DISCLAIMER: i personaggi appartengono al sensei Takehiko Inoue ad eccezione di meccanici ed ingegneri che sono frutto della mia fantasia.

NOTA I: Rukawa è a tratti OOC ma, ve lo assicuro, è fuori di testa per una valida ragione!! ^^'

NOTA II: sicuramente per molti di voi la parte introduttiva sarà inutile e soprattutto noiosa, per questo vi chiedo scusa, ma non sono riuscita a resistere alla tentazione di farmi anche io un giro completo in sella alla moto nera...

DEDICHE: questa è per te, Mel, perché ho avuto la fortuna di scoprire che parlare con te è incredibilmente piacevole... proprio come leggere le tue straordinarie Fic ^_-

RINGRAZIAMENTI: ovviamente ringrazio Silene_beta_capo ma anche Naika che con una sua mail mi ha ispirato l'ambientazione della storia.



Detective

parte IV

di Chikara



La moto nera, senza contrassegni né sponsor, correva veloce mordendo l'asfalto della pista.
Ryota Miyagi, nonostante il problema alla gomma posteriore, aveva già percorso dieci giri lanciati, trovando tutte le traiettorie migliori, ed ora che si avvicinava il lungo rettilineo era pronto ad affrontare il suo giro veloce sotto l'attenta analisi degli ingegneri e dei meccanici.
Accucciato dietro al cupolino, il pilota tirò tutte le marce fino alla sesta e, facendo sbattere la lancetta del contagiri fino a quattordicimila, arrivò alla folle velocità di trecentotrentasei chilometri orari.
Il dosso, situato alla fine del rettilineo, celava ai suoi occhi il resto della pista ma, grazie alla sua esperienza, sapeva perfettamente cosa lo aspettava e si preparò ad affrontarlo.
Uscì dunque dalla carena e, ignorando il vento che lo investiva con violenza, si attaccò 'prudentemente' ai freni. Effettuò la scalata importante che dalla sesta marcia lo portò alla prima e, a cento chilometri orari, affrontò il tornante più lento del tracciato, piegando così violentemente la moto che l'orizzonte davanti ai suoi occhi si inclinò a tal punto da sembrare verticale.
Miyagi uscì dalla prima 'S' con una traiettoria leggermente esterna, ma il breve rettifilo che seguì gli diede la possibilità di riguadagnare il lato destro della carreggiata per impostare al meglio l'entrata alla seconda chican, composta da due curve con un repentino cambio di direzione che lo fecero uscire a centocinquanta chilometri orari.
Senza perdere per un istante la concentrazione, Miyagi riuscì tuttavia a constatare che la parte 'guidata' del circuito era finalmente terminata e che con la curva successiva si apriva finalmente la sua preferita: quella veloce.
Dopo un paio di pieghe relativamente semplici, il motociclista sentì un brivido d'eccitazione serpeggiargli lungo la schiena e istintivamente capì che il punto topico del circuito era finalmente giunto: due curve veloci, entrambe a destra, che facevano rimanere tutti i piloti del mondo senza respiro per almeno un paio di secondi.
Quando si avvicinò il cordolo della prima la pendenza della pista cambiò e cominciò una salita piuttosto accentuata; a quel punto Miyagi toccò il freno per caricare maggiormente l'avantreno e, chiudendo l'angolo di sterzo a terra, la moto riuscì a curvare più facilmente.
Dopo il breve rettilineo gli occhi del ragazzo, incredibilmente scuri per la concentrazione, scorsero la seconda curva e le sue labbra si piegarono in uno sfrontato ghigno di sfida.
Molti piloti la consideravano una delle più difficili di tutto il mondiale: in salita, in contropendenza, e di raggio variabile; in pratica non se ne vedeva il termine fino a che non la si era impostata del tutto e, alle alte velocità con cui veniva percorsa, era tutt'altro che rassicurante.
Miyagi Ryota però l'adorava, come ogni altra sfida che richiedeva la massima bravura e una buona dose di follia.
Affrontando anche quella piega alla massima velocità, per non essere costretto ad accelerare bruscamente in uscita e quindi rischiare di perdere il controllo, il pilota si produsse in una spettacolare derapata, che per un attimo fece tenere il fiato sospeso a tutti i tecnici che l'osservavano attentamente attraverso i monitor.
Passata quella scarica di adrenalina, che aveva fatto vibrare con furore il suo intero sistema nervoso, il ragazzo buttò giù una marcia affrontando un'altra curva piuttosto lenta, che percorse tutta quanta sul cordolo per tenere il gas completamente spalancato e fiondarsi così sull'ultima 'S' del tracciato, che rischiò quasi di farlo impennare a causa del troppo alleggerimento della parte anteriore della sua moto.
Senza pensare minimamente a quella piccola sbavatura, Miyagi si apprestò ad effettuare la staccata decisiva, quella finale, che lo portò a fronteggiare l'infinito tornante leggermente in discesa e, aprendo il gas con regolarità per venire fuori il più velocemente possibile, a spararsi verso la striscia del traguardo.

Arrivato ai box Miyagi affidò la moto ad uno dei meccanici e, non appena si fu tolto il casco, imprecò seccato: “Maledizione, ho perso un sacco di tempo!”
“Io non direi!” dichiarò l'ingegnere che aveva cronometrato il suo giro veloce “Uno. Cinquantadue e uno è un buon tempo. Ma perché sei rientrato ai box così presto?”
“Perché mi avete montato una gomma posteriore difettosa!” rispose bruscamente il giovane “Dopo nemmeno dieci giri la sentivo consumata come se ne avessi fatti venti!”
“Va bene ma adesso calmati Ryochan.” lo tranquillizzò il signor Shuei Takamasu, capo ingegnere del team e manager personale del pilota “Occorreranno solo pochi minuti per ripristinare l'assetto della moto!”
“Sì scusami Shuei-san” si calmò il giovane pilota “ma avevo trovato un bel ritmo e mi è dispiaciuto interromperlo per una stupidaggine!”
“Certo, ti capisco. Ma non ti preoccupare, hai ancora cinque mesi di prove davanti, prima dell'inizio del mondiale, il tempo non ti manca.”
Miyagi sorrise all'ingegnere e andò a sedersi sulla sua postazione nell'attesa che i meccanici terminassero il loro lavoro, mentre Takamasu si avvicinava agli uomini che si muovevano come laboriose formiche attorno alla moto da corsa.
“Accidenti, la gomma posteriore è un vero disastro!” constatò ad alta voce “Lo farò immediatamente presente alla casa di produzione.”
Ma proprio quando l'ingegnere stava per allontanarsi il capo tecnico Konoyashi richiamò la sua attenzione su un pezzo della moto.
“Guardi qua signore...”
Takamasu si piegò per vedere meglio il punto indicatogli fra il serbatoio e il carburatore ma, non vedendo niente di particolare, si voltò verso l'uomo con aria interrogativa.
“Provi a toccare il tubo che collega la pompa alla valvola per l'ingresso della benzina nel carburatore” spiegò il meccanico perplesso.
Takamasu eseguì anche quella richiesta e i suoi occhi si sgranarono quando il tubicino si staccò con una facilità estrema.
“Lo abbiamo trovato così signore” continuò l'uomo accanto a lui “e la fascetta che lo teneva stretto alla valvola non c'era!”
L'ingegnere rimase a riflettere per alcuni minuti, dopo di che disse piuttosto tranquillamente: “Con molta probabilità le insolite vibrazioni provocate dalla gomma hanno danneggiato ulteriormente una fascetta già difettosa. Controllate accuratamente il resto della moto prima di far partire Ryota ma non ditegli niente.”
“Va bene signore.”
E mentre i meccanici si lanciavano in un'interminabile polemica riguardo all'inadeguatezza dei materiali forniti ai team satellite, Takamasu si spostò nel suo ufficio per fare una telefonata ad un vecchio amico.



L'appartamento era completamente immerso nel silenzio. Le finestre chiuse lasciavano fuori i rumori molesti del traffico, e le tende tirate non permettevano ai deboli raggi del sole morente di entrare e incendiare l'aria con il loro caratteristico colore arancio.
Avvolto da questa atmosfera ovattata, Kaede se ne stava sprofondato sulla sua poltrona con lo sguardo fisso sul televisore senza audio, come un antico sciamano indiano che guardasse intensamente le fiamme del fuoco sacro per entrare in trance.
“Kaede hai assunto qualche sostanza stupefacente, per caso?”
Sendoh era arrivato a casa di Rukawa da alcuni minuti, ma il collega non si era nemmeno accorto della sua presenza, continuando a fissare lo schermo come se fosse la cosa più affascinante di questo mondo.
“Mi spieghi che c'è di così interessante in queste pubblicità?” domandò Akira senza ricevere la minima risposta “Ok, vediamo!”
Senza aggiungere altro si accomodò nel divano accanto all'amico, aspettando con pazienza che le reclame terminassero, e solo quando vide la passerella illuminata dai potenti riflettori colorati comprese perfettamente l'atteggiamento di Kaede.
Da tre settimane, infatti, Hanamichi era partito per Milano - emozionato come mai in vita sua di sfilare per le firme più famose dell'alta moda - lasciando solo il povero volpino a languire per la sua mancanza.
“Guarda Ru!” gridò improvvisamente Akira entusiasta “Quello è Hana, oddio in questo momento lo sta vedendo tutto il mondo e... Kami è bellissimo!!”
Il rossino era uscito per ultimo e, dopo una breve attesa all'inizio della passerella, aveva preso a sfilare con la sua andatura naturale ed elegante che si contraddistingueva da quella artefatta dei modelli mediocri.
Un lungo e morbido spolverino di panno cotto nero svolazzava in maniera fluida attorno alle forme decise del ragazzo, mentre l'ampio cappuccio copriva quasi completamente i suoi vivaci capelli rubino. L'unico alamaro abbottonato al centro del torace nudo non era sufficiente a nascondere la sua pelle dorata e liscia, e lo stesso valeva per i muscoli lievemente scolpiti del suo petto e del suo addome, che andavano inevitabilmente a deliziare la vista dei numerosi spettatori assieme ai suoi pantaloni di jeans, i quali avevano una vita bassa estremamente sensuale anche se ricadevano ampi senza una forma precisa lungo tutta la gamba, formando decine di piccole pieghe sopra i lucidi anfibi di pelle nera.
Con la tipica bellezza di una nobile e maestosa fiera Hanamichi procedette guardando dritto davanti a sé fino alla fine della passerella, dove con calma studiata sollevò le mani per abbassare il cappuccio, facendosi ammirare per qualche istante dagli sguardi artificiali delle macchine fotografiche e da quelli ampiamente ammirati degli spettatori, quindi se ne andò con lo stesso ammaliante fascino con cui era apparso.
Sendoh si riprese dall'emozione quando la fiammante chioma dell'amico scomparve dallo schermo televisivo e, alzandosi dal divano, dichiarò: “Bene, adesso che ho la certezza che non sei diventato matto posso anche andare!”
Il ragazzo guardò sconsolato Kaede e aggiunse: “Ma che parlo a fare, tanto tu non mi ascolti, ti lascio un biglietto... Spero che per le nove di questa sera la sfilata sia terminata, abbiamo un nuovo incarico e il cliente ci aspetta al pub di Hisashi.”
Akira scrisse tutto sul messaggio e se ne andò lasciando in pace il suo strano collega.


