NOTE: i personaggi sono nostri e non
accettiamo critiche per il modo in cui li trattiamo! ^^
.
Di odio. Di
amore parte
XV
di Dhely &
Kalahari
Un raggio di sole filtrò più intenso degli altri, colpendo i suoi occhi
chiusi. Pirecrate aggrottò le ciglia ancora perso nel sonno, tese le
labbra e poi le schiuse, portandosi le mani tra i capelli, sulla pelle del
cranio per fermare la mente che gli stava girando ad una velocità
impressionante. Poi si raddolcì, lasciandosi andare alla gravità
terrestre, percependo tutto il proprio peso su quel letto laconico,
sentendo le carni come fardelli. Riaprì gli occhi e le iridi blu
scintillarono un po' infocalizzate alla luce del bel mattino sereno.
Una forte bussata alla propria porta lo svegliò del tutto.
Si mise a sedere ciondolando il capo e tentando di rimettere a posto i
frantumi di memoria che gli scheggiavano davanti ma, visto che non
approdava da nessuna parte, decise di non prendersene affanno. Si protese
e, chinandosi per raccogliere il proprio drappo rosso, notò che si
dispiegava in pieghe pesanti vicino a delle dita chiare. Lentamente alzò
il capo e vide parte dopo parte tutta la figura del corpo di Astre, il
capo poggiato al muro accanto al suo letto, gli occhi chiusi, le labbra
distese in un'espressione fanciullesca, le braccia mollemente lasciate
pendere una parallela alla sedia dov'era, l'altra appoggiata sulle gambe.
Un'espressione simile ad una posa naturale: dolcemente rilassato,
tranquillo, sereno.
Pirecrate ingoiò due volte prima di aprire bocca e quando la riaprì non
disse comunque niente. Sorrise, il volto rischiarato dai raggi solari, e
si alzò in piedi prendendo tra le braccia quella figura che per la prima
volta vedeva come il diciannovenne che era: senza un atteggiamento
sofisticato . . adesso proprio come la madre l'aveva messo al mondo.
Era sempre difficilissimo, se non impossibile, coglierlo in uno dei suoi
rarissimi momenti sinceri.
All'inizio aveva pensato fosse proprio così: un barbaro, uno che non
poteva aver niente di puramente naturale se non la propria inettitudine
fisica e morale; ma c'erano degli istanti, così fugaci, in cui si
lasciava sfuggire un'occhiata che magari non era di scherno, in cui
lasciava risposare le sopracciglia in un gesto sereno che non era
d'astuzia. E magari vederlo anche sorridere spontaneamente.
Adesso che ci pensava non aveva mai visto lo straniero ridere . . Persino
loro, Lacedemoni inflessibili, si lasciavano andare a volte alla risata, a
sciacquare via tutte le tensioni che si accumulavano giorno per giorno. Ne
bastava una, soltanto una, per scrollarsi via mesi interi di compostezza
forzata. Certo, sempre lasciata scappare al riparo di una colonna o dietro
la lama della spada, a bassa voce, oppure sotto le coperte del proprio
letto, ma era già qualcosa. Astre, invece . .
Guardò per un attimo la stoffa tra le mani, facendosela passare tra le
dita e riguardò il ragazzo che respirava con lenta compostezza: quegli
attimi di sincerità che, a volte, lo facevano sembrare un altro erano ciò
che gli aveva fatto sospettare che tenesse una maschera per nascondere
qualcosa. Come se non fosse quasi mai se stesso . .
E adesso dormiva tranquillo sulla sedia accanto al suo letto, dove prima
insieme avevano unito i propri corpi nell'atto più intimo che gli dei,
dall'androgino, avessero concesso: sulle guance pallide quelle lunghe
ciglia, tremolanti appena nel sonno, spiccavano scurissime, sulla pelle
affatto avvezza allo sferzare del sole quelle labbra piene stavano
rilassate in una morbida piega, il fantasma di un sorriso o forse,
solamente, la loro piega naturale. Un lampo illuminò la sua mente: chi
era davvero Astre? Quale ragione avrebbe mai potuto spingere a Sparta uno
che con la nobile Lacedemone non sembrava avere niente a che fare?
Un altro barlume di luce e comprese Pherio: sì, a guardare quel viso
dormiente, a udire cosa, in silenzio, quell'espressione sussurrasse, si
rese conto di riuscire a comprendere il nobile Pherio e quel suo strano,
quanto intimo, nascosto, legame con quel ragazzo.
