Disclaimer: I personaggi non sono miei... ç.ç
Attenzione: la fic si colloca idealmente alla fine
21esimo
numero.
Drago
Bianco Occhi Blu III
di Naika
Yugi sapeva che
la sua famiglia pagava un mutuo sulla casa e sul negozio.
Sapeva anche che
gli affari non andavano troppo bene da quando era cominciata l’era della
modernizzazione e dei grandi centri commerciali.
Un negozio
piccolo, e di provincia, come il loro faticava a sbarcare il lunario e la
clientela era sempre più ridotta.
Ma aveva sempre,
innocentemente, creduto che la cosa non avrebbe mai raggiunto un punto critico.
Purtroppo si era
sbagliato.
Troppo occupato
ad arrovellarsi sul bacio di Seto il ragazzino non aveva fatto caso a tutta una
serie di segnali che si erano susseguiti nei giorni successivi al fatidico
sabato.
Sollevato nel
constatare l’improvvisa mancanza di Kaiba da scuola, proprio quando stava
cercando disperatamente una scusa da propinargli per il suo comportamento di
quella sera, giungendo persino a ponderare di raccontargli la verità, non si era
accorto del pallore sul volto dei suoi genitori e della preoccupazione che
corrugava la fronte del nonno.
Almeno finchè non
giunse nuovamente il fine settimana e, aprendo la porta di casa, non finì per
scontrarsi proprio con la fonte di tutti i suoi problemi.
Seto Kaiba.
Magnifico in un
completo nero che ne esaltava la figura snella e l’eleganza innata, unica nota
di colore la cravatta, grigio argento, che regalava sfaccettature lucenti alle
sue iridi di ghiaccio.
Perchè doveva
essere sempre così dannatamente affascinante?
Perchè,
indipendentemente dalla situazione e dal luogo, doveva sembrare sempre così
regalmente padrone della situazione?
Possibile che
avesse davvero sempre tutto sotto controllo?
Che riuscisse a
calcolare ogni cosa?
Doveva essere
piacevole.
Avere accanto una
persona come lui.
Senza incertezze,
senza dubbi, forte e determinata.
Lui di certo non
si era arrovellato, perdendo il sonno per giorni e giorni, su un semplice bacio.
Lui di certo, in
quel momento non aveva il cuore che andava a mille solo perchè si era ritrovato
davanti l’oggetto di ogni suo pensiero degli ultimi giorni, splendidamente
altero.
Yugi si sarebbe
preso a pugni, da solo, per quel pensiero.
Splendido?
Kaiba?
Lo sguardo gli
corse involontariamente dalla punta delle scarpe lucide ai capelli castani che
gli accarezzavano la fronte in morbide ciocche di seta.
Negare
significava mentire.
Il giovane
presidente della Kaiba Corporation possedeva una regalità e un’avvenenza
indiscutibili e, sebbene il loro negozio di giocattoli non fosse poi così
piccolo, Yugi ebbe improvvisamente la sensazione che le pareti gli si
chiudessero intorno.
“Ka... kaiba!”
balbettò fissandolo con il volto in fiamme e il cuore in tumulto.
“Muto...” mormorò
l’altro con la sua solita, glaciale, indifferenza.
“Che... che cosa
ci fai qui?” gracchiò il ragazzo guardandosi attorno velocemente, constatando
con una punta di panico, l’assenza dei suoi familiari.
“Ero venuto a
parlare con tuo nonno” gli rispose l’altro, appoggiandosi al bancone del negozio
con sdegnata alterigia “...riguardo alla cessione di questa catapecchia”
aggiunse dopo un momento di ponderato silenzio.
Yugi lo fissò
perplesso, non del tutto certo di avere ben compreso.
“La cessione?”
chiese.
Seto sbuffò,
sprezzante, “Non ti hanno informato?” domandò aspettando un segno di diniego da
parte dell’altro che infatti giunse dopo pochi secondi di attesa.
