Capitolo IX

PACTUM VIPERAE

Parte I

 

Le dita si mossero nervose, senza scopo preciso. Il volto era madido di sudore mentre la bocca semiaperta emetteva inarticolati rumori, forse lamenti, forse parole. Gli occhi si spalancarono lucidi e spaventati, simili a quelli di un animale impaurito.

"Lot va tutto bene…" Nicolaus tentò di rassicurarlo accarezzandogli il capo " Bentornato." Sorrise commosso.

Il giovane vampiro ricominciò a sudare , i nervi del collo si tesero e gli occhi spalancati ed impauriti lo fissarono a lungo, la mascella tremò, uscirono dei suoni, tremò ancora ed altri suoni presero forma, il volto sempre più spaventato, gli occhi sempre più lucidi vicini al pianto, si agitò nel letto con movimenti non coordinati, e si spaventò ancora di più. Nicolaus non capiva quello che stava accadendo, non sapeva che fare. Sembrava che il corpo di Lot non ubbidisse al proprio padrone.
Entrò Cornelius uno dei sacerdoti che avevano prestato soccorso al giovane confessore. Fece il giro del letto fino a trovarsi dalla parte opposta a quella del diacono.

"Finalmente sei tornato ragazzo!" esclamò stringendogli forte la mano.

Lot tentò di sollevarsi, di parlare, ma fu solo capace di produrre incoerenti rumori, né la lingua , né la mascella volevano muoversi come il cervello ordinava.

"No, no ragazzo, non ti affaticare, rimani sdraiato." Sedette sul letto "Respira a fondo…ecco così. Ora batti gli occhi due volte per dirmi si, ed una volta per il no."

Lot sbatté le ciglia due volte.

"Per favore lasciateci soli."

 

Quando Paolo l’aveva colpito più volte all’addome s’era accasciato al suolo, pareva gli avessero strappato le budella, le stesse lame erano entrate come tizzoni ardenti dentro il ventre e questo si contorceva tutto su se stesso sprizzando sangue ovunque. Il dolore bruciante ed infuocato a tratti scomparve ed anche gli occhi si chiusero. Aveva udito qualcuno piagnucolare, Paolo trafficare con il suo corpo, sballottarlo a destra e a sinistra. A poco a poco perse la sensibilità alle dita delle mani, poi alle mani intere ed infine alle braccia, le gambe immote non le sentiva da un pezzo. Un freddo abbraccio si impossessò di lui, ma non era ancora morto. Non poteva ancora morire. Non doveva. Non voleva. Tanti rumori si susseguirono uno dopo l’altro, confusi. Infine odori amici. Due braccia avvolsero il suo collo e la voce rotta di Greg gli invase dolorosamente i timpani tant’era attaccata alle orecchie. Voleva dirgli di smetterla, fu allora che con uno sforzo incredibile si costrinse ad aprire gli occhi e vide a fatica delle ombre colorate agitarsi attorno. Una di quelle ombre, gialla, si agitava sopra di lui, sentì le sue mani calde sorreggergli il capo, doveva essere Nick. Il fato aveva voluto che il padre di Pandora, e amante di sua madre, venisse a conoscenza del mandante dell’assassinio direttamente dalla sua bocca prima che egli esalasse l’ultimo respiro. Con le poche forze rimaste contrasse il diaframma e parlò a stento, il solo fatto di far passare l’aria attraverso la gola gli produceva dolore che man mano cresceva dilatandosi e alla fine stremato cedette all’oblio. Le macchie agitate e i frenetici rumori scomparvero lasciando al loro posto l’oscurità ed il silenzio. Stava camminando? O volando? Questo non riusciva a capirlo, l’unica cosa che comprendeva, anche se l’oscurità lo rendeva cieco, era di essere in un’anticamera. Udì delle voci chiamarlo e improvvisamente si ritrovò proiettato in una stanza che conosceva benissimo: il soggiorno della casa di suo fratello Luca a Venezia. Era Natale, la tavola imbandita ed i marmocchi si rincorrevano l’un l’altro. Luca seduto sulla poltrona di fronte al caminetto lo guardava con una strana luce negli occhi verdi ed un sorriso sollevò i baffi bianchi. Porse il cappello a cilindro ed il tabarro alla governante e si avvicinò al fratello: "Buon Natale" gli baciò le guance e lo strinse forte al petto. "Buon Natale anche a te" gli rispose Luca con una strana amarezza nell’animo "Mi sento vecchio tanto vecchio…" e sospirò.

"Tenendo in considerazione che sei trisnonno e hai settant’anni, bhe, li porti decisamente bene." L’altro ghignò: "Novantaquattro, abbiamo novantaquattro anni."

"Un anno in più , un anno in meno che vuoi che sia. Sempre a mettere i puntini sulle i."