Pirecrate poggiò quella forma nuda sul proprio letto, le sue membra
lunghe e ben proporzionate piegate, gentili, al suo tocco ora erano
rilassate come il suo volto. Arrossì appena a intravedergli addosso dei
lividi scuri, della macchie rosse sul collo, dei segni che forse erano
graffi, forse erano morsi . . i *suoi* morsi . . Gli pareva che Astre
stesse sognando, le labbra si mossero un poco, forse a formare una parola
in una lingua sconosciuta, forse ad esalare un timido respiro, Pirecrate
non lo sapeva e non gli importò. Si limitò a chinarsi appena su di lui,
scostandogli i capelli dalla fronte in una carezza quasi tenera e quella
nera cortina di seta gli sfiorò il palmo. Si concesse un sorriso appena
accennato sulle labbra profonde e mimò un 'grazie', in silenzio.
Poi si scosse. Si rivestì in tutta fretta per uscire dalla propria
stanza, incurante dei lividi che poteva lui stesso portare addosso, di
quello che gli altri avrebbero potuto leggere sul suo corpo, col semplice
pensiero adesso che era l'alba di un nuovo giorno. Respirò a fondo, dopo
tutto non era null'altro che quello: un nuovo giorno, in cui avrebbe
vissuto con gli occhi puntati al futuro e non più inchiodato fra le
pareti di un allucinante passato.
Non appena mise piede fuori dal corridoio, deciso e risoluto, con l'animo
leggero e pulito, incrociò Antinoo, che evidentemente si trovava a
passare lì per caso. Fecero la strada verso la mensa comune in completo
silenzio, Pirecrate ignorandolo, perso come in remoti pensieri o più
semplicemente assaporando finalmente la tranquillità dell'animo, e
Antinoo essendo troppo timido per poter chiedere o semplicemente dirgli
qualcosa.
Le loro ombre, proiettandosi sul pavimento brullo, per uno strano gioco di
luci, incrociarono le mani per un attimo.
Antinoo arrossì mordendosi un labbro e, avendo per un attimo follia
sufficiente da pensare di poter tentare di sfiorare la propria mano con
quella di Pirecrate, si avvicinò lievemente, ma proprio in quel momento
Pirecrate mosse più veloce il passo, spinto come da un'urgenza strana a
volare quasi in quei corridoi in cui era vietato severamente tenere
un'andatura che non fosse grave.
Antinoo intrecciò la dita credendo di comprendere il motivo di quel
comportamento. . poi si costrinse a camminare, obbligando le sue gambe a
proseguire, seguendo l'ombra che il Dimano aveva lasciato dietro di se' e
l'impronta della sua presenza su quel suolo. Passando vicino ad un piccolo
cortile, sentì l'altera voce dell'anziano Kakeo e il nome di Pirecrate
pronunciato in maniera secca. Incuriosito si avvicinò sbirciando da una
piccola apertura e vide sia Pherio che il suo amato davanti da un piccolo
gruppo di anziani; non riuscì a capire subito ma non appena uditi i
termini del discorso gli venne in mente che ancora doveva essere decisa la
punizione per i due Spartiati.
Punizione che il nobile voleva fosse esemplare per entrambi.
Antinoo si strinse un poco nelle spalle, poteva indovinare a cosa li
avrebbero condannati, quei due, e si chiese se, forse, non sarebbe stato
meglio augurar loro di venir fustigati.
__
Un sospiro e poi il volto gli si atteggiò in una perfezione immobile;
socchiuse appena le palpebre mentre il sole gli strappava, da sotto le
ciglia lunghe, fuochi chiari di cieli primaverili. Attese in silenzio una
reazione, una reazione che non venne. Un respiro seccato, il suo. Aveva
appena affrontato suo zio, la sua ira, un intero gruppo di anziani con al
suo fianco unicamente un Pirecrate che non sapeva di cosa si stesse
parlando, che non immaginava neppure cosa ci fosse in gioco. Eppure era lì
ora, che cercava di parlare ad Astre in maniera civile e nobile. Si domandò
se tanta fatica fosse stata mai più sprecata.
Astre, in piedi di fronte a lui strinse le labbra, tirandosi le braccia
dietro la schiena, la postura rigida e la fronte solcata da nubi irritate,
arrogante e saccente, ironico come al solito.
"Non ti si addicono i panni dell'ambasciatore, Pherio,
permettimi!"
Lo spartano si concesse un sorriso asciutto e scosse il capo.
