Drops of Rain

 

 

di Firetiger

 



 

Questa volta mi resti conto all’istante di essermi fregato con le mie stesse mani. I  cacciatori erano stati molto scaltri, e i miei fratelli avevano dato l’ordine di disperdersi all’istante, così ero rimasto indietro. Pensavo di averli seminati, quando sentii dei passi svelti dietro di me e con la coda dell’occhio vidi uno dei cacciatori che mi inseguiva, pistola alla mano. Le nubi oscuravano la luna in quel momento, e non riuscii a vederlo bene, aveva uno spolverino di pelle ed era piuttosto alto.
- Arrenditi, bastardo di un succhiasangue!! – lo udii gridare mentre accelerava il passo.
Fossi matto, pensai dentro di me, non avrete la mia pelle! Scavalcai un muro con un agile balzo e corsi lungo la tettoia di una casa diroccata, sperando di averlo messo in difficoltà, ma quello era sempre dietro, sempre più vicino. Mi sembrava quasi di sentirne il fiato sul collo. Udii il rombo del temporale in lontananza e vi assicuro che iniziò a prendermi male… questo non voleva saperne di mollarmi! Se non lo seminavo, andava a finire che scovava il nostro covo diurno.
Mentre facevo viaggiare a mille il cervello alla ricerca di una soluzione, mi cadde l’occhio su una vetrina in frantumi e vidi il bagliore di un grilletto che faceva fuoco. Non feci in tempo a scartare di lato, che una pallottola di frassino andò a conficcarmisi nella spalla destra, provocandomi una fitta acuta e bruciante in tutto il corpo. Caddi nel fango, fulminato.
Credo di aver perso conoscenza per qualche secondo, perché quando riaprii gli occhi mi ritrovai sdraiato a pancia in giù sullo stradone ancora umido per la pioggia, i capelli biondi sparsi intorno al collo e appiccicati sul viso. Provai a muovere una mano, ma il proiettile nella spalla mi faceva un male cane e non riuscivo a fare un solo gesto. Udii passi vicini e alzai gli occhi.
- Finalmente ti ho preso…
Lo vidi. Era alto, avvolto dallo spolverino nero, e neri erano la felpa, i pantaloni di pelle e gli anfibi che indossava. I capelli corti svolazzavano per effetto del vento, rendendo ancora più taglienti i suoi lineamenti. Gli occhi, verdissimi, mi fissavano feroci.
- Hai finito di fare i tuoi porci comodi, sporco vampiro – ghignò afferrandomi per il colletto, strappandomi un gemito di dolore per i modi rudi che usava – adesso le sconterai tutte insieme!
Il suo viso era vicinissimo al mio, attento a ogni mio movimento. Che imbecille, non riuscivo a muovere un dito, figuriamoci a cercare di scappare!
- Tu e i tuoi amichetti avete fatto la pelle a mia madre e alla mia sorellina! – continuò, strattonandomi  implacabilmente – Siete feccia, e come tale vi annienteremo dal primo all’ultimo! Dimmi dove sono i tuoi colleghi!!
Ansimai, prendendo una boccata d’aria fresca. Anche parlare mi era faticoso.
- Non so chi siano queste persone, ma io non c’entro niente, tantomeno i miei fratelli…- ansimai allo stremo – E poi, tu mi sembri soltanto uno dei soliti cacciatori frustrati che sfogano la loro rabbia sulla prima preda che catturano…
Avrei voluto sputargli in faccia, ma non ne avevo la forza. Detestavo quelli come lui, che si arruolavano tra i cacciatori solo per scopi personali. E’ vero, noi vampiri ci nutriamo degli umani, ma io e i miei fratelli non abbiamo mai ucciso donne o bambini, è contro il nostro codice morale… e che vi interessi o no, anche noi abbiamo un codice morale!
Glielo dissi, e vidi il suo viso tirarsi, mentre stringeva i denti. Vidi il mio volto pallido specchiarsi in una pozza d’acqua ai nostri piedi, gli occhi azzurri velati dal dolore. Sentii le forze abbandonarmi piano piano, finchè la testa non mi si rovesciò all’indietro, e svenni di nuovo. Prima di perdere del tutto i sensi, avvertii alcune gocce di pioggia cadermi in faccia, e le braccia del cacciatore stringere il mio corpo…

 

