I personaggi
di Slam Dunk appartengono, uno per uno, al grandissimo Takehiko Inoue, mitico
sensei dell’arte dei manga!
Grazie
per aver creato dei giocatori immAAAnsi!!
Un
grandissimo ‘INCHIN-INCHIN’ a Ria, per dimostrarle la mia riconoscenza: vai
vanti così gemellina!!
Grazie
anche a tutti quanti voi che leggete!
Questa
fanfic è dedicata alla mia grandissima amica Carola (Setsuna).
Dreaming di
Hotaru
Nel
letto io mi rigiro, come se fossi alla ricerca di qualcosa. O di qualcuno.
La
mia camera è quasi immersa nel buoi totale; solo la luce azzurrognola del
display della radio lascia un lieve alone colorato sopra la mia testa.
L’unico
rumore udibile è quello della pioggia, così lontano e così semplice.
Nulla
di più primitivo di un susseguirsi di ‘tic-tac’ polifonici, che
inzuppano la mia mente e la diluiscono, tanto che tutti i miei pensieri si
sfaldano e si ripetono l’uno dopo l’altro indefiniti, sfuocati,
illogici.
Solo
allora mi rendo conto di quanto questa stanza sia vuota; misere mura di
cemento per contenere il mio corpo.
La
mia anima vaga alla ricerca di te negli spazi più vasti, più diversi.
Ora
ti ho trovato! Sì, ti vedo…
*-*-*
Entri
nella mia stanza e ti avvicini al mio letto.
Secondi
che sembrano infiniti.
Non
mi chiedo come tu abbia fatto a trovarmi, perché tu sia qui.
Non
mi interessa nemmeno.
Il
solo vederti cancella ogni domanda dal mio cuore.
Tutte
le ansie sono uccise dal tuo sguardo.
Indossi
una camicia nera, leggermente slacciata alla base del collo e un paio di
jeans chiari, che calzi perfettamente.
Avanzi
verso di me ed io mi tiro su dal letto, appoggiandomi ai gomiti.
Ti
siedi accanto a me. Allunghi la tua mano verso i miei capelli e li
accarezzi: un gomitolo rosso fra le tue dita bianche e affusolate.
Ora
la stanza non è più vuota.
Ora
non è più un contenitore frigido.
Perché…
perché tu riesci a dare un senso a ciò che vedo? Perché con te ogni
dettaglio è essenziale, è nitido?
Chiudo
gli occhi, abbandonando la mia coscienza, e allungo il collo
all’indietro: non ho bisogno di usare gli occhi, cedo subito alle tue
carezze.
Sebbene
non stia sfruttando uno dei miei sensi, percepisco tutto con chiarezza.
La
tua mano, dolce, sfiora i miei capelli.
Poco
per volta tracci il contorno del mio viso e passi un dito, con eleganza,
sulle mie labbra.
Quando
non sento più le tue mani, sgrano gli occhi: forse sto temendo che tu ti
sia già stancato.
Annoiato
di me. Cielo, no! Fa’ che non sia così!
Noto
che hai appoggiato le mani sulle gambe e le tue pupille su di me.
Il
tuo sguardo si riflette nel mio.
Allora
ti piaccio ancora? Non hai tuttora esaurito il tuo interesse nei miei
confronti?
Abbozzi
un sorriso.
Che
c’è Kaede? Riesci a leggermi nel pensiero, per caso?!
Sapevo
che eri straordinario… ma qui si sta addirittura sfiorando il
paranormale!
Cosa
dovrei fare se tu non mi volessi più? Non credo che sopravvivrei.
No,
dopo tutto quello che mi hai dato.
Con
un slancio improvviso, ti ritrovo avvinghiato al mio petto.
Le
tue braccia mi stringono forte e il tuo viso è appoggiato al mio cuore.
La
sorpresa causata dal tuo gesto mi impedisce di riflettere subito e passano
alcuni secondi prima che realizzi che anche io ho voglia di abbracciarti.
Ma,
ahimè, non posso muovermi da questa posizione: se spostassi anche solo
uno dei due gomiti che mi sorreggono, cadrei all’indietro urtando la
testata del letto sicuramente, considerando il fatto che tu sei
praticamente sdraiato su di me.
Mmm…
per questa volta l’hai vinta tu! Abbracciami quanto vuoi, come vuoi, …
il tuo calore è sempre meraviglioso.
Sfiori
il mio collo con un lieve bacio e ti rialzi.
Sul
mio volto compare una leggera smorfia di disappunto: è così rilassante
dormire con te addosso.
Non
mi fa sentire solo, vuoto e inutile.
E
ti posso assicurare che mi sarei addormentato con te, persino in quella
posizione!
Ti
volti e mi dai le spalle, mentre ti avvicini alla finestra, la spalanchi
ed esci.
