INTRO: Vi risparmio un po' di deliri... in questo capitolo
succedono un pò di cose... scopriamo il passato (o perlomeno la storia dolorosa) di uno dei protagonisti (e non vi dico chi)
spero di non annoiarvi troppo.
TITOLO: Due Destini - parte 2/4 + epilogo
RATING : Venus
PAIRING: Niente sesso... per ora
DISCLAIMERS : Tutti i personaggi sono miei... etc etc etc...
DEDICA:
agli amori non corrisposti...
perchè l'unico modo che conosco di amare
è la sofferenza del rifiuto !
"Tell us about it, JANET"
[Magenta & Columbia]
Due destini
parte II
di Venusasaboy 73
Capitolo 2 - Un destino
I.
A quella domanda Rebecca impallidisce.
«Scusa?» dice un po' imbarazzata.
«Dai hai capito benissimo, prima ti sei infervorata ben bene e per poco non mi rovinavi il tavolo... è chiaro che qualcosa di
brutto deve essere capitato pure a te... a chi non succede dopotutto!?!? però sono curioso... soprattutto di cosa ci facevi
in una zona conosciuta come "SODOMA"» David la guarda con fare sornione, per quanto gli riesce
con un occhio mezzo chiuso...
«Il tuo occhio si è gonfiato ancora... ho cercato una bistecca ieri sera ma non ne ho trovato traccia in questa casa...»
«Sto cercando di diventare vegetariano... ma visto che svicoli facciamo così...
mentre raccogli le idee mi faccio una doccia. Già il fatto di aver dormito senza averlo fatto non mi piace molto;
dopo aver vomitato poi. E sia chiaro che voglio sapere tutto! niente giochetti»
«Beh, piuttosto dovresti dirmi tu perchè quel tizio ti ha menato!»
Gli sbatte in faccia questa frase piuttosto violentemente.
E' qui per offrire il suo aiuto, Rebecca, non per riceverne.
Soprattutto se non è richiesto.
Ma lui sorride... non fa nemmeno una smorfia di dolore anche se il labbro gli fa male.
«Ci sono modi meno evidenti e più dolorosi di fare del male agli altri - le dice - sono sicuro che ti farà bene sfogare un po'
della rabbia che hai dentro... e siccome mi hanno già menato direi che l'unico modo che ti rimane è parlare.
Poi se avrai ancora voglia di ascoltare la mia triste storia, potrei anche decidere di raccontartela...
purchè la tua sia interessante».
Detto questo David si avvia in bagno.
Lei lo guarda uscire dalla stanza, beve l'ultimo sorso del suo caffèlatte e ripensa a quanto le è successo.
Ripensa a Max e a quello che le ha detto... alle accuse che ha mosso verso di lei.
E una sola lacrima, piccola insignificante goccia d'acqua salata, si fa strada tra le ciglia giù per la guancia fino alle labbra.
2.
Si alza...
Il rumore della doccia è sgocciolato via e lei ha preso la sua decisione.
Gli racconterà tutto... sarà più facile con lui.
E' sempre più facile con un perfetto sconosciuto, chissà perchè.
Anche se... David le trasmette una strana sensazione di familiarità.
Come se lo conoscesse da sempre...
Si avvia decisa verso la camera, sente il rumore dell'anta dell'armadio che si apre, aspetta il tempo che le sembra appropriato
per dargli il tempo di mettersi qualcosa.
Entra in camera spedita e si blocca subito...
Lui è alla finestra e guarda fuori... le dà le spalle, non si è accorto che lei è lì... 'chissà cosa sta pensando' si chiede Rebecca prima di
rendersi conto che lui è ancora... completamente nudo...
Arrossisce e prende aria... si blocca e la espira piano... anche se l'ha avuto a disposizione tutta notte e avrebbe potuto guardarselo come
più le piaceva non l'ha fatto per una forma di, probabilmente stupido, pudore... soprattutto date le condizioni in cui lui si trovava non le
sembrava il caso.
Quasi un sacrilegio in un tempio che in fondo era già in rovina.
Ma ora che lui si offre al suo sguardo, anche se inconsapevolmente, lei ha intenzione di godersi quel momento...
Quando le ricapiterà in fondo? Un ragazzo così bello... beh, non bellissimo ma piacevole... nudo, che le dà le spalle...
