By Eny
Un rimbalzo, e poi un altro. Semplice e coinciso, un movimento perpetuo e regolare.
La palla tocca il suolo e torna nelle mani del padrone.
Come uno yo-yo.
Sta all'abilità del giocatore, intercettarla o meno.
E Hanamichi è diventato molto abile.
Il suo yo-yo è tornato nella sua mano con impeccabile puntualità.
Nessuno sbaglio da lui commesso in passato.
Nessun rimbalzo sul piede, come era successo.
Niente perdita di palla, come era capitato.
Niente rimbalzo infantile e facile da intercettare, come era accaduto.
Nessun fallo commesso per liberarsi di una marcatura troppo stretta e scomoda.
Un'azione pulita e abile, la palla maneggiata con maestria, un 'abile giocoliere
con il suo yo-yo.
Scarta Mitsui, incredibilmente, senza troppe difficoltà per poi vedere
di fronte a se il canestro libero.
Una schiacciata sarebbe spettacolare, ma imprudente.
E' finito il tempo delle spacconate.
Sanno che vale, e vuole dimostrarlo, riconfermarlo ancora una volta, che non
è più il tipo che ha bisogno di schiacciare per dare una dimostrazione
che sa giocare, gli basta un'azione pulita, scorrevole, di quelle che non creano
scalpore che presto scema ad un'azione più spettacolare, un'azione forse
semplice, ma che rimane nella mente per la sua genialità.
Opta per un terzo tempo, semplice ma efficace che lo porterebbe a guadagnare
due punti per la sua squadra.
Ma Kaede Rukawa non vuole che lui li segni.
Hanamichi se lo trova di fronte, gli occhi determinati di chi non vuole perdere
e... si sente speciale.
Quelli sono gli occhi di Kaede quando è impegnato in una sfida importante,
quando ha di fronte avversari forti da battere.
E Hanamichi viene fissato con QUELLO sguardo.
E si sente importante.
Non sarà al livello della volpe, ma è degno del suo impegno e
forse del suo rispetto.
E questo, forse, a lui per ora basta.
Quanto aveva lottato per ottenere quello guardo, quante ore passate ad allenarsi
senza che nessuno lo sapesse.
E tutto solo per quegli occhi che lo guardano come se fosse DEGNO di essere
considerato un avversario temibile.
-Alla fine ce l'ho fatta...- sussurrò con un sorrisetto vittorioso.
Ciò che ottenne fu solo l'inarcamento lieve del sopracciglio, come a
chiedersi che diamine stesse blaterando.
Non potè che sorridere nuovamente a quel gesto, unico mutamento visibile
nel suo viso marmoreo, a parte quello sguardo.
Scattò a destra nel tentativo di scartare il volpino, fallendo.
Era forte, lo sapeva.
Riprovò a sinistra, girandosi di spalle, proteggendo la palla col corpo,
avanzando circolarmente tentando di smarcarsi, avvicinandosi sempre più
al canestro.
Non gli importava segnare.
Voleva solo smarcarsi, voleva dimostrare a Kaede che lui valeva, che era degno
di quello sguardo.
Ma non ci riuscì.
Con un'abile finta del moretto, gli venne sottratta la palla.
Rukawa gli rubò la sfera arancione scattando subito in contropiede dribblandolo
senza difficoltà, senza degnarlo di uno sguardo.
Lo aveva perso, aveva perso quegli occhi.
Prima che avesse il tempo di reagire, Rukawa aveva già messo a segno
due punti.
E lui era rimasto lì, nell'area di tiro come un idiota a rimpiangere
quella finta sbagliata, la sua inesperienza.
Ansimava con lo sguardo basso, fisso a terra, il cuore che sembrava aver preso
a battere sia nel petto che nella testa.
-Idiota..- si schernì furioso.
Che senso aveva stare lì, se non riusciva ad ottenere i suoi occhi, che
senso aveva se Kaede continuava ad ignorarlo?!
-Hana-chan?- una vocina sottile e delicata, dolce e tenera.
Hanamichi gelò sul posto alzando lentamente lo sguardo, incredulo a quella
semplice parola, incredulo al suo nome pronunciato da tale voce.
Il suo colorito bronzeo scolorì in fretta.
Sulla soglia della palestra c'era una bambina. Una bambina bellissima di non
più di dieci anni. I lunghi capelli rossi pettinati con qualche treccina
sottile, e un cerchietto bianco elegante, lunghe fiamme imbrigliate che si posavano
sul corpicino esile, incorniciando quel visino paffuto e roseo.
Le gote color ciliegia e le labbra porpuree. I suoi occhioni ambra incredibilmente
seri, non sembravano avere dieci anni.
Il corpo magro della bambina vestito con un elegante abitino bianco da bambola,
come le scarpe.
Stretta a se un orsachiotto di peluche con un fiocco bianco al collo.
Sembrava uscita da un quadro dell'ottocento.
Il mondo sembrava sparito. Hanamichi vedeva solo quella bambina dagli occhi
seri e dal corpo da bambola.
-Kira...- soffiò in un sospiro inudibile.
-Hana-chan?- ripetè la piccola inclinando il capo.
-Hanamichi! Ma chi è questa bella bambina?- chiese raggiante Ayako.
-Kira...- ripetè ipnotizzato.
Nessuno dei due, ne Kira ne Hanamichi, sembravano accorgeri dell'esistenza degli
altri, persi a fissarsi negli occhi così simili tra loro.
Fermi, immobili, l'una sulla soglia della porta, l'altro sotto il canestro.
E si fissavano, L'una seria e imperturbabile, l'altro sorpreso e terrorizzato.
-Hanamichi? E' tua sorella?- annuì distrattamente senza farci caso, quasi
istintivamente.
-Kira...-sussurrò nuovamente.
Nessuno sapeva perchè, ma non osavano muoversi.
C'era qualcosa di strano nell'aria, di mistico e strano.
Da far venire i brividi.
Nell'area di tiro opposta al campo, la squadra osservò la bambina con
curiosità, perfino il gelido Rukawa non poteva togliere lo sguardo dalla
figura della sorellina del do'hao.
C'era qualcosa in lei di ...strano. Troppo perfetta troppo bella, troppo 'bambola'.
Non sembrava neppure vera.
-Dobbiamo andare Hana-chan...- gli comununicò senza mutare espressione.
-Dobbiamo andare, è tardi!-
Hanamichi si zittì e scosse vigorosamente il capo.
-No! No, non voglio!- disse con voce tremula. Le lacrime che rendevano lucidi
i suoi immensi occhi dorati.
-Hana-chan, dobbiamo andare.- ripetè senza scomporsi la bambina, tenendo
ora, l'orsacchiotto solo per un braccio. Il peluche morbido toccava scompostamente
terra con le zampe e il braccio.
-Io...io non voglio venire Kira, sto qui, voglio restare a giocare...- continuò,
la voce incerta e stridula.
Si ritrovò a fare un passo indietro.
-Non puoi Hana, tu lo sai che non puoi.- scosse mestamente la testa. La folta
capigliatura rossa ondeggiò come una candela al vento.
-Fratellone dobbiamo andare... io non voglio andare da sola.- lo pregò
stringendo forte l'orsetto tra le braccina paffute.
-Come sarebbe a dire?! Lui.. lui deve restare! Per il campionato...lui resta...-
balbettò sconnessamente Mitsui. Si voltarono verso Hanamichi.
Lo sguardo basso, in crisi, come chi deve prendere una grande decisione e non
sa cosa fare, gli occhi sbarrati e il respiro affannoso.
Il volto incredibilmente pallido e sconvolto.
-Ci sarai... vero?- chiese implorante Miyagi.Una frase per implorarlo di restare
con loro, di non andarsene..per sempre...
Hanamichi non rispose, non disse nulla. Rimase immobile con i pugni stretti
e treamanti.
Proprio ora doveva arrivare?
-Hana-chan?- lo riprese Kira. La squadra si voltò verso l'entrata senza
vedere nessuno.
Fu con sommo orrore e stupore che la videro di fronte ad Hanamichi, a pochi
passi da lui.
Come ci era arrivata?
E quando?!
