NOTE: i personaggi sono nostri ..Kalahari ci tiene
a far notare che Pirecrate è suo per cui è meglio non provarci ..^^ Se ci sono
errori sull'ambientazione, la colpa è di Dhely (mia!) perché è colei che ha
cercato informazioni su Delphi, oltre ad averla vista, anni e anni fa!
Di odio.
Di amore
parte XVII
di Dhely e
Kalahari
Delphi.
Le Fedriadi, le 'brillanti', due masse rocciose a dominio della città,
sulle pendici dell'ampia vallata, scintillarono sopra di loro per lunghi
minuti, immote e immutabili da secoli e millenni. Pherio sollevò il volto
schermandosi gli occhi, quasi dolenti per il sole di quella metà mattina,
limpidissima come se il suolo che stessero calpestando fosse soltanto
un'illusione di sogno.
Il santuario, nascosto dietro la cinta di mura appena intravedibile,
chiarissima nella distanza, e quella scolpita e preziosa porta principale,
a sud est, gli erano ben noti. Non aveva bisogno di alcun aiuto per
percorrere la via sacra, ripida in salita, snodata in due tornanti tra i
numerosi tempi votivi, i tesori del dio e gli ex voto, che conduceva in
cima, fin al tempio d'Apollo. Sì, proprio lì, dove il dio da giri immoti
e sempre uguali, eterno ritorno, di attimi e secoli, rendeva partecipi per
qualche fugace istante, attraverso la sacra Pizia, gli uomini della
consapevolezza del lor Fato.
Si voltò appena a vedere il loro capitano intimare agli iloti di fare in
fretta a scaricare i doni; e gli sfuggì un sorriso dalle belle labbra.
Pirecrate al suo fianco si guardava intorno incantato, splendente pel suo
manto carminio, scintillante di armi e fibbie lucenti di metallo che
rivaleggiavano, in brillantezza, col suo sguardo acceso e vivo. Gli altri
postulanti si voltavano tutti verso quel piccolo manipolo di uomini e 'gli
spartani!' sussurravano voci leggere che passavano di bocca in bocca, che
facevano voltare teste e sussultare membra. Pherio sorridendo di nuovo posò
una mano conciliante sulla spalla di Pirecrate, troppo nervoso per una
simile, semplice missione di rappresentanza.
"Guarda! - indicò appena il monte che, più degli altri, si
stagliava contro il cielo, il Parnaso brullo punteggiato da rade macchie
verdi di olivi e cespugli - Se superi la cresta, dall'altro versante, a
poche ore di cammino, incontri lassù la fonte Castalia. Dicono che serva
ai poeti ma un giorno di questi potremmo andare a vederla, Pirecrate, non
si sa mai che gli dei abbiano un diverso dono in attesa per noi."
Socchiuse appena gli occhi. Poco lontano dalla fonte si ergeva il piccolo
tempio di Atena Pronaia, il tempio che più di tutti preferiva; il tempio
in cui lui, spartano, un giorno, aveva fatto un giuramento a una dea che
mai s'era mostrata troppo tenera con la nobile Lacedemone. Questo, al
Dimano ovviamente non l'avrebbe detto, ma avrebbe potuto trovare compagnia
in lui durante quel piccolo viaggio d'un pomeriggio in cui s'impegnava
tutte le volte che la Moira lo voleva a Delphi.
Pirecrate voltò il capo da una parte all'altra, gli occhi curiosi.
"Tu devi essere in errore, Pherio! Quello non può essere il Parnaso:
nei canti si celebra un monte verde e rigoglioso, non terra secca e
spoglia!"
Pherio scosse il capo.
"Non può essere verde neppure il Parnaso in questa stagione,
Pirecrate! L'altro versante è più mite di questo, meno brullo, ma il
monte d'erba di cui si parla, devi attendere la primavera per vederlo. -
gli lanciò uno sguardo asciutto e vedendolo poco convinto, sorrise.
Pirecrate aveva davvero gli occhi azzurri e pieni come il cielo dopo un
temporale - Adesso andiamo, già abbiamo ritardato abbastanza e ci stanno
aspettando da più di una settimana, ormai."
Pirecrate annuì, un'espressione raccolta sul volto e nelle membra: la
schiena dritta, petto e fronte alti, lo sguardo fermo ma vivace ovunque si
trovasse a posarsi. Quella non era altro che la sua posa naturale, ma a
Delphi risultava l'aspetto più marziale che avessero mai visto.
Voltandosi indietro ritornò falciando il terreno alla nave e prese ad
aiutare gli altri, seguendo gli ordini del capitano, cercando di fare il
più presto possibile. Pherio si limitò a stringersi i polsi dietro la
schiena, tirando le braccia, cercando con gli occhi il servo che doveva
essere lì per loro.
Ovviamente non c'era. Dieci giorni di ritardo .. la Pizia e i suoi
sacerdoti avrebbero forse accettato le scuse di Sparta? Sogghignò appena
tenendo, con la coda dell'occhio, controllati i movimenti fluidi di Astre.
Forse le scuse le avrebbero accettate, peccato che non avesse intenzione
alcuna di porgerle.
Scoccò un'occhiata infastidita a un mercante che gironzolava lì intorno,
cercando il momento migliore per proporre la propria mercanzia. Non
avevano tempo per dilungarsi in quel modo: lui doveva partire il prima
possibile.
