Disclaimer: I personaggi non sono miei... ç.ç
Attenzione: la fic si colloca idealmente alla fine
21esimo
numero.
Drago
Bianco Occhi Blu IV
di Naika
Yugi sapeva che Seto era ricco.
Sapeva che era potente.
E sapeva anche che era molto, ma molto influente, anche al di
fuori delle sue sfere di competenza.
Non che ci fossero molti campi in cui la Kaiba Corporation non
avesse interessi.
L’impero, era proprio il caso di dirlo, di Seto, andava
dall’elettronica all’edilizia, passando per la ristorazione, la produzione
industriale e addirittura l’agricoltura.
Prodotti che Yugi, mai e poi mai, avrebbe legato al nome del suo
compagno di classe giungevano direttamente dalle filiali delle affiliate alla
Kaiba Corporation, sebbene con un altro marchio.
Il ragazzino si chiese, per l’ennesima volta incredulo, come Seto,
che aveva la sua stessa età, riuscisse a star dietro le fila di una simile,
mastodontica, organizzazione.
Per quanto, attualmente, non fosse nella migliore predisposizione
d’animo nei confronti dell’altro, non poteva fare a meno di ammirarlo.
Lui sarebbe impazzito dopo mezza giornata.
Forse meno.
Yugi sospirò e tornò al presente, seguendo con occhi distratti il
modello di turno.
Era seduto su un imbottitissima poltrona di velluto rosso nel più
grande e famoso atelier di Domino, un bicchiere di champagne in mano, ancora
pieno, ad osservare, accanto al proprio futuro sposo, elegantissimi ragazzi,
perfetti nei loro abiti da cerimonia, che gli passavano dinanzi, su una stretta
passerella, affinchè lui e Kaiba potessero scegliere quale abito comprare.
Non appena si era saputo del loro matrimonio erano stati
letteralmente bombardati di proposte da parte di stilisti, fotografi,
ristoranti, e agenzie fra le più disparate.
Alcune specializzate in lavori che Yugi non aveva mai nemmeno
sentito nominare.
E, colmo dei colmi, pur di avere l’onore di essere gli “sponsor”
di quello che sarebbe diventato l’evento mondano dell’anno, molti dei sedicenti
“artisti” che si erano presentati alla loro porta avevano offerto i loro
costosissimi servigi gratuitamente!
Era proprio vero... pioveva sempre sul bagnato.
Il ragazzino lanciò uno sguardo al compagno, Kaiba seguiva quella
sfilata con iridi glaciali mentre lo stilista più blasonato del momento si
lanciava in lodi sperticate delle sue creazioni, gli occhi attenti a captare
ogni minimo segno di apprezzamento da parte del suo prestigioso cliente e una
mano al fazzoletto di seta con cui si asciugava, con sempre maggior frequenza,
il sudore: l’espressione di Seto non lasciava trasparire nulla.
Come sempre, d’altronde.
Yugi riportò la propria attenzione sui modelli sentendosi, al par
lor, un semplice ornamento.
Kaiba continuava a trascinarlo attraverso l'infinita serie
di appuntamenti e incontri volti ad organizzare il loro matrimonio, il perchè
Yugi non lo sapeva.
Immaginava che fosse a puro beneficio della stampa.
O semplicemente uno sfoggio di ricchezza e potenza da parte del
suo futuro “marito”.
Giusto perchè si rendesse conto della differenza che c’era tra
loro.
L’omino, per le cui opere dive e personalità politiche di spicco
erano disposte ad aspettare mesi e a sborsare somme di denaro a nove zeri,
guardava Kaiba sempre più angosciato.
Provava quasi pena per lui, se sperava di ottenere qualcosa da Seto si
sbagliava davvero di grosso.
Al culmine della disperazione lo stilista lanciò un’occhiata,
quasi supplicante, a Yugi, che tuttavia finse di non notarlo.
Il suo parere non contava.
Lui era lì per fare scena.
I giornalisti, assiepati fuori dall’atelier, che non avevano
perso occasione per bombardarli di domande e fotografie, in quei cinque secondi
che avevano impiegato a scendere dalla limousine ed entrare dalla porta di
vetro, si aspettavano che Seto scegliesse l’abito per le nozze con il suo sposo
e Yugi, da bravo "cagnolino obbediente", come lo apostrofava il suo fidanzato, si
era prestato all’ennesima recita.
Aveva smesso di contare quante volte in quei giorni avesse
piegato le labbra in sorrisi che non sapevano di niente o professato un
sentimento che non provava per il compagno di classe.
