Dog Eat Dog
parte XVI
di Hyoga & Snatch
Il ragazzo rimase lì, gli occhi sulla palude - più probabilmente oltre -
finché il filtro non gli bruciò indice e medio e lui, bestemmiando, lanciò
il mozzicone fumante davanti a sé. No, non stava pensando. Aveva deciso
razionalmente di non congiungere i pezzi, o avrebbe avuto modo di rendersi
conto che la pistola era più vicina a Reynolds, e che forse era il caso di
muoversi.
Ma lo sapeva, e dopotutto Reynolds non stava puntando nessun grilletto
verso le sue spalle.
Accese un'altra sigaretta.
Il poliziotto si mosse a disagio nello stretto vano di truciolare e
plastica, si sedette al tavolo ingombro di bottiglie vuote e scatolette,
ma subito dopo si alzò. Fare qualcosa, subito. Allontanare il pensiero con
l'azione.
-Senti, Sonny...- cominciò, la voce quasi esitante.
Chiamarlo Sonny aveva talmente
tante implicazioni che Reynolds per un attimo si sentì smarrito. Ma alla
fine era quello che il ragazzo era diventato: Sonny.
Sonny, istintivamente, fece per voltarsi.
Ma bloccò la testa, e guardò di nuovo il nulla.
Meglio quello davanti che il futuro che
mi aspetta alle spalle.
-Vuoi una sigaretta?-
Era grottesco chiederlo per l'ennesima volta.
Sigaretta per appiattire tutto. Ma
Sonny scoprì, cozzandoci contro, di avere i suoi limiti nel gestire quella
situazione.
-Dai, lo sai che non fumo.- gli rispose Lex. Stava lentamente riprendendo
il suo ruolo: quello freddo, compassato, rassicurante. Quello su cui fare
affidamento nei momenti critici.
-Dai, lo sai che non vado con gli sbirri…
Ma che cazzo stai dicendo? Lo sai…?
Porca troia, io non so un cazzo.-
-Calmati, Sonny.- gli giunse la voce pacata del poliziotto.
-E poi…?-
Il ragazzo si girò a guardarlo. E poi?
Qualsiasi accenno a dopo (un
attimo, un minuto, giorni, anni cristo
dio, prima temeva troppi anni di gabbio e adesso sentiva di non
averne abbastanza per ricostruire i pezzi in cui si sentiva frantumato,
sparpagliato in quella palude… E chi li
ritrova tutti?), qualsiasi cosa che non fosse
ora aveva perso tangibilità.
L'altro gli si avvicinò lentamente, gli pose una mano sulla spalla. -E poi
niente. Ti calmi e basta, ora sei troppo nervoso.- Fece una pausa di
alcuni secondi, infine aggiunse: -Inoltre sarà il caso che decidi cosa
fare da quando avrai finito di fumare in poi.-
-Ne accenderò un'altra. E un'altra ancora. E un'altra. E sai che ti dico?
Poi passerò alla coca. Anzi…- cominciò, e fece per alzarsi.
-Non puoi fumare e farti di coca per il resto dei tuoi giorni. Prima o poi
dovrai deciderti ad affrontare questo casino.-
-Decidermi?-
I due erano in piedi uno davanti all'altro. Sonny, una mano sulla porta,
guardò Lex negli occhi. Rabbia. Non per Lex, ma fissarsi nel suo sguardo
con rabbia era decisamente più semplice. Troppo difficile pensare a come
avrebbe dovuto guardarlo in alternativa… -Non ho milioni di scelte, e…
Certi cazzo di casini non si risolvono e basta.-
Con uno sbuffo stizzito inclinò testa e sguardo.
Syd. Danno fatto, Sonny, e niente per
sistemare. Danno e beffa.
Lex lo fissò senza parlare, concedendogli il tempo di esporre qualche
altra idea sul suo prossimo futuro, se l'aveva.
Ma Sonny rimase in silenzio.
Fece due passi all'interno della roulotte, forse in direzione della coca o
forse semplicemente in una qualsiasi direzione che mettesse Lex alle sue
spalle.
-Certi cazzo di casini non si risolvono…- ripeté, guardando l'anta in cui
la droga lo attendeva. Puoi solo
posticipare. E quante cose aveva posticipato addormentandosi
imbottito di stupefacenti?
Lex stava per rispondere, ma si interruppe e alzò la testa con uno scatto,
rimanendo in atteggiamento di ascolto.
Tese l'orecchio: all'inizio sembravano come miagolii o richiami di
uccelli; lunghi, acuti, flebili. Ma non si lasciò ingannare: le frequenze
acute si propagano più lontano e più rapidamente di quelle basse.
Anche Sonny si fermò, ma fu per voltarsi e guardare Lex.
Sentiva, ma non capiva.
E guardò l'altro acuire i sensi per riconoscere quell'eco.
Reynolds ascoltò attentamente, infine disse una sola parola:
-Bloodhound.-
E subito dopo focalizzò nella mente l'immagine dei cani - i segugi di
Sant'Uberto, 60 Kg per 70 cm al garrese - che divoravano la palude col
naso a terra, latrando e ululando
Questo significava solo una cosa: li avevano trovati e li stavano venendo
a prendere. Tale consapevolezza gli suscitò sentimenti inspiegabilmente
contrastanti.
Sonny si mosse prima di trarre una qualsiasi conclusione.
