hanamichi aveva saltato l'ultima ora di lezione. Proprio non gli andava di
seguire matematica, quando l'unica cosa che voleva era passare più tempo
possibile sul quel campo da basket che probabilmente non avrebbe mai più
calcato.
Si cambiò, prese uno dei palloni dalla cesta e cominciò ad allenarsi da
solo.
Tirava, fintava e dribblava avversari immaginari, che nella sua mente
avevano il volto dei suo rivali, Maki, Kyota, Sawakita, Kawata, Fukuda...
e poi Sendo che ormai era ben altro che un rivale, e poi... l'ultimo
avversario.
Solo una persona ora lo divideva dal canestro, solo un volto nella sua
mente, solo un corpo si frapponeva tra lui e la sua meta. Due braccia
alzate verso il cielo, le gambe piegate, i muscoli tirati.
Un volto freddo e impassibile con due occhi profondi come l'oceano e di
quello stesso colore intenso.
Rukawa.
Che gli aveva fatto?
Perchè continuava a pensare a lui, alle sue parole, e... a quel sorriso?
Aveva ammesso di non odiare Rukawa perchè credeva che fosse solo proprio
come lo era lui, e invece?
Che senso avevano adesso quelle parole che gli aveva rivolto?
"Comunque Rukawa, so cosa provi, conosco quello sguardo e credimi, so
quando una persona finge."
Aveva già ammesso di non essere quello che voleva far credere e la prova
era venuta da tutte le sere passate insieme a chiaccherare al locale, o
dal fatto che quando stava per fare tardi al lavoro, era a casa della
volpe che si era precipitato... e allora?
Cosa c'era stato di diverso due giorni prima?
Non lo sapeva nemmeno lui.
Scosse la testa, finta a sinistra, passa a destra, scarta l'avversario...
DUNK!
Perfetto, uno dei suo dunk più belli, peccato averlo fatto senza pubblico
e di fronte ad un avversario inesistente. Rukawa.
Inesistente perchè era solo frutto della sua fantasia, come ogni
sentimento che fingeva di provare nei suoi confronti... sì certo erano
solo menzogne.
Hanamichi ora era seduto in terra dopo aver fatto quello splendido slam
dunk e aver dato un'ulteriore prova della sua bravura. Il suo corpo si
mosse da solo, non sapeva cosa stava facendo, sapeva solo di doverlo fare.
"Ehi..." Si accorse che il suo tono di voce era forse un pò troppo
spettrale mentre poggiava la mano sulla spalla del rossino per rendere
nota la sua presenza.
"Che vuoi kitsune?" Non aveva certo bisogno di voltarsi per riconoscere
quel tono, quella voce e quella mano. Aveva preso talmente tanti pugni da
quella a dall'altra, che quasi non gli sembrava possibile che ora lo
toccasse in una specie di carezza piuttosto che con un pugno... era quasi
piacevole...
"Che ti è successo ieri?"
"Non sono affari tuoi"
Si stupì del suo stesso tono, riusciva a parlare con lo stesso identico,
indifferente, freddo tono di voce tipico della kitsune. Si alzò scacciando
quella mano con un gesto brusco e sempre senza voltarsi fece per
andarsene.
"Aspetta". Una pugnalata. Un'emozione in quella voce.
"Che vuoi?" Non ce la faceva a voltarsi, perchè?
Aveva paura ecco perchè, ma di cosa non voleva saperlo.
"Mi devi delle spiegazioni!" 'Sì bravo Kaede, fà lo stronzo come al
solito!'
"Io ti devo cosa?" Adesso c'era la rabbia nella voce, quella aveva preso
il posto della forzata indifferenza.
"Perchè non lavori più?"
"Cazzi miei."
"Sakuragi smettila di fare il bambino!" Non aveva mai sentito Rukawa
pronunciare il suo nome con quella intonazione, anzi non credeva che
Rukawa lo avesse mai chiamato in maniera diversa da do'aho, forse solo con
qualche altro insulto... Ma che cavolo gli era preso a quello? Come si
permetteva di essere così? Che voleva da lui? Lui non gli doveva niente,
nè a lui nè a nessun altro!