E il fatidico giorno si stava avvicinando con velocità
impressionante.
“Direi che andremo sul classico bianco e nero” mormorò Kaiba con
voce imperativa, dopo che anche l’ultimo ragazzo era sfilato di fronte a loro,
distraendolo dai suoi pensieri.
“Che ne pensi, tesoro?” soffiò, ad uso e consumo dello stilista,
una luce metallica nello sguardo, quando si voltò verso di lui.
Yugi annuì con il capo.
Conosceva quella luce.
Quella di Seto non era una domanda.
Era un ordine.
Uno dei tanti che aveva cominciato a dargli ancor prima di
mettergli la fede al dito.
Non che gli fossero costati molto, almeno fino a quel momento.
I gusti di Seto erano impeccabili.
Da quel punto di vista non aveva davvero di che preoccuparsi.
Tornarono all’automobile seguiti da un altro scroscio di flash e
domande gridate oltre il muro delle guardie del corpo, enormi armadi in nero con
tanto di occhiali da sole, che non fecero avvicinare nemmeno un microfono.
Yugi si lasciò cadere, pesantemente, sul comodo sedile della
limousine senza riuscire a trattenere un sospiro.
Tutti quei preparativi, tutta quella falsità, lo stavano
sfinendo.
“Stanco?”
La voce di Seto risuonò a pochi centimetri dal suo orecchio, e,
per un momento, Yugi s’illuse di avervi percepito una nota preoccupata.
“Un po’...” mormorò “...a cosa tocca ora?” chiese rassegnato alla
lunghissima lista d’impegni improrogabili a cui l’altro lo stava sottoponendo in
quella settimana.
“Resta solo qualche dettaglio e il ristorante” mormorò l’altro,
atono, fissandolo per un indefinito momento prima di puntare lo sguardo davanti
a se, facendo segno all’autista di andare.
“Oh... e immagino che tu l’abbia già scelto” mormorò piano Yugi.
Non c’era traccia di sfida nella voce.
Non ne aveva la forza e nemmeno la voglia.
E infondo la sua non era nemmeno una domanda.
“Naturalmente” confermò l’altro, infatti, gelido come sempre
“Pranzeremo al Blue Sea” mormorò e Yugi si riscosse dal suo torpore per
concedersi un sussulto sorpreso.
Il Blue Sea era il ristorante più bello, e più caro, di tutta
Domino ed era costruito interamente sottacqua.
La sua immensa struttura di vetro permetteva ai suoi
selezionatissimi ospiti di cenare sospesi in un’iridescente bolla di cristallo
circondata dalle acque cristalline dell’oceano, sotto lo sguardo curioso di
nuvole di coloratissimi pesci che nuotavano tutt’attorno a loro in una cornice
degna della mitologica Atlantide.
Da tutto il mondo i più facoltosi tra i magnati giungevano per
gustare le delizie dei suoi chef e poter godere di un così incredibile scenario.
“Ma...” mormorò Yugi pallido “Il Blue Sea non ha mai ospitato un
matrimonio” disse, ricordando quanto aveva letto su una rivista turistica
qualche tempo prima.
Kaiba annuì, tranquillamente “In effetti nessuno ha il denaro
necessario per permettersi di organizzare un ricevimento di nozze lì” disse con
indifferenza “Ma, anche se fosse, rifiuterebbero tassativamente la richiesta,
sono molto rigidi al riguardo”
Yugi lo fissava corrucciato “E quindi come hai...?” chiese
incerto.
Kaiba scosse le spalle “Nel nostro caso il proprietario farà un
eccezione” disse mentre un sorriso gli piegava le labbra.
“Perchè?” chiese il ragazzino, quasi temendo la risposta del
compagno.
Il sorriso sul volto di Seto si allargò fino a divenire un
ghigno.
“Perchè...” mormorò “...IO sono il proprietario del Blue Sea!”
...
Yugi passò per la decima volta le mani sudate sull’elegante abito
nero.
Un intero stuolo di parrucchieri avevano appena terminato di
sistemargli i capelli (*), lo stilista in persona era venuto ad accertarsi che
avesse indossato l’abito in modo corretto ed ora era lì, in piedi, di fronte
alla grande porta che l’avrebbe condotto alla navata centrale della chiesa.
Da Seto.
Lo stomaco di Yugi si ripiegò su se stesso mentre il ragazzino
cercava di trarre un paio di profondi respiri, volti a calmarsi.
Non aveva fatto colazione, per evitare che la tensione gliela
facesse rigettare e ora, oltre ad avere i crampi, gli girava la testa.