Guardarlo così le dà una piacevole sensazione di sicurezza... e di intimità che pochi altri momenti della sua vita hanno avuto.
Il suo sguardo si muove dall'alto... dai capelli ancora umidi e scuri... alla nuca pulita... le spalle così ampie e la schiena così ben definita.
la vita un pochino più stretta di quanto sarebbe giusto per definirlo proporzionato... e mentre gli occhi si posano sul sedere che lei ha
il tempo di ammirare per un nanosecondo lui si gira.
Lei chiude gli occhi... totalmente imbarazzata «scusa scusa scusa scusa, non volevo spiarti» dice coprendosi il
viso con le mani...
La risata che riceve in risposta la spiazza definitivamente...
«Ti stavo aspettando sai... non preoccuparti, se ti va di guardare fai pure, io non mi vergogno affatto... dubito che sia un bello
spettacolo, voglio dire, con tutti questi lividi... anche se tutto sommato ti è andata bene»
«Ma sentitelo» dice lei rivolgendosi ad un pubblico inesistente e riaprendo gli occhi...
Lo vede nell'atto di infilarsi i boxer neri... uno sguardo fugace sul suo sesso... non sa nemmeno dire se è grosso o no, e in fondo non è importante,
visto che comunque non ha nessuna speranza di "averci a che fare".
Il suo sguardo cade sulla grossa macchia che è il livido che gli ha fatto quell'animale. Distoglie lo sguardo perchè quella vista la
opprime e le fa montare la rabbia insieme.
Si concentra sull'addome che, non se ne era resa conto prima durante la colazione, si rivela piatto e ben delineato quando lui si
tira su aggiustandosi l'elastico in vita... e quel gesto le permette di osservare una volta di più le sue mani... grandi e affusolate e piene
di graffi.
«Fine dello show» dice lui infilandosi una semplice maglietta nera.
«ora tocca a te» le sussurra avvicinandosi con le mani tese...
«Non pensarci neanche...» dice lei un po' allarmata piegandosi su se stessa pronta a difendersi dall'attacco che sembra stia
per arrivare...
«Ahahahaha... che scema che sei... smettila di farmi ridere che mi fa male la faccia... ahahaha...»
«Beh, che c'è da ridere - dice lei un po' imbronciata - guarda che c'è gente che pagherebbe per vedermi nuda!»
«Non certo io - con aria divertita e un po' stronzetta - intendevo dire che ora devi raccontarmi tutto. Dai andiamo in salotto»
Che poi il salotto si riduca ad un semplice angolo della cucina in cui è depositato con nemmeno tanta cura un divano, coperto
di soffice stoffa blu, di fronte ad un mobile/libreria con il televisore e il videoregistratore incassati, è tutto un'altro discorso...
Ma cmq si siedono tranquilli ridacchiando tra loro.
Poi lui la guarda serio...
«mi devi 50 euro per la sbirciata»
«Beh, tesoro dovevi farti pagare prima»...
«Dai bastaaaaa... ti ho detto che mi fa male tutto se rido...»
«E comunque conciato come sei mica vali così tanto... al massimo te ne posso dare 5... perchè sono generosa. Dovresti pagarmi
tu per tutto quello che ho fatto stanotte...»
«Siamo pari allora... dai adesso racconta tutto... come si chiama LUI ?»
«Lui chi?»
«Aaaaahhh... che fai nicchi? lo sai di cosa parlo»
«Max...cioè... Massimo»
«mmmmm... curioso!... anche il tipo che hai visto ieri si chiama così. Questo conferma la mia teoria sui nomi...»
«E cioè ?»
«Che spesso persone con nomi simili hanno simili anche i caratteri» David dice questa stupidata con profonda convinzione.
Lei lo guarda un pò interdetta... «lascia perdere, vai avanti»
3.
Inizialmente non l'avevo nemmeno notato. Andavo spesso da quelle parti perchè c'era la mia fumetteria preferita e da poco avevano aperto
questo negozio di dischi nel quale lui lavorava.
Ora l'hanno chiuso... c'è una gelateria al suo posto.
I prezzi dei cd erano più bassi rispetto ai grandi "luoghi di perdizione", inteso come perdita di soldi, della città.
Un giorno son lì alla cassa che sto pagando e lui mi si avvicina e mi dice «Hai già la nostra tessera ?»
