DISCLAIMER: i
personaggi appartengono al sensei Takehiko Inoue.
Detective
parte III
di Chikara
"Grazie mille per il
passaggio Ru, ci vediamo."
Dopo aver salutato il collega Akira richiuse delicatamente lo sportello
dell'auto e, guardando distrattamente da una parte e dall'altra, attraversò
la strada per entrare in casa; il caso che aveva appena concluso con Kaede
lo aveva impegnato più del previsto, così quando oltrepassò la soglia del
suo appartamento era già notte fonda.
Il detective sorrise mentre si toglieva le scarpe all'ingresso: adesso
quello non era più il suo appartamento, ma il loro, e, anche se non si era
ancora abituato all'idea, quella situazione lo faceva sorridere
costantemente come un povero bambino scemo.
Quando Mitsui, con la faccia buia come un temporale, gli aveva borbottato
che era stanco di fare la spola fra le due case per poco non gli era preso
un colpo, convinto che lo stesse per lasciare. Ma nel momento in cui il suo
angelo oscuro gli aveva annunciato, senza possibilità di discutere, che
l'unica soluzione al problema era il suo immediato trasferimento, il cuore
di Akira aveva ripreso a battere.
E così ora convivevano da più di tre settimane come una coppia di giovani
sposini.
Akira ridacchiò di nuovo, ripensando a come aveva reagito Mitsui al sentirsi
dire quella stessa frase e a come lo aveva accolto Kaede quando, alle due di
notte, era andato a chiedere asilo, spiegando che il suo 'dolce' fidanzato
lo aveva già cacciato da casa.
La risatina scema di Sendoh si spense immediatamente quando, arrivando in
sala, vide il suo compagno disteso sull'ampio divano.
Evidentemente Hisashi aveva cercato di aspettarlo in piedi, ma era crollato
quando il sonno aveva vinto sulla voglia di attenderlo.
Lentamente Akira si avvicinò al suo ragazzo e, con la luce bluastra del
televisore che lo illuminava appena, indugiò a lungo con lo sguardo su
quella creatura meravigliosa.
Hisashi era disteso, prono, sul comodo sofà; le braccia, allungate sopra la
testa, nascoste sotto un grande cuscino che sosteneva la parte destra del
volto, celando la sinistra alla vista.
I capelli, neri come le ali di un corvo, erano parzialmente nascosti da un
angolo della coperta leggera che scendeva lungo l'ampia schiena, terminando
poi aggrovigliata fra le sue gambe protette dai pantaloni della tuta.
Sendoh rimase ipnotizzato dai frammenti di pelle che il plaid e la
canottiera di cotone scuro, increspata attorno al torace del compagno,
lasciavano sensualmente scoperti e solo quando lo sentì mugolare qualcosa
nel sonno si risvegliò dalla contemplazione, portandosi a sedere davanti al
divano.
"Sei proprio dispettoso sai!" mormorò Akira vicino all'orecchio del ragazzo
"ho appena concluso un caso faticoso, e tu ti fai trovare addormentato
così?!"
Lentamente sfiorò l'orecchio del moro con le proprie labbra, scendendo
subito dopo sulla pelle sensibile del collo.
"Mh..." mugolò Hisashi voltandosi dall'altra parte, senza tuttavia
svegliarsi.
"Eh no, amore, prima mi provochi e poi scappi, non ci sperare!"
Senza aspettare oltre Akira liberò il compagno dall'inutile coperta,
dedicandosi subito dopo ai pantaloni.
"Hentai..." lo apostrofò con voce impastata dal sonno Mitsui, facendo
inevitabilmente ridere il suo compagno.
"Peccato, ti sei svegliato!" Lo prese in giro Sendoh.
"Mnnn... sei tornato tardi!"
"Lo so, scusami, una serie d'imprevisti ha reso la missione più difficile
del previsto."
Mitsui si sollevò a sedere e attirando a sé il detective lo baciò con
passione.
"Stai bene?"
Akira gli sorrise in maniera rassicurante prima di rispondere: "Tutto bene,
non ti preoccupare."
I due ragazzi tornarono a baciarsi immediatamente e, mentre le loro bocche
si regalavano un anticipo del piacere che avrebbero provato di lì a poco, i
loro vestiti si sparsero velocemente intorno al divano.
Sendoh allora si sollevò da terra e si portò sopra il compagno e, infilando
le mani fra i suoi morbidi capelli, si piegò di nuovo per divorargli le
labbra carnose.
Quando il respiro venne meno si spostò più in basso, dedicandosi con la
stessa dedizione alla gola di Mitsui e alle spalle; scese lungo le clavicole
senza tralasciare un millimetro di quella pelle dolce come cioccolato al
latte e, infine, giunse al suo petto, dove già spiccavano turgidi e tremanti
i deliziosi capezzoli.
Hisashi gemette forte quando sentì la lingua dell'altro girare
vorticosamente attorno ad uno di essi, per poi prenderlo tra i denti e
tirarlo leggermente verso l'alto, e spostò una mano sulla nuca di Akira, per
sfogare in qualche modo quel piacere bruciante.
Quando ebbe riservato il medesimo trattamento anche all'altro capezzolo,
Sendoh scese con la lingua verso la pancia lievemente scolpita dell'amante,
stuzzicando il suo ombelico in maniera quasi oscena.
Mitsui sentì il fuoco divampare dentro di sé e istintivamente divaricò le
gambe, inarcando la schiena per cercare un contatto più profondo con il suo
torturatore. Akira fece quindi scorrere le mani su quella schiena perfetta
e, raggiungendo i glutei, penetrò la sua apertura con un dito mentre, quasi
contemporaneamente, la propria bocca calava sul membro che Hisashi gli
offriva inconsciamente sollevando il bacino.
Le labbra che lo risucchiavano con forza, quasi a volergli strappare
l'anima, e le dita che premevano dentro di lui, allargandolo con dolce
violenza, fecero perdere completamente la ragione al barman che si riversò,
pochi istanti dopo, nella bocca di Sendoh.