Come
una falena verso la luce, ti seguo.
Ti
appoggi al balcone e lasci che alcune gocce di pioggia ti bagnino le mani
e il viso.
Ti
passo un braccio attorno alle spalle e fisso il giardino sotto di noi.
Ancora
una volta la tua presenza colora la notte, e ogni cosa ne faccia parte,
delle venature cangianti di una fiamma.
Mi
fai cenno di rientrare ed io eseguo.
Chiudo
le finestre, mi volto e ti vedo sdraiato sul mio letto, accovacciato da un
lato, nell’intento di lasciarmi dello spazio.
Ora
questo letto non è più di ghiaccio, ma è di rose senza spine.
Hai
rivolto il tuo viso verso il soffitto, mentre io, di fianco, ho allungato
un braccio sul tuo petto e ho intrecciato le mie gambe con le tue.
Non
svegliateci più.
Se
dovessi cadere vittima di Morfeo, non vorrei più riprendermi, ma rimanere
per sempre così, con la mia volpe.
Sento
una tua mano sfiorarmi la schiena e quasi come per inerzia, io mi avvicino
e mi stringo sempre più a
te.
Manca
poco perché io finisca completamente seduto su di te.
Se
non ti conoscessi, direi che tu mi voglia solo coccolare… ma così non
è, vero kitsune?
Non
sei abituato a chiedere, ma ad ottenere, giusto?
Sei
realmente eccezionale, Kaede: per
stare con te non è sufficiente saper ascoltare con le orecchie, bisogna
saper ascoltare con tutto il corpo, con la mente e col cuore.
E
quella mano sulla schiena, che mi sta mandando in sollucchero, è come se
mi volesse dire: “Dai, muoviti! Perché non ti avvicini ancora un po’
più a me?”.
Ogni
tanto vorrei dirti di no, ma… non ci riesco! Le tue argomentazione sono
così difficili da confutare!
Anche
ora che sono seduto a cavalcioni su di te, le tue mani non smettono di
solleticarmi le terminazioni nervose della pelle in una dolce tortura.
Le
mie mani, invece, appoggiate al tuo petto, scorrono verso il collo,
seguite da tutto il mio corpo, che asseconda il loro movimento fino a
quando le mie labbra non possono incontrare la tua pelle.
Il
collo. Il mento. Le labbra, finalmente.
Tutto
quello che chiedo. Tutto quello che cerco.
Zuccherose,
morbide, umide.
Se
potessi, ti bacerei fino allo sfinimento, per toglierti tutto il
fiato.
Mi
allontano pochi centimetri dal tuo volto e ti osservo: Bellezza, questo è
il tuo nome!
E
sei qui con me!
Allungo
le mani e inizio a slacciarti la camicia. Tu mi guardi fisso negli occhi e
mi lasci fare.
Prima
di togliertela del tutto, ammiro il tuo corpo che si intravede sotto il
tessuto: ghiaccio sull’oceano di notte.
Sfilato
anche quell’inutile indumento, passo al mio vero divertimento: i jeans.
Con
una scia di baci lungo lo sterno giungo fino all’ombelico.
“Ti
prego, fa’ che ci sia la zip e non una fila di maledetti bottoni!”
penso fra me e me mentre, con calma e senza mai smettere di solleticare la
tua pelle con la mia lingua, faccio scivolare il bottone
più esterno fuori dall’asola.
Gioisco
alla vista della cerniera dei tuoi pantaloni, mentre sento chiaramente i
tuoi gemiti e il tuo respiro in un crescendo di affanno e sensualità.
“Sai
cos’ho in mente, vero Kaede?” pronuncio con malizia ed estrema
tranquillità.
“Qualsiasi
cosa sia, falla! E subito!!” mi ordini, ma le tue parole sono ormai
prive di consapevolezza: sei mio!
“Con
calma, cara volpe! Non c’è il cacciatore ad inseguirti!” prendo
tempo, giocando e facendolo fremere d’urgenza e di bisogno.
Credo
che non stia più in sé… e, se la mia vista non mi gioca brutti
scherzi, anche qualcos’altro non sta più… in sé!
Mi
avvicino alla lampo e prendo il gancio per aprirla fra i denti.
Lento,
faccio scorrere la zip.
Il
tuo bacino si muove sotto di me ed io faccio apposta a strusciarci sopra
il mio viso.
Lascio
con un po’ di dispiacere la cerniera che avevo fra i denti e mi accingo
a toglierti i pantaloni completamente. Capisci il mio intento e con un
veloce movimento mi faciliti il compito.
Il
disappunto che pochi secondi prima mi era comparso sul volto svanisce di
fronte allo spettacolo che mi si para davanti…
Indossi
biancheria nera, ma non risiede certo in questo particolare il mio
compiacimento, bensì in quello che ci sta dentro!
