Disclaimer:
i
personaggi di questa storia li ho creati io, quindi mi appartengono.
Note: tra # # c’è il corsivo, sono le parti nel passato
Dragon and
Warrior
di Bombay
Parte 2/2
#Cammino
a testa bassa, assorto nei miei pensieri, mio padre mi ha sgridato per
una sciocchezza, sembra che tutto quello che faccio non vada bene ai
suoi occhi.
Raggiungo il piccolo stagno, non lontano da qui, mi siedo sul bordo e prendo
a scagliare con rabbia dei sassi dentro l’acqua.
“Perché
te la prendi con l’acqua, Arek? Cosa ti ha fatto?”
Una
figura ammantata di nero mi si avvicina, scrollo le spalle, Sotros si siede
vicino a me, mi scosto un poco allontanandomi da lui, stargli troppo vicino
ultimamente mi provoca uno stano turbamento.
“Hai paura di me?” domanda notando il mio
movimento.
“No,
voglio solo stare da solo” sbotto irritato, in parte è vero, in parte no.
“Hai di
nuovo litigato con tuo padre” non è una domanda bensì un affermazione.
Sbuffo
scostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Le voci
corrono in fretta a quanto pare”
“Non mi
è giunta nessuna voce, l’ho capito dalla tua espressione, dal tuo sguardo”
lo guardo negli occhi, quegli occhi azzurri e limpidi. Occhi azzurri:
insoliti per un Drago Nero, bellissimi nel viso regolare e delicato di
Sotros. Lui è bello, mia sorella Mairim è innamorata di lui, ma Sotros la
considera solo un’amica..
Abbasso
lo sguardo non riuscendo a sostenere il suo, non so molto di lui, come gli
altri del resto, da dove venga, quale sia il suo passato. Solo Trius lo
sapeva
“Questo
sarà il mio successore quando non ci sarò più” aveva detto il vecchio capo
branco e così è stato, nessuno a mosso obiezioni, beh a parte Alcon, che
mirava di diventare il successore da sempre, ma non ha potuto opporsi
nemmeno lui alla volontà dell’anziano capo branco.
Sotros
passa la maggior parte del suo tempo da solo, preferisce la compagnia di
vecchi libri polverosi che la presenza di altre creature viventi, a parte
me, cerca spesso la mia compagnia, fino ad un po’ di tempo fa non mi
sembrava vero di poter condividere il mio tempo con lui.
Ora,
ogni volta che sto con lui, mi sento strano, turbato e non so spiegarmi
perché, invece quando non è con me continuo a pensare a lui.
“Ti va
di parlare?”
Mi riscuoto bruscamente dai
miei pensieri “Non c’è niente da dire” sbotto irritato, alzandomi in piedi,
mi spolvero i vestiti, si alza a sua volta, è poco più alto di me, mi
solleva il viso con la mano, rifuggo il suo sguardo.
“Guardami” è solo un sussurro, ma lo sento come se avesse gridato.
Punto i
miei occhi neri nei suoi azzurri, il mio cuore comincia a battere più forte,
sorride ed il suo viso si addolcisce, un sorriso che pochi hanno il
privilegio di vedere.
“Tuo
padre ti vuole bene e ti vuole proteggere, non avergliene a male per questo”
Annuisco, la sua mano mi sfiora lieve la guancia, si allontana da me
andandosene da dove è venuto.
Ho il
viso in fiamme, mi siedo a terra non capendo perché mi sento così strano e
confuso.
E’ una
splendida serata, mi allontano dalla mia famiglia, dopo aver appianato i
dissidi con mio padre.
Solitamente per dormire riacquisto la mia forma: sono orgoglioso di essere
un Drago Nero, però assumere sembianze umane ha i suoi vantaggi.
Mi
stendo sul manto erboso e fisso le stelle sopra di me, la mia mente richiama
il volto sorridente di Sotros, mi tocco la guancia, posso ancora sentire il
calore del suo tocco, un brivido mi percorre la schiena, di nuovo la
sensazione che ho provato oggi pomeriggio.
Sento
una strana tensione crescere sotto la cintola, mi è già successo altre
volte, ma ho sempre pensato ad un effetto collaterale della metamorfosi.
Mairim
mi ha spiegato qualcosa su come si riproducono gli Uomini e di quanto sia
più piacevole che per noi Draghi. Non l’ho mai sperimentato, né in una né
nell’altra forma quindi non posso dare un parere. A dire il vero la cosa non
mi ha mai interessato.
Sospiro,
Sotros, perché continuo a pensare a lui? La tensione aumenta e non so come
porvi rimedio, mi volto su un fianco, poi a pancia in giù sul terreno duro,
un brivido mi percorre la schiena, muovo i fianchi la piacevole sensazione
si ripete, mi volto nuovamente sulla schiena, infilo una mano nei pantaloni,
la muovo su e giù per tutta la lunghezza, brividi di piacere mi
scombussolano, fino a quando la mia mano non si bagna di un liquido bianco
ed appiccicaticcio. Sono stordito dal piacere che ho provato, arrossisco,
faccio un paio di respiri profondi, devo parlarne con qualcuno, con i miei
genitori neanche a pensarci, Nibor e Roxul non ci sono torneranno solo
domani, Amnes mi prenderebbe in giro per l’eternità e Mairim l’ho vista
sparire con Ridas quindi non la vedrò fino a domani mattina.
Forse
potrei parlarne con Sotros, no non se ne parla. Cosa penserebbe di me?
Allora perché mi sto recando nel luogo in cui abita?
Il
vecchio castello diroccato, illuminato dalla luna mi mette un po’
d’inquietudine.
“Chi è
la?” domanda Sagar.
“Sono
Arek figlio di Valmen, devo parlare con Sotros” rispondo e non capisco
perché la mia voce tremi.
“A
quest’ora?”
“E’
urgente” ribatto, sospiro ora mi manderà via a calci.
“Arek…”
la calda voce di Sotros, vedo il suo corpo posarsi leggero sul terreno, un
bagliore lo avvolge ora è davanti a me nella sua forma umana.
“Cosa ti
è successo? Sembri sconvolto” mi dice scrutandomi attentamente con fare
quasi fraterno.
“Devo
parlarti” mormoro, ma come fa a sapere sempre tutto di me, sono così
trasparente?
“Vieni”
mi invita a seguirlo con un cenno della testa.
Percorriamo un sentiero che conduce dietro le rovine del castello, ci
sediamo sull’erba umida, sotto ad una quercia.
“Allora?” domanda creando una piccola luce sopra le nostre teste, anche se
sia io che lui ci vediamo perfettamente.
Prendo
un profondo respiro ed inizio a parlare, non fa commenti, non ride di me, mi
ascolta e basta fino a quando non mi fermo.
“Hai
solo scoperto il modo in cui si amano gli Uomini, una parte almeno”
Incuranti dell’ora tarda, continuiamo a parlare, Sotros mi spiega molte cose
e risponde alle mie domande ed ai miei dubbi, rassicurandomi.
Restiamo
in silenzio per un po’, Sotros è così vicino che posso sentire il calore del
suo corpo attraverso il tessuto dei nostri vestiti e questo mi provoca
nuovamente strane reazioni.
Sotros
allunga una mano e me la posa sul petto all’altezza del cuore.
“Per chi
batte così forte il tuo cuore, Arek?” mi domanda con voce stranamente dolce
e sognante.
Trattengo il fiato, perdendomi in quegli abissi azzurri. Cosa gli rispondo?
“Se te
lo dicessi mi odieresti”
“No, non
posso odiarti, Arek. Non posso, credimi…” mormora con voce bassa e sensuale,
la sua mano si sposta sul mio viso.
“Per te,
batte per te…” bisbiglio e nel momento stesso in cui mi esprimo so che è
così. Nella mia mente si fa chiarezza, ecco perché mi sentivo così. Sono
innamorato, innamorato di Sotros ed ora ho paura perché so che è un amore
impossibile. Uno come lui cosa può trovare in uno come me?
Sorride
dolcemente accarezzandomi le labbra con il pollice.
“Mi
dispiace” sussurro abbassando lo sguardo.
“Shhh”
Si
avvicina a me chiudo gli occhi, le sue labbra sfiorano appena le mie, ma
questo basta per stordirmi.
Poso le
mani sulle sue spalle, respiro profondamente un paio di volte, Sotros
aspetta in silenzio, chiudo nuovamente gli occhi.
Le sue
labbra sono un'altra volta sulle mie, le succhia dolcemente vi passa la
lingua sopra. Reclino il capo indietro socchiudo la bocca la sua lingua si
fa strada tra le mie labbra. Non so cosa fare. Non ho mai baciato nessuno
prima d’ora. Questo è il mio primo bacio, è stupendo.
Abbandona le mie labbra, mi stringe forte a sé, ho terribilmente caldo.
Chiudo gli occhi respiro profondamente, il profumo di Sotros mi pervade le
narici, il suo abbraccio è dolce e rassicurante, potrei restare così per
tutta l’eternità, ma non ho fatto i conti con il mio corpo che reagisce alla
vicinanza di Sotros e lui se ne accorge.
“Voltati
ed appoggiati a me”
Faccio
come mi dice e mi ritrovo seduto tra le sue gambe con la schiena appoggiata
al suo petto.
Le sue
mani percorrono il mio petto sopra il tessuto della leggera tunica, poi
sotto ad essa accarezzandomi direttamente la pelle. Poso la testa sulla sua
spalla, mi bacia il collo, una mano mi accarezza tra le gambe, scatto come
una molla.
“Ahhh…
Sotros… no…” gemo imbarazzatissimo.
“Rilassati, non farò nulla di diverso da quello che hai fatto da solo”
mormora ed il suo respiro sulla mia pelle mi fa tremare.
La sua
mano si intrufola nei miei calzoni, la muove su e giù con lentezza e di
tanto intanto mi stimola la punta con il pollice; dalle mie labbra escono
gemiti incontrollati.
“S-Sotros… ahhh… no… ohhh… si… ahhhhhh”
“Non mi
sembri molto convinto” sussurra divertito al mio orecchio mordicchiandolo.
La sua
mano si muove con maggiore rapidità su di me.
“Fermo…
sto… sto… ahhhhhhh”
Troppo
tardi: spargo il mio liquido bianco sulla sua mano. Mi appoggio pesantemente
contro di lui, svuotato nel corpo e nella mente.
