Downpur
di Schuschu
La strada era così
piena che quasi pareva un organismo vivente che si muoveva intorno a lui,
febbrilmente. Era uscito da de ore in quel mondo che pareva non
appartenergli più. Era uscito: quasi non ci credeva. Era uscito da quel
tunnel senza uscita. Dio non gli sembrava vero!
Imboccò il primo caffè sulla ventitreesima, come gli aveva detto Ned.
La cameriera sorrise sotto lo spesso strato di fondotinta ricambiando un
suo sorriso mentre il caffè nero scivolava gorgogliando nella tazza
saturando l'aria di quell'odore acre e pungente. UN profumo di cui si
riempì i polmoni, un profumo che da troppo tempo non sentiva e che ora
gli pareva la cosa più meravigliosa dell'universo.
Il trillo del telefono lo risvegliò da quel torpore estatico in cui era
caduto riportandolo bruscamente alla realtà.
Era Ned, impegni lo avevano trattenuto. Gli aveva dato l'indirizzo
dell'hotel in cui si sarebbero trovati quella sera.
"Diamine e ora che faccio?" pensò pagando il conto. Aveva
parecchie ore davanti a sé, come le avrebbe impegnate?
Camminò a lungo, tra le stradine tortuose ricalcando passi antichi. Era
incredibile come la città cambiasse, mutava pelle come un serpente.
"Piove." disse stupito accogliendo nel palmo della mano qualche
goccia di pioggia. La guardò scivolare via dal suo palmo, bagnare le
cicatrici che erano il suo passato, cadere sulla sua nuova pelle, sul suo
volto pallido, sui corti capelli biondi. Glieli avevano tagliati in
comunità, durante il programma di disintossicazione. Si passò una mano
sulle punte dei capelli.
Le persone correvano in cerca di un riparo come piccole formiche
impazzite.
L'acqua colpiva tutti, impietosa e fredda dominatrice dalle dita delicate.
"Ti prenderai un malanno" la voce dell'uomo che lo aveva coperto
col suo ombrello lo fece sobbalzare. Si voltò di scatto appena in tempo
per incontrare le iridi violette di Roy. Iridi irreali, penetranti,
impossibili da definire, impossibili da ignorare. Roy..
"Roy.." Balbettò abbassando lo sguardo. Non era possibile
rimanere insensibile a quella fredda bellezza. Roy suscitava sempre forti
emozioni in tutti o di odio o di totale, degradante amore.
Roy sorrise stringendosi nel lungo giaccone di pelle "Come va?E' da
un po' che non c si vede" tono casuale come sempre. Non dimostrava
mai interesse e questo forse era un punto a suo favore, lo rendeva più
misterioso. Una lunga mano sottile si mosse per scostare una ciocca
color ebano dal volto.
"Già.ti sei fatto crescere i capelli, hai fatto bene" Zack
disse fissando un punto indefinito sul selciato.
"Aha, si ma non son veri sono extension. Mi hanno detto che la dove
erano bruciati non potevo farci molto per ora..cresceranno col tempo"
Zack alzò lo sguardo carezzando con il pensiero il ragazzo. Iniziarono a
camminare lentamente senza meta, chiacchierando. In quella passeggiata
Zack scoprì che il bel Roy ora lavorava in un pub, un lavoro poco
retribuito ma che almeno gli permetteva di vivere. Era stato piuttosto
vago sul dove lavorasse ma era normale in fondo era sempre sul chi vive
quel ragazzo e così Zack pensò di non chiedere di più. Si lasciarono
davanti all'hotel con la promessa di rincontrarsi.
*,merda, che scemo che sono * pensò Zack accorgendosi di non avere
chiesto il numero di telefono a Roy. Ma forse era meglio così.sì ma Roy
lo avrebbe richiamato? Chissà..
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Quella mattina pioveva proprio come allora. Il cuore gli batteva forte.
Dopo dieci anni di interminabile silenzio Roy, Roy Dobson lo aveva
chiamato, come se nulla fosse come se il tempo non fosse mai passato, come
se si fossero lasciati solo un paio di giorni prima. Ma erano dieci anni
che non lo chiamava e ora piombava nella sua vita e come un turbine faceva
scoppiare il suo cuore.
Lo stava aspettando, l'orologio che ticchettava nel buio della
camera. I piedi poggiati sul parquet, avvolti in scarpe nere e lucide come
dorsi di scarabei. Dieci anni.per dieci anni lo aveva amato.
Zack abbandonò il capo sulla poltrona, cercando di ricordare il suo
volto.
Eppure non ci riusciva. Solo le sue iridi risplendevano nel buio dei suoi
ricordi e quelle mani incredibilmente lunghe e aggraziate, mani che
sapevano esplorare con ardore ogni punto del corpo accendendoli come
fuochi di notte.
Come quel falò che avevano acceso in spiaggia quella notte, quando erano
fuggiti dalla comunità stanchi delle restrizioni, vogliosi di assaggiare
l'odore dell'aria marina e il gusto della sabbia nei vestiti. Si erano
seduti a fissare la punta delle fiamme che danzava in un folle sabba e
avevano pensato per la prima volta al futuro. Un futuro fatto di sogni,
avevano cancellato con le onde un passato di sogni infranti e avevano
ballato sulle loro schegge, ebbri di gioventù.
E quelle mani erano scese sul suo corpo, sfogliandolo come una rosa,
togliendo ogni indumento con perizia e ardore. Le sue mani.. Mani che
erano scese dolci sul suo corpo, sfiorandolo delicatamente per accendere
il desiderio le stesse mani che lo avevano abbrancato e che lo avevano
stretto al corpo di Roy mentre lui si contorceva dal dolore e dal piacere,
da quel miscuglio intenso di emozioni. Si ricordava il corpo di Roy che
sbatteva contro le sue natiche, il rumore sodo mentre la sua libidine
scoppiava in lui. Aveva pianto quel giorno quando le guardie dell'istituto
li avevano trovati. Aveva pianto quando aveva visto gli occhi di Roy
socchiusi in una smorfia di dolore mentre lo rotolavano impietosamente sui
carboni accesi di quel falò spento, il suo corpo bruciato i suoi capelli
bruciati, il suo cuore spezzato ma lo sguardo fiero.
Ormai aveva trent'anni era un uomo in carriera. Per dieci anni aveva
ripensato a quella notte sulla spiaggia al gusto della sabbia in bocca
misto al gusto di Roy, quel sapore di sale e sudore che lo aveva sfamato
nei suoi sogni solitari al bagno o in camera da letto. E Roy era arrivato
proprio ora che aveva bisogno di lui, quando Ned si era rivelato per il
porco che era, quando il suo Ned, l'uomo che amava, l'uomo che lo aveva
portato via dalla strada lo aveva abbandonato con cinque persone in stanza
che avevano liberamente abusato di lui. Ned che lo aveva usato come
pagamento di un debito..
Zack aprì la porta senza che neppure il campanello suonasse. Era come se
avesse avvertito la sua presenza.
Le sue iridi sorrisero fredde e controllate.
"Come va?E' da un po' che non c si vede" tono casuale come
sempre.
"Entra, Roy" La porta si richiuse alle sue spalle imprigionando
il loro silenzio dentro di sé mentre la pioggia scrosciava implacabile su
ogni cosa.
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