Disclaimer: I personaggi non sono miei... ç.ç

Attenzione: la fic si colloca idealmente alla fine 21esimo numero.


Drago Bianco Occhi Blu VI

di Naika

Yugi rilesse il biglietto per tre volte, confuso, smarrito.

 

Partito.

Seto era partito.

 

Così, lasciandogli appena una nota per avvertirlo.

Due righe scritte in fretta, impersonali e fredde.

Eppure avevano fatto l’amore ed era stato così bello.

Kaiba era stato così dolce.

 

Dunque?

Dove aveva sbagliato?

Cos'era andato storto?

 

Possibile che avesse frainteso il comportamento del compagno a tal punto?

Possibile che la sua inesperienza e la paura lo avessero spinto a vedere delle gentilezze dove non ce n’erano?

Sospirò sapendo che non avrebbe avuto risposta alle sue domande.

Non per i prossimi tre giorni almeno.

Lo sguardo gli cadde nuovamente sul puzzle e, lentamente, allungò una mano, prendendolo.

Temeva un po’ la reazione di Yami nel momento in cui avrebbero condiviso i ricordi.

O meglio... si sentiva andare a fuoco alla sola idea.

Anche se, da quello che l’altro gli aveva lasciato intuire, aveva l’impressione che il Faraone non fosse nuovo ad esperienze di quel tipo.

Non per la prima volta Yugi si chiese se, nel suo tempo, Yami avesse avuto un compagno o una compagna.

Ne aveva avuta l’impressione quando aveva parlato con lui di quello che sentiva per Kaiba.

Ma c’era stata una nota stonata, nella voce dell’amico, un’incrinatura nel suo sguardo ametista.

Nostalgia o rimpianto?

Di sicuro c’era stato un velo di amara tristezza.

Sentiva la mancanza del suo amato/a?

O si era trattato di un amore non corrisposto?

Aveva finito per non fargli la domanda pensando che sarebbe stato Yami a decidere se, e quando, parlagliene.

Quello comunque non era il momento per mettersi a rimuginare su cose del genere.

“Concentriamoci sul presente” borbottò traendo un gran respiro e poi, lentamente, sentendo le guance accaldarsi inevitabilmente, si mise il puzzle al collo.

Quasi immediatamente la coscienza del faraone lo aggredì con uno -Stai bene?!- carico di preoccupazione.

Aveva il viso tirato e pallido.

D’altronde da quando Seto gli aveva strappato l’Oggetto Millenario senza preavviso non avevano più avuto modo di parlare e Yami era ancora all’oscuro dei fatti degli ultimi giorni.

Tuttavia prima che Yugi avesse modo di mettere insieme una balbettante spiegazione i ricordi affluirono tra loro e Yugi si ritrovò di fronte all’incredibile visione di un faraone con gli occhi sgranati e le guance arrossate.

Non durò comunque molto, il suo amico riprese in fretta il controllo di sè e Yugi quasi rimpianse il suo stupore iniziale quando vide il lento, malizioso, ghigno che si disegnò sulle sue labbra.

-Oh- commentò soltanto, il faraone, con l’aria di chi la sa lunga

“Che... significa: -oh-?” borbottò Yugi sfuggendo lo sguardo viola dell’altro.

-“Oh” significa molte cose e nessuna- ghignò Yami -sembra che io mi sia preoccupato inutilmente- aggiunse con maliziosa casualità portando le guance di Yugi a nuovi livelli di rossore.

“Io... lui...” cominciò in fretta senza riuscire tuttavia a trovare niente da dire.

-Ti sei innamorato- mormorò il faraone con tranquillità.

Yugi sollevò il volto di scatto, fissandolo con gli occhi spalancati prima di aprire la bocca, prendere fiato e... non trovare niente da obbiettare.

 

Però lui voleva obbiettare!

 

Si era innamorato Seto?

Assolutamente impossibile!

 

Certo fisicamente non si poteva negare la sua bellezza e quel suo fascino predatore, però...

Doveva ammettere che lo ammirava per come riusciva a destreggiarsi in un mondo spietato e fasullo come il suo, conservando la sua determinazione e le sue posizioni, senza piegarsi mai, però...

Vero, in lui aveva scoperto una dolcezza inaspettata e una gentilezza che aveva potuto solo vagamente intuire prima del matrimonio, però...

E lo sapeva, lo sapeva fin da quel loro primo bacio, forse anche da prima, che Kaiba non gli era indifferente, che l’altro riusciva a toccare una corda del suo animo, facendola vibrare piano, come nessuno aveva fatto mai, però...