Io lo guardo e noto i suoi occhi azzurri, lo sguardo chiaro e il suo viso così vicino e penso 'carino questo... dov'era nascosto?'...
non l'avevo mai visto prima... l'unico che vedevo sempre era il suo collega... che decisamente non era così carino, altrimenti sarei
entrata molto più spesso in quel negozio.
«no - gli dico - come funziona»
«Per ogni disco che compri ti mettiamo un timbro, quando hai completato la tessera, che come vedi ha dieci spazi vuoti, ti regaliamo un cd a tua
scelta»
«Wow, fiko» mi vien da dire e lui sorride... un sorriso luminoso.
e io mi ritrovo inebetita a fissargli le labbra. Devo proprio dirlo? ho subito desiderato di baciarlo. Immediatamente... ma poi ho semplicemente
fatto la tessera, salutato e me ne sono andata...
Niente di che insomma. Fosse finita lì ieri sera non mi sarei ritrovata in quella strada, in quelle condizioni, a seguire te e non ti avrei aiutato...
Ma la combinazione volle che qualche settimana dopo mi ritrovassi con un paio di amiche a pranzare da quelle parti in un self-service...
e chi ti becco che sta facendo la fila con noi? Lui e il suo collega... era un pò che non andavo nel loro negozio e non credevo che avrebbe fatto
quello che fece... mi guardò e sorridendo mi disse «buon appetito»...
Ora chiamami stupida, mi rendo conto che non è per niente romantico accorgersi di essere cotta di qualcuno perchè ti ha detto
*buon appetito*... è totalmente idiota ma è così che è andata.
In quel momento ho capito che lui aveva fatto breccia in me... ho preso coscienza di averlo sognato, di aver pensato a lui
spesso in quei giorni in cui non mi era stato possibile fare un salto nel suo negozio.
E mentre rispondevo «altrettanto, grazie» ho deciso di volerlo conoscere a tutti i costi, uscirci, e perchè no... tutto il resto.
Mentre le mie amiche sghignazzavano al vedermi così assorta e idiotamente felice di aver ricevuto un "buon appetito" da un
ragazzo che loro non consideravano nemmeno degno di nota, io ero ormai persa in piani logistici per entrare nelle sue grazie.
La cosa richiese molte spese... Quanti cd di cui non mi fregava proprio niente ho comprato pur di vederlo...
almeno 7 perchè ormai la fine della tessera era imminente... mi mancavano 2 timbri e nelle 8 settimane in cui puntualmente
tutti i sabati mi presentavo lì comprando un cd riuscii a parlare molto con lui e il suo amico che si rivelò essere il proprietario
del negozio.
Venni così a sapere che Massimo aveva avuto un accenno di carriera nella musica... aveva fatto un pò di soldi con un singolo
dance qualche anno prima e stava lavorando ad un disco per il quale non riusciva a trovare una casa discografica, e che
quindi aveva deciso di produrre da solo...
Non me lo fece mai ascoltare.
Ero ormai lanciatissima nelle conversazioni con lui, chiedevo spudoratamente ogni cosa a lui e al suo capo e la settimana
dopo, ormai vicina all'ora di chiusura, mentre pagavo il mio 9 inutile cd mi venne fuori, ti giuro, davvero non so da dove,
una frase del tipo...
«ok, finita la tessera con chi dei due vado a letto?»... beh... inutile dire che sarei sprofondata immediatamente dopo averla
pronunciata.
Fortunatamente dopo un certo imbarazzo iniziale i due cominciarono a ridere della cosa come se fosse una battuta
e io glielo lasciai credere. Ma fu quella frase a scatenare tutto.
«Beh... tu con chi vorresti andare» mi chiese il suo capo...
Claudio mi pare si chiamasse.
E io ormai in preda ad un incontrollabile idiozia dissi che... beh... avrei preferito Massimo...
ormai la frittata era fatta, tanto valeva tentare il tutto per tutto.
Fu così che Massimo mi chiese di aspettarlo fuori mentre chiudevano il negozio.
Ero imbarazzatissima per la figura di palta che avevo fatto e per quello che avrebbe potuto dirmi...
e beh, fu una batosta che probabilmente mi aspettavo.
«Mi fa piacere che tu abbia questa simpatia per me - mi disse 'simpatia, certo' dissi fra me e me 'qui c'è qualcosa che non va' -
però devi sapere che... beh... io sono già occupato»
'ti pareva' pensai...