Quando Kaede entrò nel tranquillo locale fu subito salutato da uno dei camerieri che, senza aspettare la domanda del detective, si voltò verso il bancone per indicargli i due uomini seduti ad esso.
“Ben tornato fra noi!!” lo accolse Sendoh con il suo sorriso beffardo “Stavo giusto dicendo al commissario che forse avremmo dovuto rinunciare alla tua presenza per questa sera.”
“Mh.”
“E così hai visto la sfilata di mio figlio!” appurò con una certa invidia Sakuragi “Come se l'è cavata?”
“Bene” rispose freddamente il detective.
“Andiamo, solo bene?!?” esclamò Akira alzando la voce “Ma se eri in completo stato catatonico!”
“Mi hai chiamato qui solo per fare da spalla alle tue buffonate?!” lo freddò Kaede, con un tono troppo acido anche per il suo carattere scontroso.
“Ahi ahi...” intervenne allora Mitsui, porgendo una birra al nuovo arrivato “La lontananza del rossino si fa sentire sempre di più! Io vi consiglio di lasciarlo in pace.”
“Non siamo qui per perdere tempo, Rukawa.” spiegò il commissario per cambiare discorso “Questa mattina ho ricevuto una telefonata da un mio vecchio amico. È un ingegnere meccanico, dirige uno dei team satellite del Honda e da qualche anno è il manager di Ryota Miyagi.”
“Il pilota?!” chiese sorpreso ed eccitato il barman.
“Proprio lui.”
“E cosa voleva da lei questo suo amico?” domandò con voce piatta Kaede.
“Non lo so di preciso” confessò l'uomo senza problemi “teme che il suo pupillo sia in pericolo però, non essendone certo, non vuole sollevare troppo polverone, così si è rivolto a me per avere un consiglio.”
Gli uomini restarono in silenzio a sorseggiare le loro birre, ma pochi minuti dopo nel pub entrò un uomo magro, di media statura, con i capelli brizzolati che si guardava intorno con una certa ansia.
“Eccolo finalmente” biascicò Rukawa, alzandosi assieme agli altri per andargli incontro.
“Sakuragi!” quasi gridò l'ingegnere nel momento in cui riconobbe il vecchio amico “Accidenti quanto tempo!”
“Già, una vita” lo salutò a sua volta il commissario “ma sono contento di rivederti. Vieni, accomodiamoci ad un tavolo, così possiamo parlare senza essere disturbati.”
I quattro uomini si sedettero in un angolo appartato del locale e Sakuragi si affrettò a fare le dovute presentazioni.
“Come vi ho detto questo signore è il mio vecchio amico Shuei Takamasu, loro invece sono Kaede Rukawa e Akira Sendoh, due dei miei più fidati collaboratori. Visto che non vuoi coinvolgere la polizia ho chiesto loro di darmi una mano.”
“Lieto di conoscervi signori” dichiarò l'uomo, chinando leggermente la testa.
“Il piacere è tutto nostro Takamasu-san” lo salutò a sua volta Sendoh per entrambi.
“Bene, se non hai nulla in contrario io andrei subito al sodo!” espresse il suo parere il commissario.
“Certo!” approvò in pieno l'amico, che si mise subito a raccontare “Questa mattina Ryota aveva una sessione di prove molto importanti al circuito di *** poco distante dalla città. Ha percorso apparentemente senza problemi undici giri di pista, dopo di che è rientrato ai box, dichiarando di avere dei grossi problemi alla gomma posteriore. Effettivamente già da una prima occhiata la ruota presentava un'usura eccessiva per i giri che aveva compiuto, quindi siamo stati costretti a cambiarla per permettere al pilota di riprendere il suo allenamento. Quando però i meccanici hanno controllato l'assetto della moto hanno notato una cosa davvero insolita: il tubo che dalla pompa del serbatoio va al carburatore era praticamente staccato - mi è bastato una leggerissima pressione delle dita per estrarlo dalla valvola - e la fascetta che lo tiene fissato completamente sparita.”
“E non potrebbe essersi staccata accidentalmente?” lo interruppe Sakuragi con la sua domanda.
“È quello che ho detto ai meccanici per non destare sospetti…” rispose concitato l'ingegnere “Ma è davvero impossibile. Questo genere di cose avvengono solo nelle moto vecchissime o a seguito di un impatto violento e diretto, ma mai e poi mai nelle moto da corsa! Se non siete completamente a digiuno di meccanica, immagino voi sappiate che cosa sarebbe accaduto se per caso quella gomma non fosse stata difettosa e Ryota non fosse stato costretto a rientrare ai box molto prima del previsto...”
“Il tubo si sarebbe staccato da solo” intervenne Kaede mantenendo la sua aria distaccata “la benzina sarebbe fuoriuscita e subito dopo si sarebbe incendiata a causa delle scintille prodotte dalle candele, facendo esplodere il serbatoio, l'intera moto e con essa il pilota che la guidava.”
“Esattamente” confermò l'ingegnere con meno calma “e a questo punto non so proprio che cosa fare, se mi rivolgessi ufficialmente alla polizia il team si bloccherebbe per mesi e il nostro lavoro andrebbe in fumo miseramente, ma l'ultima cosa che voglio è rischiare la vita di Ryota!”
“Ha detto che i meccanici non sospettano niente, vero?” lo interrogò improvvisamente Sendoh.
“Io non ho fatto parola con nessuno di loro dei miei sospetti” rispose Takamasu “quelli più svegli non avranno accettato la mia spiegazione ma dubito che comunque abbiano pensato ad un tentato omicidio!”
“E tu perché hai pensato subito a questa ipotesi drastica?” si informò il commissario.
“Perché venerdì scorso Ryota mi ha detto che stava per essere investito da una grossa jeep - una Toyota se non sbaglio - mentre veniva al circuito con la sua moto. Ovviamente al momento non ci ho fatto caso, pensando che si trattasse di un semplice incidente, ma dopo quello che ho visto questa mattina non ne sono più tanto sicuro!”
“Lei conosce Miyagi piuttosto bene?” lo interrogò ancora Kaede.
“Sì, gli sto accanto da quando era un ragazzino di sedici anni, lo conosco come se fosse mio figlio.”
“E sa dirmi se c'è qualcuno che avrebbe motivo di fare del male al suo pilota?”
“Assolutamente no!” dichiarò con sicurezza l'uomo “Nell'ambiente di lavoro non ha problemi con nessuno, né con gli altri piloti né con la squadra con cui lavora, e normalmente è un ragazzo tranquillo. Il suo obiettivo è di vincere il mondiale anche nella categoria GP quindi si concentra molto sulle corse, evitando più possibile la vita mondana.”
“Per quanto riguarda la sua famiglia?” continuò con le domande Kaede.
“Normale anche quella. I suoi genitori sono molto orgogliosi di lui e seguono con attenzione la sua carriera...” poi, prevenendo la domanda successiva del giovane seduto davanti a lui, aggiunse “E se pensa ad un possibile conflitto per il denaro le assicuro che è impossibile: sono proprio i genitori ad amministrare le sue alte entrate!”
“Bene! Non ho altre domande” concluse Rukawa e, vedendo che anche Sendoh non aveva da aggiungere altro, continuò: “Ci lasci un po' di tempo per decidere come meglio agire, le faremo sapere qualcosa al più presto.”
“Lei intanto non dica niente a nessuno” ordinò gentilmente il detective dai capelli a spazzola “nemmeno a Miyagi! Se dobbiamo intervenire, per noi sarà più facile lavorare in un ambiente privo di qualunque sospetto.”
“D'accordo, farò come dite” li salutò l'uomo alzandosi a sua volta dalla sedia “ma spero di risentirvi presto perché sono molto preoccupato per Ryota!”
“Non si preoccupi signor Takamasu” lo rassicurò Akira “se tutto va bene ci risentiremo domani mattina.”

Usciti dal locale i detective non impiegarono molto tempo a raccogliere le informazioni necessarie per verificare la sincerità delle parole di Takamasu e, avuta la conferma che cercavano, si diressero a casa di Sendoh per discutere i dettagli di quel nuovo, interessante caso.
“Allora cosa ne pensi?” domandò Akira sedendosi sul divano con la sua tazza di caffè in mano.
“Nh, poiché la famiglia è al momento insospettabile, restano solo due piste possibili!” mormorò Kaede, appoggiandosi al davanzale della grande finestra.
“Già: un fanatico o un conflitto all'interno del suo team o di uno avversario. Io però propenderei per la seconda.”
“Anche io.” confermò con sicurezza Kaede “Se si fosse trattato di un fanatico il suo gesto estremo sarebbe stato preceduto o seguito da lettere o messaggi per informare tutti quanti della sua esistenza. Miyagi e Takamasu non hanno ricevuto niente del genere, altrimenti ne saremmo stati informati.”
“In ogni caso non possiamo escludere niente.” continuò Akira, seguendo il medesimo filo logico del collega “Sappiano che il manager non ci ha mentito, ma può averci tenuto nascosto qualcosa e l'unico modo che abbiamo per scoprire la verità è infiltrandoci.”
“Mh... questa volta non è così semplice!” borbottò Rukawa soprapensiero “Nessuno di noi ha i requisiti minimi per giustificare la nostra presenza in un box di corse motociclistiche!”
“Noi no, ma conosco una persona che fa al caso nostro…” dichiarò Akira con un sorriso soddisfatto “Ti sei dimenticato che Hisa faceva parte di un bosozoku* quando era un ragazzino?! Si occupava personalmente della sua moto e di quelle dei compagni; è veramente in gamba, non farà nessuna fatica a confondersi fra i meccanici del team...”
“Potrebbe essere rischioso!” constatò l'amico.
“Beh lasciamo scegliere lui!” affermò Sendoh quando sentì aprirsi la porta di casa.



