DIES IRAE!
Fiction originale di gusto horror influenzata dai films "Blade" e
"Intervista col Vampiro".
Seriamente sconsigliata ai cardiopatici ^___^ e ai soggetti
sensibili.
Buona Lettura
Ken Hidaka
Capitolo V
Affari
di famiglia
Erano
accerchiati!
Quegli
esseri infami non potevano più sfuggire.
"Signori,
dove volete andare?" chiese Michele ironicamente mentre toglieva la
sicura dalla mitraglietta "E' l'ora del dessert, non vorrete lasciarci
proprio adesso?"
Uriel
da uno dei terrazzi finì di tessere la barriera, delle gocce di sudore gli
rigavano la fronte :"Smettila Michele!", lo rimproverò, "Non
è il caso di fare dell'umorismo!"
"Cos'hai
Uriel: te la sei già fatta sotto?" sbottò l'altro.
Com'era
cambiato Michele in quei mesi.
"La
morte non è cosa da prendere alla leggera!" lo rimbeccò il giovane dai
capelli ricci. Per fortuna erano in una delle zone rosse, quelle ad alto
pericolo di stabilità destinate alla ristrutturazione, per cui i palazzi
erano privi di abitanti.
Dany
si affacciò dal tetto e fece il segnale: il resto della combriccola stava
arrivando.
Le
esche piagnucolavano impaurite tenendosi strette le une alle altre: erano
cinque giovani vampiri di basso rango che senza un briciolo di furbizia si
erano fatti beccare in flagrante mentre approfittavano di alcune vittime. Era
stato così facile pizzicarli, troppo, era questa facilità che preoccupava
Uriel. Di solito un nuovo vampiro
veniva sempre accudito dal suo creatore, ma questi, questi erano privi di
guida, lasciati quasi volutamente randagi.
“Ma
dove sono andati a finire?” la domanda proveniva da una calle adiacente alla
piazzetta, erano vicini.
“Li
ho visti correre di qua…” rispose uno col fiatone, stavano correndo.
“Ahaaa
quelli nuovi sono un disastro, sono bravi solo a combinare casini e poi
noi ci andiamo di mezzo”
“Aspettate
che li abbia tra le mani e vedrete se non li faccio cambiare zona!”
I
tre vampiri piombarono nella piazzetta.
Si
guardarono attorno stupiti.
“Siamo
nella merda!” commentò uno vedendo Michele torreggiare sul
terrazzino di fronte con in mano l’arma.
Il
biondo li accolse con un sorriso “Siete in ritardo…”
e dicendolo aprì il fuoco.
Ci
fu un fuggi fuggi generale dei nemici, ma erano come topi messi in trappola,
la barriera di Uriel non permetteva loro di uscire da lì. Fu allora che gli
ultimi arrivati, complice la fioca luce emanata
dai pochi lampioni, si arrampicarono sulle pareti dei palazzi vuoti, quasi
fossero ragni, uscendo dalla visuale dei cacciatori, mentre gli altri , uno ad
uno, perivano sotto il fuoco incessante.
Dany
si guardò attorno: “Dove sono finiti! Michele li vedi?”
“Li
hai persi?!” rispose l’altro.
“Merda!”
sbottò lei inforcando gli occhiali a infrarossi “Dove sono finiti!” guardò
ancora con foga attorno alla sua
postazione dalla quale poteva dominare l’intera piazzetta ed alcuni edifici
circostanti. Il forte vento di bora le impediva di sentire l’odore dei
fuggiaschi. “Non li vedo…” si disse piena d’angoscia.
Un
urlo squarciò l’aria.
“Urieeel!”
urlò lei di rimando con tutto il fiato che aveva in gola. Il cacciatore
giaceva sul terrazzo costretto da uno dei fuggitivi che sembrava maneggiare
un’arma.
“Non
toccarlo…BASTARDO!” dicendolo estrasse
dalla cintura la sua pistola.
“Dany
no….!” Urlò a sua volta Michele : la donna era troppo lontana, rischiava
di colpire anche il compagno.
Esplose
qualche colpo.
Un
proiettile d’argento penetrò
nelle carni del vampiro provocando la dissoluzione dell’essere, mentre
l’arma che brandiva cadde a terra, il tintinnio rimbombò tra le pareti
degli edifici.