Luca rise e poi tossì, era davvero vecchio, le mani gli tremavano: "Lo dici tu che sembri non ancora ventenne…Mi sento davvero vecchio." Luca cercava di dirgli qualcosa e questo qualcosa Lot l’aveva capito: lo avvertiva che tra breve avrebbe lasciato questo mondo. Lot gli strinse forte la mano. Un brusio proveniente dall’uscio inondò la stanza.

"Sta arrivando il resto della ciurma" commentò Luca.

"Questa dev’essere Luisetta col seguito" puntualizzò a sua volta una delle nipoti indaffarate a sistemare la tavola.

Entrò una donna sulla cinquantina seguita da nipoti e figli, tutta presa a chiacchierare con la cognata Clara, anch’ella appena giunta, per accorgersi dei presenti.

"Buon Natale Papà" augurò la figlia di Luca raggiungendo il padre seduto.

"Buon Natale Signor Luca" fece altrettanto Luisetta, baciando le guance del suocero. Alla donna per un attimo era mancato il fiato a vedere Lot lì di fronte al fuoco "Buon Natale anche a Voi Signor Lot". Delle strisce argentate le coloravano i capelli un tempo corvini, il viso dai lineamenti delicati aveva perso l’elasticità e la freschezza di un tempo, lasciando il posto ad alcune rughe.

"Splendida come sempre" fece di rimando Lot incrociando lo sguardo con quello di lei. Le si inumidirono gli occhi, c’era così tanto amore in quello sguardo.

"Buon Natale zio" s’intrufolò in mezzo il piccolo Orlando, il nipote di sei anni di Luisetta. "Buon Natale anche a te scricciolo" e lo prese in braccio, mentre Luisetta si mise in disparte volgendo il capo altrove, qualche lacrima scese lungo quelle guance.

"Sei tale e quale alla tua mamma da piccola"

Il bambino lo guardò basito "Hai visto la mia mamma da piccola?"

Lot si accorse della enorme gaffe.

Donatella scoppiò a ridere prendendo il figlio dalle braccia di Lot : "Buon Natale zio." Anche lei lo guardava con affetto, anche lei sapeva.

Il grano era alto, dorato ed i grilli cantavano nella giornata assolata. Lui e Donatella stavano scendendo da un dosso per raggiungere gli altri due fratelli di lei e i restanti nipoti di Luca che si erano allontanati dalla tavolata della riunione familiare. La piccola di appena nove anni gli stringeva forte la mano, era rimasta stranamente taciturna per tutta la giornata, mentre camminavano lo fissava spesso mordendosi le unghie. Ad un certo punto si fermò sul sentiero polveroso, strinse di più la manina e disse: "Papà?".

Lo aveva chiamato papà, non zio come Luisetta le aveva insegnato, come tutti lo chiamavano, forse sua madre le aveva accennato qualcosa? Forse la piccola aveva capito la verità da sola?

Lot si voltò e le sorrise con dolcezza : "Dimmi tesoro."

"Papà mi puoi tenere in braccio?"

Allora il vampiro la tirò su tenendola sulle spalle.

"Lella…non dire niente ai tuoi fratelli, questo è il nostro piccolo segreto, promesso?"

"Promesso"

L’odore di pollo bollito s’era impregnato persino nelle coperte che avvolgevano il corpo ormai consumato di Luca. Tremava la mano grinzosa e ruvida mentre la teneva fra le proprie.

"Dov’è mamma?" gli chiese a stento il fratello in un momento di lucidità durante la febbre.

"E’ qui vicino…" la vampira si sedette al capezzale del figlio afferrando nervosa una di quelle mani ossute.

Un sorriso senza denti illuminò il volto tirato di Luca: "Come sei bella…sei ancora fresca come un bocciolo"

Lucia non disse niente, si limitò a baciare il palmo della mano che teneva fra le proprie e alcune lacrime scesero lungo le gote.

"Papà ti ha amato tanto…"

Lei si limitò ad annuire.

Luca respirava a fatica: "Siamo proprio una bella famiglia…una bella famiglia…" ed i suoi occhi si chiusero per sempre.

Ora era al capezzale di un altro malato, teneva tra le mani quella di Luisetta, costretta a letto da una brutta caduta che aveva portato con sé complicazioni preoccupanti, la donna non si muoveva , non parlava, non vedeva, dolcemente addormentata ormai era ad un passo dalla morte. Il volto pallido lo si poteva confondere tranquillamente con le lenzuola se non fosse stato per l’espressione del volto in cui le labbra sembravano abbozzare un lieve sorriso. Lot le baciò l’incavo della mano arida. Anche lei, come Luca, tra breve sarebbe morta ed il solo fatto della separazione eterna gli creava ancora sgomento, la stessa idea in sé, il fatto che una persona da un giorno all’altro potesse cessare la propria esistenza e non esserci mai più era estremamente difficile, soprattutto per un vampiro. Più volte le aveva offerto di diventare come lui e rimanere al suo fianco, ma lei aveva sempre prontamente declinato l’invito: per Luisetta sarebbe stata una condanna sopravvivere ai propri figli, ai loro figli. I suoi pensieri furono interrotti da un brusio proveniente dal corridoio adiacente. La porta si spalancò ed entrò Donatella tirando suo fratello Giacomo e seguita dal maggiore, Padre Pierpaolo: "Macché dici! Giampaolo* era un vizioso, l’ha sempre maltrattata quand’era in vita, non ti ricordi?" poi la donna indicò Lot, fiera "Nostro padre non l’ha mai lasciata sola, non ci ha MAI lasciati soli. Dico…il nostro vero padre!".

