DREAMS 3

 

Di banconote ce n’erano sempre state tante, dopo.

 

Ricordava le buste gonfie del primo periodo, quando ancora il Conte non gli aveva aperto un conto corrente, e quella volta quando, insieme alle banconote c’erano state le chiavi dell’appartamento in cui ora viveva. O altri piccoli regali.

 

Quelli piccoli, sì, perché quelli grandi gli arrivavano in pacchi a parte.

 

Niels ricordava, tra le tante follie, un enorme mazzo di rose dove i fiori erano banconote piegate da un maestro di origami.

 

Oppure quella volta che s’era addormentato, distrutto, in Svizzera e si era svegliato nel suo letto a Milano, sul cui materasso erano stati sparsi petali e soldi insieme.

 

Il Conte era eccentrico e non sempre piacevole, ma pagava bene.

 

Di solito però, la mattina dopo si sentiva poco incline ad essere grato con chiunque.

 

Tantomeno con lui.

 

Il mal di testa era feroce. La stanchezza  cresceva  in quella nebbia indistinta in cui stava affogando.

 

Si alzò dal letto, si fece una doccia e si diresse in cucina.. solo per accorgersi di non essersi mosso dalla stanza.

 

Nascondere la testa sotto il cuscino avrebbe potuto essere una opzione  per tenere lontana quella maledetta lama di luce che filtrava dalle finestre.

 

Era faticoso.

 

Aveva sete, tanta sete.

 

Ed era stanco: gli girava la testa.

 

Avrebbe desiderato chiudere gli occhi e dormire.. dormire per sempre.

 

Le pastiglie che sapeva di avere sul comodino erano una presenza rassicurante.

 

Forse questa volta ne aveva prese troppe.

 

Forse.

 

Avrebbe voluto avere la forza di ingoiarne un altro paio per continuare a dormire, senza pensare, senza sentire, senza sapere nulla.

 

___

 

Il suono del campanello gli trapassò il cervello.

 

Gemette, sperando in un incubo.

 

Sospirò, obbligandosi ad alzarsi. Barcollando, a tentoni trovò la porta, si appoggiò al muro per cercare di stare in piedi e fece scattare la serratura.

 

La  luce dal corridoio gi ferì la vista.

 

Niels sollevò una mano per schermarsi gli occhi.

 

“Scusa per il disturbo, Niels, ma..

 

Ci mise un attimo a riconoscerlo, un attimo di troppo.

 

Le maniche della camicia sbottonata che si intravedevano da sotto al giacca, le mani bianche sollevate ad annodarsi la cravatta in un gesto rapido ed incurante, come se fosse stato troppo spesso ripetuto per essere considerato.

 

Non lo stava guardando.

 

Era di fronte alla sua porta mentre si sistemava, e gli parlava, ma fissando indietro, verso il suo appartamento dalla porta socchiusa.

 

Forse la strana posizione del capo era dovuta al cordless, che teneva in bilico mentre gli parlava, ma non riusciva ad essere sicuro di quel che vedeva, visto che i suoi sensi erano ovattati e poco chiari.

 

Dario era davvero un bel tipo: aperto, sorridente, gentile. Abbastanza sicuro di sé da arrossire nel sentirsi attratto da Niels.

 

.. gli posso dire che lo ritiri tu?”

 

Niels sorrise appena senza aver capito nulla, solo perché gli occhi di Dario si erano posati nei suoi.

 

Sobbalzò allarmato.

 

Che è successo Niels!”

 

Un’affermazione, così come affermativa era la preoccupazione che gli vedeva dentro.

 

Niels scosse un poco il capo, rabbrividendo al tocco della sua mano sulla spalla nuda.

 

“Mal di testa. – non riusciva a formulare frasi più complesse- Ho bevuto troppo ieri sera.

 

Lo sguardo di Dario era impossibile, Niels non sapeva che qualcuno avrebbe mai potuto guardarlo così. Preoccupato, stupito, avvinto e angosciato.

 

“Non sei uscito ieri sera!”

 

“Lo sai che nei week-end lavoro.”

 

“Ieri era martedì!”

 

Silenzio.

 

Martedì?

 

Due giorni. Aveva dormito due giorni: era strano anche per lui.

 

Dario, senza che Niels ne comprendesse il motivo, si limitò a scandire, nel telefono “Michele? Lascia perdere, non posso venire in ufficio oggi. Ti richiamo!”