Non ce la fece più. Alzò la mano e colpì violentemente Rukawa in pieno
volto, con un pugno così forte da far rabbrividire il più forte dei
teppisti, doveva scaricare la rabbia e la frustazione e quale modo
migliore se non una bella scazzottata di quelle vere? Una di quelle serie,
non come i giochetti che ormai erano soliti fare tra di loro.
Kaede barcollò e quasi cadde del tutto, era inginocchiato a terra, il
volto basso, gli occhi coperti dalla frangia di capelli neri che li
nascondevano perchè in essi cresceva una rabbia cieca mista ad un profondo
dolore.
Si rialzò sempre tenendo gli occhi bassi e senza nessun preavviso si
scaraventò su Hanamichi con tutta la foga che aveva in corpo, non poteva
permettersi di fare a botte in quel momento, doveva parlare col rossino,
capire che stava succedendo lo sapeva benissimo, ma la razionalità ormai
non era che un vago ricordo, spodestata dalla rabbia sempre più grande e
dalla consapevolezza che non aveva più (ma ne aveva mai avuto?) la
possibilità di essere di aiuto al rossino e renderlo felice.
Si picchiarono per un tempo indefinito, che sembrò eterno, perchè i pugni
non avevano più il sapore di carezze nascoste, non c'erano più gli insulti
lanciati tra un colpo e un'altro, che servivano a parlare oltre le parole.
Gli unici suoni che si udivano erano gemiti di dolore soffocati, urla
trattenute, colpi andati a segno.
Quando Ayako e Ryota entrarono li trovarono ancora intenti a lottare, ma
entrambi si accorsero che c'era qualcosa di profondamente diverso in
quella lite: era vera, perchè in fondo, nessuno dei migliaia di litigi a
cui quei due avevano dato vita andava oltre la semplice rivalità, che poi
altro non nascondeva se una profonda stima, forse invidia reciproca, ma
mai odio vero. Ryota si lanciò sui due cercando di dividerli mentre Ayako
correva incontro a Mitsui per farlo sbrigare. Anche lui fu molto sorpreso
di vedere come se le stavano dando quei due, ma cercò di non badarvi e di
concentrarsi sul non facile compito di dividerli.
"Ma siete diventati scemiiiiiii???" Ryota prese a urlare con tutto il
fiato che aveva in gola, due suoi compagni non potevano creare tensioni in
squadra con l'avvicinarsi di un torneo!
"No Ryo-chan, mai stato più sano di mente... Ascolta capitano..." Era la
prima e l'ultima volta che lo chimava così.
Ryota si sentì rabbrividire al suono di quella parola pronunciata dalle
labbra del suo amico, c'era qualcosa che decisamente non andava, ne era
certo.
"Io vado a vivere a Kyoto, ho parlato poco fa con il coach Anzai -ma
quello era davvero Hanamichi? Da quando era così rispettoso?- e lui ha
detto che non ci sono problemi. Mi dispiace andarmene, ma devo."
"Hanamichi non scherzare, non è divertente!"
"Non scherzo Ayako, è così."
"Tu non puoi andartene!"
"Devo Ryota, non posso più stare a Kanagawa, è una lunga storia... E poi
scusa non siete felici di liberarvi di un buffone come me? AH AH AH!" Le
mani sui fianchi, le gambe larghe, la sua solita posa da demente insomma.
Ma non arrivò nessun insulto, nessuno disse 'smetila di fare lo sbruffone',
nessuno che rideva, nessun 'do'aho'...
"Non sei affato divertente! Vattene se proprio credi di non contare nulla
per la squadra... per noi, i tuoi amici!" Stavolta era stato Mitsui a
parlare, le mani erano serrate a pugno per cercare di contenere la rabbia
e si aprivano e si chiudevano freneticamante, quasi prudevano tanta era la
voglia di dare un pugno a quella bocca aperta in una risata fasulla.
Hanamichi guardò Mitsui, era diventato improvvisamente serio e non c'era
nessuna traccia della sua solita maschera da idiota patentato.