 

Però...

Però?

 

Il problema era che non c’era nessun: “però”.

 

Doveva esserci un “però”!

Uno qualsiasi, anche insignificante!!

 

Guardò nuovamente Yami, spaesato, spaventato.

Il sorriso sulle sue labbra si era fatto più dolce, comprensivo.

 

“Mi... sono innamorato di Seto?” sussurrò con un filo di voce.

-Temo di sì, amico mio- mormorò con gentilezza l’altro.

“Ma come?” esplose il ragazzo pallido “Come è successo? Quando?!” gracchiò stropicciando tra le mani il lenzuolo.

Yami sospirò piano -Non penso che sia possibile definire un “come” e un “quando” quando si parla d’amore, Yugi...- mormorò -...semplicemente... succede-

Yugi lo fissò con gli occhi sgranati colmi di sentimenti contrastanti.

 

Amava Seto.

 

Da un lato quella constatazione lo riempiva di gioia.

Una gioia assurda e incoerente che sembrava brillare di luce propria.

Quel sentimento candido pulsava dentro di lui come una piccola, neonata, stella che lo irradiava di un morbido, euforico, calore.

Era felice.

 

Perchè?

 

Non avrebbe saputo dirlo con certezza.

Amava.

E quindi era felice.

Era assolutamente insensato... meravigliosamente insensato.

 

Amava Seto.

 

Dall’altro lato quella scoperta lo riempiva di panico.

Seto era suo marito, e, ora, anche il suo amante.

 

Ma a che condizioni?

 

L’altero Presidente della Kaiba Corporation cosa provava per lui?

Gli aveva chiesto, o meglio imposto, di sposarlo.

Ma solo per averlo come suo esclusivo schiavo personale.

Era completamente in suo potere, ora.

Ciò che temeva era accaduto, irrimediabilmente.

E senza che lui, non solo non riuscisse, ma non provasse neppure ad opporsi!

 

Che cosa doveva fare?

Riferire la sua sconcertante scoperta a Seto avrebbe voluto dire fornirgli un arma in più o gli avrebbe consentito di fare un piccolo passo verso il suo cuore?

 

Come doveva comportarsi?

 

“E... cosa si fa quando succede?” chiese incerto, fissando Yami in cerca di risposte ma l’altro lo fissò stupito per un momento e poi rise sommessamente, allungando una mano trasparente per sfiorargli una guancia -Sta a te deciderlo, amico mio- mormorò.

Yugi abbassò lo sguardo sulle proprie dita, riprendendo a giocherellare distrattamente con il lenzuolo.

“Lui... io... non so cosa prova per me...” mormorò confuso e Yami si fece pensieroso, fissando l’amico.

-Di sicuro non ti ha sposato solo per “usarti”- disse con la calma che usava nel ponderare la carta scartata da un avversario -non si sarebbe comportato come invece ha fatto- mormorò, ragionando a voce alta -e, da quel che ho visto nei tuoi ricordi, si preoccupa parecchio per te, anche se, evidentemente, preferirebbe non farlo-

Yugi sollevò il viso fissandolo perplesso “Che intendi?” chiese.

-Io credo che lui provi qualcosa per te, anche se forse neppure lui sa bene cosa-

“Non è gran che...” borbottò Yugi cupo.

Yami gli sorrise dolcemente -E’ qualcosa. Hai un punto di partenza-

L’altro lo fissò perplesso “Di partenza... per fare cosa?” domandò esitantemente speranzoso.

Sul viso del faraone tornò a disegnarsi un ghigno malizioso -Per farlo innamorare di te, ovviamente!-

 

...

 

La riunione si era svolta secondo le sue previsioni.

Anzi, quelle amebe dei suoi concorrenti avevano ceduto fin troppo presto, privandolo così del gusto della sfida.

Il contratto comunque era stato firmato e la Kaiba Corporation si era aggiudicata una fetta tale del mercato da non doversi più preoccupare di quei piccoli idioti senza spina dorsale.

Di solito quel genere di trattative lo lasciavano con una piacevole sensazione di trionfo e una discreta dose di soddisfazione quel giorno invece non si sentiva compiaciuto, anzi era decisamente irritato.

Aveva cominciato ad innervosirsi non appena l’aereo era decollato e il suo umore non era migliorato una volta a terra, anzi.

