Tutti i diritti sui personaggi sono dell’autore.

L’ autrice di questa FF ringrazia SENTITAMENTE la sua “manager” per lo (scarso) appoggio morale nonché per quello materiale, la mitica 5° B dell’ITG Pozzo e un sacco di altre persone che non starò qui a citare.

Mi scuso ufficialmente con quelli che rimarranno delusi o altro per la mia delirante storia.

 

 


Il Duello

parte I

di Candy


Il lavoro si stava mettendo molto bene.

“Come sempre, del resto”! Lupin si arrampicò nuovamente alla lunga corda che calava dal soffitto del museo. Giunto ad una certa altezza si allungò sulla destra, e con una mossa felina colpì il sistema di telecamere che, quando avrebbe afferrato il diamante a cui stavano puntando da diverse settimane, avrebbe fatto partire il complicato sistema d’allarme, che lo avrebbe colpito con un fascio di potenti raggi laser.

-Jigen, via libera, svelto!-

Bisbigliò rivolto verso l’alto. Dopo pochi secondi, dalla corda tesa scivolarono giù Jigen, Goemon e Fujiko.

-Svelto Goemon, la cassaforte!-

Dopo alcuni secondi, i pezzi di un’enorme e blindata cassaforte cadevano ai loro piedi. Lupin afferrò in fretta il meraviglioso diamante che gli riluceva davanti.

-Lupin, è meglio sbrigarsi! Sta arrivando qualcuno!-

La voce di Jigen arrivò pericolosamente agitata ai loro orecchi.

-Bene, qui abbiamo fatto! Andiamocene svelti!-

Fujiko cominciò la precipitosa risalita della corda, seguita a ruota da Lupin, Goemon e Jigen. 

Un nuovo colpo era andato a segno, e nel migliore dei modi!

 

La notte, al quartier generale, stava continuando abbastanza tranquillamente. Lupin si era ritirato appena tornato. Fujiko, indispettita per non aver avuto del bottino la parte che avrebbe desiderato, era uscita. Goemon era seduto sul letto, a gambe incrociate, a petto nudo. Un ciuffo di capelli scuri gli cadeva sugli occhi chiusi. Nel letto vicino, Jigen stava fumando pensoso una sigaretta. Sempre pensoso si alzò e camminando per la minuscola stanza, cominciò a slacciarsi la cravatta, poi la camicia e i pantaloni che si sfilò con gesti esperti, veloce, continuando a camminare.

Goemon aprì un occhio e gli lanciò un occhiata curiosa.

-Che cosa ti succede? E’ da un po’ che sento che il tuo nervosismo è tale da non permettermi di concentrarmi. Qualcosa non ti convince? Il lavoro questa sera è andato bene.-

-Non si tratta di questo. E’ che io… Beh, vedi… Sono preoccupato per Lupin! E’ da un po’ di tempo che lo vedo… Assente, distratto. Quando siamo in azione no, ma a casa… Non esce più con Fujiko, passa delle ore a non fare assolutamente nulla, continua a scarabocchiare e scribacchiare…-

-Ci sarà di mezzo una donna! Cambia sempre quando incontra qualcuna che gli piace!- Goemon richiuse di scatto l’occhio e considerò finito la discussione. Ma Jigen no, si sedette sul bordo del letto, e poi appoggiò i gomiti sulle ginocchia. Si tolse di bocca il mozzicone, che gettò in un posacenere accanto al letto, e poi afferrò nuovamente il pacchetto. Vuoto. Accidenti, era sicuro di averlo aperto solo qualche ore prima. Goemon non aprì gli occhi, ma sorrise.

-Devi essere davvero molto preoccupato. Ti ho visto raramente fumare così tanto. E ormai so che fai così quando sei più che preoccupato. Stai tranquillo, Lupin ha imparato a cavarsela da solo.

-Non è solo questo. E non sono preoccupato. Stavo solo pensando. Insomma, sono tantissimi anni che passiamo assieme, e non sappiamo niente l’uno dell’altro. Cioè, poche cose. Non hai mai la curiosità di sapere cosa pensa l’altro, cosa desideri?-

Goemon era stupefatto. Non aveva mai sentito discorsi del genere, e meno che mai se li sarebbe aspettati da Jigen, che si era sempre dimostrato particolarmente riservato.

Forse era il momento giusto per…

Jigen si sdraiò. Sul letto, accavallò le gambe e si immerse nella contemplazione dei propri piedi. Goemon si alzò, e si sedette sul bordo dell’altro letto. Appoggiò il torace muscoloso sulla gamba sinistra dell’amico, appoggiando i palmi delle mani ai lati delle spalle, i palmi appoggiati sul letto.

Lo guardò negli occhi, sorridendo, e chinatosi un po’ gli domandò dolcemente.

-Allora, di cosa vorresti parlare?-

 

Fuori, la notte era chiara, ma Jigen avvertì nettamente l’avvicinarsi di una tempesta. Una tempesta ormonale! Ormai aveva dimenticato cosa potesse provocare un simile contatto, così inaspettato. Eppure era turbato. Aveva sempre avuto un debole verso quel delicato e misterioso samurai, in perenne conflitto con sé stesso, il mondo e gli antenati. Ma ormai aveva catalogato quel sentimento fra quelli tipici “familiari”. Aveva sempre trattato Goemon alla stregua di un fratello minore, e aveva intenzione di continuare a farlo.

Almeno fino a quel momento. Un lungo brivido gli corse lungo la schiena, facendogliela inarcare leggermente. Istintivamente, come per una sorta di pudore adolescenziale, avvicinò un po’ più le gambe al petto. Con questa manovra, però, il corpo pallido dell’amico scivolò ancora verso il suo, gli stomaci fino a toccarsi.

Con un motto d’ansia ed eccitazione, Jigen osservò il delicato viso di Goemon. I capelli scuri, morbidi, lunghi fino alle spalle. Gli occhi profondi, la bocca su cui, aleggiava l’ombra di un seducente sorriso. E poi scese giù. Sul collo, nel quale sporadicamente si muoveva il prominente pomo d’Adamo, sulle spalle diritte, il ventre piatto e ben disegnato, e poi…

Goemon si accorse, ovviamente, dello sguardo. Con una timida risata si alzò un po’, una gamba appoggiata sul materasso. Poi appena Jigen ebbe rialzato, turbato, lo sguardo, cominciò ad avvicinare, lentamente, come ipnotizzato, il suo viso, le labbra dischiuse, leggermente protese.