"Ascolta Micchy... scusa, Mitsui... Non lo faccio per voi, ma per me..."
"Sei solo un'egoista!" Ryota aveva finalmente ripreso l'uso della parola e
delle sue funzioni cerebrali, Ayako gli posò una mano su un braccio per
farsi guardare e scosse la testa, come per far capire al ragazzo che non
era quello il vero motivo della partenza del rossino.
"Forse Ryo-chan... Sono venuto agli allenamenti per giocare con voi
un'ultima volta, per il resto della settimana sarò indaffarato con i
preparativi della partenza e non so nemmeno se potrò venire a scuola... Ma
non fa niente, era come credevo io... Beh salutatemi gli altri, ci si
vede." Non fece neanche un passo verso la porta che la voce di Miyagi lo
bloccò.
"Che vuoi dire? Cos'è che credevi?"
"Che sono solo un peso per la squadra e che tutti credete che io sia solo
un buffone decerebrato che non sa giocare..."
"Sei solo un cretino!!" Mitsui era furente. "Credi forse che se la
pensassimo davvero così saremmo tanto sconvolti? Saremmo così tanto
incazzati con te? Sì perchè io, e credo anche Miyagi e Ayako, sono
incazzato nero con te. Butti al vento tutti i nostri sforzi per essere una
squadra? Mandi a puttate tutti gli allenamenti, i NOSTRI sogni, per cosa?
Perchè te ne vai?"
"Perchè la mia vita non è qui, non ora almeno, forse non lo è mai stata o
se lo è stata forse non lo sarà mai più... Voi siete importanti per me,
ma... Devo fare qualcosa per me per una volta... Se voi mi vorrete ancora
forse tornerò, magari non come giocatore... ma non credo mi vogliate come
amico..."
"Cretino! Tu SEI nostro amico... devi proprio andartene?"
"Sì." rispose mestamente abbassando lo sguardo per non incrociare quello
del playmaker che gli aveva posto la domanda.
Una mano gli si posò con forza sulla testa e dopo un attimo gli scompigliò
amichevolmente i capelli corti.
"Io non capisco perchè te ne vai, però... non sparire, ok... amico?"
"Ok Hisashi..."
"Ehi io sono un tuo senpai! Portami rispetto!" disse ridendo Mitsui mentre
dava un pugno sulla testa di Hanamichi con fare giocoso.
Tutti si misero a ridere, come per esorcizzare il dolore che stavano
provando, come per cercare di dimenticare che forse un capitolo della loro
vita si stava concludendo... non era detto però che fosse una brutta fine,
e poi comunque, c'era sempre il capitolo successivo di quella amicizia
nata da tempo, ma sempre data troppo per scontata e quindi messa in
secondo piano.
Solo una persona in quella palestra non rideva, non aveva parlato e non
aveva nemmeno alzato lo sguardo dal pavimento. Senza dire una parola se ne
andò verso gli spogliatoi e, alla domanda di Ayako, rispose che andava a
bere.
Uscì dalla porta che dava sul corridoio, girò l'angolo e si sedette ai
piedi di un grande albero. Mise la testa fra le mani e cominciò un pianto
sommesso che durò solo pochi minuti.
Non era da lui piangere, non lo era mai stato nonostante tutto il dolore e
la sofferenza che provava.
Era sempre stato solo, ma si era stupidamente illuso di aver trovato
qualcuno che lenisse le sue pene, che lo aiutasse a scaldare il suo cuore
immerso nel gelo, che potesse condividere con lui gioie e dolori, che
potesse amarlo... No, sapeva da sempre che tutto questo non sarebbe mai
stato possibile, neanche se tutti gli angeli del paradiso avessero pregato
per lui. Le sue stesse preghiere erano state esaudite: nessuna vana
speranza gli era stata data, cosicchè non potesse avere un alibi per la
sua sofferenza, il vero Hanamichi aveva cominciato ad uscire fuori in
quella palestra e lui lo aveva accettato, non era poi così diverso da come
credeva, e non era così difficile da amare... semmai era forse più facile
provare quel sentimento verso di lui conoscendo il suo vero io...
