Declaimers: i personaggi, per loro fortuna,
non appartengono a me, ma ad Inoue sensei. Io mi diletto a torturarli solo
per mio grandissimo piacere!
Note: questa ff è nata nella mia testa molto
tempo fa, leggiucchiando una ff in cui era presente il SuperSendo-sguardo
penetrante che faceva innamorare con il solo sguardo. Avrebbe dovuto essere
una rivincita bella e buona per il Kosh di quella ff che veniva illuso e
altro, solo per una stupida scommessa fatta da Akira con Kenji per sordidi
motivi (chi mi conosce ha già capito di quale ff sto parlando). Quella ff mi
ha proprio fatto stare male e ho pensato ad una piccola rivincita, solo che
è uscita così. Hiro è un po’ ooc (ma tenente a mente le mie intenzioni),
Akira il solito passa-da-un-letto-all’altro (avrei voluto farlo più bas”bip”,
come era in quella ff, ma non me la sono sentita) e Kenji… farà la parte del
buon samaritano (lo dico in anticipo per evitare che qualcuno mi linci visto
come lo sto trattando e lo tratterò nella mia ff AU “Un altro giorno”.). Non
so se sarà di vostro gradimento, io intanto la sto scrivendo, un po’ per
esorcizzare quella ff che mi gironzola ancora in mente! La mia non vuole
essere una critica nei confronti di quella scrittrice, anche perché scrive
molto bene, ma solo un dato di fatto: mi ha fatto stare male e farà stare
male pure voi perché mi ha ispirato questa ff! ^_______^
ß
devil smile!
Buona lettura!
Do you love
me?
di Soffio
d'Argento
§ WHO ARE YOU? §
Akira Sendo, ala della
famosa squadra del Ryonan, stava finalmente tornando a casa dopo una
giornata molto stancante. Le ore di lezione erano state lente e noiose. Si
era pure beccato una ramanzina dal prof di giapponese perché si era scordato
di fare i compiti il giorno prima e il prof di storia aveva evitato di
mandarlo dal preside solo perché era l’asso della squadra di basket e si era
limitato a buttarlo fuori dalla classe. Uscendo aveva guardato un attimo
nella direzione di Kosh, ma lui non si era neppure voltato a guardarlo. In
effetti, se n’era accorto da qualche tempo, Hiroaki, suo amico dalle
elementari, aveva smesso di parlargli. Non che prima fosse un chiacchierone,
ma adesso rispondeva a malapena al cellulare quando lo chiamava, a scuola
parlava a monosillabi, non facevano più i compiti insieme (e per questo la
sua media era rovinosamente scesa) e in palestra si rivolgevano sì o no la
parola. Questo aveva subito insospettito Akira che aveva chiesto
spiegazioni, ma Hiro era stato eludente e aveva risposto che era stato solo
frutto della sua fantasia. Col cavolo! Hiro lo stava proprio evitando, ma
non riusciva a spiegarsi il motivo. Forse, come spesso capitava, aveva fatto
qualcosa che aveva offeso il suo amico, ma in quei casi si risolveva tutto
in poco tempo. Gli bastava avvicinarsi il giorno dopo e sfoderare il suo
solito sorriso e tutto si sistemava sempre. O quasi, perché ormai era quasi
un mese che quella storia andava avanti. Se almeno Hiro avesse avuto la
decenza di spiegargli, lui quel giorno avrebbe evitato tutti quei rimproveri
ingiusti e poi… e poi avrebbe avuto qualcuno con cui parlare. Di amici Akira
Sendo n’aveva molti. Era la stella del Ryonan, sempre allegro e gentile, un
rubacuori con parecchie frecce al suo arco, ma di amici veri, quelli con la
“A” maiuscola, aveva solo lui. A casa passava sempre a prenderlo prima di
andare a scuola e insieme chiacchieravano di tutto, anche delle cose più
sciocche. Ecco! Non facevano più neppure la strada insieme. Ricordava che il
primo giorno era andato a prenderlo a casa, ma sua madre, che aveva un
debole per quel bel ragazzo tanto gentile, gli aveva risposto imbarazzata
che Hiro era già andato via e quello era stato un copione recitato molti
giorni, poi si era stancato, visto anche l’incomunicabilità del suo amico, e
aveva smesso di andarlo a prendere. Però… a pensarci bene, si sentiva un po’
triste. Non pranzavano neppure più insieme, in terrazza.
<< Tutta colpa tua, Hiroaki Koshino! >> disse
dando un calcio ad una lattina.
Gira a rigira il pensiero tornava ancora a
lui.
Quel giorno gli allenamenti erano saltati.
Taoka aveva avuto una riunione improvvisa e aveva mandato tutti a casa.
Aveva provato ad invitare Hiro ad andare a prendere un gelato, ma lui era
scomparso. Volatilizzato. Non si era neppure fatto la doccia. Ikegami aveva
detto di averlo visto fuggire come una furia appena Taoka aveva dato il
permesso di andare negli spogliatoi. Akira n’era sicuro: Kosh lo stava
evitando e non gli restava che capire il perché.
<< Hai saputo l’ultima? >>
<< Ma certo! Sono stata proprio io a vederli!
>>
<< Ma allora è vero? Ma com’è possibile? >>
<< Ti dico di sì… il nostro Hiro… lui… >>
“Hiro?”. Akira si era fermato di scatto
davanti alla porta della palestra. Due ragazze, probabilmente le
presidentesse del fan club di Kosh, stavano parlando del loro idolo con voce
allarmata.
<< Ma che ci faceva con Fujima? Ma lui non sta
con Hanagata, lo spilungone dello Shoyo? >>
Hiro e Fujima? Fujima e Hiro? Che significava
che li aveva visti insieme? Insieme in che senso? Stavano semplicemente
parlando o c’era qualche atteggiamento strano? E poi… ma Hiro era gay? Purtroppo le ragazze deluse dal fatto di non
poter vedere il loro beniamino, se n’erano andate in fretta e lo avevano
lasciato con la mente imperversata dalle domande. Che già quello scorbutico di Kosh avesse delle
ammiratrici ed un fan club era stravolgente, che poi avesse pure successo
con i ragazzi era strabiliante! E bravo il piccolo Kosh! Il fighetto più
carino di Kanagawa era riuscito ad accalappiare! Ma questo fu un pensiero
che Akira allontanò immediatamente, colpito da una strana sensazione di
vuoto.
Dato che gli allenamenti erano saltati e Kosh
era scomparso (un appuntamento con Kenji forse), aveva deciso di andare a
fare quattro tiri al campetto di basket del parco e lì aveva trovato la
furia umana, Sakuragi altrimenti detto do’hao dall’ugualmente nota kitsune.
C’era stato un periodo in passato, non tanto
lontano, in cui aveva avuto una cotta per il rossino. Più che cotta si
poteva chiamare ossessione. Sin dal loro primo incontro, quando, ancora poco
più che un principiante, l’aveva sfidato durante una partita d’allenamento
fra le due squadre. Di talento n’aveva da vendere, Sakuragi e non solo di
talento. Era una forza della Natura. Era fuoco allo stato puro. Un vulcano
in continua eruzione. L’aveva colpito subito. Con il suo sguardo deciso, i
capelli sfacciatamente rossi, il corpo possente e un’aria da ragazzino
cresciuto, sempre attorniato da quei quattro chiacchieroni e rumorosi che si
facevano chiamare l’armata Sakuragi. E quando l’aveva rivisto, oltre alle
già citate qualità che lo rendevano unico agli occhi di Akira, si erano
aggiunti quei capelli corti e quell’aria da duro e puro, per citare una sua
espressione. (lo so che aveva ancora i capelli lunghi, se li taglia il
giorno stesso, ma… licenza letteraria, che dire? NdA).
Per Akira era diventato un’ossessione. Spesso
andava ad aspettarlo fuori dalla scuola, sempre con una scusa diversa. E
sapere che lui si era allenato con tanta costanza e forza di volontà, lo
inorgogliva. Si era allenato per batterlo, quindi proprio indifferente non
doveva essergli.
<< Uffa Akira,
smettila! Se proprio quel decerebrato con la testa da pallone da basket
t’interessa, vai lì e diglielo, anche se credo proprio che non potresti
avere speranze. >> non era riuscito a resistere Hiroaki.
Lo aveva guardato con il suo solito
cipiglio nervoso e l’aveva redarguito come sempre e lui come sempre era
stato ad ascoltarlo. Ogni parola. Era sempre stato così. Akira raccontava
fatti su fatti e Hiro stava ad ascoltare, con lo sguardo basso, le mani che
giocavano con ciuffi d’erba o la cartella, secondo i casi. Si muovevano
nervosamente le sue mani e poi alzava lo sguardo e lo guardava, come avesse
qualcosa da dirgli, ma era solo un attimo. Un lampo veloce e lui ritornava
lo stesso, riabbassava lo sguardo, sbuffava annoiato e lo rimproverava, ogni
singola volta. E Akira restava ad ascoltare, aspettando sempre quella frase
che Hiro non riusciva a dire.