«Beh, ma perchè me lo dici, credevi che parlassi sul serio?» gli risposi io... cercando di salvare il salvabile
Non mi stava riuscendo molto bene visto che lui mi disse «A me sei sembrata molto seria... cmq spero che resterai
nostra cliente nonostante tutto... e anzi, potremmo anche uscire insieme qualche volta!»
«Porterai anche lei ?» gli chiesi... ormai non rispondevo più delle mie azioni e parole. Il ragazzo che mi piaceva da impazzire
mi aveva appena rifiutata perchè era già occupato e io volevo sapere assolutamente che tipo di persona era riuscita a legarlo a se in quel
modo.
Come se avessi avuto qualche possibilità di competere con l'evidente amore che aveva negli occhi quando mi disse
«io l'amo... che questo sia chiaro. E parleremo anche di te, stasera, probabilmente, ma non sarebbe una buona idea che si uscisse tutti
insieme. lo capisci anche tu vero ?»
Vero, lo capivo... eppure quelle parole non mi convincevano del tutto.
c'era qualcosa in quelle frasi, e nel modo in cui mi guardava... con un filo di sospetto, come se la mia reazione, nonostante tutto calma, non
fosse naturale per lui, come se fosse abituato a dare quel tipo di notizia e a ricevere tutt'altra reazione.
Beh, decisi di mettermi l'anima in pace e di preparami ad accontentarmi della sua amicizia.
Andò bene per un pò, ma ogni volta che lo vedevo mi sentivo triste.
Era lì a due passi, bastava allungare una mano per toccarlo, ed era irraggiungibile.
Si era detto che saremmo usciti qualche volta e decidemmo che quel sabato sarebbe stato ideale.
Avevamo appuntamento in un locale per le 22.30...
Io arrivai alle 22.00 e fino a mezzanotte quando decisi di andarmene non arrivò nessuno.
Era il primo appuntamento e lui non si era presentato.
Chiaro che ci rimasi un pò male.
Ma decisi di soprassedere perchè nonostante non si fosse fatto sentire per avvertirmi, nè per tutta la settimana successiva, quando
mi presentai in negozio e chiesi spiegazioni mi disse che aveva avuto un incidente e che aveva perso il mio numero.
Niente di grave. (Purtroppo mi verrebbe da dire adesso.)
La macchina aveva avuto qualche danno ma era tutto a posto.
Ricominciammo a vederci spesso. Presi l'abitudine di passare
dal negozio all'ora di apertura perchè nel frattempo avevo trovato un
lavoro da quelle parti e prendevo l'autobus a un centinaio di metri
dal negozio.
Capitava spesso però che la mattina ci fosse solo Claudio.
Massimo andava dai fornitori a ritirare i cd o qualcosa del genere, non
mi presi mai la briga di indagare a fondo.
Cominciai così a parlare spesso con Claudio di Massimo...
e conobbi parte del loro passato insieme... perchè si conoscevano
da molto tempo... «amici in comune» mi disse Claudio...
aveva un fare un po' strano quando lo disse, ma lì per lì non ci feci caso.
Parlavamo spesso di Massimo, dicevo, e venni a sapere che la persona
con cui stava era molto più grande di lui... «come una "mamma"» diceva
Claudio... e ti assicuro che ci mancava poco che le virgolette gli si
materializzassero intorno alla bocca mentre lo diceva.
Ma tant'è, io sono stupida! E non capivo a cosa mirassero quelle
allusioni.
Poi una sera riuscimmo ad uscire io e lui da soli...
Massimo ed io. In un locale. Parlammo e bevemmo e ballammo
come se stessimo insieme. Fingendo di essere il mio ragazzo mi difese
da un paio di tipi che cercavano di abbordarmi, e quasi ci credetti io
stessa.
Era un sogno averlo tutto per me per una sera. Lui era bellissimo mentre
si muoveva sinuoso ed esperto sulla pista, e io guardavo i muscoli delle
sue braccia guizzare ad ogni movimento, e i suoi capelli morbidi ricadergli
sul viso, leggermente bagnati del suo sudore... e i sorrisi che mi regalava,
con gli occhi semichiusi... e quelle sue labbra.