Si alzò a fatica, le gambe lo reggevano appena. Si asciugò il viso e si
diresse verso le fontanelle per sciaquare gli occhi.
Kaede Rukawa, l'uomo privo di emozioni era tornato, e tutti in quella
palestra se ne sarebbero accorti, specialmente Hanamichi. Non avrebbe
permesso mai più a nessuno di fargli battere il cuore, di fargli provare
dei sentimenti, perchè tanto, avrebbe solo sofferto ancora.
Prima di tornare in lui però doveva ancora dire due paroline a quel
rossino, doveva dirgli che non era altro che un vigliacco e niente,
nemmeno l'amore che sentiva crescere dentro di lui invece di sopirsi,
glielo avrebbe impedito.
Gli allenamenti si svolsero in un clima surreale, sembrava che nessuno
avesse voglia di giocare, o scherzare, o ridere o anche solo parlare. Era
la sessione di allenamenti più silenziosa che lo Shohoku avesse mai avuto.
Hanamichi era troppo triste per dire anche una sola parola.
Forse si era sbagliato, forse non era poi così inutile come aveva sempre
creduto, peccato che nessuno glielo avesse mai dimostrato. Haruko era
scoppiata in lacrime alla notizia della sua partenza, ma Hanamichi le
aveva dato una semplice pacca sulla spalla, senza preoccuparsi di
consolarla, come invece avrebbe dovuto fare per mantenere intatta la sua
recita. Che motivo aveva ormai? Se ne sarebbe andato lontano da lì e forse
avrebbe potuto ricominciare tutto da capo.
A Kanagawa i suoi amici lo avrebbero aspettato, forse...
Anche Yohei si era messo a piangere il giorno prima quando il rossino
aveva comunicato la notizia a lui e ai Gundan, che avevano piagnucolato
tutti di nascosto.
Erano tutti troppo occupati a cercare di fare i duri per dare corpo ai
loro veri sentimenti, come aveva sempre fatto lui. L'unico che sembrava
sempre in grado di non vergognarsi di quello che pensava, faceva e diceva
era Mito e per questo Sakuragi un pò lo invidiava, oltre ovviamente ad
ammirarlo.
Chissà se un giorno anche lui sarebbe stato in grado di non fingere per
cercare di sopravvivere...
Andò a bordo campo per recuperare un pallone che gli era scivolato di
mano, e sentì due occhi gelidi fissi su di lui. Lo erano stati per tutto
il tempo, da quando il loro proprietario era rientrato in palestra.
Aveva creduto che anche lui potesse provare dei sentimenti, soffrire,
gioire e capire cosa si provava a fingere, ma aveva clamorosamente
sbagliato.
In quegli occhi non c'era nemmeno la più piccola luce del benchè minimo
sentimento, triste o felice che fosse. Era stata tutta un'illusione
credere che la sua nemesi fosse come lui... solo Sendo era in grado di
capirlo, solo lui gli era stato veramante vicino... e questo doveva
ricordarselo, era a lui che doveva quel poco di serenità che sentiva
nell'anima.
Ma era davvero serenità, o solo una sua sbiadita copia?
Non riusciva a smettere di fissarlo, era più forte di lui. Quella
stupidissima testa rossa non si accorgeva di tutto l'affetto che lo
circondava e dell'amore... Non vedeva a un palmo dal suo naso, non si
rendeva conto che le persona presenti in quella palestra erano afflitte e
piangevano lacrime silenziose perchè un loro amico, un compagno, una
persona importante (chi più, chi meno) della loro vita se ne stava per
andare. Lasciava tutti senza un frammento di cuore, che poteva essere
minuscolo, oppure enorme... per qualcuno era talmente tanto grande che
sarebbe rimasto solo un minuscolo pezzettino necessario a malapena per
sopravvivere.
E quello era lui. Il suo cuore era di Hanamichi.
Non sapeva bene quando se lo fosse preso e non sapeva nemmeno come avesse
potuto fare, eppure era così.
E adesso così come se lo era preso, se lo stava portando via, in un posto
lontano dal quale forse non sarebbe mai tornato, come avrebbe fatto lui a
vivere senza un cuore che batte?