Come era finito a
pensare ancora a lui? Eppure aveva passato un pomeriggio splendido con la
sua ex fiamma.
<< Hana-kun, mio caro. Come mai tutto solo? >>
gli si era avvicinato alle spalle sorprendendolo. Hanamichi, che era seduto
al limitare del campo di basket, si era alzato di scatto, un po’ spaventato.
<< Sendo! Mi hai fatto prendere un infarto! >>
<< Dov’è il cane da guardia? >> gli aveva
chiesto sedendosi accanto, ma un pallone diretto alla sua testa gli aveva
risposto più concretamente.
<< Dietro di te! >> aveva sibilato la volpe.
Il volpino si era presentato con il solito
sguardo gelido e due lattine di cola ghiacchiate. Senza dire nulla, si sistemò fra Hana e Akira
e diede una lattina al primo, accompagnata da un bacio, breve e dolce. Akira
sapeva già di loro due, da molto tempo. E stranamente non gli faceva poi
così male. In fondo non aveva mai amato Sakuragi e non avrebbe mai potuto
amarlo come Rukawa. Era stata solo una passione temporanea. Passione. Era
proprio ciò che gli comunicava e per questo n’era rimasto subito folgorato.
E di cotte come quella n’aveva avute parecchie, Akira Sendo, ma niente
d’importante. L’amore, quello vero, forse doveva ancora arrivare. Aveva
avuto una cotta pure per Ede e ci aveva provato pure con lui, prima ancora
che entrasse la furia rossa nelle loro vite, e aveva avuto una cotta pure
per Fujima…
La stazione della metropolitana era deserta.
Ormai erano quasi le dieci di sera, il tempo era trascorso senza che se
n’accorgesse, ma come? Che cosa aveva fatto in tutto quel tempo?
Si era ritrovato davanti alla stazione senza
neppure capire cosa stesse accadendo. Aveva varcato la soglia stringendosi
nella giacca della divisa scolastica. Nonostante fosse già Maggio, la sera
faceva ancora fresco. Aveva comprato un biglietto nella biglietteria
automatica ed era sceso giù per le scale con lentezza, quasi annoiato,
alternando uno sbadiglio ad un’imprecazione silenziosa. Odiava fare la
strada di casa da solo! Lui era sempre stato un tipo allegro, che adorava
parlare, ma se era solo con chi poteva farlo? Dato che c’era ancora tempo
all’arrivo del metrò, non si diresse ai binari, ma si avvicinò ad un
distributore automatico per prendere uno snack di cioccolata. La cioccolata
era il rimedio universale ai problemi d’amore… amore? Amore? Beh sì…
effettivamente era da tanto che non s’innamorava di qualcuno.
<< Allora? Cosa hai deciso? >>
Akira si fermò un attimo cercando di
riconoscere la voce, aveva qualcosa di familiare.
<< Smettila Ken. Non ne voglio parlare. >>
Ken? Ken?… chi poteva… ma certo! Kenji Fujima!
E l’altro doveva per forza essere Kosh! Ma di che stavano parlando e che ci
facevano a quest’ora in metrò?
Si avvicinò di soppiatto ai due ragazzi,
prestando attenzione a rimanere nascosto dietro il muro d’ingresso. Hiro non
indossava la divisa scolastica e neppure Kenji, ma questo era normale visto
che ormai andava all’università. Hiro però aveva la cartella scolastica e un
borsone…
<< Ma dai Hiro-kun! Non mi dire che non ti
piacciono più gli sportivi?! >>
Hiro-kun? Ma come si permetteva quel damerino
di chiamare Kosh Hiro-kun? Quello era un suo diritto personale! E Kosh
perché non gli diceva nulla?
Kenji allungò un braccio e prese il borsone di
Hiro in mano, per saggiarne la pesantezza e nel farlo sfiorò accidentalmente
la mano di Hiro.
<< Uhm… è pesantuccio! Hai deciso di
trasferirti a casa mia in toto? Guarda che io ne sarei felice! Noi due da
soli… senza Ryo… >>
<< Smettila Ken. A casa tua ci resto solo il
week-end e sai anche tu perché… e per quanto riguarda Ryo… beh lui… lascialo
fuori dai nostri discorsi. >>
Ryo? Chi diavolo era Ryo? Hiro non gli aveva
mai parlato di un suo amico di nome Ryo…
<< Ok. Ok! >> aveva detto Fujima alzando le
mani in segno di resa.
Erano rimasti un po’ in silenzio. Hiro si era
andato a sedere su un sedile di legno. Akira adesso poteva scorgere
benissimo il viso preoccupato di Hiro e gli si strinse il cuore nel vederlo
in quelle condizioni. Se quel Ryo, chiunque fosse stato, aveva fatto
soffrire il suo migliore amico, allora le avrebbe prese sul serio e da lui.
Fujima gli si avvicinò e gli s’inginocchiò davanti sorridendo.
<< Quel ragazzo è cotto di te e ti ha chiesto
di dargli una possibilità. E’ un bravo ragazzo Hiro e sono sicuro che
saresti felice con lui e poi… è anche il campione di basket della squadra
universitaria di Kanagawa. Sai che parecchie squadre di Tokyo lo vorrebbero
con loro? Anche la squadra della mia università… >> Kenji aveva pronunciato
queste parole serenamente, con i gomiti appoggiati alle gambe di Hiro.
Kosh aveva lo sguardo basso e si era limitato
ad annuire ad ogni sua parola.
<< Lo so… è solo che… >>
<< Sei ancora innamorato di lui? >> Hiro si
limitò ad abbassare ancor di più la testa: << Hai ancora una cotta per lui?
Beh è normale, visto che lo vedi tutti i giorni… >>
Hiro era innamorato di qualcuno? Qualcuno che
lui vedeva tutti i giorni… quindi… doveva conoscerlo pure lui!
<< Ami ancora il tuo capitano? >>
Akira si strinse nelle spalle. Da quando…
cioè…. Non riusciva a formulare una frase concreta.
<< Akira… >> fu Hiro a parlare: << Akira è… di
lui sono innamorato da sempre, ma non ho speranza. Per lui sono solo il suo
migliore amico. >>
<< Ma non è detto. Tu non glielo hai mai
rivelato… forse… >>
<< No Kenji. Stare con lui è impossibile. Io
voglio una persona che mi ami per quello che sono, che ami solo me e nessun
altro. Che non mi tradisca, che non muoia dietro il primo viso carino che
gli si avvicina. Voglio una persona che ami solo me! E Akira questo non può
darmelo. >>
In quel momento arrivò il metrò. Hiro si alzò
risoluto. Nel suo sguardo il cipiglio severo di sempre. Salì nella carrozza
ridendo insieme a Kenji e le porte si richiusero alle loro spalle.
Akira rimase immobile contro il muro anche
dopo che il metrò si era allontanato. Era scivolato lungo la schiena e aveva
appoggiato le braccia sulle ginocchia. Ora capiva molte cose. Capiva il
motivo che aveva allontanato il suo migliore amico da lui, il perché lo
ignorasse, lo evitasse e perché si rifiutasse di andare a scuola insieme e
aveva capito… aveva capito qual’era la frase che Hiro non gli diceva mai.
Passò l’ultimo treno della sera e Akira era
ancora fermo nella stessa posizione. Guardò l’orologio e decise che avrebbe
fatto una passeggiata fino a casa. E forse sarebbe riuscito a capire.
§ WHO AM I? §
Quella sera Akira Sendo tornò a casa molto
tardi. Poiché aveva perso l’ultimo metrò e dietro non aveva neppure uno yen,
con l’impossibilità di chiamare un taxi quindi, si era fatto quattro lunghi
isolati a piedi ed era tornato a casa molto stanco, considerando il fatto
che aveva fatto pure una partita con Hanamichi e Kaede, dopo gli allenamenti
regolari.
Per fortuna evitò una sgridata da parte della
madre, visto che i genitori erano usciti molto presto quella sera, per una
cena di lavoro.
Akira era salito in camera a farsi una doccia
e aveva riscaldato quello che la madre aveva cucinato per lui, ma senza
troppa convinzione. Aveva mangiucchiato in silenzio e, dopo aver sistemato
la sala da pranzo, era andato a sedersi sul divano. Aveva acceso la tv, ma
di tutti i programmi che aveva visto, non gli era rimasto nulla in mente.
Ricordava solo tutte le parole che aveva pronunciato Hiro. E si sentiva
tremendamente in colpa. Si ricordava di tutte le volte in cui era andato da
lui a raccontargli tutte le sue avventure, descrivendo anche i momenti più
intimi, sicuro che Hiro dovesse ascoltarlo, perché suo amico. Chissà come
doveva essersi sentito Hiro in quei momenti… quando gli raccontava cosa
aveva fatto con quel ragazzo o quell’altra ragazza, quando stava con due
persone contemporaneamente, quando gli raccontava di un’altra, l’ennesima,
fiamma.