Quando i nasi giunsero quasi a toccarsi, un forte rumore nell’altra stanza li fece sobbalzare. Una squillante voce femminile –Fujiko- seguita a ruota da un oggetto ceramico che cadeva. Una porta sbattuta. Poi silenzio.

-Hai sentito? Lupin e Fujiko hanno nuovamente litigato!-

Dal letto accanto giunse un borbottio indistinto. Jigen non era mai riuscito a spiegarsi come il giovane samurai riuscisse a muoversi tanto velocemente. Al momento era seduto sul proprio letto, dandogli le spalle. Chiaramente spazientito. Jigen si alzò in piedi, seppur di malavoglia. Voleva chiarire con Goemon quanto era appena successo, e sapeva che se non si fosse fermato in tempo, forse non avrebbe avuto più il coraggio di riprendere l’argomento, ma Lupin era il suo migliore amico, doveva andare da lui.

Lupin era seduto sul divano, lo sguardo fisso davanti a sé, fra le mani un bicchiere di… gin, whisky, cognac? Al buio non era facilmente riconoscibile.

-Vuoi un consiglio, amico mio? Non trovarti mai una donna. E se la trovi, vedi che dopo essere uscita dal tuo letto se ne vada, per sempre!-

Possibile che fosse ubriaco?

-Hai litigato ancora con Fujiko, vero? Vi ho sentiti.-

-Fujiko, Fujiko, che importa? Lei come è entrata fra noi? Non si stava meglio io e te? Io, te e Goemon?-

Jigen gli si sedette accanto.

-C’è di mezzo un’altra donna?-

Sussurrò.

-Si, c’è un’altra persona. Ora ne sono sicuro.-

-Vuoi venire a dormire con me e Goemon, questa notte? Anzi, vuoi che ti lasci il mio letto?-

Lupin lo guardò negli occhi, sorridendo.

-Davvero ti fideresti a dormire con me?-

Così dicendo gli diede una pacca sulla spalla.

-Non vedo il problema. Abbiamo dovuto dividere un sacco di cose, un sacco di volte. Non siamo forse… Amici?-

 

“Stupido, mille, mille, mille volte stupido. Come hai potuto, anche solo per un momento, mostrarti così vulnerabile?”

Goemon, solo nel letto, al buio, cercava di calmarsi. Ma il corpo era ancora scosso da brividi, carichi di eccitazione e rabbia. Lunghe scosse partivano dal collo, gli rimescolavano lo stomaco e gli si scaricavano all’altezza dell’inguine, dove la sua eccitazione si smorzava ormai in un debole pulsare. Dopo che Jigen era uscito per andare da Lupin si era velocemente spogliato, e si era infilato nudo sotto le lenzuola. Aveva gettato a terra, davanti all’ingresso i pantaloni e la biancheria –Lui! Così maniacalmente ordinato!- e ora attendeva tremante che lui facesse ritorno. Sapeva per esperienza che Lupin avrebbe dormito con loro, spesso lo aveva fatto, se litigava con Fujiko, o se lei scappava con un altro e tutti i loro soldi.

Puttana!

Eppure sapeva di averlo colpito. E non disgustato, no, lo aveva sorpreso. Aveva chiaramente avvertito tutto il corpo di Jigen irrigidirsi, sotto di lui. Dai muscoli del torace, alle spalle… E perfino una solida erezione stava crescendo sotto la sua biancheria. Goemon era felice di sé: lo aveva eccitato, non solo sorpreso! Era riuscito a far eccitare come un ragazzino un uomo adulto, che si era dimostrato, nelle occasioni più difficili, un uomo d’acciaio!

La porta si aprì con un debolissimo cigolio. Preferì chiudere gli occhi, fingendo di dormire.

Jigen entrò in camera, seguito da Lupin.

-Shhh… Goemon deve essersi addormentato, e… Ma porc…!!!- disse, inciampando nei vaporosi abiti del samurai. Raccolse con una mano i pantaloni, e si accorse del profumo che esalavano. Un profumo fresco, dolce ma mascolino. Jigen aspirò silenziosamente quel profumo, fino a riempirsi le narici. Strinse il tessuto fra le dita, quasi a volerlo lacerare.

-Meglio… Meglio che le riponga. Devono essere cadute dall’armadio!-

-Accidenti, Goemon deve avere avuto un gran caldo. Non solo non si è messo niente, ma si è tolto anche le mutande!-

Per Jigen fu troppo. Si voltò di scatto, giusto in tempo per vedere, dietro la figura di Lupin che reggeva un paio di mutande bianche, una spalla nuda, che un candido lenzuolo copriva a malapena.

Si sentì, chiaramente, per la seconda volta durante quella sera, salire dentro una fortissima eccitazione. E per la seconda volta durante quella sera cominciò ad avvertire degli eccitantissimi crampi che dalla bocca dello stomaco correvano verso il basso.

-Credo… Credo di dover andare in bagno!-

 

Una volta che ebbe raggiunto il bagno si chiuse la porta alle spalle, poi aprì il getto dell’acqua, che schizzò nel lavandino. Subito vi immerse le mani, e poi si bagnò la faccia. Poi immerse tutta la testa sotto la cascatella ghiacciata. Rimase li a lungo, molto a lungo, mentre nella sua testa giravano molte scene. I capelli neri e morbidi, le labbra rosse, quella spalla nuda. E quel profumo. Quel profumo che pareva lo circondasse, poteva sentirselo addosso.

-Qualcosa non va, Jigen?-

Sobbalzò. Alzò la testa di scatto, spruzzando acqua sul pavimento e sulle pareti.

-Go… Goemon… non ti ho sentito entrare. Aspetta, esco subito.-

-Non serve. Fai pure con comodo. Credo che tu abbia capito che, se esci… Non ha più senso che io stia qui!-

Goemon era appoggiato alla porta chiusa. Si era avvolto in una vestaglia celeste, molto raffinata. Aveva le mani intrecciate dietro la schiena, e una gamba allungata davanti a sé.