Sotros
si sdraia portandomi indietro con sé, mi volto restando su di lui, che mi
accarezza lentamente i capelli e la schiena.
I giorni
passano e tra me e Sotros le cose vanno a gonfie vele. Sono immensamente
felice se ne sono accorti tutti, ma non mi importa.
Passo
tutto il tempo libero che ho con lui ed un caldo pomeriggio d’estate, lo
raggiungo all’interno delle rovine dove c’è penombra e frescura.
Lo trovo
nella camera, steso sul letto con addosso solo un paio di pantaloni chiari.
“Dormi?”
domando avvicinandomi.
“No,
vieni qui…”
Mi tolgo
gli stivali e salgo sul letto al suo fianco.
“Non hai
caldo?” domanda sfilandomi la camicia, le sue dita fredde percorrono la mia
pelle calda e sudata.
“Un po’,
la strada per venire qui è tutta al sole” sussurro sulle sue labbra, in
breve sono nudo sotto di lui, le sue mani mi toccano con lentezza e
precisione, sa dove sono più sensibile.
Prendo
il suo viso tra le mani e lo bacio con trasporto, con una mano stuzzica un
capezzolo con l’altra si prende cura del mio sesso. Mugolo di piacere nella
sua bocca, abbandona le mie labbra scende lungo il mio petto lasciando una
scia umida. Inarco la schiena quando mi prende tra le labbra, sono scosso da
tremiti di piacere, poso le mani sulla sua testa, tra i suoi corti capelli
neri.
Sugge
con forza, mi accarezza i testicoli, mi porta inesorabilmente verso il
limite, se continua così verrò nella sua bocca.
“Sotros…
b-basta… ahhh… basta… ahh… ahh… spo… stati” inutile non mi ascolta vengo con
un lungo e basso gemito inarticolato, mi bacia condividendo con me il mio
sapore, percorro la sua pelle titubante, ho paura di sbagliare, posa la sua
mano sulla mia, guidandola, la posa sul tessuto teso dei suoi pantaloni;
intrufolo la mano sotto di essi ed accarezzo il suo fallo, morbido e duro,
caldo ed umido.
Le sue
labbra sul mio orecchio “Toglili” ansima.
Con un
po’ di fatica gli sfilo i pantaloni, riprendo ad accarezzarlo, poso le
labbra sul suo petto bianco e liscio, sfioro un capezzolo rosa, lo lecco lo
prendo delicatamente tra i denti.
Il
respiro di Sotros accelera diventando irregolare.
“Fallo
ancora” geme.
Lo
mordicchio piano, un gemito esce dalle sue labbra, faccio altrettanto con
l’altro mentre muovo la mano su di lui.
Scendo
ancora un po’ gioco con il suo ombelico, la sua mano si posa sulla mia
testa, mi guida verso le sua labbra cattura le mie.
“Ti amo”
sussurra “Ti ho amato dal primo momento che ti ho visto” mi confessa “Non
avrei mai sperato tanto, mi bastava vederti felice, ti avrei amato da
lontano…”
Sono
commosso dalle sue parole mi accarezza le labbra con un dito “Ti prego,
continua, ti sei fermato sul più bello”
Arrossisco di botto, riprendendo il movimento con la mia mano. “S-scusa ”
balbetto.
Sotros
riprende a baciarmi, trema nella mia mano e si libera.
Ci
prendiamo una lunga pausa accoccolati l’un l’altro, nonostante il caldo,
mezzi addormentati.
Lo
osservo per un po’, mi metto sopra di lui, apre gli occhi.
“Ancora”
sussurro sorridendo.
Riprende
a baciarmi sospingendomi sul materasso, è sopra di me, vorrei fondermi con
lui, vorrei essere una cosa sola con lui, anima e corpo, ma non so se è
possibile in fondo siamo entrambi maschi.
“Voglio
di più Sotros, molto di più” affermo e spero capisca ciò che intendo.
“Non
avere fretta Arek”
“Ti
prego” lo supplico, inarcando la schiena, i nostri sessi si toccano. “Ti
prego” mugolo.
Sotros
scende verso il basso mi solleva le gambe, sussulto, la sua lingua è tra i
miei glutei, stimola il piccolo orifizio fra essi; mi posa due dita sulle
labbra, le succhio piano.
I suoi
occhi sono nei miei, mi osserva mentre con un dito entra dentro di me, mi
irrigidisco e stringo i glutei.
“Rilassati o ti farò più male…” mi consiglia.
Spinge
il dito in profondità nel mio corpo, è strano, non spiacevole, ma strano.
Aggiunge
un secondo dito al primo, li muove dentro e fuori.
Li
estrae e mio malgrado sospiro di sollievo, il mio sguardo si posa sul suo
fallo, non è la prima volta che lo vedo, ma mi rendo conto di quanto sia
grande. E’ impossibile che entri in me.
Vengo
colto dal panico e naturalmente Sotros se ne accorge.
“Se non
vuoi…”
“Io, io
ho paura, ma voglio farlo…” confesso continuando a spostare lo sguardo dal
viso al sesso di Sotros.
Si fa
strada dentro di me, fa male, troppo.
Lo
fermo. Chiudendo forte gli occhi.
“Vuoi
che esca?”
“Sì. No.
Non lo so…” balbetto avanza un altro po’, fa male, è enorme, mi spacca in
due.
“Arek,
apri gli occhi”
Lo
faccio fisso i suoi occhi resi liquidi dal piacere, esce da me. Mi sento
terribilmente in colpa reclino la testa di lato.
“Mi
dispiace”
Sorride
“Non è detto che debba essere solo tu ad accogliere me, si può fare anche il
contrario…” afferma strizzando l’occhio.
“Cosa?”
Non
capisco, si mette a cavalcioni su di me.
“A me
piace in entrambi i modi…”
Mi
riceve nel suo corpo, il suo calore mi avvolge strettamente, si muove su e
giù regalandomi un piacere sconosciuto provocato dall’unione dei nostri
corpi.
Vengo
dentro di lui inarcandomi e gridando il suo nome in un’estasi di piacere.
Mi fa
uscire da sé ma resta a cavalcioni su di me.
Il
sudore gli imperla il corpo è bellissimo, mi mordo le labbra, desidero
averlo dentro di me, arrossisco.
“Sotros,
voglio sentirti dentro di me”
“Non
serve a me va bene anche così…”
“Ma a me
no” protesto.
Sorride,
divarico le gambe dandogli libero accesso.
Stringo
forte gli occhi, il dolore non è diminuito… mi bacia e si introduce
completamente dentro di me. Mi sento riempito, ansimo forte lottando per non
mettermi a piangere.
Esce
quasi completamente poi riaffonda, il dolore mi toglie il fiato, ripete il
movimento e questa volta qualcosa cambia. Ha toccato un punto che mi ha dato
piacere, alla spinta successiva la cosa si ripete e si intensifica via via
che di muove in me. Il dolore scompare lentamente.
Sotros
prende il mio membro nuovamente rigido e lo stimola aggiungendo altro
piacere, sento chiaramente il suo calore invadermi ed il mio lasciare il mio
corpo.
Stremato, sudato ed ansante resto immobile. Sotros esce da me lasciandomi un
vuoto immenso, si sdraia a pancia in giù accanto al mio fianco intreccia la
sua mano con la mia.
Mi
addormento così: felice ed appagato.
Un boato mi sveglia di soprassalto, scatto a
sedere sul letto.
Sotros è
alla finestra, già vestito.
“Cosa
succede?” domando mettendomi a sedere sul letto ignorando il dolore che mi
attraversa la schiena.
“Ci
attaccano!”
Mi infilo i
pantaloni e la casacca, mi accosto a lui; è notte, abbiamo dormito per tutto
il pomeriggio.
Fiamme,
alte e rosse si stagliano nel cielo nero della notte, poi li vedo, Draghi.
Draghi
Rossi, non può essere.
“Non è
possibile, sono nostri alleati. Perché, perché ci attaccano?”
Sotros
mi afferra per le braccia.
“Scappa
verso Nord, verso i ghiacci perenni, i Draghi Azzurri ti ospiteranno, digli
che sono stato io a mandarti, che l’alleanza tra Draghi e stata infranta dai
Rossi”
“No, non
posso andarmene ci sei tu, la mia famiglia…”
La mia
famiglia è la dove ardono le fiamme, devo andare da loro, mi divincolo dalla
sua stretta, esco all’aperto.
Sotros è
sopra di me si dirige nella mia stessa direzione laggiù ci sono mia madre
mio padre, i miei fratelli e le mie sorelle.
Arrivo,
il calore mi investe, mi fermo sconvolto per quel che vedo, non può essere:
è un incubo.
Alzo gli
occhi al cielo, la battaglia infuria sopra la mia testa.
Sotros
si pone al centro delle due fazioni in lotta. Sento la sua voce, ma non
comprendo le parole, la mia mente è troppo sconvolta… lentamente tutti
atterrano, Neri e Rossi.
Alcon si
scaglia contro Sotros, i due ingaggiano battaglia.
Il capo
dei Rossi parla e spiega cosa è accaduto.
Alcon ci
ha tradito dicendo ai Rossi che Sotros ha infranto l’alleanza, loro ci hanno
attaccato.
Un
errore.
Il
tradimento di Alcon ha distrutto la mia famiglia e quella di altri, che in
questa notte calda dormivano ignari del pericolo.
Sotros
ha la meglio su Alcon, lo atterra, lo uccide.
Plana su
terreno si trasforma, si inginocchia davanti a me, mi abbraccia, le mie
membra sono intorpidite, dalla felicità più assoluta sono passato alla
disperazione più nera, tutto intorno a me è confuso ed indistinto. Sotros mi
scuote, lo guardo in viso, è triste molto triste.
Impartisce ordini secchi e decisi, mi costringe a mettermi in piedi, sposto
lo sguardo di qua e di là e la vedo: Mairim è rannicchiata in un angolo.
“Mairim”
sussurro appena.
Sotros
segue il mio sguardo ed anche lui la vede, le corre incontro la fa uscire da
lì e lei grida, grida, grida.
Il suo
grido mi strazia, vorrei unirmi a lei, ma il dolore è così forte che mi
annienta, la vedo accasciarsi tra le braccia di Sotros che la solleva e
viene verso di me.
“Seguimi” ordina.