E lui restava sempre in silenzio. Ascoltava
con lo sguardo basso. Cosa pensava, Hiro? E poi alzava la testa e lo
guardava, lo vedeva aprire la bocca e richiuderla subito dopo, mordendosi le
labbra. Cosa avrebbe voluto dirgli, Hiro? E perché lui non glielo aveva mai
chiesto? Perché era rimasto ad aspettare? Tanto lo sapeva che Hiro non gli
avrebbe mai raccontato nulla. Se Hiro avesse avuto dei problemi avrebbe
cercato di risolverli da solo, senza l’aiuto di nessuno, perché era questo
il suo carattere. Hiro era fiero, indipendente, terribilmente cocciuto e
timido, come quando erano piccoli. Perché allora lui non aveva cercato di
andare oltre, di vedere la verità. E adesso aveva perso anche la sua
amicizia. Tutta per colpa del suo egoismo e di quel Ryo. Ma Ryo chi? Kenji
aveva detto che Ryo era il campione della squadra universitaria di basket…
ma certo! Ryo Yoshizumi! L’idolo delle folle! Quel giocatore dalla faccia di
supermodello! Che rabbia! Ora lui aveva intenzione di portargli via
l’amicizia di Hiro e magari era stato lui a costringerlo ad allontanarlo!
Per avvicinarlo ancora di più a sé! Non potevano esserci altre spiegazioni e
lui si sarebbe ripreso Hiro, ad ogni costo. Loro erano amici, giusto? E chi
separa gli amici non può essere perdonato!
Prese il telefono e compose il numero di casa
di Hiro, ma arrivato alla terza cifra chiuse. Hiro non era a casa, era da
Fujima e siccome era venerdì ci sarebbe rimasto anche il sabato mattina.
Poco male! L’avrebbe incontrato nel pomeriggio per gli allenamenti. Ora che
ci pensava… cosa era andato a fare a casa di Kenji? Aveva parlato di fine
settimana… quindi voleva dire che ci sarebbe rimasto pure la domenica?
Ad ogni modo il giorno dopo avrebbe parlato
con lui, ma cosa gli avrebbe detto? Sai ti ho visto ieri con Kenji, ma non
mi sono avvicinato perché stavo ascoltando! Bella uscita! E lui così gli
avrebbe mollato un pugno in un occhio.
Guardò l’orologio. Erano solo le undici. Prese
il telefono e chiamò Hiro al cellulare. Non sapeva neppure lui il motivo, ma
sentiva il bisogno di ascoltare la sua voce. Ormai era diventata una dolce
abitudine dalla quale non riusciva a staccarsi.
Il cellulare suonò parecchie volte. Forse Hiro
non lo sentiva o forse, ancora peggio, non voleva prenderlo. Akira fu sul
punto di staccare molte volte, ma ogni volta si diceva “ancora un altro
squillo e poi spengo” e il cellulare continuava a suonare.
<< Pronto? >> rispose con voce allegra Hiro.
<< Hiro-kun! Era ora! Ti eri addormentato? >>
<< Ah! Sei tu Akira? >>
Perché non lo chiamava più Aki o Aki-chan? E
perché quel tono scocciato, così differente da quello allegro di quando
aveva risposto?
<< Già. Senti… come mai sei uscito di corsa
oggi? Volevo invitarti a prendere un gelato… >> disse Akira steso sul divano
giocando con il filo del telefono.
<< Avevo un impegno. >>
<< Capisco… Senti Hiro… usciamo insieme
domani? >>
<< Senti Akira… io adesso devo chiudere… ne
parliamo domani ok? >>
Akira si alzò di scatto dal divano. Adesso
esagerava. Va bene evitare di parlargli, va bene sbuffare ogni volta che
apriva bocca… ma così… così lo faceva sentire una persona senza valore, lui
che aveva sempre creduto di essere il centro del suo mondo.
<< No. Ne parliamo adesso! Senti Hiro io non
so che ti stia prendendo, ma mi tratti da schifo, te ne rendi conto? Non
vuoi fare più la strada con me, non mi parli, non pranziamo insieme… si può
sapere che ti prende? Mi eviti e oggi mi stai pure trattando male! Mi
stupisco che non mi abbia ancora chiuso il telefono in faccia! Io sono
preoccupato e invece tu? Che ti sta succedendo… che ci sta succedendo? E non
dire che non succede nulla perché non ci credo! >>
Hiro che per tutto il tempo era stato in
silenzio, lo rimase anche dopo che Akira finì di parlare. Dall’altro lato
della linea, si sentiva il respiro affannato dell’amico. Niente rumori di
sottofondo. Solo il suo respiro ed era sicuro che, se avesse teso l’orecchio
avrebbe sentito il suo cuore battere veloce. Ma Hiro restava in silenzio e
Akira iniziava ad infastidirsi, così decise di chiudere la conversazione:
<< Vabbeh ho capito! Senti ti richiamo quando
sarai più in vena di parlare con me, sempre che non ti faccia troppo schifo
anche in quel momento. Dove abito lo sai, almeno credo, visto che non ci
vieni più a casa mia. Quando hai voglia di spiegarmi fammelo sapere. >> e
senza aspettare risposta aveva staccato la telefonata, spento il cellulare e
gettato sul divano con rabbia. Poi era andato nel cortiletto a fare quattro
tiri al canestro. Ma perché era così difficile parlare con Hiro? Perché ogni
volta che ci provava e lui innalzava inconsciamente quel muro, lui si
sentiva come cacciato via e si infuriava? Perché non riusciva mai a parlare
sinceramente con lui?
Fece qualche tiro al canestro, ma senza
insaccarne uno. Si era comportato male con Hiro, lo sapeva, ma lui non era
stato di meno, tuttavia… lui poteva capire e non lo aveva fatto.
Entrò in casa e riaccese il telefono. Prima di
comporre il numero dell’amico, il cellulare s’illuminò informandolo di un
nuovo messaggio.
“Scusa x prima. Ho
provato a tel, ma il cell era spento. Ci vediamo agli allenamenti domani? H.”
Questa volta Akira
sorrise e si diresse in camera, dove rilesse il messaggio più volte. Allora
non tutto era perduto. Poteva ancora sperare.
§ WHAT DO I WANT? §
Il cellulare continuava
a suonare. Hiro, che si stava divertendo a tirare i cuscini addosso a Kenji,
quasi non lo sentì. Fu Kenji ad accorgersene e ad avvisare Hiro. Se Hiroaki
avesse visto bene il nome che brillava nel display, di sicuro non avrebbe
risposto, come aveva fatto molte volte, ma Hiro, troppo preso dalla
battaglia, non notò chi stesse chiamando e rispose alla telefonata.
<< Pronto? >> rispose Hiro sedendosi sul letto
e sistemandosi i capelli.
<< Hiro-kun! Era ora! Ti eri addormentato? >>
Akira! Hiro allontanò il cellulare
dall’orecchio e guardò il display. Perché non aveva controllato prima?
Eppure conosceva l’abitudine di Akira di telefonargli la sera…
<< Ah! Sei tu Akira? >> rispose facendo pesare
il cambiamento di tono.
<< Già. Senti… come mai sei uscito di corsa
oggi? Volevo invitarti a prendere un gelato… >>.
Hiro cercò di calibrare bene le parole: <<
Avevo un impegno. >>
<< Capisco… Senti Hiro… usciamo insieme
domani? >>
Cosa poteva rispondergli? Lui avrebbe voluto,
ma il giorno dopo sarebbe dovuto andare da Ryo, per questo era rimasto a
dormire a casa di Fujima.
<< Senti Akira… io adesso devo chiudere… ne
parliamo domani ok? >>
<< No. Ne parliamo adesso! Senti Hiro io non
so che ti stia prendendo, ma mi tratti da schifo, te ne rendi conto? Non
vuoi fare più la strada con me, non mi parli, non pranziamo insieme… si può
sapere che ti prende? Mi eviti e oggi mi stai pure trattando male! Mi
stupisco che non mi abbia ancora chiuso il telefono in faccia! Io sono
preoccupato e invece tu? Che ti sta succedendo… che ci sta succedendo? E non
dire che non succede nulla perché non ci credo! >>
Hiro si distese sul letto e portò una mano
sugli occhi. Kenji rimase seduto con le spalle appoggiate alla spalliera,
guardando distrattamente le foto di un giornale di basket. Il petto di Hiro
si muoveva in modo regolare, eppure era sicuro che, dentro di sé, stesse
tremando.
<< Vabbeh ho capito! Senti ti richiamo quando
sarai più in vena di parlare con me, sempre che non ti faccia troppo schifo
anche in quel momento. Dove abito lo sai, almeno credo, visto che non ci
vieni più a casa mia. Quando hai voglia di spiegarmi fammelo sapere. >>
Kenji vide solo Hiro aprire gli occhi di
scatto e guardare il telefono stralunato.
