Due poliziotti... modello!
di Kieran
Capitolo 2
L'appartamento all'attico, che era stato messo a loro disposizione, era costituito da un salotto comune con il pavimento di marmo nero, coperto in buona parte da un soffice tappeto azzurro pallido, perfettamente in tinta con i tendaggi; un bagno ampio e lussuoso, in cui c'era spazio per una grande vasca ed una doccia in cui ci potevano stare tranquillamente due persone, si apriva sul lato sinistro. Una piccola cucina adibita solo ad angolo cottura, senza tavolo ma con un ripiano per potersi appoggiare e lavorare, ed infine due camere da letto spaziose, arredate allo stesso modo, con un grande letto matrimoniale al centro ed un armadio che sarebbe riuscito a contenere il guardaroba dei due poliziotti moltiplicato per quattro, completavano il tutto. Bryan s'infilò nella prima stanza che gli capitò, incuriosito: gli avevano detto di non portarsi nulla perché avrebbe trovato tutto quello che gli serviva, già pronto per l'uso; si avvicinò all'armadio e l'aprì facendo scorrere l'anta, ritrovandosi con gli occhi sgranati, incapace di muoversi.
- Porca vacca! - fischiò, incredulo: era pieno di vestiti, ordinati per tipo e sfumatura di colore, mentre sul fondo c'erano una ventina di paia di scarpe, d'ogni colore e fattura, tutte della sua misura, che gli avevano preventivamente chiesto. Aprì un cassetto trovandovi biancheria griffata e, leggendo un'etichetta, scoprì che tutto quello era offerto dall'Atelier Rococò. Uscì velocemente dalla stanza, entrando in quella di Mark senza neppure chiedere il permesso; lo trovò imbambolato a guardare dentro il proprio armadio e gli si affiancò scorgendo tanti vestiti quanti ne aveva lui.
- Visto che roba?! - esclamò, ammirato, e l'altro abbassò lo sguardo verso di lui, annuendo.
- Beh… non ho mai visto un armadio tanto grande.
Bryan annuì, allegro.
- Il bagno di casa mia starebbe in questo armadio!
Mark sorrise a quella battuta ed il biondo sgranò gli occhi, facendosi immediatamente serio; il partner lo guardò inarcando le sopracciglia.
- Cosa ti succede?
- Hai sorriso! - sbottò, indicandolo; il moro lo fissò per un secondo, prima di chiudere l'armadio con forza ed arrossire leggermente.
- Idiota! Muoviti a fare la doccia, altrimenti ci vado prima io! - borbottò, burbero, e Bryan ridacchiò uscendo senza fare storie. Mark sospirò, scuotendo il capo ma sorridendo, sedendosi sul letto, ascoltando il collega trafficare nella propria stanza, poi dirigersi verso il bagno ed aprire la porta.
- Ehi McCaine! - lo sentì urlare e gli rispose senza muoversi.
- Cosa vuoi?
- Sei carino quando sorridi!
Mark arrossì, sgranando gli occhi, chiedendosi cosa cavolo stesse blaterando quell'idiota: possibile che non riuscisse mai a mantenere un briciolo di coerenza? Cosa gli veniva in mente, all'improvviso?
- Se lo facessi più spesso, avresti un mucchio di polli alle calcagna! - terminò il biondo e Mark si rilassò, lasciandosi cadere con la schiena sul letto: riecco il solito Flaney, imbecille e piantagrane. Però, questo lo rilassava: era più semplice considerarlo un partner fastidioso se si comportava come uno scemo, perché quel ragazzino era tanto bello che a stento era riuscito a trattenersi dal mettergli le mani sulla schiena per tastare la sua pelle, quando gli si era scoperta in aula. Chiuse gli occhi, cercando di scacciare quell'immagine: Flaney sembrava avere un'opinione stereotipata dei gay, era convinto che a lui andasse bene qualsiasi maschio in vita, in quanto omosessuale… Quindi, a parte il fatto che il suo collega era etero e quindi sarebbe stato inutile, mostrare interesse fisico nei suoi confronti gli avrebbe permesso di cominciare i suoi sproloqui su quanto avesse ragione.
- Ah, merda… - sbuffò alzandosi ed andando in salotto: doveva distrarsi per non pensare più a certe cose assurde e l'unico modo che conosceva, da sempre, era lavorare. Così prese la valigietta di Mellory e ne trasse alcune schede, cominciando ad esaminarle; non avevano altri impegni, quel pomeriggio, arrivare a mezzanotte sarebbe stato alquanto lungo…
Il Rainy-Pub si trovava nel cuore della città e sembrava essere frequentato solo da gente alla moda: c'erano perlopiù ragazzi e ragazze dai venti ai trent'anni, tutti bellissimi, tutti infilati in abiti inguainanti e vistosi, tutti truccati più o meno pesantemente. Mark si guardò intorno nelle luci rosa e verdi che illuminavano solo la pista centrale, lasciando ai piccoli faretti rossi il compito di rischiarare l'ambiente limitrofo; la parete frontale era interamente occupata da un lungo bancone dietro il quale, con bottiglie, bicchieri e shaker, si esibivano dei barman in divisa. Tutto il resto era occupato da divanetti blu sui quali erano già sedute parecchie persone. L'ingresso dei due poliziotti non passò del tutto inosservato e Mark sapeva perfettamente perché: era tutta colpa di Bryan! Lui lo aveva convinto ad indossare quegli abiti indecenti, perché diceva che conosceva bene la gente che frequentava quel locale e sapeva che, con jeans e maglietta, non gli avrebbero permesso d'entrare… così aveva scelto lui il suo abbigliamento! Una camicia nera a maniche lunghe, completamente inutile visto che era trasparente, e pantaloni di pelle bianca, tanto stretti quanto scomodi; gli aveva poi ingiunto di tenersi quella pettinatura ridicola che gli avevano fatto i parrucchieri dell'Atelier e gli aveva consegnato un paio di catenine di caucciù da legarsi al collo. L'abbigliamento era effettivamente perfetto per l'ambiente, ma si sentiva così idiota! L'attenzione di parecchie persone, però, era catalizzata pure dal suo vulcanico collega e riusciva comprenderne il motivo: quando Bryan gli si era presentato davanti vestito a quel modo, per poco non aveva avuto un infarto! Si era lavato i capelli che ora gli incorniciavano il viso scendendo in fiammate lungo le guance, aveva indossato un paio di pantaloni neri e stretti, con uno squarcio sul ginocchio destro ed un altro sotto la natica sinistra. Sopra indossava una maglia rossa, attillata e senza maniche, completamente aperta sui fianchi e tenuta insieme da una serie di spille da balia. Ai polsi aveva due fasce di cuoio nero ed un anello al pollice destro.