Il detective lo guardò ricadere spossato nel divano con una luce maliziosa e
soddisfatta negli occhi poi, nel momento in cui lo vide sollevare di nuovo
le palpebre, si impadronì della sua bocca, dando vita ad un nuovo, eccitate
scontro fra le loro lingue.
Quando si separarono, Sendoh sussurrò al suo orecchio di girarsi e poiché
Mitsui lo assecondò senza opporre resistenza decise di premiarlo con una
cascata di baci, scendendo dal collo lungo tutta la sua schiena, fino alla
dolce collina dei glutei, che prese ad accarezzare con le sue mani esigenti.
"Ti... aah... ti stai vendicando?" mormorò inferocito, voltando la testa
verso Akira.
Mitsui non ce la faceva più, aveva bisogno di sentirlo in sé, di colmare la
distanza che li separava e soddisfare così l'eccitazione che gli ardeva per
tutto il corpo; gridò forte quando sentì che la sua fessura veniva di nuovo
penetrata, ma non dalle dita del suo amante e nemmeno dalla sua virilità.
"SENDOH!!" gridò, esasperato da quel continuo rimandare.
Il suo 'perfido' compagno lo stava prendendo, per quanto possibile, con la
lingua e, solo diversi minuti dopo, unì ad essa un dito, per completare la
sua opera e far esplodere di nuovo il piacere del suo angelo oscuro.
"Akira..."
Quella flebile invocazione fece definitivamente perdere il controllo a
Sendoh che, dopo aver aiutato Mitsui a tornare supino, si stese sul suo
corpo sodo e bollente per andare a stuzzicare il lobo del suo orecchio.
"Voglio sentirti chiamare ancora il mio nome!" ordinò con il suo tono più
sensuale.
"Stronzo!" sibilò invece Hisashi, fissandolo con occhi liquidi e neri come
il petrolio.
La penetrazione fu improvvisa e violenta e il membro turgido morse la carne
tenera di Mitsui facendolo tremare violentemente, mentre sentiva il suo
corpo percorso da vampate infuocate che provenivano tutte quante dal suo
ventre.
Akira restò immobile sopra di lui, senza lasciarlo per un solo istante con
lo sguardo, e di nuovo fece la sua richiesta: "Chiamami."
"..."
Il detective sorrise, terribilmente abbagliato dall'orgoglio che scintillava
negli occhi infiniti del compagno e, rassegnato, si piegò di nuovo per
violare la sua bocca, mentre con uno scatto improvviso del bacino finì di
penetrarlo, affondando completamente in di lui.
Mitsui non riuscì a trattenere un grido di piacere e, allacciando entrambe
le gambe alla vita di Sendoh, cominciò a muoversi contro di lui, per
assecondarlo in quelle spinte sempre più vigorose che lo facevano gemere
senza controllo.
Eccitato all'inverosimile dal meraviglioso corpo di Hisashi, Sendoh lo
sollevò di colpo e, portandolo a sedere sul suo ventre teso, sprofondò in
lui fino al limite massimo.
Mitsui s'inarcò violentemente, gettando indietro la testa e le braccia,
permettendo alla bocca vorace di Akira di divorare la pelle morbida del suo
collo, mentre le mani gli strizzavano con frenesia i glutei completamente
dischiusi.
Sconvolto ormai dall'eccitazione, Hisashi si aggrappò alle spalle candide
del suo dolce torturatore e, facendo forza sulle gambe, si sollevò,
sfilandosi quasi completamente, per poi accoglierlo di nuovo in sé, una,
due, cento volte.
Infine, stremato, raggiunse l'orgasmo fra le dita sottili di Sendoh, che a
sua volta esplose dentro il ventre del compagno, costringendolo ad esalare
un ultimo gemito contro la propria spalla sudata.
"Non sei un amante dolce!" mormorò Akira, continuando a stringere forte il
corpo ansimante di Mitsui.
"Ahi!" esclamò poi, avendo ricevuto un morso dalla bocca del moretto.
"Non cominciare a farti strane idee!" lo avvertì Hisashi quando il suo
respiro tornò regolare.
"Ed io che ho sempre sognato un compagno delicato e remissivo!"
"Allora continua a sognarlo, 'amore'!" lo prese in giro Mitsui, ironizzando
sull'ultima parola.
"Cattivo!"
"Mh... andiamo a dormire, adesso!"
E assieme si ritirarono nella loro camera per riposare, anche se i primi
raggi di sole cominciavano ad illuminare timidamente la città.
Sendoh si svegliò solo nel grande letto sfatto ma, sentendo il rumore della
doccia, si tranquillizzò all'istante. Si alzò così con calma, grattandosi
pigramente la schiena all'altezza del fianco destro, e raggiunse il suo
compagno in bagno, mentre uno sbadiglio gli deformava la bocca e gli faceva
salire piccolissime lacrime agli angoli degli occhi.
"Buongiornoo!" salutò Mitsui, strascicando le ultime lettere di quella
parola.
"Ti sei svegliato anche tu?" domandò sorpreso il barman.
"Già, mi mancava il tuo calore!"
"Scemo!"
Sendoh sbuffò, fingendo fastidio per quella risposta, ma sorrise al suo
riflesso sullo specchio: adorava quell'essere scontroso.
Lentamente aprì il rubinetto dell'acqua fredda e cercò di lavare via il
sonno residuo che ancora gli incollava gli occhi, poi prese il rasoio
elettrico appeso davanti a sé e cominciò a radersi come ogni mattina.
Quando distolse lo sguardo dalla sua mandibola e vide per caso, sul vetro
appena offuscato dal vapore, il riflesso della cabina dietro di lui, il
fiato gli si mozzò in gola.
Non era solo scontroso quell'angelo, era anche terribilmente crudele.