Le sue labbra mi facevano impazzire. Mi ritrovavo a fissarle nei momenti
più assurdi... mentre beveva dal bicchiere la sua Caipiriña, mentre
pensava alle parole esatte per esprimere un concetto e si pizzicava il
labbro
inferiore tra pollice e indice, mentre mangiava un'oliva o uno stuzzichino.
Mentre ballava e le teneva leggermente aperte...
Fu in uno di quei momenti che mi ritrovai incollata a lui.
Lo stavo baciando, le mie labbra erano finalmente a contatto con le sue
che tanto desideravo.
Avrei pagato chissà cosa per avere quelle labbra sul mio corpo... ma
già averle a contatto con le mie era qualcosa che trascendeva la bellezza.
E mentre assaggiavo avidamente il suo sapore vagamente salmastro lui
si irrigidì. Aveva capito che quello non era un semplice bacio tanto per
fare. Aveva capito che io ero ancora innamorata di lui. Nonostante tutto.
Mi staccò con forza e si avviò all'uscita.
Io rimasi inebetita un attimo e poi gli corsi dietro, senza nemmeno
prendermi la briga di infilare il cappotto. Mi ritrovai a bloccare la
maniglia della portiera della sua macchina, lui stava salendo.
Voleva andarsene mollandomi lì.
Mi guardò fisso negli occhi. Io lo guardavo a mia volta...
cercavo di chiedergli scusa con lo sguardo prima ancora che con le
parole.
Gli dissi che non sapevo che mi era preso e che non volevo.
E lui mi guardava impassibile. I suoi occhi erano Blu. Scuri.
Avevano perso la brillantezza cristallina che avevano poco prima mentre
ballavamo.
«Và a prendere il cappotto che ti riporto a casa» mi disse.
E io, nonostante avessi paura che mi mollasse lì a piedi, feci uno
sforzo di fiducia e reintrai nel locale a prendere il cappotto.
Era già in macchina che mi aspettava quando arrivai. Salii e facemmo
tutto il tragitto fino a casa mia parlando soltanto quando dovevo dargli
indicazioni sulla strada da seguire.
Quando finalmente arrivammo lui parcheggiò vicino al mio portone, prese
un bel respiro e mi disse
«Rebecca, tu mi piaci, sei una ragazza carina,sei simpatica, vivace,
mi trovo bene con te. Ma è meglio se non ci si vede più»
«Massimo, ti prego, lasciami spiegare... ok io sono ancora innamorata
di te, ma mi passerà vedrai... solo non sprechiamo questa amicizia
per un bacio»
«Chi mi assicura che la cosa non si ripeterà ? No. Non può funzionare.»
«Sono troppo giovane per te, eh?»
lo dissi in preda ad un impeto di rabbia... non capivo perchè gli facessi
tanto schifo. Mi sentivo completamente sbagliata, totalmente fuori posto,
fuori luogo.
«Cosa c'entra questo? Che ne sai tu?»
«So cosa mi ha detto Claudio»
«Beh, Claudio non ti ha detto tutto... o magari l'ha fatto a modo suo.»
«Mi ha detto che stai con una che è quasi tua mamma»
«beh... Papà sarebbe un termine più adatto».
4.
«lo sapevo» dice David a questo punto del racconto
«Come lo sapevi ?»
«Ma si dai era lampante... le virgolette... il fatto che quando ti
ha detto che era occupato non ha specificato subito che era una lei»
«Si certo ora che lo so e che lo racconto è anche abbastanza ovvio, ma
ti assicuro che non era così chiaro mentre lo vivevo. Lui non era stato
mai ambiguo. Io non avevo dubbi sul fatto che stesse con una donna.
Non aveva nessun "vezzo" che hanno i gay»
«Cioè non andava in giro col boa di struzzo? Scusa ma mica tutti ce
l'abbiamo stampato in fronte. Se tu mi avessi incontrato in un altro
posto invece che fuori dal Babylon avresti detto che lo sono?»
«Beh... no, in effetti... cioè oddio con quei pantaloni in ecopelle e
quella maglietta ultra attillata e di quell'improbabile colore si»
«Non starai mica criticando il mio look vero?»
«Ci mancherebbe altro»
«Ah ecco... e comunque dove sta la tragedia? voglio dire ok, hai scoperto che il ragazzo che ti piaceva è gay. E allora?»
«Ma mica è finita qui la storia...»