La prima cosa che vidi quando rinvenni, fu un arco di mattoni, sgocciolante di pioggia. Le gocce cadevano fitte fitte, scrosciando al di fuori del nostro rifugio.
Il cacciatore era immobile, seduto a gambe incrociate davanti a me, senza togliermi gli occhi di dosso un momento. Scommetto che era stato in quella posizione per tutto il tempo che ero rimasto privo di conoscenza!
Ero appoggiato al muro di mattoni sotto l’arcata, e avvertivo la fredda roccia sotto al mio corpo. La maglia a rete e i pantaloni militari erano zuppi d’acqua e cominciavo a sentire freddo. La spalla continuava a bruciarmi, ma per lo meno, adesso potevo muovermi un pochino.
- Perché lo hai fatto? – chiesi piegando un ginocchio.
- Cosa?
Scrollai la testa, facendo volare un mare di goccioline dai capelli.
- Non fare il finto tonto… Non dovevi ammazzarmi?
- … ci ho ripensato.
- Perche?!
Questo mi coglieva alla sprovvista. Lui fece uno strano sorrisetto, si alzò e mi si inginocchiò davanti.
- Perché, guardandoti meglio, sei carino.
Mi sentii avvampare.
- C.. che stai dicendo? – farfugliai.
- Quello che dico. Sai, mi piacciono quelli col tuo visino…
Non capivo se mi stava prendendo in giro o no, comunque cercai di rannicchiarmi il più possibile contro il muro. Lui allungò una mano e mi accarezzò la faccia, percorrendola dalla fronte allo zigomo. Mi sentii rabbrividire. I suoi occhi verdi mi stavano ipnotizzando. Non avevo mai visto un verde così intenso.
- E poi, sono sicuro che la cosa fa piacere anche a te.
- Prego?
Sorrise.
- Ti piaccio, vero?
Avvampai!
- C.. cosa te lo fa pensare?
- La tua faccia. E’ diventata tutta rossa.
Non potevo saperlo, ma lo sospettavo. Sentii il cuore accelerare i battiti.
- E poi, mi sembra che anche il tuo corpo parli per te…
- Eh?!
Allungò una mano verso il mio petto,  indicando i capezzoli rosei che sporgevano tra le maglie della canotta a rete.
- Guarda come si sono inturgiditi… - mi sussurrò in un orecchio – Il corpo non mente mai, sai?
Si avvicinò ancora di più, sfiorandomi con il suo torace muscoloso. Al suo confronto, io ero magro e slanciato. La mano si insinuò sotto la canotta, sfiorandomi un capezzolo.
- Ah! – un gemito mi scappò involontariamente dalle labbra – N.. no, fermati…
Ma non si fermò. Sollevò la canotta e leccò i due capezzoli con grande maestria, prima uno, poi l’altro. Mi mordevo le labbra, tremando. Un calore inaspettato mi stava salendo dalle cosce su per tutto il corpo.
- Visto che ti piace? – mormorò lui leccandosi il labbro.
Non ebbi il tempo di aprire bocca, perché lui ci incollò la sua sopra, e mi bloccò le braccia al muro con le mani. Il suo bacio arrivava tanto inaspettato quanto travolgente. Mi passò la lingua sui canini e si staccò, giusto il tempo di farmi riprendere  fiato.
- Belli aguzzi, eh?
Mi baciò di nuovo, e stavolta fu un bacio ardente quanto la ferita alla spalla. Non mi intendevo molto di baci, ma feci del mio meglio per rispondere, e le nostre lingue si incrociarono a più riprese, per poi staccarsi e riavvolgersi.
Mi passò una mano dietro al collo, per avvicinarmi di più a se, mentre con l’altra si insinuava nei miei pantaloni. Credetti di impazzire quando sfiorò il mio membro.

 