La notizia scioccò i due fratelli, un’espressione attonita si dipinse sui volti. Lot poteva quasi capire cosa vedevano i loro occhi, pur conoscendolo, erano ingannati dal suo aspetto giovanile: loro vedevano un giovane, anche se vampiro, tenere la mano ad un’anziana.

"Lella, cosa…la promessa…"

"Scusa Papà, ma non sono riuscita a tenere la bocca chiusa quando ho sentito blaterare questi due, qua fuori, sulla…giovane moglie abbandonata."

Pierpaolo strinse i pugni "Questo è un sacrilegio!" sbraitò.

Queste parole furono come un fulmine al cuore per il vampiro: Dopotutto fa parte dei Cacciatori ecclesiastici, quale tipo di commento potevo aspettarmi se non questo? Si disse tra sé Lot ancora più affranto.

Donatella lasciò il braccio di un ammutolito Giacomo e afferrò la tonaca di Pierpaolo affrontandolo in faccia: "Sacrilegio?! L’unico sacrilegio che io conosca erano i continui tradimenti di Giampaolo con le donnine allegre che frequentava nei bordelli. Non dirmi che non ti ricordi quante volte il nonno l’ha ripreso, come l’ho sentito io che sono la più piccola, così chissà quante altre volte TU l’hai sentito!"

Pierpaolo rimase zitto, ma quelle parole non avevano placato la sua collera.

"Giampaolo ha sposato nostra madre perché aveva ormai quasi quarant’anni…Non ha mai amato la mamma." Proseguì lei.

"Ha scoperto che lei lo tradiva con lui, è per questo che l’ha lasciata non è vero?!"

"No" li interruppe Lot con fare grave "L’ho cacciato io di casa, quando ha cominciato a picchiare pure te, lo avrei fatto prima , ma Luisetta aveva pietà per lui. Se può esserti di consolazione sappi che Giampaolo dormiva già in un’altra ala della casa quando tu sei nato e la mia relazione con tua madre era cosa saputa in famiglia".

"E prima di te è nato un altro figlio" rincarò Donatella.

Lot non credeva alle proprie orecchie, Luisetta aveva raccontato anche questo. Le aveva raccontato di quel figlio vampiro nato dalla loro unione e morto in tenera età. Il ricordo era ancora vivo in lui. Fissata nella sua memoria era l’immagine indelebile di quel bimbo inerte fra le proprie braccia. Era impotente di fronte alla morte, nuovamente così come allora.

In quell’atmosfera tesa e ricca di rancore un altro filo si spezzò silenzioso.

"Andate via. Lasciateci soli." Ordinò il vampiro con voce tremante.

"Cosa? Perché?" chiese Donatella rivolgendosi a Lot, mentre questi abbracciando il corpo di Luisetta, dopo averlo tirato a sé, lo teneva stretto.

"Vi ho detto di uscire immediatamente e lasciarci soli" sbraitò il vampiro con la voce rotta dai singhiozzi. E più singhiozzava, più teneva stretto quel corpo.

Pierpaolo si avvicinò : "Mamma…mamma se n’è andata?", ma come risposta ottenne i singhiozzi di Lot, tutto occupato in un nervoso e convulso abbraccio con chi ormai non poteva più ricambiarlo.

Improvvisamente il mondo che gli era attorno si oscurò facendolo ripiombare nella solitudine più tetra. Era freddo attorno e freddo pure il suo cuore, tremò. Un punto lucente si presentò all’orizzonte, attirando la sua attenzione, e allargando il proprio diametro man mano che Lot lo fissava. Si ritrovò all’entrata di una grotta con le spalle rivolte all’oscurità interna ed il volto invece verso l’orizzonte brullo e montagnoso dove pungente era l’odore di terrore e l’atmosfera vibrava di lamenti.

"L’aria brucia…" commentò ad un ipotetico interlocutore.

"E cosa vuoi aspettarti di diverso?" disse una voce tritonale proveniente dalla grotta "Dopotutto, questo è l’inferno."

Lot si voltò in direzione della voce, senza timore, ebbe la sensazione di conoscerla da tempo: "Sono così stanco…" sussurrò.

"Sei proprio sicuro di voler proseguire il cammino?" la voce si fece più vicina e sbucò dall’oscurità un animale spaventoso con tre teste e denti aguzzi "Nell’altro mondo c’è un tizio talmente logorroico che mi sta sfondando i timpani col suo blaterare ininterrotto."