Il biondo entrò nel locale con la solita aria allegra, quasi saltellando, ed in meno di un minuto fu al centro della pista ballando con chi lo circondava; Mark si diresse al bancone imponendosi di non guardarlo, ripassandosi mentalmente i motivi che Flaney gli aveva propinato per convincerlo ad essere lì. Quel pub era frequentato praticamente da tutti i modelli dell'Atelier, quindi poteva essere proprio in quel luogo che compravano la roba; per riuscire ad entrare nel giro dovevano essere disponibili con gli altri, farseli amici e mostrare loro di potersi fidare. E poi… c'era l'ultimo motivo: poiché era un pezzo di legno, un po' di distrazione non poteva fargli che bene! Idiota… Si sedette al bancone ed ordinò un cocktail analcolico dal nome strano, poi si guardò intorno cercando di individuare delle facce sospette; senza riuscire ad evitarlo, i suoi occhi si mossero lentamente verso la pista da ballo, gremita di ragazzi agitati. Per un attimo non trovò quello che cercava, però poi lo vide e le dita si strinsero intorno al bicchiere: Flaney stava ballando quella musica forsennata ed assordante, e muoveva in modo esemplare quel meraviglioso corpo che si ritrovava. Gli occhi di Mark scivolarono lungo la sua schiena, seguendo i movimenti del sedere che s'intravedeva attraverso lo squarcio dei pantaloni, per poi salire ai pettorali quando si voltò verso di lui; bevve una lunga sorsata, imponendosi di guardare altrove, con l'unico risultato di trovarsi ad osservare il viso ridente del suo partner.
- Merda… - borbottò, voltandosi con uno scatto: cosa diavolo gli succedeva? Non poteva sul serio essere attratto da quel ragazzino idiota! Aveva un aspetto fisico notevole, lo ammetteva, ma non era mai stato quello a determinare la scelta dei suoi compagni! Aveva avuto ragazzi più o meno attraenti fisicamente, ma tutti ugualmente interessanti e, soprattutto, compatibili con il suo carattere riservato; Flaney era il suo completo opposto e poi era… stupido!
- Insomma, vuoi lasciarmi in pace? Ti ho detto di toglierti! - esclamò la ben nota voce di Bryan alle sue spalle; Mark si voltò e vide che il poliziotto era in piedi dietro di lui e fronteggiava un piccoletto che lo guardava adorante.
- Sei bellissimo! Forza, vieni a fare un giro!
- Ma neanche se mi paghi, tappo! - sbottò il biondo, cominciando ad innervosirsi; Mark inarcò un sopracciglio, incuriosito dalla situazione.
- Sicuro? E se ti pagassi molto?
- Ma sei scemo?! Questa è induzione alla prostituzione, bello, potrei farti arrestare!
- Mi trovi bello? - pigolò l'uomo, senza neanche accorgersi della minaccia; una vena cominciò a pulsare sulla fronte di Bryan.
- Ti ho detto di levarti di torno!
- Io non ho legami e neanche tu! Facciamo diventare questa sera la nostra storia d'amore!
- Mamma, che schifo! - biascicò il detective, nauseato, però all'improvviso la sua faccia s'illuminò e guardò il piccoletto con un sogghigno.
- Senti un po', ma chi ti ha detto che sono libero? Io ce l'ho un ragazzo!
- Figurati… e dov'è? - chiese l'altro, scettico; Mark comprese immediatamente le intenzioni del collega, ma non riuscì ad evitare di trovarselo addosso, abbracciato al collo.
- E' lui! E se non ti levi di torno, ti riempie di botte! È stato campione di boxe!
Il piccoletto li guardò per un attimo, forse non credendo alle sue parole, ma quell'attimo di sospensione fu fatale per Mark, che non riuscì a fermare la propria mano prima che circondasse la vita di Flaney e si appoggiasse sul suo fianco, tastando la pelle calda fra una spilla e l'altra. Visto il suo sguardo serio e quello trionfante del biondo, finalmente il corteggiatore si arrese e si allontanò imprecando fra sé; il poliziotto più giovane ridacchiò, raddrizzandosi, senza però togliere un braccio dalle spalle del collega. In quello stesso istante furono raggiunti da Carl e David, entrambi agghindati come super modelli.
- Ce l'avete fatta! - esclamò il più basso - Come stai, Bryan?
- Benissimo, come dovrei stare? - rispose evidentemente dimentico della bugia che si era inventato quel pomeriggio; David li guardò con occhi sornioni.
- Allora anche voi state insieme! - dichiarò allegro; Mark avvertì l'irrigidimento di Flaney e si affrettò a togliere il braccio dalla sua schiena.
- Ah… - cominciò il biondo, ma il collega lo precedette.
- Per niente! - replicò secco; gli altri tre lo guardarono con aria sorpresa, ma la reazione più violenta fu quella di Bryan, che si spostò con uno scatto e lo guardò con espressione ferita.
- Beh, grazie tanto! Se ti faccio così schifo non devi fare altro che dirmelo e non ti tocco più!
Mark sgranò gli occhi, cercando di capire qualcosa di quell'assurda situazione.
- Ma che stai dicendo? - mormorò e l'altro s'infilò le mani in tasca, muovendo un passo per allontanarsi.