Mitsui arrivò al circuito di *** puntuale il mercoledì mattina all'ora stabilita con Takamasu che, accompagnandolo nel cuore dei box - l'officina - lo presentò immediatamente al resto della squadra.
“Bene gente lui è Takeshi Konno” ovviamente l'ingegnere usò il nome fittizio di Hisashi, come gli era stato espressamente chiesto dai due investigatori “il nuovo meccanico di cui vi avevo accennato l'arrivo.”
Seguì una lunga carrellata di presentazioni, al termine della quale Takamasu pregò i suoi uomini di tornare al lavoro, mentre assieme a Mitsui si recò nel suo ufficio con la scusa delle ultime formalità burocratiche per la sua assunzione.
“La ringrazio...”
Ma un gesto brusco del barman lo zittì.
Takamasu guardò stupito il giovane uomo scrutare tutti gli angoli del suo ufficio, analizzando ogni singolo oggetto che era sulla scrivania, sulle mensole o sulla grossa scaffalatura alle loro spalle, finché non lo sentì dichiarare con un tono di voce molto basso: “Sono stati i miei amici a dirmi di controllare affinché non ci fossero microspie!”
“Microspie?!” strepitò il manager tradendo un certo nervosismo “Chi potrebbe essere interessato a sapere cosa avviene nel mio ufficio?”
“Mi dispiace signore io non la posso aiutare” rispose con voce piatta Mitsui “non sono del mestiere, sono solo lo strumento che Rukawa e Sendoh useranno per avere delle informazioni.”
“Questo me lo hanno già detto ma credo di non aver capito pienamente le loro intenzioni!”
“In genere sono loro stessi che si infiltrano, ma in un ambiente simile non saprebbero proprio come muoversi quindi hanno mandato me.” spiegò velocemente Mitsui, proseguendo subito dopo con una domanda.
“Secondo lei che cos'è quest'affare che porto all'orecchio sinistro?”
“Un tappo per attutire i rumori dell'officina!”
“È quello che tutti crederanno ma in realtà è una piccola ricetrasmittente che mi terrà in costante comunicazione con loro.”
“E il microfono?” obbiettò prontamente l'ingegnare.
Mitsui abbassò di poco il collo del maglione e, mostrando con quel gesto un innocuo ciondolo, terminò la sua spiegazione: “In questo modo i miei amici sentiranno ciò che sento io e attraverso le mie descrizioni, vedranno ciò che vedo io.”
“Perfetto!” dichiarò pienamente soddisfatto l'uomo “Conto sul suo aiuto.”


Intanto, in un'auto parcheggiata a poche centinaia di metri dall'autodromo, i due detective se ne stavano tranquillamente seduti ad ascoltare e vedere ciò che accadeva all'interno dei box.
“E bravo il mio Hisakun!” esclamò Sendoh esaltato “Ne ha piazzata un'altra!”
Mitsui nella sua breve ma esauriente spiegazione aveva tralasciato, volutamente, un piccolo particolare: le microcamere.
Con la scusa del controllo ne aveva messe due all'interno dell'ufficio di Takamasu e, quando era uscito da lì per cominciare il suo lavoro, aveva fatto lo stesso con l'officina, la sala dati, la postazione del pilota, non tralasciando nemmeno i locali meno frequentati come l'infermeria e la piccola sala riunioni.
“Ha fatto un buon lavoro.” constatò Rukawa, osservando i piccoli riquadri in cui era suddiviso lo schermo del computer ai quali corrispondevano le diverse microcamere “Adesso non ci resta che aspettare e vedere come procederanno le cose.”


Le microcamere, sparse in tutto il complesso dei box, permisero ai due investigatori di tenere sotto controllo tutti gli uomini che costituivano il team satellite del Honda. E se l'atmosfera fra i meccanici era distesa e tranquilla, quella fra Takamasu e gli altri ingegneri era piuttosto burrascosa.
Quando Miyagi non era in pista, l'uomo se ne stava chiuso nel suo ufficio per ore, lavorando incessantemente sopra le proprie carte e con il suo computer, ignorando i continui richiami dei colleghi che, fuori della sua porta, restavano inutilmente ad aspettare un permesso che arrivava molto raramente.
Un paio di volte lo avevano visto discutere con Ikezawa, il suo collaboratore più stretto, e anche in quel momento Akira e Kaede stavano assistendo ad un'accesa lite fra i due uomini.
“Peccato che non abbiamo l'audio” mormorò Sendoh mentre cercava di comprendere qualcosa dal labiale.
“Nh…” Fu la semplice risposta di Rukawa concentrato nella stessa operazione.
“Da quanto ho capito, Takamasu sta tenendo nascosto qualcosa ai colleghi” si azzardò a formulare la sua ipotesi Akira “ma poiché non sono degli stupidi se ne sono accorti e cercano di far parlare il capo!”
“Già, ma di che si tratta?”
“Non ne ho la più pallida idea” ammise Akira, lasciandosi andare contro il sedile dell'auto “magari sta solamente lavorando per il suo gruppo.”
“Allora perché lo tiene nascosto ai colleghi?” obbiettò prontamente Kaede “E perché ieri, quando Hisashi ha fatto riferimento a possibili microspie nel suo ufficio, si è agitato tanto?”
“Beh stiamo a vedere!”


Quando la sera Miyagi lasciò il circuito, Rukawa scese velocemente dalla macchina.
“Non appena mi sarò assicurato che è tutto tranquillo, tornerò a darti il cambio!” promise il volpino, prima di mettersi all'inseguimento del pilota.
Senza farsi notare, lo scortò fino all'appartamento in cui abitava, rimase a sorvegliarlo dal giardinetto fino alle undici passate, dopo di che lasciò la vigilanza in mano alla pattuglia che il commissario aveva messo a disposizione del loro caso.
“Sei arrivato giusto in tempo!” esclamò Akira, vedendo l'amico accomodarsi nuovamente di fianco a lui nella sua auto “Guarda un po' cosa abbiamo qui!”
Sendoh picchiettò con il dito sul riquadro del monitor corrispondente all'ufficio di Takamasu, e Kaede notò immediatamente l'ingegnere in compagnia di un anziano signore completamente estraneo al team.
“La faccenda inizia a puzzare di bruciato!” mormorò Rukawa con tono piatto ma con una strana luce negli occhi che tradiva la sua eccitazione.
Per l'ora successiva i due uomini rimasero a studiare le medesime carte che avevano trattenuto Takamasu per tutto il giorno, e più passava il tempo più l'ingegnere assumeva un atteggiamento agitato e a tratti addirittura esaltato. Quando infine la misteriosa riunione ebbe termine, l'uomo ripose tutto il materiale cartaceo in una piccola cassaforte accanto alla scrivania e, subito dopo aver spento il computer, accompagnò il vecchio alla sua macchina.
“Addio nottata tranquilla!” borbottò Akira, spostando il portatile dalle sue ginocchia “Seguo il nonnino finché non avrò scoperto qualcosa sul suo conto, tu ce la fai a non addormentarti?”
“Nh” mugolò Kaede senza prestare ascolto a quella provocazione.

Rukawa trascorse le due ore successive nella calma più assoluta poiché, dopo l'uscita di scena di Takamasu e dello sconosciuto, nessuno disturbò più la profonda quiete dei box.
Sperando che al collega fosse toccata una sorte migliore, Kaede sbadigliò profondamente e per non rischiare di addormentarsi estrasse il cellulare satellitare dalla tasca della giacca, compose velocemente un numero e restò in attesa.
“Pronto, Kitsune, che sorpresa! Ma che ci fai in piedi a quest'ora? Da te saranno appena le quattro!”
Il detective si crogiolò al suono vivace e argentino della voce del suo ragazzo, rimanendo per alcuni istanti in silenzio, prima di rispondere: “Sto lavorando ad un nuovo caso ma in questo momento sto sorvegliando un ambiente molto tranquillo.”
“Hai visto la sfilata di lunedì?” domandò emozionato il rossino.
“Sì…”
“Allora, che hai pensato?”
“Che mi manchi da morire e che ti voglio al più presto qui” dichiarò con una voce tanto profonda e decisa da far scorrere un brivido lungo la schiena di Hanamichi.
“Ka... Kaede!” balbettò il modello, sorpreso di sentire una confessione così sincera e diretta da parte della sua fiera Volpe.
“Di cosa ti sorprendi?” domandò Rukawa divertito.
“Io credevo... sì insomma pensavo che il tuo orgoglio non ti avrebbe mai fatto dire una cosa del genere!”
“Do'aho!” lo riprese dolcemente la Volpe “In un uomo l'istinto di sopravvivenza è mille volte superiore dell'orgoglio! Non chiederesti dell'acqua se dopo aver camminato per giorni nel deserto tu incontrassi una carovana di beduini? Non supplicheresti un po' d'aria se all'improvviso ti ritrovassi chiuso in un'angusta stanza senza porte né finestre?”
“Kaede mi stai spaventando!!” scherzò il rossino per cercare di resistere alla sensazione strana che quelle parole gli avevano scatenato nel petto.
“Non dovresti” mormorò morbidamente Kaede “ti sto dicendo che per me sei come l'acqua e come l'aria e se non ti riavrò al più presto sono sicuro che impazzirò!”
“Sei un bastardo Kitsune!” ringhiò improvvisamente Hanamichi “In questo momento vorrei prendere un aereo e raggiungerti solo per spaccarti quel tuo adorabile muso da Volpe. Adesso come pensi che io possa riuscire a concentrarmi sulla prossima sfilata, che oltretutto non ci sarà prima di quindici giorni!!”
“Faresti un viaggio così lungo solo per prendermi a pugni?”
“Smettila!”
“Io impiegherei molto meglio il mio tempo ad esempio ti...”
“Ti prego Ru” lo implorò stanco il modello “se continui a parlarmi in questo modo io non ce la faccio a starti lontano ancora per così tanti giorni!”
“Scusami” si affrettò a tranquillizzarlo Kaede quando sentì il suo tono di voce diventare così orribilmente triste “ho esagerato. È vero che mi manchi molto ma pensa al tuo lavoro, ok?”
“Mh” mugugnò Hana non molto convinto.
“È la tua occasione, Do'aho, smettila di piagnucolare e datti da fare!”
“Francamente Kitsune... sei proprio impossibile!!” sbottò Hanamichi con una grinta tutta nuova.
“Buonanotte” lo salutò il moro sorridendo soddisfatto.
“Buona giornata!” ricambiò il saluto il ragazzo dall'altra parte del mondo “Ti amo.”
E con quelle ultime, deliziose parole ancora nella mente, il detective chiuse la comunicazione e tornò a dedicarsi completamente al suo lavoro.


Kaede lasciò il suo appostamento quando, la mattina presto, iniziarono ad arrivare i primi meccanici fra i quali Mitsui. Avrebbe ceduto a lui il compito di tenere sotto controllo la situazione, permettendo in questo modo alla sua mente e al suo corpo di riposarsi un po'.


