Dog Eat Dog
parte XVII
di Hyoga & Snatch
Un ululato più forte degli altri - quasi il grido di un condottiero - e la
muta riprende a muoversi. Ansimante, abbaiante, ringhiante si precipita
sulla pista fendendo l'atmosfera immota, mandando turbini di foglie morte
a volteggiare nell'aria.
Il tramestio si fa sempre più forte finché non li vedono. Ecco il primo:
esce ululando da un ciuffo di canne, bava alla bocca, pelo ispido di
fango, l'aria inquietante di un peluche incattivito.
Ma i due non hanno nemmeno il tempo di registrare l'accaduto che altri
sbucano dalla vegetazione, corrono verso di loro, naso a terra, i corpi
pesanti tesi nello sforzo, le zampe massicce a far volare zolle di
terriccio umido.
E subito dopo, agili, silenziosi, cattivi, arrivano i dobermann. Quelli
non abbaiano, si limitano a guardare acuti, a fiutare l'aria nervosi. Ogni
tanto un latrato secco, a fare da contrappunto al lugubre lamento dei
bloodhound.
Li circondano con inquietante efficienza, nasi a raggiera intorno a loro,
pelo ritto sulla schiena. Ogni tanto un ringhio profondo, di gola, a
specificare che potrebbero fare molto
male se solo i due tentassero di forzare quel cerchio latrante e
ansimante.
Passano forse un paio di minuti e si cominciano a sentire anche dei passi
umani. E delle voci:
-I cani li hanno beccati!-
-Venite!-
-Caricate le armi, ragazzi.-
Incitamenti e grida, un avvicinamento goffo, se paragonato alla marziale
efficienza dei quadrupedi.
-Non fare mosse brusche, Sonny.- si raccomanda Lex.
Sono spalla a spalla, quello del poliziotto è appena un sussurro.
A voce bassa per non turbare le bestie che li scrutano attente, l'ambra
degli occhi che non li abbandona un secondo.
La pistola è immobile, il braccio teso di Sonny inclinato verso terra.
Nessuna speranza di farsene qualcosa, terrore di ritrarla. Perché sono
bestie, e non capiscono. Annusano la paura e ringhiano. Ringhiano e Sonny
racimola gli ultimi barlumi di volontà per, ancora,
ancora-cristo-Sonny-non-cedere.
Ecco perché dover essere forti. Reggere e tenere la testa alta. Non è una
cazzo di ideologia vuota, stagnante. E' reale, e la sta testando mentre
sente che se cedesse, anche solo per un attimo, verrebbero dilaniati
entrambi.
Lex alza la testa: passi pesanti, imprecazioni, foglie smosse. Da una
macchia di vegetazione piomba fuori come un verro aizzato la massa enorme
di Meyers. -Figli di puttana!!- grida genericamente stringendo il fucile
fra le mani, e non si capisce se si stia rivolgendo ai due ricercati, ai
cani, ai suoi colleghi o a qualcos'altro noto solo a lui.
Immediatamente dopo segue Lewinsky, sudato, la pistola stretta in pugno.
Un paio di poliziotti che Reynolds non conosce, gente del gruppo cinofilo,
guinzagli in mano, che lanciano ordini in tedesco ai cani.
A seguire, Mead, van Kempen e altri.
Sente Sonny irrigidirsi contro le sue spalle.
Ha puntato il mirino in direzione dei nuovi arrivati, e serra le dita
dolorosamente sul metallo. Gli occhi dilatati, ha perso la ragione. La
ragione ce l'ha la pistola, e lui ci si sta appellando.
Lo sente, prima di vederlo, fare uno scatto di fianco, abbastanza perché
Reynolds diventi di nuovo uno sbirro,
tenuto sotto mira.
-Metti giù la pistola, cristo!- gli sussurra rapido Reynolds.
Sonny deve capire che se non
lascia giù quell'arma è morto.
Sono morti entrambi.
Ma Sonny sta guardando gli altri. Meyers,
Lewinsky. Sono troppi. E il basso ringhio tutt'attorno diventa la
voce che gli sbirri non hanno ancora tirato fuori per sbraitargli contro.
Vorrebbe ascoltare Lex. Vorrebbe
se fosse idealista quanto lui. Ma non lo è. Meticcio delinquente con un
carico di reati sulle spalle in mezzo a una palude, non gli riesce di
essere idealista.
-Giù la pistola, negro!- grida Meyers, puntando il fucile contro i due.
Gli altri poliziotti si avvicinano, alzano a loro volta le armi.
-Digli di mettere giù quelle cazzo di armi…- sibila Sonny.
Guarda Meyers, gli occhi sbarrati. Parla a Lex.
-Ha detto che si costituisce, ragazzi,- dice Reynolds con tutta la calma
che gli riesce di tirare fuori. -mettete giù le armi.-
Di fianco, il respiro secco del ragazzo.
Sta aspettando.
Una virgola e lo farà, stavolta non commetterà la cazzata.
-Sto cazzo! Giù quella pistola, negro!- abbaia Lewinsky.
Poi, rivolto a Lex: -E tu spostati, porca troia!!-
-DIGLI DI METTERE GIU' LE ARMI!- urla Sonny, e il respiro riprende la
frenesia irregolare dell'allerta. Pronto,
Sonny, pronto, ti vogliono fare fuori.