-Senti, se è per prima, sarei venuto io a scusarmi. Non so che cosa mi sia preso. Cioè, vabbè che io non ho fatto niente, credo, però…-

Goemon avanzò verso di lui, lentamente, sul volto un sorriso triste.

-Davvero non hai capito? Eppure mi sembrava di essere stato così chiaro. E che fossi d’accordo. Non ti stavi opponendo, non l’avresti fatto. Vero? Dimmi che non sono io ad aver capito male. Non posso essermi sbagliato, vero?-

Con dolcezza gli appoggiò le mani sul petto e lo sospinse verso la parete.

-Perché non vuoi capirlo? Io… Ti…-

Con una mossa felina riuscì a far sbattere la schiena dell’amico sul muro, e dopo averlo bloccato col proprio corpo, incollò le labbra alle sue. La sorpresa fece spalancare la bocca di Jigen e Goemon ne approfittò per infilare la propria lingua sopra quella del compagno. Con una delicatezza e una velocità incredibili cominciò a esplorare la bocca, le guance morbide, il palato ruvido. Toccò i denti uno ad uno, accarezzandoli gentilmente. Quando ormai temeva di essersi sbagliato, lo stupore di Jigen si sciolse. Con la sua lingua si aggrappò a quella così profumata che lo aveva così gentilmente attaccato. Con le sue braccia si aggrappò al corpo muscoloso del partner, che a sua volta gli cinse il collo e le spalle. Mentre le due lingue continuavano la loro guerra indiavolata, i corpi si strinsero fra loro, con crescente passione. Sui toraci i capezzoli eretti si sfregavano, gli stomaci sbattevano fra loro, producendo un rumore sordo. I loro membri irrigiditi si colpivano ad ogni ansito, ad ogni sussulto.

Ad un certo punto Jigen ritrasse il capo per riprendere fiato. Gettò il capo all’indietro, e Goemon prese a baciargli il collo. Piccoli baci pieni di passione, leggere toccate di lingua, teneri morsetti. Dal collo disegnò poi con la lingua una riga ondulata, con cui raggiunse uno dei capezzoli. Dopo averlo gentilmente tormentato continuò a scendere, lavorandolo con la lingua, scattante come quella di un serpente.

-Goemon, penso che… dovremmo fermarci!- Sussurrò Jigen col fiato grosso mentre l’altro stava cercando di sfilargli i boxer bianchi.

-Shhh!-

Alzò lo sguardo, chiedendogli con un battito di ciglia, di permettergli di farlo. Jigen allora si chinò e si sfilò la biancheria. Si rialzò.

Davanti agli occhi di Goemon  si stagliava ora un meraviglioso membro, eretto e pulsante.

Goemon si avvicinò lentamente, sfiorandolo con la guancia, un paio di volte, su e giù, molto lentamente. Andò allora a posare un bacio sulla punta, con un leggero tremito. Dischiuse appena le labbra, e tirando fuori dalla bocca la lingua rossa cominciò a tracciare una serie di segni circolari. Poi spalancò la bocca, e aiutandosi con la lingua, cominciò a risalire la deliziosa protuberanza.

Attento a non ferirlo coi denti, prese a scivolare dalla punta al ciuffo di peli neri alla base dell’asta. Percepì chiaramente il resto del corpo dell’amato irrigidirsi ulteriormente, e sentì un paio di unghie conficcarglisi all’altezza delle spalle, mentre l’altra mano, che gli stava accarezzando i capelli, cominciò a muoversi forsennatamente. Tutto ciò lo spinse ad aumentare la velocità dei suoi movimenti. Su e giù, su e giù, sempre più velocemente fino a quando non avvertì che la stretta sul suo capo si fece più intensa, la piccola ferita sul collo quasi dolorosa.

Un attimo dopo si sentì invadere la bocca da un liquido denso. Cominciò a bere avidamente, golosamente. Quante volte quel momento si era ripetuto nei suoi sogni! Ora non si trattava più di una fantasia, ma chissà se avrebbe potuto funzionare, se Jigen avrebbe voluto farla continuare?

Per quanto continuò tutto questo?

Quando Jigen crollò a terra, esausto, nessuno dei due avrebbe saputo dirlo. Per un attimo stettero zitti, guardandosi negli occhi, ansimando incerti. Poi Goemon si allungò, e si strinse a Jigen, appoggiandogli il viso sul petto. Jigen, a sua volta, gli accarezzò la pelle sudata sulle braccia, poi sul torace. Un po’ per scusarsi andò a baciargli i segni rossi accesi lasciati dalla pressione delle unghie.

Rimasero così, teneramente abbracciati, finché dalla strada non cominciarono a salire i rumori che indicavano la fine della notte, e l’arrivo di un nuovo giorno.

 

 

Il sole sorse anche sulla casa. In cucina si alzava un silenzio carico. Fujiko, seduta su uno sgabello, si limava le unghie perfette, gli occhi fissi su una rivista, una sottoveste trasparente a coprirla a stento; Lupin, lo sguardo puntato su un punto lontano, oltre la finestra; Jigen stava fumando, apparentemente immerso in un complicato solitario. In un angolo della stanza, occhi chiusi, gambe incrociate, Goemon era perso in uno dei suoi esercizi di meditazione.

Cosa era contenuto in quel silenzio? Rancore, aspettative, timidezza…

Ad un certo punto Jigen si alzò, e dopo aver raggruppato velocemente le carte, si calcò in testa il suo cappello nero fino agli occhi, alzando il bavero della giacca sulla barba.

-Esco, ho finito le sigarette. Ci vediamo!-

Dopo che fu scomparso oltre la porta, Fujiko senza alzare gli occhi dall’articolo allungò una mano e afferrò un pacchetto di sigarette ancora sigillato, posato accanto a una tazza di caffè piena, ormai fredda.

-Jigen è innamorato!- annunciò con indifferenza. Lupin la guardò con disprezzo.

-Beh, che cosa vuoi saperne tu?! Non ti è mai importato assolutamente nulla di ciò che succede qua dentro! Vieni solo per procurarti un po’ di soldi e un tetto, se non vai a farti sbattere da qualche tuo amichetto!-

Lei lo guardò con gli occhioni colmi di malignità.

-Signor Lupin, il mio intuito femminile mi dice che sei geloso. Anche se non ho ancora capito… Di chi!-

Goemon si alzò, non voleva rimanere là dentro un minuto di più.