Non sapeva di averne uno finchè Hanamichi non glielo aveva fatto battere e
ora che sapeva di possederne uno, come tutti gli altri, doveva
separarsene. Che aveva fatto di male nella vita?
Ecco perchè non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, doveva saziare
il suo sguardo del cuore che aveva scoperto da troppo poco tempo e che gli
era stato sottratto senza il suo permesso. Doveva guardare negli occhi
quel ladro di cuori (e non solo del suo) e dirgli che non poteva
permettersi di prendere un organo tanto importante alle persone e poi non
restituirlo... Ma ce l'avrebbe fatta ad essere freddo e impassibile come
si era ripromesso di tornare?
Quando si scopre di avere un cuore, difficilmente ci si può dimenticare di
usarlo...
Alla fine degli allenamenti la tensione era cresciuta ancora di più. Non
c'era una sola persona negli spogliatoi che si azzardasse a dire anche una
sola parola. Hanamichi non sapeva davvero come comportarsi, fortunatamento
Mitsui e Miyagi lo tirarono fuori dai guai.
"Allora Hana mi chiami per farmi sapere quando parti? Così ti veniamo a
salutare all'aeroporto, ok?" disse il neo-capitano.
Hanamichi era sorpreso di quella proposta, ma ovviamente accettò di buon
grado.
"Certo Ryo-chan, ci sentiamo domani o dopo domani allora..."
"OK, ciao!"
"Ciao!!" Hanamichi sorrise dopo che era stato col muso lungo per tutto il
giorno, ma le sorprese non erano di certo finite.
"Senti avevo pensato di venire a darti una mano per preparare le cose che
devi portare via. Ti aiuterano sicuramente anche Mito e gli altri, ma
credo che una mano in più non possa guastare, no?" Mitsui sfoderò uno dei
suoi migliori sorrisi, anche se dentro stava male, come Miyagi, per la
partenza improvvisa dell'amico.
"C-certo Micchy, sai dove abito, no?"
"Sì, certo allora ci vediamo domani, ok?"
"Sì, a domani!" E anche Mitsui uscì dallo spogliatoio salutando il resto
della squadra con un gesto.
Uno ad uno anche gli altri ragazzi si sciolsero esalutarono il loro, molto
presto futuro, ex-compagno dandogli appuntamento al giorno della partenza.
Solo Rukawa era uscito senza dire una sola parola, e senza salutare
nessuno, attirandosi gli sguardi di tutti e del rossino in particolare che
continuava a chiedersi come avesse potuto sbagliare tanto palesemente
riguardo alla kitsune.
Rimase solo. Voleva fare tutto con più calma possibile, probabilmente
quella era l'ultima volta che si cambiava lì.
Prese la borsa, spense le luci e si diresse verso la palestra. Era troppo
legato a quel luogo per non passare a fare un ultimo saluto...
Una fitta al cuore lo colpì ricordando tutto quello che quelle pareti
avevano visto, i suoi miglioramenti, le sue vittorie, le innumerevoli
sconfitte contro se stesso e contro gli altri... contro la kitsune...
E aprendo la porta si trovò proprio la kitsune davanti, seduta sulla
panchina con il volto basso e la frangetta che gli copriva gli occhi.
Cercò di ignorarlo, ma come fare?
"Come mai sei qui?"
"E tu?" Rukawa sollevò il viso incontrando lo sguardo curioso del rossino.
"Devo... salutare la palestra..." Anche se suonava ridicolo era la verità,
per una volta tanto.
"Io sono qui per te."
"E che vuoi kitsune? Umiliarmi?"
"Do'aho."
"Sì, lo so, grazie."
"Perchè te ne vai?"
"Non sono affari che ti riguardino, te l'ho già detto."
Possibile che riuscisse ad essere così fredddo? Dalla sua voce non
traspariva alcuna emozione, era calma e distaccata... quella era una cosa
che solo lui poteva fare! Non era da Sakuragi parlare in quel modo, con
quel tono...
"Do'aho, che cosa ti è successo?"
"Sto benissimo, non mi è successo nulla."