La via sacra era quasi tutta alle loro spalle, il carro coi doni di Sparta
era nello spiazzo antistante il tempio e degli inservienti erano già
all'opera per svuotarlo. Il capitano della loro spedizione aveva salito i
pochi gradini del tempio per andare a scontrarsi con uno dei sacerdoti, e
da lì si poteva vedere solo quest'ultimo scuotere il capo con forza e il
capitano infuriarsi.
Pirecrate con una smorfia in volto disse.
"Ci impediranno di entrare?"
Astre alle loro spalle si limitò a sospirare, leggero, incrociando le
braccia sul petto, la seccatura evidentissima sul volto. Ma questo non
bastò a far scomporre Pherio.
"Plistarco, tu controlla Astre, che non si allontani un passo da te.
Gli altri stiano qui, agli ordini del capitano. Tu, Pirecrate, vieni con
me."
Disse salendo veloce e leggero l'ampia scalinata bianca. Lo spartano, alle
sue spalle, lanciò prima un'occhiata per vedere se tutti si fossero
disposti come Pherio aveva ordinato e a cosa fatta gli fu al fianco con
qualche semplice balzo.
"Dove andiamo adesso?"
"Entriamo, Pirecrate. Siamo in ritardo, in un ritardo imperdonabile e
di questo ne sono consapevole, ma non sopporto perdere tempo, non sei
d'accordo con me?"
Il Dimano annuì guardandolo con una strana espressione.
"Non immaginavo che qualche giorno di ritardo sarebbero stati tanto
un problema: siamo spartani!" affermò certo in animo, un velo di
sdegno sulle labbra.
"Spartani! - sentirono entrambi la voce del sacerdote farsi più alta
e forte quando arrivarono all'ombra delle prime colonne - Dieci giorni di
ritardo! Mi spiace, la vostra delegazione ha perso il suo turno e anche se
fosse Hermes a comandarlo non potrei assolutamente farvi passare! Ci sono
altri che, come voi, hanno affrontato viaggi insidiosi, per terra e per
mare eppure sono riusciti ad arrivare in tempo! Non potete pretendere che
li faccia aspettare perché voi siete partiti tardi! Se questo è il
rispetto che dimostrate al dio, non meritate altro!"
Il loro capitano stava per rispondere a tono quando Pirecrate scattò in
avanti, furioso.
"Non potete accusare Sparta di incuria, sacerdote! Abbiamo atteso il
permesso di partire dalle nostre sacerdotesse, permesso che s'è fatto
attendere per volere della dea gemella del Lucente!"
L'anziano sollevò le mani come per schermirsi.
"Ah! Spartani! Sempre capaci a incolpare gli dei delle loro
disattenzioni!"
Pirecrate di nuovo stava per rispondere quando la voce di Pherio alle sue
spalle, s'impose, tranquilla e insieme furiosa.
"Sacerdote, che fosti Seandro di Tebe, ti ricordi di me?- il vecchio
lo guardò, fece per scuotere il capo, irritato a sua volta quando,
improvvisamente, mosse un passo indietro, in silenzio agghiacciato. Pherio
si fece avanti. - Io sono Pherio dei Panfili. Dovresti ricordarti di me,
da fanciullo ero sempre al seguito della delegazione spartana, ricordi? E
credo che ancora tutta Delphi ricordi di quando la Pizia mi accettò sulle
sue ginocchia. La Pizia che mai nessuno può toccare, si chinò ad
abbracciarmi, ricordi?"
Gli occhi di Pherio scintillarono pericolosi, una fiera che aveva
terminato di colpo tutta la poca pazienza di cui disponeva. I capannelli
di curiosi che avevano allentato il passo veloce per udire della
discussione fra lo spartano e il sacerdote, ora sbigottirono e si fecero
più nutriti. Tutti loro avevano sempre creduto che si trattasse di una
leggenda, di una menzogna diffusa ad arte dagli Spartani per chissà che
motivo, e invece il sacerdote impallidiva e, le mani tremanti portate al
petto, s'inchinò un poco, in un gesto pallido di rispetto.
"Ora uomo, sono di nuovo qui come scorta del nostro dono annuale per
il dio. Assegnaci i nostri alloggi e portaci dalla Pizia, come è tuo
compito e dovere fare."
L'uomo impallidì di nuovo.
"Ma io ..io non posso!"
"Non puoi? Il tuo potere è così scarso? Io non parlo con i portinai
del tempio! Porta il mio messaggio a chi di dovere, allora, e vedrai quale
sarà l'ordine che ti verrà impartito quando sapranno che, alle porte del
tempio, stai facendo aspettare Pherio dei Panfili!"
Aveva alzato la voce e le ultime parole, e il suo nome, ben scandito,
riecheggiarono per l'alto soffitto chiaro per lunghi istanti. Pirecrate si
guardò intorno: d'un tratto c'era moltissima gente che correva di qui e
di là, forse inservienti, alcuni giovani sacerdoti che sollevavano la
veste lunga per essere più agili e alcuni servitori di delegazioni simili
alla loro che riportavano ai loro signori quella scoperta.
Come delle formiche a cui avessero appena calpestato il formicaio,
l'ingresso del tempio parve brulicare nell'istante di un caos senza nome.
Pirecrate sentì chiaramente la tensione che si era aggrovigliata in un
tempo così breve e a colpo secco posò gli occhi alla base delle scale,
dove gli altri Spartiati in attesa s'erano messi spalla contro spalla,
senza toccare le armi. Sguainare una spada era vietato all'interno del
recinto sacro, ma su quei volti era impossibile cancellare un'espressione
bellicosa e preoccupante. Anche Astre, sul fondo della scalinata, sembrava
scosso e incredulo.