Come una
bambola lo seguo, affida Mairim alle cura di qualcun altro, viene da me, mi
conduce nella nostra stanza, mi fa sdraiare sul letto sfatto, che sa ancora
di noi.
“Arek”
Volto il
viso e lo guardo, gli occhi azzurri di Sotros sono velati di tristezza ed
incredibilmente lucidi.
“Mi
dispiace così tanto Arek, avrei dovuto immaginare che Alcon prima o poi
avrebbe fatto qualcosa di molto stupido, non avrei mai creduto che avrebbe
messo in pericolo il branco”
Mi
sfiora la guancia dolcemente.
“Mia
madre, mio padre, dove sono?”
Scuote
piano la testa “Sono morti…”
Morti.
Questa
parola fa scattare in me qualcosa. Non ci sono più, non li potrò più vedere,
non gli potrò più parlare.
“No, non
è vero. E’ stato solo un brutto sogno, vero?” domando, cerco nei suoi occhi
una verità che non esiste.
Sotros
mi abbraccia, le lacrime prendono a scorrere sulle mie guance, affondo il
viso nel suo petto e piango, sempre più forte.
Mi fa
male la testa, mi fa male il petto, sto male.
“Sotros…” singhiozzo.
“Sono qui, sono qui…”#
Chissà
perché mi sono tornati in mente questi ricordi. Il sole sta tramontando,
come ogni sera, portandosi via un altro giorno.
I giorni
creano le settimane, le settimane, i mesi.
Domarak
corre nella sala comune si ferma a pochi passi da me.
“Ho una
notizia importante per te, Arek. Il ragazzo che è stato qui mesi fa è stato
catturato, pare lo abbiano imprigionato e torturato, poiché non ha dato
informazioni su di noi, lo ritengono un traditore”
Mi alzo
di scatto “Sei sicuro che fosse lui?”
Annuisce
“Ho sentito che lo chiamavano per nome: Willard”
Stringo
i pugni fino a farmi male.
“Devo
salvarlo” sussurrò.
Mairim
mi posa la mano sul braccio “Non dire sciocchezze, non vorrai mettere in
pericolo la tua vita per quell’Uomo?”
“Ti
affido il comando, vado solo!” affermo scrollandomi di dosso la sua mano,
allontanandomi.
Mairim
non ribatte.
Plano
nel bosco, compio la metamorfosi ed entro in paese, nonostante l’ora tarda
c’è molta gente in giro.
Entro
nella locanda, mi siedo al bancone, allungo due monete d’oro all’oste che
sgrana gli occhi: “Una stanza per stanotte, del cibo e del vino decenti”
“S-subito, signore”
Mi
guardo intorno, l’ambiente è fumoso, sono l’unico ad essere da solo, un
gruppo di uomini lontani da me sta ridendo sguaiatamente.
L’oste
mi serve la cena, poi si sposta poco distante ed inizia a conversare con due
uomini seduti al bancone.
“Brutta
faccenda. Secondo voi è morto?” domanda l’oste.
“Bah non
lo so, però ho sentito dire che non si sentono più le sue grida…” ribatte un
uomo robusto dai lunghi e sudici capelli biondi.
“Che
idiota, tutto questo per proteggere dei Draghi…” aggiunge l’altro, un ometto
basso e corpulento con radi capelli rossicci ed una lunga cicatrice che gli
deturpa il viso grassoccio.
“Già,
tanto giovane e tanto sciocco” asserisce il biondo scuotendo la testa.
“Certo
che tre mesi di torture sono dure per chiunque ed il vecchio Grigon non c’è
andato giù leggero…”
“Già e
poi si sa, quando ha ragazzi giovani e belli tra le mani si diverte
parecchio” sghignazza il rosso.
Sbatto
il boccale sul tavolo, l’oste e gli altri due individui mi fissano sorpresi.
“Tutto
bene amico” mi domanda il rosso posandomi la mano sudaticcia sulla spalla.
“Tutto
bene, mi è solo scivolato il boccale” rispondo, sposto la mia attenzione sul
piatto di zuppa che ho davanti, devo agire in fretta, devo agire questa
notte stessa, non posso rimandare.
I tre
uomini riprendono a parlare ignorandomi e dandomi, a loro insaputa, preziose
informazioni.
Esco
dalla locanda, mi muovo nelle ombre senza essere visto ed udito, non ho
difficoltà ad entrare nelle prigioni, il problema sarà più che altro
uscirne, ma questo ci penserò dopo.
Raggiungo il livello più basso, uccido un paio di guardie che sonnecchiano
appoggiate al muro.
Ci sono
tre celle, due sono vuote. Il mio cuore perde un colpo: in un angolo della
sudicia cella, c’è Willard, rannicchiato in posizione fetale, nudo e ferito.
Apro la
porta, delle voci giungono dal corridoio, devono avere trovato i corpi delle
guardie.
Mi tolgo
il mantello ed avvolgo Willard, il suo respiro è appena percettibile.
Esco
dalla cella, con il mio prezioso fagotto stretto tra le braccia, un boato fa
tremare le imponenti pareti dell’edificio.
“I
DRAGHI CI ATTACCANO!!!”
Sono le
grida che si odono. Corro su per le scale, mi imbatto in un uomo dai capelli
rossi, lo stesso della locanda.
“Voi…”
mormoro per nulla sorpreso.
“Tu,
sei uno di loro!” esclama sollevando la spada.
Alzo una
mano e lo fulmino sul posto, continuo la mia corsa verso l’alto, fino ad
arrivare al cortile devastato dalle fiamme.
Un Drago
Nero atterra poco distante da me, è Mairim.
“Avanti!
Sali, andiamocene da qui!”
Richiama
Ridas e Domarak, in breve ci allontaniamo da quell’inferno.
Porto
Willard nella nostra stanza, ordino che mi sia portata una tinozza d’acqua
calda, dei teli e degli unguenti.
Apro il
mantello, Mairim distoglie lo sguardo dal corpo martoriato del ragazzo.
“Luridi
bastardi” mormoro sconvolto.
Willard
apre gli occhi mi avvicino a lui ma si allontana da me. I suoi occhi azzurri
sono velati, opachi, privi della lucentezza che li contraddistingueva.
Gli
parlo con dolcezza cercando di rassicurarlo, ma Willard non sembra nemmeno
riconoscermi.
Portano
la tinozza, lo sollevo nonostante lui si dibatta debolmente, lo immergo
nell’acqua e lo lavo piano facendo attenzione alle piaghe, ai tagli, alle
ustioni.
L’acqua
tiepida pare calmarlo, Mairim mi aiuta parlandogli dolcemente, gli lavo la
testa, gli hanno tagliato i capelli, ha abrasioni anche sul cuoio capelluto.
L’unica parte priva di ferite è il volto.
Lo
sollevo, è leggerissimo, un mucchietto di pelle ed ossa. Lo asciugo con
cura, gli medico le ferite, vi cospargo degli unguenti per lenire il dolore
e le bendo, mentre mi prendo cura di lui, Willard si addormenta, lo avvolgo
nelle coperte.
Ordino a
Domarak di restare con lui, di chiamarmi nel caso si svegliasse, esco dalla
camera seguito da Mairim.
“Come
possono avergli fatto questo, solo per delle stupide informazioni? Ci odiano
così tanto da far soffrire una creatura come Willard?” mi appoggio
pesantemente alla porta di quercia scuotendo piano la testa.
“Grazie,
Mairim, il tuo tempismo è stato perfetto” mormoro voltandomi verso di lei.
Sorride
“Ho osservato i tuoi movimenti con la sfera, Ridas ti ha seguito. Non
saremmo intervenuti se non ce ne fosse stato bisogno”
L’abbraccio e mi stringo forte a lei “Il suo corpo guarirà, ma la sua mente?
Cosa gli hanno fatto per ridurlo così? Ho paura. Ho paura che non torni più
da me”
Rientro
nella camera, congedo Domarak, mi sdraio vicino a Willard che dorme
rannicchiato su sé stesso in un angolo del letto, gli poso una mano sulla
fronte, è calda e sudata.
Sospiro,
sono stanco e angosciato. E’ quasi l’alba posso concedermi qualche ora di
sonno.
Quando
mi sveglio, Willard mi sta fissando, sorrido, ma quando cerco di toccarlo si
ritrae.
La porta
si apre ed entra Mairim con in mano una ciotola.
“Ben
svegliato, Arek”
“Quanto
ho dormito?”
“Parecchio, non ho avuto cuore di svegliarti” mi spiega porgendomi la
ciotola di brodo.
La fisso
interrogativo “Non è per te, è per lui…”
Sorrido
Willard si è messo seduto, lo imbocco come fosse un bambino, mangia tutto
quanto, si rannicchia nuovamente, allungo una mano per sfiorargli il viso,
chiude gli occhi e si irrigidisce, gli accarezzo la guancia smunta, si
rilassa apre gli occhi e sospira.
L’autunno arriva portato da un lieve brezza che rinfresca l’aria, tutto si
tinge si colori caldi e scuri, il giallo, il rosso, il marrone.
Giorno
dopo giorno le ferite di Willard si rimarginano, anche se per alcune resterà
la cicatrice.
Non
vuole lasciare la stanza in cui si trova, accetta di buon grado la mia
compagnia e quella di Mairim, ma si agita se entra qualcun altro. Non parla,
si fa sfiorare appena, tiene sempre lo sguardo basso, ogni giorno che passa
la speranza che torni da me si allontana sempre di più.
Passo
ore a parlargli o a leggere per lui, Mairim lo accudisce con la dolcezza di
una madre. Lei che gli era così ostile. Tutto il branco è partecipe in una
maniera o nell’altra: la piccola Edan figlia di Satial e venuta oggi con un
enorme mazzo di lavanda profumata, l’ha distribuita per tutta la stanza, ha
dato a me e Willard una coroncina di fiori.
Quando
se ne va mi siedo pesantemente sul letto occupato da Willard che sobbalza
per lo spavento.
Due
lacrime di commozione scendono dalle mie guance, Willard solleva una mano mi
sfiora la guancia, corruga la fronte, osservando le dita umide.
“Ti
prego, Willard, torna da me…”
La neve
è giunta presto a ricoprire tutto con il suo manto candido e bianco, sono
semi sdraiato davanti al camino acceso, con Willard accoccolato contro, ha
cominciato a rimettere su peso, i capelli gli arrivano appena sotto le
orecchie, sta decisamente meglio, ma non mi parla ancora.