Lot tese l’orecchio ed ascoltò le parole portate dal vento, poi sorrise: "Non demorde mai"

"Hai ancora molte cose da fare di là, prima fra tutte far tacere quel disco incantato."

"Cribbio, quanto chiacchiera! Peggio di una donna petulante, mi sa proprio che dovrò tappargli la bocca".

La bestia rise.

Il vampiro rientrò nella grotta: "Non è ancora il mio tempo…da un bacio a Luisetta da parte mia." Ed iniziò a correre verso l’interno, mentre , alle sue spalle, la bestia urlava: "Un bacio? Ma stai scherzando? Al massimo le posso dare una leccata a quella".

 

Cornelius uscì dalla camera.

"Allora?" gli domandò il diacono rimasto nel frattempo ad aspettare seduto nel corridoio assieme a Greg.

"Allora…" il sacerdote scostò lo sguardo da quello del vampiro "E’ fortunato ad essere vivo…e recuperabile."

"Recuperabile?" ripeté Nicolaus che faceva difficoltà a comprendere il significato che si celava all’interno delle parole dell’amico.

"Ci vorrà tempo, pazienza…esercizi…" sbuffò per la propria incapacità di trovare le parole giuste "Non so quanto potrà recuperare, adesso è come un bambino che deve imparare a camminare."

"Lo aiuterò …non lo lascerò in queste condizioni"

Nicolaus fece per entrare dentro la camera, ma prima che potesse raggiungere la maniglia della porta, violentemente Cornelius lo prese per le spalle come aveva fatto anzitempo :"Non capisci? I mastini lo rivogliono indietro e tu non puoi permetterti di dare scandalo ora che sei il Gran Maestro del Consiglio."

"Cosa dici? Il voto ci sarà fra qualche notte."

"Il risultato è scontato: un’ora fa Lord Grey è rimasto vittima di una retata dei cacciatori."

Nicolaus sgranò gli occhi incredulo.

"I mastini sono arrivati troppo tardi per salvarlo."

"Chi era a capo dei mastini?"

Cornelius lo guardò di sottecchi tentando di capire il perché della domanda: "Nick Sander…". A quella risposta il cuore di Nicolaus si riempì d’amarezza, in un certo senso se l’aspettava, la ruota aveva girato a favore di Nick, l’intervento dei cacciatori aveva inconsapevolmente vendicato la morte di Pandora "…perché me lo chiedi?"

"Appena ritorna fallo venire qui."

"Perché?"

"Perché è il caposquadra del confessore"

"Il tuo senso di colpa non può spingerti ad un simile atteggiamento, stento a capirlo e quasi, quasi non ti riconosco."

"Cornelius, credo di non dare scandalo se in questo modo saldo un debito di favore, non credi?"

"Chiamalo debito di favore allora. Spero non ci sia nient’altro sotto."

Il diacono rise: "Io con quello? Ne andrebbe della mia reputazione."

***************

"Come sta andando?" chiese Nicolaus al suo sottoposto cogliendolo in un momento in cui era rilassato.

Greg alzò le braccia al cielo: "Lo puoi vedere: riesce a reggersi in piedi, cammina, mangia…qualcosa. "un sospiro di disapprovazione interruppe il discorso "A volte c’è e a volte non c’è con la testa, anzi, sono più le volte che sembra in un altro mondo e allora nel suo corpo rimane la bestia. Per me serve cibo fresco, non quella schifezza preconfezionata".

Il diacono sorrise: "Bene. Vado a prendergli da mangiare"

"Capo, posso andarci io."

Nicolaus scosse il capo biondo in segno negativo: "Intanto portalo nelle mie stanze"

 

La luna quella sera era scura, la stanza era nelle tenebre e nel mezzo un grande letto a baldacchino. Le lenzuola vennero spostate da un movimento deciso e dal mucchio si alzò il capo biondo, poi gradatamente l’intero busto sino a sedersi sul letto in ginocchio, mentre con la mano accarezzava la schiena di Lot ancora occupato a succhiare con voracità la donna sotto di lui. Il confessore produceva un insolito rumore, quasi volesse allontanare possibili pretendenti al cibo. Nicolaus era perso in quella visione, aveva un che di demoniaco e lo eccitava oltre misura. Magari il confessore avrebbe preferito un uomo per cibo, ma in quei momenti la sua coscienza s’era come assopita lasciando fuoriuscire la bestia, l’istinto dei vampiri. Il sangue fresco che entrava nel corpo del giovane iniziava a fare prodigi restituendo alla pelle del vampiro l’elasticità e la freschezza persi alcuni mesi prima. Nicolaus sapeva che il suo era un gioco perverso in cui poteva perdersi se non fosse stato attento, ma era così dolce quella perversione…

Nonostante più di una volta il confessore avesse manifestato il proprio dissenso ad una relazione con lui, quel continuo rifiuto e la possibilità, ora , di potersi riscattare lo riempirono di sicurezza, la sicurezza di poter gestire la faccenda a proprio piacimento. Perso in mille pianificazioni, mosse, contro mosse e strategie ritornò alla realtà quando, con un profondo sospiro liberatorio, Lot concluse il sostanzioso pranzo lasciandosi poi scivolare sulle lenzuola accanto al cadavere.