Uriel
non accennava a rialzarsi.
“Urieeel!”
Dany urlò ancora, e poi ancora, ma da lui nessuna risposta. Al colmo della
preoccupazione lasciò la postazione e si diresse con passo incerto
verso il terrazzo dove si trovava il compagno caduto. Scivolò pian
piano sulle tegole dei tetti finché con un balzo fu da lui.
Si
tolse gli occhiali “Uriel” e
girò il corpo sdraiato dell’uomo verso di sé.
C’era
sangue dappertutto.
“Che
cosa ti ha fatto…” soffocò
un grido quando Uriel ancora vivo, col volto bagnato di lacrime e
sangue, le mostrò il braccio
destro. “Dev’essere scivolata di sotto” sussurrò il giovane trattenendo
a fatica gli spasmi del dolore. Quel braccio era privo della mano,
probabilmente tagliata dal grosso coltello che gli giaceva a fianco..
Michele
atterrò vicino a Dany: “Come
sta?”
La
donna lo fissò negli occhi: “
Dev’essere giù “.
Le
mascelle del biondo si irrigidirono: “Vado a prenderla, intanto fallo
alzare: ce ne torniamo a casa e lì vedremo il da farsi”
Squillò
il campanello.
“State
tranquilli vado io ad aprire, saranno di certo loro”, padre Elia sparì
chiudendo dietro di sé la porta e lasciando Paolo e Uriel soli nella
stanza.
Il
più anziano in piedi sospirò, stava guardando Uriel, o meglio, il braccio
fasciato del giovane: “Te la
riattaccheranno”, lo consolò.
“Tsk!
Anche se me la riattaccano non sarà mai come prima… rimarrò storpio” e
con un movimento del bacino si sistemò meglio
sulla sedia dove era seduto.
Due
occhi verdi spuntarono dall’uscio quando padre Elia aprì il portone della
canonica.
“Ciao
Joy.” Il prete fece un grande sorriso. “Vieni sono di là”
“Aspetta,
non sono solo, c’è anche lei” disse l’uomo che sotto il cappotto scuro
portava le divisa da infermiere. Dietro di lui comparve
una donna dai lunghi capelli castani raccolti sulla nuca.
Elia
donò un altro sorriso “Paolo sarà contento di vedervi tutt’ e due”. Li
fece entrare.
Un
rumore di passi veloci invase il corridoio dove i tre stavano sostando.
“Michele,
che succede?”
L’uomo
si arrestò appena vide gli ospiti : “Niente Elia , il vescovo mi vuole a
Treviso”, fissò il giovane
infermiere, erano passati alcuni anni, ma non sembrava avvertire i segni del
tempo, “Ciao Roberto”.
“Don…
Michele” rispose l’altro
facendo un cenno col capo, c’era dell’ironia nel suo saluto.
“Cosa
ci fai qui?” balbettò il cacciatore. Ma che razza di domanda!
Era stranamente teso.
Padre
Elia e la donna, costernati, si scambiarono alcune occhiate nel tentativo di
capire la situazione.
L’infermiere
esibì la valigetta che teneva in mano “Mi hanno chiamato
e sono arrivato” rispose con tono sicuro: sapeva che la sua presenza
lo turbava, doveva evocargli antiche colpe.
“Ma…ma
tu non sei più a Venezia.”
“Infatti”
lo rimbeccò l’altro “Adesso sto all’Umberto I*
e devo darmi una mossa dato che c’è,
qui, qualcuno che ha bisogno di noi”.
“UH…già,
e io devo andare dal vescovo” Si era scoperto oltre misura, probabilmente
aveva insospettito Don Elia, sarebbero piovute domande inopportune. Eppure era
stato purificato dalla confessione, perché si sentiva ancora in
difetto?
“Arrivederci...padre”
“Arrivederci
Roberto…signori”, si congedò
e uscì dal portone.
“Roberto?”
chiese padre Elia mentre si avviavano nel corridoio.
“E’
il mio attuale nome da diurno”
La
donna gli tirò la manica del cappotto “Non mi dirai che ti sei portato a
letto un prete?”
“Non
sapevo avesse preso i voti” si difese l’infermiere.
Elia
arrestò il passo “Che cosa?”
“Tu
non hai sentito niente!”