Hisashi, infatti, non aveva chiuso completamente l'anta della doccia ed
Akira poteva vedere perfettamente una parte del suo corpo sensuale sotto
l'acqua scrosciante.
Lo vide immobile, la testa chinata verso il basso mentre l'acqua gli portava
via lo shampoo dalla testa e rendeva liquidi i suoi capelli d'ossidiana, che
si incollavano così sulla fronte, sul collo e sulle guance e sfidavano il
detective a correre da loro per allontanarli da quella pelle meravigliosa.
Lo vide muoversi, passare la spugna sulle braccia, sui pettorali; scendere
in basso verso gli addominali e poi dietro, su quei glutei così sodi che
sembravano forgiati nel marmo, mentre l'acqua continuava a scendere
imperterrita, accarezzando quel fisico perfetto, lambendone le numerose,
piccole cicatrici, facendosi per questo beffe di lui, che quel corpo poteva
ammirarlo solo attraverso lo stupido riflesso di uno specchio.
L'anta della cabina si spalancò completamente e Mitsui non poté fare a meno
di sussultare per lo spavento. Colto alla sprovvista non reagì nemmeno
quando Akira lo afferrò saldamente per i polsi e, mandandolo a sbattere
contro le piastrelle fredde della doccia, lo baciò con una passione quasi
spietata.
Riacquistato il pieno controllo di sé, Hisashi si liberò da quella stretta e
guardò con altrettanta veemenza il suo compagno.
"Cosa diavolo stai facendo?!" gridavano furiosi i suoi profondi occhi neri.
"Se non vuoi simili slanci di passione" spiegò Sendoh, senza il minimo segno
di timore "la prossima volta chiudi bene la porta!"
E così dicendo si appropriò ancora della bocca di Mitsui, che non riuscì - e
non volle - più a contenere la passione sfrenata del compagno.
Un suono fastidioso e insistente si insinuò fra quel bacio profondo e separò
bruscamente i due amanti.
"Maledizione!" imprecò Mitsui che già si pregustava il modo con cui si
sarebbe vendicato del suo focoso amante.
"Non andare!" lo implorò Akira.
"Se è il commissario, non ci darà più pace!"
Senza aspettare una risposta uscì dalla doccia e, avvolgendosi semplicemente
la vita con un asciugamano, andò a mettere a tacere quel suono irritante.
"Pronto!" rispose, senza nascondere la sua irritazione.
"Pronto, Mitchan, non dirmi che ti ho svegliato, sono già le due del
pomeriggio!"
Mitsui conosceva solo una persona in grado di pronunciare così tante parole
in meno di un secondo.
"Hana!! Non mi sembra di aver ordinato il servizio sveglia, ieri sera!"
salutò l'amico non molto cordialmente.
"Molto spiritoso, ed io che ti ho chiamato per farti un favore!" sbuffò il
modello offeso dall'accoglienza dell'amico.
"E cioè?"
"Noriyuki è scappato di casa questa notte ed è venuto qua, ora... perché non
vieni a recuperarlo prima che Kaede commetta un omicidio?!?"
A quelle parole Hisashi cambiò totalmente il suo atteggiamento.
"Vengo immediatamente, grazie Hana!"
E sbattendo il ricevitore sulla base raggiunse velocemente l'armadio per
mettersi qualcosa addosso.
"Hisa, ma chi era al telefono?" domandò Sendoh, notevolmente preoccupato da
quella reazione. "Cosa è successo?"
"Mio fratello."
"Tuo fratello cosa?"
"Mio fratello è scappato da casa questa notte ed è andato da Hanamichi."
Sendoh sbuffò, ormai rassegnato a non riprendere più il discorso interrotto
in bagno, e cominciò a vestirsi a sua volta con lo stesso entusiasmo di un
condannato a morte.
"Ehi mi rispondi!" lo richiamò bruscamente la voce del compagno.
"Ah sì, scusami!"
"Ti ho chiesto se tu mi aspetti qui!"
"Scherzi, e perdermi l'umore nero di Kaede, nemmeno morto!"
Era l'unica consolazione, in tutta quella situazione seccante.
I ragazzi finirono di vestirsi molto velocemente e, senza nemmeno fare
colazione, si precipitarono a casa dei due amici.
Quando Kaede aprì la porta li squadrò entrambi con un'espressione truce,
facendoli entrare senza nemmeno salutarli, e Sendoh evitò di scoppiargli a
ridere in faccia solo per paura del buco sulla fronte che il collega non
avrebbe esitato a fargli.
"Dov'è?" domandò diretto Mitsui.
"In soggiorno con Hanamichi" rispose con una voce talmente sepolcrale che
Akira non riuscì più a trattenersi.
"Vuoi morire, testa a punta" lo freddò allora il volpino.
"Ehm, no, no adesso smetto."
Continuando a sorridere di nascosto raggiunse gli altri in tinello e quando
entrò nella stanza Hisashi stava già litigando con il fratellino.
"Si può sapere che cosa ti è preso?" gridava furioso il barman "credi che
mamma e papà non abbiano sofferto già abbastanza!"
"Ma come puoi dirmi una cosa simile proprio tu!" rispose gridando
altrettanto forte Noriyuki "loro ti hanno cacciato quando eri ancora un
ragazzino, te ne sei forse dimenticato?!?"
"No! Però per te è diverso, non puoi fare una cosa del genere!"
"Perché no? Avanti spiegamelo!"
Il ragazzino attese qualche istante poi, approfittando dell'esitazione del
fratello, continuò: "Perché sono un bravo ragazzo? Perché ho voti alti a
scuola e non ho mai marinato le lezioni? O forse perché ho sempre seguito le
loro regole senza mai lamentarmi?!"
"Sì, proprio per questo" rispose deciso Hisashi "non è nella tua natura,
Noriyuki, e non provare a dirmi che non è così, perché sai perfettamente che
ho ragione!"