<< Akira? >>
<< Mi ha chiuso il telefono in faccia. >>
<< Capisco. >>
<< Mi sono comportato male, Ken. Ho solo
pensato a me e non a come avrebbe potuto reagire Akira al mio improvviso
distacco. Ho sempre pensato che a lui non interessasse nulla… >>
Kenji si sistemò meglio sul letto. Hiro
compose il numero di Akira più volte, ma, a quanto sembrava, Sendo doveva
essere così arrabbiato che aveva spento il cellulare. Poi lo vide ricercare
nella rubrica e comporre un altro numero.
<< Ciao, sono io. Ti dispiace se domani ci
vediamo sul tardi? Mi sono ricordato di avere gli allenamenti di basket….
Ok. A domani. Ciao. >> poi armeggiò con la composizione di un sms e, ne
dedusse Kenji, lo spedì ad Akira, poi spense la luce dell’abatjour al suo
lato e rimase con gli occhi aperti a fissare il soffitto. Kenji gli passò
una mano fra i capelli, scompigliandoglieli e si voltò dall’altro lato,
cercando di dormire.
Cosa voglio di più? Cosa desidero? Non era
forse l’amore di una persona a me troppo vicina? Maledizione! Perché si era
innamorato proprio di lui? Giù era troppo essersi innamorato di un ragazzo,
ma se poi quel ragazzo aveva il volto del suo migliore amico, allora
l’errore diventava orrore! Come avrebbe potuto dire ad Akira cosa provava
per lui? Magari lo avrebbe preso in giro. No. Akira era suo amico, poteva
avere anche tutti i difetti del mondo, ma non lo avrebbe mai deriso. E
allora? Si sentiva davvero un malfattore a stargli vicino come amico, pur
sapendo che il sentimento che li univa era diverso. E poi ascoltare tutte le
sue avventure, i particolari sussurrati ad un millimetro dal suo orecchio e
quei brividi che lo coglievano a sentirlo così vicino. Ed ascoltava, ogni
singola parola e si malediceva per essere lì, in quel momento, di ascoltare
i suoi resoconti, le sue innumerevoli conquiste. E allora sentiva una voce
dentro che gli gridava di farlo tacere, di confessargli tutto e lui ci
provava, solo che non ci riusciva. Alzava lo sguardo pronto per parlargli,
rischiando anche di porre fine all’amicizia, ma poi lo vedeva sorridente che
aspettava una sua parola e lui rinunciava. Abbassava nuovamente lo sguardo e
mordendosi un labbro cercava di reprimere i suoi sentimenti. E puntualmente
ci riusciva, allora lo guardava accigliato, sbuffava magari un po’, contento
che Akira non si fosse accorto di nulla, e lo rimproverava ed Akira stava ad
ascoltare, con quei bellissimi occhi blu, il sorriso dolce, come non gli
vedeva mai con nessuno.
Cosa voglio di più? Qualcosa che non posso
avere.
§ WHAT DOES I DESIRE? §
Il giorno dopo, puntale come un orologio
svizzero, Akira attese l’arrivo di Hiro negli spogliatoi, voltando lo
sguardo verso la porta ogni volta che qualche compagno l’apriva. Finalmente
Hiro entrò, accompagnato da Fukuda. Era sempre il solito, almeno così
sembrava all’apparenza. Parlava con Kittcho di un film trasmesso in Tv
qualche sera prima. Akira gli si avvicinò sorridendo e quando Hiro lo vide
ricambiò timidamente il sorriso.
Koshino perse volontariamente del tempo a
vestirsi, aspettando che tutti i compagni terminassero di cambiarsi, per
poter restare da solo con Akira. Quando finalmente gli altri compagni di
squadra, chiacchierando animatamente degli allenamenti, uscirono, Hiro si
voltò verso Akira, seduto dietro di lui. Aveva il solito viso sorridente.
<< Scusa Akira per come mi sono comportato.
Non è vero che volevo allontanarti, è solo che sto passando un momento
particolare e… mi dispiace di averti fatto soffrire. >>
<< Hiro noi due siamo amici, se c’è qualcosa
di cui mi vuoi parlare, qualsiasi cosa, non hai altro che dirmelo. >>
Hiro alzò lo sguardo, come tutte le volte che
era sul punto di dirgli qualcosa, ma scrollò la testa con forza. Ormai aveva
preso la sua decisione e non sarebbe tornato indietro. Aki fece per
replicare, ma Fukuda si affacciò alla porta degli spogliatoi avvisandoli
dell’arrivo di Taoka. Akira fece segno a Kittcho di aspettare, ma Hiro fu
più veloce di lui e uscì prima ancora che Akira potesse parlargli.
Come sempre durante gli allenamenti, il coach
non fece che gridare. Quel giorno sembrava un ossesso e le sue vittime
preferite erano, neanche a dirlo, Sendo e Koshino, il capitano e il vice.
Gli unici due giocatori che sembravano giocare in un mondo parallelo. Hiro
evitava il contatto con Akira, Akira cercava in tutti i modi di avvicinarsi
a Hiro… Taoka era a dir poco furibondo. Dopo due ore d’allenamenti era
rimasto persino senza voce.
<< Andate a fare la doccia. Sendo! Koshino!
Voi invece rimarrete a sistemare la palestra, sotto la mia supervisione,
dopo un allenamento speciale, s’intende. >>
E così cominciarono l’allenamento speciale di
Taoka. Cento flessioni. Cinquanta giri di campo. Duecento tiri liberi. Alla
fine dell’allenamento i compagni di squadra se ne erano andati da un pezzo,
Taoka guardava i due ragazzi con un ghigno di soddisfazione e Akira e Hiro
boccheggiavano sul pavimento, privi di forza. E dovevano ancora mettere a
posto la palestra!
<< Permesso? Hiro sei ancora così? >>
Ryo Yoshizumi. Il fulcro dei problemi di Akira
aveva appena varcato la soglia della palestra. L’allenatore Taoka l’aveva
riconosciuto subito e gli aveva fatto cenno di accomodarsi. Akira, nel
frattempo, aveva guardato furtivamente Hiro e quello che aveva visto non gli
era piaciuto. Hiro si era subito tirato a sedere e si era sistemato capelli
e maglia. Gli aveva sorriso quando aveva incrociato il suo sguardo e si era
alzato, senza neppure voltarsi verso di lui.
<< Koshino tu conosci Yoshizumi? >> aveva
chiesto l’allenatore basito.
<< Sì. Io e Hiro-kun ci conosciamo da poco
tempo, ma è come se fosse una vita! >> aveva risposto Ryo al suo posto, poi
rivolgendosi al ragazzo aveva continuato: << Ma se non sbaglio dovevamo
uscire e tu sei ancora ad allenarti… >>
<< Non ti preoccupare ha appena finito. Akira,
Hiroaki andate a cambiarvi. Alla palestra penserete lunedì prima di andare a
lezione. >>
Ryo e Hiro ringraziarono e salutarono
Taoka-sensei con un inchino e poi si diressero agli spogliatoi. Akira rimase
a parlare con l’allenatore, per dare modo a Hiro di parlare con quel
damerino e lui di ascoltare la conversazione di nascosto. Sapeva che non era
leale, ma Hiro altrimenti non gli avrebbe mai detto nulla!
Ripensò a Ryo. Certo era davvero un bel
ragazzo, uno di quelli per il quale lui avrebbe perso facilmente la testa.
Era alto, almeno quanto lui, aveva lunghi capelli neri, occhi scuri e una
pelle molto chiara che gli dava qualcosa del gaijin. Aveva lineamenti dolci,
un sorriso ammaliante, delle labbra di sicuro molto morbide e rosee… eppure
qualcosa di lui non gli piaceva assolutamente.
Liquidò il coach inventando un impegno
importante e si diresse deciso verso gli spogliatoi. Si guardò attorno con
fare da cospiratore e aprì la porta quel tanto che bastava per dargli una
visuale della stanza. Vide Hiro bloccato al muro da due braccia.
<< Ryo, smettila! Akira potrebbe entrare da un
momento all’altro! >> aveva detto Hiro arrabbiandosi e puntando le braccia
contro le sue spalle, ma Ryo era irremovibile.
<< Che entri pure, non m’interessa. Adesso ho
altre priorità. >> detto questo aveva avvicinato il viso a quello di Hiro:
<< Se non sbaglio, ieri, hai detto che avevi qualcosa da dirmi. >>
<< Sì… riguarda la proposta che mi hai fatto…
ma sediamoci un attimo. >>
Ryo si spostò e lasciò passare Hiro. Si
sedettero uno di fronte all’altro e Akira, dalla posizione in cui si
trovava, poteva benissimo vedere l’espressione di Ryo. Era molto nervoso, lo
si vedeva dal movimento ritmico con cui si toccava i capelli.