"Sto solo riportandoti gli ordini di mio zio, se ti aspettavi altro
non posso immaginarne il motivo."
Astre strinse gli occhi, un ghigno a tirargli il bel volto ferino. Chissà
che pensieri correvano dietro quelle iridi così scure e, insieme, tanto
luminose? Gli occhi gl'erano davvero simili a due bei sassi lucidi, due
ematiti grosse e lucenti, due specchi bruniti nascosti dietro a una
cortina di seta nera, ma furbi e astuti come quelli di una lince di
montagna. E, come una lince, Astre era in grado di mordere a sangue.
"Ordini? - esclamò facendo un passo verso la finestra, il fianco a
Pherio- Il fatto che tu abbia smesso di parlare per eufemismi e ti sia
finalmente messo a chiamare le cose col loro nome dovrebbe farmi ben
sperare."
"Ordini, sono come sono sempre stati, Astre. Pensavo - Pherio
socchiuse gli occhi voltandosi verso l'apertura nel muro che dava sul
cielo limpido e torrido, promettendo una notte asciutta e calda di stelle
opache dal troppo calore sprigionatosi dalla terra - che avresti potuto
cercare una via di fuga."
"Io?!" si girò di nuovo verso di lui e l'acrimonia nella sua
voce era evidente. Pherio finse di non aver udito.
"Per questo ho pensato sarebbe stato meglio che fossi io a metterti
al corrente di questa decisione. Sai - lo fissò negli occhi, duro, due
schegge trasparenti e brillanti di cielo e di luce, due lame affilate
dell'acciaio più puro di una stessa spada - potresti benissimo credere di
poter scappare. A Sparta nessuno ti controlla, non ti metteremo armati, o
in prigione, la nostra città non ha mura da scavalcare o porte da
passare, durante la notte potresti sgusciare dalle nostre vie per perderti
nella campagna circostante senza che nessuno possa o voglia udirti. - Si
voltò indicando con la mano destra, appesantita appena da un bracciale di
bronzo lungo il polso, ciò che si intravedeva fuori dalla finestra.- Puoi
farlo anche ora: allontanarti da Sparta, nessuno ti tratterrebbe, nessuno
te lo impedirebbe. Sei un uomo libero e noi come libero ti
trattiamo."
Astre sospirò pesantemente, di scherno, poi scosse il capo. Il tono
pacato, asciutto, distante e insolitamente secco di Pherio gli dava pochi
appigli: era un tentare di camminare su una lastra di vetro scivoloso, o
su uno di quegli enormi pavimenti di pietra levigata, lucidati a specchio
da mille e mille schiavi ogni giorno, con cui suo padre aveva atto
adornare la sua dimora.
"Bene, sono un uomo libero, allora. Mi pare uno scherzo di gusto
davvero cattivo, spartano."
Lo sguardo di Pherio fu terribile.
"Gli spartani non sono famosi per il loro umorismo, mi pare. - gli
voltò di nuovo le spalle, il volto contratto in una smorfia che, pregò,
Astre non avesse notato - Ma io non ho mentito, Astre: potresti farlo,
potresti fuggire, e lo so io quanto lo sai tu. Ti conosco, credo che tu
sia troppo intelligente per compiere una sciocchezza simile, ma volevo
esserne certo."
"Tu e quelli della tua famiglia eccellete come sempre in una
deliziosa attenzione per gli ospiti . ."
Astre sorrise acre, contrappuntandosi al suono soave con cui aveva
pronunciato quelle parole di scherno e di nuovo le spalle di Pherio si
tesero appena per sciogliersi in un nuovo sorriso di convenienza, che non
trasmetteva nulla se non fastidio.
"Soprattutto per coloro che, come te, non hanno più nessuno a
proteggerli se non uno degli anziani della nobile Sparta e l'impegno che
la sua famiglia si è preso con te.- scosse il capo con forza, quei
capelli ondeggiarono sulla sua schiena, lanciandogli un'occhiata
assassina, le labbra piegate, amare, il tono irato - Esci da qui, Astre,
esci dai confini della nostra città, vai in luoghi dove la parola di uno
Spartiato non vale il fiato utilizzato ad emetterla e niente e nessuno ti
faranno da scudo! Anche svelandoti per quel che realmente sei, nessuno
solleverà un dito per difenderti o aprirà bocca per impedire
qualcosa."
Astre gli si piantò di fronte, serissimo, furente. Ma controllato e
compito come sempre.