E’
assente e distante, si lascia sfiorare, come ora, ma niente di più.
Il fuoco
nel caminetto scoppietta allegramente, creando una dolce atmosfera
domestica.
Mi alzo
per riattizzare il fuoco; un ciocco cade, spargendo tutt’intorno faville e
qualche pezzetto di carbone ancora ardente.
Willard
si tira indietro guaendo come un cucciolo.
“Non
aver paura, non ti accadrà niente…” tento di rassicurarlo.
Indietreggiando posa la mano su un pezzetto di carbone, grida tenendosi la
mano ferita, il suo grido è qualcosa di terribile.
Si
raggomitola su sé stesso, ansimando forte, portandosi la mano al petto, mi
avvicino con cautela a lui, sta tremando violentemente.
“Willard, Willard”
Apre gli
occhi, li socchiude, poi li spalanca e si riempiono di lacrime.
“Arek”
L’ha
sussurrato o me lo sono immaginato?
Scoppia
a piangere disperatamente, in questi lunghi mesi non ha mai versato nemmeno
una lacrima, ripete il mio nome come una preghiera.
“Shhhh,
va tutto bene, va tutto bene…” sussurro prendendolo tra le braccia.
“Non
guardarmi…” geme singhiozzando.
Lo
abbraccio e lo stringo forte.
“Non
guardarmi, sono orribile”
Gli
prendo il viso tra le mani “No, non lo sei, non lo sarai mai ai miei occhi”
Il suo
viso è ancora smunto, i suoi occhi sono ancora cerchiati di scuro, ma in
essi è ritornata la lucentezza di un tempo, lui è tornato da me.
Sorrido
felice, asciugandogli le lacrime, Mairim entra e tutto quello che teneva in
mano cade a terra frantumandosi ai suoi piedi. Si precipita verso di noi si
inginocchia ed abbraccia Willard, sorprendendolo.
“Cosa
hai fatto alla mano?” domanda aprendogliela delicatamente, rivelando la
bruciatura.
Le
spiego l’accaduto mentre lei vi applica un unguento e la fascia.
“Ho
combinato un bel disastro” esclama indicando la brocca in frantumi.
L’aiuto
a ripulire il guaio che ha combinato, lascia la stanza, mi riavvicino a
Willard, gli sfioro il viso.
“Cosa
ricordi di quello che ti è successo?”
Rabbrividisce stringendosi nelle spalle “Non voglio ricordare…” sussurra.
Lo
stringo forte a me “Non importa. Scusa, scusa…”
Resta a
lungo in silenzio, poi comincia a parlare con voce bassa ed incerta.
“Sono
tornato al villaggio da cui ero partito. Volevo trovare un lavoro, vivere la
mia vita, ma non riuscivo a dimenticarti. Una sera sono andato alla locanda,
ero deciso a tornare qui, ma un uomo mi ha riconosciuto come uno degli
avventurieri partiti molti mesi prima per dare la caccia ai Draghi Neri, si
è seduto al mio tavolo e mi ha fatto delle domande. Non ho detto nulla sul
luogo, gli ho raccontato che sono riuscito a fuggire dopo mesi di prigionia,
ma non mi ha creduto, mi ha additato come traditore, visto che ero dalla
parte dei Draghi. Tradivo la mia razza, in parte è vero, ma se avessi
spiegato le ragioni non avrebbero capito. Mi hanno arrestato, mi avrebbero
liberato se avessi dato loro le informazioni che volevano, ma non potevo,
non potevo tradirvi, tradirti…” fa una lunga pausa poi prosegue “Mi hanno
messo in prigione, dopo circa due settimane sono iniziate le torture” la sua
voce si fa ancora più bassa.
Trema
violentemente nel mio abbraccio “E’ stato terribile” singhiozza “Ho creduto
di impazzire, troppo dolore. Troppo dolore ed umiliazione”
“Basta,
basta, nessuno ti farà del male. Sei al sicuro ora…”
Gli
racconto di come l’ho salvato, dei mesi trascorsi dopo la sua liberazione.
“Non
erano passate che poche settimane da quando me ne sono andato, ma continuavo
a pensarti…” mormora guardandomi in viso “Oramai questa è la mia casa”
sussurra.
“Io mi
sono innamorato di te, me ne sono accorto standoti lontano. Non mi importa
se non mi ami, so che non potrò mai prendere il posto di Sotros, ma ti prego
tienimi con te. Perché, anche se sono solo un Uomo, ti amo!”
Sono
commosso dalle sue parole, mai avrei immaginato di poterle sentire dalle
labbra di Willard. E’ passato tanto tempo dall’ultima volta che ho sentito
le parole ti amo rivolte a me.
Il cuore
mi è balzato nel petto da tanta che è la felicità, mi accosto a lui bacio le
sue labbra pallide con dolcezza e tenerezza. Mi sollevo un poco da lui,
chiude gli occhi e reclina la testa in dietro, poso nuovamente le mie labbra
sulle sue, le assaporo dopo tanto tempo di lontananza, le succhio, le lecco,
le lambisco, esploro la sua bocca, lui la mia. Lo sospingo a sdraiarsi,
sostenendomi sulle braccia per non schiacciarlo sorride attirandomi a sé, le
sue mani scorrono sulla mia schiena sotto il tessuto scuro della camicia. Un
brivido di piacere mi percorre la pelle, ho una gran voglia di fare l’amore
con lui, ma so che non è il caso, ora ha solo bisogno di coccole.
Mi
stendo al mio fianco lo stringo a me accarezzandolo e baciandolo, i suoi
sospiri sono la risposta alle mie attenzioni.
Oggi ha
nevicato tutto il giorno, fa un freddo terribile, ed ora si è alzato anche
il vento, la fuori si sta scatenando una vera bufera di neve.
Mairim,
Ridas, Willard ed io stiamo cenando nella sala grande, di tanto in tanto gli
scuri sbattono e si sente l’ululato del vento.
Finito
di cenare Willard ed io ci ritiriamo nella nostra stanza “Devo sbrigare un
paio di cose, ti raggiungo presto”
Annuisce
e sparisce in camera.
Quando
lo raggiungo è già sotto le coperte, ma non sta dormendo, mi spoglio in
fretta, quando sto per indossare la camicia da notte. Mi chiama.
“Non
metterla…” sussurra.
Abbandono l’indumento e mi corico sotto le pesanti coperte, tremando per il
freddo, scoprendo con piacere che anche Willard non indossa nulla.
“Hai
freddo?” domanda accoccolandosi contro di me, intrecciando le sue gambe con
le mie.
“Sì, si
gela la fuori…”
Sospira
e chiude gli occhi, sfiora le mie labbra con le sue “Voglio fare l’amore…”
bisbiglia, il suo fiato caldo sulle mie labbra, si arrampica su di me, muove
dolcemente i fianchi.
“A-aspetta” gemo sollevandogli il viso.
“Voglio
che sia tu, questa volta…”
Socchiude gli occhi non capendo, sorrido.
“Voglio
essere io ad averti in me…”
Arrossisce ed abbassa lo sguardo, cerco i suoi occhi.
“Vuoi?”
sussurro. Annuisce, gli tiro indietro i capelli, gli bacio la fronte.
Mi bacia
le labbra, le sue mani percorrono il mio corpo, indugia sui miei capezzoli,
un brivido mi percuote. Lo desidero. Si inginocchia tra le mie gambe
divaricate.
“Fallo
subito…” sussurro.
“Ma…”
Gli poso
un dito sulle labbra, sorrido rassicurandolo, chiudo gli occhi inarcandomi,
il dolore accompagna la sue entrata in me. Era molto, molto tempo che non
accoglievo qualcuno in me.
Ci
baciamo, Willard geme nella mia bocca.
“Muoviti” sussurrò e così fa. Dentro e fuori. Regalandomi sensazioni sopite,
ma mai dimenticate.
Il
nostro amplesso è lungo: costellato di baci e carezze Willard è un amante
dolce e premuroso.
Viene
dentro di me, abbandonandosi sfinito su di me mentre, a mia volta, vengo su
di noi.
Fa per
spostarsi, lo fermo “Resta… ti prego… solo per un po’”
E’ bello
stare così ancora uniti, dopo tanto tempo mi sento completo ed amato.
Willard
si muove, abbandona il mio corpo si sdraia al mio fianco, mi volto verso di
lui.
Gli
accarezzo e guance pallide.
“Willard?”
“Mhhh?”
“Ti amo”
Socchiude gli occhi, piega le labbra in un dolcissimo sorriso. Lo bacio.
“Ti
amo” ripeto piano.
“Anch’io…” sussurra “Ma…” i suoi occhi si incupiscono “Sotros?”
Gli
accarezzo i capelli “E’ morto da tanto tempo. Non posso continuare a
consumarmi nel dolore. lui non lo vorrebbe, credimi non sei un ripiego. Mi
reso conto di amarti quando te ne sei andato. Quando ti ho ritrovato, ho
passato giorni temendo che non saresti più tornato quello di un tempo, che
non avrei più potuto specchiarmi nei tuoi occhi chiari, ti amo sinceramente,
credimi, anche se più di così non so esprimerlo…”
Mi getta
le braccia al collo mi stringe forte.
“Parlami
di lui, per favore. Voglio conoscerlo meglio…”
Si
accoccola al mio fianco ed io inizio a raccontare, come se fosse una favola
la mia vita con Sotros, fino al giorno della sua morte.
I
ricordi tornano prepotenti, non sbiaditi dal tempo.
#Siamo
circondati, sono troppi, perché ci attaccano? Noi non abbiamo fatto nulla,
abbiamo solo sorvolato il loro villaggio.
Tra
questi umani ci sono anche dei maghi, due dei quali devono essere anche
particolarmente forti.
Sotros
ed io ci alziamo in volo. Facciamo solo qualche metro e sbattiamo contro ad
una barriera invisibile: siamo in trappola.
“Posso
dissolvere la barriera per qualche istante, scappa, ci penso io poi ti
raggiungo”
“No,
posso aiutarti…”
“Fa come
ti ho detto”
Si para
davanti a me e viene colpito da un incantesimo.
“SOTROS!!!”