Il ragazzino fissò per un istante gli occhi del fratello, molto simili ai
suoi anche se più intensi e maturi, e poi distolse lo sguardo sconfitto.
"Scommetto che sei stato in ansia tutta la notte per quello che hai fatto!"
indagò Mitsui, addolcendo notevolmente il tono, e il silenzio del fratellino
fu la risposta affermativa che si aspettava.
"Ma mi spieghi perché l'hai fatto?"
A quella richiesta le gote di Noriyuki si imporporarono d'imbarazzo e,
sollevando leggermente lo sguardo sul rossino, mormorò: "Volevo rivedere
Hanamichi!"
Le reazioni dei quattro adulti a quella risposta furono completamente
diverse: le guance di Sakuragi andarono ad imitare quelle del ragazzino;
Rukawa restò impassibile, per nulla sorpreso da quella risposta; Sendoh,
scoppiando a ridere definitivamente senza controllo, fu costretto a
sorreggersi alla parete per non cadere per terra; mentre Mitsui, con una
mano davanti alla faccia e una vena che gli pulsava sulla fronte, cercò di
non perdere del tutto la poca calma che gli era rimasta.
"Aspetta un momento, sei scappato da casa veramente per questo?!" E la sua
voce tremava pericolosamente.
"Io... ecco..." il ragazzino cominciò a balbettare, spaventato dalla
reazione del fratello.
"Rispondimi!"
"Non riesco più a dormire la notte, lo sogno in continuazione" rispose
allora come se Hanamichi e Rukawa non fossero presenti.
"Noriyuki, credevo che stessi scherzando quando mi parlasti di Hana!"
dichiarò esasperato il barman.
"Beh... all'inizio era così ma poi, pensavo in continuazione a questa cosa e
alla fine..."
"Senti..." Mitsui stava per spiegargli ancora una volta come stavano le
cose, ma fu interrotto dal rossino.
"Mi dispiace Noriyuki, ma non posso corrispondere i tuoi sentimenti."
Le guance del modello erano rosse d'imbarazzo ma, nonostante si trovasse di
fronte un ragazzino, il suo sguardo e il suo tono di voce erano molto seri.
"Perché sono molto più giovane di te, lo so!"
"No, anche se tu fossi stato più grande non lo avrei fatto! E il motivo è
perché sono innamorato di Rukawa."
"Ma come?! Tu dici sempre che è solo una Kitsune congelata" saltò su
Noriyuki prima di continuare "io posso aspettare finché non ti sarai
stancato di lui!"
"Non penso che questo accadrà, quindi dimostrami di essere una persona
matura e accetta la mia decisione!"
Noriyuki rimase a lungo indeciso poi, abbassando la testa in segno di
sconfitta, mormorò con un soffio di voce: "Va bene, ho capito."
Mitsui si avvicinò di più al fratellino e gli posò una mano sulla testa,
regalandogli un sorriso gentile.
"Bene, adesso ringrazia Rukawa!" gli disse infine in tono scherzoso,
facendogli alzare lo sguardo all'istante.
"Ti ha permesso di dichiararti al rossino senza spararti addosso!" spiegò
Mitsui rispondendo alla sua muta domanda "è un onore che non tutti hanno
avuto!"
Sendoh, a quelle parole, borbottò qualcosa d'indefinito mentre Rukawa,
sbuffando infastidito da quelle sciocchezze, si alzò dalla poltrona e si
spostò in cucina dichiarando di essere affamato.
Durante il pranzo i ragazzi parlarono più o meno amichevolmente di molte
cose riguardante il loro passato: la vita da teppisti di Mitsui e Sakuragi,
quella da liceale di Noriyuki, l'incontro tra Hana e i detective, poi però
Hisashi interruppe il fiume di quei ricordi per porre una domanda.
"Raccontate sempre un sacco di aneddoti di Hana o di altri casi che avete
affrontato" dichiarò fissando ripetutamente il suo compagno e Kaede "ma
perché non parlate mai di quando vi siete incontrati voi due?"
"Non è un ricordo molto piacevole" rispose Akira posando gli hashi accanto
al piatto.
"E' passato troppo tempo per ricordarlo bene" tentò di chiudere lì in
discorso Kaede.
Il silenzio scese attorno alla tavola e stranamente fu Akira a romperlo per
primo.
"Io avevo diciassette anni, Kaede sedici."
"Eravate compagni di liceo?" domandò ingenuamente Noriyuki.
"No, piccolo" rispose Sendoh con un sorriso triste "non eravamo ragazzini...
normali!"
"Se non vuoi parlare, non importa" lo interruppe Mitsui "la mia era una
semplice domanda, non volevo creare..."
"Viviamo insieme Hisashi ed io ti amo" confessò il detective senza il minimo
imbarazzo "è giusto che tu sappia che sono un assassino!"
Noriyuki sussultò alla violenza di quella parola, nonostante Akira l'avesse
pronunciata con un filo di voce, mentre Mitsui conficcò il suo sguardo di
pece negli occhi limpidi del ragazzo.
"Forse è meglio che vi lasciamo soli!" suggerì allora Hanamichi, ma l'amico
rispose scuotendo la testa, prima di dichiarare: "Non dovrò dire niente che
tu e Kaede non sappiate già, anche se forse Norichan..."
Il ragazzino sollevò lo sguardo leggermente lucido e fissò Sendoh con la
stessa decisione del fratello, prima di parlare con coraggio: "Voi tutti mi
avete salvato la vita... come posso..." esitò, ma solo per un attimo prima
di continuare "non mi importa quello che avete fatto nel passato."
"Non è poi così drammatico!" sbottò a quel punto Kaede.
"Ru, ho tentato di ucciderti, e solo per miracolo non ci sono riuscito!"
rivelò colpevole il collega.
"Ucciderlo?" domandò Mitsui sorpreso.
