Dog Eat Dog
parte V
di Hyoga & Snatch
Più o meno sedici ore dopo, all'altezza della stessa stanza d'ospedale,
nello stesso letto, Sonny sdraiato stava consumando il pranzo.
Petto di pollo di carne troppo chiara e verdure che sembravano alghe.
Beh, si sarebbe aspettato di peggio.
L'agente Reynolds era seduto come sempre accanto al letto, ormai era
diventato una sorta di picchetto d'onore. Cercava di distogliere
l'attenzione dal modo di mangiare del ragazzo.
Forse per stizza, forse per palesare ulteriormente la differenza tra loro
due, si portava alla bocca i pezzi di carne con voracità, e ingoiava la
verdura come i musi gialli ingoiano i loro spaghetti.
Fino ad arrivare a chiedergli, sarcasticamente: -Vuoi?-
A quanto pareva non serviva più tutta quella morfina, almeno così sembrava
dagli occhi di nuovo svegli e frenetici di Sonny.
Reynolds non gli rispose neppure. Stavolta di era portato il libro e si
immerse nella lettura.
-Cosa leggi?-
La domanda arrivò poco dopo il rumore del vassoio appoggiato per terra.
Il ragazzo si era accomodato, seduto, le lenzuola azzurrognole fino alla
vita e le braccia conserte.
L'espressione, eloquente, di chi non ha intenzione di facilitare le cose
rilassandosi.
-Manutenzione delle armi a canna lunga.-
Lo disse distrattamente, senza neppure alzare la testa.
Sonny soppesò lo spessore del volume.
-Lavoro o "piacere" personale?-
Reynolds si voltò verso di lui infastidito. -Non sono cose che ti
riguardano.- disse, e tornò a dedicarsi al suo libro.
-Cazzo, sbirro, un po' di socialità. Sai cosa mi ha portato la
dottoressina stamattina?- cominciò l'altro allungando la mano verso il
pavimento, vicino al vassoio. -Fottute riviste da consulente sociale.-
disse, sventolando un fascicolo che portava in copertina quello che
sembrava un girotondo di persone, sullo sfondo un ampio complesso bianco.
-Vuoi sentire qualche articolo?-
Prima di attendere risposta, cominciò a leggere:
-“Mi chiamo M., ho sedici anni, e da due seguo la terapia del dottor
Madison…”-
L'altro rimase impassibile per un po', poi alzò la testa con un sospiro
infastidito. Chiuse il libro.
-Proprio non ne vuoi sapere di lasciarmi in pace, eh?-
Odioso delinquentello. Adesso aveva deciso di rompergli le palle e cazzo
ci stava riuscendo.
Sarebbe andato avanti tutto il turno, con la metodicità di un bambino che
dice le parolacce per disturbare un adulto.
-Noi negri non leggiamo, giusto? Mi rompo i coglioni con… "All'inizio non
capivo, non avevo fiducia in lui, non sapevo chi era e non volevo saperlo.
Poi ho capito che era in me stesso che dovevo avere fiducia."-
-Cosa vuoi, Norton?- chiese Lex con un sospiro.
-Manie di persone che pensano che ci sia sempre qualcosa dietro…- commentò
Sonny, sbattendo un paio di volte la mano sulla rivista. -M'incuriosisci,
sbirro. Sei di razza rara, di quelli che ci credono ancora.-
-E perché mai dovresti provare curiosità per un poliziotto?-
Il ragazzo, sempre a braccia conserte, fece una veloce panoramica della
stanza.
Poi tornò a guardare Reynolds.
-Il resto l'ho memorizzato mentre Mead faceva il timorato sbirro di
quartiere standosene zitto e buono.-
-Puoi chiedere alla tua dottoressa di portarti qualche libro da leggere.
Magari un bel trattato sugli effetti negativi della droga.-
-I libri non fanno per me.- tagliò corto Sonny, e buttò a terra la
rivista. -Tempo perso a bruciarsi il cervello… Almeno con la droga ti
diverti, ne vale la pena.-
Reynolds alzò le spalle come a dire "contento tu", poi riprese il libro.
Passarono una ventina di minuti, scanditi dal rumore di lenzuola smosse.
Senza tregua, Sonny continuò a cambiare posizione, alzando e risistemando
il cuscino, il camice che aveva addosso, passandosi le mani sui capelli o
sul volto liscio di rasatura, o tamburellandole sull'intelaiatura in
metallo del letto.
Ci aveva messo un po', ma aveva capito quell'esigenza di rompere i
coglioni a Reynolds.
