Tutti
i diritti sui personaggi sono dell’autore.
L’
autrice di questa FF ringrazia SENTITAMENTE la sua “manager” per lo (scarso)
appoggio morale nonché per quello materiale, la mitica 5° B dell’ITG Pozzo e
un sacco di altre persone che non starò qui a citare.
Mi
scuso ufficialmente con quelli che rimarranno delusi o altro per la mia
delirante storia.
Il Duello
parte I di
Candy
Il
lavoro si stava mettendo molto bene.
“Come
sempre, del resto”! Lupin si arrampicò nuovamente alla lunga corda che
calava dal soffitto del museo. Giunto ad una certa altezza si allungò
sulla destra, e con una mossa felina colpì il sistema di telecamere che,
quando avrebbe afferrato il diamante a cui stavano puntando da diverse
settimane, avrebbe fatto partire il complicato sistema d’allarme, che lo
avrebbe colpito con un fascio di potenti raggi laser.
-Jigen,
via libera, svelto!-
Bisbigliò
rivolto verso l’alto. Dopo pochi secondi, dalla corda tesa scivolarono
giù Jigen, Goemon e Fujiko.
-Svelto
Goemon, la cassaforte!-
Dopo
alcuni secondi, i pezzi di un’enorme e blindata cassaforte cadevano ai
loro piedi. Lupin afferrò in fretta il meraviglioso diamante che gli
riluceva davanti.
-Lupin,
è meglio sbrigarsi! Sta arrivando qualcuno!-
La
voce di Jigen arrivò pericolosamente agitata ai loro orecchi.
-Bene,
qui abbiamo fatto! Andiamocene svelti!-
Fujiko
cominciò la precipitosa risalita della corda, seguita a ruota da Lupin,
Goemon e Jigen.
Un
nuovo colpo era andato a segno, e nel migliore dei modi!
La
notte, al quartier generale, stava continuando abbastanza tranquillamente.
Lupin si era ritirato appena tornato. Fujiko, indispettita per non aver
avuto del bottino la parte che avrebbe desiderato, era uscita. Goemon era
seduto sul letto, a gambe incrociate, a petto nudo. Un ciuffo di capelli
scuri gli cadeva sugli occhi chiusi. Nel letto vicino, Jigen stava fumando
pensoso una sigaretta. Sempre pensoso si alzò e camminando per la
minuscola stanza, cominciò a slacciarsi la cravatta, poi la camicia e i
pantaloni che si sfilò con gesti esperti, veloce, continuando a
camminare.
Goemon
aprì un occhio e gli lanciò un occhiata curiosa.
-Che
cosa ti succede? E’ da un po’ che sento che il tuo nervosismo è tale
da non permettermi di concentrarmi. Qualcosa non ti convince? Il lavoro
questa sera è andato bene.-
-Non
si tratta di questo. E’ che io… Beh, vedi… Sono preoccupato per
Lupin! E’ da un po’ di tempo che lo vedo… Assente, distratto. Quando
siamo in azione no, ma a casa… Non esce più con Fujiko, passa delle ore
a non fare assolutamente nulla, continua a scarabocchiare e
scribacchiare…-
-Ci
sarà di mezzo una donna! Cambia sempre quando incontra qualcuna che gli
piace!- Goemon richiuse di scatto l’occhio e considerò finito la
discussione. Ma Jigen no, si sedette sul bordo del letto, e poi appoggiò
i gomiti sulle ginocchia. Si tolse di bocca il mozzicone, che gettò in un
posacenere accanto al letto, e poi afferrò nuovamente il pacchetto.
Vuoto. Accidenti, era sicuro di averlo aperto solo qualche ore prima.
Goemon non aprì gli occhi, ma sorrise.
-Devi
essere davvero molto preoccupato. Ti ho visto raramente fumare così
tanto. E ormai so che fai così quando sei più che preoccupato. Stai
tranquillo, Lupin ha imparato a cavarsela da solo.
-Non
è solo questo. E non sono preoccupato. Stavo solo pensando. Insomma, sono
tantissimi anni che passiamo assieme, e non sappiamo niente l’uno
dell’altro. Cioè, poche cose. Non hai mai la curiosità di sapere cosa
pensa l’altro, cosa desideri?-
Goemon
era stupefatto. Non aveva mai sentito discorsi del genere, e meno che mai
se li sarebbe aspettati da Jigen, che si era sempre dimostrato
particolarmente riservato.
Forse
era il momento giusto per…
Jigen
si sdraiò. Sul letto, accavallò le gambe e si immerse nella
contemplazione dei propri piedi. Goemon si alzò, e si sedette sul bordo
dell’altro letto. Appoggiò il torace muscoloso sulla gamba sinistra
dell’amico, appoggiando i palmi delle mani ai lati delle spalle, i palmi
appoggiati sul letto.
Lo
guardò negli occhi, sorridendo, e chinatosi un po’ gli domandò
dolcemente.
-Allora,
di cosa vorresti parlare?-
Fuori,
la notte era chiara, ma Jigen avvertì nettamente l’avvicinarsi di una
tempesta. Una tempesta ormonale! Ormai aveva dimenticato cosa potesse
provocare un simile contatto, così inaspettato. Eppure era turbato. Aveva
sempre avuto un debole verso quel delicato e misterioso samurai, in
perenne conflitto con sé stesso, il mondo e gli antenati. Ma ormai aveva
catalogato quel sentimento fra quelli tipici “familiari”. Aveva sempre
trattato Goemon alla stregua di un fratello minore, e aveva intenzione di
continuare a farlo.
Almeno
fino a quel momento. Un lungo brivido gli corse lungo la schiena,
facendogliela inarcare leggermente. Istintivamente, come per una sorta di
pudore adolescenziale, avvicinò un po’ più le gambe al petto. Con
questa manovra, però, il corpo pallido dell’amico scivolò ancora verso
il suo, gli stomaci fino a toccarsi.
Con
un motto d’ansia ed eccitazione, Jigen osservò il delicato viso di
Goemon. I capelli scuri, morbidi, lunghi fino alle spalle. Gli occhi
profondi, la bocca su cui, aleggiava l’ombra di un seducente sorriso. E
poi scese giù. Sul collo, nel quale sporadicamente si muoveva il
prominente pomo d’Adamo, sulle spalle diritte, il ventre piatto e ben
disegnato, e poi…
Goemon
si accorse, ovviamente, dello sguardo. Con una timida risata si alzò un
po’, una gamba appoggiata sul materasso. Poi appena Jigen ebbe rialzato,
turbato, lo sguardo, cominciò ad avvicinare, lentamente, come
ipnotizzato, il suo viso, le labbra dischiuse, leggermente protese.