Con riflessi che non si aspettava di avere, capovolse la situazione e
tornò rapido - cancellando le ultime ore, veloce come l'istinto di
sopravvivenza - a prima.
La pistola.
Quando il ragazzo gliela puntò addosso Lex rimase immobile. Niente mosse
brusche di fronte ad un bambino spaventato e armato.
Semplicemente gli disse: -Adesso non hai più scampo, Norton. Quando senti
quegli ululati in lontananza non c'è più niente da fare.-
-STA ZITTO!- urlò Sonny. Norton?! Figlio
di puttana di un traditore! -ESCI!-
Lex si mosse verso la porta dicendo: -Se i Bloodhound fanno questo verso
significa che hanno trovato la pista, quindi saranno qui al massimo in
cinque minuti. Assieme a loro vengono i dobermann, che inseguono a vista.
E dopo arrivano i miei colleghi. Non puoi scappare, non hai più nessuna
possibilità. L'unica cosa che puoi fare è costituirti.-
Disse tutto ciò con assurdo distacco, nessuna precipitazione, nessuna
concitazione nella voce fredda.
Le parole scivolarono sul muro eretto dall'arma.
Tutte minacce. Minacce per intimidire Sonny, farlo tentennare. Le solite
cose che Sonny aveva vissuto mille volte in situazioni -
cazzo - decisamente più gestibili.
Contento, sbirro?
-ESCI!-
Reynolds uscì. La luce gli fece sbattere gli occhi dopo la penombra della
roulotte. Si voltò di nuovo verso il ragazzo.
-Ragiona, dio cristo. Cosa credi di poter fare? Tra un po' ti saranno
addosso.-
Sonny, entrambe le braccia tese a reggere il mirino all'altezza del suo
sguardo, gli fece cenno di proseguire.
Verso la palude. Ovunque, ma non lì. Muoversi per sfuggire. Anche
al sole, se era necessario.
Il poliziotto si mosse, non aveva scelta, ma non poteva esimersi dal
pensare alla stronzata che il ragazzo stava facendo. Non aveva speranze di
salvarsi e in quel modo stava solo peggiorando la propria posizione.
Glielo disse: -Così peggiori solo la tua posizione.-
Frattanto, i latrati dei cani avevano cominciato a distinguersi meglio:
lunghi ululati lamentosi, quasi di bestia ferita.
Reynolds si era sempre chiesto perché l'ebbrezza del seguire la pista li
facesse lamentare così.
In Sonny non fecero che aumentare la frenesia. Sempre più vicini, sempre
più vicini.
Mentre la roulotte - rapide occhiate alle spalle - si faceva sempre più
piccola, i suoni si facevano sempre più prossimi.
-Vai avanti.- disse, e si rese conto che stava facendo quel percorso per
la terza volta.
Doveva andarci con un uomo e tornare con un cadavere in testa come
sollievo.
Ci stava andando con lo stesso uomo, raggiungendo il cadavere sbagliato.
Si addentrarono un po' nella palude - terreno sempre più molle, aria
sempre più soffocante - quando cominciarono a sentirli correre: un
tramestio frenetico sulle foglie marce. Dapprima un'eco in lontananza, ma
che si andava intensificando con inquietante rapidità.
Li udirono esitare, li immaginarono girare intorno alla roulotte, sbranare
i materassi - parve loro di udire il gemito della stoffa lacerata - guaire
e fiutare cattivi tutt'intorno. Voci umane si facevano sentire di tanto in
tanto: richiami, incitamenti.
I due rallentarono. Probabilmente la consapevolezza di non avere scampo si
stava facendo strada anche nella mente eccitata del ragazzo. Fecero ancora
pochi passi, poi si fermarono. Il poliziotto si voltò fino a che non
furono faccia a faccia. Diede un'occhiata distratta alla pistola, poi alzò
gli occhi e li fissò in quelli dell'altro.
-Sonny...- disse.
Sonny guardò la pistola, il poliziotto, la pistola. A chi dare retta?
-Sonny, ascoltami.-
Lo stava ascoltando.
Cercando di appiattire i latrati castranti alle sue spalle, lo stava
ascoltando.
Reynolds gli si avvicinò di un passo, la pistola che lo stava ancora
puntando fremette.
-Ora non hai più scampo, Sonny. L'unica cosa che puoi fare è costituirti
per far sì che ti riducano la pena.-
-E che cazzo dovrei fare?! Darti la pistola?!- sibilò Sonny, un mezzo
sorriso sarcastico a sollevargli gli angoli della bocca.
Cazzo, avrebbe voluto fosse tutto così semplice.
E magari il paradiso ad aspettarlo se faceva il bravo.
-Sarebbe un'idea. Se ti comporti bene potrai avere una riduzione della
pena.-
Lex si sforzava di parlare in modo calmo e rassicurante, nonostante
l'adrenalina. Niente era scontato: poteva crepare ucciso dal ragazzo
innervosito - la paura spesso fa fare cazzate - poteva crepare sbranato
dai cani in mezzo alle sabbie mobili, poteva crepare in un sacco di altri
modi.
Quello che sapeva per certo era che lì tutto sapeva di morte. Se la
sentiva vicina, se tendeva l'orecchio poteva quasi udirla affilare la
falce. Perché qualcuno ci avrebbe lasciato la pelle, questo chissà perché
se lo sentiva.
Sonny lo guardò negli occhi.
-E adesso…?-
|