Disclaimers: I personaggi sono di Inoue,
e la canzone é dei Tre Allegri Ragazzi Morti.
Note: A Junta ed Excel85 che mi hanno fatto scoprire questa splendida
canzone ^_^ E soprattutto alla mia mammina Seimei, la prima che abbia
apprezzato questa fic.
Drive parte
III
di Akira14
Non se ne fece niente.
Sebbene i tre fossero pronti a soddisfare ogni perversa richiesta di
Sendoh, quello stupido aveva rovinato tutto!
Rukawa aveva finto di andare a cercare manette e cinghie per legarlo al
letto.
Koshino aveva chiuso tutte le finestre, aveva calato le tende di velluto
rosso, ed aveva preparato il letto, cambiando le lenzuola nere con un paio
rosse fuoco, che gli stimolavano un appetito al limite del sopportabile.
Sakuragi, invece, elaborava un piano per non sfigurare di fronte ai suoi
tre amanti.
Se avessero saputo che era ancora vergine, l'avrebbero preso in giro a
vita.
Beh, anche Akira lo era (e questo non poteva che fargli piacere), ma lui
non andava vantandosi della sua adolescenza da dongiovanni!
Probabilmente, lui e il porcospino avevano avuto lo stesso problema.
Continuamente, ripetutamente allontanati per la loro diversità.
Anche se non gli riusciva facile capire come potessero dei perfetti
estranei sapere che Sendoh era un damphyr.
Ma siccome il caro ragazzo dai capelli a punta avrebbe dovuto essere
completamente passivo, per lui non era un problema.
Andò in camera, pronto a dire a Hiroaki e Kaede che aveva un terribile
mal di testa.
E siccome lui era "Il Genio" non gli andava di fare le cose
tanto per levarsi una preoccupazione.
Se faceva qualcosa, doveva essere in grado di dare il suo meglio.
Loro però non erano lì.
Hiro aveva lasciato un biglietto, dicendo di aspettarlo, che era solo
andato a fare uno spuntino.
Kaede invece si era volatilizzato.
Non gli parve nemmeno il caso di andarlo a cercare. Di sicuro un angelo
non poteva essere messo in difficoltà da chicchessia.
Inoltre Rukawa odiava che gli si desse una mano, se non era lui a
chiederlo esplicitamente.
Quindi butto uno sguardo al ragazzo che dormiva tranquillamente sul
divano, davanti alla televisione.
Si assicurò che non avesse selezionato la pay-tv, perché era un extra,
quindi non incluso nella tariffa pagata da Angelica, e la spense.
Si avvicinò al suo amico, e teneramente gli scompigliò i capelli.
Con tutte le vicende che avevano affrontato, era naturale che dovesse
recuperare le energie, specie se si contava che aveva lottato praticamente
da solo contro un essere che andava ben oltre le sue capacità di Slayer.
Non aveva il cuore di svegliarlo per farlo spostare sul letto, perciò
prese un plaid dall'armadio e lo coprì per bene.
Pareva quasi una mamma che rimboccava le coperte al suo figlioletto.
Mamma.
Un'altra cosa che avevano in comune.
Nessuno aveva conosciuto la propria madre, o se la conoscevano, in ogni
caso non ricordavano che faccia avesse.
Quella di Hiroaki era fuggita non appena lui nacque, abbandonandolo
nell'ospedale.
Non erano stati più fortunati lui, Kaede e Akira.
La madre del suo volpino era morta in un incidente stradale, quando lui
era troppo piccolo per ricordarsi che faccia avesse.
Lui, invece ricordava solo il sibilo della pallottola che sarebbe poi
andata a piantarsi nella testa di sua madre.
Fatto che poi aveva condizionato suo padre talmente tanto che questi
l'aveva affidato a una famiglia nota per la sua esperienza nel campo degli
attentati, ma così ricca da essere intoccabile.
Lì l'avevano educato a essere freddo e implacabile con i nemici, e
l'avevano istruito affinché divenisse uno dei migliori killer di tutta la
yakuza.
Akira l'aveva persa venendo al mondo, poiché il suo immenso potere (che
si manifestò, solo allora nella sua piena potenza) l'aveva uccisa.