Joey gli posò una mano sul braccio, fissandolo preoccupato:
“Tutto bene?” chiese.
Yugi annuì.
“E’ solo un po’ d’emozione” mormorò regalandogli un sorrisino
stiracchiato.
Era diventato incredibilmente abile a mentire.
Ed era passata solo una settimana.
Anche se, a Yugi, sembrava che fossero trascorsi secoli.
Era stato catapultato in un mondo completamente diverso dal suo,
in mezzo a persone con sorrisi affilati come lame e occhi assetati d’errori.
La più piccola mancanza, una minuscola imperfezione,
un’impercettibile debolezza... non aspettavano altro per gettarsi sulla preda e
farla a brandelli.
Non riusciva a capire come Seto riuscisse a sopravvivere in un
ambiente simile.
Yugi sospirò e cancellò una piega inesistente dal suo
elegantissimo abito nero.
In quei giorni aveva passato più tempo con Kaiba che con
chiunque altro.
Eppure tra loro non c’era stato che un gelido muro
d’indifferenza.
Avrebbe quasi preferito la sua iniziale, conturbante, malizia.
Arrossì ricordando l’ultimo bacio di quello che, fra pochi
istanti, sarebbe diventato suo marito.
Il calore che gli aveva incendiato il sangue, il cuore che
accelerava fin quasi a scoppiare e l’inaspettata sensazione di essere al sicuro,
lì, tra le sue braccia.
Avrebbe provato la stessa cosa quella notte?
Si sarebbe sentito così, irrimediabilmente, meravigliosamente,
perduto?
Scosse il capo con forza, imponendosi di non pensare a nulla.
Stava per sposare lo scapolo più ricco di tutta Domino, un
ragazzo tanto bello quanto freddo che aveva il potere di renderlo molle come un
budino con un bacio e di spezzargli il cuore con un uno sguardo.
Già... perchè, per quanto Yugi si ostinasse a negarlo con tutte
le sue forze, quei giorni a stretto contatto con Seto lo avevano portato sempre
più vicino ad accettare una dolorosa verità: Kaiba gli piaceva.
Gli piaceva la sua imperiosa sicurezza, la sua eleganza letale e
quel suo sguardo di ghiaccio che sembrava trapassargli l’anima.
Gli ostacoli che sbarravano la strada di Seto Kaiba venivano
spazzati via, senza esitazione, con altera indifferenza.
A volte, in quella lunga settimana, quando gli occhi di tutta la
città erano piantati su di loro, Yugi si era ritrovato a ringraziare,
silenziosamente, per la sua algida presenza.
Non che Seto fosse stato gentile con lui ma avere il privilegio
di stare al suo fianco era come essere riparati dalle grandi ali d’argento di un
maestoso drago.
Nessuno, non sano di mente almeno, osava avvicinarsi incautamente
alla fiera sopita dietro quelle sue iridi azzurre.
Lo ammirava.
Non poteva farne a meno.
Sembrava sempre, esattamente, che cosa fare e come farlo.
Tutto il contrario rispetto a lui.
Se almeno avesse avuto il faraone a dargli conforto.
Il suo amico gli mancava più di chiunque altro.
Era da quando aveva messo insieme il puzzle la prima volta che
non stava tanto tempo senza di lui.
Aveva bisogno di lui.
Dei suoi consigli.
Della sua calma e della sua saggezza.
Yami avrebbe saputo cosa dire, come consigliarlo.
Yami gli avrebbe spiegato, con tranquillità, senza darvi troppo
peso, perchè, nonostante quella folle, assurda, situazione il suo cuore aveva
dato un palpito di aspettativa sentendo, poco lontano, le prime note della marcia
nuziale innalzarsi, limpide e potenti.
Era giunta l'ora.
Oltre la massiccia porta di mogano che aveva di fronte lo
attendeva una chiesa colma di sconosciuti, a parte una decina di amici, che
erano accorsi alla convocazione di Seto per assistere al matrimonio più
paparazzato del momento.
I giornali non facevano che parlare del loro amore da favola.
Una storia alla cenerentola.
Il giovane e povero Yugi che grazie soltanto alla forza del suo
amore aveva conquistato il Principe di Domino.
I giornali di Gossip avevano riempito pagine e pagine di
congetture e racconti, per la maggior parte inventati.
Kaiba aveva lasciato che facessero.
Più leggende giravano sul loro conto più la verità si sarebbe
persa in un marasma di bugie.