"Perchè non ti incazzi come sempre con me, perchè non mi dici che mi
odi???" Rukawa era balzarto in piedi ad aveva cominciato ad urlare con
quanto più fiato aveva in gola. Non lo sopportava più, perchè doveva
trattarlo in quella maniera?
Tutte quelle frasi dette con quanta più indifferenza era in grado di
mostrare, erano peggiori di mille pugnalate. Il suo proposito di non
provare più emozioniu stava andando a farsi benedire, ma che importava?
Sakuragi non risuciva a crederci. Rukawa era arrabbiato perchè lui non gli
aveva detto di odiarlo e gli parlava civilmente... Effettivamenete se
qualcuno gli avesse parlato con il tono che lui stesso stava usando, di
sicuro si sarebbe incavolato e non poco, specie vista la persona che aveva
di fronte...
Ma che stava dicendo? Rukawa gli parlava in quel modo da sempre, che
problema c'era se lo ricambiava finalmente con la stessa moneta??
Non sapeva perchè ma gli faceva male il cuore, era un dolore quasi
insopportabile del quale non sapeva nulla, tantomeno la causa... quasi,
non del tutto, quindi poteva farcela, aveva ancora qualcosa a cui
aggrapparsi... e in quel momento il sorriso di Sendo gli si presentò
davanti. Aveva quello e anche la persona meravigliosa che era in grado di
fare qual sorriso, che voleva di più?
"Perchè io non ti odio, mi sei assolutamente indifferente, per troppo
tempo ho finto che non fosse così... Adesso devo andarmene."
"NO!" Non poteva permettergli di andarsene, non poteva vederlo uscire
dalla sua vita in quel modo... ma ne aveva mai fatto parte?
Gli afferrò un braccio e lo fece voltare.
Quegli occhi che lo avevano stregato con il loro magnetismo non erano mai
stati capaci di mentire fino in fondo. Se in quelle iridi nocciola avesse
trovato anche la più piccola traccia di sentimento, anche fosse stato solo
odio, il suo amore non sarebbe stato vano.
Se era riuscito a suscitrare anche un sentimento brutto come l'odio, forse
non era del tutto perduto...
'Come sono patetico...'
"Dimmi perchè te ne vai, me lo devi!!!" Aveva ripreso a parlare nonstante
ogni sillaba lo ferisse a morte, si stava solo umilinado e non serviva a
nulla, se solo avesse potuto aiutare il do'aho, lo avrebbe fatto anche in
eterno, ma non serviva proprio a niente, era quella la verità...
"Cosa ti devo?? Ma sei diventato scemo kitsune? No, scusa, normale non sei
mai stato, ma adesso hai passato ogni limite!!"
Hanamichi non era riuscito a impedirsi di urlare a sua volta,
divincolandosi dalla presa del moro.
Che diavolo gli era preso a quello? Perchè doveva rendere tutto così
maledettamente difficle? Come se già fosse facile mollare tutto, la
scuola, la squadra, gli amici, il lavoro... i rivali... 'Ma chissene
frega, me ne farò altri... di amici! Sì certo, di amici...'
"Credi che andartene serva a risolvere le cose?"
Colpito. Come aveva fatto a capirlo?
"..." Non osava rispondere e Rukawa non sembrava intenzionato a smettere.
"Pensi che scappando a Kyoto allora ti sentirai meno solo?"
Colpito e affondato.
Era la verità. Stava scapando e stava cercando il modo per tappare quel
buco che si ritrovava al posto dell'anima.
Ma ci sarebbe riuscito se fosse andato lontano da quella che fino ad
allora era stata la sua vita?
Certo che ci sarebbe riuscito, in fondo la sua vita era solo una menzogna
continua...
'Se solo queste stupidissime lacrime smettessero di uscire dagli occhi...
oh no! Sto piangendo! Che idiota che sono....'
Kaede rimase immobile, con gli occhi spalancati a guardare il rossino che
silenziosamente aveva cominciato a piangere. Che aveva combinato?
Possibile che riuscisse solo a far soffrire la persona che amava?