-I vostri discorsi cominciano a nausearmi. Esco, faccio due passi. Spero che nel frattempo riusciate a risolvere i vostri… Problemi!-

“Ah, donne!” pensò uscendo.

Giunto sul corridoio buio, si diresse lentamente verso le scale. Jigen innamorato! Se davvero fosse stato così, sarebbe stato un sogno che si avverava. Ma se invece no, se ce l’avesse avuta con lui? Se quella delle sigarette non fosse stata che una scusa per allontanarsi da lui?

Ormai era sceso al secondo piano, immerso nei suoi pensieri, quando si sentì afferrare per le spalle e strattonare verso lo sgabuzzino nel sottoscale.

-Ma che diav…-

-Shh…-

Un sussurro vicino alle sue orecchie, una voce nota. Due braccia forti lo fecero ruotare su se stesso. Si trovò quasi sbattuto sul viso di Jigen.

-Noi dobbiamo parlare, spero lo avrai capito!-

-Jigen!?-

Con una spinta venne cacciato nello stanzino buio, la porta, e assicurata con un giro di chiave. Un minuscolo sgabuzzino tetro, una situazione così terribilmente eccitante, da liceali. Goemon ripeté:

-Jigen?-

Venne spinto contro il muro, bloccato dall'altro corpo. Si sentì afferrare le mani, e un bacio violento gli venne posto sulle labbra. Una lingua famelica e saettante lo affrontò, ma fu veloce a rispondere. Nel buio parevano scoppiare scintille. Cominciò per la seconda un duello senza vinti né vincitori, fatto di amore, sensualità, desiderio.

Goemon riuscì a liberarsi i polsi, e si strinse al collo dell’amante.

Ma dopo pochi secondi sentì due mani scattare attorno al nodo della sua cintura. Quando si rese conto di ciò che Jigen aveva in mente, ebbe un sussulto, e si staccò da lui. Ma non andò lontano, perché le sue labbra furono nuovamente catturate. Una lingua calda gli percorse il perimetro della bocca, lasciandogli aspirare un’ondata dell’acre odore di sigaretta che gli aleggiava attorno. Si sentì mordicchiare con dolcezza un labbro, e cercò di imitarlo, ma poi preferì invece far fuoriuscire la lingua per un po’, e accarezzargli il viso. Il contatto con la barba, che gli punzecchiava la pelle delicata, arrossandola, gli dava una sensazione di piacevole calore.

Nel frattempo prese nuovamente coscienza di un paio di mani che gli accarezzavano i fianchi, passando un dito lungo l’elastico degli slip. Con una mossa fulminea, Goemon afferrò le mani di Jigen, e le infilò nella propria biancheria. Poi volle solo abbandonarsi alle sensazioni che gli nascevano dentro.

Jigen stava avanzando cautamente sul corpo del suo compagno. Non si era mai trovato in una situazione del genere, e anche se sapeva dove voleva arrivare, si trovava spiazzato, come un ragazzino alla sua prima volta. Decise di affidarsi al caso, di agire seguendo l’istinto. Prese con delicatezza in mano il membro del compagno, saggiandone la consistenza. Poi strinse la presa e cominciò a pomparlo, aumentando via via la velocità e la stretta. Sentì Goemon gemere, e dimenarsi leggermente per seguire il suo ritmo, o per darne uno nuovo. E mentre faceva tutto ciò si accorse che anche in lui stava crescendo qualcosa, come risentendo della maniera in cui stava toccando il suo amante. Muovendosi come in trance, continuò il suo movimento finché non sentì che stavano per venire, assieme. Allora tolse le mani dal corpo, gli afferrò la testa e lo baciò con una passione sconosciuta, inusuale.

Vennero scossi insieme da un fremito, poi tutto cominciò a calmarsi

 

Lo stanzino era buio e piccolo, e ingombro di ogni genere di oggetti. Seduti per terra nell’unico spazio libero, Jigen e Goemon giacevano abbracciati, le schiene appoggiate alla ruvida parete. Jigen si alzò un attimo, frugò in una tasca della giacca e recuperò una sigaretta schiacciata, che si mise in bocca e accese. La fiamma dell’accendino balenò nell’oscurità, ma anziché spegnersi subito si spostò verso il viso di Goemon. La timida fiammella gli illuminò gli occhi di una luce misteriosa. Ma lui avvicinò le labbra e la spense con un soffio. Si sentì cingere le spalle con un braccio, e una ruvida carezza gli sfiorò la guancia:

-Prima hai detto che dovevamo parlare.-

Jigen si staccò da lui, e immediatamente si pentì di aver parlato, di aver rotto quel momento così magico.

-A dire la verità si. Ti volevo parlare. Avrai capito che la nostra “amicizia” ha preso una piega strana. Io non so cosa fare-

-A me non sembra proprio!-

La voce di Goemon  era carica di amarezza.

-Devi cercare di capirmi. Questa è la prima volta che mi capita una cosa del genere. Io non so. Ho pensato a lungo in questo poco tempo. A volte credo di provare per te un sentimento così forte che… Mi spaventa!-

-Si, ma io ti amo!-

Il grido proruppe dal buio.

-Io credevo che tu lo avessi capito. Con te ho legato subito, siamo stati bene assieme, e questa notte… E prima… Cos’è, sei troppo stupido per comprendere tutto questo? O volevi provare qualcosa di nuovo? Mi stai deridendo? Spero che per te sia stato divertente!-

La voce gli s’incrinò, e quando sentì due braccia forti cercare di circondarlo, le ricacciò violentemente indietro.

-Non toccarmi!-

-Goemon, sta’ zitto, stammi a sentire! Io non so se questo è amore, attrazione o cosa, ma sono sicuro di provare per te qualcosa di veramente speciale. E se lo vorrai, spero dividere con te tutto questo!-

Questa volta lasciò che Jigen lo abbracciasse. Si rifugiò contro di lui, sentendosi come un bambino innocente e indifeso. Salì a cercare la bocca del suo amato, la baciò, ne percorse il perimetro con un dito, poi vi si riappoggiò e lasciò che la sua lingua cominciasse a vagare nella cavità. Leggeri tocchi, prolungati sfioramenti. Si sentiva la schiena fremere sotto il massaggiò del suo amante. Jigen lo sfiorava con una delicatezza estenuante, quasi avesse paura di romperlo. Ad un certo punto si sentì dire:

-Alzati!-

Stupito dalla richiesta la eseguì.