"Perché, da quando voi mi state *proteggendo*, spartano? Non temere
di ciò: mai ho avuto l'ingenuità di credere ad un vostro spontaneo
interessamento verso di me! So qual è il mio peso sulla bilancia della
politica!"
Pherio sollevò una mano nell'aria in un gesto secco, irritato, di chi
conosca a propria superiorità nei confronti del suo interlocutore eppure
si trovi di fronte uno stolto arrogante.
"E allora, se conosci il tuo valore, ritireniti fortunato, ora che ciò
che vali è stato dimezzato da ciò che è successo!"
Astre inclinò appena il capo di lato, in un gesto quasi infantile, come
se si fosse ritratto appena spaventato dal tono dello spartano,
sollevatosi di colpo. Solo il baluginio sul fondo degli occhi diceva
altrimenti.
"Non ho detto di non sentirmi fortunato, ho detto di non sentirmi
*grato*." ribatté a labbra mezze serrate
"Dovresti, invece. Gli spartani non rimangiano mai la parola data. -
sollevò una mano e se la posò sul cuore, senza armi al fianco, senza
insegne o armature, solo la veste purpurea degli Spartiati, e la voce
ritornata calma e distante. Un giuramento sacro, il più sacro che Pherio
potesse fare. - Non morrai per mano nostra."
"E mi porterete in Egitto!"
Pherio scosse di nuovo il capo come se non avesse colto l'acre furia
nascosta nelle parole dell'altro.
"E nessun egiziano ti torcerà un solo capello finché un solo
spartano sarà vivo, Astre. Stiamo solo cercando di recuperare un po' di
quello che abbiamo dovuto sacrificare ospitandoti in Sparta."
Astre incrociò le braccia sul petto, gli occhi lampeggianti di collera e
intelligenza che correva veloce e veloce svolgeva matasse di informazioni
e analizzava infinite possibilità.
"Non sono stato un investimento troppo vantaggioso per voi,
pare."
Il sorriso di Pherio, per quanto freddo e remoto, questa volta, scomparve
del tutto, per non comparirvi più.
"Può darsi, ma non lo credo. Mio zio sa trarre profitto anche dalle
situazioni più avverse e sono certo che anche tu porterai onore e gloria
alla nostra città, nonostante ciò che sei. - lo fissò in silenzio per
un lungo, lunghissimo istante - Merce di scambio. - sussurrò appena, poi
scosse di nuovo il capo - So che sentirti considerare tale non possa
gratificare il tuo immenso orgoglio, Astre. Ma ti prego di pensare a una
cosa, non hai altra scelta: potresti fuggire ma moriresti, o peggio,
finiresti schiavo. Hai più probabilità, seppur remote, di ritornare alla
tua dimora seguendo la nostra spedizione che non agendo di testa tua. In
Egitto potresti trovare . . situazioni interessanti."
Astre sollevò appena un sopracciglio con fare divertito.
"O essere decapitato sul posto, per quel che ne sappiamo. Ma in quel
caso, non sarebbe più affar tuo e di Sparta . . - scosse il capo. I suoi
corti capelli neri gli danzarono di fronte agli occhi - Cosa ti aspetti da
me, ora, spartano? Che mi confidi con te? Con il mio carceriere? Oh, no,
sbagli. Partiremo? Bene, partiremo, e io sarò il medico di una piccola
spedizione diplomatica per l'Egitto. Cosa io sceglierò, sarò io a
sceglierlo, ricorda, e non lo saprai finché non l'avrò fatto. Che ti
aspetti d'altro?"
Pherio si strinse nella spalle, dando la schiena a colui che un tempo,
follemente, si era trovato a trattare come se fosse un amico. Come se uno
straniero, uno come Astre, potesse saperne qualcosa di amicizia, onore . .
fedeltà . .
"Non mi attendevo nulla meno di questo, Astre. - si fermò di fronte
alla porta, la voce abbassata di un tono, ridotta a un sussurro, da cui
trasudava amarezza e null'altro - Forse mi aspettavo qualcosa di più, ma
a quanto pare . . "
Si voltò di tre quarti, quegli occhi alieni scintillavano di scherno.
Astre sentì freddo ma non poté dire altro, osservò quella schiena
scomparire nella penombra che si stava allungando in quella dimora
divenuta improvvisamente tanto simile a una prigione e distolse lo
sguardo.