Quello sbirro lo aveva visto a pezzi, e anziché voltare il viso aveva
persistito con quella fottuta gentilezza.
Il gioco non era paritario, e a Sonny non andava di sentirsi in mutande
mentre l'altro non si slacciava neanche il colletto della camicia.
Metaforicamente, s'intende.
Reynolds si voltò di nuovo verso di lui, gli occhi acuti e indagatori.
-Qualcosa non va, ragazzo? Sembri seduto su un fottuto formicaio.-
-Temo di essermi seduto su qualcosa di peggiore, sbirro.- ribatté subito
il ragazzo, quasi si fosse preparato la risposta. E in effetti era così.
Un po' di autoironia era l'ultima arma che gli era rimasta per
esorcizzare. -Dì, è vero che fai collezione di cappellini SS?-
-No, non colleziono militaria della seconda guerra mondiale.- rispose,
come se la domanda fosse provenuta da un qualsiasi collega intento a fare
conversazione.
-E allora cosa?- riprese l'altro cogliendo al volo la risposta.
-Vuoi sapere cosa colleziono?- Il tono aveva una vaga nota di incredulità.
Sonny annuì inespressivo, un paio di cenni a continuare.
Ora la voce di Reynolds era veramente stupita. -E cosa te ne frega?-
Pausa. -Te lo dico io: non te ne frega assolutamente niente, vuoi solo
rompermi i coglioni perché sono l'unico essere vivente qui dentro a parte
te. Cerchi di farmela scontare per la situazione del cazzo in cui ti
trovi. Beh, ti do una notizia: puoi rompermi i coglioni anche fino alle
20.00, le cose per te rimarranno invariate.-
Il tono che aveva usato era sibilante, duro. Non aveva neppure alzato la
voce. Riprese il libro, sfogliando nervosamente le pagine per ritrovare il
segno.
-Non preoccuparti, non ho intenzione di farmi una sorellina per ricevere i
dolcetti in gabbio.- rispose Sonny, sprimacciando il bordo delle lenzuola
tra indice e pollice. -Sei l'unico essere vivente, sono l'unico essere
vivente. Guarda che non ti rubo quello che mi dici. E quel cazzo di libro
sarà interessante come un documentario sui panda. Ossia, zero. Ci faccio
le palle.-
Reynolds rimase in silenzio.
Sonny lanciò un'occhiata al libro.
-Allora? Dimmi cosa avrebbe d'interessante.-
L'altro gli porse il libro. -Toh, leggi. Visto che ti incuriosisce tanto.-
Sonny lo aprì dove c'era il segno, e lesse a voce alta aggrottando le
sopracciglia:
-Nel pulire la parte interna della canna bisogna stare attenti a non usare
materiali troppo abrasivi in modo da non rovinare la rigatura…Non dirmi
che hai l'hobby di pulire le armi, vero?-
-Saper pulire le armi è fondamentale nel mio mestiere.-
-Quindi collezioni armi?-
-Negativo. Uso le armi. Ne ho
alcune di proprietà personale a casa, ma quando sono in servizio devo fare
affidamento sulle armi, non posso rischiare che si inceppino in un momento
critico.-
Fissò negli occhi Sonny.
-Un delinquente non esiterebbe a spararmi in faccia se mi vedesse
impossibilitato a rispondere al fuoco.-
Il delinquente fece spallucce e
sviò subito il discorso.
-Quindi che cazzo può collezionare un poliziotto? Farfalle?-
-E tu cosa collezioni?-
-Slip femminili usati. Ho un armadio a parte per tenerli.- sorrise Sonny
alzando le sopracciglia in una falsa posa di modestia.
Reynolds alzò le spalle. La sua espressione era chiara: -Solite stronzate
da delinquentello del cazzo.-
-E allora spiegami bene quanto sono serie le collezioni da poliziotto.-
Lo sbirro stava parlando.
Sonny si complimentò con sé stesso. Magari, allenandosi, in gabbio non
avrebbe avuto problemi a farsi passare la roba… Ahhh, vaffanculo al gabbio!
-Ma si può sapere cos'è questa mania delle fottute collezioni che ti è
venuta?-
-Oh cazzo, sbirro…- sospirò Sonny, prendendo il cuscino e schiacciandolo
alla parete con la testa. -E' solo un cazzo di argomento. Preferisci
parlarmi di tua madre?-
-Ma perché non chiami quella cazzo di dottoressa per fare conversazione?-
-Pare che la stronza abbia bisogno di un corteggiamento lungo prima di
darla via, e io ho pochi giorni… Neanche un pompino come anteprima. Una
troia, eh?-
-Mi risulta che le troie siano quelle che la danno via facilmente, non
quelle che non la danno via.-
-Hai mai visto una troia darla via gratis? Quelle che la danno via
facilmente sono semplicemente delle puttanelle… Ninfomani, si dice.