A renderlo cosciente di questa verità, si era disturbato proprio il suo
obiettivo, il potente Mitsui, che sperava di spaventare Koshino
rivelandogli che Sendoh era stato capace di uccidere perfino la propria
madre.
Non aveva certo pensato che Hiroaki non si sarebbe fatto alcun problema e
avesse rivelato il tutto ad Akira.
Certo, quando gliel'aveva detto, il loro leader aveva fatto fatica a
credergli.
Hiro però aveva un volto talmente tirato, triste e sconsolato che gli si
leggeva in faccia, che stava dicendo la verità.
Aki aveva avuto molte difficoltà a mandarla giù. Era stato sull'orlo
della depressione, e solo il pensiero che aveva tre persone che lo
amavano, e avevano messo la loro vita e il loro cuore nelle sue mani, era
riuscito a farlo riprendere.
A dargli la forza per andare avanti.
Non poteva permettere che qualcuno sacrificasse nuovamente la sua vita per
lui.
Hanamichi sorrise.
Spesso Akira, per indispettire la iena musona gli rispondeva "Sì,
mamma." O "Certo mammina cara."
In fondo, anche se Hiroaki sembrava scorbutico e menefreghista, spesso se
ne usciva con delle paranoie e un'apprensione verso di loro che parevano
quasi materne.
Era lui che ti sgridava se non ti eri messo il maglione, e se con la
brezza serale ti saresti preso un accidente.
Sempre lui che ti guardava con orrore quando compivi azioni spericolate.
Fino a una settimana prima, avrebbe detto che lo facesse per rendersi
antipatico, ma ora doveva ammettere che si comportava così perché era
preoccupato per loro.
Kaede, poi.Lo intrigava.
Non avrebbe mai detto che fosse un angelo.
Ru, era il tipo che suscitava diverse impressioni, tutte sbagliate, a
seconda di chi lo incontrava.
Alle ragazzine sembrava un dio sceso in terra, alle signore di mezz'età,
un ragazzo serio e posato, il genero perfetto in poche parole.
I ragazzi lo trovavano un borioso, che nascondeva dietro una facciata
d'indifferenza una mal celata arroganza, mentre gli uomini pensavano che
un tipo così perfetto avesse per forza qualcosa da nascondere, qualcosa
di terribile.
Quest'ultima opinione non era poi così sbagliata, in fondo.
Se per terribile s'intende fuori dagli schemi, come molte persone per bene
pensano, allora loro erano tutti terribili.
Indovinare cosa passava per la testa di quella volpe era impossibile.
Mentre lui, Hiroaki e Akira erano così impulsivi, istintivi da essere
cristallini anche per chi non li conoscesse affatto, Kaede era un mistero
anche per loro.
E questo faceva parte del suo indiscutibile fascino.
Se Aki puntava sulla sua voce, sulla sua innata grazia e sensualità nei
movimenti, Rukawa non n'aveva bisogno.
La sua bellezza era già abbastanza, e l'alone di mistero che riusciva a
creare intorno alla sua persona lo rendevano irresistibile a qualsiasi
essere umano, donna o uomo che fosse.
Prima, era troppo occupato ad odiarli disinteressatamente, per notare
queste piccole cose, che rendevano i suoi due amanti (escludendo Sendoh,
che gli era piaciuto dal primo momento che l'aveva visto) così
affascinanti da cominciare a esserne geloso.
Si alzò per andare a prendere una boccata d'aria dalla finestra.
Restò di sasso, alla vista dell'alba sulla laguna.
La sera prima si erano addormentati non appena Kaede, con i suoi nuovi e
alquanto inquietanti poteri aveva riportato la camera al suo stato
originario, quello che aveva prima che Angelica ci mettesse le mani sopra.
Era molto tardi, e quindi non si aspettava che sarebbe riuscito a
svegliarsi così presto.
Strano.
Molto strano.
Ancora più strano che la sveglia sul comodino, quello accanto al lato
sinistro del letto, non ci fosse più.
Non era una sparizione inquietante, in fondo in campeggio gli era perfino
capitato che gli rubassero lo spazzolino con sopra il dentifricio.
Però il fatto che qualcuno se ne andasse in giro, in un hotel di lusso, a
rubare sveglie nelle camere.