Come se davvero avesse una qualche possibilità di scelta! Si corrugò,
irritato, sedendosi pesantemente su una panca, prendendosi le mani e
torturandosi le dita. Gli spartani erano maledetti e furbi. Non bastava
andare a letto con un appartenente della casta più influente della città
per sapere in anticipo le mosse politiche, né, tantomeno, sperare di
influenzarle! Ma quella spedizione, quel suo inviarlo in Egitto, bhè,
poteva aspettarselo. Era diplomaticamente ovvia come azione. E forse . .
si prese la lingua fra i denti, sospirando di attesa . . forse in Egitto
avrebbe potuto incontrare chi potesse davvero aiutarlo, secondo i suoi
informatori lì si erano nascosti coloro che lo stavano attendendo. Forse
avrebbe potuto manipolare la situazione a suo favore. Forse non era tutto
perduto. Di certo non sarebbe bastato così poco per metterlo del tutto
fuori gioco . .
"Pherio?"
La voce gentile lo fece sobbalzare, vide la figura scura e sottile
scivolare nella stanza provenendo dal luminoso giardino esterno, ma nulla
poteva competere con quel suo dolce sorriso. Le snelle gambe da gazzella
erano nude come al solito, coperte di un velo di sudore, aveva corso, il
suo petto si alzava e si abbassava ansimando piano. Si posò una mano sul
petto sorridendo di nuovo.
"Perdonami Astre, cercavo mio cugino e credevo di trovalo qui . .
"
"Aspasia. - la salutò chinando gentilmente il capo. Una ragazza
meravigliosa che mostrava, pur nei suoi anni acerbi, già chiaramente che
bella donna sarebbe divenuta. Senza gioielli, senza abiti ricercati, senza
pettinature complesse, senza nulla di tutto quello che per Astre era un
normale accessorio del fascino femminile, si ritrovava stupito a fissare
una bellezza pulita, candida, senza trovare in lei un solo motivo per
trovarla attraente eppure senza poterne fare a meno. Le sorrise, gentile.
- Tuo cugino se ne è appena andato. Credo. . bhè, forse è al Campo ma
non so, non gliel'ho domandato, mi spiace non poterti essere
d'aiuto."
La ragazza sospirò amarezza, la fronte si corrugò un istante poi mosse
un nuovo passo verso Astre, le mani intrecciate, nervose. Pareva
titubante, in bilico fra il desiderio di parlargli e quello di fuggire via
a cerare Pherio. Si limitò a sedersi accanto all'altro ragazzo, fissando,
come lui, lo squarcio di terra rossa che spuntava da oltre la soglia e gli
olivi che, in giardino, si alzavano contorti da generazioni.
"Astre? Posso parlarti sinceramente, come sempre ho fatto da quando
hai messo piede nella nostra dimora?"
Astre annuì in silenzio. Non aveva mai incontrato una donna simile. Lui
era abituato a femmine che tenevano comportamenti alquanto dissimili da
quelli, e non solo perché le fanciulle di Sparta si allenavano con i
maschi fino ai 10 anni e dopo continuavano anche a rinforzare il proprio
corpo con ginnastica e corsa fino a divenire donne. Aspasia era schietta e
sincera. Amava suo cugino e aveva un educato rispetto di suo zio, ma mai
aveva taciuto di fronte a suoi atteggiamenti che riteneva indegni. Aveva
trovato simpatico Astre e aveva trascorso ore con lui a parlare, era
curiosa e conosceva le erbe e conosceva anche molto da vicino le strategie
famigliari. Era certo che lei sapesse tutto.
Ed era anche certo che Aspasia non avrebbe mai tradito lo zio o Pherio, o
peggio ancora, Sparta per lui . . ma non era questo che voleva . .
stranamente, di fronte a questa certezza si sentiva tranquillo.
"Certo, Aspasia, che c'è? Mi sembri preoccupata."
Lei scosse il capo, i bei riccioli castani le danzarono sulla fronte.
"Sono dispiaciuta della freddezza che vedo tra te e Pherio."
Astre scosse il capo con forza.
"Perdonami per questa risposta, ma non voglio parlarne con te."
La sentì sospirare, scuotendo di nuovo il capo, uno strano sorriso a
dipingerlesi sulle labbra, come se fosse qualcosa che si fosse aspettata.
"Come vuoi. Posso almeno augurarti buona fortuna? So che partirete
presto."
Astre alzò lo sguardo e incrociò dolore in quegli occhi scuri e
profondi.
"Ti ringrazio, ma non devi temere per noi. Pherio è un valente,
tornerà sano e salvo dall'Egitto."
Aspasia sospirò.