Quando
i nasi giunsero quasi a toccarsi, un forte rumore nell’altra stanza li
fece sobbalzare. Una squillante voce femminile –Fujiko- seguita a ruota
da un oggetto ceramico che cadeva. Una porta sbattuta. Poi silenzio.
-Hai
sentito? Lupin e Fujiko hanno nuovamente litigato!-
Dal
letto accanto giunse un borbottio indistinto. Jigen non era mai riuscito a
spiegarsi come il giovane samurai riuscisse a muoversi tanto velocemente.
Al momento era seduto sul proprio letto, dandogli le spalle. Chiaramente
spazientito. Jigen si alzò in piedi, seppur di malavoglia. Voleva
chiarire con Goemon quanto era appena successo, e sapeva che se non si
fosse fermato in tempo, forse non avrebbe avuto più il coraggio di
riprendere l’argomento, ma Lupin era il suo migliore amico, doveva
andare da lui.
Lupin
era seduto sul divano, lo sguardo fisso davanti a sé, fra le mani un
bicchiere di… gin, whisky, cognac? Al buio non era facilmente
riconoscibile.
-Vuoi
un consiglio, amico mio? Non trovarti mai una donna. E se la trovi, vedi
che dopo essere uscita dal tuo letto se ne vada, per sempre!-
Possibile
che fosse ubriaco?
-Hai
litigato ancora con Fujiko, vero? Vi ho sentiti.-
-Fujiko,
Fujiko, che importa? Lei come è entrata fra noi? Non si stava meglio io e
te? Io, te e Goemon?-
Jigen
gli si sedette accanto.
-C’è
di mezzo un’altra donna?-
Sussurrò.
-Si,
c’è un’altra persona. Ora ne sono sicuro.-
-Vuoi
venire a dormire con me e Goemon, questa notte? Anzi, vuoi che ti lasci il
mio letto?-
Lupin
lo guardò negli occhi, sorridendo.
-Davvero
ti fideresti a dormire con me?-
Così
dicendo gli diede una pacca sulla spalla.
-Non
vedo il problema. Abbiamo dovuto dividere un sacco di cose, un sacco di
volte. Non siamo forse… Amici?-
“Stupido,
mille, mille, mille volte stupido. Come hai potuto, anche solo per un
momento, mostrarti così vulnerabile?”
Goemon,
solo nel letto, al buio, cercava di calmarsi. Ma il corpo era ancora
scosso da brividi, carichi di eccitazione e rabbia. Lunghe scosse
partivano dal collo, gli rimescolavano lo stomaco e gli si scaricavano
all’altezza dell’inguine, dove la sua eccitazione si smorzava ormai in
un debole pulsare. Dopo che Jigen era uscito per andare da Lupin si era
velocemente spogliato, e si era infilato nudo sotto le lenzuola. Aveva
gettato a terra, davanti all’ingresso i pantaloni e la biancheria
–Lui! Così maniacalmente ordinato!- e ora attendeva tremante che lui
facesse ritorno. Sapeva per esperienza che Lupin avrebbe dormito con loro,
spesso lo aveva fatto, se litigava con Fujiko, o se lei scappava con un
altro e tutti i loro soldi.
Puttana!
Eppure
sapeva di averlo colpito. E non disgustato, no, lo aveva sorpreso. Aveva
chiaramente avvertito tutto il corpo di Jigen irrigidirsi, sotto di lui.
Dai muscoli del torace, alle spalle… E perfino una solida erezione stava
crescendo sotto la sua biancheria. Goemon era felice di sé: lo aveva
eccitato, non solo sorpreso! Era riuscito a far eccitare come un ragazzino
un uomo adulto, che si era dimostrato, nelle occasioni più difficili, un
uomo d’acciaio!
La
porta si aprì con un debolissimo cigolio. Preferì chiudere gli occhi,
fingendo di dormire.
Jigen
entrò in camera, seguito da Lupin.
-Shhh…
Goemon deve essersi addormentato, e… Ma porc…!!!- disse, inciampando
nei vaporosi abiti del samurai. Raccolse con una mano i pantaloni, e si
accorse del profumo che esalavano. Un profumo fresco, dolce ma mascolino.
Jigen aspirò silenziosamente quel profumo, fino a riempirsi le narici.
Strinse il tessuto fra le dita, quasi a volerlo lacerare.
-Meglio…
Meglio che le riponga. Devono essere cadute dall’armadio!-
-Accidenti,
Goemon deve avere avuto un gran caldo. Non solo non si è messo niente, ma
si è tolto anche le mutande!-
Per
Jigen fu troppo. Si voltò di scatto, giusto in tempo per vedere, dietro
la figura di Lupin che reggeva un paio di mutande bianche, una spalla
nuda, che un candido lenzuolo copriva a malapena.
Si
sentì, chiaramente, per la seconda volta durante quella sera, salire
dentro una fortissima eccitazione. E per la seconda volta durante quella
sera cominciò ad avvertire degli eccitantissimi crampi che dalla bocca
dello stomaco correvano verso il basso.
-Credo…
Credo di dover andare in bagno!-
Una
volta che ebbe raggiunto il bagno si chiuse la porta alle spalle, poi aprì
il getto dell’acqua, che schizzò nel lavandino. Subito vi immerse le
mani, e poi si bagnò la faccia. Poi immerse tutta la testa sotto la
cascatella ghiacciata. Rimase li a lungo, molto a lungo, mentre nella sua
testa giravano molte scene. I capelli neri e morbidi, le labbra rosse,
quella spalla nuda. E quel profumo. Quel profumo che pareva lo
circondasse, poteva sentirselo addosso.
-Qualcosa
non va, Jigen?-
Sobbalzò.
Alzò la testa di scatto, spruzzando acqua sul pavimento e sulle pareti.
-Go…
Goemon… non ti ho sentito entrare. Aspetta, esco subito.-
-Non
serve. Fai pure con comodo. Credo che tu abbia capito che, se esci… Non
ha più senso che io stia qui!-
Goemon
era appoggiato alla porta chiusa. Si era avvolto in una vestaglia celeste,
molto raffinata. Aveva le mani intrecciate dietro la schiena, e una gamba
allungata davanti a sé.
-Senti,
se è per prima, sarei venuto io a scusarmi. Non so che cosa mi sia preso.