Loro...non si erano accorti di nulla.
Non avevano sentito nulla! Come era riuscita a percorrere tutta la palestra
senza che loro se ne accorgessero?!
-Avanti Hana, dobbiamo andare- continuò imperterrita la piccolina porgendo
una manina piccola e paffuta al fratello molto più alto di lei..
Hanamichi sospirò rassegnato, rilassando il corpo. Riaprì gli
occhi e sfoggiò un sorriso agrodolce puntato verso la sorellina.
-Immagino non abbia molta scelta...- constatò ricevendo segno affermativo
del capo da parte della bambina.
-E così sia. Andiamo sorellina...- si arrese prendendo per mano la piccola.
Voltò le spalle alla squadra incamminandosi verso l'uscita.
-Hanamichi...- ansimò Akagi conscio che quella, sarebbe stata l'ultima
volta in cui avrebbero visto il rossino casinista. Hanamichi si fermò,
girandosi verso la squadra con le lacrime agli occhi.
-Io...mi dispiace ragazzi. Ricordatevi...che vi voglio bene. Mi mancherete tantissimo.-
confessò con le lacrime che scorrevano sul volto. Il vano tentativo di
non singhiozzare -A voi mancherò almeno un pochino?- chiese implorante
stringendo la mano della sorellina che lo guradava triste, rfugiandosi dietro
al suo orsachiotto, stringendolo a se. Ora sembrava una bambina di dieci anni.
-Vi ricorderete di me?-
-Hana! Certo..certo che ci mancherai!- singhiozzò Ryota asciugandosi
le lacrime col dorso della mano.
-Non ti scorderemo mai...- confessò Mitsui che invano aveva tentato di
fermere il suo pianto triste e rassegnato di chi vede un amico prezioso andarsene.
Piangevano, e non sapevano perchè, ma intuivano che Hanamichi non sarebbe
mai più tornato da loro, che ovunque fosse diretto ora, non l'avrebbero
mai più rivisto.
Lo sguardo basso e disperato di tutti, commossi e distrutti da quella consapevolezza.
-Grazie, ragazzi.- Alzarono di scatto lo sguardo udendo il suono di quelle parole
così lontane. Hanamichi camminava verso l'uscita.
Ayako urlò terrorizzata cadendo sulle ginocchia piegandosi per l'orrore
e l'incredulità. Man mano che camminavano i due fratelli si..bagnavano.
Dietro di loro piccole pozze d'acqua accumulate sull'orllo dei jeans comparsi
addosso al compagno dai capelli rossi. I piedi scalzi graffiati e contusi, le
grandi spalle fasciate da una bianca maglietta completamente fradicia che aderiva
alla schiena pallida ed esangue.
-No!! no! no!!- Urlava terrorizzato Ryota. Anche lui cadde aterra privo di forze.
La piccola bambina dai capelli lunghi e rossi bagnati e sporchi di fango, il
vestitino bianco fradicio e strappato in più punti. l'orsachiotto così
scuro e pesante per l'acqua che strisciava a terra lasciando dietro di se una
scia umida.
-Hanamichi!!!- strillò disperato Hisashi, per riportarlo indietro. Non
potevano avvicinarsi... lo sapevano che non avrebbero potuto.
In quella palestra stava succedendo qualcosa di soprannaturale.
Di mistico e magico quando tragico.
E questo qualcosa portava via il loro Hanamichi.
Il rossino si voltò scatenando il terrore degli amici che bocchecciarono
angosciati ormai in preda al terrore: il suo volto volitivo e abbronzato era
cinereo, un colorito malsano e cadaverico tendente al violaceo. Sul collo evidenti
lividi che portavano la forma delle dita della mano. Le sue labbra rosse come
ciliege erano ormai bluastre.
I suoi occhi cerchiati da contusioni e graffi e sopra la tempia destra un profondo
taglio da dove ancora il sangue scorreva macchiano quel volto che sempre si
era mostrato loro sorridente.
Hana era morto.
La piccola Kira non era da meno. Pallida, con le labbra viola e quello inferiore
spaccato.
Annegati.
Forse la bambina era morta subito ma Hana... Hana aveva lottato procurandosi
quelle ferite.
Hana aveva combattuto e il suo crudele carnefice aveva stretto le sue dita sulla
sua gola costringendolo a riempire i suoi polmoni con litri d'acqua dandogli
la morte.
E lui era un fantasma, forse un angelo, mandato da chissachì per stare
con loro.
Il loro amico era morto.
Tanto tempo prima, prima che loro lo conoscessero. E ora che aveva trovato degli
amici veri, la morte se lo riportava via, gli spettri venivano a riprendersi
il loro fratello scomparso.
Ora che loro avevano trovato un amico tanto prezioso, beffardo, il destino se
lo riportava via, un destino che non aveva mai avuto intenzione di lascare loro
quel dono, nemmeno per un attinmo
-Mi spiace avervi spaventato... Vi voglio bene ragazzi, veramente.- confessò
chinando il capo. -Mi spiace ma non potrò più stare con voi..-
spiegò singhiozzando, tentando di mantenere il suo sorriso il più
allegro possibile. Intorno ai due fratelli prese a vorticare una luce che li
avvolgeva, alzava i loro capelli rossi ancora bagnati, i loro abiti zuppi e
lacerati.
Hanamichi ignorò il fenomeno guardando Rukawa, caduto in ginocchio, gli
occhi sbarrati e incrduli fissi su di lui.
Quegli occhi blu, più blu del mare più blu del lago dove era stato
annegato.
-Impara a volare e il mondo sarà tuo.- disse rivolto al volpino. -Promettimelo
Kaede Rukawa, promettimi che imparerai a volare.- gli chiese porgendogli una
mano. Kaede si alzò barcollando.
-Io...- confessò il rossino -Avrei tanto voluto innamorarmi di te quando
ero vivo- singultò -Prima che mamma ci uccidesse. Ora mi sarei solo accontentato
di meritare un tuo sguardo di ammirazione...- gli confidò tra le lacrime.
-Mi spiace davvero tanto per quello che ti ho fatto, ti prego diventa il migliore
un po' anche per me.- lo implorò. Il vento di luce li sollevava dissolvendo
pian piano i loro corpi, avvolgendo le gambe che si trasformavano in luce traslucida
dai contorni sempre meno definiti.
Rukawa non attese oltre, scattò afferrando la mano tesa da Hanamichi.
Era fredda. Eppure gli donava calore.
Lo tirò verso di se afferrando la maglia del rosso sconvolto mentre posava
le sue labbra calde sulle sue gelide e martoriate in un bacio casto, uno sfiorarsi
di anime urlanti di dolore. Si staccò subito.
Le parole ora contavano più di qualsiasi altra cosa.
-Avrei voluto incontrarti quando ancora eri vivo, do'hao...- gli confidò.
La luce era sempre più intensa.
-Avrei voluto farlo per poter stare con te. Per salvarti...- gli confidò
con le lacrime agli occhi. -Per amarti...- confessò.
I suoi occhi d'oro sbarrati mentre svaniva. Kira aggrappata a lui piangeva per
la tristezza di quei due cuori.
Il suo fratellone soffriva tanto...
-Volerò anche per te. Ti amo piccolo...resterai..resterai per sempre
qui...- gli promise tra i singhiozzi portandosi una mano al cuore, guardando
in alto, il suo sguardo perso e disperato in quello di Hana.
-Grazie..Kaede...- In un ultimo sospiro di vento Sakuragi abbassò il
capo traslucido sfiorando quelle labbra tanto desiderate e ottenute solo al
termine della sua esistenza.
Le loro labbra si sfiorarono gli occhi chiusi entrambi, le gote solcate dalle
lacrime a godere di questo straziante ultimo momento. La mano ormai ridotta
a una pallida e evanescente presenza posata sulla gota di Kaede.
Poi Hanamichi, svanì.
Kaede non riaprì gli occhi serrandoli maggiormente avvertendo la perdita
di quel calore che le labbra fredde e impalpabili gli permettevano di provare.
Strinse i pugni lasciandosi cadere al suolo singhiozzando disperato urlando
come se una mano gli attraversasse il petto strappandogli il cuore.