-Spogliati! Voglio vederti, il tuo corpo è perfetto.-

-Ma qui è così buio.-

-E’ lo stesso. Spogliati!-

Incuriosito, Goemon cominciò a togliersi gli abiti, lentamente, sentendo dei rumori soffocati provenire dall’oscurità che gli aleggiava attorno. Quando fu completamente nudo si mise appoggiato alla parete dello stanzino, in attesa. Fino a quando non sentì una mano che lo sfiorava. La prese e la condusse fino al proprio viso. Così facendo si accorse che anche la figura che gli stava davanti non indossava nulla. Si sentì cingere la vita e capì che probabilmente Jigen stava utilizzando quel metodo per conoscere i loro corpi, per compiere una spedizione in un territorio sconosciuto ma molto importante da conquistare.

Goemon rimase fermo, mentre sentiva il corpo caldo di Jigen avvolgerlo. E rimasero così per molto tempo, ad ascoltare i loro curi battere all’unisono, fondendo quel leggero velo di pelle che solo li separava, godendo solo della presenza dell’altro, solo per il sapere di averlo accanto, finché Jigen bisbigliò:

-Vuoi… Dormire con me questa notte?-

Goemon sorrise, e affondandogli le lunghe dita nei capelli, rispose:

-Certo amore. Per questa, e per tutte quelle che vorrai!-

 

Quel pomeriggio il cielo era terso, ilo sole caldo.

Lupin era seduto sul tetto della palazzina, sul muretto che cingeva il perimetro dell’edificio. Un leggerissimo alito di vento, talvolta, lo sfiorava, disperdendo nell’aria il fumo che saliva dalla sua sigaretta. Sospirò, immergendosi nei suoi pensieri. Non sentì la porta chiudersi, né i passi che si avvicinavano.

-Ehi, Lupin, volevo parlarti.-

Jigen si sedette accanto a lui, le spalle rivolte al panorama.

-Hai mai notato come sembrano lontani i guai, a vederli da quassù? E pensare che non siamo che qualche metro sopra al luogo dove si sono formati.-

A Jigen venne in mente il sorriso di Goemon, quel bel sorriso che solo pochi avevano avuto il privilegio di vedere. Anche quello si era formato pochi metri sotto, ma non si poteva certo definire un guaio.

-Senti Lupin, è un po’ di tempo che ti vedo strano. Ok, mi hai detto che c’è di mezzo qualcun altro. E’ stata Fujiko? Che ha fatto ‘sta volta?-

Lo sguardo di Lupin rimase fisso all’orizzonte.

-Credi che ci si possa innamorare alla nostra età? Innamorarsi sul serio, di amore vero?-

A Jigen tornò ancora in mente Goemon, il suo bel corpo muscoloso, e pensò allo sfarfallio allo stomaco che lo coglieva quando si baciavano. Sorrise.

-Ne sono più che convinto. Ma penso anche che tu e Fujiko siate stati innamorati, siete stati persino sul punto di sposarvi! Provate a parlare. Questa sera, portala fuori a cena, andate a ballare. Cercate di ritrovare la vostra sintonia.-

-Strano Jigen, pensavo che a te e a Goemon lei fosse antipatica!-

-Diciamo che non è il nostro tipo! Comunque, voi avete diviso dei bei momenti. Dovete provare a recuperarli!-

-Grazie, amico mio. Credo che questa sera seguirò il tuo consiglio, vedremo se qualcosa si può ancora recuperare.-

E dopo avere detto ciò, saltò dal muretto e tornò in casa. Jigen sorrise: gli spiaceva per il suo caro amico Lupin, ma anche se odiava doverlo allontanare con certi stratagemmi, non avrebbe permesso che lui e i suoi musi lunghi gli rovinassero la notte che stava attendendo.

 

-Come sto?-

Fujiko stava volteggiando in mezzo alla stanza, fasciata in un meraviglioso abito cremisi. Goemon aprì un occhio e la squadrò: 

-Sei molto bella. Credo che dopo questa sera i problemi fra te e Lupin scompariranno.-

-Grazie. Senza te e Jigen ora non so dove saremo. Ah, non aspettateci alzati-

Soggiunse infilandosi un grazioso spolverino beige.

-Torneremo domani con la colazione. Ci vediamo e… Fate i bravi!-

Aggiunse con un sorriso malizioso lasciando la stanza.

 

Quella notte doveva essere perfetta!

Lupin e Fujiko erano appena usciti, Jigen era in bagno a farsi una doccia; Goemon dalla cucina ascoltava lo scrosciare dell’acqua. La immaginava cadere sul corpo del suo amante, scivolare sulla pelle, dalle spalle, al torace, e poi giù… Con un sorriso malizioso aprì uno degli sportelli della cucina e prese una scodella e un coltello. Con pochi gesti decisi tagliuzzò della frutta. Fragole, banane, pesche caddero nella ciotola. Sopra ci versò del vino bianco, del succo di limone e un po’ di zucchero. Scelse due coppette, ne riempì una e posò sopra il tutto dei fiocchetti di panna montata.

In bagno l’acqua non scorreva più, ma poteva sentire Jigen trafficare in camera. Si girò verso il lavandino, per sciacquare gli utensili appena usati. Mentre stava richiudendo il rubinetto sentì due braccia che lo circondavano, e una ruvida barba appoggiarglisi sulla spalla. Sorrise.

-Cosa stai facendo ancora qui?-

-Preparavo uno spuntino. Non vuoi assaggiare?-

Mentre parlavano si erano spostati fino al tavolo, e fu quindi un tutt’uno sedersi. Jigen su una sedia, Goemon sul tavolo, davanti a lui. Questi affondò il cucchiaio nella macedonia, poi lo porse al compagno. Con delicatezza, Jigen lo assaggiò, poi prese il cucchiaio e cominciò ad imboccare Goemon. Indossava ancora l’accappatoio umido semi aperto sul petto, e spesso sentiva lo sguardo attento del samurai incedervi sensualmente.

Continuarono così per un po’, finché Goemon non immerse il cucchiaio nel dolce, e quando fu all’altezza del torace dell’amico glielo lasciò cadere addosso. Un rigagnolo di succo, frutta e panna cominciarono a colargli lungo tutta la figura.