Cioè, vabbè che io non ho fatto niente, credo, però…-
Goemon
avanzò verso di lui, lentamente, sul volto un sorriso triste.
-Davvero
non hai capito? Eppure mi sembrava di essere stato così chiaro. E che
fossi d’accordo. Non ti stavi opponendo, non l’avresti fatto. Vero?
Dimmi che non sono io ad aver capito male. Non posso essermi sbagliato,
vero?-
Con
dolcezza gli appoggiò le mani sul petto e lo sospinse verso la parete.
-Perché
non vuoi capirlo? Io… Ti…-
Con
una mossa felina riuscì a far sbattere la schiena dell’amico sul muro,
e dopo averlo bloccato col proprio corpo, incollò le labbra alle sue. La
sorpresa fece spalancare la bocca di Jigen e Goemon ne approfittò per
infilare la propria lingua sopra quella del compagno. Con una delicatezza
e una velocità incredibili cominciò a esplorare la bocca, le guance
morbide, il palato ruvido. Toccò i denti uno ad uno, accarezzandoli
gentilmente. Quando ormai temeva di essersi sbagliato, lo stupore di Jigen
si sciolse. Con la sua lingua si aggrappò a quella così profumata che lo
aveva così gentilmente attaccato. Con le sue braccia si aggrappò al
corpo muscoloso del partner, che a sua volta gli cinse il collo e le
spalle. Mentre le due lingue continuavano la loro guerra indiavolata, i
corpi si strinsero fra loro, con crescente passione. Sui toraci i
capezzoli eretti si sfregavano, gli stomaci sbattevano fra loro,
producendo un rumore sordo. I loro membri irrigiditi si colpivano ad ogni
ansito, ad ogni sussulto.
Ad
un certo punto Jigen ritrasse il capo per riprendere fiato. Gettò il capo
all’indietro, e Goemon prese a baciargli il collo. Piccoli baci pieni di
passione, leggere toccate di lingua, teneri morsetti. Dal collo disegnò
poi con la lingua una riga ondulata, con cui raggiunse uno dei capezzoli.
Dopo averlo gentilmente tormentato continuò a scendere, lavorandolo con
la lingua, scattante come quella di un serpente.
-Goemon,
penso che… dovremmo fermarci!- Sussurrò Jigen col fiato grosso mentre
l’altro stava cercando di sfilargli i boxer bianchi.
-Shhh!-
Alzò
lo sguardo, chiedendogli con un battito di ciglia, di permettergli di
farlo. Jigen allora si chinò e si sfilò la biancheria. Si rialzò.
Davanti
agli occhi di Goemon si stagliava ora un meraviglioso membro, eretto e pulsante.
Goemon
si avvicinò lentamente, sfiorandolo con la guancia, un paio di volte, su
e giù, molto lentamente. Andò allora a posare un bacio sulla punta, con
un leggero tremito. Dischiuse appena le labbra, e tirando fuori dalla
bocca la lingua rossa cominciò a tracciare una serie di segni circolari.
Poi spalancò la bocca, e aiutandosi con la lingua, cominciò a risalire
la deliziosa protuberanza.
Attento
a non ferirlo coi denti, prese a scivolare dalla punta al ciuffo di peli
neri alla base dell’asta. Percepì chiaramente il resto del corpo
dell’amato irrigidirsi ulteriormente, e sentì un paio di unghie
conficcarglisi all’altezza delle spalle, mentre l’altra mano, che gli
stava accarezzando i capelli, cominciò a muoversi forsennatamente. Tutto
ciò lo spinse ad aumentare la velocità dei suoi movimenti. Su e giù, su
e giù, sempre più velocemente fino a quando non avvertì che la stretta
sul suo capo si fece più intensa, la piccola ferita sul collo quasi
dolorosa.
Un
attimo dopo si sentì invadere la bocca da un liquido denso. Cominciò a
bere avidamente, golosamente. Quante volte quel momento si era ripetuto
nei suoi sogni! Ora non si trattava più di una fantasia, ma chissà se
avrebbe potuto funzionare, se Jigen avrebbe voluto farla continuare?
Per
quanto continuò tutto questo?
Quando
Jigen crollò a terra, esausto, nessuno dei due avrebbe saputo dirlo. Per
un attimo stettero zitti, guardandosi negli occhi, ansimando incerti. Poi
Goemon si allungò, e si strinse a Jigen, appoggiandogli il viso sul
petto. Jigen, a sua volta, gli accarezzò la pelle sudata sulle braccia,
poi sul torace. Un po’ per scusarsi andò a baciargli i segni rossi
accesi lasciati dalla pressione delle unghie.
Rimasero
così, teneramente abbracciati, finché dalla strada non cominciarono a
salire i rumori che indicavano la fine della notte, e l’arrivo di un
nuovo giorno.
Il sole
sorse anche sulla casa. In cucina si alzava un silenzio carico. Fujiko,
seduta su uno sgabello, si limava le unghie perfette, gli occhi fissi su
una rivista, una sottoveste trasparente a coprirla a stento; Lupin, lo
sguardo puntato su un punto lontano, oltre la finestra; Jigen stava
fumando, apparentemente immerso in un complicato solitario. In un angolo
della stanza, occhi chiusi, gambe incrociate, Goemon era perso in uno dei
suoi esercizi di meditazione.
Cosa
era contenuto in quel silenzio? Rancore, aspettative, timidezza…
Ad
un certo punto Jigen si alzò, e dopo aver raggruppato velocemente le
carte, si calcò in testa il suo cappello nero fino agli occhi, alzando il
bavero della giacca sulla barba.
-Esco,
ho finito le sigarette. Ci vediamo!-
Dopo
che fu scomparso oltre la porta, Fujiko senza alzare gli occhi
dall’articolo allungò una mano e afferrò un pacchetto di sigarette
ancora sigillato, posato accanto a una tazza di caffè piena, ormai
fredda.
-Jigen
è innamorato!- annunciò
con indifferenza. Lupin la guardò con disprezzo.
-Beh,
che cosa vuoi saperne tu?! Non ti è mai importato assolutamente nulla di
ciò che succede qua dentro! Vieni solo per procurarti un po’ di soldi e
un tetto, se non vai a farti sbattere da qualche tuo amichetto!-
Lei
lo guardò con gli occhioni colmi di malignità.
-Signor
Lupin, il mio intuito femminile mi dice che sei geloso. Anche se non ho
ancora capito… Di chi!-
Goemon
si alzò, non voleva rimanere là dentro un minuto di più.
