Due poliziotti... modello!
di Kieran
Capitolo 3
La riunione con Miss Stevenson si stava tenendo al piano terra del palazzo, nella grande aula magna adibita per quelle occasioni e per le conferenze stampa; la donna stava parlando già da dieci minuti, guardando i volti di bellissimi interlocutori, tutti attenti. Solo uno di loro appariva cupo e si mordicchiava nervosamente un'unghia, con pensieri tutt'altro che allegri: dopo tutti quegli anni, c'era qualcuno che lo aveva riconosciuto... e Mark era sparito.
- Senti, Bryan non aveva la faccia di uno che scherzava! Ti prego, lasciami andare! - sbottò David, sudando freddo, ma Mark avvicinò ulteriormente il viso al suo, arrivando a sfiorargli il naso.
- Ed io ti sembro uno che sta scherzando? - chiese con voce ed espressione incolori; il ragazzo scosse lievemente il capo. Aveva paura, quegli occhi glaciali e quella mancanza d'espressione, forse erano più terrorizzanti dell'improvvisa furia di Bryan; cercò di ritrarsi ancora di più contro il muro, inutilmente. Se solo Carl fosse stato con lui!
- Hai visto quello che ha fatto, no? E poi... ha minacciato di spararmi!
Mark inarcò leggermente un sopracciglio, senza peraltro cambiare di molto la sua maschera di ghiaccio.
- E se io ti minacciassi di ficcarti con la testa in quella latrina e di lasciartici affogare?
- Mark... per favore... - piagnucolò, ma il poliziotto non lo ascoltò.
- Devi solo dirmi quello che Bryan non vuole che si scopra sul suo conto.
- Lui... lui...
- Lui?
David deglutì senza continuare e Mark gli sbatté con forza una spalla contro il muro del bagno al quale lo aveva inchiodato, stando comunque attento a non fargli troppo male; David strinse i denti, prima di arrendersi definitivamente.
- Era Mister Febbraio di un calendario gay di qualche anno fa. - sospirò, sconfitto; Mark non si mosse, riuscì solo a dire un'unica parola.
- Cosa?
- Se non sbaglio il nome della rivista era Men's Lover. (Se esiste chiedo venia, non ne ho idea! NdK)
- Lui... ha fatto il modello?
David annuì nervosamente.
- Beh... è il suo lavoro, no?
Mark finalmente si sollevò lasciandolo libero, perso nei propri pensieri: Bryan aveva fatto il modello per un calendario gay? Com'era possibile? Un poliziotto non avrebbe dovuto fare una cosa del genere... Però... c'era qualcosa che non tornava.
- Di quando sarebbe questo calendario? - chiese, improvvisamente partecipe, guardando il povero David che si massaggiava la spalla.
- Cinque o sei anni fa... non mi ricordavo bene il suo viso perché è trascorso parecchio tempo, però... Mark, devi vedere quella fotografia! Capiresti perché mi è stato impossibile dimenticarla!
- Non può essere... - mormorò il poliziotto: Flaney aveva ventidue anni e, se David non mentiva, aveva posato per un calendario gay pur essendo minorenne...
- Non potrebbe essere una fotografia più recente? - chiese, cercando una smentita, ma David scosse il capo, pensieroso: dato che ormai aveva confessato, sembrava non avere più alcuna riserva a parlare.
- No, non mi sbaglio! Ero in ospedale per l'operazione al ginocchio ed i miei amici mi portarono il calendario per tirarmi su di morale; mi sono operato quando avevo vent'anni, cioè cinque anni fa.
Mark cominciò a passeggiare nervosamente per il bagno, cercando di riordinare le idee: a quanto sembrava David non aveva scambiato Bryan con qualcun altro, la reazione del biondo era più che palese, com'era chiaro che il suo collega non voleva che si sapesse quello che aveva fatto. Possibile che Flaney si vergognasse di qualcosa? Aveva qualcosa di cui parlare con il suo partner... prima di tutto, però, doveva accertarsi di come stessero realmente le cose; guardò David, che però non era più contro il muro dove lo aveva lasciato. Si voltò in tempo per vederlo mentre stava per uscire e lo richiamò semplicemente schiarendosi la gola; l'altro si fermò e lo guardò con espressione abbacchiata che fece sorridere il moro.
- Tranquillo, non voglio farti nulla... però, per caso, hai ancora quel calendario?
- No, è passato troppo tempo... confesso di averlo tenuto appeso in camera anche per tutto l'anno successivo, ma...
Mark sospirò, già rassegnato all'idea che non avrebbe mai visto il proprio collega in quella foto tanto decantata dal modello, che ora lo guardava pensieroso.
- Però... sul sito internet della rivista c'è una sezione dedicata a tutti i calendari che hanno pubblicato; di sicuro ci sarà anche quello di cinque anni fa!
Mark abbozzò un sorriso, con una strana sensazione nel petto: di solito chi posava per un calendario, non era mai troppo vestito, no?