Qualche ora dopo, durante la pausa pranzo del team, i due detective e Hisashi si ritrovarono in una piccola tavola calda, non lontana dal circuito, per fare il punto della situazione.
“Il vecchietto che ieri si è incontrato segretamente con Takamasu si chiama Kumichi Fujio.” Sendoh iniziò ad esporre ciò che aveva scoperto la notte passata “È una specie di santone nel mondo delle corse motociclistiche. Fino all'anno scorso ha lavorato come progettista di nuovi motori per il team ufficiale del Honda e, come vi ho detto, era tenuto in massima considerazione dal presidente della casa di produzione. Poi però si è improvvisamente ritirato a vita privata.”
“Era coinvolto in qualcosa di illecito?” domandò emozionato Mitsui.
“Alzheimer...” dichiarò il detective, spiegando tutto con quell'unica parola “Al momento la malattia non è ad uno stadio molto avanzato, ma l'uomo ha preferito ritirarsi dal suo lavoro, prima di commettere un errore grave che avrebbe compromesso tutta la sua carriera.”
“Accidenti, una pista cieca!” sbuffò il barman scoraggiato.
“Al contrario” lo contraddisse Kaede “adesso sappiamo quello che sta facendo Takamasu nel suo ufficio...”
“Con molta probabilità l'amico del commissario sta lavorando ad un progetto molto importante” continuò Akira “e il signor Fujio, sicuramente vecchia conoscenza di Takamasu, gli sta dando qualche consiglio in via del tutto ufficiosa.”
“Ok, l'ingegnere sta lavorando a qualcosa di grosso, ma cosa c'entra con il tentato omicidio di Miyagi?!”
“Questo dobbiamo ancora scoprirlo, tesoro!” esclamò Akira per niente abbattuto “Tu invece che puoi dirci riguardo ai membri del gruppo?”
“Niente di speciale” mormorò Mitsui non condividendo l'entusiasmo del suo ragazzo “ha un solo pilota quindi la squadra e molto ristretta, ci sono solamente: sette meccanici, quattro ingegneri - fra i quali Takamasu - e un medico...”
“E che atmosfera si respira?” continuò a chiedere Akira.
“I meccanici sono molto affiatati, oltre ad essere colleghi di lavoro sono veri e propri amici e il loro capo, Konoyashi, è un uomo in gamba: riesce a farli lavorare con serietà e precisione in un ambiente del tutto rilassato, per qualsiasi problema i colleghi più giovani si rivolgono a lui e anche Miyagi gli è molto affezionato. Avete visto anche voi quanto è impegnato Takamasu così, quando non c'è l'ingegnere, la sua figura di riferimento diventa il capo tecnico.”
“E fra gli ingegneri?” si informò Kaede.
“Fra loro la situazione è più complicata” continuò il suo resoconto Mitsui “hanno un rapporto molto tranquillo con i meccanici, ma c'è molta tensione fra Takamasu e i tre colleghi, soprattutto con il vice Ikezawa...”
“Beh immagino che i tre uomini sappiano cosa stia facendo il loro capo e non vogliono restare indietro!” suppose Sendoh.
“Rimane il dottore” affermò Rukawa con la sua solita precisione.
“Beh lui è una figura neutrale” accontentò subito la sua curiosità Mitsui “svolge con professionalità il proprio lavoro, e per questo non ha problemi con nessuno ma non ha particolari rapporti d'amicizia con quegli uomini.”
“Va bene, adesso torniamo al lavoro” li esortò Akira, alzandosi dalla sedia “mancano ancora diversi pezzi del puzzle per completare il quadro!”



La potente moto da corsa si inchiodò di fronte alla saracinesca dei box e fu subito circondata dai tecnici. Ryota si tolse il casco e, nonostante la stanchezza fisica e mentale che quella sessione di prove gli aveva provocato, guardò con un sorriso radioso Nasu, l'ingegnere addetto fra le tante cose al cronometraggio dei suoi giri.
“Allora?” domandò il pilota sicuro di aver fatto un buon tempo.
“Uno. Cinquantuno. Cinque!” gridò esaltato il giovane ingegnere “Ci siamo Ryochan, solo quattro decimi ti dividono dal record!!”
E contagiati dal raggiungimento di quel successo, i meccanici e gli ingegneri si misero subito al lavoro: i primi per revisionare la moto, i secondi per rielaborare i dati che i sensori e i vari dispositivi avevano rivelato per tutto il tempo che il mezzo era stato in movimento.

“Bene bene, e così fare visite notturne alla tua moto invece che alla tua donna, porta veramente dei vantaggi!” dichiarò con enfasi uno dei meccanici rivolgendosi a Miyagi che, seduto in una comoda sedia di tela, guardava gli uomini lavorare, bevendo il suo integratore vitaminico per recuperare le energie perse durante i giri di prova.
“Non urlare, scemo, vuoi che ti senta il capo?!” lo riprese il giovane pilota, guardando preoccupato in direzione di Takamasu e gli altri ingegneri.
“Dici davvero!” intervenne inaspettatamente Mitsui, che non voleva lasciar cadere nel vuoto quell'importante questione “Miyagi ha l'abitudine di intrufolarsi nei box di notte per stare con la sua piccola?!”
“Certo, lo ha fatto anche la settimana scorsa” confermò Konoyashi mentre sostituiva prontamente la ruota con una nuova.
“Uffa, io non vedo proprio che cosa ci sia di male!” borbottò Ryota dalla sua postazione “I fantini, una settimana prima di una prova importante, vanno a dormire con i loro cavalli, perché io non posso farlo con la mia moto?!?”
Konoyashi sorrise bonariamente, alzando gli occhi al cielo, prima di rispondere: “Perché per quanto bella e sensuale sia una motocicletta, figliolo, resta pur sempre un pezzo di ferro e anche se tu sprechi ore di riposo per starle accanto, lei non saprà mai provare riconoscenza!”
“Lei non è un pezzo di ferro!” strepitò indignato Miyagi “E voi non potete conoscere l'alchimia che si forma tra un pilota e la sua moto!!”
“Beh ha ragione!” commentò Mitsui, ricordandosi i tempi in cui trascorreva metà giornata in sella alla sua vecchia Kawazaki KZ1000 e l'altra metà a prendersi cura di lei, coccolandola e vezzeggiandola come un'amante esigente.
“Finalmente qualcuno che mi capisce!” sbuffò il pilota con un'aria esageratamente stanca “Questi vecchi barbagianni mi rendono la vita impossibile solo perché non hanno mai guidato seriamente nemmeno una bicicletta!!”
Gli uomini scoppiarono a ridere divertiti dal finto broncio del ragazzo e lo stesso fece Hisashi, prima di continuare con il suo interrogatorio segreto.
“Ma se sai che poi ti prendono in giro, perché non cerchi di farlo di nascosto?”
“Mi hai preso per un ragazzino senza cervello?” domandò Ryota piccato “Di solito non si accorgono mai che la notte sono stato nei box!”
“E allora come avete fatto a scoprirlo l'ultima volta?” si informò Mitsui, continuando a fingere una certa noncuranza.
“Beh diciamo che Ryochan ha commesso un piccolo errore di distrazione.” rispose Kamio, il più giovane dei meccanici “probabilmente è dovuto andarsene in tutta fretta perché al mattino abbiamo ritrovato la moto scoperta!”
“Che altro potevo fare? Avevo sentito un rumore provenire dall'ufficio di Shuei-san!” spiegò il pilota senza problemi “E se il capo mi beccava a 'sprecare' le mie ore di sonno in quel modo il giorno dopo mi avrebbe massacrato con gli esercizi in palestra!”
“E avrebbe fatto bene!” commentò il capo tecnico con la sua aria tranquilla ma severa.
“Uffa siete troppo noiosi, vado a farmi riempire di domande dai miei amici ingegneri!!”
Di nuovo i meccanici si misero a ridere per il buffo atteggiamento del loro pilota, ma questa volta Mitsui non li seguì, limitandosi invece a lanciare un'occhiata significativa ad una delle telecamere che aveva piazzato.


“Che ne pensi?” domandò Akira che dalla sua postazione sicura aveva assistito a tutta la conversazione assieme a Kaede.
“Mh, non lo so” mormorò Rukawa pensieroso “ma il quadro prende sempre più forma.”
“Proviamo ad ipotizzare come sono andate le cose...” propose allora Akira “Qualcuno - non si sa se Takamasu - giovedì notte era nascosto in quell'ufficio per fare qualcosa di non propriamente legale. Vide Miyagi sgattaiolare via dai box con fare furtivo e, temendo che fosse venuto a conoscenza del suo losco proposito, il mattino seguente cercò d'investirlo con una jeep e quando quel piano fallì tentò di eliminare lo scomodo testimone sabotando la sua moto.”
“Mh...” concordò Kaede prima di continuare “ma, da quando stiamo lavorando a questo caso, nessuno ha più cercato di fare del male a Ryota e questo perché il nostro sconosciuto ha capito che il pilota non ha visto niente.”
“E noi cosa possiamo desumere da questa teoria?” domandò Akira per verificare che l'amico avesse seguito il suo ragionamento.
“Che per catturare il nostro uomo stiamo completamente sbagliando esca!”
“Esatto.”
“Per far un po' di luce in questa storia dobbiamo entrare in quella stanza!” affermò Kaede con convinzione “Chi ha tentato di uccidere Miyagi vuole qualcosa che sta là dentro, e noi dobbiamo capire cosa. Sarà quella la nostra esca vincente!!”
“Stasera, quando tutti se ne saranno andati, entreremo in quell'ufficio di nascosto.”
“Mh.”