Si strinse nelle sue stesse braccia piegato in due da quel dolore straziante.
Arpionandosi gli arti con le unghie, conficcandole nella carne, nella speranza
che il dolore del suo animo uscisse da quei tagli. Piegato in due dal dolore
allo stomaco, una voragine che si allargava corrodendo tutto.
Avrebbe voluto affondarci una mano per estrarre tutto quel male.
-Hanaaaaaa!!!- urlò disperato.
-Hanamichi..- singultò. Si detestava, si odiava con tutto il dolore e
la rabbia che era in grado di provare.
Perchè non si era dichiarato prima? Avrebbero potuto passare almeno pochi
istanti insieme...
E invece, non aveva nulla.
Se non quel casto sfiorarsi di labbra nel momento della fine.
Tutto perchè lui aveva rimandato, dicendosi che c'era tempo, e di tempo,
invece, non ce ne era stato.
Non ce ne era MAI stato.
Quanto tempo prima Hanamichi era morto, prima di entrare allo shohoku?
Quanto tempo prima gli era stato portato via prima ancora che lui lo scoprisse?
Era tutto così dannatamente beffardo ingiusto, crudele.
Picchiò un pugno contro il pavimento con grande violenza urlando ancora.
Non aveva mai urlato così tanto in vita sua.
Non aveva mai urlato.
Ma mai il dolore era stato tanto forte da fargli dimenticare che Kaede Rukawa
era l'uomo di ghiaccio.
Mai aveva sofferto in maniera tanto atroce.
Non gli importava di urlare e piangere e strillare di fronte alla squadra.
Il suo Hana era stato portato via di fronte ai suoi occhi.
Il suo Hana era morto, morto da tanto tempo.
A che cosa era servito amarlo di nascosto se quell'amore non aveva potuto salvarlo?
Che senso aveva avuto tutto ciò se l'aveva amato solo per scoprire che
quel sentimento non avrebbe mai potuto dargli la salvezza, perchè l'avevano
ucciso molto tempo prima.
Non aveva avuto nessun significato provare quell'immenso affetto, se non creargli
l'illusione di aver potuto proteggerlo da tutto.
-Non è giusto...- singhiozzò picchiando sempre più debolmente
il parquet.
-Non è giusto...- sussurrò senza più fiato.
Senza più lacrime, senza più voce.
Non era servito amarlo.
Non sarebbe servito piangerlo.
Non sarebbe servito ne urlare il suo nome ne invocare il suo ritorno.
-Ru...kawa...- Ayako si chinò accanto a lui.
-Hana... lui...- balbettò con la voce frammentata in singulti. -Lui...
è.. co..cosa succ..succederà...-
-Cosa è successo?! Cosa?!- strillò Mitsui fuori di se. -Dove è
Hana!?!? Dove è?! Chi l'ha portato via?!- urlò isterico.
-E' morto!!!- gli rispose disperato Ryota. -Morto!!!!- ripetà sconnessamente.
-No! Lui era qui! Qui con noi!! Lui giocava!- ribadiva col volto invecchiato
dal terrore.
Akagi lo prese per il colletto scuotendolo:- lui non c'è! Non c'è
più! Se ne è andato! E' sparito... nel nulla...- Forse solo allora
prese coscenza dell'accaduto.
Laciò il bavero della maglia portandosi le mani al volto come per coprire
gli occhi dal ricordo dell'accaduto.
Kogure giaceva in un angolo, accasciato, sotto shock.
E Rukawa non poteva che restare li, a sfiorarsi le labbra per raccogliere ogni
minima traccia di quello sfiorarsi di labbra con quel martire dai capelli rossi.
Chiuse lentamente gli occhi versando ancora una lacrima.
E sempre quella domanda in testa:
a cosa era servito conoscerlo, amarlo, se non aveva potuto salvarlo?
**********************************
Il telegiornare aveva dato la notizia.
Una notizia un po' diversa da quella che Kaede, apaticamente, si immaginava.
La voce atona dell'uomo in giacca e cravatta annunciava che la madre dei due
fratelli spariti due anni prima si era impiccata, lasciando un biglietto con
la confessione del suo omicidio.
La vedova era stata messa in un ospedale psichiatrico dopo la scomparsa dei
figli.
La morte del marito poco tempo prima aveva fatto crollare la sua mente, portandola
alla pazzia.
Nessuno aveva fatto segreto di aver sempre sospettato che la donna avesse ucciso
i figli, ma non c'erano prove, e la donna era psicologicamente devastata.
Già da tempo la polizia cercava non i due ragazzi, ma i due corpi, senza
mai trovarli.
Il suicidio della signora Sakuragi e la sua confessione avevano solo avuto potere
di riconfermare i dubbi.
Ma ancora i cadaveri non era stati recuperati.
La cosa strana è che nessuno aveva denunciato il fatto che Hanamichi
aveva giocato nello shohoku, frequentato le superiori, nessuno aveva detto una
parola.
E Kaede era diventato apatico.
Un guscio vuoto che passava le notti a fissare il nulla e il giorno a fissare
il vuoto.
Non mangiava e non dormiva.
Il sonno c'era, ma non aveva motivo di riposare.
Non aveva avuto notizie dei compagni, non sapeva cosa avevano fatto, ne come
stavano.
Eppure aveva come l'impressione che Hanamichi fosse scomparso dai loro cuori.
-Hana...- l'unica parola che di tanto in tanto riusciva a forzare le labbra
chiuse nel mutismo più totale.
Non voleva dormire...
E se l'avesse dimenticato?
Non poteva e non voleva permetterlo.
La sua mente si annebbiava a poco a poco quel giorno così strano, dove
il cielo era terso, ma cupo, dove il sole splendeva, ma freddo.
-Perchè non dormi...?- quella voce era così dolce, così
cara, così amata.
Il suo Hana...
-Non voglio dimenticarti...- sussurrò in risposta, non conscio di star
parlando a qualcuno che probabilmente solo la sua mente aveva immaginato.
Gli occhi stanchi e chiusi, la voce spenta dall'incoscenza.
-Vuoi sapere perchè mi hai amato Kaede?- sussurrò ancora quella
voce così dolce ma così triste.
-si...- implorò nel dormiveglia.
-E allora dormi Kaede... dormi... e salvami....-
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Aprì gli occhi e la prima cosa che pensò fu: è un sogno...
Il cielo era troppo terso e azzurro, eppure stranamente spento.
Si trovava in piedi in un prato, i colori definiti ma irreali tipici dei sogni.
-Dove.. sono...- era un sogno troppo strano per essere semplicemente un sogno.
-Hanachan!!!- il suono di quel nome lo fece sussultare. Si voltò alla
forsennata ricerca del do'hao.
-Hanamichi!!- chiamò anch'egli quel nome sperando di avere risposta.
Risate si levarono nell'aria, gli uccellini salirono in quel cielo da ricordo
volando via, mentre dalla macchia di bosco poco distante la figura conosciuta
della piccola Kira sbucava ridente tirando per un braccio il fratellone.
Gli stessi abiti che gli aveva visto apparire addosso in palestra celavano il
suo corpo.
E Hanamichi rideva allegro.
La sorellina correva per il prato in riva al lago con il suo vestitino bianco
e i capelli rossi al vento.
L'unica cosa che in quel sogno sembrava dannatamente reale era il colore intenso
dei loro capelli.
Corse verso di lui, forse quel sogno gli era stato donato per rimediare, per
confessargli quel suo amore tenutogli nascosto troppo a lungo.
-Hana!!- ma il ragazzo non rispose ignorando totalmente la sua voce, continuando
a ridere come se lui non fosse li.
Rukawa si fermò a pochi passi da lui colpito dal dubbio.
-D'hao..?- allungò una mano per toccare i suoi capelli, ma la mano afferrò
l'aria.
Non era la propria mano a diventare impalpabile... era Hanamichi...
Si guardò l'arto stupito e addolorato di non poterlo avere neppure in
sogno.
-Non capisco...- si disse stringendo la mano in pugno.
-Non capisco!!- urlò girandosi su se stesso.