<< Io… ci ho pensato molto su e ho deciso di
accettare. >>
Gli occhi di Ryo si riempirono di stupore e si
allargarono fino a diventare quasi due cerchi. Si alzò dalla panca e si
sedette vicino a Hiro. Akira purtroppo non riusciva a vedere nulla, ma, in
compenso, percepiva anche i minimi sussurri.
<< Io non ti prometto nulla, Ryo. Sai che sono
ancora innamorato di lui, ma possiamo provarci. Ho bisogno di
disintossicarmi e sono sicuro che, con te, potrei farcela. >>
<< Hiro. Ti prometto che riuscirò a fartelo
dimenticare. >>
<< Lo spero… lo spero davvero. >>
Akira aveva udito sussurrare quelle parole con
un tale tono di rassegnazione che gli si strinse lo stomaco. Rimase in
ascolto, ma i suoni erano cessati, così spalancò la porta con un calcio.
Hiro si alzò di scatto, mentre Ryo gli sorrise soddisfatto. Akira entrò
senza neppure guardare, rovistò nella sua sacca e si chiuse nel reparto
docce.
Quello che aveva visto entrando, non gli era
per niente piaciuto. Hiro aveva gli occhi socchiusi ed aveva allacciato le
braccia attorno al collo di Ryo. Questi lo aveva stretto a sé e lo stava
baciando con dolcezza. Era stato solo un attimo, ma lo aveva riempito di
rabbia, che neppure lui sapeva spiegarsi. Hiro era il suo migliore amico.
Probabilmente lo infastidiva che lo aveva tenuto all’oscuro di tutto. Da
quanto tempo conosceva Ryo? Da quanto si frequentavano? Da quando era
innamorato di lui?
Hiro entrò nella doccia poco dopo. Si mise nel
box accanto ed ogni tanto lo guardava di sfuggita. Aveva lo sguardo basso.
<< Tu e quello lì state insieme? >> gli chiese
non riuscendo a trattenersi.
<< Sì. Ti da fastidio? >>
<< Da quando vi conoscete? >>
<< Ci ha presentati Kenji, è un suo amico di
infanzia. Ma non hai ancora risposto. >>
<< Perché non me ne hai mai parlato? >>
Akira aveva chiuso la doccia e si era
appoggiato con le braccia sul muro che divideva le due docce. Aveva uno
sguardo severo, a Hiroaki sembrò molto arrabbiato e questo lo spaventò. Si
conoscevano da anni, eppure quella era la prima volta che vedeva Akira
Sendo, il ragazzo dall’eterno sorriso, davvero arrabbiato. Il viso era teso
e il sorriso era un ghigno. Gli occhi lo guardavano in profondità.
<< Akira… se non te l’ho detto… >>
<< Lo ami? >> a questa domanda Hiro lasciò
cadere lo shampoo che aveva ancora in mano. Fece per abbassarsi e prenderlo,
ma due braccia forti lo fecero sbattere contro la superficie dura delle
mattonelle. Akira era entrato nel suo box doccia e adesso lo premeva contro
il muro. Le sue mani si serravano sulle braccia candide del ragazzo, i suoi
occhi di fuoco puntati nei suoi, i capelli bagnati che scivolavano sul viso.
<< Akira Sendo! Che diavolo stai facendo? >>
disse Hiro recuperando un po’ della sua baldanza.
<< Ti do una possibilità Hiro. Ti do la
possibilità di capire e scegliere. >>
Detto questo si abbassò sul ragazzo e lo baciò
con furia. Hiro spalancò gli occhi dallo stupore e cercò di divincolarsi
dall’abbraccio, ma Akira era troppo pesante, troppo alto, troppo forte per
lui e non riuscì a scostarlo neppure di un centimetro. Ma era poi questo ciò
che voleva? Quante volte, ascoltandolo parlare e osservando la sua bocca
aprirsi e chiudersi in magnifici sorrisi, si era chiesto come sarebbe stato
assaporare le sue labbra. E anche quando aveva baciato Ryo, si era chiesto
come sarebbe stato se, al suo posto, ci fosse stato Akira.
Baciare Akira era uno dei suoi sogni proibiti
e adesso lo stava realizzando, ma non era così che doveva andare. C’era
qualcosa di sbagliato in tutto questo, non era quello che lui aveva sempre
sognato e immaginato. Sentì la lingua di Akira fare pressione sulle sue
labbra e il suo corpo cedere a quell’incessante carezza e rispondere, suo
malgrado, al bacio, mentre le sue braccia si allacciavano al suo collo. Era
tutto così… non sapeva neppure lui spiegarsi come. Euforia e tristezza
insieme.
Akira intanto aveva preso a far vagare le mani
lungo il corpo del ragazzo. Hiro le sentì esplorare la sua schiena e
diventare una carezza molto intima. Hiro sapeva che se non fosse riuscito a
reagire, avrebbe ceduto alle sue insistenze e lui non voleva che la sua
prima volta fosse nei bagni degli spogliatoi con un ragazzo che faceva
tutto… per cosa? Vendetta? Rabbia? Gelosia? Amore? No. Akira Sendo non aveva
mai amato nessuna delle sue prede e lui non voleva essere un numero della
lista. Non voleva perdere anche la sua amicizia, ma forse, ormai, era troppo
tardi.
Facendo forza su se stesso, serrò le labbra,
mordendogli la lingua, proprio quando le mani di Akira si erano intrufolate
dentro il suo corpo. Akira si era staccato di scatto e Hiro n’aveva
approfittato per rifilargli un pugno sul viso. Akira perse l’equilibrio e
cadde all’indietro, finendo contro il pavimento. Aveva il corpo ansante, un
rivolo di sangue che gli usciva dalla bocca e uno sguardo confuso.
<< Sei un bastardo Akira Sendo. >> disse Hiro
ancora con il fiatone.
<< E tu sei un bugiardo Hiroaki Koshino. >>
rispose Akira sollevandosi da terra e asciugandosi il sangue con la mano.
<< Spero che tu sia soddisfatto! Che volevi
dimostrare? >> aveva sibilato Hiro fasciandosi i fianchi con l’asciugamano e
non distogliendo lo sguardo dal suo.
<< Che sei innamorato di me e non di quel
damerino da strapazzo! >>
Hiro lo guardò impietrito. Ora capiva tutto.
Per Akira era una sfida. Lui doveva sempre essere il migliore di tutti, ma
questa volta, Akira Sendo, non l’avrebbe vinta.
<< Sei un bastardo Akira! >>
<< E tu sei falso. Stai con quel deficiente
pur sapendo di non amarlo. Ti ho sentito ieri parlare con Fujima alla
stazione della metropolitana. >>
Koshino ricordò. Dopo essere entrato nella
carrozza del metrò, si era voltato verso la porta che si stava chiudendo, e
aveva lasciato vagare lo sguardo incurante, mentre Kenji faceva battute su
Maki e la sua cotta per la Nobu-scimmia, come lo chiamava Sakuragi. Aveva
lasciato vagare lo sguardo senza una meta, fino a quando aveva scorto
un’ombra dietro il muro o almeno così gli era parso, dato che il metrò era
ripartito e non gli aveva lasciato il tempo di guardare meglio. Eppure aveva
continuato a pensarci, perché in quell’ombra aveva riconosciuto qualcosa di
familiare.
“Era lui allora…”
<< Che diavolo pensi di aver dimostrato così?
Eh? >>
<< Solo quello che hai capito. >>
Hiro calmò il tremore nervoso che aveva preso
ad agitarlo, decise di non farsi la doccia e andò dritto negli spogliatoi,
girando il più possibile al largo di Akira.
“Sei un idiota, Akira! Che cazzo ti è preso?
Bene! E tu che volevi che si fidasse di te! Hiro mi odierà per il resto
della vita!” aveva pensato Akira massaggiandosi lo zigomo destro.
Quando rientrò negli spogliatoi, Hiroaki si
stava cambiando. Aveva ancora i capelli in parte insaponati e la schiuma
sulla spalla destra. Akira rovistò nella sua sacca e cominciò a cambiarsi.
<< Hiro-kun ascolta… >>
Hiroaki si voltò di scatto, aveva gli occhi
rossi e le labbra gli tremavano per la rabbia.
<< Non chiamarmi mai più Hiro-kun! E non
provare a toccarmi o ti ammazzo. >>
<< Kosh mi dispiace… io… >>
<< Sei un maniaco Akira! >>
<< E tu sei uno stronzo! >> Akira non avrebbe
voluto reagire in quella maniera, ma vedere il suo amico di sempre così
furioso nei suoi confronti gli aveva fatto perdere la pazienza: << Credevo
che almeno tu mi avessi capito, ma mi sbagliavo. Sei solo un maledetto
egoista! Hai preso una decisione che riguarda anche me senza neppure
dirmelo. Se ieri non avessi ascoltato la tua chiacchierata con Kenji adesso
non saprei nulla! Pensi sempre e solo a te stesso! >>
Detto questo prese la sacca, chiuse
l’armadietto con rabbia e uscì sbattendo la porta degli spogliatoi.