"Hanamichi..." ecco perfetto, adesso aveva oltrepassato ogni limite...
Hanamichi rimase molto sorpreso dal sentire il volpino chiamarlo per
nome... che stava succedendo? Non aveva più il controllo della situazione
e questo era un male!
"Che cazzo vuoi da me?? Mi hai stufato! Io non ti devo niente, tu non sai
niente di me!! L'unica persona a cui devo qualcosa è Akira e tu sei solo
uno stronzo che si diverte a fare il superiore! Credi di essere migliore
di me? Beh non lo sei! Almeno nella mia solitudine io ho chi mi ama! Tu
invece sei solo un pezzo di merda che nessuno vuole e che si sente sul
tetto del mondo per un po' di fama che ha ottenuto! Sai che ti dico? Mi
fai pena!"
Kaede rimase senza fiato.
Sentiva le lacrime pungergli gli angoli degli occhi, ma fece di tutto per
ricacciarle indietro. Non era il momento di essere debole, nè di cedere al
dolore. Doveva far capire a quel do'aho che la soluzione dei suoi problemi
non era lontano da Kanagawa, e soprattutto, che NON era Sendo.
"Sendo?? Che cazzo ne sa di te, Sendo? Che ne può sapere lui del dolore
che si prova ad essere soli, a non contare niente per nessuno, a pregare
Dio di far finire il più in fretta possibile questa tortura che gli
ingenui chiamano vita, eh? Credi che io mi senta sul tetto del mondo? Per
me il mondo è solo l'inferno che ha deciso di cambiare posizione... E'
vero nessuno mi ama, nessuno sa un cazzo di me... e io stupido che credevo
saremmo potuti diventare amici. Sai che ti dico? Sei tu che fai pena a me!
Io non mi attacco a chi non amo solo per cercare di uscire dalla merda che
ho intorno! Pensi che ci riuscirai? Te lo dico io: NO! E ti porterai lui
dietro e lui ti odierà, e tu sarai di nuovo solo. Allora ti accorgerai di
esserlo da sempre e ti chiederai se quello è il tuo destino. In quel
momento io non ci sarò, anzi nessuno ci sarà."
Come aveva potuto dire quelle cose orribili? Vi aveva riversato dentro
tutta la sofferenza che provava in quel momento. Hanamichi aveva scelto
Sendo, era quella la verità, e lui non avrebbe di certo potuto cambiarla
solo urlando come aveva appena fatto, ma ormai, che altro poteva fare?
Hanamichi non poteva andarsene, non DOVEVA andarsene!
Perchè cavolo continuava a piangere di fronte a quel maledetto? Perché non
riusciva ad odiarlo quanto voleva? Perchè pensava che avesse ragione?
Perché sapeva che Akira era solo un'illusione? Perché continuava a
venirgli in mente quel pensiero di due giorni prima?
'Se solo permettessi al mio cuore di amare andrebbe diretto da lui, senza
tappe intermedie. La mia nemesi, il mio incubo peggiore, il mio unico vero
rivale... il mio unico vero amico, la sola persona che potrei mai amare.
Dove è finito tutto questo? Perché ho perso tutto? Perché?'
"E chi ti dice che io non ami Akira? Sai dove ero ieri? A casa sua. Sono
corso da lui l'altra sera, perché lui è... è..." Cos'era davvero Sendo? Un
amico, un possibile amore, un salvagente, il suo angelo, cosa? Cercò di
ritrovare la calma tra le lacrime che non volevano accennare a smettere di
scendere. Stava cercando di capire perché aveva cominciato a piangere e
ancora non avesse smesso. "Lui è il mio angelo, quello che tu non avrai
mai, chiaro?"
Si sentì morire. Cos'era Sendo? Un angelo? No, quello era solo uno sporco
profittatore che cercava di sfruttare la debolezza di Hanamichi per i suoi
scopi. Per un attimo però provò molta tristezza per Sendo. Era come lui:
amava qualcuno che non lo ricambiava. Poi però tutto scomparve subito.
Hanamichi non poteva davvero considerare il porcospino in quel modo!
"Tu... sei tu."
"Io cosa?" Chiese con la voce piena di sorpresa.