-Che disastro. Ora qualcuno dovrà pulire.-

Si inginocchiò per terra, poi si sporse e cominciò a leccare il corpo di Jigen. Cominciò quasi dal collo, per poi correre giù con movimenti veloci e sensuali. Si soffermò in ogni singola piegolina della pelle, percorrendo tutta la superficie dei muscoli. Afferrò coi denti un pezzo di pesca che si era fermata all’altezza dello stomaco, e alzò il viso offrendolo al compagno, che si abbassò e avvicinò il proprio, fino a incollarsi alle sue labbra, e cominciando una piacevolissima battaglia.

Intanto le mani di Goemon stavano accarezzando le gambe dell’amico, a cominciare dalle caviglie, poi con tocchi circolari verso le cosce, quindi sui polpacci. Ma a questo punto Jigen si staccò ansimando dal suo bacio famelico, e guardandolo negli occhi sussurrò:

-Ti prego, fermati. Non voglio continuare… Qui!- 

Poi, afferrate le mani del compagno lo fece sollevare dal pavimento. Sempre tenendolo attaccato a sé lo scortò fino alla loro camera. Dentro, i letti erano stati accostati, e le belle lenzuola matrimoniali davano l’idea di essere in una camera da luna di miele. La porta si chiuse alle loro spalle. Jigen si mise di fronte a Goemon, gli sguardi fissi uno in quello dell’altro. Gli cinse la vita con le braccia, e poi le labbra si incollarono di nuovo. Questa volta nessuno rimase sorpreso, nessuno fu colto ala sprovvista. Entrambi aprirono la bocca appena queste si furono avvicinate. Si incastrarono perfettamente. Presero a toccarsi con desiderio. Si avvicinarono al letto pronto per accoglierli. Caddero insieme, abbracciati. Goemon era disteso sotto il suo compagno. Sempre continuando a baciarlo allungò le mani verso il basso e gli slacciò il nodo dell’accappatoio. Anche se non ci prestava troppa attenzione capì che Jigen stava facendo lo stesso con la sua cintura. Gli si aggrappò ai fianchi, mentre sentiva le sue mani accarezzargli il corpo, toccandolo ovunque. Sentì che, con uno strattone tale da farlo sobbalzare, Jigen gli aveva tolto i pantaloni, e poi lo guardò scivolare verso il basso, per sfilargli le mutande. Nel frattempo lui approfittò per levarsi la camicia. Quando ebbe finito Jigen gli si sdraiò accanto, guardandolo dolcemente negli occhi.

-Allora, sei deciso ad… Andare fino in fondo?-

Goemon si alzò su un gomito.

-Fino in fondo. Se lo vuoi.-

E con queste parole si chinò a posargli un umido bacio sulle labbra, molto delicatamente.

Rimasero qualche secondo così, fermi, uno accanto all’altro. Poi Jigen si sdraiò sopra il compagno, e cominciò a baciarlo in maniera frenetica, sulla bocca, sul viso, sul collo. E mentre con una mano si appoggiava al letto, con l’altra cominciò a scendere lungo il corpo, sul petto, sul fianco, fino ad arrivare all’inguine. Quando fu a questo punto, con delicatezza, afferrò il membro del compagno, e cominciò a muovere la mano, eccitandosi solo col fatto che poteva dargli piacere. Goemon gemeva, il corpo scosso da brividi, sbattendo a ogni sussulto verso l’altro, producendo un debole rumore sordo, da schiaffo.

Con l’altra mano Jigen si infilò fra il corpo dell’amato e il materasso, aprendosi a fatica un passaggio. Giunto a livello del sedere cominciò ad accarezzarlo con forza, cercando di spingersi sempre più sotto il corpo, fino a che non sfiorò la calda fessura fra le natiche, e prese a toccarla con lenti movimenti circolari, sempre più stretti, sempre di più, fino a che non arrivò al punto di infilarvi cautamente, la punto di un dito.

Sentì chiaramente Goemon irrigidirsi sotto di lui, arcuare la schiena come per allontanarlo, ma in realtà questa manovra gli permise solo di farsi esplorare un po’ di più, di continuare ancora, con più forza. Il respiro di entrambi si andava ingrossando, finché ad un certo punto Goemon non gridò, con voce strozzata:

-Beh? Cosa stai aspettando?-

Poi si svincolò dal compagno e si girò, sdraiandosi sulla pancia; il respiro corto, le dita che stringevano spasmodicamente le lenzuola.

A Jigen bastò un solo gesto per entrare dentro di lui. Capiva che Goemon faceva di tutto per non gridare. Sapeva che all’inizio è solo dolore, il piacere sarebbe venuto dopo, quando sarebbero stati profondamente uniti. Continuò a calarsi dentro il suo compagno, sentendolo irrigidirsi sempre di più attorno a lui.

-Ah… Ahi…-

Mormorò flebilmente.

-Cerca di rilassarti, ti prego, rilassati.-

Lo sentì sciogliersi un po’, permettendogli di penetrare ancora un po’ più a fondo. Cominciò a salire e scendere, lentamente, con movimenti prima incerti, poi sempre più profondi. Sotto di lui, assieme a lui, Goemon stava cominciando a provare piacere per quell’atto, così intrusivo ma così intimo. Gemettero insieme, ansiti profondi e intensi, mentre Jigen si muoveva sempre più velocemente.

Finché non si fermò. 

L’eccitazione che gli era montata dentro durante tutti questi movimenti si sprigionò in un orgasmo violento. Dopo qualche attimo anche Goemon, con un gemito profondo, venne.

Giacquero abbracciati, mentre il loro respiro si regolarizzava. Lentamente, Jigen scivolò fuori dal corpo del suo compagno, e gli cinse le spalle con un braccio. Si guardarono negli occhi con un dolcissimo sorriso. Jigen gli accarezzò la schiena, delicatamente.

-Scusami.-

Goemon si sollevò un po’ e appoggiò il capo sul suo torace.

-E perché?-

-Perché ti ho fato male.-

Rispose passandogli una mano fra i morbidi capelli scuri.