“La Trik bank, la
società che ha prestato il denaro a tuo nonno, è fallita” spiegò “Lasciando un
buco di quasi venti miliardi di yen. Di conseguenza tutte le sue proprietà
saranno vendute e tutti coloro che, come tuo nonno, le dovevano dei soldi
saranno obbligati a pagare immediatamente quanto dovuto o a vendere fino
all’ultimo pezzetto dei loro beni per rifondarla così che i creditori della Trik
possano essere risarciti... almeno in parte” (*) disse con gelida calma.
Yugi lo fissava a
bocca aperta.
Ne suo nonno, ne
tanto meno i suoi genitori avevano i soldi necessari per estinguere il mutuo!
Ciò significava
che avrebbero dovuto vendere tutto!
Che cosa ne
sarebbe stato di loro?
Il nonno sarebbe
morto senza il negozio!
E come avrebbero
fatto senza più una casa dove vivere?
“E... tu che cosa
c’entri in tutto questo?” chiese fissando con improvviso gelo il compagno di
classe.
Seto scosse le
spalle con aria seccata “La Kaiba Corporation è uno dei più grossi creditori
della Trik Bank. Pertanto il settanta per cento delle proprietà di quest’ultima
è passata direttamente nelle mie mani per deciderne la liquidazione” spiegò con
indifferenza.
“Questo
significa...” ansimò Yugi piano.
“Significa che
questa casa e questo negozio ora mi appartengono” finì per lui Kaiba e Yugi
arretrò di qualche passo, scuotendo piano la testa.
“Non può essere
vero...” sussurrò più a se stesso che al compagno di classe, appoggiandosi
pesantemente al muro, alle sue spalle, alla ricerca di qualcosa che gli offrisse
un appoggio qualsiasi di fronte alle sue sicurezze che andavano sgretolandosi.
“Che cosa ne
farai?” chiese dopo un lungo momento di silenzio, con voce sottile, poco più di
un pigolio, lo sguardo rivolto a terra.
“Raderò al suolo
tutto e ci farò un parcheggio per la prossima Kaiba Land” gli rispose l’altro,
serafico.
“Non puoi!” tuonò
Yugi scattando in avanti, fronteggiandolo con occhi lucenti di rabbia “Il nonno
morirà senza il suo negozio! E che cosa faranno i miei genitori senza una casa!”
gridò.
Il giovane
presidente lo fissò per un momento, impassibile “Non è affar mio” mormorò
voltandogli le spalle per dirigersi verso la porta ma Yugi lo rincorse
piazzandoglisi davanti a braccia spalancate, per impedirgli di fare un altro
passo.
“Aspetta!”
esclamò con voce incrinata dalla disperazione “Ci dev’essere qualcosa che
possiamo fare! Qualsiasi cosa!!” e Seto lo fissò dall’alto per un interminabile,
gelido, secondo prima che le sue labbra si piegassero in un lento, pericoloso,
sorriso.
“Una soluzione ci
sarebbe...” soffiò mentre nei suoi occhi si accendeva una luce sinistra.
Quella
luce.
Prima che Yugi
avesse modo di muoversi Seto gli piantò le mani ai lati delle spalle,
imprigionandolo tra se e la porta.
“Quanto vale per
te questo stupido negozio e la tua casa... Yugi” soffiò fissandolo con sguardo
rovente, facendo scivolare con insolenza il suo nome proprio tra le labbra.
Il ragazzino
deglutì a vuoto ritrovandosi prigioniero dei suoi occhi azzurri e della luce
famelica e vittoriosa che vi brillava.
“Io... io non
capisco” balbettò.
“E’ molto
semplice...” sussurrò portando il viso ad un soffio dal suo “...c’è una cosa che
voglio, dammela, e la catapecchia resterà ai tuoi” mormorò.
Yugi lo fissava
paralizzato come il coniglio davanti al cobra, incapace di muoversi, il cervello
che lavorava a velocità supersonica.
Che cosa aveva
lui che Kaiba poteva volere?
Che cosa poteva
desiderare qualcuno come lui, che possedeva tutto?
E se gli avesse
chiesto il puzzle?
No, non poteva
separarsi dal suo alter ego!
Ma non poteva
nemmeno lasciare che i suoi genitori finissero in mezzo ad una strada!