Era passata da più di mezzora la mezzanotte quando i ragazzi si introdussero furtivamente all'interno delle scuderie che fiancheggiavano la pista. E di sicuro per i due investigatori non fu un problema l'uomo seduto in guardiola che, dopo il loro passaggio, dormiva beato sopra il ripiano della scrivania, ignorando bellamente i monitor che doveva sorvegliare.
Akira e Kaede procedettero con passo sicuro verso lo studio di Takamasu e quando furono di fronte alla porta si fermarono ad esaminarla.
A prima vista non scorsero assolutamente niente di evidente, era in tutto simile alle altre due che si trovavano in quel corridoio e non presentava anomalie di alcun genere, quindi prestarono maggior attenzione alla serratura.
“Non sembra forzata” disse a voce bassissima Akira.
“È una serratura semplice” constatò Kaede mentre si frugava nella tasca della giacca “non è necessario lasciare segni per aprire il meccanismo.”
E con i due semplici ferretti che aveva preso riuscì ad aprire la porta in pochissimi secondi.
“La sicurezza di questo posto lascia un po' a desiderare!” borbottò Akira sorpreso.
“È un team troppo piccolo perché susciti qualsiasi tipo d'interesse” affermò Rukawa entrando all'interno della stanza “per questo ritengono sufficienti il loro sistema d'allarme e la sorveglianza del buon vecchio Azuma.”
“Non saprei proprio dire se è stato più facile disattivare l'uno o l'altro!”
“Mh... sbrighiamoci.”
Dividendosi la stanza, i ragazzi cominciarono a rovistare accuratamente fra le cose di Takamasu così, mentre Sendoh analizzava scrupolosamente i documenti archiviati dietro la scrivania, Kaede si occupava di aprire la piccola cassaforte nascosta dal mobiletto a fianco ad essa.
“Per fortuna che, grazie alle telecamere, abbiamo visto dove è nascosta la chiave e parte della combinazione!” sbuffò il volpino dopo aver scostato il mobile dalla parete “L'ultima cosa di cui avevo voglia questa sera era di fare il dinamitardo folle!”
“Sciocchezze!” lo prese in giro il collega “Scommetto che ti sarebbe divertito far saltare in aria quella chiusura!!”
“In questo momento non sono certo dell'umore adatto per mettermi a fare i conti di quanto C4 occorra per far saltare in aria solo lo sportello e non tutta la parete!”
“Ah già meglio non rischiare” bisbigliò l'altro con un sorriso un po' tirato.
Akira se lo sentiva: se il rossino non tornava alla svelta, avrebbe rischiato la pelle continuando a lavorare con quel volpino impazzito!
Durante la loro 'innocente' conversazione Kaede si era steso prono sul pavimento e, infilando un braccio nel breve spazio che c'era fra la scrivania e il pavimento, iniziò a cercare tastoni la chiave che avrebbe aperto la cassaforte.
“Qui non c'è niente” sbuffò Sendoh, riponendo sullo scaffale l'ultimo archiviatore “una serie di dati che tutti potrebbero ottenere senza difficoltà e degli appunti riguardanti alcune materie di ingegneria meccanica!”
“Beh allora vediamo se saremo più fortunati con questa!” esclamò Rukawa, tirandosi di nuovo in piedi dopo aver recuperato ciò che stava cercando.
La cassetta di sicurezza era un modello molto semplice poiché sullo sportello di metallo presentava unicamente quattro fori atti ad accogliere la chiave: tre stabilivano la combinazione; uno, più spostato sulla sinistra, costituiva la serratura vera e propria.
“La prima è la lettera H...” mormorò Kaede mentre girava la chiave sulla prima toppa “La seconda una R.”
“E adesso divertiti, amico mio.” commentò beffardo Akira “Hai a disposizione trentasei combinazioni!”
Rukawa lo guardò per un attimo con aria torva, poi con tutta la sua freddezza propose: “Facciamo una scommessa, se aprirò la cassaforte al primo tentativo tu mi risparmierai le tue buffonate per i prossimi quindici giorni.”
“E se non ci riuscissi?” domandò divertito il collega.
“In quel caso farò tutto ciò che vuoi.”
“Ok, ci sto!”
Kaede inserì la chiave nell'ultima apertura a disposizione per le combinazioni, posizionò con precisione il segno incavato sulla lettera K dopo di che provò ad aprirla.
“Ma come ci sei riuscito?!” gli domandò incredulo l'amico quando vide lo sportello aprirsi con estrema facilità.
“Tsè” sbuffò la Volpe contrariata “tu continui a non leggere le informazioni che abbiamo sui nostri clienti!!”
“Ma che vuol dire?”
“La moglie di Takamasu si chiama Haruka” spiegò Rukawa “se le prime due lettere della combinazione sono H e R è ovvio che l'ultima è la consonante rimanente di quel nome!”
“Che combinazione banale!”
“E decisamente non è un fatto molto rassicurante per noi!”
“Già, significa che i documenti che vi sono nascosti non sono poi così importanti!” concordò Akira, deluso anche da quel fallimento.
Le loro sconfortanti ipotesi non furono affatto smentite quando i ragazzi andarono ad analizzare il poco materiale cartaceo che trovarono.
“Sono perlopiù disegni e calcoli.” notò Akira, osservandoli attentamente “Hisa mi ha mostrato i progetti passati delle varie case produttrici e questi non hanno niente di nuovo o di diverso da quelli!”
“Sei sicuro?” domandò Rukawa pensieroso “magari ti sfugge qualcosa che per te è insignificante ma che invece ha un'importanza fondamentale!”
“Per chi mi prendi?” borbottò Akira continuando a studiare le carte “ho memorizzato tutto nei minimi dettagli, qui non c'è niente di straordinario!”
“Va bene, fermiamoci una attimo e riordiniamo le idee” disse Kaede mentre la sua mente lavorava veloce per trovare una soluzione “hai controllato il computer?”
“Ma certo, pensavamo a dei progetti cartacei ma fino al momento della realizzazione può stare tutto sul computer!!”
Sendoh si mise subito seduto sulla comoda poltrona davanti al monitor e quando, dopo pochi istanti, comparve il logo del team sovrastato da una finestra con la richiesta di una password, il ragazzo fischiò ammirato.
“Beh amico mio credo che neanche analizzando tutti i dati di questo mondo riusciresti a trovare la combinazione giusta sta volta!”
“Non riesci a fare niente?” domandò Rukawa mentre l'altro digitava velocemente sulla tastiera una serie di comandi.
“No, niente.” rispose rassegnato “Questo sistema di sicurezza non ha niente da invidiare a quello della C.I.A. Siamo sicuramente sulla pista giusta!!”
“Alla C.I.A. però non hanno una guardia che si lascia raggirare come un ragazzino!”
“Che vuoi dire?”
“Pensaci bene” ragionò con calma Rukawa “tu cosa faresti se ti servisse il contenuto di questo computer ma non riuscissi ad entrarvi?”
“Cercherei di portarlo via, per studiarci con maggior calma o... ma sì!!” gridò piano Sendoh come colto da improvvisa illuminazione “Cercherei di clonarlo!”
“Si può fare?” chiese il volpino che al contrario del collega non si intendeva molto di informatica.
“Trovami un cacciavite e vedrai!”
Kaede si spostò lentamente attraverso i corridoi dei box, raggiunse l'officina per recuperare l'utensile richiestogli da Sendoh, e quando passò davanti alla guardia controllò che fosse ancora sprofondato nel mondo dei sogni.
“Dobbiamo sbrigarci, l'effetto del sonnifero svanirà fra poco meno di dieci minuti.” ordinò al suo ritorno mentre porgeva il cacciavite ad Akira.
“Tranquillo, impiegherò solo una manciata di secondi per controllare.”
Velocemente Sendoh svitò il coperchio della tower, appoggiandolo sulla scrivania senza far rumore e dopo una veloce ispezione “Bingo!” esclamò con un'espressione estremamente soddisfatta dipinta sulla faccia.
“Che cos'è?” si informò Kaede riferendosi alla scatola nera -poco più piccola di un pacchetto di cerini- inserita nella scheda madre del computer.
“Questo è quello che stavamo cercando!” dichiarò allegro l'altro “È uno strumento piuttosto sofisticato che consente di copiare tutti i dati che vengono elaborati dal computer, aggirando così il sofisticato sistema di sicurezza che vi è istallato!”
“Bene, allora possiamo pure escludere Takamasu dai sospetti!”
“Già, che motivo avrebbe di clonare il suo stesso computer?” osservò il porcospino con quella domanda retorica “È evidente che siamo di fronte ad un banalissimo caso di spionaggio industriale che però stava per trasformarsi in omicidio!”
“Credo che sia giunto il momento di aggiornare il vecchio amico di Sakuragi!”



Quando i detective entrarono nel pub di Hisashi, la sera seguente, il commissario e l'ingegnere erano già arrivati e li aspettavano seduti entrambi ad un tavolo.
“Buonasera” li salutò Akira per annunciare la loro presenza.
“Salve ragazzi!” li accolse il padre di Hanamichi “Allora, da quello che mi avete detto questa mattina per telefono, ci sono sviluppi!”
“Esatto” confermò Rukawa, lasciando subito dopo la parola al collega.
“Prima di spiegarle cosa abbiamo scoperto, signor Takamasu, lasci che le dia un consiglio: aumenti la sorveglianza del luogo in cui lavora. È completamente inutile costruire una fortezza attorno al software del suo computer quando l'hardware è totalmente esposto alle manomissioni del primo che passa!”
Se Sendoh avesse colpito ripetutamente lo stomaco dell'ingegnere con pugni e calci non avrebbe visto la stessa espressione di panico sfigurare la sua faccia, improvvisamente pallida come uno spettro.
“D... di cosa state parlando?” balbettò Takamasu quando la sua mente ebbe riacquistato un po' di lucidità.
“Cominciamo dall'inizio, vuole?” domandò più cautamente Akira.
“Sì certo!”
“Quando veniamo assunti per risolvere casi simili, il mio collega ed io siamo soliti sospettare di tutti, cliente incluso. Per questo, oltre alla collaborazione di Mitsui, ci siamo avvalsi di strumenti di cui lei non era a conoscenza per le nostre indagini.”
“Di che strumenti si tratta?”
“Microcamere.” rispose diretto il detective “Ne sono stata disposte ovunque... anche nel suo ufficio!”
“Questa è una violazione, non avevate il diritto di...”
“Si calmi!” lo interruppe bruscamente Kaede con un occhiata spazientita “I suoi misteri stavano per far uccidere una persona, quindi non parlerei di violazioni o di diritti!”
“E comunque abbiamo scoperto solo che lei sta lavorando per un progetto importante, ma non sappiamo che cosa sia di preciso” lo tranquillizzò con più gentilezza Sendoh.
“Io vi chiedo scusa” mormorò mortificato l'uomo “quel lavoro può cambiare le mie sorti e quelle del nostro team per questo motivo ne sono particolarmente geloso! I miei colleghi pensano che stia studiando solo delle modifiche al motore già esistente ma non è così: è un sistema completamente nuovo di valvole e...”
“Non deve dirci niente signor Takamasu” questa volta fu Akira ad interromperlo “capiamo perfettamente quali sono i rischi del suo mestiere e, nonostante le parole del mio collega, non siamo qui per accusarla ma per aiutarla ad uscire da questa situazione.”
“Vi ringrazio! Per favore continuate a spiegare quello che sapete!”
Sendoh proseguì a raccontare in maniera dettagliata quello che avevano scoperto grazie alle loro indagini e l'amico di Sakuragi fu molto sollevato quando venne a sapere che Miyagi non era più in pericolo, ma per poco non gli prese un colpo nel momento in cui venne a conoscenza del sabotaggio del suo computer.
“Kami Sama che disastro!” ansimò Takamasu portandosi entrambe le mani alle tempie.
“Andiamo Shuei non disperarti così!” lo incoraggiò subito il commissario “I miei ragazzi avranno sicuramente un piano!”
“Sì lo abbiamo ma lei deve fidarsi di noi e fare tutto ciò che le diciamo di fare” disse con fermezza Rukawa.
“Certo, ditemi pure.”
“Deve continuare a lavorare al suo progetto come se non sapesse niente, seguitando a comportarsi allo stesso modo con i suoi colleghi e gli altri collaboratori.” ordinò il detective prima di spiegare “Presto chi ha sabotato il suo computer dovrà tornare a controllare e noi lo inchioderemo grazie alle telecamere.”
“Farò del mio meglio” promise l'uomo con una certa risolutezza “ma voi avete già qualche sospetto?”
“Niente di preciso” ammise Akira “non sappiamo se sia coinvolta una persona sola o più ma possiamo garantirle che si tratta di un suo collaboratore: magari il signor Fujio, che, sfruttando i suoi studi, vorrebbe concludere in grande stile la sua carriera oppure un uomo del suo team che ha intuito molto più di quanto lei creda!”
“È impossibile, io mi fido ciecamente dei miei uomini e Fujio-sensei è il mio maestro, non mi farebbe mai una cosa simile!!”
“Mi auguro che lei abbia ragione” disse con sincerità Kaede “ma in ogni caso, commissario, qui c'è una lista di tutti i membri, le sarei grato se facesse fare una dettagliata ricerca per ognuno di loro dai suoi uomini!”
“Certo, l'avrete al più presto” li rassicurò Sakuragi.
E dopo le raccomandazioni finali, i due detective lasciarono il pub per raggiungere Mitsui al circuito, dove il barman era rimasto per sostituire i suoi amici durante quella breve riunione d'aggiornamento.