Il cameriere dell’hotel si spostò precipitosamente dal suo cammino, porgendogli un inchino che il ragazzo ignorò, mentre si dirigeva alla sua suite.

Gli inservienti del palazzo avevano imparato a stargli deferentemente alla larga da quando il Presidente aveva carbonizzato con lo sguardo una cameriera per avergli semplicemente fatto le sue congratulazioni per il matrimonio.

I più, fortunatamente, sembravano imputare la sua rabbia proprio al fatto di aver dovuto lasciare il proprio sposo per quell’affare improvviso; ignoravano che le cose stavano esattamente all’opposto.

Kaiba slacciò la cravatta lanciandola sull’ampio letto matrimoniale per poi dirigersi verso l’enorme bagno dove, secondo le sue disposizioni, la Iacuzzi lo attendeva già colma di acqua calda.

Si liberò in fretta degli abiti infilandosi poi nella vasca, concedendosi un piccolo sospiro.

 

Da quando era lì ancora non aveva affrontato i suoi pensieri.

 

Si mise a farlo in quel momento, con gli occhi chiusi e il capo reclinato all’indietro, appoggiato ad un asciugamano piegato con cura per fargli da guanciale.

 

Era andato tutto secondo i suoi piani.

 

Yugi lo aveva sposato.

Avevano fatto l’amore e, per tutte le carte di Magic & Wizard, era stato assolutamente perfetto.

Forse era proprio lì che era sorto il problema.

Non si era aspettato una tale, perfetta, comunione.

Il corpo di Yugi sembrava fatto a posta per farlo impazzire di piacere.

 

Ma no, non era nemmeno quello.

 

Il problema era sorto dopo.

Quella tenerezza, quella dolcezza, quel possessivo, assoluto, bisogno che era nato in lui guardando Yugi riposare tra le sue braccia.

Il desiderio poteva accettarlo.

Riconosceva la passione.

Ma quella sensazione... quelle sensazioni... quelle no, non le riconosceva.

Non aveva mai provato qualcosa del genere, un misto di emozioni così contrastanti.

Pace, gioia e al contempo terrore e panico.

 

Che cos’era?

 

Che nome doveva dare a quella “cosa”.

Pensava che esaminando con razionalità quello che era successo avrebbe capito.

Credeva che allontanandosi da lui per riflettere a mente lucida avrebbe scoperto qual’era la natura del turbamento che l’aveva colto.

 

E invece... niente.

 

Anzi.

Con la distanza la situazione era quasi peggiorata.

Continuava a pensare a lui anche quando si era esplicitamente imposto di non farlo.

Il suo sangue freddo era andato a farsi benedire.

Era irascibile e nervoso.

Scattava per ogni minima cosa.

Si era praticamente mangiato vivi i suoi avversarsi in quella trattativa e, se questo da un lato gli aveva permesso di concludere un vantaggioso contratto, dall’altro aveva  rischiato di comprometterne il buon esito sin dal principio.

 

Che ne era della sua letale calma?

Della sua algida flemma?

Della sua spietata pazienza?

 

Non era rimasto niente.

Niente di niente.

Tutto in fumo per una sola notte di sesso!

 

No, non era possibile.

Non poteva essere possibile.

Ma soprattutto... non doveva essere possibile.

 

Sbagliava nel considerare qualcosa e Seto Kaiba odiava sbagliare!

 

Allungò la mano e afferrò il telefono posato accanto alla sua vasca da bagno componendo il numero a memoria.

Un paio di squilli e poi la voce del fratello, chiara, limpida come la ricordava.

Quella era la linea interna, nessun altro aveva accesso a quella cornetta.

“Seto!” lo salutò felice e leggermente sorpreso Mokuba.

 

Lo sapeva, lo sapeva, maledizione, che era strano che lui chiamasse a casa.

 

Non lo faceva mai.

Avvertiva quando partiva e lasciava detto quando sarebbe tornato.

Non c’era motivo di fare altre telefonate a meno che la sua assenza non dovesse prolungarsi per qualche motivo imprevisto.

Ma di solito la parola “imprevisto” veniva schiacciata da Seto Kaiba prima ancora di poter essere pronunciata.

 

Quindi perchè?

Perchè aveva chiamato?

 

Sapeva che il fratellino se lo stava chiedendo ma sapeva anche che era abbastanza intelligente da non domandarglielo a voce alta.

 “Allora come è andata?” chiese il minore dei Kaiba spezzando l’impalpabile tensione venutasi a formare tra loro e Seto lo ringraziò mentalmente per quell’opportunità di cominciare il discorso partendo da un terreno sicuro.