- Sto dicendo che sei uno stronzo, McCaine! Ho visto come ti mangi con gli occhi i ragazzi che ci sono qui dentro, possibile che solo io ti faccio schifo?
Quelle parole, che non facevano che confermare i suoi dubbi, fecero infuriare il moro, che si alzò con uno scatto dall'alto sgabello sul quale era seduto.
- Piantala di parlare solo perché hai la bocca, Flaney! Il fatto che io sia gay, non significa che mi farei chiunque respiri! E poi mi pareva di avertelo già detto: io ho buongusto, non potresti mai piacermi!
- Tsè! - sputò il biondo, di nuovo calmo, con il pericoloso ghigno che gli compariva sul volto quando stava per attingere alla propria ironia pungente - Mi sa che tu di buongusto non ne hai nemmeno un briciolo! Almeno la metà delle persone che ci sono qui dentro, mi si farebbe! Dì la verità, piuttosto: tu fingi di non interessarti a chi sai bene che non piacerai mai!
- Flaney, cuciti quella bocca se non vuoi che te la chiuda io! - ringhiò Mark, punto sul vivo; il partner lo fissò con un sorriso affilato ed un'espressione sardonica, poi gli voltò la schiena e si allontanò di qualche passo. All'improvviso, però, si fermò e voltò il capo verso di lui, con un'espressione annoiata.
- McCaine, me ne torno a casa da solo, non aspettarmi; cerco qualcuno da farmi, che abbia un po' di buongusto!
Gli voltò nuovamente le spalle ed abbozzò un saluto con la mano, sparendo fra la folla del locale; Mark tornò a sedersi battendo con rabbia una mano sul bancone e, a quel punto, David e Carl, che avevano assistito senza trovare il coraggio di intervenire, gli si avvicinarono. Lui non li guardò e cercò di calmarsi.
- Che cavolo è successo? - sussurrò David, appoggiandosi al bancone, e Carl si strinse nelle spalle.
- Sinceramente non l'ho ben capito… posso chiederti che rapporto c'è fra voi due? Sul serio non state insieme?
Mark scosse il capo, lentamente.
- No… siamo solo colleghi, ci siamo conosciuti questa mattina.
David inarcò un sopracciglio.
- Sul serio? Eppure sembrava che vi conosceste da molto più tempo!
Mark non disse nulla, ma dentro di sé sapeva che il ragazzo aveva ragione, gli sembrava sul serio di conoscere Bryan da molto tempo: quando era appena un po' diverso dal solito, se ne accorgeva subito e sentiva la mancanza del "caro, vecchio Flaney". Com'era possibile avvertire una sensazione del genere, per una persona appena conosciuta?
- Però… posso dire una cosa, David? - mormorò Carl guardando il fidanzato in cerca d'approvazione e Mark lo guardò con curiosità.
- Beh… sinceramente è davvero un gran bel pezzo di ragazzo… possibile che non ti piaccia nemmeno un pochino?
Il poliziotto lanciò un'occhiata verso Carl, aspettandosi che se la prendesse con il suo compagno per quella considerazione, ma l'altro stava semplicemente annuendo con il capo, approvando; sospirò e si accomodò meglio sullo sgabello.
- Fisicamente… è bello, lo ammetto. Però i nostri caratteri non sono compatibili.
- Figurati, lo sanno tutti che gli opposti si attraggono! - replicò Carl, negando con forza; Mark abbozzò un sorriso e lo guardò negli occhi con espressione risoluta, per fargli capire che non intendeva prolungare quel discorso.
- Può darsi… ma lui è etero!
Gli altri due si bloccarono e si scambiarono un'occhiata imbarazzata; il primo a parlare fu David, che evidentemente non aveva colto il significato dell'espressione del poliziotto.
- Beh, ma… poco fa ti abbracciava! - obiettò, ma Mark scosse il capo.
- L'ha fatto per togliersi di torno uno scocciatore.
- Sì, però… un etero non abbraccia un gay!
- Lui è un tipo strano, espansivo ed idiota… - ribatté di nuovo il poliziotto; a questo punto gli altri due non seppero cos'altro aggiungere ed ordinarono da bere.
Bryan aveva ballato per un po' con Paula e Barbara, due delle tre ragazze incontrate quella mattina nella sala d'aspetto dell'Atelier, ma presto si era stancato ed era andato a stendersi su uno dei divanetti liberi, fissando i giochi di luce sul soffitto per non addormentarsi. Si era già scordato della piccola lite con Mark, non era tipo da tenere il broncio o serbare rancore, ed ora stava pensando che non aveva idea di come evitare altre lezioni imbarazzanti, nei giorni a venire. Quel pomeriggio si era defilato dalla lezione di postura perché era certo che non sarebbe riuscito ad imparare ad ancheggiare velocemente come invece aveva fatto Mark, ma come l'avrebbe messa con i corsi di recitazione? Per la danza poteva cavarsela… anzi, avrebbe potuto insegnare lui qualcosa al maestro… però restava il problema che lui non era neppure un po' aggraziato e chiunque avrebbe scoperto in cinque minuti che non era un modello. I suoi pensieri s'interruppero all'improvviso, quando sentì un peso sul proprio corpo: abbassò lo sguardo e si ritrovò Karen, l'amica delle due della mattina, che gattonava su di lui. Lei gli rivolse un sorriso famelico, strisciando i polpastrelli sulla sua maglia attillata.
- Ciao… non osavo sperare di rivederti così presto. - miagolò, sensuale, e Bryan abbozzò un sorriso sicuro.
- I casi della vita… - mormorò di rimando; lei salì lungo il suo corpo, piazzandogli un ginocchio contro l'inguine.
- Cosa fai qui da solo?
- Mi riposo.
- Sei già stanco? Sono passate le due da poco.
- Già le due? - esclamò fingendo uno sbadiglio - Allora è meglio se vado a dormire, domattina mi devo alzare presto.
- Non scappare! - sibilò lei con espressione rapace - Non ti va di farmi compagnia?