Mark e Bryan non si erano più scambiati una sola parola per il resto della giornata: il biondo si era limitato a chiedere al collega dove fosse sparito durante la riunione con Mellory e sembrava aver accettato la bugia che il moro si era inventato, dicendo di essere andato a schiacciare un pisolino. In quel momento Mark era seduto di fronte al pc portatile e stava attendendo che si aprisse la fatidica fotografia del febbraio di cinque anni prima; Bryan era in doccia e sperava di avere abbastanza tempo. Finalmente l'immagine si aprì davanti ai suoi occhi ed il moro ebbe un vuoto allo stomaco, violentissimo: di fronte a lui c'era una sorta di triste angelo, di una bellezza sconvolgente. Era seduto sul nudo cemento grigio, una gamba piegata e l'altra distesa, il gomito sinistro appoggiato sul ginocchio flesso, il viso posato sullo stesso braccio. La pelle era nivea, resa lucente da un sapiente gioco di luci, i capelli così chiari da sembrare quasi bianchi e poi... c'erano gli occhi. Azzurri, chiarissimi, tanto da sembrare due onde rubate al mare più limpido, ma così tristi che stringevano il cuore; il viso fanciullesco, contornato da quei due zaffiri tersi, era di una bellezza eterea. E quello era Bryan Flaney. Ora capiva le parole di David! Il fatto che il ragazzo fosse completamente nudo, passava in secondo piano e Mark se ne accorse solo dopo aver fissato i suoi occhi per un tempo indefinito.
- Così David te lo ha detto. - mormorò una voce soffocata alle sue spalle; Mark sobbalzò e si voltò, trovandosi a guardare lo stesso viso che gli aveva impedito di respirare regolarmente, solo un secondo prima. Ora aveva un'espressione amara, un sorriso tirato che non prometteva nulla di buono, ma Mark non lo temeva, in quanto ancora non sapeva perché Bryan si fosse tanto allarmato quando David lo aveva riconosciuto. Il biondo gli si avvicinò stringendosi in vita la cintura dell'accappatoio che indossava, gli si fermò di fianco, guardando il monitor del computer con un'aria disgustata, poi, lentamente, lo chiuse.
- Allora... non hai niente da dire? - chiese piano, guardando il partner con occhi affilati; Mark inarcò un sopracciglio.
- Dovrei dire qualcosa?
Bryan socchiuse gli occhi e si sedette di fronte a lui, sul suo letto.
- Non sei curioso?
Il moro lo fissò per un attimo, poi annuì con il capo.
- Effettivamente sì... mi chiedevo quanti anni avessi quando hai fatto questa fotografia.
- Diciassette. - rispose senza esitazione.
- Ed i tuoi non hanno fatto storie? - domandò ancora il collega, pur intuendo la risposta; Bryan, infatti, abbozzò un sorriso.
- I miei non sanno nulla...
Non si dissero altro e per un attimo rimasero in completo silenzio; Mark pensò di lasciarlo stare, di non importunarlo oltre su un argomento che in fondo non doveva riguardarlo, però, all'improvviso, il collega ricominciò a parlare.
- Non ero un ragazzo tranquillo... - mormorò piano, fissando un punto immaginario di fronte a lui - La mattina andavo a scuola per far contenti i miei, ma il resto della giornata... ero un mezzo teppista! - concluse abbozzando un sorriso divertito e guardando finalmente Mark negli occhi; il moro inarcò un sopracciglio.
- E come mai un teppista è diventato un poliziotto?
- Per colpa di quella fotografia... - mormorò ridacchiando; l'altro piegò il capo su una spalla, non riuscendo a capire, ma Bryan si spiegò - In quel periodo spendevo tutti i soldi che mi davano i miei, in alcolici ed uscite con gli amici; ero arrivato al punto che già dopo pochi giorni rimanevo al verde... Delle mie amiche mi portarono in uno studio fotografico dove cercavano dei modelli ed appena mi videro, dissero che ero perfetto... ma non mi svelarono per cosa... Falsificai la firma di mio padre, ero talmente abituato a farlo che era impeccabile, e posai per loro ricevendo un compenso piuttosto elevato; sinceramente non m'importava di dove sarebbero finite quelle fotografie. Non mi dà fastidio il fatto che siano su un calendario gay, in fondo gay o etero non fa molta differenza... però io non ero nudo, indossavo un costume che poi hanno cancellato con il computer.
Mark corrugò la fronte senza dire nulla e Bryan gli sorrise gentilmente, senza commentare la sua espressione.
- Quel calendario in fondo fu una fortuna, per il ragazzo che ero all'epoca: dopo la pubblicazione fui quasi subito contattato da un night club che cercava spogliarellisti... - si fermò, notando che l'altro aveva sgranato gli occhi, però poi fece una risatina.
- Mi hai visto stamattina, no? Quello che ho fatto a Scott lo facevo in coppia con una ragazza, durante uno dei nostri spettacoli; non mi sono mai spogliato completamente, se è quello che ti stai chiedendo. - terminò ridendo; Mark non riuscì a credere alle proprie orecchie: come poteva parlare così tranquillamente di quello che aveva fatto?
- Era illegale... - mormorò senza accorgersene ed il biondino annuì.
- Lo so... Ed infatti un bel giorno fui scoperto! Ed è per questo che ora sono un poliziotto!
- Continuo a non capire... - obiettò; Bryan sorrise ed acciambellò le gambe sotto il corpo, ormai completamente dimentico della vergogna iniziale provata quando lo aveva sorpreso a fissare quella vecchia fotografia.
- Fu mio zio Frank a scoprirmi... Frank Murdock.
- Il commissario? - chiese incredulo il moro.