"Pherio è un valente cocciuto, ma di lui non mi preoccupo, so che sa
badare a se stesso. Mi spiace per te. Mi ha detto . .Pherio mi ha detto
che è molto poco probabile che tornerai con lui a Sparta e . . mi
mancherai. Prometti che farai attenzione?"
Astre fece per dire qualcosa ma le sue labbra si chiusero di scatto,
fissando quella ragazza sedutagli al fianco, le mani strette in grembo, la
schiena dritta, le spalle alte e il volto teso in un'espressione seria e
consapevole. Quello era . . per gli dei . . quello era affetto?! La sua
vita era stata permeata solo di politica. Di sua madre aveva un lontano
ricordo un po' consunto dal tempo e dall'indifferenza, una donna seria e
potente che per anni aveva tramato per togliere potere ad altre concubine
più giovani. Suo padre era semplicemente colui che gli pagava i maestri,
che direzionava i suoi insegnamenti per fini a volte chiari solo a lui. Ma
affetto?
Si ricordava bene come il suo guardiacaccia trattava i cani, come gli
brillavano gli occhi quando portavano una preda. Non poteva scordarsi
quante lacrime avevano rigato il viso di quell'uomo quando lui, il giovane
Astre, aveva voluto provare gli effetti della cicuta e di altri veleni . .
e li aveva utilizzati come cavie. Aveva deciso che era una cosa che non
gli piaceva, l'affetto, e che non voleva. Ora però sembrava . . sembrava
per *lui* . . Corrugò appena la fronte.
"Non è necessario che ti preoccupi. Sono certo che . . - allungò
una mano, a sfiorare quelle di lei, sorridendole - sono certo che ci
rivedremo presto. Prima di tornare a casa posso passare da Sparta . . sì,
verrò a trovarti, che ne dici?"
La vide sorridere a sua volta, passandogli un braccio sulle spalle.
"Dico che sarebbe meraviglioso!"
Astre si sentì improvvisamente felice . . rise anch'egli.
"Scommetto che quando tornerò sarai finalmente sposata . . ma tuo
zio non ha ancora scelto?"
Aspasia scosse il capo con forza.
"Sei uno sciocco . . hai vissuto qui per oltre un anno e non hai
ancora capito. Le donne di Sparta sono famose in tutta Grecia, non sai che
siamo donne libere?"
Astre sollevò appena un sopracciglio.
"Non credevo sceglieste voi il vostro marito! Mi sembra
inadeguato." rispose la prima cosa che gli venne in mente,
sinceramente. Donne che sceglievano il proprio marito? Per lui una cosa
simile poteva essere assurda ma adesso che ci pensava a Sparta davvero non
era un qualcosa di contraddittorio.
Lei sorrise, tra il dolce ed il divertito.
"Le donne di Sparta vengono educate in modo da essere sagge, Astre.
Saprò scegliere il miglior partito per la mia famiglia e per Sparta
tutta. - rise - Ma non so, magari davvero quando tornerai sarò già
sposa!"
Astre sorrise di nuovo, stranamente tranquillo.
"Non sei preoccupata davvero per Pherio?"
"Pherio è in gamba, sarebbe poco gentile nei suoi confronti se
avessi paura per lui. Le donne di Sparta vengono allevate e cresciute ed
educate per generare figli e mariti e uomini per Sparta, null'altro. -
scosse il capo con forza - L'unica cosa che mi inquieta è che di solito
non vengono mai inviati in missione degli Spartiati senza figli. La nostra
famiglia, quella dei Panfilo, anche se dovesse morire Pherio verrà
continuata. Ci sono io, e altri della nostra schiatta, ma Pirecrate è
l'ultimo . . "
Astre sobbalzò visibilmente.
"Pirecrate? Che centra Pirecrate?"
Aspasia lo fissò con una strana luce negli occhi.
"Non lo sai? Ha chiesto di essere accettato in questa missione per
non dove subire la punizione ed ha insistito talmente tanto che la
gerousia ha accettato . ."
Astre alzò un sopracciglio
"E che tipo di punizione sarebbe?" era veramente curioso di
sapere cosa mai potesse spingere l'indomito Pirecrate ad allontanarsi da
Sparta. Aspasia esplose in una risata cristallina, le gote arrossate.
"Ti assicuro che il suo orgoglio ne sarebbe uscito duramente
provato!"