“Ehi ma mi stai ascoltando Akira?” sbottò Rukawa esasperato dall'atteggiamento del collega.
Un'altra giornata era trascorsa nella più completa calma e per non sprecare del tutto quelle ore trascorse a sorvegliare un gruppo di uomini affiatati che lavoravano con impegno, Kaede leggeva ad alta voce le notizie raccolte dalla polizia su alcuni di loro.
“Quello ci sta provando!” affermò Sendoh incoerentemente a quello che gli aveva domandato l'amico.
“Ma che stai dicendo?”
“Quel pivello con la felpa bianca ci sta provando con il mio ragazzo!”
Kaede guardò il riquadro che interessava Mitsui, vide che i meccanici erano in pausa e che un tipo alquanto aitante stava effettivamente tentando di flirtare con Hisashi.
“Hai ragione.” Fu la semplice constatazione di Kaede.
Akira si voltò lentamente verso l'altro, rimanendo a guardarlo incredulo senza dire niente.
“Che c'è?” domandò la Volpe con fare innocente.
“Se mi dici così è come se tu mi dessi il permesso di scendere dalla macchina, percorrere i duecentotrenta metri che mi dividono da quello stronzo e spaccagli la testa contro la parete.”
“Mitsui non è un ragazzino, si sa difendere da solo!”
Akira rimase immobile per diversi minuti, fissando il monitor del portatile senza vederlo, poi aprì la portiera e scese dalla macchina.
Rukawa non lo seguì, con calma si limitò ad abbassare il finestrino, aspettò che il collega gli fosse davanti per attraversare la strada e disse: “Sai, te lo dico per esperienza personale, io non lo farei!”
“Perché?” Akira si voltò sorpreso.
“Una volta con Hana feci il clamoroso errore che stai per fare tu.”
“E che successe?”
“Si infuriò come un pazzo e rimase a dormire sul divano per una settimana.”
“Perché?” chiese Sendoh ancora una volta.
“Orgoglio.” spiegò sinteticamente Kaede “Effettivamente darebbe fastidio anche a me se qualcuno ritenesse che non sono capace di cavarmela in situazioni simili!”
L'amico rimase a riflettere per alcuni istanti sulle parole di Rukawa, poi tornò tranquillamente in macchina.
“Beh... come mai sei ancora qui?” gli chiese l'altro quando lo vide riprendere posto accanto a sé.
“Se Hana ti ha mandato in bianco per una settimana, Hisa è capace di farlo per un mese” dichiarò prima di proseguire “e di sicuro non sarebbe lui a dormire sul divano!”
Kaede stirò le labbra in un lieve sorriso e, tornando a fissare la telecamera, mormorò: “Peccato, ti sei perso un destro niente male!”
“Che? Come?”
“Il tipo ha cercato di mettergli una mano sul sedere ma come puoi vedere non c'è riuscito!”
“Ti ringrazio amico mio, mi hai appena evitato un mese d'inferno” sbuffò Sendoh sollevato mentre guardava con soddisfazione il polipo, con un occhio pesto, allontanarsi dal suo ragazzo con la coda fra le gambe.


Quella notte qualcosa finalmente si mosse e l'atmosfera tranquilla delle scuderie fu turbata dall'entrata di una macchina scura nel parcheggio dell'autodromo.
Akira scosse piuttosto bruscamente Kaede, che dormiva beato sul sedile posteriore dopo il suo precedente turno di guardia, e bisbigliò: “Ehi guarda è arrivato qualcuno!”
“Mh” mugolò il volpino tirandosi lentamente a sedere e spostandosi accanto al collega senza scendere dall'auto.
“Indossa un berretto da baseball e un piumino nero!” comunicò Sendoh “Non sono riuscito ad identificarlo. Però aveva una borsa di tela con sé...”
“Che se ne fa di una borsa di tela?” obiettò subito Kaede.
“Non lo so, stiamo a vedere!”
I ragazzi attesero qualche minuto, il tempo necessario per passare con o senza permesso l'ostacolo della guardia all'ingresso, dopo di che ebbero il sospetto nel campo visivo delle loro telecamere.
“Dalla circospezione che usa per muoversi, anche lui deve aver aggirato la guardia!” stabilì Sendoh improvvisamente teso.
“Io scendo a dare un'occhiata” annunciò il collega aprendo lo sportello “tu tienimi aggiornato di tutte le sue mosse!”
Confondendosi con le ombre della notte, Rukawa attraversò la strada, si addentrò nella zona riservata al circuito e, dopo essersi assicurato che fuori non fosse rimasto nessun complice, entrò nell'edificio per controllare la situazione.
“Il caro Azuma è stato messo K.O. da un sonnifero!” comunicò Kaede attraverso il microfono - applicato nel risvolto della sua giacca - mentre annusava il bicchiere di carta che pochi minuti prima aveva contenuto del liquido scuro “Il tipo che è entrato è sicuramente un conoscente perché Azuma ha bevuto del caffè con lui.”
“Ha usato quello per drogarlo?”
“Senza dubbio” confermò con sicurezza Rukawa “dove è adesso?”
“Ha fatto un controllo accurato di tutte le stanze per assicurarsi che fossero deserte e adesso si sta dirigendo verso gli uffici.”
“Va bene lo seguo!” bisbigliò Kaede, muovendosi con prudenza per non provocare il minimo rumore.
“Fai attenzione non sappiamo se è armato” si raccomando l'altro.
Per un attimo non ci fu nessuna comunicazione poi un'esclamazione di Sendoh attirò inevitabilmente l'attenzione di Rukawa.
“Che sta succedendo?”
“Il tipo ha la chiave dell'ufficio di Takamasu” disse con tono concitato Akira “ecco adesso sta entrando.”
“Sono fuori dalla porta” lo avvisò Kaede dopo pochi secondi “dimmi quando fare irruzione.”
“Ha appena aperto la borsa di tela nera!” continuò Akira con la sua telecronaca “Adesso si guarda intorno. Sta rovistando i fogli che sono sopra la scrivania. Ne ha messi da parte un po' per fare spazio. Ecco adesso si sta abbassando per prendere quello che è nella borsa. Ci siamo lo sta tirando fuori! È... ma che significa?”
“Akira che succede?” domandò Kaede preoccupato e ansioso.
“Ha tirato fuori un bonsai!!” rispose estremamente sorpreso Sendoh.
“Un bonsai?”
“È quello che ho detto... aah nasconditi sta uscendo!”
Velocemente Rukawa corse per nascondersi dietro l'angolo del corridoio e, senza farsi vedere, rimase ad osservare mentre l'uomo richiudeva la porta e se ne andava.
“Vado ha vedere di cosa si tratta” disse il detective, ripercorrendo a ritroso il tratto di corridoio fino all'ufficio dell'ingegnere.
“Sta attento, il tipo non se n'è ancora andato!” lo avvertì Akira.
“Ok tu tienilo sotto controllo e dimmi quando si avvicina!”
Velocemente il volpino aprì la porta e una volta dentro andò subito a controllare l'alberello.
“È pulito... aspetta c'è un biglietto fra i rami!”
Il giovane lo aprì per controllare cosa ci fosse scritto e quando ebbe letto sospirò scoraggiato: “Falso allarme, torno alla macchina!”
Pochi minuti dopo Rukawa era di nuovo seduto accanto a Sendoh.
“Miyagi vero?” borbottò Akira imbronciato.
“Già!” confermò con uno sbuffo il collega “Domani è il compleanno di Takamasu, e il pilota gli ha portato ora il suo regalo per fargli una sorpresa...”
“E visto che c'era, è andato a fare una visitina alla sua fidanzata.” continuò il ragazzo più grande indicando la porzione di monitor che mostrava il pilota seduto accanto alla sua moto.
“Ecco perché ha dato del sonnifero alla guardia: se Azuma dorme non può buttarlo fuori o riferirlo al capo domani!”
“Uffa che rabbia, pensavo che fosse la volta buona.” esplose Akira a dir poco irritato “Sono stufo di passare la notte in questo modo! Quando diavolo viene a riprendersi quell'affare?!”
“Nh.” Fu la concisa risposta che gli concesse l'amico.



Il sole stava per sorgere, quando Akira si lasciò cadere stanco e abbattuto sul suo letto, facendo inevitabilmente svegliare Hisashi.
“Mh... ben tornato, che ore sono?” mugolò il barman assonnato.
“Le cinque e mezzo.”
“Che c'è? E' andato storto qualcosa?” si informò subito Mitsui, sentendo la voce depressa del compagno.
“No, niente.”
Il detective raccontò velocemente a Hisashi quello che era successo e, affondando il volto sul suo petto, dichiarò con fare lamentoso: “Odio i casi lenti e noiosi come questo!”
“Preferisci entrare in un covo di yakuza e metterti a sparare all'impazzata?” domandò Mitsui, mentre le sue mani avevano preso ad accarezzare lentamente la nuca del ragazzo che amava.
“No... non più almeno!” confessò Akira, sollevando la testa per guardare l'altro negli occhi.
Mitsui doveva leggere in essi il motivo per cui non gli piaceva più fare una cosa così rischiosa.
“Scemo!” sbottò il barman, non riuscendo però a trattenere un sorriso mentre adagiava di nuovo la testa del compagno sul proprio petto “Io invece mi diverto un sacco!”
“Non ne dubito!” borbottò Sendoh imbronciato “Quando lavori su quella moto da corsa sembri un bambino nel mondo dei balocchi!!”
“È decisamente esaltante contribuire alla perfezione di un mezzo così potente!” spiegò con un tono sognante “Quasi quasi chiedo a Takamasu di assumermi veramente!”
“Te lo puoi scordare!!” ringhiò Sendoh sollevandosi velocemente dal corpo di Mitsui.
“Perché?” domandò sorpreso Hisashi.
“Perché in quel team c'è un viscido polipo che non mi piace affatto.”
“Ah, parli di Kamio?”
“Non lo so come diavolo si chiama quel tipo!!”
“Baka, non ti devi preoccupare di lui, hai visto come l' ho sistemato a dovere?”
“Mh” grugnì Sendoh ancora indignato.
“Comunque, grazie di esserti fidato di me” disse con voce gentile Hisashi “mentre ci provava la mia unica paura era quella di vederti entrare con la bocca schiumante di rabbia, deciso a dargli una lezione!”
“Ma... ma che dici?! I... io ero certo che te la saresti cavata alla grande anche da solo!” dichiarò Akira, con la voce un po' incrinata dal senso di colpa, mentre nella sua testa le parole “Grazie Ru!” si ripetevano all'infinito come un mantra.
“Dici davvero?”
“Certo!” continuò Akira con le sue innocenti bugie.
“Bene” mormorò sensualmente Hisashi, regalando all'amante un sorriso così sexy da farlo gemere come se gli avesse regalato la più scottante fra le carezze.
“Che c'è?” continuò a provocarlo, facendolo affogare nei suoi occhi liquidi e bui come l'abisso di un oceano.
“N... niente” balbettò Sendoh, già profondamente eccitato “sono solo cambiati i miei piani!”
“Quali piani?”
“Quelli di farti dormire ancora un po' prima di raggiungere l'autodromo!”
E, senza dare il tempo a Hisashi di porre l'ultima domanda, si abbassò sul suo ragazzo per impadronirsi di quelle labbra troppo sensuali ed impertinenti per essere lasciate impunite.