- Volentieri… ma non stasera!
Karen corrugò la fronte, irrigidendosi un poco, però poi ritrovò l'aria da pantera e si chinò verso il suo viso.
- Vediamo se cambi idea… - soffiò sulle sue labbra; Bryan sogghignò e voltò il capo di lato, prendendole poi le braccia e sollevandola dal suo corpo.
- Cavolo, sei pesante! - sbottò a voce alta e la ragazza sgranò gli occhi, fremendo all'improvviso.
- Cosa?! Pesante?! Ma come ti permetti!
- Scusa… era un segreto? Eppure mi pare che tu non faccia nulla per nasconderlo.
Karen arrossì furiosamente e si mise in ginocchio scrollandosi di dosso le sue mani.
- Ma chi ti credi di essere, marmocchio? Solo perché hai un faccino carino, pensi di potermi trattare in questo modo? Io sono Karen Grey, la modella di punta del Rococò, mi basta uno schiocco di dita per farti cacciare da questo locale!
- E perché non lo fai, Karen Grey? - sussurrò provocante mettendosi a sedere; la ragazza socchiuse gli occhi ed avvicinò il viso al suo, con aria minacciosa.
- Sei uno sbruffone! Pensi che non abbia il coraggio di farlo?
- Io penso che tu non abbia l'autorità per farlo…
- Fottiti! - esclamò a quel punto la modella - Ma chi ti vuole? - aggiunse alzandosi in piedi ed allontanandosi; nonostante fosse chiaramente una domanda retorica, Bryan non riuscì a chiudere la bocca prima d'averle risposto.
- Di solito mi vogliono le zoccole…
Karen si bloccò all'istante, tornò sui propri passi e, senza dire nulla, si chinò rifilando un ceffone al poliziotto che subì con un "Ahi" appena mormorato, ricadendo con la schiena sul divano. La modella non si era ancora allontanata che un ragazzo, ridacchiando con aria un po' assente, si distese sul divano ancora libero, vicino alla testa di Bryan.
- Ehi, amico, che le hai fatto? - s'informò trascinando la voce ed il biondo lo guardò, massaggiandosi la guancia dolorante.
- Forse ho esagerato.
L'altro fece una risatina ebete e Bryan lo osservò con interesse, voltandosi sul divanetto ed appoggiando il mento sulle mani: poteva avere la sua età, al massimo quella di McCaine, ed era chiaramente un modello. Quello che interessava il poliziotto, però, era che sembrava completamente fatto.
- Stai bene, amico? - chiese fingendo preoccupazione; l'altro annuì ed assunse la sua stessa posizione, guardandolo con occhi appannati.
- Io sì e tu? Stai bene?
- Sono stanco… - mentì ed il ragazzo annuì.
- Vuoi una mano?
- Magari! - esalò il poliziotto continuando la recita - Tu mi potresti aiutare?
- Ma certo, guarda qui! - disse infilandosi una mano nel taschino della camicia attillata; ne trasse una bustina blu, che gli sventolò sotto il naso - Con questo ti sentirai subito in forze!
Bryan gli sorrise ed allungò una mano.
- Sul serio? E cos'è?
- La medicina! Si prende per bocca! Vedrai che sballo, poi!
Il biondo cercò di nascondere un sorriso rapace, che però sarebbe scomparso ugualmente, quando il ragazzo aprì la bustina: che stava facendo? Lui voleva averla intatta, per intascarla e portarla a quelli della Narcotici! Ma, a quanto sembrava, il tizio aveva intenzione di fargliela prendere subito!
- Però costa… - sussurrò improvvisamente e Bryan annuì.
- Quanto?
- Per questa volta mi accontento di darti io la medicina… - mormorò appoggiandogli una mano sulla guancia; Bryan socchiuse gli occhi, imponendosi di non sottrarsi al contatto, ma subito li sgranò quando lo vide versarsi il contenuto della bustina sulla lingua.
- Ma… - cominciò, però s'interruppe subito: lo sconosciuto gli aveva messo la mano dietro la nuca ed ora lo attirava a sé. Bryan intuì immediatamente in che modo aveva intenzione di somministrargli la medicina e per un attimo andò nel panico: cosa doveva fare? Se si fosse rifiutato avrebbe perso la fiducia di quel tizio che probabilmente era uno spacciatore o, comunque, poteva condurlo da uno di loro; però, accettando, avrebbe corso troppi rischi! Prima di tutto non sapeva se il ragazzo voleva fargli prendere proprio la droga che stavano cercando loro, in secondo luogo non poteva drogarsi di sua spontanea volontà! Cos'avrebbe raccontato a Mark ed al capo? Però… avrebbe provato su di sé gli effetti di quella roba ed avrebbe potuto descrivere con precisione quali fossero. Cosa doveva fare? L'altro, visto che Bryan non sembrava intenzionato ad avvicinarsi, decise di agire e si sporse verso di lui, con la bocca aperta a dimostrare che non aveva intenzione di fregarlo ma di dargli veramente la droga. Il detective mandò a quel paese la propria intelligenza e decise di rischiare, così si avvicinò, ma, in quel momento, si ritrovò con la faccia premuta contro i cuscini, impedito nella respirazione. Avvertì una mano sulla propria testa, che aspettò qualche secondo prima di liberarlo; voltò il capo di lato, per respirare e capire cosa fosse successo, e si ritrovò a fissare il viso serio del suo collega.
- McCaine? - mormorò, sorpreso, ed il compagno gli parlò con voce inflessibile.
- Ti lascio solo per un secondo e tu mi tradisci con il primo che passa?
Bryan sgranò gli occhi senza dire nulla, mentre il ragazzo sbuffò, alzandosi in piedi ed allontanandosi senza salutare; il poliziotto moro si voltò e si allontanò dal collega, senza spiegazioni, ma il biondo balzò dal divanetto e gli fu accanto in un secondo.
- McCaine! Ma che diavolo fai? - chiese, semplicemente stupito, e Mark gli lanciò una breve occhiata contrita.