-Cosa ci faccio qui? Cosa devo fare?!??!- urlò al cielo irreale. Poi
si voltò ancora verso il rossino che si rotolava nel prato sollevando
la sorellina.
-Cosa devo fare? Dimmelo Hana...- sussurrò con voce triste guardando
affranto il giovane che ignorava la sua presenza.
-Hanamichi! Kira! Datemi una mano scansafatiche!!- brontolò una voce
di donna poco lontano. Kaede si voltò scorgendo una donna dai capelli
castani e ricci. La somiglianza con Hanamichi era lampante.
-La madre...- constatò.
Improvvisamente il suo sguardo scattò verso..il lago...
''Prima che mamma ci uccidesse'' gli ripeteva la mente le parole di Hanamichi.
Il vestiti bagnati, le labbra viola.
''Annegato'' era stata la conclusione.
E li c'era il lago.
Il lago nella riserva naturale di Kanagawa.
C'era la madre.
C'erano loro due.
Il giorno dell'omicidio.
''Vuoi sapere perchè mi hai amato?''
La comprensione colpì la sua mente.
Forse, forse era li per slavarlo dalla morte, forse era lì per impedire
quella tragedia.
-Arriviamo mamma!!- esultò il suo amato correndo a prendere il cestino
dalle mani della genitrice che sbuffò divertita.
Sembravano così felici...
Come poteva lei averli uccisi?
Aveva negli occhi una luce così calda, così dolce...
Come poteva quella donna aver assassinato i suoi bambini?
Si riscosse dallo stupore tentando ancora di avvicinarsi al do'hao.
-Hana!- provò a chiamarlo di nuovo. Cercò di afferrarlo ma le
sue dita sparirono nel braccio dell'altro che ingnaro stendeva la tovaglia al
suolo e faceva finta di voler mangiare la sorellina che urlava allegra nascondendosi
sotto la coperta a quadri.
-Merda!!!- imprecò Rukawa. -Hanamichi!! Hanamichi cazzo guardami!! Guardami
sono qui!- implorò furioso.
Ma Sakuragi non si accorgeva di nulla.
-Do'hao sono qui!!!- urlò nuovamente.
E questa volta Hanamichi si girò.
Il suo sguardo incrociò quello blu di Rukawa.
Il cuore della volpe fece un tuffo.
-Hana...?- allungò una mano verso di lui, certo che il giovane avrebbe
unito la sua a quella della volpe.
Il rossino guardò intensamente per poi sussurrare:
-Non ci credo...- Kaede sorrise.
-Allora puoi vedermi..- constatò con dolcezza.
Hanamichi scattò verso di lui e il volpino allargò le braccia
per accoglierlo.
Il suo Hana... avrebbe potuto stringerlo tra le braccia, finalmente.
Sussurrargli finalmente quanto lo amava, passare le sue dita tra i capelli serici
di vellutata seta rossa.
Enorme fu la delusione quando lo sguardo amato passò oltre la sua persona.
Quando quel corpo scultoreo lo attraverò senza dare segno di essersene
accorto, per andare oltre, per raccogliere un fiore blu e bianco e voltarsi
trionfante verso la sorellina.
-Guarda Kira! Guarda che ho trovato! Non è il tuo fiore preferito?- Kaede
si girò verso di lui con gli occhi colmi di delusione e rabbia.
-Perchè non mi vedi?!- urlò frustrato.
-Perchè?! Perchè mi fai questo Hana?! Come posso salvarti se non
posso nemmeno farmi vedere da te?-
E Hanamichi rideva tornando sulla tovaglia a giocare con Kira.
Il cuore del volpino si incrinava, si struggeva, il suo dolore lo divorava,
il senso di impotenza e inutilità lo asfissiavano.
Non poteva toccarlo.
Non poteva farsi sentire.
Non poteva farsi vedere.
..............................Non poteva salvarlo............................
Tra poco la madre li avrebbe uccisi e lui non avrebbe potuto intervenire.
Cosa ci faceva lì allora?!
Perchè era costretto a veder assassinare la persona che amava dovendo
restar fermo e immobile, completamente inutile.
Cadde in ginocchio comprendendo la sua stupidità, la sciocca illusione
che aveva avuto pensando che avrebbe potuto cambiare ciò che era già
stato.
Quello era il passato, era solo un ricordo.
-Non posso cambiare il passato...- si disse alzando lo sguardo triste e afflitto.
-Non posso salvarti amore, perdonami...- con quali occhi guardava Hanamichi
ridere, sapendo che presto averebbe urlato quando al posto dell'aria, sarebbe
entrata l'acqua nei suoi polmoni
Le dita della madre si sarebbero chiuse sul suo collo spingendo il cuo capo
nel lago.
Il dolore, forse più morale che fisico nel constatare che la persona
che più avrebbe dovuto proteggerlo, lo stava uccidendo.
Lui avrebbe dovuto guardare, immobile, inutile.
Guardare e soffrire.
Morire con lui.
**************************************
Ogni minuti, ogni istante rintoccavano pesanti nella sua testa.
Ogni minuto che passava era un minuto in meno di vita per il do'hao.
Quanto mancava orma?
Se lo chiedeva ogni istante.
Ogni istante nel quale il suo respiro aumentava d'intensità per poi spezzarsi
violentemente a un movimento della donna.
Stava per vedere l'assassinio della persona che amava di più.
Hanamichi era ignaro di tutto. Rideva e scherzava.
Inconsapevole della follia della madre. Falsa e infida si univa alla loro gioia
covando in se il suo piano crudele.
Bugiarda e malvagia attendeva il momento adatto per uccidere sangue del suo
sangue.
E loro continuavano ad amarla, ignorando la loro prossima fine.
Strinse gli occhi, il cuore in frantumi, la disperazione come un buco nero che
tutto divorava, quella stupida speranza che continuava a credere che non sarebbe
accaduto nulla.
Che scioccamente sperava che passasse velocemente il tempo, perchè più
eloce passava, prima quella giornata si sarebbe conclusa e non ci sarebbe stato
tempo per nessun omicidio.
Scorri, scorri tempo infame, galoppa più veloce che puoi, non permettere
che lui muoia.
Sottrai la tua essenza a quella donna perchè non riesca nel suo intento.
Ti prego salvalo..
Non lasciarlo morire, lo amo troppo.
Te ne prego, salvalo, ha solo quindici anni e la sua sorellina pochi di meno.
Non lasciare che muoia...
Implorava con tutto se stesso, la sua agonia stava durando troppo, troppo lentamente
il tempo aveva deciso di scorrere, il sole era ancora troppo alto, la giornata
troppo splendente.
-Mamma...- il mugugnio dell bambina lo fece alzare di scatto.
Il suo cuore tamburellò.
Quel momento era infine giunto.
-Mamma...ho tanto sonno...- si lagnò la bambina, le palpebre pesanti,
l'ultimo boccone di un panino che le cadeva di mano.
-Dormi allora.- la invitò la madre con voce gentile.
La bambina si accasciò sulla coperta come un corpo morto sotto gli occhi
del fratello sconvolto, con in bocca ancora il boccone di un panino.
Guardò per un secondo la sorella prima di far cadere con orrore il pezzo
di pane.
Osservò la madre con occhi enormi terrorizzati per poi sputare con panico
il boccone.
La madre li guardava dolcemente, troppo innaturalmente dolcemente.
Uno sguardo di dolcezza malata.
Viscida la paura e l'angoscia riempirono le sue membra nel vedere gli occhi
d'ambra spalancarsi terrorizzati di fronte a quella donna che non era più
sua madre. E Rukawa non potè che stringere i pugni e serrare gli occhi
pieni di lacrime.
Eppure consapevolmente li riaprì osservando impotente il suo amore andare
in contro alla morte.
-Kira...- pigolò Hanamichi squotendola.
-E' solo stanca Hana, finisci il tuo panino...- lo incitò la madre afferrando
il pezzo che il rossino aveva lasciato cadere e porgendoglielo.
Guardò il sandwich, di cui aveva già mangiato la metà,
con il terrore negli occhi.
-Che... che ci hai..messo mamma...- balbettò sconnessamente allontanandosi
dalla mano tesa.