-Il male che dici di avermi fatto non è nulla rispetto al bene che mi hai dato. E’ stato bellissimo. Non ho mai provato nulla di simile. E’ una sensazione così… Totale, di meravigliosa pienezza.-

Sopra la sua testa udì lo scatto di un accendino. Alzò il capo e vide Jigen accendersi una sigaretta.

-Dicono che uno dei piaceri irrinunciabili della vita sia una sigaretta dopo il sesso. Posso sapere tu cosa ne pensi?-

Quello ci pensò su un po’, aspirando una boccata, poi guardandolo negli occhi rispose:

-Non so. Veramente nessuno me lo aveva mai domandato. Ti da fastidio?-

-No mi piace, posso provare?-

Gli sfilò la sigaretta e se la mise in bocca. Aspirò leggermente, poi iniziò a tossire, balzando a sedere sul letto. Jigen dietro di lui cominciò a ridere, gli diede delle grandi pacche sulla schiena e poi lo ritirò verso di sé. Se lo strinse al petto, ancora ridacchiando.

-Era la tua prima volta, vero?-

-Oggi per me è tutto una prima volta. Non avevo mai preparato una macedonia, non avevo mai fumato, e non avevo mai fato l’amore con uno come te. Anzi,-

Fece una pausa e arrossì

-Oggi è la prima volta in assoluto!-

Jigen lo strinse ancora di più, teneramente.

-Anche per me è stata una novità. Una novità meravigliosa. E spero di restituirti presto il piacere.-

Goemon si strinse a lui, intrecciando le mani dietro la schiena del suo amore, e chiuse gli occhi.

-Ora no, ho voglia di riposare. Abbiamo tanto tempo davanti a noi, e nessuno riuscirà a separarci, se non glielo permetteremo. Dobbiamo solo… Restare… Uniti…-

Jigen sorrise, prese la sigaretta e la spense. Poi, con la mano libera e cercando di non svegliare il ragazzo afferrò il lenzuolo, e lo usò per coprirsi.

Poi chiuse gli occhi, e scivolò nel mondo dei sogni senza accorgersene, felice appagato come non gli accadeva da parecchio tempo.

 

 

La notte continuava a scorrere, lenta e dolcissima.

Goemon si risvegliò, dopo che un movimento brusco alle sue spalle lo aveva colpito. Si girò verso Jigen, che riposava al suo fianco. Ogni tanto si muoveva, un braccio, una gamba… Probabilmente era stato quello a destarlo. Si mise seduto, ma si sentiva il corpo indolenzito, quindi preferì sdraiarsi un’altra volta, su un fianco, e si mise ancora ad osservare il suo compagno. Così, senza uno dei suoi completi scuri sembrava così giovane e indifeso. La pelle, lambita dal chiarore della luna che entrava dalla finestra, era irrealmente pallida, quasi eterea. La barba scura, così come i capelli, davano l’idea di semplici zone d’ombra. Visto così, dava l’idea di un pupazzo di porcellana, fragilissimo.

Il samurai si sentì il cuore gonfiarglisi nel petto, colmo d’amore. Dovette fare forza su se stesso per non chinarsi e non cominciare a baciare, e toccare, quel corpo, per assicurarsi che non si trattasse solo di un altro, meraviglioso, dolcissimo sogno, e che tra poco qualcuno non sarebbe venuto da lui a svegliarlo.

Nel silenzio più profondo, certamente, mise i piedi fuori dal letto, poi silenziosamente strisciò fino soggiorno. Si mise davanti alla finestra, e guardò fuori, la notte. Non era una bella zona, quella, ma di notte nel magico chiarore lunare, tutto assumeva una luce diversa. Quante volte, la notte, era uscito sul tetto, e si era seduto, e aveva guardato attorno a sè. E quante volte si era sentito solo, così solo, davanti a quel mondo estraneo.

Due grosse lacrime gli sgorgarono dagli occhi, e gli scivolarono sulle guance. Pensava a Jigen, all’amore che avrebbe potuto unirli, o che poteva lasciargli, dopo quella splendida notte, un’altra vita di solitudine. Per la seconda volta, quel giorno, sentì due braccia forti e improvvise cingergli la vita.

-Perché piangi?-

Si girò e nascose il viso su di lui. Invece che smettere, cominciò a singhiozzare più forte, incapace di fermarsi.

-Penso… Penso che mi sento così solo.-

Jigen lo strinse ancora di più a sé.

-E io cosa sono qui a fare?-

-Io non so… Per quanto tu… Starai con me! Ho paura che domani… Io sarò solo come prima… Tu avrai Lupin, le tue donne, mentre io… Continuerò ad essere solo…-

Venne interrotto da un bacio, tenero e rassicurante.

-Sciocchino, sciocchino, sciocchino! Io ci sono sempre stato, e spero di esserci per sempre. Quello che ti ho detto prima… Beh… sono sicuro, ogni minuto di più di amarti. Ti amo, ti amo tantissimo. E voglio che nulla ci separi. Come non voglio che tu sia triste!-

Così dicendo gli asciugò dolcemente le guance, baciandole. Poi lo accompagnò fino in camera e lo fece addormentare, tranquillizzato, cullandolo fra le proprie braccia.

E rimasero così, in attesa del mattino.

 

Giunse l’alba, seguita dal risveglio di tuta la città. 

Dai vicoletti sotto casa giungeva il rassicurante vociare della tranquilla vita mattutina. I campanelli delle biciclette, il rombo di qualche motore. Goemon aprì gli occhi, stiracchiandosi alla luce calda del mattino. Dalla cucina gli solleticava il naso il morbido aroma del caffè caldo, appena preparato. Sentiva qualcuno fischiettare, e il rumore di antine sbattute.

Dopo qualche minuto la porta si aprì, ed entrò Jigen, preceduto da un vassoio, su cui erano stati sistemati una tazza, un bicchiere e altre stoviglie per la colazione.

-Buongiorno! Speravo proprio di trovarti sveglio!-

Goemon sorrise.

-Salve!-

-Lupin non è ancora tornato, quindi ho pensato di preparare la colazione per noi. Succo d’arancia per te, caffè per me… se ne hai voglia ho preso qualche biscotto.-

-Grazie…- 

allungò la mano per prendere il bicchiere ma –fatalità?- andò a incrociare le dita di Jigen. Questo lo afferrò, risalendo fino al polso, tenendolo saldamente. Lo attirò fino a sé, costringendolo a sporgersi oltre il vassoio. Gli sussurrò all’orecchio:

-Non ti ho dato ancora il buongiorno a modo mio!-

Quindi incollò le sue labbra a quelle del compagno. Gli diede un lungo, eccitante bacio al sapore di caffè. La mano libera arrivò al collo di Goemon e cominciò a massaggiarlo.