Allora il Dimano senza congedarsi dal sacerdote, troppo misero come uomo,
ripercorse le scale in discesa in un lampo passando accanto agli Spartiati.
Con un cenno del capo fece comprendere loro che non ci fosse motivo per
allarmarsi e nel farlo si scostò i capelli madidi di sudore.
Pherio dentro di sè sorrise e stava per dire qualcos'altro, quando li
raggiunse chissà da dove un giovinetto, solo la sua tunica lo indicava
come uno dei più giovani sacerdoti del tempio, uno di quelli che
solitamente venivano utilizzati come messaggeri e per tenere contatti con
i postulanti. Corse verso di loro e scivolò sulle ginocchia per gli
ultimi palmi di percorso in un'assoluta mancanza di decoro. Pherio lo
fulminò con un'occhiata disgustata ma il giovane non se ne accorse, il
fiato pesante incastrato in gola che gli rendeva faticoso parlare, le
braccia incrociate sul petto, il capo chino.
"Pherio .. Pherio dei Panfili. - riuscì a rantolare, asciugandosi di
fretta la fronte dal sudore - La delegazione di Sparta finalmente è
giunta! Il Gran Sacerdote in persona mi ha mandato a porgervi il suo
speciale benvenuto. Perdonate se gli addetti alle porte non erano stati
avvisati ma. . abbiamo avuto dei problemi! - si mise in piedi,
spazzolandosi con i palmi le falde della veste - Se volete seguirmi, i
vostri alloggiamenti sono pronti, ovviamente, e la Pizia vi riceverà
domattina, con tutti gli onori. Ma venite, venite!"
Indicò la strada, precedendolo. Pherio si limitò a scuotere un poco il
capo, il capitano ordinò.
"Bene. Pirecrate! Vai a chiamare gli altri, giù. Pherio! Controlla
che i doni siano stati messi dove dovevano. Noi seguiamo il ragazzino,
qui, tu ci seguirai. Tanto sai la strada."
Il Panphilo fece quello che gli era stato detto, scendendo le scale
lentamente e incrociando i suoi compagni che salivano. Gli altri, dalla
piazza, non avevano capito bene cosa fosse successo per cui c'era
smarrimento e curiosità nei loro sguardi, Pirecrate, invece, gli lanciò
un'occhiata penetrante ma non disse nulla di fronte agli altri.
Astre lo squadrò da capo a piede, interdetto.
"Sembri molto a tuo agio in questa città, spartano. Non l'avrei mai
immaginato."
Pherio si fermò, voltandosi verso di lui.
"Se me l'avessi chiesto te l'avrei detto che da fanciullo frequentai
spesso Delphi. Non è un segreto, né in Sparta né altrove, che sono il
figlio di una sacerdotessa di Artemide."
Astre fece per rispondere, senza pensare: 'le sacerdotesse di Artemide non
possono aver figli! Devono rimanere vergini!', ma Pherio non gliene diede
tempo, si voltò e prese a scendere al scalinata e a compiere ciò che il
suo capitano gli aveva ordinato. Astre si limitò a fissarlo, stupefatto
oltre ogni dire fino a che la mano pesante di Pirecrate che si posava
sulla sua spalla lo riportò alla realtà.
"Andiamo. Se hai qualcosa da dirgli è meglio che tu lo faccia agli
alloggi" constatò semplicemente osservandolo allontanarsi
Astre annuì piano passandosi una mano sugli occhi. Non l'aveva mai
neppure immaginato . . il figlio di una sacerdotessa?!
"Non lo sapevo. . " sussurrò.
Pirecrate gli sorrise, conciliante.
__
Il carro d'Apollo illuminò per gli ultimi istanti di quel giorno la terra
per poi scomparire dentro il regno di Poseidone. Pirecrate, affacciato
alla finestra della grande stanza che gli era stata assegnata, guardò
ancora per un poco il via vai di persone che entravano o uscivano dal
tempio.
Che aria di sacro si respirava in quei luoghi. . e pensare che per la
maggior parte della sua infanzia Pherio era cresciuto entro sacri recinti,
a Sparta, e per anni ne era uscito solo per venire a Delphi, in un altro
tempio, più grande, più ricco, più nobile e famoso, eppure sempre un
tempio. Solo un altro tempio.
Non lo invidiava assolutamente, no. Quel profumo poteva lasciare
interdetti, o forse estasiati, ma sapeva più di catene che di libertà.
Pherio. . Pherio per quanto cercasse di darlo a vedere non era libero:
tratteneva sempre ciò che aveva dentro lo stomaco, guardava dritto negli
occhi ma Pirecrate, che in un certo senso lo conosceva bene, si scoprì a
pensare che non ci fosse mai sincerità dietro quelle iridi troppo chiare
per trasmettere calore. La loro naturale cristallinità, purezza, bellezza
non poteva coprire tutto il resto o forse non lo faceva abbastanza. Adesso
che conosceva meglio Astre poteva dire veramente che Pherio ne fosse
ancora più ambiguo.
Forse il mezzo spartano non passava nei guai quanto ci passava lui, un
Dimano, ma pagava un prezzo che Pirecrate non voleva pagare. Preferiva
trovarsi sempre in situazioni difficili pur di non rinunciare ad essere
sempre e comunque se stesso.
Ma forse era solamente uno stolto e stava sbagliando.
Si portò le gambe vicine al mento appoggiando il capo sulle ginocchia.