- Sì, lui. Una sera venne al night e vide una mia esibizione; mi aspettò all'uscita del locale e mi costrinse a salire in macchina con lui. Era furioso... anzi, di più! Mi portò in un parcheggio isolato e ricordo che per un attimo ebbi paura che volesse ammazzarmi di botte; invece lui cominciò ad urlarmi quanto ero idiota, che rischiavo ogni volta che qualcuno si facesse delle strane idee su di me e che stavo infrangendo la legge. Risposi che non m'importava, che sapevo bene quello che facevo e che mi sapevo difendere tranquillamente perché ero cintura nera di Ju Jutsu, non temevo nessuno. Ma, ovviamente, non era questo che a lui importava: lui voleva che smettessi e basta. Così mi minacciò: disse che se non avessi smesso immediatamente, avrebbe denunciato il night ed anche il giornale che aveva pubblicato il calendario.
- Come sapeva del giornale? - chiese Mark ormai completamente interessato; Bryan si strinse nelle spalle.
- Nel locale c'erano appese un mucchio di copie del calendario, per farmi pubblicità; comunque, in cambio del suo silenzio, pretese che io, appena finita la scuola, m'iscrivessi all'accademia di polizia.
- Mi era parso che andassi d'accordo con tuo zio...
- Infatti siamo davvero amici! - esclamò allegro il biondo - Lui mi vuole bene, ma, all'epoca, l'unico modo per ottenere qualcosa da me era minacciarmi o ricattarmi e lui lo sapeva. M'iscrissi all'accademia solo per tenerlo buono, mentre cercavo un modo per fregarlo, però mi piacque veramente la vita del poliziotto, così poco a poco mi convinsi che era quello che volevo fare. Ovviamente non lo rivelai a mio zio, non sia mai che gli dia una soddisfazione del genere! - aggiunse ridendo - Infatti lui fece pressioni per farmi diplomare più in fretta possibile, per poi avermi sotto il suo diretto controllo al commissariato.
- Ma ormai sono passati cinque anni... - mormorò Mark e Bryan annuì.
- Beh, adesso lavoriamo insieme perché ci divertiamo! Con un capo come lui, non mi annoio mai!
- Ed i tuoi colleghi?
- Sono stato fortunato: hanno scoperto la nostra parentela solo dopo avermi conosciuto bene e nessuno ha detto nulla riguardo al fatto che a ventidue anni io sia già un detective... non so perché ma sono piaciuto!
Mark annuì, concordando con il fatto che, dopo averlo conosciuto meglio, era praticamente impossibile odiare sul serio quello strano ragazzo; anche lui, riflessivo e calmo, nonostante a volte mal sopportasse i suoi comportamenti da pazzo, non riusciva a rimanere arrabbiato con lui per più di dieci minuti.
- E tu? - chiese all'improvviso il biondo.
- Io... cosa?
- Perché sei diventato poliziotto?
Mark distolse lo sguardo per un attimo, poi gli rivolse un debole sorriso.
- Per mio fratello.
- E' un poliziotto?
- Era...
Bryan non disse nulla per un attimo, poi parlò con comprensione.
- E' morto?
- Ucciso in servizio.
- Vuoi vendicarlo? - chiese ancora, con una punta di contrarietà, Mark però scosse il capo.
- No... voglio finire quello che lui aveva iniziato.
Rimasero in silenzio per alcuni secondi, poi Bryan si alzò, seguito dallo sguardo dell'altro; gli si avvicinò e riaprì il monitor del portatile, chinandosi per guardare quella strana e meravigliosa fotografia. Mark si ritrovò il suo profilo a pochi centimetri dal viso e dovette abbassare lo sguardo per non arrossire; piegato in avanti, però, l'accappatoio del biondo si apriva di poco, scoprendo i suoi pettorali modellati.
- Che dici... mi metto le lenti a contatto azzurre? - chiese Bryan con una vena divertita, ma il moro rispose immediatamente, senza quasi accorgersene.
- No!
Il partner voltò il viso verso il suo, con un sopracciglio inarcato, chiedendo una muta spiegazione per la sua impetuosità e, con quegli occhi neri e profondi a pochi centimetri dal viso, Mark non riuscì a mentire.
- I tuoi occhi... sono perfetti così come sono...
Rimasero a fissarsi per qualche secondo con espressioni serie ed i respiri mescolati; tutto parve fermarsi, l'aria immobilizzarsi. Poi... Bryan si alzò con uno scatto.
- Ah, McCaine, tanta gentilezza non ti si addice! - sbottò con aria da idiota, uscendo dalla sua stanza; Mark deglutì senza rispondere, dandosi dello stupido: si stava davvero arrendendo a quell'imbecille vestito da angelo che aveva come partner? No, non poteva permetterlo! Spense con rabbia il portatile, stringendo i denti: Flaney si era accorto da subito che era gay e si stava prendendo gioco di lui in quel modo subdolo, facendosi vicino e poi allontanandosi. Maledetto ragazzino! Sospirò appoggiando i gomiti sulle cosce e nascondendo il viso fra le dita: era sul serio quello il motivo per il quale era così arrabbiato? I suoi pensieri furono interrotti dallo squillo del telefono, ma non andò a rispondere e trascorse meno di un minuto, prima che Bryan si decidesse a farlo.
- Pronto... no, sono Flaney. - esclamò allegro, poi per un attimo non disse nulla; Mark si raddrizzò, cercando di capire con chi stesse parlando.
- Quando?
Il suo tono preoccupato lo mise in allarme, così si alzò ed andò in salotto, raggiungendo il collega che, visto che non ne aveva avuto il tempo, non si era ancora rivestito ed indossava solo un paio di boxer neri ed attillati; gli arrivò alle spalle cercando di concentrarsi su quello che diceva e di non fissare il suo fondoschiena perfetto.
