Dog Eat Dog
parte III
di Hyoga & Snatch
Reynolds prese servizio alle 08,00,
come sempre.
Tutto in ordine, solite puttane arrestate in attesa dell'identificazione,
soliti ubriachi che facevano casino.
Una cosa lo colpì. O meglio, la mancanza
della stessa: dalle celle non proveniva alcun suono. Strano, di solito
Norton faceva un casino infernale. Inoltre era senza sigarette e in
probabile astinenza. Normalmente avrebbe urlato come un dannato.
Quando vide avvicinarsi gli agenti del turno di notte che venivano a
passargli le consegne i suoi sospetti si concretizzarono: Meyers e van
Kempen.
Ascoltò la relazione dei colleghi, niente di particolare, nessuna
segnalazione, niente di niente. Li interruppe bruscamente chiedendo:
-Avete avuto problemi col detenuto?-
-Problemi? Nessun problema.- ribatté Meyers fissandolo con durezza.
-Nessun problema.- confermò van Kempen.
-Meyers, ti conosco.- rispose Reynolds con freddezza. -Hai già cercato di
pestarlo una volta, sicuramente stanotte ne hai approfittato. Lo sai che è
una grave violazione del regolamento.-
-Fottiti, tu e il tuo regolamento.- ringhiò l'altro ergendosi in tutta la
sua mole. Lo sovrastava di almeno quattro dita ed era notevolmente più
corpulento. La sua fama di picchiatore era leggendaria nella polizia della
città.
Ma Reynolds non si lasciò intimidire. Sostenne il suo sguardo e lentamente
disse: -Ora andiamo a vedere, ti spiace Meyers? Le consegne non sono
complete finché non mi sono accertato delle condizioni del detenuto. Poi
ti lascio andare a dormire il sonno dei giusti.-
Si diresse verso le celle senza attendere risposta.
Si affacciò. Silenzio.
E un odore penetrante di sangue e altri liquidi biologici.
La stanza in penombra non permetteva di distinguere altro che vaghe forme.
Fece qualche passo, si avvicinò alle sbarre. Scrutò all'interno, poi si
precipitò ad accendere la luce e a staccare le chiavi dal loro gancio. Il
ragazzo sembrò sussultare, ma probabilmente non era neppure cosciente.
-Cristo d'un dio!- ringhiò il poliziotto. -Ma che cazzo avete combinato,
stronzi?-
Norton sembrò scuotersi, come se stesse per svegliarsi, ma dopo un paio di
lamenti biascicati tornò immobile.
Reynolds aprì la cella ed entrò con circospezione. C'era sempre un margine
di attenzione da mantenere, non sarebbe stato il primo figlio di puttana
che tentava di fregarlo facendo la scena.
Ma quando fu più vicino si accorse che le sue precauzioni erano del tutto
superflue: il ragazzo era rannicchiato sulla branda, pesto, sanguinante,
in stato di semi-incoscienza.
-Chiamate un'ambulanza.- disse gelido.
Uscì dalla cella, prese il telefono interno.
-Che cazzo fai?- gli chiese Meyers diffidente.
-Mi sembra ovvio,- rispose Reynolds. -chiamo il capo.-
-Non ti azzardare, stronzo. Quello fa un casino d'inferno.-
L'altro rivolse ancora una fugace occhiata al ragazzo disteso sulla branda
e ribatté: -Potevi pensarci prima. Ti sei voluto divertire e il giochetto
ti è sfuggito di mano. Quello sta male,
veramente male, intendo. Ha bisogno dell'ospedale.-
-Vuoi portare all'ospedale un negro del cazzo, Reynolds? Ti sei
rincoglionito?-
-Come la mettiamo se crepa, Meyers?-
Fra i due calò un silenzio gelido. Infine Meyers, lentamente, disse: -E'
colpa mia se quel negro del cazzo si è ammazzato cadendo dalle scale?-
-Il problema è che non è caduto
dalle scale, Meyers.- rispose Reynolds fissandolo negli occhi.
Riprese il telefono e compose il numero. Chiamò il capo, che arrivò dopo
poco. Lo sguardo di Meyers gli bruciava addosso come una fiamma ossidrica,
mentre Van Kempen evitava semplicemente di guardarlo.
Ora aveva due nemici in più.
Il capo osservò la scena. Si accertò delle condizioni del ragazzo, chiamò
personalmente l'ambulanza.
-Che cazzo è successo qui?- chiese con durezza.
Sonny si scosse sul giaciglio un'altra volta.
Un principio di veglia.
Ma ricadde nello stato comatoso subito dopo.
Reynolds sostenne lo sguardo del capo senza tradire la minima emozione.
-Lo chieda a Meyers.- rispose. -Era lui di turno.-
Seguì un silenzio pesantissimo, disturbato solo dal ronzare della
lampadina che illuminava i loro volti.
Infine, il capo disse: -Meyers, van Kempen, mi aspetto una relazione
completa sull'accaduto.-
Reynolds soffocò una risposta tagliente. Cane non mangia cane, come al
solito. I due avrebbero scritto che il detenuto era caduto dalle scale e
tutto si sarebbe sistemato. Con la differenza che da quel momento in poi
Meyers avrebbe fatto di tutto per fargliela pagare.
Non che la cosa gli facesse paura, ma certe cose non sarebbero dovute
andare così. Per come la vedeva lui, l'agente di polizia avrebbe dovuto
essere sempre esemplare. Un corretto e leale tutore dell'ordine.
Altrimenti che differenza c'era rispetto ai criminali cui dava la caccia
tutti i giorni?
-Tu vai col detenuto, Reynolds.- La voce del capo lo distolse dalle sue
meditazioni.
-Dev'essere piantonato 24 ore su 24, stasera ti mando il cambio.-
-Sissignore, ricevuto.-
L'ambulanza arrivò poco dopo, i paramedici caricarono Norton sulla barella
e lo fecero uscire. Reynolds li seguì sul veicolo e si sedette dietro,
accanto al detenuto, dividendo il sedile con un'infermiera bionda che non
la smetteva di chiedergli com'era fare il poliziotto.
Non avrebbe saputo cosa rispondere.
Per cui rimase in silenzio.
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