«Aspetta però... non è meglio se mangiamo qualcosa prima?
si è già fatto mezzogiorno!»
«Io non ho molta fame... ma se vuoi...»
«Dai preparo un paio di panini, e se ti viene fame mangiamo
insieme, altrimenti... ce n'è di più per me»
5.
Scoprire che era gay fu un bel colpo per me.
Finalmente trovo l'uomo della mia vita e lui è già occupato.
Pazienza, anche se improbabile avrei potuto "rubarlo" alla
sua donna, e invece, anche questa piccola speranza si dissolve
nel nulla. Decisamente il suo lui ha qualcosa che io non ho.
Non ci sentimmo più. Lui non chiamò, io non chiamai.
Ci eravamo lasciati abbastanza bene, tutto sommato.
Io avevo "incassato" il colpo, gli avevo detto che non gli avrei
più dato fastidio... Lui disse che non gli davo fastidio, ma
non sembrava molto convinto mentre lo diceva. E tutto
sembrò finire lì, in quella macchina. La sera in cui ero
riuscita finalmente a baciarlo.
Finchè un paio di settimane dopo, passata una notte più
o meno insonne feci uno strano sogno. Non me lo ricordo
affatto ma l'unica cosa che mi rimase al risveglio era
un'ansia enorme legata al suo nome. Di lì a 2 giorni sarebbe
stato il suo compleanno. Meditavo di portargli un regalo
il giorno dopo... l'avevo già comprato tempo prima e impacchettato.
Magari l'avrei lasciato a Claudio all'ora di apertura in modo che
Massimo lo ricevesse senza dovermi incontrare.
Ma svegliandomi con quella opprimente sensazione
mi sentii confusa. Non passai dal negozio quella mattina, per necessità
feci un'altra strada. Ma una volta arrivata in ufficio chiamai il negozio.
Dovevo sapere se era successo qualcosa a Massimo quella
notte, volevo essere sicura che stesse bene. Nonostante tutto
mi sentivo ancora legata a lui. E' stupido, lo so ma non ci
potevo fare niente.
Non ti dico quanto imbarazzante fu quella telefonata.
Ma dovevo farla.
«Pronto Kaos Buongiorno!»
«Ciao Claudio sono Rebecca, c'è Massimo»
«Cosa vuoi? ti ha detto di lasciarlo in pace no?»
«Senti... a parte che non sono fatti tuoi ma io
devo parlare con lui, ti dispiace passarmelo?»
«Non c'è in questo momento... mi ha chiamato 2 minuti
fa dicendomi che sta arrivando»
«Ma sta bene vero?»
«Senti, mi tocco le palle... ma che ti piglia?»
gli spiegai, anche se non avrei dovuto, che ero molto preoccupata
per via del mio sogno... non sapevo come spiegarlo e mi rendevo
conto di sembrare una pazza squilibrata... ma l'unica
cosa che mi importava era avvertirlo di stare attento e sincerarmi
che stesse bene.
«Comunque se dovesse succedere qualcosa digli di chiamarmi»
Quel giorno passò tranquillo.
Rinfrancata dal fatto che Massimo stava bene ripresi a lavorare
serenamente e la giornata finì piuttosto in fretta.
Il giorno dopo, come deciso, portai il mio regalo con me per lasciarlo
in negozio, ma alle 9.30 quando di solito il negozio era già aperto da
una decina di minuti, la tapparella era ancora abbassata.
Aspettai un pò ma di Claudio e di Massimo nessuna traccia.
Provai a citofonare al portone del palazzo del quale il negozio
faceva parte, mi aprirono e mi ritrovai nel cortile sul quale si
affacciava la porta posteriore.
La portinaia mi chiese cosa volevo
«Salve! volevo lasciare questo pacchetto per i ragazzi del negozio
di dischi, lei li conosce vero?»
«Certo, certo, lasci pure a me»
«Ma sa per caso come mai non hanno ancora aperto?»
«......» non mi rispose...
«Sono forse in ferie?»
«Non saprei signorina...»
Mi sembrava tutto talmente strano, ma ero in ritardo per il lavoro
e dovevo andare. Non mi feci troppi problemi e visto che avevo
molto da fare non ci pensai più fino al mattino successivo.
Ancora una volta la tapparella del negozio alle 9.30 era abbassata.
Decisi che avrei chiamato dall'ufficio per vedere se erano dentro.