Un istante dopo eravamo entrambi nudi, coperti solo dal suo spolverino. Gli stringevo le braccia al collo, e lui non faceva che baciarmi ovunque, con delicatezza, un tocco vellutato che mi riempiva di piacere. Un vampiro tra le braccia del suo peggior nemico. Avrei dovuto vergognarmi, ma non ne avevo tempo, tanto ero preso da lui. Credevo che saremmo andati avanti all’infinito, in quel languore soave di baci e abbracci, ma a un certo punto mi afferrò per il fianco e mi voltò rudemente a pancia in giù. Mi sentii strappato al mio sogno, e mentre tornavo alla realtà, sentii il suo membro premermi dietro, e solo allora capii.
- N.. No… - gemetti – Non farlo…
Lui fece finta di non aver sentito e continuò a premere ritmicamente. Man mano che entrava dentro di me, il dolore si faceva sempre più acuto. Mi  sentivo lacerare. Premetti la fronte a terra, sui mattoni, stringendo i pugni, mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime. Non mi ero mai sentito più umiliato di così. Avrei preferito che mi avesse ucciso. Dette un ultimo forte colpo di reni, e fu dentro di me completamente. Ansimai, e udii anche lui ansimare, continuando quel dondolio ritmicò, finchè sentii qualcosa esplodermi dentro e un liquido caldo colarmi lungo le cosce.
Questo era il massimo, e scoppiai in lacrime senza ritegno, sperando che tutto finisse al più presto. Ma lui continuava a restare dentro di me. Vaffanculo, vattene, bastardo! pensai, Non ti basta ancora?
Sentii che staccava una mano da uno dei miei fianchi. Sperai che si fosse deciso, ma mi sbagliavo: abbrancò il mio membro e iniziò a sfregarlo con la mano. Mi scappò un gemito, e anche più d’uno, mentre lui continuava a sfregare e sfregare… Il membro si inturgidiva sempre più.
- Basta… - singhiozzai – Smettila… smettila…
Lui sghignazzava, evidentemente divertito dalla mia sofferenza. Ma era davvero sofferenza? In fondo, devo ammetterlo, sotto sotto mi dava un piacere matto… era quel mio dannato orgoglio che non voleva mandar giù la cosa.
- No, non la smetto…- la sua voce era suadente e penetrante come il suo membro, che non voleva saperne di uscire dal mio didietro.
D’un tratto sentii che c’era qualcosa dentro di me in procinto di esplodere. Non potei oppormi. Venni nella sua mano, e fissai con sguardo vuoto lo schizzo sul pavimento di pietra, mentre altro liquido mi sgorgava tra le gambe, davanti.
Fu allora che il cacciatore si staccò da me, uno strappo veloce, seguito da un’esclamazione di piacere. Rimasi come inebetito in ginocchio, mentre lui si puliva la mano con lo spolverino e iniziava a rivestirsi. Cominciai a tremare violentemente, le lacrime che colavano lungo le guance arrossate. Il suo odore… quel suo odore penetrante addosso a me…
- Bastardo!!! – urlai – Figlio di puttana!!!
Mi alzai di scatto, nonostante il dolore alle parti intime, nonostante la spalla mi bruciasse da morire, ed ero io stesso a sentirmi morire, e mi lanciai fuori dall’arco, sotto la pioggia, nudo, a farmi scorrere addosso la pioggia… a lasciare che mi lavasse via quello sporco che mi disgustava. Lui continuava a sorridere, e io ero sempre più infuriato, ma non riuscivo ad attaccarlo, perché il mio dolore era più forte della rabbia.
- Mi hai stuprato… mi hai stuprato, schifoso!
- Non mi sembra ti sia dispiaciuto.
Era come se volesse sempre l’ultima parola.
- Credevi mi bastasse ucciderti? – rise – No, io con le mie vittime ci gioco, prima di stecchirle!
- E allora facciamola finita! – chiusi gli occhi, stringendomi l’addome con le braccia – Sparami.
Non si mosse. Io rimanevo nudo sotto la pioggia, aspettando. Non sopportavo l’idea di vivere con addosso il marchio infamante che mi aveva inflitto. Poi venne verso di me, alzò una mano, ma non impugnava la pistola. La sua mano era vuota. Mi sfiorò delicatamente il volto, poi mi alzò il mento, fissandomi negli occhi.
- Come puoi chiedermi di sparare a questi occhi del colore del cielo?- mormorò prima di baciarmi delicatamente sulle labbra.
Ero sbalordito. Quest’uomo era un paradosso vivente! Mi trascinò sotto l’arco, senza che mi opponessi. Ormai non avevo la forza di fare niente, ero esausto.
Mi appoggiò lo spolverino sulle spalle e mi fece sedere sulle sue ginocchia.
- Ch.. che altro stai architettando? – farfugliai.
- Prenderai freddo a startene nudo sotto la pioggia.-mormorò- Ti riscaldo, che male c’è?
L’aggressore che infierisce e poi cura la vittima… adesso che ci ripenso non me ne capacito. Davvero un uomo è capace di sentimenti tanto ambigui.
In quel momento però ero incapace di pensare. Mi spinse il viso contro il suo petto, affinchè mi appoggiassi. Dopo un po’ vidi che si era assopito. Mi riappoggiai contro il suo corpo caldo, stringendo lo spolverino tra le mani. Avevo gli occhi pieni di lacrime, ma stavolta non capivo se si trattasse di lacrime di dolore o di felicità per lo scampato pericolo. O se semplicemente quell’uomo mi aveva provocato uno scombussolamento emotivo mandandomi in tilt.
Guardai la pioggia cadere, mentre il tuono rombava in lontananza. Le gocce che cadevano dall’arco mi sembravano le lacrime che quell’uomo non aveva mai versato…
Lacrime di pioggia che cadevano sul mio cuore….