Sembrò quasi che un'ape fosse venuta a stuzzicargli un orecchio ma in
realtà erano soltanto i primi canti che le vestali innalzavano dal
tempio. Le voci arrivavano sorde e sonore, in un'alternarsi che dava
ebbrezza, e toccavano i colonnati per arrivare fino all'Olimpo, dimora
degli dei. Il giovane Spartano guardò a lungo i monti bruni e, nonostante
ormai fosse notte, non si curò di accendere la lucerna sul tavolo di
quella stanza troppo grande per lui, troppo dispersiva, eccessivamente
ornata, così. . aliena, sì. Eccessiva per lui, per chiunque di loro,
inutile nella sua maestosa ampiezza.
Lui poteva vedere anche nella notte più profonda, poteva combattere a
sole coperto come Leonida si batté nella battaglia più ardua di tutte
sotto un mantello di frecce che copriva Apollo stesso. Non abbisognava di
nulla se non delle doti che gli dei avevano riposto dentro la sua anima,
tantomeno di una stanza da letto!
D'un tratto sentì un rumore, un frusciare di tenda e guardò nella
direzione dell'ingresso. Una figura sottile si fece avanti, i sandali
tenuti per i legacci in mano, i piedi nudi contro il pavimento
perfettamente levigato. Si rilassò osservando Astre avvicinarsi alla
finestra.
"E' una bella notte, vero? - notò subito la venatura strana di
quella voce, ora quasi sottile. Si alzò dal proprio posto per poterlo
guardare meglio negli occhi ma Astre non glielo permise, lasciando che il
proprio viso non rimanesse sfiorato dalla carezza d'Artemide. Fece per
muoversi ma l'altro giovane lo bloccò con un gesto del capo.- Non
muoverti, Pirecrate..."
"Hai avuto una discussione con Pherio? - domandò il Dimano,
un'espressione sinceramente contrita in volto. Non venne risposta; Astre
si limitò ad appoggiarsi ad un lato della finestra. La risposta a modo
suo era chiara più del sole a mezzogiorno. - Pherio lo devi lasciar stare
in questo periodo. . è un po' 'teso'. - tentò cercando una via per
sollevare l'animo di Astre che sentiva pesante. Si era ripromesso, da
quando erano partiti, di parlare a Pherio, c'erano cosa che non gli
quadravano, conti che non tornavano, eppure, per un motivo o per un altro,
si trovava di fronte al compagno sempre nel momento sbagliato, senza le
parole giuste sulla lingua - Dai, vieni qui, siediti. Ti sentirai
meglio."
La voce profonda coprì i canti vellutati delle vergini in lontananza.
Astre sentì le proprie ginocchia cedere: era stanco. . tanto stanco
nell'animo. . Fu soltanto un orgoglio testardo ad impedirgli di buttarsi
addosso a Pirecrate, quel Greco che era la persona più sincera e fidata
che avesse mai conosciuto.
"Pirecrate. . io devo dirti una cosa. ."
Chiuse con forza e dolore gli occhi, ora resi opachi dal troppo peso che
la sua anima doveva sopportare. A Pherio non importava niente di lui,
adesso più che mai ne era convinto. E se davvero l'avesse condotto in
Egitto, in una delle tane di serpi più assatanate, sarebbe stato meglio
avere con sé qualcuno che conoscesse il suo 'segreto'. E se poteva
fidarsi di una sola persona in tutto il mondo, bhè, ironia della sorte,
avrebbe scelto lui, senza fallo, anche se lui era . .
"Dimmi pure." Pirecrate lo osservò nel buio con la sua
espressione seria di sempre. La Luna splendeva su quel viso bronzeo
rischiarandolo di un oro che non avrebbe potuto essere più etereo, il
volto teso dal nervosismo e il dolore inciso a così chiare lettere su
quella espressione che mai era stata più sincera d'allora.
"Io . . - e se una volta saputo chi era in realtà lo avesse trattato
come lo trattava Pherio? - . . io non sono delle colonie di Mileto."
Lo Spartano socchiuse gli occhi, ma non disse niente né fece altro. Poi,
dopo un minuto o due riprese a parlare.
"Bhè, mi sembrava il momento che sputassi questo rospo visto che
siamo amici, no? - e gli sorrise, un sorriso caldo e confortante, che
neanche Fidia in persona sarebbe riuscito mai a scolpire sulla sua opera
più ispirata - Dai, dimmi tutto, ché se mi fai quella faccia potrei
iniziare a sospettare che sei il re di Persia!"
Astre sgranò gli occhi, sussultando udibilmente come se fosse stato
colpito in maniera fisica. Lo sapeva! Lo sapeva già!
Deglutì a fatica un respiro. Ovvio che lo sapesse, probabilmente Pherio
l'aveva messo in guardia, probabilmente tutto quello era un subdolo
raggiro che quel maledetto bastardo biondo aveva intessuto alle sue spalle
insieme a suo zio per . . per. . per umiliarlo! Non riusciva a trovare un
motivo più valido di quello, lì su due piedi, e non riuscì neppure ad
accorgersi dell'avvicinarsi di Pirecrate finché non gli ebbe posato le
mani sulle spalle.
"Astre? - Pirecrate sembrava preoccupato - Astre, che c'è? Con me
puoi parlare, lo sai."