§ ALL I WANT IS YOU §
Akira Sendo uscì in fretta da scuola. Era
arrabbiato, ma più che con Hiro era arrabbiato con se stesso. Quando aveva
visto Hiro baciare Ryo, una rabbia incontrollata si era impadronita di lui e
per poco, nelle docce, non aveva violentato il suo migliore amico. Se avesse
potuto si sarebbe preso a pugni! La reazione di Hiro era stata più che
razionale e ragionevole! Come gli era saltato in testa di fare… fare cosa?
Sentiva il bisogno urgente di parlare con
qualcuno, ma non sapeva chi. Da Hanamichi era escluso, il volpino lo avrebbe
preso a pugni appena lo avesse visto. Mitsui e Kogure? Non aveva abbastanza
confidenza con loro. Fukuda? Quel giorno doveva uscire con Jin e non voleva
rovinare la giornata al suo amico. Chi restava? Passò in rassegna le coppie
gay che conosceva e rimasero Hanagata e Fujima, Maki e Kyota. I primi due,
per ovvi motivi, non si poteva che escluderli. Rimaneva Maki. Sì. Lui
avrebbe saputo aiutarlo. Aveva dovuto affrontare una situazione simile con
Kyota, quando lo aveva creduto innamorato di Jin…. Ma sì! Sarebbe andato a
casa di Maki. Lo aveva sentito qualche sera prima e gli aveva detto che
sarebbe tornato per il fine settimana. Sperava solo che Kyota non lo
squartasse.
Giunto a casa di Maki, aveva dovuto suonare
almeno una decina di volte prima che il padrone di casa andasse ad aprire.
Probabilmente aveva interrotto qualcosa, visto che Shin era senza maglia e
con i pantaloni leggermente sbottonati.
<< Akira? >>
<< Ehm… scusa se ti disturbo, ma avrei… >>
L’ex capitano del Kainan non lo fece
continuare e lo tirò dentro. Al lato destro del viso di Akira era già
spuntato un vistoso ematoma violaceo.
<< Quello? >> chiese Shin indicandogli con un
dito il livido.
<< Kosh. >>
<< Accomodati in sala. Io vado ad avvisare
Nobu della tua venuta. >>
Nobunaga intanto stava rivestendosi
borbottando mille imprecazioni contro quell’ “insensibile che l’aveva
allontanato dal suo adorato Macchan.”. Quando Shin lo raggiunse, Nobunaga
stava gettando i vestiti alla rinfusa nella sacca, con l’intenzione di
tornarsene a casa. Shin gli si avvicinò da dietro e lo strinse a sé.
All’inizio Nobu cercò di divincolarsi, poi si lasciò andare.
<< Chi era stavolta? Eh? Tua sorella con la
scusa sempre pronta per ficcanasare o il tuo vicino con l’auto in panne? O
un venditore porta a porta? Uffa Shin! E’ mai possibile che ti debba
dividere con il mondo intero, nei brevi momenti che passiamo insieme? >>
disse Nobu appoggiando le sue mani su quelle di Shin, che lo tenevano
stretto a sé.
<< E’ Akira. >>
Nobu si sciolse dall’abbraccio e guardò il suo
ex capitano in maniera così arrabbiata che, per un attimo, Shinichi pensò di
ritrovarsi davanti Sakuragi nei suoi momenti peggiori.
<< Ora quel bell’imbusto mi sente! >>
Per fortuna Shinichi fu più veloce di lui e
chiuse la porta a chiave, prima che Nobu potesse scendere a riempire
d’imprecazioni poco gentili il nuovo arrivato.
<< Nobu… >> disse il ragazzo dalla carnagione
bronzea, accarezzando con un dito la fronte della sua scimmietta: << E’ nei
guai. Ha bisogno di qualcuno con cui parlare. >>
Nobu chiuse gli occhi e inspirò profondamente.
Quando Shin usava quel tono suadente con lui, era impossibile arrabbiarsi.
E, infatti, Nobu cedette subito e accantonò, almeno per il momento ogni
velleità vendicativa. Scesero al piano di sotto tenendosi per mano. Akira
era seduto sul divano. La testa gettata all’indietro, gli occhi chiusi, le
mani che stringevano nervosamente la stoffa dell’uniforme scolastica. Shin
chiese a Nobu di andare a prendere del ghiaccio in cucina, per via
dell’ematoma già molto visibile.
<< Allora Akira. Cos’è che non va? >>
Akira aprì gli occhi di scatto. Era così
immerso nei suoi problemi che non aveva sentito Maki avvicinarsi. Si guardò
attorno per scorgere il viso arrabbiato di Nobu, ma Shin, intuendolo, gli
aveva detto che la scimmietta del Kainan era in cucina.
<< Mi dispiace di avervi disturbato. >>
<< E fai bene! Se non fosse per Shin ti avrei
già preso a pugni… >> esordì Nobu entrando nel salotto con del ghiaccio
avvolto in un asciugamano. Gli si sedette a fianco e, guardandolo torvo,
tanto da far scappare una risata sommessa ad Akira, gli appoggiò, non molto
delicatamente, il ghiaccio sull’ematoma: << Ma a quanto vedo ci ha già
pensato qualcuno…. Una tua ex o il tipo? >>
<< Fai piano, Kyota! E comunque è stato
Hiroaki. >>
<< Koshino? >> chiese stupito Kyota.
<< Già. >>
<< Chi gli hai fatto? >> chiese Shin
sistemandosi meglio sulla poltrona.
<< L’ho quasi violentato. >>
Akira, notato lo sgomento di Maki e Kyota,
aveva iniziato il racconto, cominciando dall’atteggiamento di Kosh negli
ultimi tempi, passando per la conversazione ascoltata involontariamente fra
lui e Fujima, finendo alla discussione negli spogliatoi, senza tralasciare
l’incidente delle docce.
<< Che faccio adesso? >> chiese Akira
riaprendo gli occhi e spostando lo sguardo dall’uno all’altro interlocutore.
<< E lo chiedi a noi, Akira? >> chiese Maki.
<< Sono venuto da te, perché tu… beh sì… tu
avevi passato una situazione simile con Kyota… >>
<< E’ vero. Ma era
diverso! Io amavo e amo tuttora Nobunaga. E Tu? Ami davvero Koshino o
inconsciamente vuoi solo tenerlo legato a te? Non ti sembra un po’ egoista?
>>
<< Shin ha ragione. Prima di tutto devi capire
se ne sei innamorato, anche perché non sarebbe giusto privare Hiro di
qualcosa di così importante come l’amore e poi… poi il resto verrà da sé. In
fondo Hiroaki è innamorato di te, no? Se lo ami, dovrai solo convincerlo
della sincerità delle tue parole, perché non devi dimenticare che lui ti
conosce, è il tuo migliore amico e come tale sa tutto di te, comprese le tue
storie. Ha ascoltato ogni tua singola avventura… >>
Akira spostò l’asciugamano con il ghiaccio e
si massaggiò la parte lesa. Gli faceva un male cane. Non aveva mai visto
Hiroaki così furioso, ma cosa si poteva aspettare? Lui stesso non riusciva a
capire cosa avesse fatto e cosa provasse. Come poteva spiegarlo a Kosh? Lo
amava? O, come diceva Kyota, voleva tenerlo con sé solo per egoismo? Lui
sapeva solo che non poteva permettere a nessuno di portarglielo via. Quelle
settimane senza di lui erano state infinite, noiose, vuote. Ogni cosa si era
svolta con lentezza. Non c’era stato niente che lo avesse fatto stare in
trepida attesa, come accadeva quando divideva qualcosa con Hiro. E ora?
Avrebbe più voluto rivederlo?
<< Cosa ne dici di cominciare dal vero inizio?
Forse parlare ti farà bene e riuscirai a fare chiarezza sul tuo rapporto con
Koshino. >> aveva detto Kyota.