- Io?! Tu, che diavolo fai! Stavi per prendere una droga sconosciuta!
- E tu come lo sai?
- Ti ho visto per caso! E per fortuna! Sei proprio un idiota!
- Beh… in quel momento ho pensato che fosse una buona idea…
- Ti pare una buona idea, drogarti? Ma sei stupido? - sbottò fermandosi e fronteggiandolo; Bryan inarcò le sopracciglia, sinceramente sorpreso.
- Ehi, calmati!
- Calmarmi?! E come faccio se mi hanno messo in coppia con un incosciente?
- Che esagerato…
- E' inutile! - ringhiò il moro avviandosi all'uscita - Con uno come te è impossibile fare un discorso serio!
Aumentò il passo riuscendo a distanziarlo ed uscì all'aria aperta, rabbrividendo un poco; il loro nuovo appartamento non distava troppo e decise di tornare a piedi, per sbollire la rabbia che quell'imbecille riusciva a fargli esplodere dentro, ma una voce calma, al suo fianco, lo fece sobbalzare.
- Credevo che i pezzi di legno non si arrabbiassero mai…
- Flaney! - sibilò, fermandosi e stringendo i pugni; l'altro lo guardò e gli rivolse un sorriso dolce e sincero, che lo spiazzò completamente.
- Io ho un difetto, McCaine… agisco senza mai pensare alle conseguenze… e parlo quasi senza accorgermene… Prima non sapevo se accettare o no la droga e nel dubbio ho fatto la prima cosa che mi è passata per la testa; sono stato fortunato che tu fossi lì vicino. Ora forse farai fatica a credere alle mie parole, ma tu mi piaci… e quando sto con qualcuno che mi piace, divento ancora più idiota!
Incatenato da quel sorriso e dalla sincerità che traspariva dalle sue parole, Mark rimase semplicemente a fissarlo; Bryan non si mosse per alcuni secondi, in piedi di fronte a lui sul marciapiede affollato, poi lanciò uno sguardo oltre le sue spalle ed allungò un braccio verso la strada.
- Beh, McCaine, io non ho voglia di farmi a piedi la strada fino all'appartamento, quindi ti saluto!
Un taxi si fermò accanto a lui ed il biondo vi salì, dando all'autista l'indirizzo dove portarlo, poi salutò Mark con un cenno della mano; il moro rimase a guardare mentre l'auto si allontanava, cercando ancora di comprendere le sue parole. Gli piaceva… e non sembrava stesse mentendo! Ma in che modo glielo dimostrava? Facendo battute idiote? Prendendosi gioco di lui? Ma perché non gli avevano affiancato un partner normale? Sospirò, abbozzando un sorriso, pensando che in fondo non gli dispiaceva avere accanto un tipo strambo come Flaney.
- Sei solo? - mormorò una voce suadente al suo fianco e, meno di un secondo dopo, si trovò una ragazza appesa al braccio; la guardò inarcando un sopracciglio, ignorando completamente le occhiate seducenti che lei gli lanciava. Sospirò, poi fece una cosa assai strana: pensò a come se la sarebbe cavata Flaney in quella circostanza e non riuscì a nascondere un sorriso puramente divertito.
- Sto andando a casa, dal mio ragazzo. - rispose tranquillo, scrollandosi dal suo abbraccio; la ragazza sbuffò dimenticandosi di lui e, finalmente, Mark poté riprendere la sua camminata notturna.
Il giorno successivo Bryan finse un malore per non doversi presentare alle lezioni di recitazione, però impiegò il tempo in modo costruttivo, studiando le schede di tutti coloro che frequentavano l'Atelier Rococò. Cominciando dagli insegnanti, fece una scoperta divertente: il maestro di danza era una sua conoscenza… si sarebbe divertito parecchio, l'indomani, quando sicuramente lo avrebbe incontrato! Nelle schede dei modelli era riuscito a trovare quella del ragazzo che la sera precedente gli aveva offerto la droga: si chiamava Arthur Dalton, aveva 23 anni e lavorava per la casa di moda da quasi tre. Aveva messo da parte la scheda per mostrarla al suo collega, poi aveva continuato a spulciare trovando quella di Karen Grey, che probabilmente a quel punto lo odiava, e di altri ragazzi che aveva notato la sera precedente in discoteca. Decise però di cominciare le indagini dagli addetti ai lavori e trascorse tutta la giornata ad impararsi a memoria i vari visi ed i relativi impieghi.
Mark tornò verso le quattro del pomeriggio e si fece una doccia prima di raggiungerlo in camera sua; si avvicinò al letto dove il biondo era seduto, guardando con disapprovazione il caos che regnava sulla trapunta in tinta unita. Le cartelle erano sparse ovunque, alcuni fogli n'erano sfuggiti e si erano mescolati fra loro, gli appunti di Bryan spuntavano qua e là, senza ordine preciso. Il collega sollevò il capo e gli sorrise con una penna infilata fra i denti, i capelli liberi dal gel che gli ricadevano spettinati intorno al viso; Mark sospirò e prese uno dei fogli scarabocchiati, socchiudendo gli occhi con interesse.
- Scoperto qualcosa?
- Beh, alcshh… - cercò di biascicare, poi si tolse la penna dalle labbra - …alcuni collaboratori lavorano per l'Atelier da una decina d'anni e più… direi che è meglio se cominciamo ad indagare sui recenti acquisti; penso anche che sia meglio se partiamo dagli addetti ai lavori, più che dai modelli.
- Cosa mi dici sul tizio che ieri sera ti ha offerto la roba?
- Lavora da tre anni, più o meno. Secondo me non è uno spacciatore, ma l'aveva comprata a sua volta ed ha pensato bene di usarla come scusa per abbordarmi; solo che non credo sia possibile avere un altro contatto con lui, ora che pensa che noi stiamo insieme.
Mark liberò l'angolo del letto e si sedette, sbuffando.