Rise di nuovo, socchiudendo gli occhi, come se, davanti alla mente avesse
un'immagine ben chiara, e anche molto divertente. Astre si corrugò, di
nuovo. Che tipo di punizione poteva spingere un giovane Spartiato, valido
e ambizioso come Pirecrate di accettare di far parte di una missione
simile che lo avrebbe portato per anni lontano da Sparta, tagliandolo
fuori dai giochi diplomatici e dalle strategie di potere forse per tutta
la vita? Di Pherio lo capiva, stava portando avanti un piano da anni
congegnato da suo zio e, da quel che aveva capito, l'importante, in quella
città, era la famiglia, non tanto il singolo. E poi, quando Pherio fosse
ritornato, avrebbe sicuramente trovato qualcuno che lo avrebbe aiutato
nella scalata al potere . . Astre era quasi certo che, dopo quella
missione, il Panfilo avrebbe quasi 'rischiato' di essere nominato uno dei
due re di Sparta, o, perlomeno, quello era l'obiettivo verso cui pareva
muoversi suo zio . . ma Pirecrate?
Pirecrate di politica non ne capiva nulla, probabilmente non gli
interessava, e Astre non vedeva nessun buon motivo perché dovesse
iniziare proprio ora, ma accettare un qualcosa che sembrava molto un
esilio non perpetuo da Sparta era una scelta che non riusciva a
comprendere.
Le dita di Aspasia si strinsero alle sue, e gli donò un nuovo sorriso.
"Buona fortuna, Astre, pregherò i nostri dei per te e, visto che
prima passerete a Delphi, credo un sacrificio ad Apollo non ti farà del
male."
Astre le sorrise in risposta: si aspettava una copertura per il viaggio ma
non aveva pensato che sarebbe stata Delphi. Sì, era vero: gli Spartani
erano di una furbizia incredibile . .
___
Ad ampie falcate Pherio percorreva la strada che lo avrebbe passato al
Campo. Gelido, nella sua furia arrogante non notò neppure il ragazzo
chiamarlo, né lo vide corrergli alle calcagna. Sobbalzò violentemente a
sentire quella mano sottile sfiorargli la spalla, e quella voce che
cercava di essere dura ma che non riusciva a nascondere, dietro di sé, un
tremito, indeciso di paura e passione e chissà che altro.
"Pherio Panfilo? Posso disturbarti? Avrei bisogno di parlarti ..
"
Gli occhi azzurri di Pherio si quietarono un poco riconoscendo, nel
ragazzo che aveva di fronte, uno dei pochi compagni che avesse visto mai
accanto a Pirecrate. Il suo nome? Ah, sì, si scosse. Antinoo. Non aveva
mai capito che razza di legame lo tenesse unito al Dimano, ma non era un
argomento interessante, quello, e neppure poteva importargli davvero.
"Dimmi."
Lo vide arretrare di un passo, come indeciso, o spaventato, o entrambe le
cose, poi umettarsi le labbra.
"Ho sentito che tu e Pirecrate partirete presto . .- lo disse di
fretta, come se avesse radunato a forza il coraggio per buttarlo fuori,
passandosi una mano fra i capelli legati sulla nuca, piantando lo sguardo
scuro dritto sul suolo, non osando alzarlo - L'hanno detto al Campo . .
"
Fu ovviamente stupito dall'udire il tono sarcastico della risposta di
Pherio.
"Le notizie volano! - scosse il capo, stringendosi nelle spalle e
ritornando serio - Non è un segreto per nessuno, siamo solamente stati
incaricati di portare un ambasciata all'oracolo di Delphi, cose ordinaria
amministrazione, è solo questo che volevi sapere?"
Antinoo si morse un labbro facendosi forza.
"Porterete anche quell'Astre con voi?"
Pherio si rabbuiò. Parlare del persiano con quel ragazzino, ora, era
proprio l'ultimo dei suoi desideri.
"Un medico può essere sempre utile."
Antinoo aveva sollevato, orgoglioso, il capo, e aveva visto lo sguardo
velato di Pherio, quel suo quasi ritrarsi, e irritarsi a quel nome. Aveva
visto il disprezzo torcere in parte quel bel viso troppo chiaro per
appartenere a uno spartano nonostante il tono neutro della risposta.
"Perché gliel'hai permesso?"
Pherio si stupì, fissando il ragazzo, indeciso.
"Cosa?"
"Perché hai permesso ad Astre di venire con voi? Non sarai così
cieco, no? - Antinoo prese un profondo respiro - Li avrai visti, insieme,
Pir-.. "
Lo Spartiato sollevò una mano di scatto. Era sul punto di scuotere il
ragazzo con violenza, ma si limitò a stringergli una spalla, lo sguardo
così trasparente e furioso che Antinoo ebbe immediatamente paura.