I
tre entrarono nella stanza.
“Felice
di vederti Joy” lo accolse Paolo.
“Lollo…”
Joy poi guardò Uriel ” speravo di potervi vedere in altre circostanze” si
sfilò il cappotto e lo appese, mentre la donna che lo seguiva appoggiò il
suo su una delle sedie vicine al ferito.
Aveva
chiamato Paolo, Lollo?
Un susseguirsi di domande presero forma nella mente di Uriel. Chi sono
queste persone? La donna gli si avvicinò. Indossava un completo di un
anonimo color sabbia, il tipico abbigliamento di chi lavora in ufficio. Era
forse il medico?
“Per
le porte dell’inferno…quanto sei cresciuto Uriel” esordì la donna con
fare amorevole.
Per
le porte di che?
Si chiese sempre più stupito.
Paolo
si voltò di scatto con le mani avanti “Per favore zia, non bestemmiare qua
dentro”
Zia?
“E’
da almeno un mese e mezzo che non lo vedi, non sono mica anni.” obbiettò
l’infermiere.
Una
smorfia si disegnò su quel volto femminile “Quanto sei spiritoso…ti pare
che mi metto a guardarlo durante le missioni?” Era una domanda che non
pretendeva risposta.
Quali
missioni? Era forse una cacciatrice?
Il
giovane dagli occhi verdi mise la
valigetta sopra il tavolo appoggiato alla parete “Che diamine vi è saltato
in testa a te e ai tuoi amici…tuo padre non ti ha forse detto che non devi
cacciare i vampiri di rango?! “ brontolò, ma più che a lui, pareva
rivolgersi indirettamente a Paolo. Ma cosa ne sapeva lui? E soprattutto chi
era? “Poteva andarti molto peggio” aprì la valigetta “Ti sei
scontrato con degli aspiranti mastini”. Come fa a saperlo: era forse lì?
Il
padre di Uriel si sedette “Che hai la dentro?” era nervoso, i due ospiti
stavano mettendo troppa carne sul fuoco, troppe domande ne sarebbero seguite e
forse non cerano risposte sufficienti per soddisfarle.
Sorrise
ironico “Ago e filo” e tirò fuori delle corde.
Paolo
lo guardò stupito.
“Come
cazzo vuoi che riattacchi la mano a Uri se non sta fermo” rispose alla
tacita domanda con voce alterata, in verità la sorte di Uriel sarebbe potuta
essere tragicamente diversa.
Uri?
Quand’era bambino c’era qualcuno che lo chiamava così, ma chi?
“Come
hai intenzione di riattaccargliela?” insistette Paolo, era agitato, aveva
forse intenzione di usare una magia arcana proprio all’interno della
canonica?
Il
giovane scosse ancora i capelli corvini, marcando con questo gesto il suo
disappunto sui continui dubbi dell’altro “E’ sempre uno della famiglia,
ha pur sempre il nostro sangue”
Era
forse un parente?
Uriel fissò Paolo con sguardo interrogativo.
Il
volto dell’infermiere divenne rosso di rabbia “Lollo…Lollo glielo hai
detto di me e di Polly vero?” fece con voce grossa, ma
Paolo abbassò gli occhi “Lollo! Meriteresti..ahaaa…meriteresti che
ti sculacciassi come quand’eri bambino!” Uriel lo guardò esterrefatto “
Cosa avresti fatto se…” continuò l’infermiere “se un giorno sua
moglie avesse partorito uno come noi…cosa gli avresti detto. Forse…” mutò
intonazione verso un registro più acuto “Sai figliolo siccome discendiamo
da vampiri può capitare ogni tanto che nasca un babybat”
Uriel
si protese in avanti incredulo, quasi gli mancava il respiro “Cosa?... papà!”
“Zio
per favore…” Paolo si mise la mano sulla fronte.
“Allora
glielo dici si o no?”
L’uomo
si schiarì la voce, suo zio lo aveva messo alle strette, ma da dove iniziare?
Di certo il figlio lo avrebbe odiato per questa mancata confessione “Può
capitare che alcuni vampiri possano avere figli da degli esseri umani…”
“Guarda
che la storia dell’ape e del fiore la sa già!” sbraitò ancora l’altro.