A forza di guardarsi intorno, notò che la camera era diventata più
grande.
All'inizio, pensava che fosse una sua impressione, dovuta al fatto che
raramente si svegliava in luoghi così luminosi e quindi i suoi occhi,
ancora stanchi e disturbati dalla luce.
Ora, capiva che i suoi sensi non l'avevano ingannato.
Stava lentamente perdendo intorno a sé lo spazio e il tempo.
Tutto sembrava essersi cristallizzato in un istante.
Akira mugolò, e si alzò bofonchiando qualcosa.
L'ansia di Hanamichi l'aveva svegliato.
"Hanamichi, che c'è?"
Vide l'orrore dipingersi sul volto del rossino.Dal muro era uscita una
non-morta. I suoi occhi avevano l'iride bianca. I suoi capelli erano
decolorati.
Abbracciò Sakuragi, e con un sorriso crudele e sadico dipinto sulle
labbra disse a Sendoh: "Mitsui vi augura una buona visione, e vi
ricorda che non esistono uscite di sicurezza. Una volta entrati nel nostro
cinema si può uscire a spettacolo terminato.
E il nostro show non ha fine."
"Cosa vuoi?" ruggì Sakuragi, togliendosela di dosso.
"Benvenuti al Piccolo Cinema Onirico.Prima di dormire, ad un passo
dal risveglio."cantò prima di dissolversi.
Sendoh capì.
E gridò.
Erano intrappolati nelle loro menti.
Nelle loro paure. E Mitsui reggeva le fila di tutto quanto.
Anche se fossero riusciti ad uscire, chi gli avrebbe garantito che non si
sarebbero ritrovati in un altro sogno?
Il provare dolore non era una prova del fatto che erano svegli.
Stupidi erano quelli che sostenevano che i sogni erano in bianco e nero.
Quella poteva benissimo essere la realtà.
Solo alcuni particolari assicuravano loro di essere addormentati.
Il fatto che le gocce, nel vano doccia della camera (che non si sapeva
bene da chi fosse stato usato), scorressero dal basso verso l'alto.
Anche Hanamichi cominciò a preoccuparsi.
Ancora di più di quanto non fosse già ansioso e ansiogeno.
Conosceva bene quella sensazione.
Più di una volta si era chiesto se quella che vedeva era reale.
Sì, insomma.
Magari era da anni in uno stato comatoso, e quello che stava vivendo era
solo un'illusione creata dal suo subconscio.
Oppure, lui era solo il personaggio secondario del sogno di qualcun altro.
Ed ora, quell'impressione sembrava ancora più forte, penetrante come il
dolore provocato da una coltellata inferta direttamente al cuore.
Akira era quasi tentato di piangere.
La sua situazione era come quella del suo eroe ora.
Come quella di Neo, il protagonista di Matrix. Solo che lui non aveva
nessun Morpheus a proporgli di scegliere la pillola rossa o quella
azzurra.
Non avrebbe mai avuta la certezza di essere veramente uscito da una realtà
fittizia.
Mitsui voleva farli impazzire.
Questo era chiaro, lampante.
Ad essere oscuro, invece era come potesse controllare le loro menti, se
davvero si trovava in Giappone come Angelica aveva sostenuto.
Nemmeno un Maestro della Notte abile e potente come lui, aveva tanto
potere da riuscire a condizionare i loro sogni, a quella distanza.
Potevano esserci però, tante altre spiegazioni.
Tipo che aveva usato Hiroaki come catalizzatore delle sue doti
sovrannaturali.
<Sei un cretino, Akira Sendoh.
Avresti dovuto liberarti di quell'inetto molto tempo fa.
La tua generosità mi è disgustosa.> sibilò crudele Hisashi parlando
nella sua testa.
"Taci! Mai, e dico MAI mi pentirò di aver scelto Hiro come compagno!
Lui mi è fedele, e uno anche uno solo dei suoi sorrisi, vale la pena di
vivere per l'eternità in questa prigione dorata!
L'unica cosa disgustosa, qui, è la tua persona!"
<Sarà. Vedremo quanto ti sarà utile, il tuo adorato Hiroaki, per
scampare al tuo destino.