- E non è l'unico! Oggi sono stato fermato da un mucchio di ragazzi che volevano sapere se per caso il mio fidanzato non avesse avuto problemi al cuore.
Bryan corrugò la fronte.
- Al cuore? - ripeté, domandandosi di cosa stesse parlando, ma il moro lo guardò con faccia ammonitrice.
- Ti sei inventato quella balla per non dover sfilare, ricordi?
- Ah… sì… - ridacchiò - Comunque, stasera potrei provare ad avvicinarmi di nuovo al ragazzo, fingermi depresso perché tu mi hai mollato o sei troppo possessivo e chiedergli ancora la roba.
- No, stasera non credo ci sarà molta gente al pub, domattina dobbiamo essere all'Atelier prima delle sei.
- Cosa?! - sbottò il biondo sgranando gli occhi comicamente - E perché?
- Lezione di danza e poi una riunione con Mellory Stevenson.
- Lezione di danza alle sei? Ma io sarò in coma! - borbottò Bryan con aria sconsolata e Mark inarcò un sopracciglio.
- Vuoi dire che quella hai intenzione di seguirla? - chiese, mentre nella mente gli si affollavano le immagini del collega danzante in mezzo ad una pista da ballo; Bryan sogghignò, cercando una specifica cartelletta e, quando la trovò, gliela porse.
- Questo è l'insegnante di danza. - mormorò; Mark guardò la fotografia ed inarcò un sopracciglio.
- Lui?
- Già… e domani vedrà i sorci verdi…
Mark ebbe pietà per quell'ometto che incoscientemente aveva attirato su di sé il desiderio di vendetta del collega, però decise che per quella volta poteva lasciare che Flaney agisse come preferiva e limitarsi ad assistere allo spettacolo; si alzò per andarsi a preparare un caffè, chiedendosi se offrirne anche a lui oppure no, però in quel momento una domanda gli si affacciò alla mente e si bloccò sulla porta. L'altro se ne accorse e lo guardò, sorpreso.
- Che c'è? - domandò solamente e Mark si voltò appoggiando una mano sullo stipite.
- Flaney… non ti dà fastidio il fatto che ci credano fidanzati? - sussurrò curioso ma il biondino inarcò un sopracciglio.
- Dovrebbe?
- Beh… sei il primo etero che conosco cui non importa essere scambiato per un gay.
Bryan ridacchiò, sinceramente divertito.
- Mica mi offendono, se mi dicono che sono gay, no? E poi tu sei proprio niente male, perché dovrei offendermi ad averti come finto fidanzato?
- … - Mark non seppe come rispondere alla naturalezza di quelle parole e Flaney lo fissò per un attimo, prima di alzarsi in piedi per avvicinarsi. Gli si fermò a pochi centimetri dal viso, senza mai distogliere lo sguardo, ed il suo sorriso diventò sensuale, mentre gli parlava con voce modulata e quasi roca.
- Vuoi qualcosa da bere, McCaine?
Il moro lo fissò con occhi sbarrati, lottando contro il tremore delle proprie mani, che gli urlavano di stringersi addosso quel ragazzino impertinente ed insegnargli che giocare con il fuoco è pericoloso… però si disse che non poteva cedere, che Flaney lo stava provocando per metterlo alla prova e che avrebbe vinto lui se gli avesse mostrato quanto era in grado di scombinarlo. Così strinse i pugni fino a farsi male, annuendo con il capo.
- Sì, grazie.
Il compagno inarcò un sopracciglio, senza cancellare quell'espressione provocante dal viso e, per un attimo, non si mosse, limitandosi a spostare gli occhi lungo la linea del suo naso, fermandosi un istante sulle labbra; a quel punto lo lasciò in pace ed andò in cucina, cominciando a canticchiare e Mark rilasciò il respiro, appoggiandosi alla porta. Ci mancava solo il collega deciso a metterlo sotto! E la cosa buffa era che anche lui lo avrebbe messo sotto volentieri, ma in tutt'altro modo! Doveva controllarsi, ma se Bryan avesse cominciato a fare il seduttore, cosa che a quanto sembrava gli riusciva parecchio bene, sarebbe stato davvero difficile! Che diavolo gli stava succedendo? Era la prima volta in tutta la vita, che avvertiva il pericolo che l'istinto prendesse il sopravvento sulla razionalità: e questo a causa di Flaney! Maledizione a lui ed a chi aveva deciso che dovevano lavorare insieme!
Nonostante fossero andati a letto presto, per essere in forma il mattino successivo, sia Bryan sia Mark camminavano per i corridoi dell'Atelier con facce ancora addormentate; il moro cercava di non sbadigliare e si strofinava continuamente gli occhi per svegliarsi un po', mentre il biondo trascinava i piedi sul pavimento lucido, con la schiena incurvata. Quando entrarono nella grande stanza adibita a palestra per la danza, con un grosso specchio che occupava tutta una parete, scoprirono che non erano gli unici a cascare dal sonno: David e Carl se ne stavano seduti in un angolo, addossati al muro, uno appoggiato all'altro, cercando di restare svegli. Un paio di ragazzi erano semi sdraiati al loro fianco, gli occhi serrati e la bocca socchiusa; le più energiche sembravano essere un paio di ragazzine con meno di vent'anni, che chiacchieravano fra loro facendo esercizi d'allungamento. Entrato nella stanza, Bryan stirò i muscoli delle braccia e della schiena, sbadigliando con poca grazia, poi, visto che l'insegnante non era ancora arrivato, richiamò l'attenzione del collega appoggiando una mano pesante sulla sua spalla.
- Senti, vado a lavarmi la faccia, altrimenti mi addormento in piedi. - mormorò con voce tetra; Mark annuì e raggiunse David e Carl, sedendosi accanto a loro dopo averli salutati gentilmente. Il più sveglio dei due, Carl, gli sorrise cercando un po' di conversazione, probabilmente per non cadere addormentato.
- Bryan non viene neanche oggi?
- E' andato in bagno, arriverà fra poco.
- Avete fatto pace? - chiese, gentile, e Mark si strinse nelle spalle.