E’ in estasi

Nicolaus gli si avvicinò a gattoni fino ad essergli sopra spinto dall’irrefrenabile desiderio di osservare da vicino lo stato di grazia in cui il giovane versava. Lot aveva ancora le labbra sporche di sangue e quell’odore saturava la stanza in cui si trovavano, un odore inebriante per un vampiro. Vinti gli indugi il diacono si chinò sopra il giovane, gli leccò le labbra assaporando il prezioso nettare e pulendo quel corpo da ogni traccia scarlatta dal collo , dal torace, mentre l’altro ancora inerte giaceva con occhi vacui. Ritornò a fissare l’attenzione verso la bocca semiaperta e non resistette a baciarlo con passione infilando la lingua in quella provocante fessura e cercando la sua lingua. La reazione non si fece attendere e dopo pochi istanti si trovarono avvinghiati con le mani curiose e frementi in ogni parte del corpo solo che se mentre i movimenti di Nicolaus erano ricercati e voluti quelli di Lot andavano a casaccio, istintivi e privi di grazia. Un certo disagio lo pervase forse alimentato dal senso di colpa. Il diacono con forza si sottrasse a quell’abbraccio, fissò ansimante Lot, fissò quegli occhi vacui, di un verde spento, di gran lunga lontani da quel colore brillante e vivo di quando era perfettamente cosciente: di Lot, su quel letto, rimaneva solo la bestia.

Non così!

Urlò la sua mente e trascinò con fatica il corpo fuori dall’alcova mentre questo voleva concludere la prestazione lungamente agognata. Chiuse la porta del bagno dietro di sé e accontentò le esigenze del proprio corpo; quando finì l'orgasmo, in collera con se stesso, infilò il proprio corpo sotto l’acqua fredda. I suoi pensieri andavano a Lot e alla sua coscienza, cosa avrebbe mai pensato Lot di lui, se avesse approfittato della situazione per congiungersi carnalmente con lui? Lo avrebbe odiato ed era ciò che non voleva.

Sto proprio cambiando. Di solito gliene importava poco o nulla di ciò che pensavano i suoi amanti, tutto si muoveva ed era pensato per appagare unicamente i suoi desideri. Indossato l’accappatoio uscì risoluto fuori dal bagno e dalla camera da letto non degnando di uno sguardo il letto per paura di avere ripensamenti sulla decisione che aveva appena preso.

Chiamò Greg a gran voce, subito il sottoposto arrivò.

"Greg" disse "organizzami subito un viaggio per il Giappone e contatta la principessa Kokiden**. Dille che sono grato per il suo invito e accetto con gioia di soggiornare per qualche tempo nella sua dimora"

"Così d’improvviso?" obbiettò Greg.

"Non mi contraddire!" lo sgridò irritato.

******************

Passarono i giorni e le notti tra continue riunioni ed incontri, presentazioni e discussioni che portarono ad una risistemazione degli appannaggi delle varie famiglie vampire del settore orientale, dopo l’ondata di vampirizzazione che aveva portato al controllo dell’intero settore economico asiatico. Erano trascorsi alcuni mesi dalla sua partenza quando il diacono Nicolaus, ora Gran Maestro del Consiglio, tornò in Italia. Durante la sua assenza Greg aveva provveduto a gestire gli interessi del Clan in Europa e ad occuparsi della guarigione di Lot nonostante Nick Sander e Caterina, il nuovo Gran Maestro dei Mastini, facessero il diavolo a quattro per riaverlo. Durante quei mesi i progressi di Lot erano un continuo crescendo e la sua presenza nella villa non era più mal vista , era diventato una sorta di collega per i suoi sottoposti anche se una volta completamente guarito sarebbe ritornato nei suoi ranghi.

I suoi fedeli furono felici del suo ritorno, appena varcò la soglia della villa si prodigarono affinché non avesse nulla di cui preoccuparsi tranne riposare dopo il lungo viaggio con l’aereo privato. Dopo i saluti di rito e le informazioni sulle novità chiese a bruciapelo: "Come sta il confessore?".

I sottoposti si guardarono negli occhi, poi finalmente uno di loro si decise a parlare: "Veramente, capo, Lotus è tornato a casa sua qualche settimana fa…"

Nicolaus si alzò dalla poltrona di scatto sorprendendo i presenti e con una tale espressione in volto da far temere per la testa della sprovveduto informatore: "Perché non me lo avete detto prima?!" urlò, e quello con voce tremante rispose: "La villa dei mastini si trova a un chilometro da qui, capo, e adesso Lot dovrebbe essere nella cucina grande insieme a Greg."

Non se lo fece ripetere due volte e si precipitò nell’altra ala della villa. Dalla tromba delle scale si udivano delle fragorose risate. Il vampiro scese con passo veloce sino alla porta della cucina grande, come spalancò la porta i due occupanti interruppero i propri movimenti come pietrificati. Tra lo stupore dei presenti entrò sbattendo la porta dietro le sue spalle.