<< Vediamo… Io e Hiro ci conosciamo
praticamente da sempre. Abbiamo fatto le elementari, le medie, le superiori
insieme e probabilmente avremmo frequentato la stessa l’università…. Quando
conobbi Hiro, era il suo primo giorno di scuola. Si era trasferito a metà
anno da Osaka. Lui è sempre stato un ragazzo timido e fare amicizia per lui
non è mai stato semplice. Mi ricordo che stava sempre seduto sul suo banco a
pensare, con i gomiti appoggiati sul legno, il viso sorretto dalle mani e io
mi chiedevo: cosa sta pensando di così bello? Perché Hiro, quando pensava,
mostrava un sorriso bellissimo, così distante dal broncio che teneva sempre,
da farlo sembrare una persona diversa. Aveva i capelli corti che, con il suo
sguardo perennemente arrabbiato, lo avevano fatto diventare il duro numero
uno della scuola. Aveva parecchie bambine che gli scrivevano lettere rosa e
io sapevo che, se solo fossi riuscito a diventare suo amico, nessuno sarebbe
stato più importante di me e nessuno più di lui, e nei suoi pensieri ci
sarei stato solo io e solo io sarei riuscito a farlo ridere. I bambini
invece lo evitavano perché avevano paura. Un giorno mi avvicinai a lui e gli
sorrisi. Mi presentai e gli chiesi di diventare il mio migliore amico e
allora capii che, la sua aria da duro, era solo una maschera, che in realtà
era buono e molto timido. Lui sorrise, arrossì e da quel giorno non ci
dividemmo più. Siamo sempre stati insieme, io con lui e lui con me, nessun
altro tra noi. Neppure le ragazzine che mi portavo a letto e i ragazzi che
cercavo di conquistare… nessuno è mai riuscito a dividerci, perché per me
Hiro viene prima di tutto e so, che se me lo chiedesse, sarei disposto a
fare ogni cosa per lui. >>
Nobu gli sorrise dolcemente: << Se non si
chiama questo amore? >>
§ ARE YOU MY ONLY DESIRE? §
Come da programma, Hiroaki e Ryo, trascorsero
buona parte della serata al cinema, ma del film in programma Hiro vide molto
poco. Per tutta la durata del film, la sua mente aveva programmato, e girato
in sequenza, il pomeriggio trascorso con Akira. Che diavolo era preso a quel
demente? L’aveva quasi violentato… però…
Ryo era stato paziente con lui e non gli aveva
ancora chiesto nulla, ben sapendo cosa si agitasse nella mente contorta del
suo ragazzo. Aveva cercato di concentrarsi sul film, ma con scarsi
risultati. Sentire accanto a sé Hiro che mugugnava e si muoveva nervosamente
sulla poltroncina di velluto nero, non era rassicurante. Per fortuna poi il
film era iniziato e lui si era, a poco a poco, rilassato. Era sprofondato
nella poltroncina e aveva cominciato a divorare quel film, quasi fosse la
sua ancora di salvezza. Ryo gli aveva appoggiato un braccio dietro le
spalle, ma Hiro non se n’era neppure accorto.
Il film finì con immenso piacere di Hiro. Era
stato così lungo che aveva temuto di restare attaccato alla poltroncina al
momento di alzarsi. Ryo era stato silenzioso tutto il tempo e anche in quel
momento, mentre passeggiavano per il parco deserto, non parlava.
<< Qualcosa non va? >> aveva chiesto Hiro
titubante.
<< Dimmelo tu! >> aveva invece risposto Ryo
voltando distrattamente lo sguardo da un angolo all’altro del parco.
<< Io? Che ti dovrei dire? >>
<< Quello che è successo negli spogliatoi per
esempio e perché Sendo è uscito come una furia. >>
Hiro si strinse nelle spalle. Non aveva
proprio voglia di parlare di Akira e quanto meno con Ryo. Voleva lasciare il
pensiero di quello zuccone hentai fuori dalla sua mente. Capiva, però, anche
l’esigenza di Ryo di sapere cosa era davvero accaduto. Ci pensò su un po’,
stringendosi nella giacca, poi fece segno a Ryo di seguirlo e si sedettero
su un sedile di legno, immerso nel verde e a riparo da eventuali occhi
indiscreti. Se si fosse trattato di un altro momento, quella sarebbe stata
l’occasione perfetta per… Hiro arrossì non riuscendo a finire la frase.
Quell’hentai di Akira stava contagiando pure lui. Akira… chissà come c’era
rimasto male… appena tornato a casa avrebbe telefonato a lui, tentando di
restare calmo e chiedergli scusa.
<< Non è successo nulla di particolare…
abbiamo solo litigato. >>
<< Tu e Sendo? >> Ryo sgranò gli occhi.
<< Già. Non succede spesso, ma quando capita
litighiamo di brutto. >>
<< Non riesco ad immaginarvi… ma perché avete
litigato? >>
Hiro si era alzato. Contro la luce candida
della luna, che quel giorno sembrava una presenza evanescente, Hiro
assomigliava ad una creatura magica. Ryo sentì l’impellente impulso di
toccarlo, ma si fermò.
<< Akira… lui mi ha detto di essere innamorato
di me… >>
Ryo si alzò di scatto. Afferrò Hiro da un
braccio e lo fece voltare.
<< E tu? >>
<< Gli ho dato un pugno. >> ma la sua testa
continuava a ripetere che n’era stato felice e che quel pugno era stato dato
solo perché in quel bacio non aveva sentito amore, ma desiderio di possesso:
<< Mi accompagni a casa? Sono un po’ stanco. Quel dittatore di Taoka mi ha
distrutto stasera! >>
Hiro si stiracchiò come un gatto che fa le
fusa. Era molto sensuale, pensò Ryo.
Senza neppure capire cosa stesse facendo, Ryo
gli circondò la vita con le sue braccia e si abbassò per baciarlo. Hiro
chiuse gli occhi, aspettando quel contatto, ma la sensazione che aveva
provato con Akira era stata diversa. La passione dei baci di Akira… il
calore delle labbra di Akira… il sapore della bocca di Akira… era stato un
attimo ma gli era sembrato… il paradiso. Perché con Ryo non era la stessa
cosa? Perché anche quando stava con lui, non poteva fare a meno di pensare
ad Akira? “Chissà che sta facendo Aki? Cosa starà combinando quel
pervertito? …”. Magari non erano frasi molto amichevoli, ma Akira costellava
ogni suo singolo pensiero! Possibile che fosse così irrimediabilmente cotto
di quel cretino con quei capelli assurdi? Però gli stavano così bene quei
capelli! Si abbinavano completamente a quel sorriso sornione e quel viso
d’angelo. (Nota bene: Hiro sta ancora baciando Ryo! NdA.). Sapeva che
dimenticarlo in una volta sola sarebbe stato impossibile, ma sperava che,
stando con Ryo, avrebbe potuto dimenticarlo e farsene una ragione. Per
questo aveva preso ad evitare Akira, gradualmente. Ma non era servito,
perché ogni volta che si comportava da perfetto bastardo, si sentiva in
colpa e non faceva altro che pensare a come Akira avrebbe sofferto. Eppure
non poteva continuare a pensare a lui! Non poteva esserci futuro. Anche ora
che Akira aveva detto di amarlo (ma era stato davvero sincero?), come
avrebbe potuto averne la conferma? Come avrebbe potuto fidarsi ciecamente?
Fiducia e fedeltà! Era questo che voleva e che Akira non poteva dargli.
Cercò di concentrarsi su Ryo, ma il pensiero
di Akira si faceva sempre più nitido, delineandosi sullo sfondo nero della
notte. Perché continuava a pensare a lui? Perché proprio mentre Ryo lo stava
baciando? Ryo! Doveva concentrarsi su di lui! Lui era il suo ragazzo ora e
lo stava abbracciando forte, ma perché Hiroaki non poteva fare a meno di
immaginarsi fra le braccia di Akira?
Ryo si staccò di controvoglia. Guardò Hiro,
con gli occhi ancora chiusi e le mani a pugno. Se n’era accorto, come
avrebbe potuto non farlo? Hiro non provava nulla per lui, questo lo sapeva,
ma aveva sempre sperato che, con il tempo, avrebbe potuto dimenticare Sendo
e amare lui. Cosa aveva più di lui quel porcospino? Perché Hiro n’era così
innamorato da portarsi i suoi sentimenti chiusi in uno scrigno posto in
fondo al suo cuore e preferire così essergli solo amico? Pur di non
perderlo…
Ryo avrebbe voluto chinarsi e rubargli un
altro bacio, ma si allontanò ridendo. Hiro aprì gli occhi di scatto. Ryo
aveva appoggiato la mano sinistra sul ramo di un salice e continuava a
dargli le spalle, mentre il corpo singultava mosso dal riso.
<< Ryo…. >>
<< Non c’è nulla da dire Hiro. >>
Hiro si sentì un verme. In tutto quel mese non
aveva fatto altro che prendersi in giro. Aveva evitato Akira, facendo stare
male entrambi; aveva rinnegato e tradito la loro amicizia. Aveva tradito
Akira in ogni modo possibile. Lui che si era ripromesso di essergli sempre
amico, l’aveva allontanato senza proferir spiegazione. Sapeva che quel
sentimento lo stava logorando, ma che colpa n’aveva Akira? Poteva forse
incolparlo per sempre per non amarlo? Loro erano prima di tutto amici e lui
si sarebbe comportato come tale. Poi, un giorno, forse l’avrebbe
dimenticato, perché qualcuno avrebbe presto il suo posto nel suo cuore, ma
la sua amicizia per lui, quella non l’avrebbe mai estirpata via nessuno.
Akira veniva prima di tutti. E poi, magari…
<< Mi dispiace Ryo. E’ meglio che torni da
solo a casa. >>
Ryo annuì.