- Dove si trova? - chiese ancora l'altro; Mark non capì la risposta, ma sentì un timbro femminile al telefono.
- Arriviamo subito! - esclamò chiudendo la telefonata, poi si voltò di scatto, chiamandolo a voce alta
- McCaine, argh! - sbottò finendogli addosso; il partner lo sostenne afferrandolo per la vita, mentre lui gli si aggrappò alle braccia.
- Cos'è successo? - chiese senza lasciarlo e Bryan lo guardò senza arretrare o cambiare posizione.
- Era Mellory: uno dei ragazzi si è sentito male subito dopo pranzo, ora è ad una clinica privata a pochi minuti da qui, pare che sia piuttosto grave. Le ho detto che la raggiungeremo subito.
Mark annuì con il capo e solo in quel momento si accorse di tenerlo ancora fra le braccia; lo lasciò andare con uno scatto, non potendosi impedire di arrossire come un ragazzino. Bryan rimase a fissarlo per un secondo, poi gli rivolse un sorriso divertito e gli appoggiò un dito sul petto, mentre si allontanava da lui.
- Sei carino quando arrossisci, McCaine! - esclamò allegro, poi, prima di entrare nella propria camera, gli rivolse un'occhiata alquanto strana, accompagnata da una specie di ghigno - Comunque... non farti tanti problemi, non mi dà fastidio essere toccato da te.
Mark si coprì il viso con una mano, sospirando irritato: andava di male in peggio!
Mellory andò loro incontro nel momento stesso in cui misero piede nella sala d'aspetto: sembrava una furia e Bryan capì immediatamente che era meglio non incendiare oltre il suo stato d'animo, così decise di starsene buono. La donna li guardò con la fronte aggrottata ed un'espressione chiaramente contrariata e forse ostile.
- Dov'eravate finiti? - sbottò, cercando comunque di mantenere un tono calmo; Mark non rispose, ma Bryan lo fece ancora prima di aver riflettuto.
- In camera di McCaine... - mormorò cercando di ricordare dove fosse quando aveva suonato il telefono; il collega lo guardò con gli occhi sgranati ed anche Mellory assunse un'espressione sorpresa. Il poliziotto moro cercò di riparare all'idiozia detta dal partner.
- Ehm... stavamo studiando il caso... - disse, mentendo ed augurandosi che l'altro non decidesse d'essere sincero proprio in quel momento; Miss Stevenson si dimenticò subito delle parole del biondo.
- Beh, se foste rimasti all'Atelier, forse avreste evitato che Paul si sentisse male! Mi auguro solo che non abbia niente a che fare con la droga! - terminò, mormorando; Bryan inarcò un sopracciglio e lanciò una breve occhiata a Mark, che invece si stava maledicendo mentalmente: era tornato all'appartamento solo perché voleva vedere la fotografia del collega, dimenticandosi che la sua priorità era risolvere il caso. Aveva anteposto i propri fatti personali e la propria curiosità, al lavoro!
- Possiamo vederlo? - chiese Bryan, mantenendo la calma, ma la donna scosse il capo.
- I dottori lo stanno ancora visitando, non credo che sapremo nulla per oggi.
- Qualcuno era presente quando si è sentito male? - chiese Mark con tono professionale e Mellory annuì.
- Sì, so che era andato a pranzo con Philip Logan e Greta Murray, altri due modelli; sono loro che mi hanno avvisato ed hanno chiamato l'ambulanza.
- E dove sono, ora?
- Sono al bar della clinica, dovrebbero tornare... erano piuttosto sconvolti.
Bryan e Mark non si dissero nulla, ma il primo guardò il moro annuendo con il capo e si allontanò per raggiungere i due ragazzi in questione; chiese ad un'infermiera dove si trovava il bar e riuscì a raggiungerlo pochi minuti dopo. Quando vi entrò, individuò immediatamente i ragazzi che cercava: c'erano poche persone, un paio di medici ed un cameriere che puliva pigramente i tavolini. Greta e Philip erano seduti in un posto all'angolo, sorseggiando quello che sembrava essere un caffè o un tè scuro e, anche se indossavano degli abiti piuttosto comuni, erano ugualmente appariscenti. Bryan si avvicinò loro notando immediatamente gli occhi rossi e gonfi della ragazza; il suo accompagnatore invece, pur apparendo alquanto scosso, sembrava riuscire a mantenere un certo controllo. Entrambi alzarono lo sguardo verso di lui ed il primo a parlare fu il ragazzo.
- Tu sei quello nuovo. - mormorò ed il biondo confermò.
- Sì, ho sentito di Paul e sono venuto qui; come sta?
La ragazza si asciugò nuove lacrime che rischiavano di strabordare dai suoi occhi, mentre l'amico indicò a Bryan di sedersi con loro; il poliziotto ringraziò e si accomodò, ordinando un caffè forte.
- Non lo sappiamo ancora... - rispose a quel punto Philip; il biondo guardò Greta, porgendole un fazzoletto di carta, visto che il suo era ormai completamente inzuppato.
- Come ti senti? - chiese gentile; lei accettò il kleenex e rispose con voce incerta.
- Io... bene... ma Paul... - cercò di dire fra i singhiozzi e Philip le strinse una mano, comprensivo, guardando Bryan.
- E' il suo fidanzato. - spiegò; il biondo annuì e si chinò verso di lei cercando di sorriderle con comprensione, accarezzandole un braccio.