Astre si sentì improvvisamente crollare, non più padrone di se stesso
per una frazione di secondo, gli parve di cadere, inghiottito da un
baratro profondo e oscuro. Riuscì solo a sollevare le mani e ad
aggrapparsi a quelle spalle ampie e forti, le cui braccia gli cinsero la
vita, sostenendolo. Sentì Pirecrate stringerlo, e il suo tepore
invaderlo. Si permise di chiudere gli occhi, appoggiando il capo su quel
petto, non aveva voglia di essere posseduto, quella notte. No. Se avesse
avuto la forza di parlare gli avrebbe domandato solamente un po' di
..calore, sì. Quello, quell'abbracciarsi stretto, quella preoccupazione
per lui, per il quale nessuno mai s'era preoccupato così. . avrebbe
potuto chiedere? Lui? Nella sua posizione? Carcerato di lusso, era pur
sempre in una posizione di debolezza, era pur sempre. . avrebbe *saputo*
pregare?
Gli si strinse addosso, convulsamente, come se non avesse altro. Non aveva
davvero altro. Pherio perduto, suo padre morto, la sua terra sempre più
lontana . . Pherio che aveva scelto un altro, Pherio che non era per lui,
Pherio che . .
Una voce urgente giunse dal corridoio.
"Pirecrate!"
Astre sbatté le palpebre un paio di volte e fu come svegliarsi dopo un
sogno, ma lo spartano non aveva sciolto le braccia che lo tenevano in
piedi, e stretto contro il suo corpo. Tremò, incontrollato, ma prima che
Pirecrate potesse rispondere in qualche modo, la voce continuò.
"Pirecrate! - la tenda che indicava l'ingresso di quella stanza
scostata di colpo, un passo veloce che smorzava il suo rumore con la
leggerezza dei movimenti, anche se decisi - Pirecrate, hai visto As-.
."
Pherio tacque, immobilizzandosi a un passo dalla soglia: non c'era altro
da dire.
Sentì distintamente il cuore balzargli in gola per poi cascargli con un
tonfo fino all'altezza dei calcagni, e come tutto il sangue fluirgli fuori
dal corpo. Sbatté gli occhi come a schiarirsi la vista, come se si fosse
trovato di fronte a qualcosa di inaspettato e nuovo. Come se non lo
sapesse da tempo che quei due erano amanti . . la mano scura di Pirecrate
spiccava netta sulla schiena chiara e nuda di Astre, il suo capo
incoronato di neri fili di seta appoggiato al petto duro dello spartano,
quegli occhi socchiusi. . e no, NO! Non voleva guardarli, non voleva, non
poteva, vederli!
Mosse un passo indietro come se fosse stato morso da una serpe e non
bastò che Pirecrate sciogliesse l'altro dal suo abbraccio, non bastò
quel volto serio, realmente confuso, non servì Astre, il capo chino, le
braccia strettamente avvolte intorno al suo stesso corpo come se stesse
tremando, come se . . Pherio ringraziò il buio e le preghiere che in
lontananza si elevavano al cielo perché magari erano riuscite a camuffare
in parte il battito impazzito del suo cuore.
Riuscì pure a riprendere a respirare.
"Se è qui con te . .- la voce si ruppe, tossì, cercò di ritrovare
la calma - . . gli farai tu la guardia, allora. Fai attenzione che non
scappi."
Si voltò, elegante, ed uscì dalla stanza a grandi passi, senza
permettere a Pirecrate di dire altro. Lo spartano mosse un passo verso di
lui, indeciso se seguirlo o meno.
"Pherio non andartene" ordinò con intonazione profonda, gli
occhi fissi su quella schiena chiara.
Incredibilmente lo vide fermarsi, sulla soglia, e voltarsi lentamente
verso di loro, gli occhi due schegge trasparenti e lucide come di vetro,
il volto tirato in un'espressione assurda.
"Cosa vuoi, Dimano?"
Pirecrate rispose immediatamente.
"Che succede qui?"
Si voltò in parte verso Astre, pallido come un cencio, che sfuggì al suo
sguardo come una preda messa alle strette e Pherio scosse il capo, con
fare rassegnato, e lievemente annoiato.
"Non c'è nulla che tu devi sapere oltre a ciò che sai. Ti è stato
dato l'incarico di scortare i doni di Sparta per Delphi, tutto qui."
Astre, al suo fianco, sussultò nervoso, spalancando gli occhi dalla
sorpresa.
"Come! Lui non .. "
Il fiato gli morì in gola di fronte al sorriso gelido di Pherio.
"No, lui non verrà. Sei troppo pericoloso per esporre altri oltre a
me alle tue arti, nobile Astre. - e il suo tono di scherno era quasi
insostenibile - Pirecrate tornerà a Sparta e saremo solo io, e te."
Astre tremò muovendo un passo indietro, Pirecrate brillò come se dentro
gli si fosse acceso un tizzone
"Si può sapere di cosa stai parlando? Io sono qui per obbedire a un
ordine della Gerousìa: mi hanno voluto come guardia in questa missione e
mi hanno messo ai tuoi diretti ordini. E questo mi può anche stare bene!
Ma mi pare che una cosa che non abbiano fatto sia stato dirmi
*tutto*!" sbottò avanzando di qualche passo ancora ed incrociando le
braccia, guardando insistentemente Pherio negli occhi, le labbra serrate.
Pherio mosse rapido una mano nell'aria a troncare ogni discorso.
"Non c'è nulla, ripeto, che tu debba sapere. Sei ai miei ordini, no?
Bene, eseguirai i miei ordini: porterai a Sparta un messaggio per mio zio.
Questo è ciò di cui ho bisogno."
Ad Astre mancò il fiato.
"Non puoi! Non puoi portarmi in Egitto solo tu! Neppure una
scorta!" urlò senza voce, indignato e ferito.
Lo sguardo mortale di Pherio bastò per fargli ritrovare tutta la
compostezza perduta per la troppa stanchezza. Pirecrate li guardò
entrambi velocemente scrociando le braccia e scosse il capo, stupefatto,
facendo un segno nell'aria con una mano.