“Lotti
smettila!” intervenne Polly per far tacere il fratello, ormai aveva perso le
staffe e col suo comportamento comprometteva lo stesso nipote.
“Circa
200 anni fa…” iniziò Paolo cercando di stare tranquillo “... nacquero
due gemelli: uno era vampiro l’altro diurno, noi discendiamo da
quello diurno. Zio Joy…Lotus è quello nato vampiro, così ti
basta?” si rivolse allo zio, ma in realtà non aveva il coraggio di guardare
suo figlio negli occhi.
“E
mia madre è il capo dei mastini.. .” concluse Lotus, poi rincarò
“Quanto sono arrabbiato con te Lollo ho una voglia di picchiarti”
“Lotti
smettila di blaterare e riattaccagli la mano, spicciati che l’alba è vicina
ed io non posso sopportare la luce del sole” Polly tagliò corto
altrimenti la storia sarebbe continuata ancora, poi sorrise al nipote che
crucciato tentava di sciogliere il bandolo della matassa “Io sono nata una
novantina di anni dopo, ovviamente da padre diverso, è un vampiro”
L’infermiere
sospirò, la sorella aveva ragione, dovevano finire prima dell’alba.
“Dov’è la mano?” ora la voce era più tranquilla.
“Eccola”
Don Elia che fino ad allora aveva atteso pazientemente in un angolo porse una
scatola di metallo, una vasca criogenica in miniatura.
Lotus
l’aprì e con naturalezza ne trasse la mano col pollice
e con l’ indice, quasi incurante del freddo “Mhmm… come faccio a
riattaccargliela se è ancora gelata?!” pareva ironico.
Nel
frattempo Polly prese le corde e legò al nipote mani e piedi rispettivamente
ai braccioli e ai piedi della sedia.
“Non
vorrai mica… qua dentro!” obiettò Paolo agitato, Lotus gli rispose con
una smorfia, era un sì “Dovrò far benedire questo posto una volta che
sarete andati via… sacrilegio proprio in canonica!”
L’infermiere
raccolse la mano gelata fra le sue ed accompagnò il gesto sussurrando alcune
parole.
“Soffrirai
un po’” avvertì quando ebbe
finito.
Polly
allora prese un foulard dalla tasca del proprio cappotto, ne fece una palla e
la mise in bocca a Uriel “Stringi forte”. A quelle parole il giovane
contrasse i muscoli mascellari.
Al
semplice tocco della mano di Lotus il braccio monco, privato delle bende,
ricominciò a sanguinare e col sangue ricominciò il dolore. La mano
tolta fu rimessa al suo posto e nella zona del taglio si sprigionò un forte
calore. Fu in quel momento che accadde il prodigio. Il sangue sembrò animarsi
di vita propria e libero dalle leggi fisiche si riappropriò della carne persa
saldando la mano al braccio. Uriel credeva di non farcela: tutto quel
dolore… strinse ancora forte
gli occhi e la bocca.
Brevi
attimi, poi il dolore all’improvviso svanì.
“La
senti? Prova a muoverla” gli
disse il vampiro sorridendo fiducioso.
Dalla
punta delle dita si diffuse un formicolio fino ed oltre, là, dove c’era
stato il taglio. Uriel annuì. Provò a contrarre i muscoli ed i tendini si
irrigidirono muovendo le dita, pianse di gioia “Grazie” disse fra i
singhiozzi.
“Di
che? Un piccolo aiutino, dopotutto sei vampiro solo in parte” disse
l’altro mentre infilava le corde nella valigetta, quindi continuò “Lollo
vedete di non crearci ulteriori problemi, già ce la dobbiamo vedere con
Nicolaus e Grey, specialmente Grey, non vorrete mettervi in mezzo pure voi con
queste bazzecole e con i vostri fanatici!”
Polly
si infilò il cappotto, non vedeva l’ora di andarsene, l’odore
dell’incenso proveniente dalla stanza attigua le dava la nausea.
“I
fanatici sono affar mio, tu piuttosto, che cosa succede con Nicolaus e quel,
come si chiama, Grey?” Paolo si alzò.
“Nicolaus
sta facendo il diavolo a quattro per potenziare i mastini: vuole che i nuovi
vampiri si diffondano a macchia d’olio…” Lot seguì la sorella.