"Non vi racconterò tutta la storia" cominciò a spiegare Rukawa con
incredibile freddezza "A sedici anni scoprii la verità sulla mia famiglia e,
per questo motivo, il mio patrigno e il mio padre adottivo reputarono che
fossi diventato un elemento pericoloso. Così assoldarono un killer per
eliminarmi."
"Io" annunciò Sendoh.
"Ma non avevi detto che avevi diciassette anni?" continuò a domandare sempre
più incredulo il suo compagno.
"Sai già che sono orfano, Hisashi, sono cresciuto in un posto che alcuni
malati di mente si ostinano a chiamare ancora 'Istituto d'accoglienza per
l'infanzia'. A dieci anni sono scappato da lì e ho cominciato a vivere per
strada e le soluzioni per continuare a farlo erano due: o vendevo il mio
corpo o vendevo la mia anima ed io ho preferito la seconda. Anche se non
sembra sono un tipo piuttosto orgoglioso!" dichiarò sarcasticamente per
giustificare la sua scelta.
"A dodici anni avevo già ucciso una donna, anche se allora fu un maledetto
incidente!" continuò a parlare cercando di evitare in ogni modo lo sguardo
profondo che gli scavava dentro.
"Cadde dalle scale della metropolitana mentre tentavo di strapparle la
borsa. Per sfuggire alla polizia accettai di lavorare per un boss della
yakuza, il padre adottivo di Rukawa, e quando cinque anni dopo quel bastardo
mi chiese di ucciderlo io accettai come ogni altro incarico."
"Ma non vi conoscevate?" domandò Noriyuki con tono concitato.
"Solo di vista" rispose per Sendoh il collega "non ci eravamo mai neanche
scambiati una parola!"
"Comunque, io lo aggredii un pomeriggio, mentre giocava a basket in un
campetto sperduto in mezzo al parco, è stato..."
"Se tu potessi evitare i dettagli dello scontro te ne sarei grato" lo
interruppe bruscamente Mitsui "spiegaci invece cosa ti ha impedito di
ucciderlo!"
"Il commissario Sakuragi" dichiarò semplicemente il detective.
"Come mai non sono affatto sorpreso?!" disse il ragazzo più grande in un
soffio.
"Mi puntò la canna della sua pistola alla tempia proprio mentre ero sopra a
Rukawa e stavo per dargli il colpo di grazia. Si limitò ad offrirmi due
scelte: premere il grilletto e morire a mia volta oppure gettare la mia
pistola e andare via con lui. Anche quella volta scelsi la seconda
possibilità."
"E dopo... dopo che cosa è successo?" chiese ancora Noriyuki, adesso più
emozionato che spaventato.
"Non ci vedemmo per un anno, durante il quale io fui rinchiuso in un carcere
minorile e Kaede si riprese dalle ferite sotto la protezione della polizia.
Un giorno però il commissario ci chiamò nel suo ufficio e ci annunciò che da
quel momento avremmo lavorato per lui. Sapeva perfettamente che una volta in
libertà avremmo ripreso la solita vita, così preferì trascinarci almeno
dalla parte giusta."
"Che fine ha fatto il padre adottivo di Rukawa?" si informò quindi Mitsui.
"Ovviamente, quando fummo rilasciati, cercò subito di liberarsi di noi ma
non ci riuscì."
"Non hai risposto alla mia domanda."
"Lo abbiamo ucciso, Hisashi, assieme al patrigno di Ru, l'uomo che da dietro
le quinte gestiva tutto quanto."
"Capisco!" Si limitò a dichiarare il barman lasciando sorpreso Sendoh, che
rimase ad osservarlo in silenzio per scorgere tracce di disgusto o
risentimento nel volto del ragazzo che amava.
"Tutto... tutto qui?" chiese titubante il detective.
"Beh, ho sempre saputo che eri un poco di buono, ora ne ho avuto la
conferma!"
Hisashi fece una pausa crudele, per poi riprendere: "Purtroppo, però, questo
non fa cambiare niente."
"Che significa 'non fa cambiare niente'?"
"Baka... ormai sono troppo innamorato per lasciarmi spaventare dal tuo
passato!"
E trattenendo a stento una risata nel vedere il volto di Akira rosso come un
cesto di fragole, si alzò per portare in cucina i piatti in cui aveva
pranzato.
Pochi istanti dopo Hanamichi lo raggiunse con gli occhi velati di lacrime.
"Kami Sama Hisashi, grazie!" disse coprendogli le mani con le proprie "credo
di non aver riso tanto in vita mia. Akira che arrossisce è stato uno
spettacolo unico! Fa tanto lo spavaldo e poi si imbarazza per una cosa così
stupida!"
"Scemo, non è una cosa stupida!!" lo riprese subito Mitsui.
"Non mi riferivo alle tue parole" si difese il rossino.
"E' uguale Hana!"
"Ma non si può arrossire tutte le volte che il tuo ragazzo dice di amarti!"
"Beh, però si può fare quando te lo confessa per la prima volta e
inaspettatamente."
"Oh sì certo allora è..."
Hanamichi si interruppe bruscamente, spalancando gli occhi e la bocca come
un merluzzo.
"Che cosa? Io... ma dici sul serio?"
"Sì dico sul serio. Fino a questo momento non ho mai trovato l'occasione
giusta per farlo... e poi ero ancora indeciso su quali fossero i miei reali
sentimenti."
Hisashi rimase a riflettere per trovare le parole giuste prima di
continuare: "Non fraintendermi, ho sempre saputo di volergli bene però,
ecco, temevo che quello che provavo per lui fosse più gratitudine che
amore!"
"E cosa ti ha convinto del contrario?"
"Beh, prima di tutto il fatto che Akira mi abbia raccontato avvenimenti così
'importanti' del suo passato mi ha fatto capire che lui mi ama davvero e si
fida ciecamente di me e della mia famiglia e poi..."
"E poi?"
"Quando ho scoperto che avevano ucciso quel bastardo non ho provato spavento
né biasimo, solo un enorme sollievo."