Nei giorni successivi le occupazioni principali dei due detective furono quelle di osservare il lavoro del team durante il giorno e sfogliare le pagine piene di informazioni sui vari membri durante la notte, passando il tempo a fare ipotesi e a creare teorie più o meno concrete su chi potesse essere la talpa fra gli uomini di Takamasu.
“Se è un falso allarme anche questo, giuro che rinuncio al caso!” esclamò Sendoh quando vide una berlina nera parcheggiare poco lontano da loro.
“No, questa volta credo proprio che ci siamo!” dichiarò Rukawa nel momento in cui vide due uomini uscire dalla macchina, entrambi con il volto coperto da un passamontagna.
“Bene cerchiamo di fare alla svelta, voglio andare a dormire nel mio letto questa notte!”
I ragazzi agirono come la volta passata ma quando Kaede entrò in portineria non trovò la guardia addormentata bensì imbavagliata, legata e svenuta dietro la scrivania.
“Avverti il commissario, Akira, e digli di chiamare un ambulanza: hanno stordito la guardia!”
Dopo una veloce telefonata, Sendoh si dedicò al collega, guidandolo passo a passo per cogliere gli intrusi completamente alla sprovvista.
“Sono entrati nell'ufficio Ru” lo informò con voce tesa e concentrata “uno di loro si sta occupando del computer, l'altro fa la guardia alla porta.”
“Sono armati?” domandò Kaede.
“Quello di guardia ha una pistola, è un revolver ma non riesco a vedere il calibro, l'altro non so dirtelo ma è probabile.”
“Ho capito” disse piano Kaede “se le nostre ipotesi sono esatte non sono professionisti, quindi non sarà difficile fregare il palo!”
Lentamente l'investigatore si avvicinò al corridoio degli uffici e, restando nascosto dietro l'angolo, cominciò a colpire con il calcio della pistola la maniglia di una porta ad intervalli regolari di venti secondi.
“Eccolo si sta muovendo verso di te!” lo avvertì immediatamente Sendoh “E indovina come tiene la pistola?”
Kaede sorrise ma rimase comunque concentrato e, quando nell'auricolare sentì la voce di Akira pronunciare un “ORA!!” deciso, fece partire un calcio fortissimo che andò a colpire in pieno la pistola - sbucata all'improvviso dall'angolo del corridoio - e la mano che la impugnava, facendo volare l'arma a diversi metri di distanza. Infine, prima ancora che l'uomo si rendesse conto di cosa stesse succedendo, Rukawa lo stese con un poderoso pugno in pieno stomaco, facendogli perdere inevitabilmente i sensi.
“Ok, l'altro non si è ancora accorto di niente” lo rassicurò il collega “sta rimontando la tower.”
Senza fare il minimo rumore, la Volpe percorse tutto il corridoio e, piazzandosi di fronte alla porta con la sua 357 Magnum in pugno, disse con voce calma e decisa: “Fermo dove sei.”
“Ma cosa?”
L'intruso si voltò di scatto verso la voce sconosciuta, tentando di prendere la sua arma dalla tasca del giubbotto, ma quando si accorse di essere sotto tiro decise saggiamente di rinunciare.
“Molto bene, sei un dilettante ma non sei stupido!” esclamò Rukawa mentre si avvicinava per ammanettarlo.
“Ma tu chi diavolo sei?” ringhiò l'uomo sorpreso e disperato.
“Diciamo che sono un guardiano un po' più sveglio del vecchio Azuma!”
Ma proprio quando l'uomo stava per parlare ancora, i box furono invasi dagli agenti di Sakuragi e il commissario, guidato dal suo amico, arrivò di corsa nella stanza.
“Giusto in tempo signor Sakuragi!” lo salutò soddisfatto Kaede “Per favore faccia portar via il signor Konoyashi da qualcuno dei suoi uomini!”
A sentir pronunciare quel nome, Takamasu sbiancò come se improvvisamente fosse comparso di fronte a lui un terribile mostro.
“No, non è possibile, non ci credo!!” gridò indignato l'ingegnere che si precipitò verso l'uomo per liberarlo dal passamontagna, ritirandosi poi come se si fosse scottato quando vide il viso conosciuto del suo fidato meccanico.
“Ma come facevi a sapere chi fosse? Quando siamo entrati noi, aveva ancora il passamontagna!!” notò sorpreso Sakuragi.
“Vede, signore, le sue informazioni ci sono state molto utili!” affermò Sendoh che li aveva raggiunti dalla sua postazione.
“Cioè?”
“I membri del team sono tutte persone rispettabili” si affrettò a spiegare “conducono una vita tranquilla e piuttosto agiata. Anche il signor Konoyashi potrebbe essere considerato uno di loro se non si valutassero i suoi grossi problemi finanziari!”
“Problemi finanziari?” ripeté l'ingegnere rivolto al suo ex-collaboratore.
“Già!” rispose però Akira, dal momento che l'uomo si era chiuso in un impenetrabile mutismo fatto di vergogna e rimorso “Suo figlio ha il bruttissimo vizio di giocare d'azzardo e non solo ha dilapidato il patrimonio di famiglia, ma ha accumulato un ingente debito con una persona poco raccomandabile...”
“Da questo non è stato difficile dedurre chi era l'uomo che stavamo cercando!” continuò a quel punto Kaede “Molto probabilmente una notte ha sentito lei, signor Takamasu, parlare del suo importante progetto con Fujio-sensei e, intuendo la portata del suo lavoro, ha pensato bene di impadronirsene poiché, vendendolo ad una casa produttrice concorrente, avrebbe ricavato i soldi necessari al pagamento del debito.”
“La nostra era una semplice teoria” tornò a parlare l'altro detective “che si è trasformata in certezza quando dopo una breve indagine siamo venuti a sapere che Futaro, il figlio di Konoyashi, ha una jeep identica a quella che ha tentato di investire Miyagi!”
“Ma perché non me lo avete detto subito?” domandò allora l'ingegnere.
“Perché non avevano prove, Shuei.” rispose il commissario per i suoi ragazzi “Dovevano riprendere Konoyashi e suo figlio sul fatto per darmi la possibilità di arrestarli!”
“Capisco” bisbigliò l'uomo sollevato che tutta quella storia fosse finita, ma anche distrutto dal tradimento del suo collaboratore “avete fatto un ottimo lavoro, non so proprio come ringraziarvi!”
“Si figuri, è il nostro mestiere!” si affrettò a toglierlo dall'imbarazzo Sendoh.
“Comunque siete stati abili ragazzi!” si complimentò con loro anche il commissario “Ma adesso andiamo, dobbiamo portare questi signori in centrale e voi dovete consegnarmi tutto il materiale!”
“Ci faccia strado capo!” esclamò Sendoh ben lieto di accontentarlo.
E, seguendo il padre di Hanamichi, i ragazzi si lasciarono finalmente alle spalle l'ufficio che avevano dovuto sorvegliare fino allo sfinimento.



Dopo la brillante conclusione di quel caso, Kaede aveva ripreso a ciondolare per casa come un'anima in pena, che non riusciva in nessun modo a raggiungere il luogo dell'eterno riposo.
Mitsui e Sendoh erano andati a trovarlo per distrarlo un po' dal tedio di quella casa vuota, ma il malumore di Rukawa non aveva consentito di organizzare niente di interessante.
“Io vado a fare la doccia!” annunciò la Volpe, alzandosi dal divano e lasciando a metà il film che avevano iniziato a vedere tutti assieme “Voi fate come se foste a casa vostra!”
Nel momento in cui Kaede entrò in bagno, il telefono squillò interrompendo l'atmosfera sonnacchiosa che si era creata nella sala.
“Qualcuno di voi può rispondere, per favore!” borbottò Kaede dal stanza accanto e, senza assicurarsi se i suoi amici lo avessero sentito o no, entrò nella cabina della doccia, permettendo all'acqua di lavare via tutti i suoi pensieri.
Mezzora più tardi Rukawa tornò dai ragazzi che lo aspettavano ancora in soggiorno.

“Chi era al telefono?” chiese non molto interessato mentre prendeva dal frigo una lattina di birra.
“Era un signore della Guardia Forestale di Stato” lo informò subito Sendoh.
“Un altro cliente?”
“No, telefonava da Mitami, pare che ci siano stati dei problemi al tuo chalet.”
“Il mio chalet!” ripeté incredulo Rukawa “Che genere di problemi?”
“Non ho capito bene, la linea era molto disturbata” spiegò l'amico “ma pare che ci sia stato un fortissimo temporale e che alcuni alberi siano caduti, danneggiando la tua proprietà!”
“Kuso!!” imprecò violentemente la Volpe, schiacciando con la mano destra la lattina di birra vuota “Che razza di periodo!!”
“Che intendi fare?” si informò Mitsui un po' preoccupato.
“È ovvio, vado allo chalet, tanto non ho altro di meglio da fare!”
“Ma non sarebbe più saggio partire domani mattina, sarai meno stanco...” lo consigliò Akira.
“Non sono stanco” replicò seccamente Rukawa “ho dormito tutto il giorno.”
“Come vuoi!”