- Mi dispiace... ma vedrai che starà meglio! - esclamò, augurandosi che fosse così: gli altri ragazzi che erano stati male a causa della droga, si erano ripresi, però ne avevano ingerita una sola dose. Chissà invece in che quantità ne aveva assunto quel Paul.
- Voi eravate con lui? - chiese rivolto a Philip.
- Sì... eravamo appena usciti dal ristorante e lui... all'improvviso è sbiancato ed è svenuto in mezzo al marciapiede. Aveva una tale smorfia di dolore... Non siamo più riusciti a svegliarlo.
Svenimento improvviso... esattamente com'era capitato agli altri modelli prima di lui; Bryan fece scivolare le dita lungo il braccio di Greta, posandole poi sulla sua mano.
- Greta... tu sei la sua ragazza... Non sai se può aver preso qualcosa... una medicina o una pastiglia, che possa avergli fatto male?
Lei scosse il capo, ricominciando a piangere, e solo quando si portò il fazzoletto agli occhi, per contenere le lacrime, Bryan si accorse che stringeva qualcosa che sembrava un pezzo di carta.
- Cosa tieni in mano? - le chiese quando si fu un poco calmata; lei aprì le dita rivelando una foto tessera stropicciata e Bryan capì immediatamente.
- E' Paul? Posso vederlo?
La ragazza gli porse la fotografia ed immediatamente il poliziotto corrugò la fronte: quello era Paul? Allora... la povera Greta non sapeva che il loro non era un felice fidanzamento... a meno che... Trattenne il respiro, con un'idea improvvisa nella mente: e se quella mattina, quei due si fossero incontrati per uno scambio di roba e non per copulare in segreto? Urgeva un'investigazione a modo suo!
L'investigazione a modo suo, si svolse esattamente come invece decise Mark: Bryan gli disse quello che aveva scoperto ed il collega elaborò un piano che non accettò nessun tipo di replica da parte sua, così, alcune ore più tardi, il biondo si ritrovò seduto da solo ad un tavolo appartato di un bar semibuio, guardando la schiena del partner, piegato sul bancone dello stesso locale. Sapeva che il piano era buono ma, ugualmente, non gli piaceva... e non per il motivo che l'altro credeva, cioè perché non era lui in prima persona ad essere invischiato nell'azione. Sospirò sorseggiando il proprio brandy, aspettando che la situazione evolvesse.
Mark era entrato da solo nel locale ed aveva immediatamente individuato il tavolo nascosto nel quale si era appostato Bryan; sinceramente non c'era alcun bisogno che l'altro lo controllasse però, visto che neppure gli aveva lasciato esporre il suo piano per scoprire la verità, gli aveva concesso di assisterlo mentre si lavorava la vittima. L'avevano seguita da quando era uscita da casa ed avevano aspettato che s'infilasse in un locale, prima di agganciarla. Entrando, Mark aveva visto anche lei: era seduta al bancone e stava ordinando da bere. Le si era avvicinato e seduto di fianco, fingendo di non notarla mentre ordinava un whisky, ma era stata proprio lei che aveva attaccato bottone.
- Tu non sei McCaine, il nuovo modello? - aveva chiesto, senza ringraziare il barista che l'aveva servita, ed il moro l'aveva guardata annuendo, con un'aria un po' triste. Lei si era guardata intorno per un secondo, prima di fare un'altra domanda.
- E dov'è il tuo cagnolino? Quello che non ti molla mai neppure per un attimo? - aveva domandato con aria derisoria, ma Mark non aveva raccolto la provocazione ed aveva risposto seriamente.
- Non parlarmi di lui, per favore.
Il suo drink era arrivato e la ragazza si era fatta più vicina... ed ora stavano chiacchierando come vecchi amici.
- Mi ero subito accorta di quanto fosse stronzo! - sbottò lei rigirandosi il bicchiere fra le dita - Ma si può sapere cosa ti ha fatto?
- Mph... non ci crederesti mai, Karen! Dopo due anni che stiamo insieme, mi ha candidamente confessato che è bisex! Ti rendi conto? E non è tutto! Ha pure detto che è stato con qualche donna!
- Che bastardo! - sibilò lei bevendo una lunga sorsata; Mark annuì.
- Ed il bello è che secondo lui questo non è tradimento, perché lui va con le donne solo perché loro hanno qualcosa che io non posso dargli!
- Che ragionamento del cavolo! - sbottò ancora la ragazza, sempre più arrabbiata per l'altro, ed il poliziotto sospirò, cambiando atteggiamento e diventando alquanto triste.
- Però... io lo amo... - mormorò sentendo un tuffo al cuore, pronunciando quelle parole... quanto si avvicinavano alla verità? Karen gli appoggiò una mano sul braccio, con fare intimo.
- Sì, però non puoi permettergli di comportarsi come vuole! Devi almeno fargliela pagare!
- E come?
- Con la stessa moneta! Vai anche tu con una donna!
Il poliziotto la guardò per un attimo, fingendo un dubbio che in realtà non provava: a parte la storia completamente inventata, lui aveva scoperto di essere gay a dodici anni e non era mai riuscito a sfiorare una donna neanche per prova. In quel momento, però, non era assolutamente importante.
- E dove la trovo una donna disposta a fare solo del sesso con me? - chiese cauto e Karen ridacchiò.