Se è affidabile come quella scimmia rossa, beh.Ti faccio i miei migliori
auguri.> rispose.
Akira tirò un pugno nel muro.
Trovava oltremodo irritante il dover discutere con uno via telepatica.
Ignorava che volto avesse.
A giudicare dalla voce, sembrava ancora molto giovane, per essere un
Master.
Sembrava anche un tipo che nasconde dietro una bella faccia, dietro a
un'apparenza di semi-perfezione, la sua natura crudele e disumana.
Inoltre, aveva sentito le grida delle vittime di quel mostro.
Anche ora che la conversazione era finita, gli pareva che quelle anime in
pena si aggrappassero alla sua camicia, tirassero la stoffa piangendo,
pregando di essere aiutate.
Le sue narici erano piene dell'odore del sangue rappreso, che, nauseante,
aleggiava nella dimora di Mitsui quasi ne fossero impregnate perfino le
pareti.
E quello osava anche insultare Hana- e Hiro-kun?
Quelli stessi ragazzi in cui riponeva una sconfinata fiducia?
Tra l'altro ben riposta.
"Acchan, è tutto a posto?" chiese Hanamichi spaventato dalla
luce sinistra che aveva visto pochi attimi prima negli occhi del suo
amato, come se fosse stato impossessato dal diavolo.
"Chiudi quella bocca se ne sei capace!
Sto cercando di pensare!" disse spingendolo via.
Hana si sentì sperduto.
Pensava che almeno Sendoh non fosse frutto della sua immaginazione.
Invece, era così scorbutico che non sapeva più se credere che fosse
veramente lì con lui.
Quindi, decise che sarebbe stato meglio andare a rinfrescarsi le idee.
Sbatte la porta e se ne andò.
"Hana-kun?" chiese Sendoh risvegliandosi dai suoi pensieri.
Si era accorto di aver maltrattato qualcuno, ma non ricordava chi.
Beh, ora aveva capito chi era.
Accese la radio, perché il silenzio gli era insopportabile.
La frequenza era disturbata, e quando riuscì infine a trovare una
stazione senza interferenze, la canzone si rivelò essere la perfetta
colonna sonora di quell'incubo.
-Puoi vedere cose che trovi solo lì.
E' uno spazio grande poco più dell'universo.-
"Voglio uscire, mi senti?
Fammi uscire!!!!
Non puoi tenermi prigioniero qui.
E' sleale.
Sei solo un codardo, che non ha il coraggio di affrontare a viso aperto i
suoi avversari, e ricorre a questi biechi trucchetti."
La radio si era zittita.
Intorno a lui solo silenzio, ma sentiva in lontananza il suono ritmato di
una camminata, più precisamente il rumore provocato da una donna che
camminava con i tacchi.
Lungo il corridoio c'erano evidentemente dei tappeti, perché a volte il
rumore si zittiva.
Come quello del triciclo in "The Shining", si ritrovò a pensare
Sendoh.
Kubrick aveva saputo cogliere la sottile tensione provocata dal silenzio,
interrotto da rumori sinistri solo a sprazzi.
Lui però in quel sogno non era il guardiano dell'hotel, la sua posizione
si poteva paragonare piuttosto a quella di Wendy. Forse tra poco, qualcuno
avrebbe rotto ad accettate la porta, e con voce crudele avrebbe detto.
"Akira, amore.Sono a casa."
Ok, forse si stava lasciando prendere la mano.
Quello, però, era pur sempre un sogno.
Quindi tutto era possibile.
Ebbe un'illuminazione.
C'era solo un modo per uscire da quell'incubo.
"Bene, Mitsui.
Ti avviso che ora mi sparerò alle tempie con questa pistola."
Annunciò il damphyr.
"Liberissimo di farlo.
Sappi però che qualsiasi cosa farai qui, avrà una conseguenza anche
nella realtà.
Capirai, quindi, che se muori qui, morirai anche il tuo corpo non solo la
tua mente, figlio mio."
La voce, apparteneva ad una giovane donna, quella con i tacchi che aveva
sentito poco prima.
Era alta, così magra e slanciata da far invidia a una modella.
Ciò che più attirava l'attenzione, però, erano gli occhi color pece e i
capelli corvini che contrastavano visibilmente con la sua carnagione
chiara.