-Ma nulla amore, magia il panino, dormirai come la tua sorellina...- la certezza
nascosta diventò consapevolezza. Con un singulto di angosciato terrore
afferrò il corpo della bambina con uno scatto alzandosi e cercando di
allontanarsi.
-Ti prego corri!!!- implorò il volpino conscio che ne l'altro l'avrebbe udito, ne sarebbe comunque sopravvissuto.
Hanamichi corse per pochi metri, la vista gli si appannava, il corpo della sorellina diventava troppo pesante per le sue forze.
Rukawa corse verso l'innamorato, fregandosene di quello che avrebbe potuto
fare e non fare.
Con disperazione tentò di afferrargli il braccio per aiutarlo, la sua
mano lo trafiggeva senza toccarlo, i suoi richiami si perdevano nel limbo.
Hanamichi cadde sulle ginocchia, Kira rotolò sul prato priva di coscenza.
Non ci poteva credere, la mamma... era impazzita...
-Dove credevi di scappare Hanamichi?- domandò la genitrice con tono innocente.
Il rossino che provava a tenere gli occhi aperti senza riuscirci.
Qualsiasi cosa ci fosse nei panini, stava facendo effetto e li stava facendo
addormentare.
Perchè mamma ci sta facendo questo? si chiedeva con dolore.
-Mamma... mamma fermati...- implorò osservandola arrivare.
-Avete sempre preferito papà!- commentò isterica afferrando un
bastone.
Istintivamente si frappose tra la madre e il figlio.
-Non gli faccia del male! Non osi farlo!!!- urlò.
Era stupido e lo sapeva..ma era più forte di lui. Non poteva stare solo
a guardare.
-Non è vero!- rispose di rimando il figlio. La paura e lo spirito di
soppravivenza ebbero il sopravvento sul torpore. Si alzò ruggendo, cercando
di salvare anche la sorellina.
-Dove credi di andare!- strillò la madre correndo verso il figlio, brandendo
il bastone.
-No!!- sferrò un pugno alla donna istintivamente, ma questa lo trapasso
da parte a parte. Fece appena in tempo a voltarsi e vedere il legno colpire
il volto dell'amato che cadde a terra bruscamente.
Sulla sua tempia si allargava la ferita da cui il sangue prese a sgorgare.
-No...- ansimò con gli occhi colmi di pianto e disperazione.
-Voi amavate vostro padre, più di quando abbiate amato me. Ma è
giusto così...- disse lasciando cadere l'arma, gli occhi folli posati
sui due corpi dei figli. Hanamichi ancora un po' si muoveva, rifiutandosi di
perdere coscenza. Gli occhi appena aperti e appannati.
-E lui amava voi con tutto se stesso. E' giusto che stiate con lui. Io vi amo
e vi voglio felici..- sussurrò afferrando la bambina e trascinandola
sulla riva del lago.
Hanamichi restava semi immobile, incapace di snebbiare la mente, il trauma cranico
che sicuramente aveva, lo rendeva debole e incapace di reagire.
-Ti prego piccolo, ti prego...- lo pregava accanto a lui, senza riuscire a
sfiorarlo, guardandolo pieno di apprensione e paura.
Era tutto inutile, non l'avrebbe mai salvato.
Desiderava con tutto se stesso essere al suo posto, morire al suo posto...ma
poteva solo restare a guardare, impotente e inutile, guardare il suo compagno
perire tra mille sofferenze.
La donna lasciò la piccola sul bagnasciuga, i capelli si insozzavano
di fango, il labbro che si era spaccato cadendo dalle braccia del fratellone
spiccava per il suo acceso color porpora.
Kaede la osservò avvicinarsi ansimando per la paura, posando lo sguardo
prima sulla donna, poi su Hana.
-Vi amo e vi voglio felici, per questo voglio che stiate con lui...- sibilò
trascinando il rossino per i piedi. Le mani deboli del giovane che brandivano
senza forze i fili d'erba in un vano tentativo di salvarsi.
-Hana... no...- ansimò seguendo impotente la donna con angoscia, la
follia creata dal dolore che minacciava di impossersarsi di lui.
Perchè era lì? Se non poteva sarvarlo perchè costringerlo
a una tale agonia??
La donna lo depose accanto alla figlioletta per poi prenderla e trascinarla
in acqua.
-Andrete da papà...- ansimò per lo sforzo. L'acqua appesantiva
i vestiti della bambina rendendo difficile il trascinarla.
Appena l'aqua diventò abbastanza profonda immerse la testa di Kira tra
i flutti costringendola sotto.
Hanamichi non potè restare impotente alla scena. Cercò di alzarsi
ma i suoi muscoli non rispondevano. Strisciò nel fango ansimando, crecando
di non cedere alla nausa e alla stanchezza.
La sua adorata sorellina stava morendo...
-Fermati... mamma..- implorò con un filo di voce, allungando una mano.
-Kira.. ki..ra...- invocò piangendo.
-Kami no...- chiuse gli occhi per non vedere la piccola che piano piano moriva
senza accorgersene, Hanamichi che arrancava disperato per salvarla sapendo che
mai l'avrebbe raggiunta.
E sapeva come si sentiva.
Assistere impotente alla morte dell persona che più amava consapevole
di non poter far nulla.
Il dolore e la disperazione.
La donna lasciò la bambina che galleggiava a faccia in già sull'acqua.
Morta.
-No...- annaspò lui dai capelli di fuoco con la voce rotta. -Kira...- riuscì ad ansimare prima di cadere nell'incoscenza.
-No...- annaspò quando la madre tornò dal suo amato afferrandolo
per le braccia trascinandolo in acqua.
Al contatto con i gelidi flutti del lago, Hanamichi riaprì gli occhi
lentamente.
Annaspò senza forze assettato di aria.
Ma non riusciva a muoversi.
Era troppo stanco.
La madre lo trascinava ancora in un punto abbastanza profondo per poter portare
a termine il suo piano.
Rukawa entrò senza esitare nell'acuqa che per i suoi sensi non aveva
calore. Non mosse alcuna onda.
Camminava come si cammina sulla terra ferma, l'acqua non lo ostacolava.
-No...- ansimava mentre il viso di Hanamichi ogni tanto veniva coperto dai flutti
cristallini.
I suoi deboli spasimi lo distruggevano, quegli spenti colpi di tosse lo uccidevano.
Finchè la madre non si fermò
Si voltò verso il figlio che a malapena restava a galla semi incoscente.
-Ti voglio bene piccolo mio...- strinse le sue dita al collo bronzeo e poi lo
spinse giù.
-NOOOOOOO!!!!!!- strillò ancora colpendo la donna, cercando di colpirla con tutta la disperazione di cui era capace.
Hanamichi agitava furiosamente le braccia, l'energia che credeva di aver perso
tornata di prepotenza per sopravvivere.
Ma la donna non si arrendeva, stringeva ancora di più le sue mani sulla
gola del rossino che scalciava, tentava di spingerla indietro, di slavarsi.
Sapeva che stava morendo, lo sapeva.
La sua gola bruciava, i suoi polmoni si saturavano della sostanza sbagliata.
Era atroce.
Morire soffocati era terrificante.
Lasciami!! Aria! Ho bisogno di aria!! Lasciami mamma LASCIAMI!!!!!!
Atrillava nella sua mente.
Stava morendo e aveva paura.
NON VOGLIO MORIRE!!!! MAMMA!!!
-NON FARLO MORIRE!!!-
E mentre si dibatteva e scalciava, la fluttuante vaporosa gonna bianca della
sorellina gli apparve vicino.
Tra l'acqua mossa e la spuma e la vista sfocata, intravide anche la sua chioma
rossa.
Kira....
Tese una mano verso la sorellina.
Le braccia perdevano forza.
La sua energia stava esaurendo.
I polmoni erano troppo pesanti, non aveva più aria.
E mentre moriva, ancora, il suo ultimo e incoerente pensiero fu:
..........................aiutami mamma...................
Rukawa urlava accasciandosi
tra le onde tappandosi le orecchie per non sentore quel fracasso troppo doloroso.
I suoi singhiozzi parzialmente ne coprivano il rumore, le sue lacrime celavano
la vista di quello scempio.