Questi allora si inginocchiò sul letto, e si allungò ancora di più verso di lui. Gli si avvinghiò alla schiena, circondandolo con le braccia, stando però attento a non rovesciare il vassoio poggiato sul letto.

-E’ di te che ho voglia!-

Gli mormorò all’orecchio. Jigen allora si staccò, prese il vassoio e lo appoggiò per terra. Goemon lo afferrò per il bavero della giacca e se lo tirò contro, riprendendo a baciarlo, con una mano infilata sotto i capelli, sul collo. Con l’altra cominciò a slacciargli i bottoni della camicia, uno ad uno. Poi gli tolse la giacca, quindi la camicia. Quando lo ebbe lasciato a petto nudo si abbassò all’altezza dei pantaloni, accucciandosi sul letto. Cominciò a slacciargli la cintura, sfilandola dai passanti. Quindi slacciò bottone e cerniera, e con uno strattone abbassò i pantaloni. Guardandolo negli occhi, con gesti misurati, afferrò l’elastico dei boxer, e lentamente li tirò verso il basso.

Mentre, delicatamente, si stava avvicinando al corpo spogliato, si sentì chiaramente una risata argentina provenire da un luogo spaventosamente vicino. Con un balzo felino, Jigen si diresse verso la porta, e la chiuse con un colpo secco, girando poi nella toppa una chiave che aveva recuperato in una tasca della giacca abbandonata sul pavimento.

-Sono tornati!-

-Beh, almeno sembrano contenti. Forse per un po’ vivremo in pace!-

Sentirono la porta della camera di Lupin e Fujiko chiudersi sulla risata argentina di lei, poi un tonfo secco e pesante, seguito da un inconfondibile cigolio di molle. Jigen era ancora in piedi immobile accanto alla porta, quando due braccia gli circondarono la vita, arrivando a toccargli il torace, per poi scendere giù, sui fianchi, sul sedere muscoloso. E poi davanti…

-E noi non eravamo arrivati ad un certo punto in cui…-

-Ma anche con “loro” qui?-

-“Loro” si stanno facendo, o si sono mai fatti, scrupoli per noi?-

Sorrise, baciandogli la schiena tesa, formando una riga ondulata.

-E poi, chi vuoi che faccia caso a noi?-

Dopo aver riflettuto un secondo, sempre più confuso dalla lingua che gli stava torturando la schiena, proprio fra le scapole, Jigen si girò all’improvviso e cinse Goemon, baciandogli velocemente la bocca profumata.

-Ok, proseguiamo pure col nostro discorso…-

Si sedette sul letto, tirando verso di sé il corpo perfetto del samurai, ma questi non si sedette, ma si inginocchiò davanti a lui sul bordo del letto. Dopo un lungo, profondo, dolcissimo bacio, Goemon si staccò un po’, e lo spinse, fino a fargli toccare il letto con le spalle.

-E ora girati!-

Appena Jigen ebbe eseguito l’ordine, la sua schiena venne assalita da una serie di colpi, toccate e carezze, meravigliosamente martoriata da uno splendido massaggio.

-Cos’è’?-

-Una cosa cinese, serve per rilassare i muscoli. I muscoli delle spalle… Della schiena… Del fondoschiena! Hai una pelle così morbida. Tenerla coperta con tutti quei vestiti è un peccato!-

Gli si sedette gentilmente sulle ginocchia, appoggiandosi anche al letto per non pesargli troppo. Continuò a massaggiarlo, scendendo dal collo, lentamente, fino alle natiche, dove si soffermò per molto tempo. Gliele toccò a lungo, godendo della vista offertagli dalla posizione, e dai sospiri profondi che Jigen continuava a emettere. Continuò a toccarlo, fino a che non si accorse di volersi unire al suo compagno, di essere pronto sia fisicamente che col pensiero.

Continuando il suo massaggio, sempre più profondamente, spostandosi con un ginocchio fra le cosce sdraiate sul materasso. Si portò in avanti, spostando nuovamente il tocco alle spalle. Si sdraiò sul corpo nudo del compagno. Lo sentiva rilassarsi sempre di più. No, lui non gli avrebbe fatto del male! Non voleva mettere Jigen nella condizione di volersi allontanare da lui, qualunque fosse il motivo.

Immerso in questi pensieri cominciò a entrare dentro di lui, lentamente. Lo sentì irrigidirsi, ma fu questione di un secondo. A riempirgli il cuore di una sensazione di calore fu il totale abbandono con cui Jigen gli si stava offrendo, senza timore, senza resistenze. Continuò la sua discesa finchè potè, sentendo il proprio cuore accelerare i battiti e i loro respiri gonfiarsi assieme; poi iniziò a muoversi su e giù, strappando al suo amante dei gemiti profondi, chiari. Senza curarsi che la cosa potesse essere avvertita nell’altra stanza, Goemon aumentò la velocità e la profondità delle proprie spinte, e a loro volta gli ansiti di Jigen crebbero d’intensità, fino a trasformarsi in rauche grida trattenute a stento.

L’eccitazione di Goemon era quasi giunta a capolinea, ma lui si sforzò di trattenersi ancora, per poter dare al suo compagno del nuovo piacere. Ma quando lo sentì abbandonarsi sotto di lui, con un ultimo, delicato sospiro, capì che era arrivato il momento di lasciargli quel dolcissimo riposo che anche lui, durante la notte, aveva desiderato. Con qualche altro gesto, una volta liberatosi da ogni freno, venne, poi fu veloce ad abbandonare quel corpo tanto desiderato. In silenzio, con una mano, sfiorò la schiena ancora scossa da qualche sporadico sussulto di Jigen . questi lo guardò, e aprì la bocca per dire qualcosa, ma con un gesto lo bloccò.

-Shh… Abbiamo tanto tempo per parlare, poi. Ora riposati.-

Con dolcezza recuperò il lenzuolo, e lo coprì, poi rimase la, a guardarlo addormentarsi.

 



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