-I
vostri discorsi cominciano a nausearmi. Esco, faccio due passi. Spero che
nel frattempo riusciate a risolvere i vostri… Problemi!-
“Ah,
donne!” pensò uscendo.
Giunto
sul corridoio buio, si diresse lentamente verso le scale. Jigen
innamorato! Se davvero fosse stato così, sarebbe stato un sogno che si
avverava. Ma se invece no, se ce l’avesse avuta con lui? Se quella delle
sigarette non fosse stata che una scusa per allontanarsi da lui?
Ormai
era sceso al secondo piano, immerso nei suoi pensieri, quando si sentì
afferrare per le spalle e strattonare verso lo sgabuzzino nel sottoscale.
-Ma
che diav…-
-Shh…-
Un
sussurro vicino alle sue orecchie, una voce nota. Due braccia forti lo
fecero ruotare su se stesso. Si trovò quasi sbattuto sul viso di Jigen.
-Noi
dobbiamo parlare, spero lo avrai capito!-
-Jigen!?-
Con
una spinta venne cacciato nello stanzino buio, la porta, e assicurata con
un giro di chiave. Un minuscolo sgabuzzino tetro, una situazione così
terribilmente eccitante, da liceali. Goemon ripeté:
-Jigen?-
Venne
spinto contro il muro, bloccato dall'altro corpo. Si sentì afferrare
le mani, e un bacio violento gli venne posto sulle labbra. Una lingua
famelica e saettante lo affrontò, ma fu veloce a rispondere. Nel buio
parevano scoppiare scintille. Cominciò per la seconda un duello senza
vinti né vincitori, fatto di amore, sensualità, desiderio.
Goemon
riuscì a liberarsi i polsi, e si strinse al collo dell’amante.
Ma
dopo pochi secondi sentì due mani scattare attorno al nodo della sua
cintura. Quando si rese conto di ciò che Jigen aveva in mente, ebbe un
sussulto, e si staccò da lui. Ma non andò lontano, perché le sue labbra
furono nuovamente catturate. Una lingua calda gli percorse il perimetro
della bocca, lasciandogli aspirare un’ondata dell’acre odore di
sigaretta che gli aleggiava attorno. Si sentì mordicchiare con dolcezza
un labbro, e cercò di imitarlo, ma poi preferì invece far fuoriuscire la
lingua per un po’, e accarezzargli il viso. Il contatto con la barba,
che gli punzecchiava la pelle delicata, arrossandola, gli dava una
sensazione di piacevole calore.
Nel
frattempo prese nuovamente coscienza di un paio di mani che gli
accarezzavano i fianchi, passando un dito lungo l’elastico degli slip.
Con una mossa fulminea, Goemon afferrò le mani di Jigen, e le infilò
nella propria biancheria. Poi volle solo abbandonarsi alle sensazioni che
gli nascevano dentro.
Jigen
stava avanzando cautamente sul corpo del suo compagno. Non si era mai
trovato in una situazione del genere, e anche se sapeva dove voleva
arrivare, si trovava spiazzato, come un ragazzino alla sua prima volta.
Decise di affidarsi al caso, di agire seguendo l’istinto. Prese con
delicatezza in mano il membro del compagno, saggiandone la consistenza.
Poi strinse la presa e cominciò a pomparlo, aumentando via via la velocità
e la stretta. Sentì Goemon gemere, e dimenarsi leggermente per seguire il
suo ritmo, o per darne uno nuovo. E mentre faceva tutto ciò si accorse
che anche in lui stava crescendo qualcosa, come risentendo della maniera
in cui stava toccando il suo amante. Muovendosi come in trance, continuò
il suo movimento finché non sentì che stavano per venire, assieme.
Allora tolse le mani dal corpo, gli afferrò la testa e lo baciò con una
passione sconosciuta, inusuale.
Vennero
scossi insieme da un fremito, poi tutto cominciò a calmarsi
Lo
stanzino era buio e piccolo, e ingombro di ogni genere di oggetti. Seduti
per terra nell’unico spazio libero, Jigen e Goemon giacevano
abbracciati, le schiene appoggiate alla ruvida parete. Jigen si alzò un
attimo, frugò in una tasca della giacca e recuperò una sigaretta
schiacciata, che si mise in bocca e accese. La fiamma dell’accendino
balenò nell’oscurità, ma anziché spegnersi subito si spostò verso il
viso di Goemon. La timida fiammella gli illuminò gli occhi di una luce
misteriosa. Ma lui avvicinò le labbra e la spense con un soffio. Si sentì
cingere le spalle con un braccio, e una ruvida carezza gli sfiorò la
guancia:
-Prima
hai detto che dovevamo parlare.-
Jigen
si staccò da lui, e immediatamente si pentì di aver parlato, di aver
rotto quel momento così magico.
-A
dire la verità si. Ti volevo parlare. Avrai capito che la nostra
“amicizia” ha preso una piega strana. Io non so cosa fare-
-A
me non sembra proprio!-
La
voce di Goemon era carica di
amarezza.
-Devi
cercare di capirmi. Questa è la prima volta che mi capita una cosa del
genere. Io non so. Ho pensato a lungo in questo poco tempo. A volte credo
di provare per te un sentimento così forte che… Mi spaventa!-
-Si,
ma io ti amo!-
Il
grido proruppe dal buio.
-Io
credevo che tu lo avessi capito. Con te ho legato subito, siamo stati bene
assieme, e questa notte… E prima… Cos’è, sei troppo stupido per
comprendere tutto questo? O volevi provare qualcosa di nuovo? Mi stai
deridendo? Spero che per te sia stato divertente!-
La
voce gli s’incrinò, e quando sentì due braccia forti cercare di
circondarlo, le ricacciò violentemente indietro.
-Non
toccarmi!-
-Goemon,
sta’ zitto, stammi a sentire! Io non so se questo è amore, attrazione o
cosa, ma sono sicuro di provare per te qualcosa di veramente speciale. E
se lo vorrai, spero dividere con te tutto questo!-
Questa
volta lasciò che Jigen lo abbracciasse. Si rifugiò contro di lui,
sentendosi come un bambino innocente e indifeso. Salì a cercare la bocca
del suo amato, la baciò, ne percorse il perimetro con un dito, poi vi si
riappoggiò e lasciò che la sua lingua cominciasse a vagare nella cavità.
Leggeri tocchi, prolungati sfioramenti. Si sentiva la schiena fremere
sotto il massaggiò del suo amante. Jigen lo sfiorava con una delicatezza
estenuante, quasi avesse paura di romperlo. Ad un certo punto si sentì
dire:
-Alzati!-
Stupito
dalla richiesta la eseguì.