Dei... come si era ridotto!!

Informò Mokuba dell’ottimo andamento della trattativa, pratico e conciso come sempre e poi fece quella domanda.

LA domanda.

 

“Lì come va?”

 

L’istante di silenzio che seguì valse più di mille parole.

 

Seto non stava chiedendo come andavano gli affari della Kaiba Corporation.

Avrebbe potuto chiamare uno dei suoi manager o consultare il pc per avere un dettagliato e preciso resoconto della situazione.

 

E non stava nemmeno chiedendo come se la cavava Mokuba, a casa, da solo.

Il suo fratellino era abituato alle sue assenza e si sapeva destreggiare abilmente tra la scuola, gli impegni sociali e i soliti avvoltoi che, non appena lui si allontanava, piombavano alla villa convinti di riuscire ad estorcere qualche preziosa concessione al minore dei Kaiba.

 

Quello che stava chiedendo Seto si riferiva all’unica, nuova, variabile, che si era introdotta, che lui stesso aveva introdotto, nella sua vita: Yugi.

 

E il semplice fatto che se ne preoccupasse lasciava Mokuba paralizzato dall’altra parte della cornetta.

 

Per un momento Seto pensò di riattaccare e quel pensiero ebbe il potere di mandarlo in bestia.

Che diamine gli stava prendendo!!

 

“Domani rientro” disse prima che il fratellino avesse il tempo di riprendersi e rispondere alla sua domanda “Cerca di fare in modo di distrarre i giornalisti” mormorò.

Mokuba si riscosse di botto, assicurandogli che si sarebbe preoccupato che nessuno sapesse del suo ritorno dato che, in teoria, non era nemmeno partito e poi, prima che l’altro riagganciasse aggiunse in fretta: “Lui... si sta comportando bene”

Il Presidente non commentò ma non riattaccò neppure e Mokuba proseguì con cautela “Sembra un po’ spaesato e un po’... triste... ma potrebbe essere una mia impressione” disse, prudente “Comunque non è uscito e non ha contattato nessuno a parte i suoi genitori, come avevi chiesto tu.”

“Bene” mormorò Kaiba, freddo “Ordinagli di aspettarmi in camera” sancì gelido e, ascoltato l’incerto assenso del fratello riattaccò prendendo la sua decisione.

Non c’era motivo di arrovellarsi.

Non aveva i “dati” necessari per esaminare la situazione.

Tutto quello che doveva fare era tornare a casa e prendere il controllo della faccenda.

La sua mente gli fece presente che era partito per lo stesso motivo.

"Riprendere il controllo" e "yugi" sembravano non voler stare nella stessa frase insieme.

Ma Seto scacciò quel pensiero molesto e tutto ciò che comportava.

I dubbi e le incertezze non facevano parte della sua natura e non dovevano farne parte.

 

...

 

L’aereo di Seto atterrò in perfetto orario e il Presiedente della Kaiba Corporation salì velocemente sulla berlina scura che lo attendeva, giungendo a casa soltanto mezz’ora dopo aver sceso la scaletta del suo jet privato. Dei bagagli, delle formalità e di altre eventuali seccature si sarebbero occupati altri, come sempre.

Mokuba tra l’altro aveva svolto alla perfezione il compito assegnatogli in quanto nessun fotografo l’aveva intercettato, o almeno così gli era parso.

Entrò in casa lasciando il soprabito al maggiordomo che lo salutò con un ossequioso “buona sera” prima di dirigersi verso la grande scalinata che portava ai piani alti.

Gli aveva ordinato di aspettarlo in camera e sperava, per Yugi, che gli avesse obbedito.

Era appena sul primo gradino quando alzando la testa scoprì due occhi viola, leggermente sgranati, puntati su di lui.

“Sei tornato” mormorò il suo sposo con voce incerta.

Kaiba lasciò che un sorriso maligno curvasse le sue labbra “Speravi nel contrario?” mormorò con voce flautata ricominciando a salire le scale.

Yugi indossava una semplice maglia nera, senza maniche, un paio di jeans strappati e l’immancabile puzzle al collo... allora perchè il solo vederlo gli aveva acceso i sensi?

E’ quella sua figura così maliziosamente sottile, si disse, quella sua pelle troppo chiara e quei suoi occhi troppo grandi, troppo viola, troppo intensi.

Bhe aveva deciso di raccogliere un maggior numero di dati sul suo compagno e sugli effetti che causava al suo autocontrollo, no?