- Figurati, un figo come te la trova ad occhi chiusi! E comunque... se vuoi... - mormorò avvicinando il viso al suo; Mark non si spostò, lasciandola fare e, quando lei appoggiò le labbra sulle sue, rimase immobile, senza avvertire il minimo interesse. Lei si limitò ad un casto bacio, ritraendosi sorridente, e Mark finse perplessità ma, in quel momento, si sentì afferrare per un braccio e voltare con violenza sullo sgabello, tanto che per un secondo credette di cadere a terra. Si trovò con un paio di occhi fiammeggianti puntati in viso e non riuscì a capire la situazione: Bryan gli era di fronte e lo guardava con rabbia.
- Che diavolo stai facendo? - sbottò il biondo con aria piccata; Mark sgranò gli occhi, cercando di raccogliere le idee ma, ugualmente, non riuscì a comprendere il suo comportamento: non doveva semplicemente sbirciare senza farsi notare?
- Io? E tu? Cosa stai facendo... qui? - chiese, ricordandosi di Karen; la ragazza intervenne, cercando di staccare le dita di Bryan dal suo braccio.
- Lascialo andare! Prima ti comporti da stronzo e poi pretendi di comandare?
Il biondo non la guardò e continuò a fissare Mark che, pur non capendo cosa gli fosse preso, cercò di farlo ragionare.
- Senti, noi non abbiamo niente da dirci! Io resto qui... con lei! - terminò quasi ringhiando, per cercare di farsi capire dal collega; Bryan lo osservò ancora per un secondo, poi lo lasciò andare parlando con tono più calmo.
- D'accordo... però... non la devi baciare! - esclamò deciso; Mark inarcò le sopracciglia, cercando di ragionare in modo coerente... però l'unica spiegazione che gli sovveniva per il comportamento dell'altro, era che fosse geloso! Ma non era possibile! Bryan era etero e, in ogni caso, certamente non si sarebbe scoperto in quel modo, con lui! Che stesse recitando per rafforzare la sua posizione e far credere a Karen che sul serio avevano litigato? Poteva essere... anzi, probabilmente era così. Che idiota, si faceva delle illusioni inutili! Però era colpa di Flaney, che non seguiva i piani così come se li erano studiati e s'inventava delle varianti alquanto inutili!
- Senti, quello che faccio con lei non deve riguardarti! - replicò continuando la recita, ma il collega si oscurò e gli rispose con voce più bassa e dal tono indecifrabile.
- Tu... non puoi farlo! Tu sei gay ed i gay non baciano le donne!
- Anche tu sei gay e non hai esitato a farti più donne! - protestò Karen, decisa ad intervenire in favore di Mark; Bryan si mordicchiò il labbro inferiore, incerto per un qualche motivo che Mark non riusciva a comprendere. Erano in una situazione assurda e l'unico che poteva tirarli fuori era il suo partner, che però era pure quello che li aveva messi in quella posizione; chissà cosa gli passava per la testa! Bryan esitò ancora per qualche secondo, poi abbozzò uno strano sorriso amaro e s'infilò le mani in tasca, voltando loro le spalle ed avvicinandosi all'uscita del locale; nonostante si stesse allontanando da lui, Mark riuscì lo stesso a sentire le ultime parole che pronunciò.
- Ah, al diavolo! Me la sono cercata da solo!
Il moro corrugò la fronte, cercando di capire se anche quella frase fosse frutto di recitazione, oppure no; in quel momento non gli importava più nulla della ragazza che sedeva con lui, avrebbe voluto rincorrere quel pazzo del suo collega e farsi spiegare il suo comportamento strano, ma la ragione ebbe la meglio. Aveva un'indagine da portare avanti e, come poliziotto, aveva il dovere di farlo! Aveva già sbagliato una volta, anteponendo i propri interessi personali al lavoro, e non doveva permettere che si ripetesse! Karen poteva essere la chiave per la svolta delle indagini, proprio quella mattina Bryan l'aveva vista uscire dal bagno degli uomini, seguita da Paul Kilye... cos'avevano fatto, di preciso? Solo una sveltina, come aveva pensato il suo partner all'inizio, o lei gli aveva dato la droga che poi lo aveva fatto stare male? Sospirò e si voltò di nuovo sullo sgabello, cercando di scacciare quella testa bionda dai pensieri, tentando, con molta fatica, di concentrarsi sulla donna che aveva di fianco.
Quando Mark rientrò nell'appartamento, mancava poco all'una; si tolse la giacca leggera lanciandola sullo schienale del divano e si guardò intorno nel salotto: il camino era stranamente acceso ed il televisore rimandava delle immagini pubblicitarie, con il volume bassissimo. Pensò che Bryan fosse in bagno ed andò nella propria stanza per togliersi le scarpe ed infilarsi una maglietta più decente di quella attillata che aveva dovuto indossare: odiava quegli strani abiti che era costretto a mettersi per fingersi un pazzo modaiolo! Tornò in salotto per andare a prendersi qualcosa da bere, ma un basso mugolio attirò la sua attenzione: un fagotto azzurro era appoggiato contro un bracciolo del morbido divano di pelle.