-Spogliati!
Voglio vederti, il tuo corpo è perfetto.-
-Ma
qui è così buio.-
-E’
lo stesso. Spogliati!-
Incuriosito,
Goemon cominciò a togliersi gli abiti, lentamente, sentendo dei rumori
soffocati provenire dall’oscurità che gli aleggiava attorno. Quando fu
completamente nudo si mise appoggiato alla parete dello stanzino, in
attesa. Fino a quando non sentì una mano che lo sfiorava. La prese e la
condusse fino al proprio viso. Così facendo si accorse che anche la
figura che gli stava davanti non indossava nulla. Si sentì cingere la
vita e capì che probabilmente Jigen stava utilizzando quel metodo per
conoscere i loro corpi, per compiere una spedizione in un territorio
sconosciuto ma molto importante da conquistare.
Goemon
rimase fermo, mentre sentiva il corpo caldo di Jigen avvolgerlo. E
rimasero così per molto tempo, ad ascoltare i loro curi battere
all’unisono, fondendo quel leggero velo di pelle che solo li separava,
godendo solo della presenza dell’altro, solo per il sapere di averlo
accanto, finché Jigen bisbigliò:
-Vuoi…
Dormire con me questa notte?-
Goemon
sorrise, e affondandogli le lunghe dita nei capelli, rispose:
-Certo
amore. Per questa, e per tutte quelle che vorrai!-
Quel
pomeriggio il cielo era terso, ilo sole caldo.
Lupin
era seduto sul tetto della palazzina, sul muretto che cingeva il perimetro
dell’edificio. Un leggerissimo alito di vento, talvolta, lo sfiorava,
disperdendo nell’aria il fumo che saliva dalla sua sigaretta. Sospirò,
immergendosi nei suoi pensieri. Non sentì la porta chiudersi, né i passi
che si avvicinavano.
-Ehi,
Lupin, volevo parlarti.-
Jigen
si sedette accanto a lui, le spalle rivolte al panorama.
-Hai
mai notato come sembrano lontani i guai, a vederli da quassù? E pensare
che non siamo che qualche metro sopra al luogo dove si sono formati.-
A
Jigen venne in mente il sorriso di Goemon, quel bel sorriso che solo pochi
avevano avuto il privilegio di vedere. Anche quello si era formato pochi
metri sotto, ma non si poteva certo definire un guaio.
-Senti
Lupin, è un po’ di tempo che ti vedo strano. Ok, mi hai detto che c’è
di mezzo qualcun altro. E’ stata Fujiko? Che ha fatto ‘sta volta?-
Lo
sguardo di Lupin rimase fisso all’orizzonte.
-Credi
che ci si possa innamorare alla nostra età? Innamorarsi sul serio, di
amore vero?-
A
Jigen tornò ancora in mente Goemon, il suo bel corpo muscoloso, e pensò
allo sfarfallio allo stomaco che lo coglieva quando si baciavano. Sorrise.
-Ne
sono più che convinto. Ma penso anche che tu e Fujiko siate stati
innamorati, siete stati persino sul punto di sposarvi! Provate a parlare.
Questa sera, portala fuori a cena, andate a ballare. Cercate di ritrovare
la vostra sintonia.-
-Strano
Jigen, pensavo che a te e a Goemon lei fosse antipatica!-
-Diciamo
che non è il nostro tipo! Comunque, voi avete diviso dei bei momenti.
Dovete provare a recuperarli!-
-Grazie,
amico mio. Credo che questa sera seguirò il tuo consiglio, vedremo se
qualcosa si può ancora recuperare.-
E
dopo avere detto ciò, saltò dal muretto e tornò in casa. Jigen sorrise:
gli spiaceva per il suo caro amico Lupin, ma anche se odiava doverlo
allontanare con certi stratagemmi, non avrebbe permesso che lui e i suoi
musi lunghi gli rovinassero la notte che stava attendendo.
-Come
sto?-
Fujiko
stava volteggiando in mezzo alla stanza, fasciata in un meraviglioso abito
cremisi. Goemon aprì un occhio e la squadrò:
-Sei
molto bella. Credo che dopo questa sera i problemi fra te e Lupin
scompariranno.-
-Grazie.
Senza te e Jigen ora non so dove saremo. Ah, non aspettateci alzati-
Soggiunse
infilandosi un grazioso spolverino beige.
-Torneremo
domani con la colazione. Ci vediamo e… Fate i bravi!-
Aggiunse
con un sorriso malizioso lasciando la stanza.
Quella
notte doveva essere perfetta!
Lupin
e Fujiko erano appena usciti, Jigen era in bagno a farsi una doccia;
Goemon dalla cucina ascoltava lo scrosciare dell’acqua. La immaginava
cadere sul corpo del suo amante, scivolare sulla pelle, dalle spalle, al
torace, e poi giù… Con un sorriso malizioso aprì uno degli sportelli
della cucina e prese una scodella e un coltello. Con pochi gesti decisi
tagliuzzò della frutta. Fragole, banane, pesche caddero nella ciotola.
Sopra ci versò del vino bianco, del succo di limone e un po’ di
zucchero. Scelse due coppette, ne riempì una e posò sopra il tutto dei
fiocchetti di panna montata.
In
bagno l’acqua non scorreva più, ma poteva sentire Jigen trafficare in
camera. Si girò verso il lavandino, per sciacquare gli utensili appena
usati. Mentre stava richiudendo il rubinetto sentì due braccia che lo
circondavano, e una ruvida barba appoggiarglisi sulla spalla. Sorrise.
-Cosa
stai facendo ancora qui?-
-Preparavo
uno spuntino. Non vuoi assaggiare?-
Mentre
parlavano si erano spostati fino al tavolo, e fu quindi un tutt’uno
sedersi. Jigen su una sedia, Goemon sul tavolo, davanti a lui. Questi
affondò il cucchiaio nella macedonia, poi lo porse al compagno. Con
delicatezza, Jigen lo assaggiò, poi prese il cucchiaio e cominciò ad
imboccare Goemon. Indossava ancora l’accappatoio umido semi aperto sul
petto, e spesso sentiva lo sguardo attento del samurai incedervi
sensualmente.
Continuarono
così per un po’, finché Goemon non immerse il cucchiaio nel dolce, e
quando fu all’altezza del torace dell’amico glielo lasciò cadere
addosso. Un rigagnolo di succo, frutta e panna cominciarono a colargli
lungo tutta la figura.