“VATTENE! Salvati almeno tu! Tu che sarai il mio successore”
Vengo
colpito a mia volta, ruzzolo a terra sollevando un gran polverone, sfrutto
la cosa a mio vantaggio, mi trasformo in umano e mi rendo invisibile. Mi
nascondo dietro un albero.
Senza
più doversi preoccupare per me, Sotros combatte, si difende, uccide i
nemici.
Un mago
gli scaglia contro un altro potente incantesimo, Sotros piomba a terra,
lancia un grido di dolore, ha un’ala spezzata, non può più volare, non ha
più il vantaggio dell’altezza.
Lo
bersagliano di colpi. A sua volta lancia parecchi incantesimi, ma i due
maghi lo contrastano, con qualche difficoltà, ma lo bloccano.
Non
posso restare a guardare esco dal mio nascondiglio pronto a colpire, a
morire se necessario.
Sotros
si volta nella mia direzione può vedermi anche se sono invisibile.
Sento la
sua voce nella mia testa.
“Va via,
Arek! Non puoi più fare nulla per me. Ti amo. Vivi anche per me”
Dai miei
occhi sgorgano lacrime di dolore e disperazione, vorrei poter urlare tutto
il dolore che ho dentro.
Continuano a colpirlo ad infierire sul suo corpo morente, mi copro le
orecchie, non voglio sentire il suo straziante grido di dolore, ma è
inutile: esso penetra nel mio cuore e nella mia anima devastandoli.
Il corpo
di Sotros si accascia al suolo senza vita, come il mio senza più forze.
I
ricordi felici degli anni trascorsi al suo fianco scorrono crudeli nella mia
mente.
Le urla
di gioia degli Uomini sovrastano i miei singhiozzi, fanno scempio del suo
corpo ed ebbri di gioia se ne vanno a festeggiare ignari del dolore che
hanno inflitto. Mi trascino vesto il corpo devastato di Sotros mi accoccolo
contro di esso, desideroso solo che la morte venga a prendermi
riconducendomi accanto a colui che amo e che mi è stato strappato così
crudelmente e senza ragione.#
“Così mi
ritrovarono Mairim e Ridas. Colmo solo di dolore incapace di muovermi,
parlare, pensare, mi riportarono a casa. Vani furono i loro sforzi per
curarmi: mi rifiutavo di bere e di mangiare, non abbandonavo mai la stanza
che era stata mia e di Sotros. Una notte lo sognai: non ricordo molto di
quel sogno. Il giorno dopo uscii dal castello diroccato, ripresi la mia
forma di Drago, mi librai in volo, radunai il branco, dissi loro le ultime
volontà di Sotros, Ridas mi ridiede la carica di capo branco che di diritto
mi spettava.
Non
avevo più lacrime da piangere, il mio cuore si era inaridito, la mia anima
era diventata nera, la mia mente urlava solo vendetta.
Come
primo ordine, come nuovo capo branco, comandai di alzarci in volo: tutti!
Raggiungemmo il villaggio a Nord. Devastammo tutto. Non risparmiai nessuno:
uomini, donne, bambini, vecchi.
Al
nostro passaggio rimanevano solo macerie e cadaveri, ma questo non mi faceva
sentire meglio, tutt’altro ampliava il vuoto che sentivo dentro. Mi ritirai
qui. Cercai la solitudine, la mia sete di vendetta diminuì alla fine si
placò, ma ogni pretesto era buono per attaccare un villaggio, se subivamo un
torto lo avremmo ripagato dieci volte tanto”
Willard
mi fissa, due lucenti lacrime, solcano le sue guance chiare.
Mi
abbraccia, affonda il viso nel mio petto, mi stringe forte. Restiamo così
alle tenue luce della candela che si è quasi del tutto consumata, gli
accarezzo piano i capelli. E’ quasi l’alba ormai, abbiamo parlato per tutta
la notte.
“Deve
essere stato terribile” sussurra, asciugandosi le lacrime con la mano.
“Lo è
stato…” mormoro con un filo di voce, rimembrando quei terribili giorni.
Siamo
seduti uno di fronte all’atro con le coperte sulle spalle, Willard prende il
mio viso tra le mani.
“Perdonami se ti ho fatto ricordare cose tanto tristi, mi dispiace…”
Scuoto
la testa.
“Ora che
te ne ho parlato è come se mi fossi liberato di un peso che mi gravava sul
cuore” sussurro ed è la verità.
Si
adagia languido tra i cuscini, scostandosi i capelli dal viso.
Tende
una mano verso di me, invitandomi a sdraiarmi su di lui.
“Amami
ancora, Arek, ti prego” sussurra passando le mani tra i miei capelli lunghi.
Gli bacio le labbra, la mia lingua, accarezza piano la sua, mi circonda la
vita con le gambe, il collo con le braccia.
Si tende
e sospira, scivolo in lui assaporando ogni singolo attimo.
In
questo istante tutto ruota intorno a noi, ci siamo solo noi due. Il resto
non conta, il mondo può finire adesso, ma a noi non interessa, perché ci
porterebbe via uniti.
“Arek…”
Il mio
nome mormorato dalle dolci labbra di Willard, raggiungiamo l’apice del
piacere insieme.
Ansante
lo libero dal mio peso, posa la sua testa color miele sul mio petto e dopo
poco si addormenta.
Sono stanco, ho
bisogno di dormire almeno per qualche ora. Sono felice di aver condiviso il
mio passato con Willard, insieme potremo costruire il nostro futuro.
E’ un
tiepido pomeriggio d’autunno. I caldi colori di questa stagione tingono
tutto il territorio sotto di me. Sorvolo la zona qui intorno, è meglio
essere prudenti.
Willard
mi aspetta al limitare della foresta atterro e acquisisco sembianze umane.
“E’
tutto molto tranquillo, non c’è nessuno in giro…” lo informo.
Ho
appena finito di parlare quando un fruscio attira la mia attenzione e quella
di Willard, che prontamente posa una mano sull’elsa della spada.
Un uomo
esce dal bosco, indossa abiti da viaggio e stringe un lungo bastone in una
mano: un mago.
Ci vede,
si ferma e china il capo in segno di saluto, non sembra ostile.
“Salute
a voi. Perdonate la mia intrusione nel vostro territorio, non sono qui con
cattive intenzioni” spiega con voce calma e salda, allarga le braccia, non
porta armi con sé e non ha intenzione di lanciare incantesimi.
Willard
al mio fianco si rilassa, quest’uomo è chiaramente un incantatore, sarebbe
uno stupido se fosse qui per attaccarci.
“Desidero parlare con il capo”
“Sono
io”
Mi
squadra con attenzione, poi fissa per un lungo istante Willard.
“Permettetemi di entrare nelle vostre terre, ho bisogno di un’erba che
cresce solo qui. Non ho nulla da offrirvi che non possediate già; se volete
potete prendere la mia vita”
Sollevo
un sopracciglio, è venuto fin qui per una pianta: le foglie di
Kadak.
La usiamo per tutto, è miracolosa, ma non mi aspettavo che fosse disposto a
pagare un prezzo tanto alto; sono stupito e profondamente colpito dalle sue
parole.
“Permettetemi di cogliere quell’erba e me ne andrò come sono venuto”
Chi è
quest’uomo? Per chi rischia la sua vita? Per la sua sposa, per un’amante, un
fratello o per un figlio?
Annuisco.
“Venite”
Ci segue
nella radura, gli altri Draghi ci fissano, ma non fanno domande.
“Cogliete tutto quello che vi occorre”
Lo
osservo mentre si accoccola a terra e taglia le piccole piante, le mette in
un sacco. Il suo aspetto mi ricorda in qualche modo Sotros, ha la sua stessa
corporatura, lunghi capelli neri e gli occhi blu. Colmi di tristezza eppure
non ha paura di essere qui, avrebbe combattuto per ottenere anche pochi
ciuffi di quella pianta, ha coraggio da vendere oppure è tanto disperato da
non avere più nulla da perdere.
Non ci
teme, ma ci rispetta, ha trattato con parole semplici, dirette come si
stessa rapportando con un altro della sua stessa razza.
Sono
pochi gli individui e soprattutto i maghi come lui, ma quest’uomo, pur
essendo ancora giovane deve averne passate parecchie, l’aura magica che
emette è molto potente.
“Quale
tipo di male dovete curare?” domando.
“Una
ferita, provocata da un dardo avvelenato” sussurra.
“Lo
saprete sicuramente: oltre all’infuso potete usare quest’erba per fare dei
cataplasmi, farà suppurare la ferità e combatterete l’infezione sia
dall’esterno che dall’interno” spiego, lui mi ascolta ed annuisce.
“Grazie”
Si
pulisce gli abiti dalla polvere fa un cenno con il capo. Mormora una parola
ed un istante dopo non è più davanti a noi.
Ora è
notte fonda, Willard è accoccolato contro di me.
“Non ci
ha detto nemmeno il suo nome…”
Comprendo subito di chi sta parlando.
“Un uomo
coraggioso” aggiunge.
“Già, mi
chiedo per chi ha rischiato la vita…”
Willard
si solleva e mi fissa negli occhi.
“Sicuramente per una persona che ama moltissimo” mormora, poi posa la sua
bocca è sulla mia.
“Eppure,
ho percepito in lui tanta tristezza e tanta malinconia” sussurro tirando
indietro dolcemente i capelli di Willard.
Osservo
la luce dell’alba filtrare dalla finestra aperta, creare strani giochi di
luce ed ombra e la lieve brezza mattutina rinfresca questa stanza.
Volto la
testa, osservo l’uomo sdraiato al mio fianco, che dorme profondamente.
Oggi,
sono dieci anni che è qui, accanto a me.
Giorno
dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. L’ho visto crescere e maturare
diventare lo splendido uomo che è ora; i suoi lineamenti sono più decisi,
più adulti, ma non per questo meno delicati, il suo fisico è snello
asciutto, i muscoli torniti, la pelle lievemente abbronzata, dorata dal
caldo sole d’estate, i suoi capelli biondi lunghi e lisci, ora sono sparsi
sulla sua schiena ampia e forte.
Gli
bacio la guancia e scivolo fuori da quest’alcova dove ci siamo amati per
tutta la notte.
Si
muove, schiude gli occhi: due splendidi zaffiri, sotto le folte ciglia.
“Arek…”
sussurra con voce bassa “E’ presto”
Ha
ragione è molto presto, ma oggi è un giorno importante.