- Flaney? - chiese piano, avvicinandosi, pensando che stesse dormendo e, infatti, il biondo non rispose. Era sdraiato sul divano, raggomitolato sotto un lenzuolo celeste, gli occhi chiusi ed il respiro profondo; rimase a fissare i giochi che la luce del fuoco disegnava sulle sue guance e sui capelli, accendendoli di mille scintille, rimanendo incantato per un attimo. Quanto avrebbe voluto che quel ragazzino strano e ribelle, ma sincero ed allegro, gli si buttasse fra le braccia! Scosse il capo, contrariato: non doveva fare certi pensieri, maledizione! Già una volta si era innamorato di un etero e n'era uscito distrutto! Perché ripetere di nuovo lo stesso errore? Con un tipo come Flaney, poi? Già si prendeva gioco di lui e recitava alla perfezione la parte del seduttore, figurarsi come lo avrebbe torturato se avesse capito quanto era attirato da lui! Andò in cucina e si preparò un drink, facendo rumore con bottiglie e bicchieri per svegliarlo e, quando tornò in salotto, vide che si era tirato a sedere guardando con faccia confusa le lancette della sveglia appesa al muro. Ricacciò il sorriso che lottava per allargarsi sul suo viso e gli porse un bicchiere.
- Cos'è? - biascicò accettandolo; Mark si sedette su una delle poltrone.
- Serve per svegliarti. - rispose sorseggiando il proprio cocktail; Bryan lo bevve con aria sospettosa, rivolgendogli un sorriso stentato.
- Ci vai giù forte, McCaine. - mormorò un po' più sveglio; il moro lo osservò mentre, stando attento a non rovesciare il drink, stirava le braccia e la schiena.
- Allora, com'è andata con Karen? - chiese poi il biondo, ora completamente sveglio, e Mark si strinse nelle spalle.
- Non sono riuscito a tirarle fuori nulla, però ho un appuntamento con lei domani a pranzo: ho continuato a recitare la parte della vittima e lei sembra esserci cascata in pieno. Forse, se domani le farò credere d'essere ancora a terra per colpa tua, mi offrirà "qualcosa per tirarmi su".
- Uhm... io non credo che lei sia la spacciatrice.
- Se anche non fosse lei, potrebbe condurci da chi la rifornisce. - obiettò Mark e Bryan annuì, finendo d'un sorso il proprio drink. Il moro lo guardò socchiudendo gli occhi, con fare indagatore: aveva ancora una curiosità da placare.
- Mi dici cosa ti è saltato in mente, al locale? Perché hai fatto quella scenata?
Il partner lo fissò abbozzando un sorriso, con aria tranquilla.
- Cosa vuoi che ti risponda? - disse di rimando e Mark s'incupì.
- Che diavolo significa? Io voglio la verità!
- Uhm... - borbottò l'altro - E se ti dicessi che ero geloso?
Mark rimase impietrito per un attimo, però si calmò quasi subito: Bryan cominciava a giocare sporco e la cosa non gli andava per niente! Appoggiò con forza il bicchiere sul tavolino di cristallo e si chinò verso di lui, con aria arrabbiata.
- Adesso cominci a stancarmi, Flaney! Le persone come te sono anche peggio di quelle che sputano in faccia ai gay! Tu fingi indifferenza, fingi che i diversi ti piacciano, ma in realtà sei un ipocrita che si diverte a prenderli in giro con sottigliezze e bassezze!
Bryan inarcò un sopracciglio, ma il suo sorriso non vacillò e Mark continuò a parlare.
- Però non credo che sia solo questo, vero? Io non ti piacevo già prima che tu scoprissi i miei orientamenti sessuali!
- Oh bella... - mormorò con tono sarcastico il biondo - Guarda un po'... sai che pensavo la stessa cosa di te?
- Cosa? - chiese confuso; Bryan acciambellò le gambe sotto il corpo ed il suo sorriso diventò tagliente.
- Sai da quando tu hai cominciato a non piacermi, McCaine? - aggiunse e l'altro socchiuse gli occhi, aspettando la spiegazione che non tardò ad arrivare - Dal primo momento che mi hai guardato.
Nonostante avesse deciso di non innamorarsi di lui, di rifiutare qualsiasi attrazione nei suoi confronti, quelle parole ferirono Mark, che cercò di non darlo a vedere e si limitò a tacere; Bryan però non sembrava intenzionato a stare zitto a lungo.
- E sai perché? - domandò accalorandosi - Perché nel primo sguardo che tu mi hai lanciato, c'era disprezzo!
Il moro sgranò gli occhi, chiedendosi cosa cavolo stesse dicendo: disprezzo? Ma era pazzo? Ricordava bene il primo sguardo che gli aveva lanciato ed era stato di pura e semplice incredulità: si era ritrovato disteso sopra un angelo di bellezza inimmaginabile e non era riuscito a muovere un solo muscolo, fino a quando non gli aveva fatto notare la posizione in cui erano!
- Mi hai guardato come se fossi stato meno di niente ed io questo non lo sopporto! Chi sei, tu, per giudicarmi senza neanche avermi rivolto una parola? D'accordo, ti ero venuto addosso, ma...
- Che scemo... - sussurrò, interrompendolo; Bryan si bloccò e si sporse verso di lui, arrabbiato.
- Scemo? Vuoi dire che mi sono sbagliato? - sbottò con aria tutt'altro che amichevole; Mark annuì senza dire nulla, chiedendosi come spiegargli quello che gli era passato per la mente in quel momento, senza fargli una dichiarazione. Ma come non dichiararsi ad una persona, se si sostiene di essere rimasti folgorati dalla sua bellezza?
- Io non ti ho guardato con disprezzo... ero solo... - cosa? Fulminato? Incredulo? Eccitato? Si coprì parte del viso con una mano, guardandolo senza continuare a parlare e Bryan corrugò la fronte, con espressione perplessa.
- Eri solo... cosa? - chiese, infatti, ed il moro sospirò.
- Sorpreso. - mormorò, sperando che non gli chiedesse altro, ma, ovviamente, Bryan non rispose alle sue attese.