Cominciare dal lato fisico era un modo come un altro d’iniziare.

 

...

 

Yugi aveva passato il pomeriggio a passeggiare avanti e indietro nella sua stanza da quando Mokuba l’aveva avvisato che il fratello sarebbe rientrato quella sera e che voleva che lui lo aspettasse lì.

Aveva parlato con Yami fino alla sfinimento scartando una dopo l’altra le proposte dello spirito millenario.

Lui non era capace di comportarsi così! Pensò per l’ennesima volta, arrossendo.

-Allora lascia fare a me- suggerì il faraone divertito.

-Ti ricordo che, se sono finito in questa situazione, lo devo all’aver “lasciato fare a te”- sbottò cupo.

Yami ridacchiò benevolo -ti avevo avvertito che avresti potuto non volere la risposta alla tua domanda-

Yugi sospirò piano e scosse il capo -lo so- ammise -e immagino che abbia poco senso rimpiangerlo ora-

Il loro dialogo interiore era stato interrotto dal tramestio improvvisamente eccitato delle domestiche, fuori della porta.

 

Kaiba era tornato.

 

Lo seppe con la stessa certezza con cui il suo cuore traditore mancò un battito.

Traendo un profondo respiro s’impose di drizzare le spalle e uscire dalla stanza per andargli incontro, chiedendosi se avrebbe avuto il coraggio di fissarlo in quei suoi occhi glaciali senza arrossire fino alla punta delle orecchie.

La risposta ovviamente era: no.

Non appena Seto sollevò lo sguardo su di lui, captando il suo querulo: “Sei tornato” Yugi si sentì trafiggere da mille lame di ghiaccio incandescente.

Come poteva un uomo, anzi un ragazzo, possedere uno sguardo in grado di scannerizzare l’anima di una persona, e ridurla in cenere, nel giro di pochi istanti?

Yugi non lo sapeva, ma quando le iridi azzurre dell’altro scivolarono dalla punta dei suoi piedi scalzi, alle sue guance arrossate, si sentì come se un lama di calore lo avesse sondato, trapassato, per imprigionarlo, infine, indelebilmente, nella retina del compagno.

Si inumidì le labbra, improvvisamente aride, sentendo il cuore fare una capriola quando negli occhi di Seto si accese una luce elettrica a quel suo gesto così inconsciamente sensuale.

Forse lo capì dal modo in cui il suo sguardo si fece improvvisamente più scuro, intenso, forse lo capì dal modo lento, predatore, con cui Kaiba ricominciò a salire le scale, gli occhi inchiodati ai suoi, o forse semplicemente il suo istinto percepì l’elettricità che improvvisamente permeava l’aria ma Yugi cominciò ad arretrare prudentemente.

Quasi non sentì la risposta del marito mentre si spostava all’indietro troppo orgoglioso per voltargli le spalle e scappare o forse solo troppo spaventato.

-Ti guarda come se volesse mangiarti- commentò clinico il Faraone.

-Non sei d’aiuto!- gracchiò Yugi all’amico ritrovandosi con la schiena contro la porta mentre Seto metteva piede sull’ultimo scalino.

 

Era con le spalle al muro.

 

Anzi no.

Era con le spalle alla porta della loro camera da letto!

 

Si guardò velocemente intorno alla ricerca di una via di fuga e i pochi secondi di distrazione gli furono fatali, quando rialzò lo sguardo per controllare la posizione del “nemico” si ritrovò con il viso a pochi centimetri dal suo.

Visto così da vicino era ancora più bello, e sembrava ancora più pericoloso, di come lo ricordasse.

Deglutì a vuoto incapace di sostenere la luce affilata nelle sue iridi azzurre.

“Ti sono mancato?” soffiò malizioso il presidente allungando una mano oltre il suo fianco, serrandola sulla maniglia per aprire poi, con un gesto deciso la porta alla quale Yugi appoggiava le spalle.

“Io... io...” cominciò il ragazzo incerto.

 

Che cosa rispondergli?

 

No?

E farlo arrabbiare?

 

Sì?

E Dargli un’arma contro di lui?

 

O magari un sì l’avrebbe piacevolmente stupito?

 

Non poté rispondere, Seto lo spinse delicatamente indietro, oltre l’uscio schiuso, calando contemporaneamente, vorace, sulla sua bocca, senza lasciargliene il tempo.

 

Alle loro spalle la porta della camera da letto si richiuse con un tonfo muto.

 

 

continua...

 


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