Hana sorrise e fissò i suoi occhi d'ambra lucida in quelli dell'amico con
comprensione.
"Da morto non può nuocergli in alcun modo, giusto?"
"Giusto, io..."
Ma qualunque fossero state le parole di Hisashi, Hanamichi non le avrebbe
mai sentite perché l'urlo isterico di Noriyuki richiamò bruscamente la loro
attenzione.
Quando i due ragazzi tornarono in soggiorno trovarono la sedia sulla quale
era seduto il ragazzino per terra e lui in piedi, completamente
pietrificato, con gli occhi sbarrati fissi sulla fotografia che era sopra il
tavolo.
"Che è successo?" chiese Mitsui preoccupato.
"Non lo so" rispose confuso il suo ragazzo "mi ha chiesto se avevo niente
che riguardasse i miei veri genitori ed io gli ho mostrato la foto che
presumo essere di mia madre."
Hisashi allora andò ad abbracciare il fratellino, tranquillizzandolo con la
sua voce profonda e calda.
"Quella... quella donna" tentò di spiegare il ragazzo.
"Shh... non parlare ora, calmati!"
"Hisa non capisci!" lo allontanò bruscamente il fratello "il ritratto di
quella donna era là."
"Vuoi dire..."
Noriyuki annuì e all'istante Sendoh gli afferrò con forza le braccia,
scuotendolo leggermente.
"Sei sicuro? Ascoltami è importante!" lo supplicò quasi.
"Sì ne sono sicuro" rispose con fermezza "lo guardai bene perché non
riuscivo a capire che cosa ci facesse il ritratto di una donna tanto dolce
in un posto simile!"
Akira si lasciò ricadere nella sedia dietro di lui con un sospiro incredulo,
come era possibile una coincidenza simile? Che cosa significava tutto
quello?
"A quanto pare" lo riscosse Kaede con le sue parole "dobbiamo tornare a far
visita a quel maiale!"
"Stai parlando di Nakano?" cercò di capire il rossino.
"Esattamente."
"Ma certo!" esclamò allora Mitsui "lui è l'unico che può darti delle
spiegazioni, Akira."
Quando Sendoh entrò nel locale di Nakano rimase ad osservare i cambiamenti
che quello stupido uomo aveva apportato all'arredamento e alla disposizione
stessa del Red Rose, come se quello stile nuovo avesse potuto risolvere in
qualche modo il terribile errore che aveva commesso solo pochi mesi prima.
Stanco di guardarsi in giro, il detective sollevò lo sguardo sui tavoli nel
soppalco e vide immediatamente la persona che stava cercando, accanto ad un
giovane uomo a lui sconosciuto.
Povero Daijiro, pensò istintivamente Sendoh, molto probabilmente era finito
nella discarica assieme ai mobili vecchi!
Akira rimase a lungo immobile ad osservare Nakano e quando l'omuncolo si
accorse di lui lo salutò con un ampio sorriso, falso come la pelle tirata e
liscia di quel porco.
Con soddisfazione lo vide impallidire, come se di fronte a lui fosse
comparso un fantasma, e sollevarsi di scatto, per trascinare il suo nuovo
boyfriend fuori di lì.
Nakano, con le gambe che tremavano e l'ampia fronte che sudava copiosamente,
cercava in tutti i modi di farsi spazio tra la folla per raggiungere il più
velocemente possibile l'uscita di sicurezza. Imprecando e scostando
bruscamente i suoi poveri clienti riuscì finalmente nell'impresa, ma quando
aprì la porta andò a scontrarsi con un muro incrollabile, che lo guardava
con occhi talmente affilati da sembrare spade.
"AAhh" strillò in maniera stridula l'uomo, colto di sorpresa.
"A quanto pare il destino non ti vuole molto bene, signor Nakano, se fa
incrociare di nuovo le nostre strade!" Lo prese in giro Kaede con tutta la
sua terribile freddezza.
Nakano si spostò indietro di scatto, sbarrando gli occhi per la paura.
"Che... che diavolo volete ancora da me?" balbettò il proprietario di quel
posto, cercando di ostentare una strafottenza che non possedeva per niente.
"Questa volta solo un'informazione" spiegò tranquillamente il detective e
voltandosi verso il collega, che nel frattempo lo aveva raggiunto, gli fece
un gesto con la testa affinché estraesse la fotografia.
"Conosci questa donna?" domandò, perforando gli occhi di Nakano con i suoi
per arrivare direttamente al suo cervello.
"No, io, non la con..."
"Signor Nakano, ti sei forse dimenticato del microfilm?!"
"Io non la conosco" strillò di nuovo con le lacrime agli occhi "ho visto un
suo ritratto, ma non l' ho mai incontrata di persona!"
"Cosa sai di lei?" continuò il suo interrogatorio Rukawa.
"Niente, non so assolutamente niente, a parte che è schiattata e che il suo
schifosissimo corpo è sepolto in un cimitero buddista di Nara."
Sendoh, nonostante quelle parole offensive, non si fece annebbiare la mente
dall'ira, si limitò semplicemente ad estrarre la sua pistola e puntarla con
forza sotto la gola del verme.
"Grazie delle informazioni, signor Nakano" disse a sua volta con tono
minaccioso "se non saranno attendibili, non mi limiterò a consegnare il
microfilm a tua moglie. Hai capito che cosa intento, schifoso maiale?"
L'uomo restò immobile, pietrificato dalla paura, ma Sendoh non gli diede
tregua e, avvicinandosi un po' al suo viso, ripeté la domanda.
"Sì, sì ho capito ma ti prego lasciami andare!" rispose allora piangendo
l'uomo.
Akira si scansò disgustato da quel verme strisciante e senza aggiungere
altro si voltò e se ne andò al fianco del collega.
L'auto di Kaede sfrecciava a velocità sostenuta lungo l'autostrada che
collegava la prefettura di Kanagawa a quella di Nara.