"Egitto? Che centra l'Egitto, adesso? E' dall'altra parte del mondo,
è nemico della Grecia! Non . .- lanciò uno sguardo a Pherio più intenso
degli altri, due raggi azzurri d'energia - . . non starai pensando di
tradire?!"
Il volto di Pherio si contrasse come in un ghigno di disgusto.
"Dovrei infilarti una spada nelle viscere, Pirecrate, solo perché
hai osato affermare una cosa simile! - fu Astre a impedire il peggio,
mettendosi di corsa fra l'uno e l'altro, appoggiato a Pirecrate e cercando
di tenerlo indietro, anche se il Dimano fu fermato soltanto
dall'intrusione improvvisa - Ma visto che sei così affezionato al nostro
persiano, ti perdono. Goditelo perché non lo vedrai ancora per
molto."
I suoi occhi scintillarono pericolosi quando Pirecrate afferrò Astre per
un polso e strattonò via dal suo campo d'azione, portandoselo alle
spalle.
"Se ti fermassi ad ascoltare una dannata volta, maledetto, borioso di
un Panfilo! - ruggì - Ti ho domandato una spiegazione, non un insulto! E
poi, nel caso il tuo malcarattere te l'abbia fatto dimenticare -fece un
passo in avanti piazzandoglisi proprio di fronte, i loro occhi a
minutissima distanza. Entrambi due grumi di magma fuso pronto ad esplodere
alla minima variazione di temperatura- non c'è onore ad attaccare chi non
si può difendere, e questo lo sai!"
"Nobile Pirecrate! - Pherio sorrideva, ferino - Astre è davvero
bravo nell'ingannare la gente, pare! Cosa ti ha detto? Che è un povero
orfanello che mio zio e io sfruttiamo per il nostro piacere e tornaconto?
Oppure che è un mite, ingenuo greco che, confidando in un'antica amicizia
tra suo padre e mio zio, ha chiesto un soggiorno a Sparta come dono per la
maggiore età? O che altro?"
"Nulla del genere! - Astre era furioso, ma una rabbia bruciante e
ardente, ben diversa dal solito gelido sentimento che gli si formava in
cuore, questa bollente sferzata di dolore gli fece quasi tremare l'anima.
E lo obbligò a non pensare a quello che stava dicendo - Piccolo, lurido e
insignificante insetto greco! Indegno di me e di tutta la mia schiatta!
Cosa credi di essere al mio cospetto se non . . "
Si dovette bloccare di fronte al braccio che Pirecrate gli aveva imposto
per tenerlo indietro e farlo stare zitto, sotto lo sguardo quasi
allucinato di Pherio. Era certo stesse per colpirlo, e se l'avesse preso
bene l'avrebbe potuto uccidere sul colpo e trattenne il fiato, attendendo
quella mossa che non venne, a scudo soltanto quel braccio fermo di
Pirecrate, che tremava però ora, dalla tensione nei muscoli. Pherio si
drizzò, tendendosi sulla schiena, ingoiando la rabbia e la furia e,
soffocando un tremito che gli scosse le membra, si voltò verso Pirecrate
che fissava entrambi.
"Voglio un giuramento da te, Dimano, che nulla di tutto ciò che è
stato detto qui, stasera, e che ti dirò, uscirà mai dalla tua bocca.
Giura."
Pirecrate annuì con forza guardando con circospezione i lineamenti
dell'altro.
"Sul mio onore, ma . . - si voltò verso Astre, poi di nuovo fissò
l'altro spartano - non mentirmi!"
Pherio sollevò una mano, un dito sottile e bianco nell'oscurità si levò
a indicare Astre, muto e immobile a pochi passi, come Ade che alzi il
livido braccio per una condanna.
"Le hai sentite anche tu, le sue sono parole di un Re. - socchiuse
appena gli occhi - Il Re di Persia, Pirecrate, il figlio primogenito di
colui che ha tenuto il trono fino a pochi mesi fa, prima di morire
improvvisamente. - Astre strinse le labbra, il capo orgogliosamente eretto
e piantato sul volto di Pherio. Se doveva essere ucciso, almeno si sarebbe
comportato con onore - Il re non ancora incoronato e che non lo sarà mai,
se l'Egitto manterrà le sue promesse."
"Gli egiziani sono infidi!" esclamò Pirecrate, al colmo dello
sdegno. Non riusciva a crederci! Astre sul serio un ..un *persiano*!
Pherio sospirò in risposta. "E i persiani sono falsi e mentitori. Ma
noi dobbiamo pensare alla Grecia e la Grecia ha bisogno di ottima merce da
mettere sul piatto per le trattative con l'Egitto. Ci divideremo la Persia
in aree d'influenza e stipuleremo trattati convenienti con il faraone che
si fregia d'essere l'incarnazione degli dei. O per lo meno avremo un po'
di tempo per prepararci al loro attacco, che avverrà, se non avranno più
la Persia in mezzo a fare da cuscinetto."
Socchiuse gli occhi stingendosi nelle spalle. Astre era poco più che
fatto di vetro, ai suoi occhi, come se non esistesse ne parlava, con la
stessa leggerezza che se fosse una cosa, o un animale, non una persona che
conosceva da quasi due anni e che ..doveva, in qualche modo, esser
diventato *amico*! Pirecrate non riusciva semplicemente a crederci ..quei
due erano così .. così intimi, prima! Non aveva mai faticato a pensare
veritiere le voci, le quali moleste in continuazione gli arrivavano alle
orecchie e per forza doveva ascoltarle, che li dicevano amanti, e forse
anche compagni, prima che Astre gli si offrisse in quel modo, e ora si
rifiutava di prestar orecchio . . non alle parole . . no, quelle no.