-No...no...no...- singultava disperato.
Ancora una volta aveva visto
il suo amore venir portato via senza che lui avesse potuto fare nulla.
Alzò distrutto lo sguardo in tempo per vedere quei calci diventare sempre
più spenti, una mano bronzea che si protendeva nell'acqua verso la sorellina
e quell'altra che scivolava dal volto della madre, impigliandosi morta tra i
capelli bagnati della donna.
Poi cadde in acqua priva di anima.
Tutto era finito.
E Rukawa guardava tutto
immobile e svuotato di ogni voglia di vivere.
Non l'aveva salvato in palestra ne aveva potuto salvarlo ora.
A che scopo era li allora?
Credeva di aver finito le lacrime da piangere, e invece si era ritrovato a versarne
altre mille, altre diecimila.
Pensava di non avere più fiato per chiamarlo ma ancora e ancora la sua
voce aveva invocato il suo nome.
Era convinto di non aver più alcuna speranza nel suo cuore, eppure fino
all'ultimo non si era mai rassegnato a vederlo morire di nuovo.
Una nuova morte, dolore aggiunto al dolore.
Se c'era stato un modo che avrebbe potuto salvarlo, lui non l'aveva trovato,
aveva fallito.
Lo aveva lasciato morire.
Certo, era logico che avrebbe potuto farlo, altrimenti perchè era stato
portato lì, non aveva senso.
-Potete portarmi via...-
sussurrò con voce spenta. -E' morto lo stesso...-
Ma non accadde nulla.
Lui era ancora lì.
Ma se aveva fallito a che scopo farlo restare??
Osservo senza più
potersi disperare oltre, la madre caricare faticosamente i due cadaveri su una
piccola barca a remi sulla riva.
Con la piccola con ebbe troppe difficoltà.
Con Hana, la fatica fu grande.
Rukawa provò la stessa sensazione che si prova ad essere presi a mazzate
nello stomaco mentre il suo innocente do'hao giaceva a peso morto tra le traditrici
braccia della genitrice.
Forse con la forza della follia riuscì a sollevare il do'hao e spingerlo
nell'imbarcazione.
Un violento capogiro e un moto di nausea lo invase nel vedere il corpo di Hanamichi
inarcato sul bordo della barca. Il suo volto volitivo rilassato dal sonno eterno,
eppure così...deluso, depresso, tradito.
Il suo colore stava ormai tendendo al bluastro, i lividi che a poco a poco comparivano
sul suo collo e sul suo volto.
I capelli rossi risaltavano dolorosamente in quel sogno dalle tinte smorte.
Con un ultimo spintone, il corpo cadde con un tonfo oltre il bordo della barca.
Rukawa deglutì.
Barcollante si alzò.
Gli faceva male lo stomaco, constatò.
Un dolore insopportrabile. Isintivamente si portò un braccio al ventre.
Sì, faceva male.
E si sentiva un verme per questo.
Lui? Lui OSAVA pensare che faceva male? Con che coraggio questo pensiero poteva
aver sfiorato anche solo pallidamente la suo mente, quando aveva visto cosa
veramente significava soffrire, soffrire fino a morire.
Sentire il cuore pompare a velocità assurda cercando ossigeno da far
circolare, spegnersi poco alla volta, con il desiderio di non lasciarsi andare
e poi spegnersi inevitabilmente. Sapere di aver lottato per cosa?
Per guadagnarsi pochi istanti in più di agonia.
Aver lottato solo per soffrire.
Chinò il capo bruno
appesantito dal dolore e dagli infiniti sensi di colpa.
Camminò verso la piccola imbarcazione, senza sapere il motivo.
Voleva solo vederlo, vederlo ancora e ancora.
Voleva vedere il suo volto, per non dimenticare, per punirsi ancora e ancora,
per aver stampato nella sua mente quel volto.
Avrebbe potuto salvarlo, ma non ci era riuscito.
Salì sulla barca senza difficoltà, il legno ignorò la sua
presenza.
Hanamichi giaceva scompostamente sul fondo di corteccia scheggiata, il materiale
poroso che assorbiva l'acqua del corpo bagnato.
Il volto rivolto verso l'alto, i capelli dolorosi graffi sul suo volto martoriato.
-Ora la mamma vi porta il un posto dove nessuno vi disturberà e potrete
giocare sempre con papà.- gioì malata la madre che col fiatone
prese a remare.
Rukawa aggrottò la fronte.
''Un posto dove nessuno vi disturberà''
E infine capì.
Capì perchè era stato mandato in quel sogno assurdo, capì
perchè avesse amato Hana.
Non poteva cambiare il passato, ma poteva mutare il presente.
Guardò Hanamichi morto a terra.
I corpi non erano mai stati trovati.
Hana e Kira... loro volevano
essere trovati...
Avere degna sepoltura.
Versò ancora lacrime, lacrime meno amare. Aveva un scopo averlo amato.
Non aveva potuto salvarlo, ma lo avrebbe aiutato come gli era concesso di fare.
Allungò una mano tentando di accarezzarne i capelli che gli erano rimasti
attaccati alla fronte. La ritrasse appena appena si accorse che sarebbe stato
impossibile per lui assaporare con i polpastrelli la setosità di quei
fili scarlatti.
Si fermò a quardare la madre che remava con fatica verso il centro del
lago dove l'acqua era profonda, molto profonda, dove i due fratelli avrebbero
riposato.
Si guardò intorno cercando qualche punto di riferimento su cui basarsi.
C'era da considerare che erano comunque passati due anni da quel fatto, nel
suo presente avrebbe potuto non essere uguale ad allora.
La corrente avrebbe potuto trascinarli lontano..
Come avrebbe fatto?
Si portò una mano agli occhi deciso a non versare altre lacrime.
Li riaprì poco dopo quando avvertì la piccola imbarcazione a remi
fermarsi.
La donna posò goffamente i remi per poi estrarre da una piccola nicchia
due buste grandi di plastiuca di quelle che si usano quando si ritirano i cappotti
dalla tinteria.
-Oh mio Dio...- ansimò il moretto comprendendo. -No... anche questo no...-
si morse le labbra voltando lo sguardo.
Sentì distintamente il rumore della plastica spiegata, lo strascicare
dei corpi e i tonfi sordi con cui il corpo veniva messo nell'involucro. Rukawa
ebbe il coraggio di voltarsi di nuovo dopo pochi minuti.
Il corpo del suo amato Hanamichi rinchiuso nella plastica traslucida, i lineamenti
duri resi sfocati e poco delineati dall'involucro.
Rischiando di capovolgere la barca la madre gettò prima il fagotto con
dentro la bambina poi, con molti più sforzi, fece inabissare anche il
giovane.
Kaede lo guardò sparire tra i flutti.
-Addio mio piccolo do'hao...- sussurrò prima che il lago inghiottisse
il corpo.
*********************************
Riaprì gli occhi
annaspando. Il soffitto bianco e asettico della sua stanza gli fece da paesaggio.
Si mise a sedere di scatto infilando le mani nei capelli ansimando cercando
di regolarizzare il battito del suo cuore.
-Kami...-
Ansimò massaggiandosi gli occhi con le mani.
Li trovò fradici di lacrime.
Un sogno?
Solo un sogno?
Era forse unicamente il
disperato tentativo di rendere utrile quel sentimento che nulla aveva potuto
contro la sorte?
O veramente quelle immagini angosciose erano la realtà del passato?
-Hanamichi...- sussurrò ancora accarezzandosi le labbra.
Aveva qualcosa da perdere?
No...
Strinse il pugno con forza
saltando giù dal letto.
Frettolosamente si infilò i pantaloni scendendo al piano di sotto.
In un primo momento aveva pensato di andare personalmente al lago, a controllare
se il corpo del rossino fosse lì.
Ma non se la sentiva di vedere Hana nel lago, morto, rinchiuso in un sacchetto
di plastica.
Sospirò ansioso un attimo osservando il telefono.
Forse sarebbe risultato un folle, ma era l'unica alternativa.
Afferrò il cellulare e compose il numero della polizia.