- Neppure si ricorda che abbiamo discusso…
- E' un tipo strano, ma mi piace! - esclamò il ragazzo, beccandosi un pizzicotto da parte del fidanzato comatoso; Bryan rientrò in quel momento, massaggiandosi il viso chiaramente dolorante e si lasciò letteralmente cadere di fronte al collega, con le gambe incrociate. Carl notò immediatamente il segno di cinque dita sulla sua guancia, così ridacchiò.
- Chi hai abbordato, in bagno?
- Nessuno… - bofonchiò il detective - E' stata lei che mi è venuta addosso uscendo dal bagno… - continuò indicando la bionda che era entrata nella stanza appena prima di lui e Mark la riconobbe: era Karen, una delle tre ragazze che aveva incontrato il primo giorno che aveva cominciato a lavorare lì dentro.
- Le hai messo le mani addosso? - domandò soprappensiero, ma Bryan scosse il capo.
- Ehm… no… Però aveva le sue ragioni…
- Scusa ma… usciva dal bagno degli uomini? - chiese ancora Carl, con aria accigliata; Bryan ridacchiò ed indicò un altro ragazzo, con lunghi capelli neri, di una bellezza cupa.
- Mi sa che si stava facendo lui! - sussurrò, ma i loro discorsi s'interruppero con l'ingresso del maestro di danza; tutti i ragazzi si alzarono in piedi controvoglia, Carl dovette quasi sorreggere David, mentre Bryan si occupò di svegliare i due ancora addormentati al loro fianco. L'insegnante, un ometto smilzo sui quarant'anni che arrivava al massimo al metro e settanta, batté le mani per avere la loro completa attenzione; indossava dei pantaloni stretch, attillati, ed una maglietta corta che gli poggiava sui fianchi. Passò lo sguardo su tutti i ragazzi, distrattamente.
- Forza, fannulloni! Quando uscite la sera, state svegli fino alle sei del mattino e non fate tutte queste storie! - gracchiò con aria inacidita; Bryan finalmente riuscì a svegliare i due tizi e si alzò, rimanendo dietro a Mark. L'ometto continuò a parlare.
- Mi presento, per i nuovi arrivati: sono Duke Brighton Scott, il vostro insegnante di danza; perché la danza? Perché insegna armonia al corpo e perché nelle serate mondane nessuno di voi deve mai sfigurare.
Aveva parlato con espressione piatta, come se ripetesse a memoria quella frase da ormai vent'anni; Mark sentì Bryan ridacchiare alle proprie spalle, poi avvertì delle dita leggere posarsi sui suoi fianchi, coperti da dei pantaloni sottili. Si sentì spostare di lato e capì che Bryan voleva che lo lasciasse passare, così lo lasciò fare e, dopo pochi secondi, si godette l'espressione raggelata di Mister Scott che, attirato dai movimenti, aveva guardato verso di loro. Li aveva riconosciuti immediatamente!
- Salve! - esclamò Bryan con un sorriso larghissimo - Non avrei mai pensato di rivederla! - continuò imperterrito e l'uomo cominciò a sudare freddo.
- Non… mi pare di averti mai visto prima, ragazzo, stai al tuo po…
- Ma sì! - lo interruppe allegramente il biondo - Ci siamo visti l'altra sera in discoteca! Lei voleva scop…
- Non so di cosa parli! - urlò l'uomo - Stai zitto e buono, altrimenti sarò costretto a cacciarti!
Il sogghigno di Bryan non vacillò di un millimetro, ma il ragazzo non aggiunse altro; qualcuno lo guardava con aria curiosa, qualcun altro con l'espressione di chi sapeva bene cosa stesse accadendo. Mark rimase impassibile, anche se ormai aveva imparato che quando il partner aveva quel ghigno non c'era da stare tranquilli; Mister Scott fece un cenno ad un collaboratore, che accese lo stereo posto nell'angolo della stanza.
- Madonna? - chiese Bryan quasi subito; l'insegnante lo ignorò, ma una ragazza gli rispose.
- Non ti piace?
- Uh? Sì, ma è una canzone vecchia e lenta… cosa ci facciamo?
- Devo ripeterti che devi stare zitto? - sbottò Scott - Ragazzi, chiudete gli occhi ed ascoltate la canzone: lasciatevi trascinare dalle sue note e permettete al vostro corpo di assecondare i movimenti che ne nascono. Il segreto è essere fluidi, compiere movimenti sciolti, non meccanici.
I vecchi allievi dell'uomo furono i primi ad obbedire e chiusero gli occhi cominciando a muoversi in modo strano; Bryan li guardò con faccia perplessa, prima di parlare a bassa voce, con nessuno in particolare.
- Sembrano degli idioti…
Mark si ritrovò ad annuire senza neppure accorgersene, ma anche un'altra persona aveva sentito quelle parole.
- Qualcosa che non va, signori? Tu, come ti chiami? - domandò additandoli; Mark rispose con voce sicura e tranquilla.
- Mark McCaine, signore.
- Bene, McCaine… vediamo cosa sai fare.
Il poliziotto s'irrigidì ed un lieve ghigno si dipinse sul viso di Scott; fu allora che Bryan decise d'intervenire e mosse qualche passo verso l'ometto.
- Senta, non serve fare quelle cose assurde per muoversi a tempo con la musica! - declamò, tranquillo, e Mister Scott lo guardò con astio.
- Vuoi insegnarmi il mio lavoro, ragazzino?
L'altro sogghignò e per un attimo si limitò ad ascoltare la musica di sottofondo: la prima canzone era finita e fu seguita da un altro vecchio successo di Madonna, Frozen. Il biondo ghignò e si avvicinò ulteriormente all'insegnante, incatenandolo con lo sguardo; l'ometto sgranò gli occhi, muovendo mezzo passo indietro.
- Che stai facendo? - chiese, sorpreso e preoccupato, e Bryan gli rispose con la voce ridotta ad un sussurro alquanto erotico.