Yugi raddrizzò le spalle, sorrise a Joey, suo testimone, e trasse
un profondo respiro quando due novizi spalancarono per lui le grandi porte. Con
snervante solennità osservò l’uscio aprirsi sulla lunga navata della chiesa e,
per un momento, le luci, i colori, e i suoni lo travolsero.
Centinaia di volti sconosciuti, di sguardi indagatori si
puntarono su di lui, curiosi, avidi, di vedere dal “vivo” colui che aveva
“catturato” il cuore di Seto Kaiba.
Yugi si concesse una smorfia e mosse il primo passo.
La navata sembrava infinta e il tappeto rosso, sotto i suoi
piedi, malignamente pronto ad inghiottirlo.
Che cosa sarebbe successo se fosse inciampato?
I fotografi erano appostati ad ogni angolo, grossi avvoltoi
muniti di obbiettivo, pronti ad immortalare ogni suo gesto, ogni sua espressione
con uno zoom in grado di arrivare a catturargli persino l’anima.
Un passo dietro l’altro.
Se si concentrava solo su quello forse ce l’avrebbe fatta.
Bastava non guardare nessuno in particolare, non concentrarsi su
niente, annullare la mente.
Non era difficile.
Un passo dietro l’altro.
Comunque, anche se avesse voluto, in quel momento il suo cervello
non sarebbe riusciuto a concentrarsi su niente.
Non su quello che stava accadendo.
Non su quello che avrebbe comportato.
Non su quello che significava ciò che stava per fare.
Un passo dietro l’altro.
Stava davvero per sposare Seto?
E perchè lo faceva?
Per salvare il negozio, la casa, la normale vita dei suoi cari,
si disse.
Un passo dietro l’altro.
Ma aveva davvero ponderato bene i pro e i contro?
Davvero non c’era altro da fare?
Perchè aveva accettato?
Un passo dietro l’altro.
Perchè aveva accettato... così in fretta?
I fiori e i nastri di seta che addobbavano i banconi in squisite
composizioni nei toni del bianco e dell’azzurro scorrevano accanto a lui,
lentamente.
Ogni bouquet era qualche minuto di meno al fatidico “sì”.
Un passo dopo l’altro.
Aveva visto la preparazione di quei bouquet: ogni giglio era
intrecciato con un filo di sottilissimo argento, che lo obbligava a mantenere la
forma desiderata e, sui petali candidi, dei minuscoli cristalli svarosky
rifrangevano la luce, in rugiada iridescente.
L’effetto doveva essere spettacolare ma, a Yugi, apparivano come
indistinte macchie bianche.
Un passo dietro l’altro.
Sentiva, più che vedere, la presenza delle persone tutt’intorno a
se, i flash dei fotografi erano poco più che lampi lontani, il profumo dei fiori
un lieve aroma ipnotico, la musica solo una melodia lontana.
Gli girava la testa.
Un passo dietro l’altro.
Qualcuno disse qualcosa, qualcun altro si tese sul bancone per
vederlo meglio.
Il fotografo “ufficiale”, quello che saltellava davanti a lui
come una grossa rana deforme, precedendolo, cercò di imporgli di cambiare
andatura, in modo da permettergli di fare degli scatti con un angolazione
differente ma Yugi non lo sentì.
Un passo dietro l’altro.
Nella sua testa quel imperativo era l’unico pensiero razionale in
un oceano di confusione.
Poteva farcela, in un modo o nell’altro sarebbe arrivato a
destinazione.
Dal vescovo che lo aspettava sorridente.
E da Seto.
Lo stomacò ringhiò torcendosi e Yugi s’impose nuovamente di
concentrarsi su una cosa soltanto: un passo dietro l’altro.
E così, prima che riuscisse davvero a rendersene conto, sentì
Kaiba prendergli la mano e si accomodò meccanicamente sulla panca, di fronte al
sacerdote.
Seguì la cerimonia come uno spettatore che guardava un film,
dall’esterno, lo sguardo vuoto, vacuo.
Si sentì proferire le promesse imparate a memoria, mise l’anello
al dito di Seto e gli permise di mettergli a sua volta la fede ma non si rese
realmente conto di cosa stava succedendo finchè l’arzillo vescovo che Kaiba
aveva fatto chiamare dall’Italia non li dichiarò ufficialmente,
insindacabilmente e indissolubilmente sposati.
“Puoi baciare lo sposo”.
Quella frase ribombò nel cervello di Yugi come un colpo di
cannone.