"Non sono affari miei. E non sono neppure affari *tuoi*. Ci serviva
un medico, Astre è un medico. Non mi serve altro, e non mi serve neppure
perdere del tempo con te in questo modo."
Lo lasciò andare, Antinoo sentì il sangue ritornare ad affluirgli nella
spalla, l'altro aveva stretto così forte che gli aveva lasciato il segno.
Non gli importava poi molto, quasi immobilizzato dal terrore e insieme,
incendiato dalla furia. Ecco, lì di fronte aveva uno che poteva toccare
Pirecrate ogni volta volesse, che parlava con lui, che veniva
*considerato* . . per non parlare del resto . . cosa si potesse fare con
un altro ragazzo, nel buio silenzioso di una stanza, o anche in un angolo
tranquillo, Antinoo riusciva solamente a sognarlo in maniera indistinta,
ma era certo che fosse magnifico . .insomma, lui e Pirecrate erano . .
facevano *quello* e adesso gli diceva che di Astre non gli importava? Ma
che razza di indegno senza spina dorsale era quel Pherio che cedeva in
quel modo, senza combattere, il suo amante? Se Pirecrate fosse stato suo
avrebbe ucciso chiunque altro avesse anche solo osato pensare di mettergli
lo sguardo addosso!
"Lo decido io se sono affari miei o meno, Pherio! Tu non puoi ..
"
Non lo vide neppure muoversi, si sentì solamente sbilanciato
all'indietro, e, un istante dopo si trovò inchiodato al muro, una mano
forte a tenergli una spalla, e l'altra avvolta intorno al suo collo, una
pressione forte a togliergli il fiato dalla gola, e quegli occhi da dio
puntati, furibondi, nei suoi. Il sibilo delle sue parole gli giunse
indistinto alle orecchie.
"Io posso, Antinoo, sei tu che non devi osare rivolgerti a me in
questo modo! - aumentò un poco la presa sulla gola, Antinoo sbatté un
paio di volte le palpebre, incapace di altro - Piccolo, lurido
scarafaggio, indegno anche di allacciarmi i calzari, è una sfida, la tua,
eh? - Antinoo sentì i piedi staccarsi da terra, insieme alla mano che si
scioglieva dalla sua spalla .. Pherio, si accorse un attimo dopo, non
aveva alcun bisogno di obbligarlo contro il muro visto che lo stava
sollevando da terra . . la trachea gli doleva in una maniera assurda . . -
Vuoi incrociare la spada con me, è questo che vuoi?"
Antinoo, ovviamente, tacque, impalato com'era. Pherio sospirò,
stringendosi le spalle, poi sorrise, terribile, e lo lasciò cadere a
terra nella polvere. Lo guardò in silenzio, contorcersi appena, quasi
soffocato, ora, dagli accessi di tosse, tenendosi una mano sulla gola
dolente. Avrebbe potuto spezzargli il collo. Avrebbe potuto farlo morire
soffocato. Avrebbe potuto piantargli una spada nelle viscere durante un
regolare duello. Avrebbe potuto ucciderlo in mille modi, ma quel ragazzino
non ne valeva la pena, non era degno di un suo tale accanimento.
Altri ragazzi stavano arrivando, di corsa. Un paio, i primi, si fermarono
a un passo da loro, indecisi se intervenire o meno, cercando di capire se
fosse il caso aiutare Antinoo o meno, Pherio sorrise loro, passando una
mano fra i capelli del giovane ai suoi piedi e chinandosi appena sul suo
orecchio, sussurrò "Ricorda che neppure Pirecrate riesce a battermi.
Levati dalla mia strada, da ora in poi, perché non mostrerò più questa
pietà."
Si sollevò guardando gli altri.
"Non è successo nulla, aiutatelo ad alzarsi."
Un paio si inginocchiarono accanto all'amico che quasi era sul punto di
vomitare per la violenza della tosse, gli occhi scuri inondati di lacrime
di vergogna e dolore, non riuscì eppure a sollevare il capo a guardare lo
Spartiato allontanarsi in silenzio, fendendo la folla degli altri ragazzi
come una nave il mare.
Antinoo sollevò le mani e vi affondò il capo; Pirecrate sarebbe partito
presto, prestissimo, per un viaggio lungo, insieme a Pherio e ad Astre e
lui non aveva neppur potuto . . non era andata come voleva, lui non . .
Trattenne un singhiozzo, non riuscì a fare altro.
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