Rukawa, concentrato nella guida, lanciava di tanto in tanto uno sguardo allo
specchietto retrovisore per controllare lo stato d'animo di Akira che, con
una mano stretta a quella di Mitsui, guardava distrattamente il paesaggio
che scorreva fuori del finestrino. Al fianco di Kaede, Hanamichi controllava
attentamente la pianta della città per cerchiare con un pennarello tutti i
cimiteri buddisti che c'erano.
"Ce ne sono cinque" sbuffò al termine dell'operazione il rossino.
"Non è andata poi così male!" costatò Mitsui dietro di lui "pensavo di più!"
"Impiegheremo comunque molto tempo per esplorarli tutti, speriamo almeno che
ci sia un addetto a cui poter chiedere informazioni!"
"Beh forse non avrei dovuto dirvi di accompagnarmi" mormorò Akira pentito
"per voi è solo una seccatura!"
A quelle parole Hanamichi si voltò bruscamente verso l'amico e, alterato, si
trattenne a stento dal gridare: "Sono le sette di mattina, Akira, e sono
sveglio già da due ore, credi che possa tollerare certe stronzate senza
irritarmi?!?"
Akira sorrise ma non disse niente così il modello, tornando a guardare la
strada davanti a sé, sbuffò: "E non farmi voltare indietro che poi mi sento
male!"
"Ma se sei stato con la testa china fino ad ora!" lo smentì prontamente
Mitsui.
"E' vero!!" esclamò allora l'amico, portandosi una mano davanti alla bocca "Kitsune
ferma la macchina, mi viene da vomitare!"
"Do'aho!" Fu invece la risposta del compagno, mentre gli altri scoppiavano a
ridere contemporaneamente.
Arrivati a Nara i quattro amici cominciarono immediatamente la loro ricerca
e, dopo aver visitato tre dei cinque cimiteri, riuscirono a trovare il luogo
dove era sepolta la giovane donna.
I ragazzi seguirono le indicazioni del custode e raggiunsero facilmente
l'ubicazione della tomba.
"Kami!" esclamò incredulo Akira "è sepolta con il marito!"
Mitsui posò una mano sulla spalla del compagno per infondergli un po' di
conforto: la speranza di rivedere almeno il padre si era volatilizzata di
fronte a quella lapide.
Sempre che quella donna fosse stata veramente la madre!
Sendoh accese per primo la bacchetta d'incenso, inginocchiandosi a mani
giunte davanti alla foto dei genitori e a lungo rimase in silenzio a
conversare intimamente con loro.
Quando si alzò di nuovo sorrise ai suoi amici, stranamente sereno.
"Andiamo, voglio sapere se Shije Matsudo e Tsukasa Asami sono veramente i
miei genitori."
Ma proprio quando stava per incamminarsi verso l'uscita un uomo alle sue
spalle lo chiamò, incredulo, con lo stesso nome che aveva letto sulla lapide
pochi istanti prima.
"Io... sta parlando con me?" chiese altrettanto sorpreso il detective.
"Oh perdonami, tu sei identico a mio fratello!" spiegò il signore, indicando
la tomba dei genitori di Sendoh.
"Lei è il fratello di Shije Matsudo?"
"Sì e tu sei suo figlio."
La calma e la sicurezza con cui l'uomo pronunciò quelle parole sconvolse
tutti quanti.
"Ne è sicuro signore?" chiese allora Mitsui.
"Come potrei non esserlo, siete talmente simili che all'inizio ho creduto
che tu fossi il suo fantasma!"
"Kami Sama, ho bisogno di sedermi!" esclamò di nuovo Akira.
"Vi prego seguitemi nel mio ryokan! Lì potremmo parlare in tutta
tranquillità!"
"Grazie, lei è molto gentile!" accettò subito il detective.
E senza aggiungere altro seguirono tutti il signore distinto che, con i suoi
abiti tradizionali e le sue movenze eleganti, sembrava uscito da un
illustrazione medioevale.
Oltrepassando un'alta staccionata di legno i ragazzi furono introdotti dal
maestro Hiroshi Matsudo nel suo ryokan e restarono estasiati dalla
semplicità ma anche dalla bellezza di quell'edificio.
"Sembra un tempio buddista!" commentò, infatti, il rossino.
"I miei ospiti hanno delle esigenze particolari" gli rispose l'uomo con un
sorriso placido "qui anche chi non è un sacerdote zen o un allievo può
usufruire della tranquillità e dell'armonia che sono quasi una prerogativa
dei templi. E' un buon posto dove depurare lo spirito dalla frenesia della
vita quotidiana."
"Ma come mai adesso il ryokan è vuoto?" domandò molto più pratico Rukawa.
"Al momento è chiuso, fra pochi giorni cominceranno i lavori di restauro del
tetto. Come potete vedere è una costruzione molto vecchia, necessita di cure
continue."
"Sì certo capisco!"
"Ma vi prego entriamo" li esortò cordialmente Matsudo "durante il tragitto
mi sono permesso di avvertire la mia governante del vostro arrivo, avrà
sicuramente preparato un ottimo pranzo!"
"Non si doveva dare tanto disturbo!" lo ringraziò Mitsui per tutti, ma il
maestro si limitò a rispondere con il suo strano sorriso.
Quell'uomo era davvero molto singolare, non era un sacerdote eppure quando
scrutava il volto di una persona assumeva la stessa espressione dei guru o
dei più grandi maestri zen. Sembrava in grado di carpire i segreti più
nascosti della sua anima, analizzando tutte le cose belle ma anche le
brutture più indicibili ma ciò nonostante le ignorava, interessato solo ed
esclusivamente alla parte divina di chi osservava.
Per tutto il pranzo i quattro amici parlarono con Matsudo-sensei: di Nara,
delle colline meravigliose che la circondavano, del suo semplice splendore
medioevale e delle culture che lì si erano intrecciate grazie alla mitica
Via della Seta e il tempo scorse via veloce e piacevole.