Ninfomane. Suona bene, no?-
-Non so nulla di troie, mi dispiace.-
-No, sbirro? E tutte quelle da cui vi fate dare l'assaggio?- lo stuzzicò
Sonny, scrollando subito dopo la testa e con quella il discorso. -Devo
andare al cesso, sbirro, vuoi tenermi a manina o posso andare da solo?-
-E te lo devo anche sgocciolare quando hai finito?- ribatté Reynolds con
un ringhio di esasperazione.
-Basta che non stringi troppo, ce l'ho delicato…- sorrise il ragazzo, e si
chinò per scendere dalla parte opposta allo sbirro. Tra materasso e rete,
le tre sigarette che era riuscito a prendere nelle precedenti tappe ai
bagni (molto gentili, negli ospedali, e che marche!).
Le prese, e ne fece scivolare una nelle ridicole ciabatte che gli avevano
dato.
Poi si alzò.
-Qui non si fuma.- disse Reynolds con tono duro quando lo vide chinarsi.
La stessa autorità che aveva usato per fermare i quattro che lo stavano
pestando.
Sonny si voltò, tutto il tempo di guardarlo bene. -Vuoi fare lo sbirro
d'oro..?- domandò, in sfida. -Allora portami in cortile dove posso
fumare.-
-Io ti aumento la prognosi di un mese se non metti via immediatamente
quella sigaretta del cazzo!- disse alzandosi in piedi bruscamente.
Ricevette uno sguardo accigliato.
-Ah si?- domandò il ragazzo inclinando la testa verso l'alto. -E lo sbirro
d'oro mi aumenterebbe la prognosi di un
mese per una cazzo di sigaretta?-
-Puoi scommetterci, stronzetto. Molla quella sigaretta, prima che perda la
pazienza e la venga a prendere io.-
Le labbra di Sonny si arcuarono, involontariamente, verso l'alto.
O Reynolds era veramente un maniaco del regolamento, o era semplicemente
una barzelletta.
-Dai, facciamolo, stronzo. Ti piace farti odiare, eh?-
Si chinò e prese la sigaretta stropicciata tra indice e medio.
Lex Reynolds si avvicinò lentamente, fino a trovarsi di fronte a lui. -Hai
tre fottuti secondi per metterla via.- gli disse con durezza.
-Uno…- contò Sonny, e alzò la sigaretta accanto alla testa, il mento alto.
–Due…- continuò, spostandola indietro.
E prima del tre strinse il pugno e lo direzionò verso lo zigomo di
Reynolds.
Ma Reynolds non faceva lo sbirro da due giorni.
Sonny si trovò il braccio bloccato da una presa di ju-jitzu, dando le
spalle all’altro.
Bloccato.
-Io non sono un bastardo negro del ghetto, stronzo. Non mi freghi con
questi trucchi.-
Sonny strinse i denti, abbassando il volto.
-Io mi farò male, ma tu ti rovinerai quel bel faccino.- sputò, il braccio
ancora teso.
Reynolds strinse la presa, sentendo i muscoli dell'altro contrarsi.
La testa dell'omero doveva essere sul punto di abbandonare il suo
sodalizio con l'acetabolo della scapola.
-Sarà meglio che non ti agiti, ragazzo.- gli disse l'agente, di nuovo in
tono pacato.
Sonny si strinse il labbro.
-Ci sono poveracci che per rimanere in ospedale si spaccano le gambe con
una sedia…- grugnì a denti stretti, cercando di mantenere il sorriso per
coprire il dolore che gli tirava la spalla.
-Ora ti lascio il braccio, Norton. Tu prova a fare lo stronzo un'altra
volta e ti giuro che te lo strappo e te lo infilo dove ti piace tanto.-
-Figlio di…!- scoppiò Sonny, alzando il ginocchio e calciando con tutta la
forza che aveva verso le gambe dello sbirro.
Reynolds fu rapidissimo ad afferrargli la gamba e a spazzargli l'altra con
un colpo ben assestato. Sonny crollò a terra malamente, all’indietro,
l'agente gli fu sopra in un attimo. Lo immobilizzò al suolo e ringhiò:
-Dura ancora molto questo giochetto, ragazzino?-
Sonny tirò una testata al pavimento per impossibilità di muovere altro.
Cazzo!
Pure lo sbirro marine!