L'atmosfera si fa sempre più tesa, i poliziotti si radunano tutti come un
altro branco di cani, anche loro fiutano nervosi, le armi che fremono
nelle loro mani.
-Fermo, Sonny.- una parola al ragazzo. -Fermi, voialtri, si costituisce.-
una parola ai colleghi. Il tutto con la sensazione di arrivare troppo
tardi dappertutto, di innervosire ancora di più le parti invece di
tranquillizzarle.
Deglutisce a vuoto, sente l'adrenalina investirlo dappertutto, l'odore di
marcio che si mischia col tanfo di selvatico dei cani, col sentore acuto
dell'olio per armi, con zaffate di dopobarba e sudore.
E il fiato caldo dei cani sulle gambe e il fremito sulle nocche dei suoi
colleghi inchiodate sulle armi. Mai provato quanto è facile far partire un
colpo? A volte nemmeno te ne accorgi.
-Ho detto che si costituisce, cazzo!-
Sonny non ci crede più.
Lo sente, questa volta l'indice sul grilletto è più simile a un disperato
atto di suicidio.
Sente che lo farebbe.
Che stavolta il coraggio non gli mancherebbe, inspira ed espira con la
frenesia di chi non cerca più di calmarsi.
-Sonny, NO!- quasi un grido. -Ragazzi, giù le armi, cristo di un dio!-
Ma i ragazzi non sembrano intenzionati a farlo.
-Giù la dannata pistola, negro di merda!- Meyers alza ancora una volta il
fucile.
Sonny lo vede, legge negli occhi la cieca decisione di Meyers.
Figlio di puttana.
-Sta fermo, Meyers, cazzo!- grida Lex facendo un passo avanti, verso i
musi uggiolanti dei cani.
Poi si arresta in un attimo, ha sentito,
in qualche modo ha sentito la decisione di sparare. E viene da dietro di
lui: Sonny sta per fare un casino.
Mai lasciare armi in mano ad un ragazzo spaventato.
-Ma guarda quanto trema quel figlio di puttana, sembra un fottuto pulcino
bagnato.- ghigna Meyers.
Lex, voltato, vede l'indice premere.
Mentre la sua mente ricompone il suono, impercettibile
-click- che non potresti ma senti
sempre, vede gli occhi di Sonny.
Un attimo, solo un attimo guizzano nella sua direzione.
Sta per crepare, lo sa.
Saluta.
E spara.
Il poliziotto si lancia, ma con un decimo di secondo di ritardo, quello
dovuto al percorso dell'impulso nervoso lungo i motoneuroni. Avrebbe
voluto disarmarlo, ma la sua mano afferra la pistola un attimo dopo che il
proiettile ne è uscito.
Meyers crolla a terra come un abete tagliato.
Una salva di colpi crepita all'unisono, Reynolds la sente e curiosamente
l'impatto del piombo contro il suo corpo proteso sembra non stupirlo più
di tanto.
Conclude la parabola crollando addosso a Sonny, trascinandolo a terra con
sé. Il movimento non è fluido come l'aveva pensato all'inizio, né ha avuto
l'utilità che sperava.
Avrebbe voluto proteggerlo dai colpi.
Si abbatte al suolo, il ragazzo geme sotto di lui. Si potrebbe anche
interpretare come un gemito sensuale, se non fosse per il sangue che gli
sta colando da un angolo della bocca.
Cerca di alzarsi, un poliziotto deve morire in piedi - ma chi l'ha detto,
poi? - però ricade.
Curioso. Non sente dolore. E tutt'intorno è silenzio. I cani non latrano
più, gli uomini non parlano. Le armi tacciono.
La palude è un palcoscenico in attesa.
Ancora un movimento, un mormorio - cristo la fatica che gli costa – una
parola. –Sonny.- Poi volta la testa verso il gruppo dei colleghi, sagome
scure e severe nella luce lattiginosa della radura, seminascoste dal fumo
degli spari.
Torna ad abbassare il viso.
Sonny lo sta guardando. Gli occhi sbarrati, le ciglia tremano per qualche
secondo ancora. Li può contare.
Tre, due…
Il sipario si apre e il palcoscenico è deserto.
E’ morto.
L'agente Reynolds tossisce sangue cercando ancora una volta di alzare la
testa. E gli torna in mente l'ultimo giorno all'Accademia di polizia.
Primo del suo corso, la testa infarcita di regolamento e ideali. Non
facile ritrovarli ora, a dieci secondi dal crepare in mezzo alla merda
abbattuto dai propri colleghi.
Qualcuno si stacca dal gruppo, si muove verso di lui. –Cristo, ragazzi,
abbiamo beccato Reynolds.- E' la voce un po' chioccia di Pickett.
-Quello stronzo si è messo di mezzo per difendere un delinquente negro che
gli aveva fatto credere che si sarebbe costituito. E' stato un idiota.-
Epitaffio per l'agente scelto Lex Reynolds, polizia di Huntsville,
pronunciato con un misto di rabbia e indifferenza dal suo collega Lewinsky.
E Reynolds finalmente crolla, come se quello fosse stato il colpo di
grazia ad un animale abbattuto.
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