Akira si chiese se quella fosse veramente sua madre.
Vedendosi squadrare con quello sguardo sospettoso, la donna si mise a
ridere, e Sendoh non ebbe più alcun dubbio.
Assomigliava troppo a lui, per essere una perfetta estranea.
"Rimani qui con me, amore della mamma."
Sendoh si buttò nel suo abbraccio, non accorgendosi che mentre sorrideva
quella donna mostrava i suoi affilatissimi canini.
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Hanamichi intanto vagava affannato nei corridoi.
Il più terribile prodotto della sua mente, si ripresentava davanti ai
suoi occhi.
Una fila interminabile di porte, un labirinto di corridoi che lo riportava
sempre al punto di partenza.
Nessuna di loro si apriva.
Si maledisse per non aver notato prima che la loro era la camera numero
13.
Avrebbe dovuto ricordarsi che negli alberghi di lusso non esisteva una
camera con quel numero, per evitare che i superstiziosi si rifiutassero di
prenderla.
E ora, visto che era stata creata da un Master, Mitsui poteva farla
scomparire facilmente.
"Calma Hanamichi, devi restare calmo.
Apri una porta a caso, quella verso la quale ti spinge il tuo istinto.
Vai." Si disse ad alta voce per rassicurarsi.
E fece esattamente quello che si era comandato.
Chiuse gli occhi, e lascio che il suo cuore lo dirigesse verso la porta
giusta.
Come in un film, gli apparse davanti l'entrata della n 13.
Allungò la mano e tiro giù la maniglia.
Ripresosi dalla sua trance, cercò Sendoh lì intorno.
Doveva accertarsi se fosse veramente lui oppure no. Ciò che si presentò
davanti a suoi occhi, però, lo lasciò senza fiato.
E gli dissolse qualsiasi dubbio.
Una vampira stava abbracciando il suo amato, pronto ad ucciderlo con un
pugnale che reggeva nella mano sinistra.
Sulle labbra di Akira, il suo sorriso di sempre.
Lo riscaldava talmente tanto, che non gli interessava più sapere cosa
fosse o non fosse quel ragazzo con i capelli a spazzola.
Voleva continuare a vederlo, per l'eternità.
Gridò, per avvisarle.
Ma il suo urlo non aveva voce.
Nel frattempo, Koshino e Rukawa stavano senza sosta al capezzale dei due.
Hiroaki era uscito un momento per fare colazione, con il silenzioso
moretto, che aveva dovuto ammettere che anche lui aveva un certo appetito.
Quando erano tornati, Koshino aveva sbuffato, trovando Sendoh ancora a
letto (alle 11 di mattina!) e Rukawa era andato a svegliare la sua scimmia
rossa che riposava tranquillo sul divano.
Hiroaki aveva depositato sulla fronte di Akira un casto bacio, e si era
accorto che il suo ragazzo stava bruciando.
Poi notò sul suo viso una smorfia di dolore.
Siccome lui era un sottoposto di Mitsui, non gli ci volle molto per capire
che la febbre che lo attanagliava non era normale, ma causata da qualche
forza oscura.
Sentì Kaede gridare il nome di Sakuragi, e scuoterlo incredulo.
Si voltò e vide che Hana era nelle stesse condizioni del ragazzo che
stava tendendo tra le braccia.
"Che gli succede, Hiroaki?" chiese quasi sull'orlo del pianto
Kaede.
Aveva salvato quel ragazzo, il suo Hanamichi, solo poche ore prima.
Aveva sofferto le pene dell'inferno per usare il suo potere..E ora, la
vita di Sakuragi gli stava scivolando tra le dita senza che potesse
aiutarlo.
"Stanno morendo."
- Benvenuti al Piccolo Cinema onirico -
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Akira14: Fine terzo capitolo! E ora mi dedico a Rage and Revenge!
Hana: Perché sempre io?
Akira14: Perché sì!
Kosh: questo capitolo fa schifo.
Kaede: mh.
Sendoh: Ma noi ci salveremo, vero???? Vero?
Akira14: Mah.Tanti personaggi devono ancora entrare in scena, che me ne
frega di voi!
H&R&K&S: ç______ ç donna crudele!!!!!!!!!!
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