Era una
situazione senza via di uscita!!
-Calmati- la voce
di Yami si fece strada tra i suoi pensieri tumultuosi, autoritaria ma tranquilla
-Ancora non sai che cosa vuole- gli fece notare.
Yugi annuì piano.
Il suo alter ego
aveva ragione.
Che cosa voleva
Kaiba?
C’era un solo
modo per saperlo.
“Che... che
cos’è?” chiese con voce sottile “Che cosa vuoi?”
I presidente
della Kaiba Corporation sorrise e ripose: “Voglio TE”.
Yugi lo fissò in
silenzio.
Kaiba ancora non
gli aveva detto quello che voleva.
O meglio, aveva
mormorato qualcosa sul “volere lui” ma non poteva essere serio, quindi ci doveva
essere dell’altro.
Gli occhi viola
di Yugi salirono a cercare quelli azzurro ghiaccio dell’altro alla ricerca di
una risposta che non poteva essere quella che aveva appena avuto.
Si sbagliava.
Lo sguardo di
Seto era determinato, vittorioso e malignamente sincero.
“Vu..vuoi... me?”
gracchiò, certo che, se glielo avesse chiesto chiaramente avrebbe avuto un altra
risposta.
“Te...” confermò
Seto, abbassando il viso, per portarlo all’altezza del suo, e la voce fino a
farla divenire un sussurro roco “...nel mio letto, nudo e obbediente” specificò.
Yugi arrossì fino
alla punta delle orecchie sgranando gli occhi, incredulo.
Non poteva essere
serio!
Non poteva volere
davvero...
Lui poteva avere
chiunque!
Chiunque!
Non conosceva
nessuno che gli avrebbe detto di no!
Quindi perchè...?
“Nel tu...tuo
letto?” ansimò incapace di fare altro se non ripetere le parole dell’altro.
Kaiba sbuffò, già
seccato dal protrarsi di quella situazione, “Non deve essere necessariamente il
letto... possiamo farlo anche su un tavolo, in seguito, ma, almeno per la tua
prima volta, ti concederò il lusso di stare comodo” mormorò tranquillamente.
Yugi lo fissava
ormai incapace di fare altro se non boccheggiare come un pesce scaraventato
fuori dall’acqua.
Seto lo fissò per
un secondo con un sopracciglio sollevato e poi scosse le spalle con indifferenza
“L’accordo è questo...” sentenziò “...voglio che tu mi sposi...”
“CHE COSA?!”
esplose Yugi che ormai credeva di non poter sentire niente di più scioccante di
quello che aveva già udito.
“Firmerai un
contratto prematrimoniale naturalmente...” continuò Kaiba come se l’altro non
avesse neanche fiatato “...nessuna delle mie proprietà ti apparterrà, vivrai con
me e sarai ai miei ordini. E quando dico ordini intendo esattamente questo,
sarai il mio schiavo personale, dovrai fare quello che dico io, quando lo dico
io e come lo dico io. Non avrai niente di tuo a meno che tu non ti comporti in
modo tale da meritare un gesto di carità da parte mia. Inoltre pretendo che tu
mantenga una facciata dignitosa con la società per cui niente piagnistei o scene
da povera vergine sacrificale” disse duro “Coloro che ci guardano dovranno
pensare che TU mi ami alla follia. In cambio concederò ai tuoi di estinguere il
mutuo come da precedenti accordi con la Trik Bank. Domande?” chiese incrociando
le braccia sul petto, fissando l’altro con sguardo di pietra.
Yugi non riusciva
a respirare, figuriamoci a porre domande.
“Bene!” disse
Seto, decidendo per lui che l’altro aveva compreso i termini del loro accordo
“Hai ventiquattro ore per decidere se accettare o cominciare a impachettare le
tue cose” sentenziò “Tornerò domani, a quest’ora, per avere la tua risposta”
disse e con un ultimo sguardo sprezzante al negozio se ne andò chiudendosi la
porta alle spalle.
....