Poteva credere a Pherio quando gli diceva che Astre era persiano, ed era
Re, ma non riusciva a prestar fede al tono delle sue parole.
L'odio, il risentimento, il vuoto che vi sentiva dietro . . Astre, ora al
suo fianco, era ancora immobile e altero, la bocca serrata e le labbra
atteggiate in un'unica linea dura. Merce di scambio. Un ragazzo con cui
aveva riso. Un corpo caldo da tenere fra le braccia. Piacere da dare e da
prendere. I suoi sussurri. I suoi sorrisi. Quegli occhi. Non lo amava, no,
ma. . ma era un uomo, come lui. Era libero, come lui. L'aveva creduto un
greco, e l'aveva disprezzato per la sua origine non pura, lui che si era
fatto passare per uno proveniente dalle colonie. Poi aveva visto in lui
qualcosa di degno, e aveva deciso che sì, la parte greca in lui era
forte, e che forse, anche al di là del mare, il sangue puro non s'era poi
troppo corrotto. E quando aveva deciso che era *come* lui, greco come lui,
degno come lui . . persiano!
E comunque un uomo, non una cosa, non merce! L'idea lo infastidiva come
poche altre cose al mondo, quasi come fosse un affronto personale.
"Ma perché, se è davvero il Re di Persia, dovremmo portarlo agli
egizi? Non sarebbe meglio, più saggio, che lo ospitassimo in
Grecia?" tentò per salvare una situazione che, però, sapeva già di
organizzaione metodica a tavolino
Pherio lo guardò, stupito, poi gli sorrise, quasi dolce, un'espressione
che ben pochi avevano visto su quel volto chiaro.
"Pirecrate, sei un ottimo guerriero, ma di politica non sai nulla,
lascia che siano coloro che ne sanno più di te a condurre i giochi. -
scosse il capo - Lo lasceremo all'Egitto solo se ne avremo in cambio una
equa contropartita. Per questo vado io. Perché so quanto c'è in
gioco"
"Nessuna polis si è mai tenuta in piedi con la politica. Io non ne
capirò niente, ma so quando una cosa è giusta e quando una è sbagliata
-esclamò senza cambiare il tono di voce. Pherio sorrise di nuovo, bonario
e quando stava per riaprire bocca Pirecrate continuò- A che vivere in una
Grecia che per tenersi in piedi deve ricorrere a simili azioni? Dov'è il
tuo onore, Pherio! Mi sorprendi! -e con questo si recò veloce in un
angolo della stanza, le parole ancora che suonavano nell'aria. Prese la
sua spada che si svelò agli occhi degli altri due che erano rimasti
gelati ai loro posti- Questa -la sfoderò- non ho mai permesso che la
impugnasse qualcuno che non valesse, per quanto ho potuto! E se adesso io
permetto una cosa simile- ritornò avanti a Pherio, gli occhi che
esplodevano per tutti i sentimenti che celavano e non celavano- che le mie
carni possano bruciare nella pece bollente dell'Ade!" afferrò la
lama con una mano, stringendo fino a che il sangue non iniziò a
gocciolare sul metallo fino alla punta.
"Pirecrate, ascolta!" Pherio lo intimò con lo sguardo di non
fare sciocchezze e di smetterla con quelle assurde...sì, erano assurde,
sì! Dovevano essere assurde...ma...no! Non avrebbe ascoltato uno che non
capiva... che non capiva ciò che *doveva* capire ed accettare!
"No! Non voglio ascoltare! Tu stai tradendo tutto ciò che di buono
tanti Greci hanno difeso a costo della vita! A che serve tenere in piedi
tante poleis se poi chi vi abita è corrotto! -disse indignato con
un'espressione dura, ma dopo questo il suo viso si raddolcì, prendendo
toni più tenui- Pherio, fermati a pensare".
Pherio lo guardò ma non un cambiamento si vide in quegli occhi duri come
schegge di pietra, anche se l'animo gli tremò e il sangue gli arrossò le
guance tante furono le cose che ricacciò nel profondo del suo essere.
"Tu tornerai a casa, Pirecrate! Per quanto riguarda ciò che è buono
e ciò che non lo è abbiamo punti di vista diversi. Astre verrà con me
in Egitto, questa spedizione si farà che tu lo voglia o no" disse
fermamente, l'alterigia scolpita tra le sopracciglia e le labbra
Gli occhi di Pirecrate si indurirono, guardò per lunghi istante quel
Panfilo, un capitano che presumeva la rotta da tenere ma che in realtà
tremava da capo a piedi in mezzo alla tempesta. Che ci guadagnava Pherio
in quel modo? Ora sapeva che avrebbe perso l'amicizia sua, del Dimano, e
avrebbe perso Astre. Non sapeva perchè ma qualche dio gli suggeriva che
non era quello ciò che Pherio desiderasse per sè.
E allora quale era il problema?
Sollevò lo sguardo, accarezzando con gli occhi la figura immota e silente
fra di loro. Un sospiro non voluto gli sfuggì dalle labbra.
"Non ti capisco" dovette arrendersi per il momento e lasciò la
presa della mano ferita alla spada.
Sussultò quando sentì le fredde dita di Astre sfiorargli la pelle del
braccio, quando vide quel viso vicino al suo sfidare le gelide labbra di
Pherio.