Dopo un solo squillo dalla stazione venne alzata la cornetta.
-Stazione di polizia, dica.- Kaede si passò nervoso una mano tra i capelli.
-Pronto sono Kaede Rukawa.- si presentò con la voce più fredda
che era in grado di emettere, ma uscì unicamente una voce incerta e nervosa,
sull'orlo del terrore.
-Mi dica è successo qualcosa?- la poliziotta sembrava preoccupata.
-S..si... io...io credo di sapere dove si trovano...- mai si era sentito così
angosciato in vita sua.
-Si calmi. Respiri profondamente. Mi dica da dove chiama e la sua età.-
ora la donna sembrava molto ansiosa.
-Ho 17 anni, chiamo dalla villa Rukawa nel centro di Kanagawa.- rispose sedendosi.
Kaede Rukawa non era più lo stesso. Non era più tanto sicuro di
quello che stava facendo. Avrebbe dovuto controllare di persona.
-Dimmi ragazzo cosa credi di sapere-
-Io...io so' con esattezza dove si trovano i corpi di due ragazzi scoparsi pochi
anni fa: Hanamichi Sakuragi e... e la sua sorellina Kira...- sputò abbassando
il capo esausto.
-Perchè ne sei così sicuro? Quello che mi stai dicendo è
molto grave...-
-Lo so. Ma io sono certo che sono in fondo al lago della riserva naturale.-
-Perchè ne sei così sicuro ragazzo!- insistette dura l'agente.
-Perchè li ho visti!- urlò disperato.
-Quando?- insistette.
-....Ora....-
-E come sai che sono loro? Li conoscevi?-
-Accertatevene voi che sono loro!- urlò distrutto. -Sono...sono in due
sacchi trasparenti di plastica...i capelli sono rossi e... sono al centro del
lago..- Senza aspettare risposta mise giù il telefono sbattendolo con
furia per terra sentendolo frantumarsi.
-Merda!- urlò inabissando le dita nei capelli. Si alzò di scatto
conscio di ciò che ora avrebbe dovuto fare: Il lago lo aspettava.
***********
Si strinse nel cappotto
quasi senza accorgersene.
Il lago era pieno di poliziotti e sub sulle imbarcazioni.
Lui faceva da mero spettatore alla scena, avvolto nel cappotto pesante nero,
il vento freddo che sottraeva calore alla sua pelle portandoselo via.
Il sospiro caldo che veniva gelato ancor prima di raggiungere il celo.
Un nastro giallo separava la sua persona dalla riva del lago.
Alla fine era evidente che i poliziotti avevano creduto alle sue parole. I suoi
occhi erano fissi sulla distesa grigia del bacino, il cielo plumbeo era così
diverso da quello sereno di poche ore prima.
Non riusciva a pensare a nulla.
Neppure a pregare che lo trovassero.
Osservava completamente vuoto lo spettacolo degli uomini in divisa che setacciavano
il fondale in cerca dei due fratelli.
-Kaede Rukawa, immagino.- riconobbe quella voce, ma neppure si degnò
di osservare la poliziotta che le aveva risposto al telefono negli occhi. Annuì
apaticamente.
-Come lo sai?- domandò tranquillamente l'agente affiancandosi a lui e
osservando i lavori.
-Se glielo dicessi, neppure mi crederebbe.- la informò atono.
-Nel mio lavoro non sempre quella che è la spiegazione logica, è
quella corretta.- Sussurrò. I capelli castani legati malamente svolazzavano.
-Non avere paura di dirmelo, non penseremmo mai che li hai assassinati tu.-
-Non è questo il punto. Neppure dovrei conoscerli.-
-Voglio saperlo Rukawa- la sua voce era diventata supplichevole.
-Io...ero la loro zia.- a questo il volpino non potè restare indifferente:
il suo voltò si girò di scatto verso la bella donna sui trent'anni
al suo fianco. I suoi occhi lucidi erano così simili a quelli del suo
Hana.
-Mia sorella era malata... avrei dovuto capirlo quando Hiroshi è morto
ma mi ero sempre detta che era solo un momento...e invece...- interruppe la
frase abbassando il viso.
-Non ho fatto nulla per aiutarli... per anni li ho cercati invano... inutile
i tentativi di farmi dire qualcosa da lei... ripeteva sempre che erano con lui,
con Hiroshi... Quando ho sentito la tua telefonata credevo di morire. Ho sempre
avuto nel cuore la vana speranza che fossero ancora vivi...- confessò.
-L'ho sognato- rispose semplicemente voltandosi ancora verso le gru marina che
scandagliavano senza sosta i fondali. -Ho sognato la loro morte-
-Come è possibile?- biascicò incredula, ma la sua incredulità
stava in ben altro che nella scoperta del misterioso sogno rivelatore:- perchè
tu? Hai detto che neppure lo conoscevi? Perchè a te e non...non a me
o a Yohei...-
-Io non ho mai detto di non conoscerlo- le ricordò tranquillamente.
-Ma hai detto...-
-Io ho detto che neppure AVREI dovuto conoscerlo... non che non l'ho fatto.-la
interruppe, la sua voce come al solito fredda e distaccata, la sua attenzione
era troppo catalizzata sul lavoro di ricerca per dare un tono alle sue parole.
Non sapeva perchè le stava dicendo tutto questo, forse sapeva di potersi
fidare...
-Lui era qui vero?- disse con un sospiro la donna -qui con noi vero?-
-Già...-
-Perchè non me lo ricordo? Perchè nessuno se lo ricorda? Tranne...tranne
te?-
-Sapeva che gli volevate bene. E sapeva quanto fa male veder scomparire una
persona cara. Probabilmente ha pensato che se avesse cancellato i ricordi, avreste
sofferto di meno e non ravvivato il dolore.- Una triste risate giunse dal suo
fianco.
-Non è cambiato minimamente... E' rimasto lo stesso...- cadde il silenzio.
L'unico rumore era quello del vento che squoteva le chiome degli alberi e le
urla lontane di uomini che impartivano ordini.
-Dovevate andare molto daccordo se...ha scelto te...- questa volta fu il turno
di Rukawa di sorridere tristemente.
-A dire il vero... litigavamo sempre, ci picchiavamo in continuazione...lui
diceva pure di detestarmi... Credevamo, forse, di avere più tempo...
forse lui sperava di restare con noi per sempre e invece...-
-Il solito...-
-Il solito do'hao...- sussurrò con nostalgia il volpino. - E ci ha mentiti...
ha fatto promettere che non l'avremmo mai dimenticato mentre sapeva che tutti
l'avrebbero scordato...-
-Non hai paura di dimenticare anche tu?-
In risposta, scosse la testa. -Non lo farà mai.-
-Come lo sai.-
-Gliel'ho promesso. Forse potrebbe cancellare il suo volto dalla mia mente,
ma non toglierà quello che porto nel cuore. E poi, io sono Kaede Rukawa,
e lui lo sa, che se Kaede Rukawa vuole una cosa, la ottiene...sempre, in un
modo o nell'altro. Gli ho fatto una promessa importante che non voglio e, neppure
lui vuole, che io dimentichi. Il do'hao, non farà nulla...-
La donna rise più serenamente, ma la sua risata venne spezzata dall'urlo
agghiacciante di uno dei sub:
-ABBIAMO TROVATO QUALCOSA! VENGA ISPETTORE!- l'agente e Rukawa passarono sotto
il nastro giallo correndo, gli occhi spalancati e il cuore che tamburellava
furioso, si fermarono sulla riva del fiume, bagnandosi, senza prestarci attenzione,
i piedi.
-Tirate su!! Forza che asettate?! Tirate su!- L'arnese cominciò a sferragliare
riportando fuori dai flutti un involucro di plastica insozzato dal fango e avvolto
dalle alghe, ma, inequivocabilmente, contentente qualcosa.
-Sono loro...- ansimò Rukawa.
-Portatelo qui sulla riva! Forza!!!- strillò la donna. Il fagotto venne
caricato sull'imbarcazione e portato subito verso di loro.
-Sono loro comandante...- informò il poliziotto posando il sacco sulla
riva. Senza aspettare oltre Kaede ripulì nevroticamente la plastica cercando
l'apertura di quella bara sacrilega.