Nicolaus
stava infilando il naso in cose che non lo riguardavano, per
sorvegliarlo si era reso necessario instaurare
un rapporto d’amicizia col suo sottoposto, Gregory che,
specialmente negli ultimi tempi, stava dando buon esito. In definitiva Gregory
era un buon affiliato col vizio
però di avere la lingua troppo
lunga e ciò favoriva la loro causa.
“Non
capisco…”
“Mhmmm…semplicemente
lui vuole creare il caos tra i diurni, il lupo ha la meglio sulle pecore
impaurite.”
Il
sogno di ogni vampiro di rango era stabilire il dominio dei Signori della
notte.
Il
cacciatore si massaggiò il mento “Potrebbe essere un’arma a doppio
taglio”
“Non
lo sarà se le misure di sicurezza saranno preventivamente allertate e di
questo se ne occupa il Baden: stanno facendo pressione sul Consiglio dei
Patriarchi e indirettamente sulla nonna per l’aumento dei mastini,
vorrebbero fosse funzione del
Consiglio dei Diaconi reclutarli.
Ma ignorano che l’inserimento di nuovi adepti è sempre problematico,
bisogna saggiarli prima di introdurli ai grandi misteri e alle regole di
caccia…le regole di caccia devono essere assolutamente mantenute”
“Su
questo non ci piove, ma Lucia che ha intenzione di fare?”
Il
vampiro si abbottonò il cappotto “I Patriarchi non hanno alcuna intenzione
di cedere… oh, concederanno qualcosa di poca importanza, ma in definitiva
faranno muro: non butteranno al vento secoli di accordi, giunti a questo
stadio sarebbe pura follia. E così Lucia continuerà il gioco che ha fatto
finora.”
“E
quel Grey che centra in tutto questo?”
“Il
caro Lord Grey?…” Era la spina nel fianco del Patriarcato, costituiva un
serio pericolo “Il caro Lord
Grey fa parte della vecchia guardia, quella che ha paura delle novità,
arroccata nei pregiudizi di classe e mal sopporta Nicolaus
e pure il Baden se per
questo. Nicolaus perché si fa beffe delle nostre regole sociali, come le
distinzione di rango e Lucia perché rifiuta di appoggiarli. Auspicano
all’antica gloria, ma in realtà sono dei relitti”
“E
noi siamo pochi…” Paolo borbottò pensieroso
ragionando sul da farsi.
“Voi
cacciatori…certo, è per questo che temo i fanatici” rimise il dito nella
piaga. Gli ultimi tempi avevano visto un proliferare di incidenti tra vampiri
e cacciatori presunti tali che potevano aprire le porte ad un lotta senza
quartiere.
“Ti
ho già detto che di loro me ne occupo io”
“E
ti occuperai dei cacciatori governativi americani?”
Altro
problema: l’inserimento di nuovi giocatori nel delicato sistema tra diurni e
vampiri rischiava di compromettere i vecchi accordi, la nascita di nuovi e
l’esistenza delle regole di caccia.
“Di
questa cosa se ne sta informando il Vaticano” Paolo si passò la mano fra i
capelli, gli americani facevano orecchie da mercante, ma al contempo volevano
che il Vaticano si sbottonasse sulle questioni come l’addestramento dei
cacciatori e l’arte evocativa.
Era palese che volevano produrre una loro versione di cacciatori, però
fino ad ora difettavano per qualità.
“I
cugini americani sono in fibrillazione per la loro comparsa sulla scena…”
Lot sospirò”… fammi sapere qualcosa appena hai notizie” quindi i due
ospiti si congedarono.
Don
Elia chiuse il portone.
“Perché
non gli hai detto dei fanatici?” rimproverò Elia.
“E
che gli dovevo dire?” rispose Paolo “ Che Pedro ha assunto il controllo di
una squadra di cacciatori e si comporta come fosse la Santa Inquisizione? Che
in più è protetto da alcuni cardinali?” sbuffò “ Se vuole infrangere le
regole lo faccia, ma se lo fa, la sentenza è la morte e di certo non saremo
noi a dargliela…”
“Papà…”
lo interruppe il figlio che li aveva seguiti fin lì.
L’uomo
si girò verso di lui “Le domande fammele una alla volta…”
(continua...)
*Umberto I: nome
dell’ospedale di Mestre.
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