-Che
disastro. Ora qualcuno dovrà pulire.-
Si
inginocchiò per terra, poi si sporse e cominciò a leccare il corpo di
Jigen. Cominciò quasi dal collo, per poi correre giù con movimenti
veloci e sensuali. Si soffermò in ogni singola piegolina della pelle,
percorrendo tutta la superficie dei muscoli. Afferrò coi denti un pezzo
di pesca che si era fermata all’altezza dello stomaco, e alzò il viso
offrendolo al compagno, che si abbassò e avvicinò il proprio, fino a
incollarsi alle sue labbra, e cominciando una piacevolissima battaglia.
Intanto
le mani di Goemon stavano accarezzando le gambe dell’amico, a cominciare
dalle caviglie, poi con tocchi circolari verso le cosce, quindi sui
polpacci. Ma a questo punto Jigen si staccò ansimando dal suo bacio
famelico, e guardandolo negli occhi sussurrò:
-Ti
prego, fermati. Non voglio continuare… Qui!-
Poi,
afferrate le mani del compagno lo fece sollevare dal pavimento. Sempre
tenendolo attaccato a sé lo scortò fino alla loro camera. Dentro, i
letti erano stati accostati, e le belle lenzuola matrimoniali davano
l’idea di essere in una camera da luna di miele. La porta si chiuse alle
loro spalle. Jigen si mise di fronte a Goemon, gli sguardi fissi uno in
quello dell’altro. Gli cinse la vita con le braccia, e poi le labbra si
incollarono di nuovo. Questa volta nessuno rimase sorpreso, nessuno fu
colto ala sprovvista. Entrambi aprirono la bocca appena queste si furono
avvicinate. Si incastrarono perfettamente. Presero a toccarsi con
desiderio. Si avvicinarono al letto pronto per accoglierli. Caddero
insieme, abbracciati. Goemon era disteso sotto il suo compagno. Sempre
continuando a baciarlo allungò le mani verso il basso e gli slacciò il
nodo dell’accappatoio. Anche se non ci prestava troppa attenzione capì
che Jigen stava facendo lo stesso con la sua cintura. Gli si aggrappò ai
fianchi, mentre sentiva le sue mani accarezzargli il corpo, toccandolo
ovunque. Sentì che, con uno strattone tale da farlo sobbalzare, Jigen gli
aveva tolto i pantaloni, e poi lo guardò scivolare verso il basso, per
sfilargli le mutande. Nel frattempo lui approfittò per levarsi la
camicia. Quando ebbe finito Jigen gli si sdraiò accanto, guardandolo
dolcemente negli occhi.
-Allora,
sei deciso ad… Andare fino in fondo?-
Goemon
si alzò su un gomito.
-Fino
in fondo. Se lo vuoi.-
E
con queste parole si chinò a posargli un umido bacio sulle labbra, molto
delicatamente.
Rimasero
qualche secondo così, fermi, uno accanto all’altro. Poi Jigen si sdraiò
sopra il compagno, e cominciò a baciarlo in maniera frenetica, sulla
bocca, sul viso, sul collo. E mentre con una mano si appoggiava al letto,
con l’altra cominciò a scendere lungo il corpo, sul petto, sul fianco,
fino ad arrivare all’inguine. Quando fu a questo punto, con delicatezza,
afferrò il membro del compagno, e cominciò a muovere la mano,
eccitandosi solo col fatto che poteva dargli piacere. Goemon gemeva, il
corpo scosso da brividi, sbattendo a ogni sussulto verso l’altro,
producendo un debole rumore sordo, da schiaffo.
Con
l’altra mano Jigen si infilò fra il corpo dell’amato e il materasso,
aprendosi a fatica un passaggio. Giunto a livello del sedere cominciò ad
accarezzarlo con forza, cercando di spingersi sempre più sotto il corpo,
fino a che non sfiorò la calda fessura fra le natiche, e prese a toccarla
con lenti movimenti circolari, sempre più stretti, sempre di più, fino a
che non arrivò al punto di infilarvi cautamente, la punto di un dito.
Sentì
chiaramente Goemon irrigidirsi sotto di lui, arcuare la schiena come per
allontanarlo, ma in realtà questa manovra gli permise solo di farsi
esplorare un po’ di più, di continuare ancora, con più forza. Il
respiro di entrambi si andava ingrossando, finché ad un certo punto
Goemon non gridò, con voce strozzata:
-Beh?
Cosa stai aspettando?-
Poi
si svincolò dal compagno e si girò, sdraiandosi sulla pancia; il respiro
corto, le dita che stringevano spasmodicamente le lenzuola.
A
Jigen bastò un solo gesto per entrare dentro di lui. Capiva che Goemon
faceva di tutto per non gridare. Sapeva che all’inizio è solo dolore,
il piacere sarebbe venuto dopo, quando sarebbero stati profondamente
uniti. Continuò a calarsi dentro il suo compagno, sentendolo irrigidirsi
sempre di più attorno a lui.
-Ah…
Ahi…-
Mormorò
flebilmente.
-Cerca
di rilassarti, ti prego, rilassati.-
Lo
sentì sciogliersi un po’, permettendogli di penetrare ancora un po’
più a fondo. Cominciò a salire e scendere, lentamente, con movimenti
prima incerti, poi sempre più profondi. Sotto di lui, assieme a lui,
Goemon stava cominciando a provare piacere per quell’atto, così
intrusivo ma così intimo. Gemettero insieme, ansiti profondi e intensi,
mentre Jigen si muoveva sempre più velocemente.
Finché
non si fermò.
L’eccitazione
che gli era montata dentro durante tutti questi movimenti si sprigionò in
un orgasmo violento. Dopo qualche attimo anche Goemon, con un gemito
profondo, venne.
Giacquero
abbracciati, mentre il loro respiro si regolarizzava. Lentamente, Jigen
scivolò fuori dal corpo del suo compagno, e gli cinse le spalle con un
braccio. Si guardarono negli occhi con un dolcissimo sorriso. Jigen gli
accarezzò la schiena, delicatamente.
-Scusami.-
Goemon
si sollevò un po’ e appoggiò il capo sul suo torace.
-E
perché?-
-Perché
ti ho fato male.-
Rispose
passandogli una mano fra i morbidi capelli scuri.