'magari chissà... l'inventario' pensai.
In fondo non mi avevano chiamato 2 giorni prima e quindi
presupponevo che non fosse successo niente di grave.
Non era così purtroppo.
Chiamai quella mattina. Quella è stata una delle telefonata più
dure della mia vita.
«Kaos buongiorno»
«Massimo!»
«... Senti lasciami in pace. Esci dalla mia vita. Se ti rivedo
da queste parti ti ammazzo con le mie mani! click».
Rimasi a fissare il telefono per 2 minuti buoni completamente
inebetita da quel comportamento assurdo.
Cosa mai avevo fatto per meritare delle frasi che facevano così
tanto soap opera ?
Non capivo, doveva esserci qualcosa che non andava.
Uno scherzo, dai... nessuno nella vita reale dice certe cose.
Rialzai la cornetta e composi il numero.
«Kaos Buongiorno»
«Massimo posso sapere cosa...»
«Smettila ti abbiamo già denunciato alla polizia... click»
Rifeci il numero. Ancora non ero convinta di quello che
stava succedendo.
«Pronto»
«Massimo...»
«LASCIACI IN PACEEEEE! SBAM»
No, non può essere, che cazzo è successo?
Non capivo.
E ad essere sincera non capisco tuttora. Feci di nuovo il numero.
Stavolta non rispose nessuno. così come la volta dopo, e
quella dopo ancora.
Alla quinta prova rispose Claudio.
«Ci vuoi lasciare in pace?» disse con voce totalmente piatta.
«Posso sapere che cosa è successo ?
Sono appena stata minacciata di morte e non so nemmeno
di che cosa mi si accusa... perchè è così no?
è successo qualcosa e voi credete che sia stata io».
Dopo un attimo di pausa mi rispose
«No, non crediamo che sia stata tu... però il giorno della tua
strana telefonata, quella del sogno... è successo qualcosa.
E non sapendo chi possa essere stato, stiamo allontanando
tutti quelli su cui abbiamo dei sospetti...»
«Ma mi dici almeno cosa è successo?»
«E' meglio se ci lasci in pace»
stavolta misi giù io. Non capivo che cavolo stesse succedendo.
Arrivai a pensare che era tutta una mossa per liberarsi definitivamente
di me. Magari erano arrivati a progettarla il giorno in cui telefonai.
In fondo era un'occasione fantastica.
La mancanza di spiegazioni era la cosa che più mi faceva rimuginare.
Qualche settimana più tardi riaprirono il negozio.
Ma solo una metà era agibile. Io lo vidi da fuori, continuavo comunque
a passare di lì ogni sabato con le mie amiche per andare in fumetteria. Non avevo fatto niente di male e non vedevo il
motivo per cui avrei dovuto rinunciare ai miei giri.
Non ci fu nessuna spiegazione. Non ci fu nessuna accusa.
Non ci fu nessuna scusa. La polizia non venne da me a chiedermi dov'ero
e cosa facevo quel giorno. Se mi avessero denunciato sul serio
mi avrebbero almeno dato la possibilità di dimostrare inconfutabilmente
che non c'entravo niente in tutta quella faccenda.
Ancora oggi io non so cosa sia successo al negozio.
Che l'abbiano incendiato, o che siano stati atti di vandalismo?
non lo so.
Suppongo ci fossero delle scritte magari qualcosa di veramente pesante sulla loro omosessualità, altrimenti non si spiega
perchè abbiano pensato a me...
cioè non si spiega comunque visto che non sono decisamente il
tipo da fare una cosa del genere... Nè da pagare qualcuno per farlo.
Non mi chiamo mica Corleone di cognome!
Non lo so e sinceramente ora non me ne importa più niente.
6.
Poi. Ieri sera, avevo bisogno di una boccata d'aria e mi sono
incamminata per le vie del centro guardando le vetrine.
Camminavo tranquilla pensando ai fatti miei quando ho intravisto
una figura, che mi era familiare, camminare verso di me.
Era lui. E non era solo. Con lui c'era un uomo, avrà avuto 40anni.
Era vestito benissimo ed era veramente un bell'uomo.
Alto, un fisico atletico e un viso angelico. La sua età era
tradita solo dai capelli un pò grigi.