- Le insegno il suo lavoro…
La cantante attaccò i versi quando il biondo era ormai ridosso all'altro; immediatamente cominciò ad ondeggiare il bacino, fortunatamente coperto da pantaloni molto larghi, con movimenti lenti e quasi circolari. Tutti, nella stanza, si fermarono per osservare la scena, mentre Carl e David si posizionarono ai fianchi di Mark, che a sua volta guardava con respiro assottigliato. Le labbra di Bryan si mossero piano, cominciando a seguire il testo della canzone, pur emettendo un lieve respiro udibile probabilmente al solo Scott; il biondo appoggiò il corpo contro il fianco dell'uomo, le gambe allargate per piegare le ginocchia e strusciarsi. L'insegnante aveva gli occhi sbarrati, ma sembrava non riuscisse a fare nulla per sciogliersi dall'incantesimo dei suoi occhi neri; Bryan allungò le mani su di lui, sfregando i polpastrelli contro la stoffa della maglia, sulla schiena ed il petto. Si raddrizzò e gli girò attorno, ancheggiando sensuale, poi si fermò dietro di lui e, passando sotto le sue braccia, gli appoggiò i palmi sui pettorali, facendoli scendere alla stessa velocità con la quale il suo corpo si abbassava dietro quello dell'insegnante. Arrivò a trovarsi con le ginocchia completamente piegate, il viso all'altezza del suo sedere, continuando la sua canzone muta, le dita che sfioravano con il loro calore la stoffa all'altezza dell'inguine di Scott; Mark chiuse i pugni, sentendosi andare a fuoco, mentre uno dei due ragazzi al suo fianco gli artigliava la maglia all'altezza del gomito. Bryan risalì lungo il corpo dell'insegnante, badando bene di strusciarsi con il petto e l'inguine, ed infilò le mani sotto la sua maglia, riuscendo a sfilargliela con facilità.
- Oh… Dio… - singhiozzò Carl con voce rotta; il biondo, più sensuale di una pantera, si posizionò di fronte all'uomo più basso, sfiorando la sua carne con la punta delle dita. L'insegnante, ormai completamente perso nel suo sguardo, si dimenticò di chiunque li circondasse; continuando a carezzarlo con i soli polpastrelli, Bryan gli s'inginocchiò lentamente di fronte, stavolta infilando le dita nei suoi pantaloni. Scott sobbalzò ma non si ritrasse, qualcuno dietro a Mark ridacchiò, contento di vedere quello schiavista fare una figura del genere, Carl sembrò ormai intenzionato a prendere la manica del poliziotto come souvenir. Bryan sfilò i pantaloni dell'uomo lasciandoli abbandonati ai suoi piedi, prima di rialzarsi lentamente ed abbassare il viso fino a sfiorargli le labbra; cantava ancora, sembrava che anche per lui tutti gli altri fossero scomparsi. Mise un piede sui pantaloni di Scott, spingendolo poi leggermente per farlo arretrare; l'uomo obbedì, ormai completamente nelle sue mani, e continuò ad indietreggiare fino ad appoggiarsi contro la parete di specchi. La canzone era ormai giunta alla fine; Bryan appoggiò le mani ai lati del viso di Scott, chinandosi in modo da coprirgli ogni visuale, e gli sussurrò qualcosa all'orecchio. L'uomo annuì e si voltò piano, il capo basso e gli occhi chiusi; Bryan si appoggiò alla sua schiena e cominciò ad ondeggiare il bacino, strofinandogli chiaramente il sesso contro il didietro e, stavolta, Mark dovette mordersi il labbro inferiore per non correre a strappare quell'incosciente seduttore da quella posizione assurda. La canzone finì e per un attimo tutto tacque; all'improvviso Bryan si ritrasse e si allontanò dall'uomo, con fare noncurante.
- Visto? Non servono lezioni assurde per imparare a ballare. - disse allegro ed in quel momento l'insegnante risollevò le palpebre rtrovandosi con una quarantina d'occhi puntati addosso. Diventò di un rosso acceso e corse disperatamente a recuperare i vestiti, balbettando qualche insulto contro il poliziotto, che però non lo stette ad ascoltare: Bryan, infatti, era già di fronte a Mark e lo guardava nello stesso modo sensuale che aveva usato il pomeriggio precedente. Mark non fece nulla, ma lo fissò stando sull'attenti, per non farsi fregare da quel moccioso; Bryan, però, abbozzò un sogghigno prima di parlare.
- Guarda che così ti fai male… - sussurrò con voce volutamente arrochita; Mark si accorse solo in quel momento che si stava ancora mordendo il labbro inferiore e lo rilasciò immediatamente. Una strana scintilla trionfante si accese nello sguardo del partner ed il moro capì di aver perso quella sfida: probabilmente a Bryan non sarebbe servito toccargli l'inguine per sapere quanto lo aveva eccitato quello spettacolino… Infatti il biondo lo oltrepassò avviandosi all'uscita, ma si bloccò quando David sembrò essere colto da un'illuminazione.
- Adesso ricordo dove ti ho visto! Tu sei il ragazzo che è appar…argh! - la sua frase terminò con un singulto strozzato: Bryan gli si era gettato addosso e lo aveva steso ed ora gli stava sullo stomaco e gli teneva un braccio sulla gola.
- Non dire altro o ti ammazzo! - sibilò con cattiveria; Carl corse in aiuto del suo fidanzato, coadiuvato da altri ragazzi, che riuscirono a sollevare Bryan di peso.
- Sei pazzo?! - sbottò Carl inginocchiandosi accanto a David, ma il poliziotto quasi non lo vide.
- Dì un'altra parola e ti sparo in mezzo agli occhi! - urlò scrollandosi di dosso le braccia di chi ancora lo teneva; Mark lo guardò senza riuscire a comprendere quell'improvviso sbalzo d'umore e non fece altro che osservarlo mentre usciva con rabbia dalla stanza. Le ultime parole che udì, furono quelle di David.
- Quello è pazzo.
(Continua)
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