"Questo è l'amore di voi spartani? Oppure è tutta la Grecia ad
essere così?"
Acredine e rabbia. Pherio non rispose questa volta e gli voltò le spalle.
"Pirecrate, io devo andare a riposare, sono molto stanco. Ricorda la
promessa. E controllalo, non deve scappare. Mi affido a te."
"Ti ho fatto una domanda, Ione!"
Astre apostrofò lo Spartano con il dispregiativo che i Persiani avevano
per i greci e la sua rabbia era incontenibile, ora, come un torrente che
troppo a lungo ha accolto dentro di sè acque di affluenti e di pioggie
invernali ed ora spacca le rocce ai bordi del suo letto. Si portò di
fronte a Pherio, piantandoglisi davanti, gli occhi oscurati dall'odio, ben
consapevole del pericolo ma incurante di tutto, anche di una morte
improvvisa. Sfuggì alla mano di Pirecrate che cercò di bloccarlo. Astre
volle stare lì, voleva guardare quegli occhi e voleva sentirselo dire in
faccia, senza giri di parole, senza fronzoli, senza nulla. Che poi fosse
venuto ciò che il fato volesse, a lui non importava più. Ma voleva
fissarlo in quegli occhi splendidi e puri come una vestale e . .e sentire
chiaramente la lama che affondava nel cuore. Era Re di Persia e con onore
si sarebbe comportato, e avrebbe mostrato a quei greci ignoranti cosa
fosse davvero la virtù.
Pherio si limitò astringersi nelle spalle.
"Un giorno, a Sparta, Astre, tu m'hai posto una domanda cui io
risposi. - si voltò verso Pirecrate e il sorriso che gli sfuggì ora
dalle labbra era amaro e sofferente quasi, fece un gesto secco col capo-
Probabilmente hai fatto un'altra domanda a Pirecrate. E ovviamente tu hai
scelto di conseguenza. -tacque prendendo un profondo respiro, chiudendo le
mani in un pugno- Non incolpare me delle tue scelte, Re. Per il resto a
me, ora importa solamente di portarti vivo in Egitto e di come tu possa
passare le tue ore libere non mi riguarda."
Astre non trovò altre parole in gola se non un nodo doloroso, macigno
immane sul petto. Fissò, inebetito, in silenzio, Pherio voltarsi, e
questa volta uscire davvero dalla stanza. La pesantezza che accompagnò la
sua scomparsa era simile all'oscurità profonda che gli era piombata
nell'anima.
Pirecrate lo obbligò a voltarsi, prendendolo per le spalle, gli fece
sollevare il capo, piantandogli gli occhi nei suoi.
"Astre, mi posso fidare di te?"
Quella domanda lo spiazzò, Astre si tirò indietro, sfuggendo al suo
tocco. Non voleva, ora, aver a che fare con lui, voleva stare solo,
voleva..
"Hai sentito Pherio, no? Sono un persiano, sono il loro Re. Come puoi
fidarti?"
Pirecrate scosse il capo con forza, nervoso.
"Con me hai sempre mantenuto la parola data. Allora, mi posso fidare
di te?"
Astre socchiuse gli occhi, stanco ed abbattuto.
"Credo ..credo di sì, Pirecrate."
Lo spartano gli sorrise, scostandogli una ciocca dagli occhi, gentile.
"Bene. Allora stai qui, non muoverti, vedi di riposarti un poco,
magari stenditi sul letto, io devo . . devo parlare da solo con Pherio. -e
nelle sue parole ci fu una lieve piega amara- Devo andare, ma torno
presto, te lo prometto."
"E ti fidi di me?" di nuovo domandò, incredulo.
Pirecrate gli sfiorò di sfuggita una guancia, scuotendo il capo e
sorridendo .
"Cercherai di scappare?"
Astre sentì quasi il bisogno di ritrarsi da quegli occhi. Tutte le difese
che negli anni aveva cementato, strato dopo strato, erano di colpo cadute
a terra, frantumate e spezzate, e uno sguardo troppo intenso, anche se
dato con tenerezza, feriva come una lama affilata fatta scivolare sulla
pelle nuda.
"No. Ma non è questo che . . "
"Mi hai detto che non fuggirai e per me è sufficiente."
Null'altro. Astre fissò Pirecrate scomparire rapido dalla stanza senza
un'altra parola. Si portò una mano alla guancia fredda, ricordando bene
il calore della carezza dello spartano e trasalì. Si *fidava* di lui! Ma
perché? Erano nemici! Ora sapeva che era un persiano, un re, eppure ..
eppure si fidava di lui. Poteva fuggire: Delphi non era in mezzo al nulla
come Sparta, avrebbe avuto più possibilità di incontrare qualche
mercante, e avrebbe potuto comprarsi un viaggio in nave per ritornare in
Asia, magari fino a Persepoli stessa.
Ma Pirecrate si fidava di lui e questa era una catena di sottili fili di
seta che non aveva il cuore di spezzare.
Stupido stupido stupido! Non lo sapeva che non bisognava mai fare conto
della parola di un persiano? Che erano sempre pronti a mentire e a colpire
a tradimento? Che . . Astre si sedette sul bordo del letto di Pirecrate,
si guardò intorno, perso, e la vista gli si appannò e dalla gola si fece
strada un singhiozzo. E una goccia veloce a disegnare la propria via sulla
sua guancia, e di nuovo un tremito a scuotergli il petto, e poi un'altra
riga argentata dalle iridi scure che gli carezzò le labbra, un sospiro,
profondo, e ancora lacrime, lacrime, lacrime e lacrime...
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