-Il
male che dici di avermi fatto non è nulla rispetto al bene che mi hai
dato. E’ stato bellissimo. Non ho mai provato nulla di simile. E’ una
sensazione così… Totale, di meravigliosa pienezza.-
Sopra
la sua testa udì lo scatto di un accendino. Alzò il capo e vide Jigen
accendersi una sigaretta.
-Dicono
che uno dei piaceri irrinunciabili della vita sia una sigaretta dopo il
sesso. Posso sapere tu cosa ne pensi?-
Quello
ci pensò su un po’, aspirando una boccata, poi guardandolo negli occhi
rispose:
-Non
so. Veramente nessuno me lo aveva mai domandato. Ti da fastidio?-
-No
mi piace, posso provare?-
Gli
sfilò la sigaretta e se la mise in bocca. Aspirò leggermente, poi iniziò
a tossire, balzando a sedere sul letto. Jigen dietro di lui cominciò a
ridere, gli diede delle grandi pacche sulla schiena e poi lo ritirò verso
di sé. Se lo strinse al petto, ancora ridacchiando.
-Era
la tua prima volta, vero?-
-Oggi
per me è tutto una prima volta. Non avevo mai preparato una macedonia,
non avevo mai fumato, e non avevo mai fato l’amore con uno come te.
Anzi,-
Fece
una pausa e arrossì
-Oggi
è la prima volta in assoluto!-
Jigen
lo strinse ancora di più, teneramente.
-Anche
per me è stata una novità. Una novità meravigliosa. E spero di
restituirti presto il piacere.-
Goemon
si strinse a lui, intrecciando le mani dietro la schiena del suo amore, e
chiuse gli occhi.
-Ora
no, ho voglia di riposare. Abbiamo tanto tempo davanti a noi, e nessuno
riuscirà a separarci, se non glielo permetteremo. Dobbiamo solo…
Restare… Uniti…-
Jigen
sorrise, prese la sigaretta e la spense. Poi, con la mano libera e
cercando di non svegliare il ragazzo afferrò il lenzuolo, e lo usò per
coprirsi.
Poi
chiuse gli occhi, e scivolò nel mondo dei sogni senza accorgersene,
felice appagato come non gli accadeva da parecchio tempo.
La
notte continuava a scorrere, lenta e dolcissima.
Goemon
si risvegliò, dopo che un movimento brusco alle sue spalle lo aveva
colpito. Si girò verso Jigen, che riposava al suo fianco. Ogni tanto si
muoveva, un braccio, una gamba… Probabilmente era stato quello a
destarlo. Si mise seduto, ma si sentiva il corpo indolenzito, quindi
preferì sdraiarsi un’altra volta, su un fianco, e si mise ancora ad
osservare il suo compagno. Così, senza uno dei suoi completi scuri
sembrava così giovane e indifeso. La pelle, lambita dal chiarore della
luna che entrava dalla finestra, era irrealmente pallida, quasi eterea. La
barba scura, così come i capelli, davano l’idea di semplici zone
d’ombra. Visto così, dava l’idea di un pupazzo di porcellana,
fragilissimo.
Il
samurai si sentì il cuore gonfiarglisi nel petto, colmo d’amore.
Dovette fare forza su se stesso per non chinarsi e non cominciare a
baciare, e toccare, quel corpo, per assicurarsi che non si trattasse solo
di un altro, meraviglioso, dolcissimo sogno, e che tra poco qualcuno non
sarebbe venuto da lui a svegliarlo.
Nel
silenzio più profondo, certamente, mise i piedi fuori dal letto, poi
silenziosamente strisciò fino soggiorno. Si mise davanti alla finestra, e
guardò fuori, la notte. Non era una bella zona, quella, ma di notte nel
magico chiarore lunare, tutto assumeva una luce diversa. Quante volte, la
notte, era uscito sul tetto, e si era seduto, e aveva guardato attorno a sè. E quante volte si era sentito solo, così solo, davanti a quel mondo
estraneo.
Due
grosse lacrime gli sgorgarono dagli occhi, e gli scivolarono sulle guance.
Pensava a Jigen, all’amore che avrebbe potuto unirli, o che poteva
lasciargli, dopo quella splendida notte, un’altra vita di solitudine.
Per la seconda volta, quel giorno, sentì due braccia forti e improvvise
cingergli la vita.
-Perché
piangi?-
Si
girò e nascose il viso su di lui. Invece che smettere, cominciò a
singhiozzare più forte, incapace di fermarsi.
-Penso…
Penso che mi sento così solo.-
Jigen
lo strinse ancora di più a sé.
-E
io cosa sono qui a fare?-
-Io
non so… Per quanto tu… Starai con me! Ho paura che domani… Io sarò
solo come prima… Tu avrai Lupin, le tue donne, mentre io… Continuerò
ad essere solo…-
Venne
interrotto da un bacio, tenero e rassicurante.
-Sciocchino,
sciocchino, sciocchino! Io ci sono sempre stato, e spero di esserci per
sempre. Quello che ti ho detto prima… Beh… sono sicuro, ogni minuto di
più di amarti. Ti amo, ti amo tantissimo. E voglio che nulla ci separi.
Come non voglio che tu sia triste!-
Così
dicendo gli asciugò dolcemente le guance, baciandole. Poi lo accompagnò
fino in camera e lo fece addormentare, tranquillizzato, cullandolo fra le
proprie braccia.
E
rimasero così, in attesa del mattino.
Giunse
l’alba, seguita dal risveglio di tuta la città.
Dai
vicoletti sotto casa giungeva il rassicurante vociare della tranquilla
vita mattutina. I campanelli delle biciclette, il rombo di qualche motore.
Goemon aprì gli occhi, stiracchiandosi alla luce calda del mattino. Dalla
cucina gli solleticava il naso il morbido aroma del caffè caldo, appena
preparato. Sentiva qualcuno fischiettare, e il rumore di antine sbattute.
Dopo
qualche minuto la porta si aprì, ed entrò Jigen, preceduto da un
vassoio, su cui erano stati sistemati una tazza, un bicchiere e altre
stoviglie per la colazione.
-Buongiorno!
Speravo proprio di trovarti sveglio!-
Goemon
sorrise.
-Salve!-
-Lupin
non è ancora tornato, quindi ho pensato di preparare la colazione per
noi. Succo d’arancia per te, caffè per me… se ne hai voglia ho preso
qualche biscotto.-
-Grazie…-
allungò
la mano per prendere il bicchiere ma –fatalità?- andò a incrociare le
dita di Jigen. Questo lo afferrò, risalendo fino al polso, tenendolo
saldamente. Lo attirò fino a sé, costringendolo a sporgersi oltre il
vassoio. Gli sussurrò all’orecchio:
-Non
ti ho dato ancora il buongiorno a modo mio!-
Quindi
incollò le sue labbra a quelle del compagno. Gli diede un lungo,
eccitante bacio al sapore di caffè. La mano libera arrivò al collo
di Goemon e cominciò a massaggiarlo.