-No, stronzo, finisce appena ti schiodi da me e mi fai fumare una cazzo di
sigaretta!-
-Ascoltami bene,- disse Reynolds, la voce fredda e autoritaria. -tu hai
appena aggredito un agente di polizia. Questo ti metterebbe in un mare di
merda, ma posso anche passarci sopra. Però ora tu te ne torni nel tuo
letto e mi consegni le sigarette, prima che io decida di farti
veramente male.-
Più forte di lui.
Le parole uscirono mentre il suo cervello le componeva.
-Fallo, così mi allungo la vacanza.-
Reynolds lo sollevò praticamente di peso. -Smettila, tornatene a letto.-
Il ragazzo incespicò, nel tentativo di allontanarsi.
Fottuto sbirro.
Voleva anche fare il superiore fingendosi quello che
in realtà è buono.
Strinse le mani a pugno, piccoli tremiti lungo gli avambracci.
-Sei uno stronzo figlio di puttana…- sibilò, pensando che se avesse alzato
la voce sarebbe imploso.
-Va a letto.- ripeté l'altro perentorio. Il tono era di quelli che non
ammettevano repliche. Trasudava sicurezza e prometteva dolori in caso di
disobbedienza.
-Fottiti.- ribatté Sonny, alzando il viso con uno scatto.
Come spesso gli accadeva, le parole uscirono prima di poter essere dosate,
e su tutto piombava la priorità di averla vinta.
Con uno sbirro, poi…
Addirittura uno sbirro d'oro fottuto.
Almeno vai in gabbio con una buona
reputazione.
Dall’agente partì il cazzotto. Uno solo.
Tra la spalla e il collo, come un maglio, colpì il glomo carotideo.
Sonny andò a terra come un sasso, tra letto e pavimento, un gomito sul
materasso e le spalle chiuse per attutire il colpo.
Cazzo, questo vuole farti desistere un
pezzo per volta…
Cercò di alzarsi, ma prima di tutto venne un gelo che gli bloccò le
membra, rendendole totalmente insensibili.
In preda al panico, strinse le dita, ripetendosi che, cazzo, era solo
questione di secondi…
Ma mentre i secondi passavano l'unico cambiamento che percepì fu nella
vista, che si offuscò.
Impotenza, e nessuna percezione, di nuovo.
Forse stava per arrivare il momento in cui sarebbe crollato.
Sentì le mani del poliziotto sulle spalle, lo stavano aiutando ad alzarsi.
-Ti rimetto a letto, dai.-
-Dai un cazzo…- biascicò Sonny.
Le parole tornarono indietro ovattate, come acqua densa nelle orecchie.
Reynolds non gli rispose, lo sollevò e lo rimise sul letto, tirandogli
addosso le coperte. Forse ora sarebbe stato zitto per un po', pensò.
Prese le sigarette, le buttò nel cestino e si rimise a leggere.
Quando il ragazzo aprì gli occhi e si accomodò meglio sul materasso, la
sensazione nauseante era già passata da tempo.
Ma aveva dovuto combattere con il proprio autocontrollo.
Rimandare un crollo, anche di un solo infinitesimale angolo delle propria
testa, o sarebbe finito in mille pezzi, e non poteva permetterselo.
-Sei uno stronzo figlio di troia…- sussurrò, gli occhi chiusi, il tono
della voce privo di rancore.
Giusto per farglielo sapere.
Di certo non gli avrebbe rotto i coglioni per un po', prima doveva
occuparsi dei propri, di coglioni, che rimanessero saldi senza
tentennamenti.
Reynolds non alzò neppure la testa. L'ombra di confidenza che si era
creata fra di loro era stata frantumata.
Ora era di nuovo l'agente Reynolds e basta, non lo sbirro che aveva
scambiato discorsi personali con Sonny.
Lex Reynolds, il maniaco del regolamento. E basta.
Il poliziotto si guardò le nocche della mano destra, ancora leggermente
arrossate. Un colpo solo e l'aveva steso. Di che far invidia a Meyers.
Invidia a Meyers anche come scelta dei metodi.
Aveva ottenuto ciò che voleva, far sì che il ragazzo gli obbedisse. Ma in
che modo?
In una maniera espressamente proibita dal regolamento.
Forse, tra lui e Meyers c'era solo una differenza di soglia. Forse anche
lui, con l'adeguato stimolo, poteva trasformarsi in un Meyers.
Strinse i denti. Dannazione.
Era sempre stato esemplare coi delinquenti. Corretto. E quello che aveva
appena fatto di corretto aveva ben poco.
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