<< Fa freddo stasera…. Senti Hiro, io non so
cosa sia accaduto davvero con Sendo, ma magari anche lui era sincero. Questo
però puoi saperlo solo tu, Sendo è un tuo amico e lo conosci meglio di
chiunque altro. Devi decidere se vale la pena fidarsi o no. Ma questo… sei
solo tu a deciderlo. Perché faccio tutto questo? Perché voglio vederti
sorridere e magari un giorno lo farò pure io. Solo una cosa. Di’ a quel
porcospino che se prova a farti soffrire gli spacco la faccia, anche se da
quello che ho visto non ce ne sarà bisogno. Sai difenderti bene da solo, gli
devi aver dato un destro micidiale, visto l’ematoma. >>
§ I’M FREE TO DECIDE §
Sulla strada di casa
Hiro non fece altro che chiedersi cosa gli fosse saltato in mente con Akira.
Gli aveva lasciato un ematoma abbastanza grande perché Ryo lo notasse.
Maledizione! Però Aki se lo era meritato! Così imparava a saltargli addosso
nelle docce della scuola! Maniaco!
Guardò l’orologio. Erano ancora le undici.
Kenji non sarebbe rientrato prima dell’una di notte, se fosse tornato…
quando stava con Toru perdeva la cognizione di ogni tempo.
Uscito dalla stazione proseguì per strade
traverse fino a casa Fujima e lì trovò Akira ad aspettarlo. Hiro notò subito
l’ematoma bluastro al lato destro del volto. Akira si era addormentato sugli
scalini della porta di casa. La testa era appoggiata sul lato sinistro del
porticato e le mani erano in tasca. Come faceva a addormentarsi sempre e
comunque? Sorrise vedendolo, si avvicinò e… gli diede un calcio! Akira si
svegliò di scatto. Aprì gli occhi assommati e con una mano si massaggiò la
gamba, mente con l’altra fermò uno sbadiglio.
<< Si può sapere come fai a dormire ovunque ti
capiti? >> disse Hiro cercando di sembrare arrabbiato, ma non ci riuscì ed
un sorriso comparve sul suo musetto imbronciato.
<< Sempre la solita delicatezza, Hiro-kun. >>
disse Akira alzandosi e sorridendo di rimando.
<< Dai seguimi! >> lo precedette Hiro aprendo
la porta: << Kenji non c’è. >>
Akira seguì Hiro in camera di Fujima. Lo vide
prendere la sacca e mettere dentro i suoi abiti. Seguì Hiro uscire dalla
stanza e spegnere la luce con ancora lui dentro. Poi andarono in cucina,
Hiro scrisse qualcosa su un fogliettino che appese al frigorifero, fermato
da una calamitina a forma di mezza luna.
<< Andiamo? >>
Akira seguì ancora volta il ragazzo, ma prima
diede una sbirciata al messaggio: “Torno a casa. Mi accompagna Akira. E’
tutto ok, non ti preoccupare. Ci sentiamo domani.”.
Appena usciti, Akira chiese delle spiegazioni
al ragazzo che, dapprima sbuffò, poi borbottò qualcosa sui porcospini poco
svegli, e poi si voltò con la sua aria d’altezzosità e gli sorrise.
<< Torno a casa, non hai capito? >>
<< Questo lo avevo capito. Ma come mai? Dov’è
il tuo Ryo. >> disse Akira dando una nota negativa all’ultimo nome.
Si aspettava una sfuriata da parte di Hiro, un
po’ come accedeva sempre, ma Hiroaki si limitò a ridacchiare e a porgergli
la borsa.
<< Perché dovrei tenertela io? >>
<< Così almeno hai le mani impegnate. >> gli
fece la linguaccia Hiro: << E comunque con Ryo è finita. Mi sono accorto di
avere nel cuore una persona più importante, che per ora non riesco
assolutamente a cancellare. >>
<< Forse non ce n’è bisogno, perché quella
persona prova per te lo stesso sentimento. >> detto questo spostò la borsa
nell’altra mano e con quella libera strinse la mano piccola di Hiro.
<< Dicevi sul serio oggi pomeriggio? >>
<< Ai shiteru Hiro-kun. Come nessun altro.
Scusa se me ne sono accorto solo ora. >>
Akira aveva fermato Hiro e lo stava guardando
negli occhi. La borsa era appoggiata a terra. Le mani di Akira accarezzavano
dolcemente il volto del ragazzo, spostando le ciocche ribelli che gli
ricadevano sul visto, impedendogli una visione completa.
<< Voglio che tu mi sia fedele. >>
<< Sempre. >>
<< Non devi guardare nessun altro. >>
<< Nessun altro. >>
<< Devi amarmi per quello che sono, non chiedo
altro. >>
<< Ti amerò come nessuno potrebbe mai amarti.
Prometto di esserti fedele. Adesso non m’importa più di nessuno e sai
perché? Perché finalmente ci siamo ritrovati e non ti lascerò mai più
andare. >>
Detto questo accorciò le distanze e lo baciò.
Un bacio dolce e tenero, diverso da quello della doccia, dall’urgenza di
quell’istinto e così diverso pure da quello di Ryo.
<< Stanotte i miei non ci saranno. Dormi a
casa mia? >> chiese Hiro ancora rosso in volto.
<< Solo dormire? >> chiese malizioso Akira.
<< Se provi ad allungare un dito ti scaravento
fuori dalla finestra. >>
Akira guardò il volto di Hiro. Aveva
nuovamente il cipiglio severo di sempre, ma gli occhi erano lucidi. Pareva
proprio che Hiro sorridesse. Akira lo abbracciò d’impulso e cominciò a
ridere.
<< Meno male Hiro-kun! Sei tornato tu! Ti amo
così come sei. >> e dicendo lo strinse ancora di più a sé, mentre Hiroaki
gli allacciò le braccia attorno al collo, lasciandosi andare al suo
possessivo abbraccio.
§ ONLY YOU IN MY LIFE §
Akira Sendo, capitano
della squadra di basket del liceo Ryonan, correva come un pazzo cercando di
arrivare in tempo. Quel giorno avrebbe dovuto festeggiare con il suo ragazzo
l’ammissione ai campionati nazionali, ma, come sempre, era in ritardo. Era
rimasto un’ora davanti allo specchio a provare abiti su abiti. Voleva che il
suo ragazzo potesse guardare solo lui. Il suo sguardo stupito doveva essere
solo per lui, così come le sue attenzioni. Ma così facendo aveva perso più
tempo del previsto, il metrò era stato più che puntale quel giorno, partendo
prima che lui potesse entrare nella stazione, si era fatta una corsa
chilometrica cercando di prendere il bus che aveva puntualmente perso e il
risultato era stata un’ora piena di ritardo. In più aveva pure dimenticato
il cellulare a casa. Hiro stavolta lo avrebbe ammazzato di sicuro.
Finalmente giunse al luogo dell’appuntamento,
fece vagare un po’ lo sguardo e lo vide. Aveva una camicia blu scuro e dei
pantaloni di pelle nera. Aveva il solito broncio arrabbiato dipinto sul
volto e squadrava, con astio, tutte le persone che gli capitavano a tiro.
Persino le ragazzine, che cercavano d’avvicinarglisi per conoscerlo, appena
lo vedevano fuggivano spaventate. Eh già! Quello era il suo ragazzo. Sorrise
e si passò una mano fra i capelli. Se avesse evitato la morte, Hiro gli
avrebbe fatto la ramanzina per almeno un’ora, ma poi ci sarebbero stati di
nuovo solo loro due. Loro e nessun altro. Perché quello era ciò che aveva
sempre cercato nei volti (e nei letti) di tutti. Aveva cercato quell’amore
assoluto e disarmante e l’aveva trovato nel viso quasi perennemente
imbronciato di uno scorbutico amico. Quasi perennemente, perché poi si
apriva in un bellissimo sorriso e allora tutto cominciava a scintillare e
lui si sentiva felice. Era o non era quello l’amore di cui parlavano i
poeti?
<< Akira! >> urlò il suo ragazzo.
Akira sorrise vedendo quel broncio
trasformarsi in un sorriso. No. Non c’era nessuno più delizioso del suo
ragazzo.
§ OWARI §
Autrice dopo aver imbavagliato i pg: lo so che
fa pietà, ma prendetevela com’è. Akira doveva essere moooooooolto bastard
inside, ma io adoro le Senkosh, specie se a lieto fine, e non me la sono
sentita di far soffrire di più i miei pucci.
Tanto loro erano pienamente d’accordo, vero
ragazzi?
Aki & Hiro: cnoiuerthgeinvuerotighvu9er!
Autrice: che vi avevo detto?
Alla prox!
Sperando che non faccia così pena! Mi dispiace
ma in questo periodo mi vengono così tutte dannatamente depresse. Con cosa
continuo? ^_____^
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