Mi chino
e gli bacio e labbra con dolcezza.
“Vieni”
Lo
prendo per mano, il lenzuolo scivola lungo il suo corpo, si alza, posso
ammirarlo in tutta la sua nudità.
“Dove?”
mormora ancora assonnato.
“La
schiusa”
Spalanca
gli occhi “E’ oggi!” esclama completamente sveglio.
Si veste
in fretta, mi segue lungo il sentiero fino ad una parte ancor più diroccata
del castello
Mairim è
accoccolata a terra, nella sua forma di Drago Nero, alza la testa, osserva
prima me e poi Willard, poco distante da lei c’è Ridas, che osserva
attentamente l’uovo.
“Avvicinati” sussurra.
Willard
si accosta con riverenza all’uovo che sta per schiudersi, che si sta già
crepando, lo fissa non sbatte nemmeno le ciglia per non perdersi un istante,
stringe la mia mano.
Mi
affianco a lui e lo abbraccio da dietro.
“Una
nascita è sempre un evento meraviglioso, qualunque sia la razza…” bisbiglia.
Sorrido
ha perfettamente ragione.
Il
piccolo dentro all’uovo si muove facendo rompere il guscio che si sbriciola
sotto i colpi del musetto appuntito.
Mairim
scosta con il muso un pezzo di guscio dalla testa del piccolo, lo lecca e
questi rotola fuori dai resti dell’uovo cercando subito la mamma, che lo
protegge sotto la sua ala.
Willard
si volta e mi fissa, la fronte corrucciata “Ma non è Nero”
Rido
“No, non lo è, acquisirà la pigmentazione della nostra specie solo tra
qualche mese”
“Oh”
arrossisce e guarda Mairim che si prende cura del suo piccolo, usciamo.
Ridas
sta volando sopra le nostre teste, atterra leggero davanti a noi.
Mano
nella mano, Willard ed io torniamo indietro, assumo la mia forma.
“Sali”
ordino, senza esitare Willard sale sulla mia groppa e ad ovest laggiù c’è un
lago, atterro.
Willard
salta giù e si rotola nell’erba umida di rugiada, scuoto la testa compiendo
la metamorfosi.
“Che
bello, questa cosa della schiusa mi ha emozionato…” esclama, portandosi le
mani dietro la testa.
“E’
stato meraviglioso…”
Mi
sdraio al suo fianco sorridendo, restiamo così sdraiati nel sole.
Willard
si alza, si spoglia lasciando cadere i suoi abiti a terra.
“Vado a
fare un bagno, vieni?”
Scuoto
la testa “Non ne ho voglia, ma va pure senza di me”
Si tuffa
in acqua, mi metto a sedere osservandolo nuotare nella limpida acqua del
lago.
Dopo una
lunga nuotata esce, si inginocchia davanti a me e mi bacia. Le sue labbra
sono fredde e bagnate come lo è il suo corpo. Si appoggia a me inzuppandomi
i vestiti, mi spoglia con lentezza, si sdraia su di me, gli accarezzo i
capelli bagnati resi più scuri e pesanti dall’acqua.
Percorro
il suo corpo umido e lucido accarezzandolo piano, gli circondo la vita con
le gambe.
“Mi
vuoi?” domanda sornione.
“Sì,
tutto quanto” sussurro inarcandomi, il suo sesso duro e pulsante si fa
strada nel mio corpo.
Gli
mordo la spalla, imprimendogli l’impronta dei mie denti. Si spinge a fondo
nelle profondità del mio corpo.
La sua
mano si prende cura del mio sesso. L’afferro e lo fermo, mi fissa negli
occhi, capisce, sorride.
Continua
a muoversi in un crescendo maggiore, trema e si libera in me.
Lascia
subito il mio corpo, si sdraia, sono su di lui, lo penetro piano, non voglio
che finisca subito.
Nuovamente uniti, ci muoviamo, Willard mi incita, vuole di più. Il suo fallo
è nuovamente duro e teso.
Grida il
mio nome, spezzato dagli ansiti di piacere, vengo in lui soffocando il mio
grido di puro piacere nella sua bocca.
Il suo
liquido bianco si sparge tra i nostri corpi, sorriso uscendo da Willard.
“Credo
proprio che ora farò il bagno” sussurro mordendogli un capezzolo.
Sospira
“Bisogna vedere se ti permetto di raggiungere l’acqua” le sue mani mi
accarezzano ovunque.
Torniamo
a casa, che la notte è scesa ormai da molte ore, Willard si addormenta sulla
mia groppa durante il volo di ritorno. E’ sfinito, lo sono anch’io a dire la
verità, ma abbiamo passato una giornata splendida.
#La
tenue luce dell’alba mi sveglia, sollevo la testa, sbadiglio sbattendo un
paio di volte le ali.
Sotros
atterra davanti a me; sfiora il suo muso contro il mio.
“Voglio
mostrarti un luogo” mormora alzandosi in volo, senza darmi nemmeno ili tempo
di ribattere. Con un balzo lo seguo. Ci libriamo in volo con il sole che
nasce alle spalle, sorvoliamo verdi prati e un’immensa foresta, davanti a
noi le montagne. Sotros mi guida attraverso esse fino ad una profonda gola.
Atterriamo sull’erba profumata; un ruscello corre poco distante e sgorga
direttamente dalla roccia.
Sotros
cambia sembianze ed io lo imito qualche istante dopo.
“Che
luogo splendido” esclamo tuffando le mani nell’acqua gelida e bevendone
alcuni sorsi.
“Sapevo
che ti sarebbe piaciuto” mormora sedendosi ai piedi di un albero,
appoggiando la schiena contro il tronco.
Lo
raggiungo e mi inginocchio davanti a lui. E’ strano questa mattina, sembra
lontano assorto in antichi pensieri, solleva lo sguardo e mi fissa con i
suoi bellissimi occhi azzurri ed un triste sorriso piega le sue labbra.
“Vieni
qui mormora” attirandomi a sé, facendomi posare la schiena sul suo petto, mi
scosta i capelli dal collo e mi bacia la pelle procurandomi un lungo
brivido, incrocia le braccia intorno alla mia vita e rimaniamo così per
lunghissimi minuti.
“Ti amo”
bisbiglia all’improvviso, mi districo dal suo abbraccio, mi volto e lo
guardo: i suoi occhi sono terribilmente tristi.
“Sotros…” mormoro posandogli una mano sul viso vorrei poter fare qualcosa
per alleviare la sua tristezza, ma non so cosa.
“A volte
mi sento terribilmente solo…” bisbiglia distogliendo lo sguardo.
“A parte
te non ho nessun’altro”
Sbatto
le palpebre, quanta sofferenza in quelle poche parole e d’istinto lo
abbraccio.
“Perché
parli cosi?” mormoro profondamente scosso.
“Questa
notte ho fatto un sogno: che mi ha rammentato chi sono, cosa sono…” sussurra
rimanendo immobile nel mio abbraccio.
Gli
prendo il viso tra le mani, ma lui continua a fuggire il mio sguardo.
“Cosa
stai dicendo? Sotros, guardami…”
Lo fa ed
io mi perdo in quegli abissi azzurri come il cielo sopra di noi.
“Sono un
mezzo sangue, Arek. Mio padre era un Drago Nero, mia madre un Drago Azzurro”
sospira come se si fosse liberato da un peso.
“Non
appartengo a nessuno dei due clan”
“Appartieni a me ed io a te…” grido senza accorgermene, ma sono troppo
sconvolto dal suo dolore ed è la prima volta che lo vedo in questo stato.
Sorride
tristemente sdraiandosi sull’erba con un sospiro, resto seduto a terra e lo
fisso.
“Nessuno
dei due clan voleva un bastardo mezzo sangue” mormora “Così quando sono
stato abbastanza grande per cavarmela da solo mi hanno allontanato”
“Ti
hanno esiliato…”
“No, mi
hanno gentilmente intimato di non farmi più vedere” ride nervosamente poi
riprende il suo racconto “Ho vagato a lungo per i vari territori di questo
mondo, sono stato per molti anni nella terra degli Elfi, ho imparato la loro
lingua, i loro usi e costumi, ma non ero uno di loro” fa una lunga pausa.
“Un
altro lungo periodo della mia vita l’ho trascorso tra gli Uomini, ho
lavorato come apprendista di un fabbro e li conobbi Glewyn, il figlio del
fabbro. Un ragazzone forte e robusto dai folti capelli rossi, mi innamorai
di lui”
Spalanco
gli occhi a quella rivelazione ed è come se qualcuno mi avesse dato un pugno
nello stomaco, Sotros non si accorge della mia reazione, è troppo preso dai
propri ricordi, dal proprio dolore.
“Lui
però non mi amava, non mi ha mai amato. Mi usava e basta, ma ero troppo
giovane e troppo innamorato per accorgermene”
Sospira
profondamente, prende la mia mano nella sua e la stringe forte.
“Continua…”
“Glewyn
ed io dividevamo lo stesso giaciglio ed una notte il mio corpo reagì alla
sua vicinanza. Lui se ne accorse, beh ti lascio immaginare come è finita” la
sua voce si spegne in un sussurro stringo con forza la sua mano.
“Ti ha
violentato?”
“Più o
meno, ma io lo amavo e mi andava bene anche così. Quella notte per me fu la
prima volta”
I suoi
occhi si velano di malinconia e tristezza, si morde le labbra e prosegue.
“Dopo
quella notte, ogni volta che ne aveva voglia si abbassava i calzoni e mi
possedeva a qualunque ora del giorno o della notte, in qualunque luogo fosse
un poco appartato”
Chiude
gli occhi posandosi una mano sulla fronte “Quanto ero stupido, per me non
c’era dolcezza. Non una parola, non una carezza. Quando gli rivelai i miei
sentimenti mi schiaffeggiò e mi derise, poi mi prese nello squallido vicolo
dietro la bottega… in quel momento il mio cuore si spezzò e lo odiai per
quello che mi stava facendo e per quello che mi aveva fatto in quegli anni,
ma non mi ribellai a quell’ennesima violenza, non ne avevo la forza, giurai
però a me stesso che non mi sarei mai più innamorato”
Stringe
il pugno tanto forte da far sbiancare le nocche.
“Com’è
finita poi?”
Sotros
scoppia in una risata crudele che mi fa rabbrividire.