Massimo era splendente. Sorrideva radioso mentre guardavano
alcune vetrine di vestiti. Era ancora più biondo del solito,
probabilmente si era fatto schiarire i capelli, era dimagrito un po' e sembrava un pulcino bagnato in confronto a quell'uomo
adulto e bellissimo. Ma era il suo pulcino.
Così mi sono girata prima che mi vedessero e ho cambiato strada.
Ho cominciato a camminare a caso, persa in una sensazione
di vuoto assoluto... Avvertii i sintomi che preannunciavano un forte
mal di testa ma continuai a camminare e a respirare.
Non pensavo a niente, non vedevo niente, non sentivo niente
finchè tu non mi hai urtato fuori da quel locale...
«Ah, eri tu? E' una delle poche cose che ricordo di ieri
sera, forse perchè risale a prima del mio Max. Scusa mi dispiace»
«Figurati, anzi... è stato un contatto piuttosto piacevole visto che
ti ho toccato il sedere... non te ne sei accorto?»
«No, ormai non ci faccio più caso... lo fanno tutti, anche al lavoro»
«Ma tu che lavoro fai?»
«Sono barista al Babylon... o meglio, di solito lo sono ma
non ieri sera. Lo so che è stupido andare a divertirsi nel locale
dove si lavora... ma io ho tutti i miei amici lì.»
«E chi ti ha detto niente scusa ?» un leggero sorriso increspa
le labbra di David.
«Hai ragione...»
7.
«E il resto è storia come si suol dire» sta dicendo Rebecca
mentre David si alza per andarle a prendere qualcosa da bere.
Hanno passato tutta la mattina seduti sul divano.
Rebecca si sente meglio. E' riuscita a raccontare tutto senza
la minima lacrima. E' un buon segno per lei... significa che quella
ferita ancora relativamente fresca si va rimarginando piuttosto
in fretta.
La lacrima versata prima di raccontare tutto è stata l'ultima di
una lunga serie di cui non c'è traccia nel suo racconto.
Ora, mentre placa la sete col bicchiere d'acqua che David le
ha portato, Rebecca si sente in dovere di dire tutto.
«David, probabilmente non te lo ricordi... ma noi 2 ci siamo baciati
ieri notte»
David sbianca.
«Ora capisco perchè ho vomitato»
Rebecca prende un cuscino dal divano e comincia a pestare
David con tutte le forze...
«Sei uno stronzo» dice ridendo forte...
David ride un pò meno...e quando sente che il dolore comincia
a farsi più forte lo fa presente.
Ed è abbastanza perchè Rebecca torni calma,
un po' affannata forse ma ormai rilassata. Magari un po'
preoccupata per David. Ma lui si mostra forte.
Del resto è lui l'uomo no?
«E comunque è stato poco prima che tu vomitassi, in effetti»
«L'ho detto io!»
«Senti ne vuoi ancora un po'?»
«No no... ne ho avute abbastanza per i prossimi
2 anni grazie!»
«Non vuoi sapere come è andata?»
«No... in fondo non conta, io ero pesto et ubriaco e quindi
non vale... e comunque potrei denunciarti per molestie sessuali!
l'hai fatto contro la mia volontà!»
«mah, non mi sembravi tanto restio... anzi se non avessi
vomitato mi sa che a quest'ora non saresti più tanto frocio»
«Oh ohohohoho... vedo che stai imparando a rispondere a tono...
era ora sorella!»
«Bene fratello. Ora tocca a te»
8.
«Ti va di raccontarmi la storia?»
Fine secondo capitolo
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La storia di Rebecca è un po' lunga e tutto sommato noiosetta
ma non trovo modo migliore per raccontarla... l'assenza di sesso
forse giustifica maggiormente tutto ciò che ha passato
per quelle accuse così ingiuste.
Spero di essere riuscito a renderlo bene.
Ho sempre paura di addentrarmi troppo e diventare prolisso.
e quando rileggo mi sembra di aver corso troppo.
Va non vi ho nemmeno cambiato i commenti finali perchè in
fin dei conti è ancora quello che penso riguardo questa parte della
storia. Mi sono reso conto che la "passione" di Rebecca per
Max è molto "maschile"... la sua attrazione per le labbra... il modo
in cui l'ha baciato. Non so fino a che punto una ragazza si comporterebbe
così... ma cmq... In fondo Rebecca è un po' un maschiaccio.
Bacio
V.
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