"Signori, mi dispiace d’aver interrotto i vostri discorsi, prego continuate pure" disse con voce ferma.

Greg balbettò: "Ca…capo?!". Mentre Lot si riebbe dalla sorpresa e si limitò ad un formale: "Buona serata Eccellenza, c’è ancora del caffè caldo nella moka, ne gradisce un po’?"

E’ ritornato il solito Lot, constatò con una certa amarezza e subito si rilassò: "Volentieri a patto che tu smetta di chiamarmi Eccellenza."

"E come dovrei chiamarla allora?" rispose Lot con un’espressione caricata volgendo la domanda contemporaneamente a Nicolaus e Greg cogliendoli entrambi di sorpresa "Non posso più chiamarla Diavolo di un Diacono oppure Maledetta Lucertola, non le pare?"

Greg si coprì gli occhi con una mano.

Nicolaus guardò Greg in cerca di spiegazioni: "Maledetta Lucertola?"

"Io NON c’entro" rispose il sottoposto.

"E’ solo uno dei tanti nomignoli con la quale la chiamavo..." proseguì Lot con fare burlesco "… ma ora che è Gran Maestro del Consiglio non lo posso più fare" e si mise a versare il caffè nella tazza.

Nicolaus non sapeva se doveva ritenersi offeso e quindi arrabbiarsi, oppure , nella seconda ipotesi, rimanere ad ascoltare le spiegazioni di Lot: "Ma lucertola…è proprio brutto."

Lot fece spallucce:" Questione di punti di vista: alla lucertola gli si può togliere la coda, ma questa ricrescerà." E porse la tazzina piena ad uno stupito Nicolaus.

"Lucertola perché mi rinnovo sempre"

"La sua mente è contorta…" fece il sottoposto per sdrammatizzare la situazione.

"No, calma…" lo interruppe Lot col sorriso sulle labbra "Se dobbiamo parlare di contorti e perversi , qua dentro io sono l’unico che si salva!"

Greg scoppiò a ridere: "Ma sentilo!"

"Perché, vorresti negarlo?" e gli occhi del confessore si fecero piccoli ed indagatori "Vuoi forse che racconti a sua Eccellenza di te e delle tre monachelle di Monza?"

Ora Greg assomigliava ad un peperone rosso.

Nicolaus si piegò in due dalle risate a quella vista.

"Non crediate di essere tanto santo pure voi vostra Eccellenza…"

"Come sarebbe a dire?" chiese ridendo " La lista è lunga, da che parte vuoi cominciare? "

"Beh! Non è che mi ricordo bene, più che altro è la sensazione di essere chiusi in una crisalide e non poter uscire fuori …"

"Che cosa stai cercando di dire?" chiese ancora ridendo.

"Mentre non ero cosciente hai abusato di me?"

Silenzio. Greg era immobilizzato sulla sedia, incredulo. Nicolaus si irrigidì, evidentemente Lot ricordava qualcosa di quella notte.

"No." Rispose secco "Non sono andato oltre." E aggiunse "Me ne sono andato via proprio per evitare di farti del male."

"Perché…"scosse la testa "Non riesco a capirti…con tutti i cortigiani che ti ronzano attorno."

"Lo conosci già il perché." Era evidente sin dall’inizio della sua relazione con Polly che mirava ad avere entrambi i fratelli.

"Sei davvero un essere ignobile…non provi neanche rimorso per quello ke è successo a Pandora."

"Vuoi smetterla di ritenermi responsabile? Non sono io che ho ucciso Polly e tua madre!" scoppiò esasperato da quella colpa ke Lot gli attribuiva, quasi fosse stato lui materialmente a compiere il delitto.

Con uno slancio felino Lot lo prese per il collo della camicia e quasi stava per infierire quando venne fermato da Greg che lo tenne da dietro. Il volto del confessore si riempì di lacrime.

Nicolaus non reagì, limitandosi a fissare gli occhi verdi dell’altro, continuò: "Quando eri agonizzante mi hai scambiato per Nick e hai detto che era stato Grey ad uccidere tua madre e Polly.

"Tu…Tu…"

"Tu e Pandora siete figli illegittimi di Lucia, non è così?"

"Tu non sai cosa hanno fatto a Polly…e tutto per colpa tua. Non sarebbe mai successo se tu avessi evitato di giocare con i sentimenti degli altri." gli tremò la voce "Quanto ti detesto…."

"Allora dimmelo! Dimmi cosa le hanno fatto!"

"Quella stupida l’ha chiamata puttana e loro…Per l’inferno!"

Nicolaus spalancò gli occhi aveva afferrato le parole non dette. Nella sua mente i tasselli vennero collegati uno all’altro ed il discorso cominciò a farsi più chiaro: "La morte di Gray non è stata un incidente…"

Un sorriso beffardo, in contrasto con gli occhi rossi animò il volto del confessore: "Chissà…"

"Come avete fatto…Avete permesso che i cacciatori lo uccidessero!"