Alzò lo sguardo sperduto, sgranato, ritrovandosi ad affondare
negli occhi di ghiaccio di quello che, da quel giorno, avrebbe dovuto chiamare
“marito” e si aggrappò al suo abito candido per non cadere.
Le gambe non lo reggevano più.
Erano sposati.
Aveva davvero sposato Kaiba.
Seto lo sostenne, calmo e solido, abbracciandolo con delicata
decisione prima di abbassare il volto per posare le labbra sulle sue in un
casto, morbido, bacio.
“Adesso sei mio!” soffiò con un fugace lampo d’argento nelle
iridi azzurre, destinato a lui solo, prima di sollevare il viso e sorridere agli
invitati pregandoli di precederli al ristorante.
...
Yugi aveva sbocconcellato qualcosa dello sfarzoso pranzo e
ignorato completamente la cena,
preparata per loro. Le pietanze gli erano sfilate davanti magnifiche nelle loro
elaborate preparazioni dai profumi invitanti, ma il suo stomaco si era
ostinatamente rifiutato di aprirsi per accogliere quei bocconi da re.
L’unica cosa su cui non aveva lesinato era il vino.
E poi... poi non ricordava bene... aveva ballato con Seto, aveva
sorriso alla stampa, aveva rassicurato gli amici e stretto la mano di un sacco
di sconosciuti.
Per quanto si sforzasse non riusciva a rammentare molto di più
del suo matrimonio.
E ora... ora era seduto sul grande letto matrimoniale di Seto,
solo una vestaglia di seta a coprirgli il corpo reso caldo dal lungo
bagno in cui qualcuno lo aveva infilato.
Quando era uscito dalla vasca, insonnolito e confuso dai vapori
profumati, aveva trovato solo quella e un biglietto di Kaiba.
“Indossala.”
Un altro ordine.
Conciso, secco, glaciale.
Non che avesse altre possibilità.
I suoi vestiti erano scomparsi.
La seta gli accarezzava le gambe e il petto in una carezza fresca
e lasciva che lo faceva sentire in imbarazzo quanto la mancanza di biancheria.
Una vocina malvagia, nella sua testa, gli fece notare che, tanto,
molto presto, Seto lo avrebbe raggiunto, ed allora non gli
sarebbe servita ne la vestaglia ne la biancheria.
Quel pensiero gli procurò una vampata d’inquietudine che lo
spinse a stropicciare nervosamente il prezioso tessuto tra le dita prima di
cominciare a fare avanti e indietro, sul ricco tappeto che copriva il pavimento,
come un leone in gabbia.
“Nervoso?”
Per poco Yugi non gridò.
Non lo aveva sentito arrivare preso com’era dai suoi pensieri.
Kaiba si chiuse la porta della camera nuziale alle spalle, con un tonfo
fin troppo definitivo alle orecchie del ragazzino per poi avvicinarglisi con
passi lenti e calmi.
Anche lui indossava una vestaglia.
Yugi si chiese se indossasse solo quella.
Probabilmente sì.
Si sentì mancare a quel pensiero mentre l’altro gli si avvicinava
con la letale eleganza di una fiera a caccia.
Non aveva via di fuga.
Non c’erano altre porte in quella stanza, a parte quella che dava
sulla terrazza, ma erano al terzo piano e, anche se sotto di essa brillavano le
acque cristalline della grande piscina olimpionica, Yugi era certo che il
“tuffo” non gli avrebbe giovato.
Ne avrebbe cambiato la sua situazione.
Non aveva scampo.
Fissò Kaiba pallido, immobile.
Voleva davvero...?
Le mani del marito si posarono sulle sue braccia e lui sussultò
fissandolo con occhi enormi, liquidi.
Voleva davvero...?
Seto sospirò, piano e gli porse un sorriso, morbido, dolce, per
una volta senza traccia di scherno.
“Non aver paura...” soffiò “...sarò gentile”
Come rassicurazione non era molto ma Yugi le si aggrappò
disperatamente annuendo piano, stringendo le labbra tremanti tra i denti.
Stava per mettersi a piangere.
Sentiva gli occhi pungere e il respiro premere in gola per
spezzarsi.
Seto gli passò una mano tra i capelli (**), con dolcezza e si
chinò leggermente, sollevandolo di peso, per poi coprire i pochi passi che li
separavano dal grande letto matrimoniale e adagiarvi sopra lo sposo con
delicatezza.
continua...
(*) lo so, lo so... è assolutamente impossibile... :p
(**) lo so, lo so... sempre più impossibile... :ppp
Vai all'Archivio Fan Fictions |
Vai all'Archivio Original
Fictions
|
|