"Quello che non avrò mai. Tu... cioè... essere come te, con qualcuno che
mi ama... Hai ragione... Non andartene, ti prego... Insegnami... insegnami
a non essere solo... impariamolo insieme... Forse tu non ci crederai , ma
tu sei tut... sei l'unico amico che ho... Tu non sei solo qui... se tu
vuoi, hai me..." Si era avvicinato al rossino.
Che cavolo gli era passato per la testa? Perché gli stava per dire tutto?
A che pro? Essere odiato ancora di più? Anche così si era sbilanciato
troppo, ma che altro avrebbe potuto fare?
Hanamichi rimase in silenzio, sembrava che anche le lacrime avessero paura
ad uscire, come del resto le parole. Stava bene, per la prima volta in
vita sua, sembrava stare bene. Appunto sembrava... Non era la verità era
solo un'illusione. Era solo amicizia quella che Rukawa gli chiedeva.
E allora? Dov'era il problema? Cos'è che voleva? Niente, non poteva e non
doveva volere altro...
Due mani si posarono sulle sue guancie e asciugarono le lacrime che
continuavano a uscire. Due occhi blu lo fissavano, cercando di leggergli
nell'anima. Che voleva da lui? Doveva andare via, scappare lontano da
quegli occhi, non poteva permettersi di mostrare la sua anima a nessuno,
nemmeno Akira aveva potuto vederla davvero, allora perché Rukawa voleva
prendersi qualcosa che sembrava appartenergli di diritto?
"Non avere paura... ti prego, nemmeno io ne avrò..."
Non poteva lasciarsi ingannare da quei pozzi blu, non poteva lasciarsi
cullare da quelle braccia che ora avevano lasciato il suo viso per
cingergli il collo, non poteva abbandonarsi al suono di quella voce,
sempre così fredda e ora così dolce, che gli diceva di non aver paura. Lui
ne aveva, ed era colpa di quella persona che ora lo abbracciava nonostante
lui continuasse a tenere le braccia lungo i fianchi.
'No... ti prego... no... Non posso davvero essere... no!!'
Si divincolò da quell'abbraccio lasciando senza parole il ragazzo di
fronte a lui. Guardò di nuovo quegli occhi e allora ebbe la certezza che
andare lontano era l'unica soluzione possibile.
Prese la borsa che era poggiata in terra accanto ai suoi piedi, si voltò e
andò via correndo.
Kaede rimase immobile a guardare il punto in cui aveva visto Hanamichi
uscire. Non aveva ricambiato il suo abbraccio, non aveva risposto alla sua
preghiera, non aveva nemmeno voluto essergli amico.
Si lasciò cadere a terra e questa volta non riusì a trattenere le lacrime:
anche la sua ultima speranza era morta, adesso non aveva davvero più
niente che lo potesse far andare avanti. Doveva ritornare a pensare solo
al basket, come era prima di conoscere lui. Ma anche il basket era legato
a quella furia dai capelli rossi, come del resto tutta la sua vita e la
sua anima.
Era davvero la fine di tutto? Come avrebbe fatto senza di lui ora?
FINE OTTAVA PARTE
KACCHAN: Che cavolo combini???
HANACHAN: Sì, ti pare un capitolo questo? Perchè piangiamo entrambi?
SAKUYA: ....
KACCHAN: Beh, perchè non parli?
SAKUYA: .....
HANACHAN: Hai deciso finalmente di chiudere quella boccaccia che ti
ritrovi??
SAKUYA: ç______ç
H&K: Perchè piangi adesso?? é__è
SAKUYA: Doveva succedere altro in questo capitolo BWAAAAAAAAAAHHHHH!!!
H&K: ?__?
SAKUYA: La fic si sta allungendo sempre di più, è sfuggita al mio
controllo... BWAAAAAAAAAHHHHH!
H&K: Questo vuol dire che... quando cavolo staremo insieme noi due??
SAKUYA: E che ne so, forse mai, Hana se ne va a Kyoto... ç___ç
H&K: Perfida!
SAKUYA: Cattivi!! ç___________________ç
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