"La prima regola dei mastini è difendere i vampiri dai diurni, ma è anke vero ke nessun vampiro uccide un suo simile, solo i diurni lo fanno."

"Quello ke ha fatto Nick è molto grave….anke se Grey era colpevole, lui doveva salvarlo"

Lot rise "Dimmi, Nicolaus, Lord Grey se fosse rimasto in vita avrebbe ricevuto la condanna della Cenere?"

Silenzio

"No, non l’avrebbe ricevuta, come non l’ha ricevuta Charlotte per il suo tentativo di uccidermi, semplicemente perché è nobile…"

"Lot io…"

"Lascia stare Nick, ha perso amante e figlia tutte in una volta, è già questa una punizione."

Nicolaus deglutì :" Già, avete sofferto abbastanza…tutt’e due."

"Beh, credo sia ora di tornare a casa." Poi aprendo la porta di servizio si rivolse per l’ultima volta a Nicolaus "Ricorda che io non ricambio quello che provi per me"

 

 *****************

 

"Per di qua!" urlò Uriel correndo lungo il corridoio ed infilandosi nella seconda rampa delle scale.

Li avevano alle calcagna.

"Dove sono Michele e gli altri?" chiese ansimante Dany stringendo il libro sgualcito che avevano appena sottratto ai vampiri.

Uriel la prese per un braccio e iniziò a tirarla, stava rallentando il passo: "Corri Dany! Corri!"

"Abbiamo Nicolaus dietro di noi!" urlò a Uriel esasperata "Dov’è Michele?!"

Entrarono dentro un salone che aveva al lato opposto altre rampe di scale, non fecero in tempo a raggiungerne il centro che dovettero arrestare il passo.

"No!" urlò Dany "Siamo bloccati."

Una figura vestita di scuro era scesa proprio da quella rampa di scale che intendevano raggiungere

"Calmati" insistette Uriel e fissò il vampiro dai penetranti occhi verdi, quando nel salone piombò Nicolaus attorniato da vari mastini.

Uriel rivolse ancora lo sguardo verso il vampiro che gli ostruiva il passaggio, uno sguardo supplichevole che venne accompagnato da un sussurro.

Aiutaci…

"Mi pare che non abbiate via di scampo…" disse il Gran Maestro dei Diaconi e si arrotolò le maniche della camicia blu. Sembrava il gatto che si appresta a mangiare il topo.

La situazione non era delle migliori, la presenza di Nicolaus complicava le cose, il problema era salvare Uriel e compagna e contemporaneamente evitare che il Consiglio dei Diaconi venisse a conoscenza delle attività parallele del patriarcato, ma come fare? Non poteva assolutamente lasciare quei due in balia di Nicolaus, aveva giurato di proteggere la sua famiglia, non poteva permetterlo.

Lotus fece un cenno col capo, a quel segnale codificato i mastini lasciarono la sala e chiusero la porta dietro le loro spalle.

"E questo che significa?" chiese uno stupito Nicolaus.

"Possibile che debba averti continuamente tra i piedi? Cominci a scocciarmi, questa è la casa dei mastini mentre la tua sta ad un chilometro da qui, oppure hai intenzione di piantare una tenda in giardino?"

"Non sarebbe una cattiva idea ma preferisco il tuo letto"

"Fa ‘n culo! Come se sapessi dove dormo." Rispose Lot rabbioso.

"Che cosa hai intenzione di fare con questi due?"

"Cazzi miei."

"Sono sensibilmente commosso…allora, cos’hai intenzione di fare?"

Era inevitabile, doveva giocare sporco.

"Chi è il coglione che ha avuto questa grande idea?" sbraitò Lot contro Uriel.

Nicolaus sgranò gli occhi.

Uriel tentennava tremante.

"Allora?" insistette Lotus.

" Mi…Michele"

Lotus sbuffò: " Che ha intenzione di fare: il novello Pedro?" poi appoggiò la mano al fianco "Sapete quel’é la sorte per coloro che infrangono le leggi di caccia…." Osservò Uriel poi Nicolaus poi ancora Uriel "Di a tuo padre che prepari una lapide per lui…"

"Tu lo conosci?" chiese incredula la collega del giovane ammazza vampiri, ma Uriel non le rispose "Perché lo conosci?" ed Uriel si limitò ad un "Sta zitta per favore".

" Ci hai traditi…tu ci hai traditi!" E lo schiaffeggiò con le lacrime agli occhi.

"Fa star zitta quella gallina. Sono già incazzato come una belva, perlomeno quando decidete di fare bravate come questa potreste accertarvi che io non abbia tra i piedi una palla del genere …"ed indicò il diacono "…o avete forse intenzione di svenarmi?"

"Lotus che diamine…" si agitò il diacono ma non fece in tempo a finire la frase che la parete retrostante si animò di vita propria e come fornita di fauci si avventò contro di lui immobilizzandolo alla parete.

