DREAMS 9
“E’ per questo che hai detto a Claudia che oggi saresti dovuto andare al commissariato?
Michele sorrise un po’ pallido.
“A cercare di farmi levare una multa per divieto di sosta, sì.”
Le sue dita si posarono leggere sulle pagine grigie di un quotidiano su cui compariva, in cronaca, la foto di un uomo raffinato dagli abiti costosi, in posa elegante, con indosso, un Borsalino e un bastone da passeggio.
Dario socchiuse gli occhi. Il rumore della folla del sabato pomeriggio in corso Vittorio Emanuele era solo un sottofondo a cui erano entrambi abituati.
“Non c’è alcuna multa.”
“No. – Michele posò la tazzina, poi sorrise – Ma questo non è importante.”
“Sarà, ma lo sai che sono curioso! Non credere che sia dispiaciuto di quel che è successo – un cenno alla pagina di cronaca. Cronaca nera. Un omicidio efferato ad alti livelli, si presumeva per un losco giro di droga.- ma le notizie non fanno supporre che si arriverà presto a una soluzione del caso.”
Michele si strinse nelle spalle.
“Lo penso anche io. Troppi interessi, a livelli troppo alti.”
Un lungo silenzio.
“Perché stai rischiando tanto per proteggerlo? Non lo conosci neppure.”
Il silenzio si protrasse tra loro, lungo ed estenuante.
“Tecnicamente – la risposta venne un po’ stentata – è un conoscente del nostro titolare a cui ho fatto qualche consulenza privata.”
“Anche l’altra sera?”
“Anche.”
Un lungo sguardo penetrante.
“L’altra sera eri con noi: io, te, Claudia e Niels. Non pretenderai che..”
“Dopo. Non pretendo nulla , ma Riccardo è stato con me.”
Stupore.
Forse Dario aveva altro da chiedere, molto altro, ma gli bastò guardare Michele: era suo amico, e questo bastava.
Sorrise cambiando discorso.
“Sembra che, anche se lentamente, le cose si stiano sistemando.”
Michele annuì, rilassato.
“Niels sembra stare bene.”
“Molto. – una sorta di orgoglio, e felicità, e pacata fiducia – E’ stato faticoso, soprattutto all’inizio della terapia, ma da quando ha ripreso i corsi sembra rinato. Sai che sta dipingendo tutta casa?!”
Una risata.
“Lo so! Claudia sta già complottando di fargli decorare la camera del bambino.”
Il sorriso si spense, lentamente, stemperandosi in qualcosa di più profondo.
“Sono felice vi siate rimessi insieme, te l’ho già detto?”
“Mhm.”
Un annuire leggero, un ringraziamento silenzioso, così come muti erano ormai quasi tutti i loro discorsi.
Era di nuovo inverno: Dario fissò le decorazione del Natale che stava arrivando, respirava l’aria gelida e gli pareva impossibile potersi limitare ad abbassare lo sguardo sull’orologio da polso nel domandarsi oziosamente quando Niels sarebbe arrivato.
“E’ con Claudia, saranno in giro per negozi.”
Michele allungò una mano, afferrò il giornale e lo porse al cameriere perché lo portasse via. Il display del cellulare si illuminò per un messaggio, lui non si mosse.
Dalla folla spuntò una risata, e una coppia che sia avvicinava loro.
Niels si sciolse dal collo la sua sciarpa preferita, rossa e lunghissima, mentre Claudia rideva.
“Tu non sai che vuol dire andare a Brera con uno come Niels! Sa tutto, ti spiega tutto! Ed è delizioso: sono stata la donna più invidiata di Milano!”
Niels si accomodò accanto a Dario, posò una mano sulla sua, gli sorrise: un sorriso meraviglioso.
Dario si sentì scaldare il cuore.
Ordinarono due cioccolate calde con la panna. Niels rise a sentire Claudia che faceva il verso al suo capo, e raccontò di alcuni clienti assurdo che gli erano capitati davanti quando serviva al McDonald.