Senza
pensarci due volte, come un’ape vola verso un fiore dai colori
sgargianti per assaggiarne il polline, così mi trovo a baciare attraverso
il cotone dei boxer il tuo sesso eretto.
Le
tue mani si avvicinano all’elastico che li tiene ancora legati alla vita
e lo scostano affinché tu possa rimanere completamente nudo.
Strisciando
sul tuo corpo giungo fino alla tua bocca.
Non
voglio ci siano distanze fra noi.
Poter
essere tutt’uno con te e non sentirmi più così solo. Questo è il mio
unico volere, ora.
“Mi
sembra un sogno che tu possa essere qui…”sussurro, prima di rubarti un
altro bacio.
“E
infatti”.
Ho
capito bene?
Mi
blocco vicinissimo alle tue labbra.
Sento
il tuo respiro sulla mia pelle e alzo gli occhi fino ad incontrare i tuoi:
“Ma c-cosa…?!”.
Kaede
sfiora la mia bocca con la punta della lingua: “Non te n’eri accorto?
– continua con un tono sorpreso e pacato – Stai solo sognando”.
“Non
dire assurdità! – ribatto con insistenza – Sotto di me c’è il tuo
corpo visibilmente eccitato… come lo spieghi questo?!”.
“Ti
devo correggere: questa è l’immagine, l’idea che tu hai del corpo di
Kaede Rukawa eccitato”.
Mi
sposto di scatto, ma i nostri occhi continuano a specchiarsi gli uni negli
altri.
Non
capisco. Cosa mi vuole dire? Cosa significa tutto ciò?
Non
riesco a trovare le parole.
Non riesco a pensare ad alcunché.
Kaede
non si muove, continua a fissarmi come un robot a cui è stata tolta la corrente. Non c’è vita nelle sue
iridi: il suo sguardo è assente.
Poi
riprende a parlare: “Ti risulta difficile credere a questo discorso?”
il suo tono è privo di sentimento.
“Tu
prima… tu prima mi hai implorato di fare… di continuare…” balbetto
per giustificarmi, per continuare a vivere questo sogno.
“Era
la tua mente a mettere quelle frasi in bocca a me,… come ora, del
resto”.
Una
lancia mi ha appena trafitto il petto.
“Come
sarebbe a dire… io ho creato il sogno… io lo sto distruggendo?”
l’incredulità trapela dalla mia voce.
“Il
tuo ego sa bene che una situazione del genere non si potrebbe mai
verificare. E questa sua consapevolezza emerge appieno anche quando
sogni”.
Non
percepisco nulla.
Non
sento il mondo attorno a me.
Anche
il mio corpo ha smesso di vivere.
Poi
una lacrima. Tante lacrime.
Il
petto di Kaede si riempie di piccoli diamanti che risplendono ancora di più
sulla sua pelle eburnea.
“E’
solo un incubo… ecco cos’è!” sussurro a me stesso.
Ma
la mia anima sta gridando; è un dolore lacerante, bruciante come un acido
su una ferita sanguinante.
*-*-*
E’
mattina. E’ ora di alzarsi.
La
stanza è leggermente illuminata dai raggi di luce che filtrano dalle
fessure delle finestre. Scendo dal letto e casualmente mi volto a
guardarlo.
Un
pensiero improvviso e incoerente sfiora la mia mente: “Com’è ridotto
questo letto?! Cosa ci ho fatto sta notte?! Devo aver sognato…”.
Mi
allontano. Un altro giorno è cominciato.
Owari.
Chiedo
perdono se questa fanfic è risultata essere un po’ triste, ma l’ho
scritta in un periodo un po’ ‘blu’ della mia vita.
Hanamichi:
“Triste?! TRISTE?! Ma questa fanfic è da suicidio!!”.
Hotaru:
“…”.
Hanamichi:
“Potevi almeno far finire il sogno con una bella … !”.
Hotaru:
“Non me la sentivo. Non ero dell’umore giusto”.
Hanamichi:
“Ma facendo in questo modo, siamo stati puniti ingiustamente io e
Ka-chan!!”.
Hotaru:
“Non vogliatemene male. Devo finire ancora altre fanfic, vedrai, caro
Hana, che prima o poi ti
capiterà qualcosa di bello!”.
Hanamichi:
“Prima o poi?!?! Io voglio subito ‘qualcosa di bello’!!!”.
Hotaru:
“Porta pazienza e… soprattutto vedi di non alzare la voce con me!”.
Hanamichi:
“La mia pazienza ha un limite…”.
Hotaru:
“Se la metti così… Sendooooo!! Puoi venire un minuto? C’è una
persona che ti vuole…”.
Hanamichi:
“Ok,Ok!! Hai vinto…”
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