- E di cosa, eri sorpreso?
- Beh... sembravi giovane... - disse piano, mentendo: non si era reso conto che Flaney dimostrasse meno di vent'anni, fino a quando non si erano rialzati. E, per un attimo, si era sentito un pedofilo.
- Umph... sul serio non mi hai guardato con disprezzo? - chiese l'altro, propenso a credergli, e Mark non riuscì a nascondere un sorriso, quando un pensiero gli attraversò la mente: in quel momento sembrava un ragazzino!
- Perché avrei dovuto?
Il biondo sospirò e distolse lo sguardo, osservando le fiamme che s'indebolivano lentamente, poi si alzò lasciando che il lenzuolo scivolasse sul divano; Mark avvertì un altro colpo al cuore, quando vide che indossava solo una canottiera nera ed un paio di pantaloncini stropicciati. Andava a dormire vestito in quel modo? Abbassò lo sguardo fissando gli intrecci sul tappeto azzurro, cercando di calmare il proprio cuore... forse non si era premunito in tempo, forse era già innamorato di quel pazzo del suo collega. E stava già soffrendo. Doveva risolvere in fretta quel caso, per non dover più vivere con lui; però, mentre era costretto ad averlo vicino, doveva cercare di ridurre le occasioni che lo facevano stare male, quindi doveva fargli una richiesta, sperando che non decidesse di umiliarlo. Quello sembrava il momento propizio... così incrociò le dita.
- Flaney, dovrei chiederti un favore. - mormorò, giocando con il bicchiere di brandy; il partner, che lo aveva già oltrepassato, si fermò e tornò sui suoi passi, appoggiando i gomiti sullo schienale della poltrona. Mark prese un respiro ed alzò il capo, scontrandosi con il suo viso curioso.
- Tu... che chiedi un favore a me? Hai la febbre? - esclamò allegro il biondo, appoggiandogli una mano sulla fronte, ma il moro l'allontanò velocemente, come se, invece che con dita tiepide, Bryan lo avesse toccato con un tizzone ardente.
- Senti... io vorrei che il nostro rapporto fosse più professionale possibile: da quando hai scoperto che sono gay, non fai che prenderti gioco di me. Non sono un bambino che fa i capricci, non m'importa delle tue prese in giro... però così non lavoriamo bene e non siamo una squadra.
Bryan lo fissò per un attimo senza dire nulla, con espressione per una volta seria, poi si abbassò ed appoggiò il mento sulle braccia, l'aria pensierosa.
- Ho avuto parecchi partner e, di solito, ognuno di loro dopo una missione chiedeva di essere trasferito... Sai per quale motivo? Io facevo loro paura.
- Paura? - chiese Mark aggrottando le sopracciglia e Bryan annuì sorridendogli.
- Già... perché non mi capivano o non si sforzavano di farlo: io credo che quando si ha un rapporto stretto come quello di due colleghi, ci si debba venire in contro e mi sforzo sempre di farlo. Ma io posso sembrare strano e mai nessuno si è preso la briga di capirmi, così io reagisco diventando piuttosto cattivo... le mie battute diventano taglienti e fanno male. Oppure sono così serio e distaccato, che sembro un'altra persona.
- Tu... cattivo e distaccato? - bisbigliò scrollando piano il capo ed il sorriso dell'altro diventò così dolce che Mark dovette guardare altrove.
- Sì, con chi non mi piace io divento così! Nonostante quello che ti ho detto prima, cioè che non mi sei piaciuto subito per il modo in cui mi hai guardato, poi ho dovuto ricredermi... malgrado il nostro primo scambio di battute, tu non mi hai tenuto a distanza come hanno fatto gli altri e, anzi, mi hai risposto a tono! Ecco perché hai cominciato a piacermi e perché ho pensato che, in fondo, le mie battute sarcastiche non ti avrebbero fatto male ma che saresti riuscito a ribattere colpo su colpo! Ma... se invece mi sono sbagliato e se a te non vanno... beh, hai fatto bene a dirmelo, d'ora in poi cercherò di non seccarti più.
Mark lo guardò per un attimo, perdendosi in quegli occhi sinceri, poi abbozzò un sorriso e scosse il capo.
- Quindi le tue non sono battute cattive, ma aspettano solo una risposta?
Bryan annuì con il capo ed il suo viso s'illuminò di un poco; Mark inarcò un sopracciglio ed assunse un'espressione maliziosa.
- In questo caso... continua pure, ma sappi che sarà guerra!
Il viso del biondo esplose in un sorriso raggiante, che lo rese di una bellezza dolorosa per il cuore di Mark, ma il moro non poté fare altro che rassegnarsi. Come si poteva rimanere indifferenti a quel pazzo? Allontanarlo era semplicemente impossibile, forse poteva cercare di trasformare in semplice amicizia il sentimento che cercava di appropriarsi di lui... Bryan gli batté una pacca amichevole sulla spalla, prima di augurargli la buonanotte e dirigersi verso la propria camera da letto; Mark si alzò sospirando, chiedendosi cosa sarebbe successo da quel momento in poi, ma la voce del collega attirò la sua attenzione.
- Ah, McCaine! - lo richiamò fermandosi appena oltre la soglia della sua stanza; lo guardò, notando immediatamente la sua espressione maliziosa e quasi provocante - Io non ti ho mai detto d'essere etero...
Si chiuse la porta alle spalle, lasciando uno stralunato Mark a fissare l'uscio chiuso, incapace di connettere il cervello.
(Continua)
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