Un vistoso pezzo di alga venne strappato via, rivelando, dietro il rivestimento
il volto di Hanamichi. Kaede sussutò allontanando la mano di scatto.
-Hana...- ansimò la zia tagliando la protezione. I due fratellini erano
stati messi in due sacchi diversi, per poi essere chiusi in uno solo, l'una
accanto all'altro.
L'acqua uscì bagnando loro le ginocchia mentre i due corpi, avvolti ancora
nelle rispettive buste, erano perfettamente integri e all'asciutto.
I loro volti erano così rilassati, diversi da come Kaede li aveva visti
l'ultima volta sulla piccola barca a remi.
Rukawa aprì con mano tremante il tegumento dell'amato, potendo osservare,
finalmente, i suoi lineamenti così perfetti anche da morto.
-Sono perfettamente integri....- constatò un agente sconvolto.
Rukawa lo accarezzò con sguardo triste e amaro.
Aveva svolto il suo compito, aveva trovato Hana e Kira.
Ora, non aveva più uno scopo.
Di nuovo senza un obbiettivo.
Si allontanò dalla scena senza voltarsi nemmeno una volta. La zia del
rossino lo chiamò da lontano e allora lui fermò i suoi passi sulla
terra fredda, senza girarsi, guardando dritto di fronte a se.
-Grazie...- sussurrò la donna.
Non rispose e riprese a camminare.
Nel freddo verso casa, guardando il selciato grigio piombo senza vederlo veramente,
con le mani ghiacciate seppellite nelle tasche del giaccone.
Il suo fiato bianco materializzarsi di fronte a lui come piccoli fantasmini.
Si bloccò stoppato dalla voce di Miyagi che lo chiamava. Istintivamente
si voltò verso di lui trovandolo sorridente venirgli incontro.
Il suo sorriso gli diede fastidio. Solo pochi giorni prima piangeva disperato
la perdita dell'amico di cui ora non ricordava nulla. Lo amava come un fratello,
diceva, eppure è bastato un giorno per dimenticarlo. Sapeva che era stato
Hanamichi a cancellare loro la memoria, ma non poteva credere che fosse bastato
per eliminare tutto ciò che avevano fatto insieme alla squadra.
-Rukawa! Accidenti è un bel pezzo che ti chiamo!- lo ammonì.
-Hn... che vuoi?- domandò brusco.
-Sempre di pessimo umore vero? Senti volevamo sapere perchè non sei venuto
agli allenamenti in questi giorni..-
-Non stavo bene.- rispose semplicemente intenzionato ad andarsene.
-Aspetta!- lo fermò ancora Ryota. -So che è una domanda stupida...-
si scusò mesto. -Ma... ma in questi giorni...- cominciò. -No nulla...-
sospirò squotendo la testa -è una cosa stupida... Ciao! Ci vediamo!-
-Fermati!- Rukawa ora, sembrava interessato. -Continua...- lo pregò
Miyagi lo fissò per alcuni secondi incerto sul daffarsi poi, rassegnato,
riprese: -non hai avuto l'impressione che mancasse qualcosa? Tu agli allenamente
non sei venuto...ma...non ti manca qualcosa? In palestra c'è un vuoto,
qualcosa di sbagliato e... nessuno capisce cosa c'è. Tante volte si dice
qualcosa e poi... è come se aspettassimo un...una frase, una risposta
che non viene detta o anche un'azione! Mitsui l'altro giorno aveva sbagliato
un tiro in una partita amichevole e la palla è finita all'altra squadra
e tutti, Ryonan compreso, si sono fermati... Era sbagliato Rukawa! Quel rimbalzo...
Qualcuno doveva prenderlo! Qualcuno che non era in campo! E non eri tu...- abbassò
le braccia esasperato.
-Siamo stupidi vero? Forse è colpa di quella storia di quel ragazzo dai
capelli rossi e della sorellina uccisi dalla madre... ci ha scosso tutti quando
l'hanno detto al telegiornale che la madre aveva confessato prima di uccidersi...-
congetturò tristemente cercando di accantonare la sensazione di mancanza
che provava.
Kaede non potè che sorridere mestamente mentre l'altro fissava il suolo.
Inaspettatamente posò la sua mano pallida sulla spalla del playmaker
che alzò gli occhi sgranati fissandoli in quelli tristi del volpino.
-Va a casa Miyagi. E domani, in palestra, riflettete su una cosa: voi non dovreste
nemmeno sapere che quel ragazzo aveva i capelli rossi.-
Detto questo si allontanò lasciando solo il sempai sconvolto.
**************************
-Sei il solito do'hao... Puoi cancellare i ricordi, ma i sentimenti non se ne
andranno con loro...-
*********************
Al funerale parteciparono molte persone. Forse più per pietà che
per vero dolore.
Nessuno si ricordava neppure più chi fossero i fratelli Sakuragi, e non
certo per colpa di Hanamichi.
Ma si sa, la gente diventa estremamente sensibile quando si tratta di scandali
e scalpori.
La cerimonia fu solenne e allo stesso tempo patetica. Decine di persone che
piangevano e ripetevano come nenie:' poveri piccoli fratellini' e che poi dovevano
leggere sulle lapidi per conoscere almeno il nome.
Rukawa le ignorava stoicamente trattenendosi dall'urlare quando gli sconosciuti
applaudirono l'arrivo delle bare.
C'erano due bambini in quei feretri. Applaudire non significava nulla se non
una grande mancanza di rispetto per chi soffriva davvero.
Yohei gli si avvicinò con passo silente, la cerimonia finita, le telecamere
della TV regionale smontate e gli operatori andati, a parte l'armata e la zia,
i presenti si erano tutti allontanati con lo spegnersi delle cineprese. Non
aveva più senso, per loro, restare lì.
-Cosa ci fai qui? Non lo conoscevi neppure...-
Ru lo guardò con un mezzo sorriso agrodolce, si rivolse verso la lapide
bianca. Passarono alcuni istanti, in cui il suo sorriso si spense. Volse lo
sguardo verso il basso:
-Commemoro un bravo giocatore di basket...- Mito, assolto, neppure si rese conto
di quello che le sue labbra screpolate dal vento pronunciarono dopo quella frase:
-E' vero...- Ma forse qualcosa si mosse il lui. Si girò di scatto, lo
sguardo aggrottato e confuso verso quello di Kaede.
-Lui non giocava a basket...- sussurrò con voce tremula e gli occhi enormi.
Rukawa lo osservò. Un suono gutturale simile a una risata raschiò
la sua gola secca. Il capo venne abbassato e leggermente scosso.
Si possono cancellare i ricordi, non i sentimenti, si ripetè convinto.
Si voltò sprofondando le mani nelle tasche calde del cappotto invernale.
Yohei non lo fermò, lo guardò allontanarsi lentamente. Solo un
sospiro giunse alle sue orecchie:
-Già... Lui, a basket, ancora non ci giocava...-
E mentre diceva ciò, la neve prese a cadere leggera. Il volpino alzò
lo sguardo verso il cielo sorridendo.
Lui amava profondamente la neve.
-Il solito, dolce, do'hao...-
OWARI
Dedicata a due delle persone più importanti della mia vita:
A Jake e a Luca che hanno sempre sopportato la responsabilità delle loro
scelte a testa alta senza mai lamentarsi. Che hanno saputo affrontare le difficoltà
senza mai lasciarsi andare.
A Jake che fino all'ultimo ha sorriso senza arrendersi. Che mi è stato
amico sempre, che per Luca è stato come un fratello.
A Luca che mi ha amato nonostante tutti i miei difetti. Che ha sostenuto Jake
in tutto, che mi ha aiutato sempre.
Ad entrambi, perchè erano e restano e resteranno sempre speciali.
Due frane in cucina che all'inizio neppure si capivano quando parlavano. Che
ne hanno combinate di tutti i colori, sempre insieme, sempre uniti.
Che mi chiamavano alle 2 di notte perchè era esploso loro il microonde.
Due stelle del basket che avevano ancora troppo da dare per potersene andare
così.
Grazie di tutto.