 

Poi gli passò una mano attorno alla vita, aiutandolo a rientrare nel suo appartamento.

___

 

Quando aprì di nuovo gli occhi, Niels si accorse di ricordare poco.

 

Solo lo sguardo di Dario simile a quello di nessun altro, preoccupato e sollecito, e le sue braccia che le avevano sfiorato, o forse sollevato?

 

Non lo sapeva: aveva chiaro solamente le parole:chiamo un medico.’

 

Non lo aveva lasciato finire.

 

No! Niente medico! E’ solo.. stanchezza. Il lavoro. Un colpo di freddo. Poco sonno. Qualsiasi cosa, ma niente medico! Ti prego!

 

Dario aveva annuito dubbioso, avvolgendolo nelle coperte, e si era seduto lì accanto.

 

Niels aveva dormito.

 

Un sonno tiepido, piacevole, senza incubi, senza angosce, come non ne faceva da anni, da quando sua nonna cercava di farlo addormentare raccontandogli di un angelo di luce che sedeva sempre accanto ai bimbi addormentati proteggendoli dall’oscurità con le loro ali.

 

Il suo angelo l’aveva sempre protetto, fintantoché lui stesso non aveva scelto di uscire dal cerchio di luce che proiettavano quelle ali per calarsi nel buio che tanto l’attraeva.

 

L’oscurità da allora era divenuta la sua compagna, e sempre essa era venuta a riscuotere il suo pegno. A parte quella notte, quando Dario l’aveva tenuta lontana.

 

O almeno: Niels credeva fosse stato lui. Lo credeva con l’assoluta certezza che solo i bambini, o i sognatori, possono.

 

Così quando aprì gli occhi trovandosi solo nel suo letto troppo grande, con la compagnia delle poche pastiglie rimaste nella confezione sul comodino, si diede dello stupido.

 

Stupido romantico sognatore che non sapeva distinguere la verità dalla finzione e che per illudersi aveva bisogno di un niente!

 

Si odiava quando lo prendevano certi sogni malinconici e zuccherosi degni di un’adolescente, neppure delle più sveglie, quando si sentiva fragile e vulnerabile solo per.. un rumore che proveniva dalla cucina lo stupì, come svegliandolo da quei pensieri.

 

Sembrava.. il trillo del forno a microonde seguito dal suono della porcellana su una superficie dura.

 

Per un attimo il cuore gli sprofondò fino alle ginocchia, gelandogli il sangue. Il Conte..

 

Se fosse stato lui.. ebbe paura.

 

E Dario era lì, sulla soglia, un sorriso splendido e un vassoio fra le mani. Fu come se fosse spuntato il sole.

 

Bensvegliato! Mi hai fatto morire dalla preoccupazione!”

 

Niels sbatté le palpebre trovandosi stupito ed euforico di essere sveglio, di non stare sognando.. Dario era davvero lui, davvero lì, davanti a lui. E non sembrava intenzionato ad andarsene.

 

Si limitò a ringraziare sottovoce quando gli posò il vassoio accanto.

 

Latte caldo. Con il miele, spiegò Dario, che serviva a tirarsi su meglio di qualsiasi additivo chimico.

 

Spremuta d’arancia.

 

E una confezione di latta blu contenente piccoli biscotti al burro.

 

“Danesi come te. – Dario quasi arrossì- Spero ti piacciano.. in fondo non esiste nessuno al mondo che possa non trovarli deliziosi.. “ come te: lo pensò ma riuscì a non dirlo.

 

“Non dovevi.. - Niels si sentiva confuso e, insieme, compiaciuto, felice – non è necessario..”

 

Ma stavi male! – una verità lampante che tra le sue labbra aveva un tale tono di stupore incredulo da non aver bisogno di altre spiegazioni- Certo che dovevo! E ora devi sforzarti di mangiare, per rimetterti in forza.

 

Di fronte al suo dubbioso attendere Dario allungò una mano . Con due dita afferrò un biscotto intingendolo nel latte, e glielo accostò alle labbra. La mano grande ed elegante sembrava perfetta per proteggere ed accudire.

 

Niels sentì caldo all’altezza del cuore e sorrise.

 

“Come sei dolce!”

 

Dario sbuffò fingendosi seccato.

 

“Abitudine! Ho due fratelli più piccoli e mi sono sempre occupato di loro quando avevano l’influenza.

 

Poi sorrise a sua volta.

 

Niels addentò il biscotto, e non si stupì di non averne mai assaggiato uno così buono.