Era facile ridere.
Più facile di quanto Dario avesse mai potuto immaginare. Di quanto avesse osato sperare.
Niels gli si strinse accanto.
“Ti amo lo sai?” un sussurro, discreto, come tutto quello che, in lui, era profondo e sincero.
Dario annuì in risposta, e sorrise. Una volta Michele aveva detto che lo fissava come se fosse stato la Madonna, e forse aveva ragione.
Niels gli aveva riempito la vita, gli aveva dato gioia e soddisfazione, sì, ma di più, aveva dato senso a qualcosa che, per quanto piacevole e regolare, avrebbe corso il rischio di rimanere vuoto. Se lui aveva aiutato Niels dandogli una casa, curandolo, supportandolo ad uscire da quell’incubo malato in cui si era perduto, non era vero che si trattasse di un interessamento a senso unico.
Anzi: aveva ricevuto tanto quanto aveva dato, se non di più.
“Allora – domandò Claudia- avete già prenotato il volo?
Niels si illuminò.
“Sì! Partiamo fra una settimana! – Unì le mani sul petto in un gesto dolce e delicato – Ancora non ci credo che quest’anno riesco a tornare dai miei a Copenhagen! E poi non vedo l’ora di presentare Dario a mamma!”
Dario arrossì.
Claudia scosse il capo, deliziata.
Michele sorrise, allungò una mano sul tavolino afferrando il cellulare. Indifferente, quasi, lesse il messaggio senza mutare espressione. Dario vide quel fuoco scuro che ogni tanto gli baluginava addosso, ma né Claudia né Niels parevano essersi accorti di nulla.
“Vi divertirete di sicuro – gli disse fissandolo negli occhi – la Danimarca è splendida, soprattutto d’inverno.”
Un attimo, poi passò tutto.
Niels vide, tra la gente, un suo professore. Lo invitò a sedersi con loro e Dario si stupì nel riconoscere in lui quel ragazzo che, mesi prima, aveva intravisto attraverso il vetro di un’altra vetrina mentre camminava nella pioggia. Alto, elegante, biondo.
Ora si mostrava anche colto e simpatico: era facile intuire perché tutti i suoi allievi all’accademia lo adorassero.
Il pomeriggio passò in fretta: il professore si accomiatò, Niels dovette scappare perché presto sarebbe cominciato il suo turno e Claudia iniziò a sembrare stanca.
Michele pagò il conto, poi offrì a Dario un passaggio in macchina che, sapeva, non avrebbe accettato.
Infatti non accettò.
Una leggera patina di umidità scendeva dal cielo basso.
Dario si protesse alzando il bavero del cappotto.
Arrivati alla macchina, Michele tenne aperta la portiere per Claudia, poi si voltò per salutarlo: una stretta di mano, due parole di commiato.
Un sospiro, un mezzo sorriso, un po’ di dolore.
Dario capiva, e sapeva.. no. Forse no: Dario non sapeva, forse non capiva e con tutta probabilità non avrebe approvato, ma si limitò a guardarlo, e a sussurrare.
“Stasera c’è il derby. Le dirai che vieni da me a vederlo?”
Michele era da anni che non guardava più una partita di calcio in tv.
Si limitò ad annuire.
Un tempo aveva cercato di spiegargli che era solo lavoro, ma Dario non aveva bisogno delle sue bugie: Riccardo non era mai stato un lavoro per lui.
Socchiuse gli occhi, osservando l’auto infilarsi nel traffico, mentre si chiese oziosamente perché non fosse tutto come nei film dove ad un certo punto la storia si interrompeva in un equilibrio che, sembrava, non si sarebbe mai infranto.
Sollevò il viso, sorridendo.
Prese il cellulare, in fretta scrisse un messaggio, e lo spedì a Niels.
‘Anche io ti amo, piccolo. Buon lavoro. A stasera amore.’
Ecco: quello sarebbe stato un buono sfondo su cui far passare i titoli di coda.