Nel momento
stesso in cui la campanellina appesa sopra alla porta del negozio aveva
annunciato che il loro ospite se n’era andato le gambe di Yugi non lo ressero
più e il ragazzo crollò a terra, fissando con occhi sbarrati l’uscio chiuso.
“Non è possibile”
sussurrò.
-Non mi aspettavo
una mossa simile- ammise il faraone.
“Mi ha
chiesto...” ansimò Yugi.
-Ti ha chiesto di
sposarlo- finì per lui Yami perplesso.
“Non è questo!!”
esclamò il ragazzo “Mi ha chiesto di andare a... letto con lui!” terminò con un
sussurro, incapace di dire a voce alta quella frase.
Il faraone rimase
silenzioso e Yugi affondò il volto tra le mani.
“Che cosa devo
fare?” sussurrò al negozio vuoto.
...
Yugi aveva
passato una notte insonne, a fissare il soffitto scuro ripetendosi quella
domanda all’infinito.
E, per quanto
l’idea lo atterrisse vi aveva trovato una sola risposta.
Doveva accettare.
Doveva sposare
Kaiba per salvare la casa dei suoi genitori e l’attività del nonno.
Anche se questo
avrebbe voluto dire concedere a Seto di trattarlo alla stregua di uno schiavo.
Anche se avrebbe
voluto dire andare a letto con lui.
Un brivido che
non aveva nulla a che vedere con la paura gli corse traditore lungo la schiena
al ricordo degli occhi brucianti dell’altro, fissi nei suoi, solo qualche ora
prima, quando lo aveva imprigionato contro la porta per porgli il suo ultimatum.
“Ho paura...”
sussurrò alla stanza silenziosa.
-Ci sarò io con
te- mormorò la voce del faraone, rassicurante.
“Lui... lui
non...” cominciò Yugi incerto “...lui non mi è indifferente” terminò piano
arrossendo nel buio.
-Lo so-
“E se...
m’innamorassi di lui?” chiese con voce incrinata “Kaiba mi distruggerebbe!”
-Yugi- soffiò
piano il faraone, desiderando di avere un corpo materiale per stringere a se
quello tremante dell’amico -io non voglio darti false speranze ma... avrebbe
potuto benissimo “averti” anche senza chiederti di sposarlo non pensi?- gli
domandò gentile.
“L’ha fatto solo
per salvare le apparenze e per legarmi a lui senza possibilità di fuga” mormorò
Yugi piano.
-Forse- ammise il
faraone -o forse no-
“Non ha senso
pensarci ancora, tanto comunque le cose non cambieranno” mormorò il ragazzo
voltandosi per l’ennesima volta tra le lenzuola, affondando il capo nel cuscino.
Il giorno
successivo avrebbe detto a Seto che accettava la sua proposta, dopo di che
sarebbe stato nelle sue mani... letteralmente.
Con un gemito
Yugi strinse i pugni e pregò di addormentarsi.
....
Kaiba era giunto
dinanzi al negozio puntuale.
Il suo viso era
impassibile come sempre, i suoi occhi glaciali più che mai.
Non dava nessun
segno di nervosismo, di ansia o di preoccupazione.
E sembrava che
avesse dormito benissimo.
Yugi invece era
pallido, con le occhiaie e i capelli più spettinati del solito.
Ma il suo sguardo
era risoluto e la sua voce quanto più fredda riuscì a renderla quando comunicò
all’altro che accettava la sua proposta.
“Bene” mormorò
Seto con la voce incolore di chi si appresta a firmare un contratto e, prima che
Yugi avesse modo di muoversi, allungò le mani e gli sfilò il puzzle dal collo.
“Terrò questo
come garanzia” disse mettendo a tacere le proteste del ragazzo con uno sguardo
imperioso “Lo riavrai il giorno dopo le nostre nozze” sussurrò.
“Lasciamelo, ti
prego” soffiò Yugi sentendo quel poco di autocontrollo che aveva racimolato,
crollare.
“Comportati bene
e lo riavrai...” lo minacciò Kaiba per nulla impietosito dallo sguardo sperduto
del suo neo-fidanzato e poi, senza alcun preavviso, lo spinse contro il muro
abbassando il viso per posare le labbra sulle sue.