Le strade libere dal traffico concessero al detective di procedere a velocità sostenuta per quasi tutto il tragitto, impiegando solo poche ore per raggiungere la vecchia casetta di legno che gli aveva lasciato la madre.
Quando Rukawa scese dalla macchina si guardò intorno stupito: era tutto come lo aveva lasciato l'ultima volta.
Poi, alzando la testa, vide la luce che illuminava una delle stanze della casa.
“Ma che diavolo succede?” esclamò fra sé il volpino, avviandosi a passo spedito verso l'abitazione.
Molto probabilmente Akira aveva capito male: la linea era disturbata per gli alberi caduti, ma quell'uomo aveva telefonato per avvertirlo di una presenza sospetta in casa sua.
Togliendo la pistola dalla fondina l'investigatore entrò e, senza fare rumore, salì le scale che lo avrebbero condotto al ripostiglio. Procedette lentamente con passi leggeri per paura che le vecchie assi di legno scricchiolassero, infine, quando fu davanti alla porta, fece improvvisamente irruzione nella stanza, facendo prendere un infarto all'affascinante intruso che leggeva tranquillamente un libro seduto sulla poltrona davanti al focolare scoppiettante.
“Maledetta Kitsune esaltata, volevi farmi morire di paura?!” sibilò Hanamichi con una mano artigliata al petto, dove ancora il cuore palpitava senza controllo.
La pistola scivolò a poco a poco dalla mano priva di forze del detective, come se il giovane fosse stato colpito da un proiettile immaginario proprio nel centro della fronte.
Per interminabili minuti rimase a fissare l'angelo di fronte a lui senza capire come tutto ciò fosse possibile poi, spostando lentamente un passo verso di lui, trovò l'energia necessaria a balbettare il suo nome.
“Ha...Hana?!”
“Che cattivo!” esclamò il rossino sorridendo “Aki non ti ha detto niente!”
“Quel bastardo...” ringhiò il detective senza terminare la frase “E così eri tu al telefono!”
“Sì, ho detto ad Akira che ero da poco arrivato al tuo chalet, gli ho chiesto se tu avessi potuto raggiungermi e lui mi ha assicurato che lo avresti fatto immediatamente, ma non pensavo che ti avrebbe fatto una sorpresa!”
“Mh...”
“Senti, Kitsune, è quasi un mese che non ci vediamo, intendi perdere ancora tempo con quel tuo stupido broncio oppure ti decidi a venire qua e salutarmi come si deve?!?”
“Do'aho!” mormorò Kaede, avvicinandosi alla poltrona.
Con calma si abbassò sul volto del suo ragazzo e, giocando languidamente con una ciocca di capelli che gli accarezzava distrattamente una tempia, sfiorò con riverenza le sue labbra carnose, separandosi subito dopo senza approfondire il bacio e restando semplicemente a scrutare con i propri quegli occhi caldi come l'abbraccio di una madre affettuosa.
“Che ti prende Kaede?” bisbigliò il rossino, accarezzando le guance pallide della sua Volpe, che lentamente si lasciò cadere fra le gambe divaricate di Hanamichi.
“Io non riesco ancora a crederci” mormorò piano Rukawa “tu dovresti essere in Europa, hai una sfilata fra sette gironi...”
“Non più...”
“Hai rinunciato?” domandò Kaede, indurendo la voce e lo sguardo.
“No, ho semplicemente scambiato le date con un mio collega” spiegò in fretta il rossino “al coreografo andava bene, così ho terminato ieri pomeriggio il mio lavoro e sono tornato da te.”
“Nh.”
“Quanto entusiasmo!” borbottò Hanamichi imbronciandosi “Ed io che credevo di fa...”
Ma non riuscì a terminare la frase perché Kaede lo afferrò per le braccia, trascinandolo sul morbido tappeto assieme a lui.
“Shh, non ti arrabbiare” mormorò Kaede, stringendo il corpo caldo di Hanamichi a sé “non riesci a vedere da solo quanto sia felice...”
“Kaede!” lo chiamò dolcemente il modello che, appoggiandosi con la schiena alla poltrona, divaricò leggermente le gambe per fare spazio al volpino e confortarlo così con il suo abbraccio.
Rimasero in quella posizione per un tempo lunghissimo senza proferire parola: Kaede, semisdraiato, con il volto affondato sul petto del rossino ascoltava il suono lenitivo del suo cuore; Hanamichi, con una mano intrecciata fra quei meravigliosi fili d'onice, accarezzava in maniera ipnotica la nuca della sua Volpe.
All'improvviso però Rukawa sollevò la testa per rubare un altro bacio al suo amante.
Tocchi leggeri e delicati furono ben presto sostituiti da esigenti prese di possesso delle sue labbra, della sua lingua, della sua bocca intera e il bacio diventò profondo e inarrestabile.
Senza staccarsi da quel paradiso di dolcezza e calore, Kaede si portò a sedere e, cingendo il suo volto con entrambe le mani, fece in modo che Hanamichi inclinasse la testa per avere ancora più spazio da esplorare con la sua lingua insaziabile, che a tratti si scontrava con quella del compagno, dando vita ad eccitanti schermaglie piene di passione.
Quando si separarono, entrambi senza fiato, rimasero a guardarsi per alcuni istanti poi, spostandosi leggermente di lato, il detective fece distendere il suo amante sul tappeto e lentamente cominciò a privarlo degli abiti che indossava.
Il primo ad essere sfilato fu il pesante maglione di lana che, strofinando su quella pelle sensibile, fece inarcare e gemere lievemente il rossino; successivamente, sempre sotto lo sguardo affamato di Rukawa, furono slacciati uno ad uno i bottoni dei jeans, i quali furono sfilati con estrema lentezza, centimetro dopo centimetro, per permettere all'investigatore di farsi del male da solo e impazzire così alla calma con cui quel corpo d'ambra lucida veniva denudato.
Prima di dedicarsi all'ultimo indumento rimasto indosso al modello, Rukawa si occupò in maniera notevolmente più rapida anche di se stesso, tornando subito dopo a prendersi cura del suo rossino, ormai irreparabilmente eccitato per quel gioco sensuale di sguardi cupidi e carezze appena accennate.
Posizionandosi fra le gambe lievemente dischiuse di Hanamichi, Kaede portò le mani sopra i suoi fianchi solidi, fece una leggera pressione per sollevargli il bacino e, afferrando l'elastico dei boxer, permise a quell'ultimo pezzetto di stoffa di scorrere lungo le sue gambe infinite, facendo in modo che si sollevassero dal pavimento per agevolare le proprie azioni.
Quando entrambi i cosciali furono liberati, i boxer furono lasciati cadere distrattamente per terra e le mani di Rukawa andarono a sorreggere quelle cosce muscolose, tornando a posarsi sulla cute palpitante del suo amante, che avrebbe voluto invocare maggior attenzione dal suo crudele compagno, ma non osava farlo per non rovinare quell'atmosfera carica di passione, sensualità ed aspettativa.
Le dita candide della Volpe però non rimasero a lungo nel medesimo punto, cominciando a scalare quei muscoli sodi, perfettamente scolpiti, raggiunsero il volto di Hanamichi, prendendo a vezzeggiare le sue labbra arrossate.
Con infantile divertimento, Sakuragi iniziò a mordicchiare quei morbidi polpastrelli finché, stanco di giocare, ne accolse due nella propria bocca e li succhiò con cura, accarezzandoli con la lingua per inumidirli a dovere.
Provocato fino alla follia dall'atteggiamento eccitante di Hana, Kaede si morse il labbro inferiore per trattenere un gemito e, imponendosi di mantenere il controllo, continuò a muoversi a rallentatore anche mentre spostava le dita dalla bocca alla fessura del compagno.
Il rossino ansimò pesantemente quando sentì le dita umide di Rukawa sprofondare completamente in lui e artigliò con forza il tappeto nel momento in cui le sentì spingersi avanti e indietro con assoluta tranquillità.
Per diversi minuti Rukawa lo torturò semplicemente con quei movimenti delicati, facendo vibrare il corpo di Hanamichi come se lo stesse sbattendo con un'intensità inaudita, poi, quando la fessura fu sufficientemente morbida e bagnata, tolse le dita dal suo corpo e le sostituì con la propria virilità dura e pulsante.
La penetrazione avvenne in maniera lenta e graduale, proprio come erano stati i preliminari, e il modello fletté al massimo la schiena per permettere al ventre teso dell'amante di scivolare con più facilità in lui, arrivando così nel punto più profondo del proprio intestino.
Quando i due bacini furono completamente congiunti, Kaede appoggiò le mani sul pavimento -accanto al volto dell'altro - e, in quella posizione di profonda unione rimase immobile a guardare l'espressione dolcemente sconvolta sul viso del suo angelo.
“Ah” gemette debolmente il rossino quando sentì la prima spinta, seguita immediatamente dalle altre, tutte quante lente e regolari, ma incredibilmente profonde. Agitando con vigore la testa sul tappeto cercò di resistere a quella polla di piacere che, scaturendo in maniera delicata dal suo ventre si propagava però in tutto il suo corpo con la stessa violenza di un uragano.
Hanamichi, troppo sconvolto da quello strano modo di godere, venne dopo solo poche spinte, guardando stordito il suo compagno che si affrettò a tranquillizzarlo con un sorriso e un bacio leggero sulla punta del naso.
Rukawa si separò debolmente dall'amante. Lo aiutò a voltarsi con la pancia verso la soffice lana del tappeto e, intrecciando le proprie mani con quelle del rossino, si stese di nuovo sul suo magnifico corpo, reso ancor più luminoso dalle fiamme che si riflettevano sulle goccioline di sudore che imperlavano la sua pelle scura, e ancora una volta si impossessò di lui.
Questa volta i colpi che seguirono furono veloci e potenti e i bassi gemiti di Hana si levarono fino al soffitto mentre Kaede, stravolto, ansimava il suo piacere nell'orecchio dell'altro.
Abbagliato ormai dalla passione più travolgente, Rukawa si alzò dalla schiena del modello e, afferrandogli i fianchi con entrambe le mani, li sollevò qualche centimetro da terra per affondare con più decisione in quel paradiso di calore. E il rossino non fu da meno: essere preso con tanto impeto, dopo tutti quei minuti di infinita dolcezza, lo eccitò ancora di più così, facendo forza contro il pavimento, cercò di andare incontro ad ognuna di quelle spinte, accogliendo il sesso duro del suo amante dove non era mai riuscito ad arrivare.

I ragazzi ricaddero a terra stremati ma terribilmente appagati da quell'amplesso folle.
Hanamichi, restando prono sul tappeto, aveva adagiato la testa sulle proprie braccia e respirava velocemente per cercare di riprendere fiato. Kaede, invece, dopo essersi sfilato lentamente da lui, aveva posato di nuovo il proprio petto sull'ampia schiena del rossino e, cingendogli la vita con le braccia, era tornato ad ascoltare il cuore del suo Do'aho che batteva allo stesso ritmo furioso del proprio.
“Stai bene?” domandò Rukawa diversi istanti dopo.
“Sì.” Fu la semplice risposta del rossino.
“Do'aho stai tremando!” lo sgridò dolcemente la Volpe “Andiamo a letto, prima che ti prenda un raffreddore!”
“Mh... no Ru non ce la faccio, voglio stare qui!” farfugliò Sakuragi con la voce impastata dal sonno e dalla stanchezza.
“Do'aho!” sbuffò di nuovo il detective, tirandosi in piedi “Andiamo!”
Sostenendolo attentamente per tutto il tragitto, Kaede scortò il compagno fino alla camera adiacente e assieme si infilarono sotto le coperte per ripararsi dal freddo rigido dell'aria di montagna.
“Mh...” mugolò soddisfatto Hana dopo essersi accucciato contro il corpo del volpino, che istintivamente prese ad accarezzare le ciocche carminio sparse sul proprio petto.
“Ben tornato a casa, tesoro!” bisbigliò finalmente Rukawa, convinto che il compagno stesse dormendo.
“Grazie!”
Fu invece la sommessa risposta che ricevette dal rossino, prima di sentire le sue labbra tendersi in un dolce sorriso contro la pelle candida del proprio collo.



OWARI



*bande di teppisti che scorrazzano per la città con le loro moto o auto.