“Due
giorni dopo si ammalò ed in una settimana la febbre lo consumò e l’uccise”
si mette a sedere posando la testa sulle ginocchi.
“Con le
conoscenze che già avevo allora sulle erbe avrei potuto salvarlo, ma non lo
feci, lo guardai morire, mentre mi implorava di perdonarlo: non gli concessi
nemmeno questo”
La sua
voce mi giunge in un sussurro “Qualche giorno dopo me ne andai e ripresi a
vagare per le nostre terre, in cerca di un luogo da poter chiamare casa.
Incontrai il vecchio Trius che mi prese con se, conducendomi al vostro
branco”
Alza lo
sguardo, lo fissa nel mio “Quando ti ho visto la prima volta il mio cuore ha
mancato una battito. Con il passare dei mesi un sentimento prorompente ha
distrutto le difese del mio cuore. Mi ero rassegnato ad amarti da lontano e
per me è stato difficile rimanere indifferente al tuo fascino. Diventato
capo branco ero più impegnato, quando hai cominciato ad evitarmi ho sofferto
tantissimo. Quando poi sei venuto a cercarmi quello notte lontana, non
potevo crederci, temevo di essermi illuso ed invece, nella tua disarmante
ingenuità, ti stavi dichiarando”
Arrossisco ripensando a quella notte e le labbra di Sotros catturano le mie
in un lungo bacio.
“Perché
mi hai raccontato tutto questo?” mormorò passando le dita tra i suoi corti
capelli neri.
Sorride
dolcemente accarezzandomi il viso “Perché sei il mio compagno e credo che
sia giusto che tu sappia…”
Lo
abbraccio e lo stringo forte per un lungo ed interminabile istante. Il vento
mi scompiglia i capelli, Sotros mi solleva il viso le nostre labbra si
incontrano, gliele succhio con dolcezza le schiude le nostre lingue duellano
tra loro, lo sospingo a sdraiarsi sul manto erboso, mi sollevo quel che
basta per parlare “Lui sapeva che eri un Drago?”
Sotros
corruga la fronte e ride sommessamente ed i suoi occhi diventano liquidi.
“No. Al
villaggio non lo sapeva nessuno” mormora con infinita tristezza.
Catturo
nuovamente le sue labbra mentre le sue mani vagano sulla mia tunica
strattonandola cercando di toglierla, sorridendo mi sollevo quanto basta per
permettere di sfilarmela, in breve siamo entrambi nudi, le nostre erezioni
si sfiorano facendoci gemere forte.
“Amami
Arek, possiedimi con forza e dolcezza come solo tu sai fare; possiedi il mio
corpo, il mio cuore, la mia anima…”
Tremo
per l’intensità di quelle parole… entro in lui con un'unica spinta, si arcua
sotto di me, butta la testa indietro e socchiude le labbra in un grido muto.
E’ bello
quando si lascia andare completamente sotto di me; prende il mio viso tra le
mani e mi bacia le labbra.
“Ti amo,
Sotros” mormorò sciogliendomi in lui. Mi stendo al suo fianco ed aspetto che
i nostri respiri tornino normali, dopo poco si accosta a me aderendo
completamente; con un mano mi accarezza lieve mentre mi bacia il collo, la
sua mano si intrufola tra le mie natiche, accarezza lieve la piccola
fessura, con lentezza esasperante incunea la punta. Un brivido di
anticipazione mi percorre la schiena. Spingo il bacino indietro, mordendomi
le labbra, un tremulo lamento mi esce dalle labbra.
Un
secondo dito si unisce al primo “Ahhhh… Sotros…”
“Dimmi
cosa vuoi…”
“Te,
voglio solo te…” bisbiglio rauco e le sue dita abbandonano il mio corpo.
Sotros si mette
seduto con la schiena appoggiata al tronco dell’albero, mi metto a
cavalcioni su di lui, mi allarga le natiche ed è in me.
Resto fermo per
un lungo momento avvertendo semplicemente l’unione dei nostri corpi, poi
inizio a muovermi lentamente dondolando e gemendo, mi mordo le labbra quando
Sotros afferra il mio membro e mi massaggia con forza. Fermo la sua mano,
voglio venire insieme a lui, oggi voglio condividere anche questo.
Sotros intuisce i
miei pensieri ed insieme ci muoviamo varcando la soglia del piacere insieme.
Con un sospiro
appagato poso la fronte sulla sua spalla, siamo ancora uniti e con lui in me
mi assopisco.
Quando riapro gli
occhi sono steso sull’erba il mio mantello mi copre un poco, Sotros mi
guarda e mi sorride spostandomi una ciocca scura dal viso.
Guardo l’ombra
dell’albero l’ora di pranzo è trascorsa da un pezzo.
“Questo luogo non
lo conosce nessuno, sono secoli che ci vengo solo io, anche perché ci si può
giungere solo volando” sussurra sorridendo, tutta la tristezza che c’era sul
suo viso è scomparsa.
“Ho voluto
condividere con te questo luogo” bisbiglia baciandomi la fronte.
I miei occhi si
riempiono di lacrime di commozione, Sotros ha la capacità di turbarmi in
positivo ed in negativo. Mi stringo a lui “Grazie” bisbiglio. E’ stupido lo
so ma è l’unica cosa che mi viene in mente in questo momento.
Passiamo
tutto il resto della giornata in questo luogo da sogno poi torniamo alle
rovine: un luogo che è diventato casa.#
La lieve brezza
autunnale mi scompiglia i capelli, ho in grembo un libro, ma sono ore che
non leggo una pagina.
Osservo Willard che
insieme ai Draghi più giovani raccoglie le foglie dorate e le accatasta,
quello che era un lavoro di pulizia è diventato un gioco anche perché il
vento sparpaglia le foglie e quando non è lui sono i più piccoli a tuffarsi
nei mucchi già accatastati.
Willard inciampa e
cade a terra, uno dei più piccoli li gli sale a cavalcioni accomodandosi sul
suo stomaco ignorando le proteste del giovane umano.
Il cucciolo gli dice
qualcosa, Willard scoppia a ridere di gusto rotolando su un fianco facendo
ruzzolare a terra il piccolo scatenando l’ilarità generale, si alza
spolverandosi i vestiti e viene verso di me sorridendo.
Si siede al mio
fianco allungo una mano e gli tolgo una foglia impigliata nei suoi capelli
chiari.
“Questo era un gioco
che facevo sempre da piccolo…” mormora liberando i lunghi capelli dal laccio
di cuoio.
Sorrido, tutto il
branco lo ha accettato, non semplicemente perché e il mio compagno, ma
perché è lui. A tutti i membri non interessa se Willard è un Umano si fidano
di lui.
Qualche settimana fa
abbiamo subito un altro attacco e lui era tra le nostre file, non gli
importava di essere chiamato traditore. Ha cercato di spiegare le sue
ragioni, non l’hanno ascoltato ed allora ha combattuto contro la sua razza
per proteggere la nostra.
Un cucciolo gli si
avvicina e lo trascina nuovamente nel gioco, sorride voltandosi verso di me.
“Vieni anche tu”
Scuoto la testa
sorridendo: ha imparato la nostra lingua, è strano sentire parlare un Umano
nel nostro vecchio idioma.
Mairim mi si accosta
“Era tanto tempo che non ti vedevo così sereno”
Annuisco sembra che
voglia aggiungere qualcosa, ma non lo fa.
L’inverno sussegue
all’autunno, la primavera all’inverno. Il tempo trascorre inesorabile,
quando ci penso una morsa di tristezza e paura mi attanaglia lo stomaco,
vorrei avere il tempo di fermarlo, ma non posso.
Talvolta Willard mi
guarda, nei suoi occhi scorgo tristezza e rassegnazione. Entrambi sappiamo
che la nostra storia non durerà per sempre ed io lo vedrò sfiorire.
Scuoto la testa
scacciando quei funesti pensieri.
La
nostra quiete non dura mai troppo a lungo. L’autunno è una delle stagioni
che preferisco.
Un
pomeriggio come gli altri, la tranquillità silenziosa di questo luogo viene
rotta dallo squillo di una tromba e dal suono di tamburi lontani.
Domarak
atterra davanti a me.
“Dobbiamo andarcene, questa volta hanno mobilitato l’esercito del regno,
vogliono queste terre, non possiamo combatterli, sono troppi anche per tutti
noi messi insieme. Abbiamo troppi cuccioli da proteggere”
Lo
fisso: ha ragione se ci fossimo solo noi adulti potremmo avere qualche
speranza, ma ci sono troppi piccoli da difendere se i loro genitori
morissero non avrebbero scampo.
Mi alzo
in volo do’ ordine di lasciare queste rovine, a quanto pare qui non c’è più
posto per noi, negoziare sarebbe inutile.
Torno
indietro: raduno alcuni piccoli sparsi qua e là, li indirizzo verso la
salvezza, cerco con lo sguardo Willard, non lo vedo. L’esercito continua ad
avanzare minaccioso.
Mairim
mi affianca allarmata: “Non riesco a trovare Alena, non me ne vado senza mia
figlia”
Atterriamo, ci siamo solo lei ed io. Willard esce dalle rovine, correndo,
tra le braccia stringe un cucciolo di Drago: Alena. La lascia andare, madre
e figlia volano via. Willard mi viene in contro, un nugolo di frecce si
abbatte su di noi. Due frecce colpiscono Willard, una alla spalla, l’altra
al braccio sinistro.
Si
inginocchia a terra. Con una fiammata uccido alcuni aggressori.
“Va via,
ti copro le spalle! Raggiungi gli altri…” grida estraendo la spada.
E’ un
suicidio.
Sto per
ribattere quando altri Draghi tornano indietro ed attaccano gli Umani,
mietendo vittime tra le file nemiche.
“Questo
territorio è nostro da secoli: tale rimarrà!” esclama Ridas affiancandomi.
“Distribuitevi, annientateli!” ordino. Ora che i ciccioli sono al sicuro
possiamo difendere la nostra casa.
Proteggo
Willard con il mio corpo, mi trasformo, schiena contro schiena affrontiamo
gli avversari: lui con la spada, io con la magia.
Sbaragliamo i nemici ricacciandoli indietro, non abbiamo subito perdite, i
nostri avversari molte.
Abbiamo
vinto, mi volto verso Willard: si accascia a terra gemendo. E’ ferito.