Questi
allora si inginocchiò sul letto, e si allungò ancora di più verso di
lui. Gli si avvinghiò alla schiena, circondandolo con le braccia, stando
però attento a non rovesciare il vassoio poggiato sul letto.
-E’
di te che ho voglia!-
Gli
mormorò all’orecchio. Jigen allora si staccò, prese il vassoio e lo
appoggiò per terra. Goemon lo afferrò per il bavero della giacca e se lo
tirò contro, riprendendo a baciarlo, con una mano infilata sotto i
capelli, sul collo. Con l’altra cominciò a slacciargli i bottoni della
camicia, uno ad uno. Poi gli tolse la giacca, quindi la camicia. Quando lo
ebbe lasciato a petto nudo si abbassò all’altezza dei pantaloni,
accucciandosi sul letto. Cominciò a slacciargli la cintura, sfilandola
dai passanti. Quindi slacciò bottone e cerniera, e con uno strattone
abbassò i pantaloni. Guardandolo negli occhi, con gesti misurati, afferrò
l’elastico dei boxer, e lentamente li tirò verso il basso.
Mentre,
delicatamente, si stava avvicinando al corpo spogliato, si sentì
chiaramente una risata argentina provenire da un luogo spaventosamente
vicino. Con un balzo felino, Jigen si diresse verso la porta, e la chiuse
con un colpo secco, girando poi nella toppa una chiave che aveva
recuperato in una tasca della giacca abbandonata sul pavimento.
-Sono
tornati!-
-Beh,
almeno sembrano contenti. Forse per un po’ vivremo in pace!-
Sentirono
la porta della camera di Lupin e Fujiko chiudersi sulla risata argentina
di lei, poi un tonfo secco e pesante, seguito da un inconfondibile cigolio
di molle. Jigen era ancora in piedi immobile accanto alla porta, quando
due braccia gli circondarono la vita, arrivando a toccargli il torace, per
poi scendere giù, sui fianchi, sul sedere muscoloso. E poi davanti…
-E
noi non eravamo arrivati ad un certo punto in cui…-
-Ma
anche con “loro” qui?-
-“Loro”
si stanno facendo, o si sono mai fatti, scrupoli per noi?-
Sorrise,
baciandogli la schiena tesa, formando una riga ondulata.
-E
poi, chi vuoi che faccia caso a noi?-
Dopo
aver riflettuto un secondo, sempre più confuso dalla lingua che gli stava
torturando la schiena, proprio fra le scapole, Jigen si girò
all’improvviso e cinse Goemon, baciandogli velocemente la bocca
profumata.
-Ok,
proseguiamo pure col nostro discorso…-
Si
sedette sul letto, tirando verso di sé il corpo perfetto del samurai, ma
questi non si sedette, ma si inginocchiò davanti a lui sul bordo del
letto. Dopo un lungo, profondo, dolcissimo bacio, Goemon si staccò un
po’, e lo spinse, fino a fargli toccare il letto con le spalle.
-E
ora girati!-
Appena
Jigen ebbe eseguito l’ordine, la sua schiena venne assalita da una serie
di colpi, toccate e carezze, meravigliosamente martoriata da uno splendido
massaggio.
-Cos’è’?-
-Una
cosa cinese, serve per rilassare i muscoli. I muscoli delle spalle…
Della schiena… Del fondoschiena! Hai una pelle così morbida. Tenerla
coperta con tutti quei vestiti è un peccato!-
Gli
si sedette gentilmente sulle ginocchia, appoggiandosi anche al letto per
non pesargli troppo. Continuò a massaggiarlo, scendendo dal collo,
lentamente, fino alle natiche, dove si soffermò per molto tempo. Gliele
toccò a lungo, godendo della vista offertagli dalla posizione, e dai
sospiri profondi che Jigen continuava a emettere. Continuò a toccarlo,
fino a che non si accorse di volersi unire al suo compagno, di essere
pronto sia fisicamente che col pensiero.
Continuando
il suo massaggio, sempre più profondamente, spostandosi con un ginocchio
fra le cosce sdraiate sul materasso. Si portò in avanti, spostando
nuovamente il tocco alle spalle. Si sdraiò sul corpo nudo del compagno.
Lo sentiva rilassarsi sempre di più. No, lui non gli avrebbe fatto del
male! Non voleva mettere Jigen nella condizione di volersi allontanare da
lui, qualunque fosse il motivo.
Immerso
in questi pensieri cominciò a entrare dentro di lui, lentamente. Lo sentì
irrigidirsi, ma fu questione di un secondo. A riempirgli il cuore di una
sensazione di calore fu il totale abbandono con cui Jigen gli si stava
offrendo, senza timore, senza resistenze. Continuò la sua discesa finchè
potè, sentendo il proprio cuore accelerare i battiti e i loro respiri
gonfiarsi assieme; poi iniziò a muoversi su e giù, strappando al suo
amante dei gemiti profondi, chiari. Senza curarsi che la cosa potesse
essere avvertita nell’altra stanza, Goemon aumentò la velocità e la
profondità delle proprie spinte, e a loro volta gli ansiti di Jigen
crebbero d’intensità, fino a trasformarsi in rauche grida trattenute a
stento.
L’eccitazione
di Goemon era quasi giunta a capolinea, ma lui si sforzò di trattenersi
ancora, per poter dare al suo compagno del nuovo piacere. Ma quando lo
sentì abbandonarsi sotto di lui, con un ultimo, delicato sospiro, capì
che era arrivato il momento di lasciargli quel dolcissimo riposo che anche
lui, durante la notte, aveva desiderato. Con qualche altro gesto, una
volta liberatosi da ogni freno, venne, poi fu veloce ad abbandonare quel
corpo tanto desiderato. In silenzio, con una mano, sfiorò la schiena
ancora scossa da qualche sporadico sussulto di Jigen . questi lo guardò,
e aprì la bocca per dire qualcosa, ma con un gesto lo bloccò.
-Shh…
Abbiamo tanto tempo per parlare, poi. Ora riposati.-
Con
dolcezza recuperò il lenzuolo, e lo coprì, poi rimase la, a guardarlo
addormentarsi.
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