Yugi emise un
ansimo sorpreso che gli fu fatale.
Approfittando
della sua distrazione, infatti, Seto fece scivolare la lingua nella sua bocca,
premendo il proprio corpo contro quello del compagno, imprigionato contro il
muro.
Yugi cercò di
divincolarsi ma la notte insonne e il calore dell’altro avevano risucchiato ogni
sua energia e, prima che potesse rendersene conto, il ragazzino si ritrovò ad
aggrapparsi alla giacca elegante del compagno, le ginocchia molli, il respiro
affannoso e il cuore che rischiava di esplodergli nel petto.
Ormai incapace di
formulare un qualsiasi pensiero coerente Yugi emise un mezzo singhiozzo e si
arrese all’altro, lasciandosi abbracciare quando Kaiba gli fece scivolare un
braccio intorno alla vita, allargando inconsciamente le gambe quando l’altro gli
spinse un ginocchio tra le cosce.
Seto si staccò
delicatamente da lui, le iridi due polle di luce azzurra, elettrica, le labbra
piegate in un sorriso soddisfatto, sornione.
“Non male...”
soffiò con voce lievemente roca, affondando nello sguardo viola, confuso, del
ragazzo tra le sue braccia.
“Continua a
comportarti così e non avremo problemi” mormorò prendendogli il mento tra due
dita per posargli un altro, veloce, bacio, sulle labbra gonfie prima di
lasciarlo e andarsene con la stessa, indifferente, calma con cui era venuto.
Yugi fissò la
porta del negozio chiudersi, per la seconda volta in due giorni, dietro le sue
spalle larghe e si lasciò scivolare contro il muro, fino a terra, umiliato ed
eccitato come mai in vita sua.
....
“Che... che
cosa?!” rantolò Joey incredulo.
Anzu fissava con
la fronte corrucciata l’amico “Se è uno scherzo...” cominciò ma Yugi scosse il
capo con forza, lo sguardo ostinatamente puntato sulle proprie scarpe da
ginnastica.
Capiva la loro
reazione.
Assomigliava
incredibilmente alla sua!
Prima c’era stata
l’incredulità poi lo sgomento e il panico.
Seto Kaiba gli
aveva chiesto di sposarlo.
Ma era stato
chiaro, gli avrebbe fatto firmare un accordo prematrimoniale, nemmeno un cent
del suo patrimonio sarebbe stato a disposizione di Yugi a meno che,
naturalmente, questi non si fosse prostrato supplicando ai suoi piedi.
Si sarebbe dovuto
trasferire alla residenza dei Kaiba e avrebbe... dovuto... concederglisi... ogni
qualvolta l’altro glielo avesse chiesto.
Non avrebbe
posseduto nulla e non doveva pretendere nulla.
Qualsiasi
concessione da parte di suo “marito” sarebbe stato un puro atto di carità ne i
suoi confronti, carità che avrebbe dovuto ripagargli come e quando l’altro gli
avrebbe ordinato.
Con quel
matrimonio Seto faceva di lui uno schiavo.
Legato mani e
piedi dal mutuo che avrebbe gravato sulla testa dei suoi genitori per altri
vent’anni.
Ma se gli avesse
concesso ciò che chiedeva, Kaiba non avrebbe mandato sul lastrico la sua
famiglia.
La parte più
difficile della richiesta dell’altro era l’ultima.
Doveva sembrare
una cosa spontanea.
Seto Kaiba non
poteva e non voleva rovinare la sua immagine facendo sapere al mondo intero
quale bastardo ricattatore egli era in realtà quindi Yugi doveva fingersi
innamorato e devoto come il più adorante degli spasimanti.
Nessuno doveva
sospettare nulla.
E dunque Yugi si
trovava di fronte ai suoi amici.
Prima di dare la
notizia ai suoi genitori aveva pensato di fare una “prova” con loro.
Ma si stava
rivelando molto più difficile del previsto.
Se solo Seto non
si fosse preso come “garanzia” il suo puzzle almeno non si sarebbe ritrovato
completamente solo ad affrontare il problema.