Gravemente
ferito.
Lo
sollevo tra le braccia, lo porto all’interno, mi occupo di lui, incurante
della debolezza che tenta di sopraffarmi a causa delle ferite che ho
riportato.
Non
lascio il suo capezzale per un solo instante, anche se a mia volta sono
stanco e turbato.
Ha la
febbre altissima, le sue ferite fanno fatica a rimarginarsi, nonostante le
cure.
Nel
delirio della febbre continua a chiamarmi, non posso fare nulla per lui, se
non tenergli la mano, questo mi rende furioso.
Non
voglio che muoia, sono egoista, lo so, ma non sono pronto a perdere un
persona a me tanto cara. Se succedesse credo proprio che impazzirei.
Nonostante le insistenze di mia sorella, resto accanto a lui. Dormo qualche
ora, un sonno nero e senza sogni.
Quando
mi sveglio, è notte inoltrata… delle candele bruciano sparse per la stanza,
mi stropiccio gli occhi, Willard volta la testa dalla mia parte ed apre gli
occhi.
“Willard” sussurro scostandogli capelli dalla fronte sudata.
“Ho
sete…”
Lo
sollevo con cautela tra le braccia e gli accosto una coppa colma d’acqua
alle labbra.
“Credevo
di essere morto…” sussurra posando la testa sulla mia spalla.
“Ti
riprenderai, sei forte…”
Sorride
amaramente “Già, ma per quanto ancora? Per me gli anni passano Arek.
Guardami: giorno dopo giorno sono cambiato, tu sei lo stesso di quando ti ho
visto la prima volta, vent’anni fa, e la seconda, dieci. Preferisco morire
oggi, per le ferite inferte da un nemico, come si confà ad un guerriero,
piuttosto che avvizzire e morire da vecchio. Voglio che tu conservi di me il
ricordo dei miei giorni più belli, di quando ti sei innamorato di me…”
Lo
stringo piano a me, non voglio sentire certi discorsi fa troppo male.
“Non
parlare così” sussurrò.
Mi
sfiora la guancia, “Va a riposare, sei distrutto…”
Scuoto
la testa con forza.
“Willard” sussurrò baciandogli le labbra.
Fa un
pallido sorriso “Non piangere per me…” mormora, senza che me ne accorgessi
lacrime salate stanno solcando le mie guance.
“Vorrei
tanto tornare al lago e fare ancora l’amore con te…” sussurra chiudendo gli
occhi.
“Ci
torneremo, ci torneremo tutte le volte che vorrai, tra qualche giorno,
quando starai un po’ meglio…” prometto.
Lo guardo cedere
alla stanchezza, esco dalla stanza la testa mi gira penosamente, mi appoggio
al muro per non cadere. Mi tocco il braccio, la fasciatura che mi ha fatto
Mairim è macchiata di sangue.
Scivolo
lungo il muro, sono prossimo a perdere i sensi, stringo forte gli occhi.
“Arek!
Arek!”
La voce
profonda di Ridas mi desta dal torpore, alzo la testa.
“Stai
bene?” domanda, molto preoccupato.
Scuoto
debolmente il capo, ma non sono le ferite a dolermi bensì il grande senso di
angoscia che mi pervade.
Allunga
una mano, mi aiuta ad alzarmi, barcollo non riesco a stare in piedi. Passa
il mio braccio introno al suo collo e con l’altro mi sostiene per il fianco.
“Mairim
è in ansia per te” sussurra, accompagnandomi nella mia stanza.
Mia
sorella è davanti alla porta.
“Guarirà” cerca di rassicurarmi riferendosi a Willard.
“E’ un
ragazzo forte” le fa eco Ridas. Apprezzo i loro tentativi di consolarmi.
“La
verità è una sola: io sono un Drago, lui un Uomo. Morirà un giorno, prima di
me ed io rimarrò solo. Nuovamente solo. Non credo di riuscire a sopportarlo.
Adesso, non ci riuscirei…” confesso.
“E’ la
stanchezza che ti fa parlare così. Domattina, dopo una bella dormita, vedrai
tutto sotto una luce diversa”
Dormo
qualche ora, un sonno costellato di brutti sogni.
Il
giorno dopo le condizioni di Willard sono lievemente migliorate. Mairim
prepara un decotto con un le foglie di kadak. A fatica, giorno dopo giorno,
si riprende.
“Portami
al lago”
Tremo,
le sue parole risuonano come la richiesta di un ultimo desiderio, prima di…
No, non
devo pensarci.
Volo
fino al lago, atterro sulla riva, Willard scivola giù dal mio dorso, mi
trasformo e gli sono accanto. Sta guarendo lentamente, ma ha insistito tanto
per venire qui, anche se è ancora debole e stanco.
“Questo
luogo mi piace tantissimo, abbiamo passato dei bei momenti qui” sussurra con
voce bassa e triste, annuisco. Bacio le labbra di Willard, un bacio intenso
e lungo.
Si
sdraia sull’erba accarezzandomi il volto, so cosa vuole ed io sono pronto a
donargli tutto me stesso ogni qual volta lo desidera.
Con
riverenza lo spoglio, lo accarezzo, lo bacio, lo faccio gridare di piacere,
prendendolo tra le labbra.
Mi
sorride e siamo uniti profondamente, fusi, anima e corpo, la mente annegata
in un mare di piacere.
Noi due.
Solo noi due.
Ci
rivestiamo piano senza fretta. Paghi dell’amore donatoci reciprocamente. Il
sole sta tramontando, creando uno spettacolo unico solo per noi. Lo
guardiamo abbracciati l’un l’altro.
Non
resisto e bacio le sue labbra morbide e dischiuse per me.
All’improvviso mi stacco da lui, tendo le orecchie allarmato.
“Cosa
c’è?”
“Voci,
molte voci, dobbiamo andarcene subito” non faccio in tempo a finire la frase
che dagli alberi alle nostre spalle sbucano degli Uomini armati. Come hanno
fatto ad arrivare fino a qui. Con la magia sicuramente. Quindi tra loro ci
sono acne dei maghi.
Scatto
in piedi, è un agguato in piena regola, come ho fatto a non accorgermene
prima?
Willard
si alza in piedi a sua volta, porta la mano sull’elsa della spada, ma non
l’estrae.
“Cosa
volete?” domando, cercando di trovare una via di fuga per Willard.
“Voi, le
vostre teste. Gironzolate qui intorno per aspettare il momento migliore per
attaccarci” ci accusa, quello che identifico essere il capo.
“No, non
è vero!” grida Willard.
“Sta
zitto, sei un traditore, alleato di un Drago. Mi fai schifo!” esclama,
sputando a terra con disprezzo.
“Noi
veniamo qui solo per godere dell’acqua del lago e di questo luogo. Non è mia
intenzione attaccarvi, se così fosse l’avrei fatto già da molto tempo” cerco
di negoziare, ma inutilmente.
Vedo
troppo tardi il bagliore brillare nella foresta, un raggio di luce arriva
dritto nella direzione di Willard.
Con un
movimento repentino lo spingo a terra, venendo colpito in parte dal fulmine.
“AREK!!!” grida.
“Scappa”
sussurro, Willard si alza ed estrae la spada, scuotendo la testa ostinato.
“Non
potete fuggire…” esclama l’Uomo davanti a me “Siete circondati!”
Esasperato dalla loro cocciutaggine mi ritrasformo in Drago, se hanno deciso
di attaccarci peggio per loro: moriranno!
Mi alzo
in volo quanto basta per essere in vantaggio, da quattro punti diversi della
foresta brillano quattro luci: due bianche, due rosse.
Innalzo
una barriera magica riesco a contrastarli, ma vengo attaccato da troppi
fronti diversi ed in più devo badare a Willard che non è nel pieno delle sue
forze.
Stano
due dei quattro maghi presenti ne uccido uno, ma gli altri continuano a
castare i loro incantesimi contro di me.
Sono
ferito: sto perdendo molto sangue. Ho mietuto parecchie vittime, si stanno
ritirando, dei maghi ne è rimasto solo uno. Bene!
Con la
coda dell’occhio vedo il capo degli gruppo trafiggere Willard con la spada.
Distratto da quella scena vengo colpito dall’ultimo giovane mago rimasto. La
scarica elettrica percorre il mio corpo, mi contorco dal dolore; in un
ultimo slancio lo incenerisco con una fiammata.
Crollo a
terra stremato, sono pochi gli Uomini rimasti, Willard è piegato in avanti:
il suo sangue sta macchiando il terreno.
Torno
nella mia forma umana, voglio affrontare quel bastardo che ha ferito
Willard.
A fatica
mi alzo in piedi. Formulo un incantesimo, l’Uomo afferra Willard e lo mette
davanti a sé, posandogli il coltello sulla gola.
“Bastardo…” sibilo interrompendo la cantilena, non posso rischiare di
colpire Willard.
“Incredibile, un Drago che si da tanta premura per un Umano…” sghignazza con
un movimento rapidissimo del polso pianta il pugnale nel petto di Willard
che spalanca gli occhi accasciandosi a terra senza emettere un suono.
“NOOOOOOOOOOOOOOOOO!”
Nel
momento stesso in cui Willard tocca terra, scaglio un fulmine uccidendo
l’assassino dell’uomo che amo.
Crollo
in ginocchio sfinito, sono rimasti solo cinque Uomini. Non ho la forza di
attaccarli, potrebbero finirmi, ma non lo fanno sono basiti per quello che è
successo.
A fatica
mi trascino verso Willard. La vita sta lasciando il mio corpo, ma non mi
interessa, striscio sulla terra scura, devo toccarlo un’ultima volta.
Allunga
una mano, la prendo e la stringo nella mia.
“Ti amo”
dicono le sue labbra macchiate di sangue.
“Ti amo”
sussurro baciandolo.
Chiude
gli occhi, reclina il viso ed esala l’ultimo respiro.
“Willard, Willard,
WILLARD!!!”
Ho la
vista appannata, non so se dalle lacrime o dal dolore, vorrei urlare tutto
la disperazione che provo in questo momento, ma non ce la faccio. Sono
troppo debole, le forze mi stanno abbandonando. La vita mi sta lasciando. Mi
accascio su di lui il mio cuore non può sopportare un altro dolore così
grande.
La Morte
questa volte è clemente: mi avvolge nel suo abbraccio freddo e nero
conducendomi da lui.
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