Dolore e lacrime parte V di Linras
E’ l’alba. Il sole sorge dalle montagne innevate illuminando con i primi raggi la calma distesa del lago, facendo brillare l’acqua cristallina. Al centro si erge la scuola di Hogwarts, fra la neve che ricopre questi luoghi: non è diversa da come me la ricordavo, austera e al tempo stesso maestosa nella sua solitudine fra questi monti, le torri che svettano nel cielo terso mattutino, il campo da Quiddich, le serre. Nonostante la stanchezza per questo volo durato tutta la notte mi sento pieno di vita, pronto ad affrontare qualsiasi ostacolo. Sicuro mi dirigo verso il cortile della scuola, non tentando nemmeno di nascondere la mia presenza. Subito mi accorgo che i mangiamorte si stanno precipitando fuori dall’edificio, temendo forse un attacco degli auror ed io, rimanendo fuori dalla portata delle bacchette, non esito ad identificarmi come uno di loro: “Sono Draco Malfoy e sono giunto da Azkaban per unirmi a voi!” Mi guardano stravolti come se vedessero un fantasma poi uno di loro si scopre il capo: è mio padre! “Draco?!” Li raggiungo velocemente e scendo dalla scopa, tenendo le mani sollevate per far vedere che non ho intenzioni ostili e contemporaneamente per mostrar loro il teschio nero tatuato sul mio polso. “Ciao padre.” La mia voce è dura, così come il mio sguardo. Mio padre mi osserva incredulo: sono cambiato, vero? Non sono più il Draco impaurito ed ubbidiente, sempre pronto a chinare il capo, che tu conoscevi. Adesso non ho più paura di quello che mi può accadere, finalmente ho trovato qualcosa per cui valga la pena vivere e niente, nemmeno il dolore o la morte, potrà distogliermi dalla scelta che ho fatto: salverò Harry a tutti i costi e non mi potrai fermare, padre. Il ragazzo che ti sta di fronte, anche se pallido,magro e insanguinato, non si inchinerà più al tuo volere, come un tempo. Ormai sono un uomo, tale mi ha reso Azkaban, capace di seguire le proprie convinzioni e di accettare le conseguenze delle sue azioni. E’ questo che gli comunico in questa lotta silenziosa fatta di sguardi e osservandolo mentre distoglie gli occhi dai miei, così freddi e gelidi, capisco che ha compreso. Gli altri, rimasti estranei a questo confronto, sono indecisi su come comportarsi. Per un attimo mi sfiora il timore che non si fidino di me ma mio padre rialza la testa di scatto sorridendo. “Finalmente sei arrivato figlio mio!” Si avvicina e …mi abbraccia?! Per un istante rimango immobile fra le sue braccia poi però ricambio: è un momento troppo prezioso per me, mio padre non mi ha mai abbracciato, non mi ha mai dimostrato il suo affetto e ora…In questo momento mi dimentico di tutto, il motivo per cui sono qui, chi è realmente la persona che mi sta abbracciando, niente ha più importanza. Nemmeno quando mio padre si stacca da me e mi trascina nell’edificio, facendomi ritrovare in poco tempo nelle cucine, una cioccolata calda fra le mani e una coperta sulle spalle. Lo guardo stupito ma lui ignora i miei interrogativi, incitandomi a riscaldarmi. E allora ubbidisco, troppo contento per ciò che è appena successo. Per la prima volta lo sento vicino, preoccupato per me e allora comincio a parlare, a raccontargli di questi 9 mesi, della fuga, gli chiedo cosa è successo durante la mia assenza. All’inizio è restio a parlare ma poi comincia a raccontare e vengo a sapere che avevano pianificato di attaccare la scuola già l’anno scorso e che hanno approfittato dei momenti di confusione che precedono le vacanze natalizie per sferrare il loro attacco, che Voldemort non è presente, troppo impegnato su altri fronti e che il timore di un attacco degli auror diventa ogni giorno più forte. Quasi mi sento in colpa per ingannarlo in questo modo. Dopo essermi riposato mi decido a fargli la fatidica domanda. “E di Potter e dei suoi amici cosa ne avete fatto?” “Li abbiamo imprigionati insieme agli insegnanti nei sotterranei ma mi dispiace per te: Potter è intoccabile. E’ di Tu Sai Chi.” “E gli altri ragazzi?” “Sono nei loro dormitori: da lì non potranno scappare.” Respiro lentamente e poi: “Posso vederli? Se non posso vendicarmi su Potter almeno posso divertirmi con quella mezzosangue!” Mio padre mi scruta un istante prima di annuire. Si alza e mi fa cenno di seguirlo. Percorriamo i corridoi di Hogwarts fino ai sotterranei, vicino al dormitorio di Serpeverde. Durante il tragitto rimango in silenzio, cercando di memorizzare la strada e la posizione dei mangiamorte di guardia negli angoli oscuri. Se voglio pianificare la fuga, devo conoscere dove sono disposte le sentinelle, i turni di guardia, le uscite. In realtà ho già formulato un piano, ho solo bisogno di qualche dettaglio in più prima di metterlo in pratica. Comunque non ho intenzione di indugiare: stanotte agirò. Finalmente ci fermiamo davanti a una porta, sorvegliata da un mangiamorte. Mio padre scambia alcune parole con lui, prima di darmi il permesso di entrare. Appena entro devo fare uno sforzo per mantenere il controllo e non lasciare che la mia ira trapeli all’esterno: lungo le pareti della stanza sono incatenati tutti gli insegnanti della scuola: Silente, Piton, la McGranitt e tutti gli altri mostrano evidenti le ferite riportate nello scontro per difendere Hogwarts. Anche Harry con Hermione e Ron sono incatenati al muro, proprio davanti a me, ma non sembrano feriti fortunatamente. Al mio ingresso tutti quanti spalancano gli occhi per la sorpresa e Piton sussurra: “Malfoy?!” Un sorriso maligno mi compare sul volto mentre rispondo: “Sono tornato, come avevo promesso.” Vedo Hermione cominciare a tremare e istintivamente gioisco: adesso potrei veramente vendicarmi e nessuno potrebbe impedirmelo. Dopotutto io sono innamorato di Harry, non devo niente ai suoi amici. Mi avvicino a lei e gli afferro rudemente il volto sollevandolo verso il mio. “Vedo che non ti sei dimenticata le mie parole.” Piano delle lacrime bagnano le sue guance ed io ritorno in me: non voglio vendicarmi, l’ho ripetuto infinite volte nella mia cella, non sono come loro. Tuttavia, coscio della presenza di mio padre alle mie spalle, non posso fare altro che continuare a recitare. Mi chino su di lei e le sussurro in un orecchio, in modo che nessuno possa sentire: “Non piangere, stanotte sarà tutto finito” mentre una mia mano le sfiora il volto, asciugandogli quelle lacrime ribelli. Poi mi rialzo ritornando da mio padre. “Ritornerò non temere!” Non so se ha capito ma non m’importa: adesso so che stanno bene. “Io mantengo sempre le promesse!” Mio padre ride fraintendendo il significato delle mie parole ed io esco con lui, accompagnato dalle urla di odio di Ron e dallo sguardo adirato dei professori. Anche loro si devono essere convinti che sono veramente un mangiamorte. Perché nessuno deve credere alla mia innocenza?
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