“I..io ho
cominciato a pensare a lui in modo... diverso... sin da quando siamo tornati
dall’isola dei duellanti” mormorò piano.
Quella non era
una bugia.
“E poi è successo
che ci siamo incontrati in un locale e tra noi... è scattato qualcosa”
Anche quella
non era una bugia.
“Io... lui... ci
siamo... baciati” rantolò a fatica.
Joey emise un
verso incredulo mentre Anzu fissava l’amico con occhi sgranati.
“Ma... Yugi...”
mormorò con delicatezza posandogli una mano sulla spalla “Da un bacio al
matrimonio ne passa... non credi che sia una decisione troppo avventata?” chiese
cautamente.
Yugi non rispose
e la ragazza si fece ancora più preoccupata “Quando...?” cominciò incerta.
“Sabato” le
rispose lui, cautamente, immaginando la loro reazione.
Seto Kaiba non
amava aspettare.
Voleva tutto e
subito.
Ma avrebbe potuto
concedergli qualcosa più di una settimana per prepararsi al loro matrimonio!!!
“Sa..sabato?!”
gracchiò infatti la sua amica “Intendi QUESTO sabato?” ansimò.
Yugi annuì piano.
“Sei impazzito di
colpo?!” esplose Joey prendendolo per le spalle, scuotendolo con forza per
obbligarlo ad alzare il volto e guardarli in viso una buona volta.
“Voi non capite!”
esclamò Yugi fissandoli con occhi disperati, prima di riabbassare nuovamente il
capo, incapace di sostenere il loro sguardo.
“Io... amo... Kai...
Seto” si corresse in fretta “...e voglio sposarlo prima che cambi idea su di...
noi” gracchiò “E poi è cambiato, non è più la persona di un tempo.”
“Non dire
idiozie!” sbottò Joey “E’ di Seto Kaiba che stiamo parlando!” esclamò.
“Vi dico che è
cambiato!” protestò Yugi “Lui... ha salvato il negozio del nonno.” mormorò.
“Yugi che stai
dicendo, non capisco” disse Honda che fino a quel momento non si era espresso.
“La banca con cui
aveva il mutuo il nonno è fallita.” cominciò a spiegare il ragazzino “Avremmo
dovuto vendere tutto per ripagare il debito invece Seto lo ha estinto” mentì “E
lo ha fatto per me...” sussurrò.
Non era una
bugia.
Non del tutto.
L’aveva fatto per
avere lui.
“E’ per questo
che hai deciso di sposarlo...” chiese Anzu cercando di decifrare l’espressione
dell’amico “Per ripagare il debito?” indagò.
Ma Yugi si
affrettò a scuotere con forza la testa “No, io... io l’avrei sposato lo stesso
lui è...” mormorò piano con voce incrinata “...lui è...” disse senza riuscire a
racimolare le parole.
“Sei qui, Yugi,
ti stavo cercando”
Quella voce
fredda e conosciuta li fece voltare tutti e quattro.
“Mi dispiace
interrompervi...” mormorò, mentendo chiaramente, Kaiba avvicinandosi al
gruppetto “...ma ho bisogno del mio fidanzato” disse suadente prima di piantare
gli occhi glaciali in quelli viola che si erano sgranati nell’udire l’ultima
parola.
“Vieni Yugi?”
domandò melifluo, tendendogli una mano.
Il ragazzo fece
scorrere per un attimo lo sguardo sui suoi amici prima di balzare in piedi e
andare dall’altro.
“A...arrivo”
balbettò trattenendosi a malapena dall’irrigidirsi quando l’altro gli fece
scivolare un braccio attorno alla vita.
Il giovane
presidente si abbassò sfiorandogli la tempia con un bacio, coprendo, con quel
gesto di falsa tenerezza, il sibilo: “Se continui a balbettare così non ti
crederà nessuno!” diretto all’orecchio del suo “fidanzato”.
continua...
(*): non so se funziona davvero così in caso di fallimento di un ente di
credito ma, dato che Domino è un mondo inventato, passatemela per buona, ok?
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