Si sentì soffocare.

"Taci e non ti farà del male". Lotus lo aveva preso alla sprovvista, era un evocatore molto potente.

Nicolaus fece un grosso sospiro dominando la sorpresa iniziale e tentò di neutralizzare l’incantesimo che aveva animato la parete con una contro magia di annullamento, ma non ottenne nulla.

"E’ inutile che tenti. Non hai ancora capito che non sono una fattucchiera da quattro soldi?"

Ha sangue di patriarchi nelle vene! Rifletté all'istante ed un certo timore si insinuò nella mente: Ha intenzione di uccidermi?

Lot allungò la mano verso i due cacciatori

"Il Libro deve tornare al suo posto."

Uriel tolse l'oggetto conteso dalle mani di Dany e lo porse a Lot.

"Bene" il libro galleggiò per qualche istante nell’aria e poi si smaterializzò "Ora è dove doveva rimanere. Bene, visto che sono furioso vi do solo due minuti per portare il vostro culo fuori da qui il più velocemente possibile prima che cambi idea "

"E lui?" chiese candidamente Uriel riferendosi a Nicolaus.

"Uri! " lo sgridò "Vuoi iniziare a correre o preferisci che ti sculacci come quand'eri piccolo?!"

Al giovane cacciatore tremarono le gambe dall'effetto che gli fecero quelle parole  e con prepotenza trascinò Dany, incapace di capire, con se fuori dalla sala.

Il rumore dei loro passi echeggiava per la tromba delle scale e le vibrazioni si percepivano anche sul pavimento antico della sala, appena non udì più la loro presenza nell'edificio si diresse verso Nicolaus quasi del tutto inglobato nella parete ad eccezione del capo. Arrivato a quasi due passi da lui rise, sinceramente, di un riso liberatorio.

"Immagino che se urlassi… nessuno dei mastini verrebbe ad aiutarmi, vero?" concluse il biondo vampiro con una smorfia di delusione.

"Io li proteggo i vampiri come te…" e gli diede due leggeri buffetti sulla guancia "Ma non posso permetterti di uccidere uno dei miei parenti, tutto qui."

"Vuoi dire che mi lascerai andare?" quasi urlò per la sorpresa, già si era preparato al peggio, c'era della compassione nel modo di agire di Lot, la cui origine gli rimaneva oscura.

"Certo! E ti dirò di più…" un sorriso diabolico si disegnò sul bel volto pallido " Quando ti libererò corri a denunciarmi per tradimento al Gran Consiglio dei Patriarchi e già che ci sei di loro che possiedo i poteri oscuri di un Patriarca coi quali ti ho contrastato e ho salvato due cacciatori nostri acerrimi nemici. "il sorriso si allargò "Fallo e ti prenderanno per pazzo". Una strana luce, sinistra, illuminò i suoi bellissimi occhi verdi.

"Non essere ridicolo…." Nicolaus aveva difficoltà a respirare "…i patriarchi non sono stupidi, hanno buoni metodi per appurare la tua vera natura"

"Dici?" l'altro rispose divertito "Sono più di duecento anni che li prendo in giro. Vedi, a me dei vostri ranghi , delle vostre distinzioni di classe, non me ne frega niente, né mai me n'è fregato qualcosa, l'unica cosa che voglio è essere libero, libero di portare a termine la mia missione."

E' questo il vero Lotus? Una serpe covata in seno?

"Quale missione?"

Lot gli si avvicinò ancora di più: "Custodire i vampiri e proteggerli." Sorrise ancora "Nel mucchio sei incluso pure tu, ma prima di lasciarti andare intendo prendermi una rivincita su di te."

"Che significa?!"

"Non ho mai incontrato un pretendente così ostinato, talmente ostinato da farmi perdere le staffe, quindi, siccome non ti posso picchiare perché ho il dovere morale e materiale di difenderti, ricorrerò ad una vendetta più sottile."

"Stai delirando"

Lotus si allontanò di qualche passo e il pavimento sotto di lui si animò alzandosi e cristallizzandosi in una forma concava, il confessore ci si sedette sopra.

"Da bambino, ricordo, avevo un maestro intensamente deciso ad insegnarmi il latino tanto da farmi imparare a memoria alcuni testi famosi, fra questi quello che odiai di più e odio tutt'ora è Pro Milone. Dato che non puoi tapparti le orecchie perché hai le braccia momentaneamente bloccate ho deciso di vendicarmi leggendoti tutta l'opera."

"Tu sei un pazzo!"

"Sarà il Consiglio dei Patriarchi a dirlo e se fossi in te starei ben attento a quello che dico…Suvvia iniziamo:

Etsi vereor, iudices, ne turpe sit…"

"Non farai sul serio!" urlò stavolta esasperato.

"Ti ho mai detto una cosa per un'altra?"

 

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*: marito di Luisetta e figlio maggiore di Luca.

**: crudele personaggio di Genji Monogatari