Quando la signora Yume servì loro il tea il silenzio calò improvvisamente
fra gli ospiti: il momento della verità era alfine giunto.
"Tu sai quello che è successo ai miei genitori, zio?" chiese senza indugio
Akira.
"Sì" rispose altrettanto sicuro l'uomo "tua madre prima di morire mi inviò
una lettera nella quale mi spiegò tutto quello che era successo!"
"Allora ti prego, raccontamelo!"
"Non sarà piacevole figliolo!"
"Non importa."
Per un attimo l'uomo rimase in silenzio, ad ammirare la decisione e la forza
che gli occhi acquamarina del giovane di fronte a lui emanavano con
un'intensità commovente, dopo di che si decise a parlare.
"Tuo padre, Shije Matsudo, era un sacerdote zen molto apprezzato per la sua
saggezza e la sua santità. Riceveva molte persone bisognose del suo sostegno
e dei suoi consigli e un giorno, fra di loro, conobbe Tsukasa, una giovane
donna bella e fresca come la rugiada primaverile. Si innamorò subito di
quella dolce creatura e per lei lasciò il sacerdozio, ritirandosi a vita
privata.
Tua madre però non volle privare la gente dei preziosi consigli del marito
quindi aprì un ryokan, proprio come questo, nei pressi di Kyoto, dove le
persone necessitanti di pace ed equilibrio potevano rifugiarsi per dare
respiro alla loro anima."
L'uomo fece una breve pausa, poi continuò.
"Shije diventò così la guida di molte persone bisognose, gente comune ma
anche importante. Non era affatto insolito vedere nel suo ryokan celebrità
dello spettacolo, personaggi politici influenti e persino qualche
capofamiglia della yakuza. Tutti loro però, al cospetto di Shije, perdevano
la loro soggettività, la patina di superbia che li avvolgeva e si
trasformavano in semplici individui che anelavano un po' di pace.
Tuttavia la vita serena di molte persone e soprattutto dei tuoi genitori,
mio caro figliolo, fu sconvolta da un solo uomo: Eiji Koyama.
Quell'essere spregevole era il figlio minore di un politico che voi tutti
ricorderete e per molto tempo fu l'allievo migliore di mio fratello, anche
se io lo reputavo solo un abile attore.
Gli ospiti di Shije erano convinti che la mia fosse solo gelosia, così mi
allontanai da Kyoto per evitare a tuo padre discussioni imbarazzanti.
E' stato l'errore più grande della mia vita perché, pochi mesi dopo, Shije
morì in circostanze misteriose.
La polizia non ha mai scoperto la verità ma sia io sia tua madre eravamo
certi della colpevolezza di Koyama, che dopo la morte di mio fratello occupò
il suo posto, diventando il maestro.
In poco tempo Koyama trasformò la pacifica comunità di Shije in una nuova
setta zen, dove il fanatismo, la pazzia ed il desiderio di dominare chiunque
non era un 'illuminato' diventarono la sua regola.
Sfruttando il potere dei suoi... adepti, non trovo altro modo per definirli,
creò un'organizzazione criminale senza pari che aveva come punto di forza il
traffico illegale di armi, di sostanze stupefacenti, di organi umani e
persino di persone."
La voce calma di Hiroshi s'incrinò leggermente e fu costretto a raccogliere
tutte le sue forze per continuare il suo lungo e triste racconto.
"Usava i propri seguaci più influenti per insabbiare ogni suo crimine e
quelli più sfortunati per i suoi disgustosi commerci, giustificando ogni sua
misera azione con una folle teoria, inventata dalla sua mente malata per
attirare sempre più vittime nella sua terribile trappola."
"Ma le autorità come potevano approvare una comunità simile?" non poté fare
a meno di interromperlo Sendoh.
"Non capisci figliolo, mai nessuno è riuscito a collegare quei crimini con
la setta di Koyama. L'investigatore che più si era avvicinato alla verità fu
ucciso prima che potesse diventare pericoloso e ancora oggi tutti sono
convinti che quell'uomo si sia tolto la vita."
Akira strinse forte i pugni per controllare la rabbia che divampava in lui,
corrodendo il suo corpo come acido.
"E mia madre? Cosa c'entra lei in tutto questo?" domandò irrigidito dal
sospetto.
"Lei fu sempre prigioniera della follia di quell'uomo, non le fu mai
concesso di scappare."
"Per quale motivo?"
"Perché quel mostro aveva te in ostaggio."
Akira abbassò lo sguardo e piegò le spalle, come se qualche divinità crudele
gli avesse improvvisamente adagiato sulla schiena un peso insostenibile.
"Ti prego continua il tuo racconto" trovò tuttavia il coraggio di dire.
"Tuo padre morì proprio quando Tsukasa era in dolce attesa e Koyama
approfittò anche di questo. Rinchiuse sotto stretta sorveglianza te e tua
madre in uno dei suoi falsi templi e non vi lasciò più andare."
"Io non mi ricordo niente di quel periodo!" mormorò Akira con un filo di
voce.
"Eri molto piccolo, non puoi ricordare."
"Ma come fece poi la mamma a liberarmi?"
"La sua dolcezza riuscì a convincere una delle guardie a farti scappare e a
spedire la sua lettera al sottoscritto... In base ad essa, qualcuno avrebbe
dovuto portarti da me ma, non so quello che accadde, tu non mi raggiungesti
mai e nonostante le mie ricerche, anche in seguito, nessuno era più a
conoscenza della tua esistenza."
"E la mamma?"
"Tua madre scappò con voi, ma si separò quasi immediatamente per portare a
termine il suo piano. In segreto raggiunse la villa dove risiedeva Koyama e
appiccò un incendio per eliminare dalla sua vita e dalla tua quel maledetto
mostro. Ma molto probabilmente non era a conoscenza della polveriera situata
in uno dei sotterranei e la deflagrazione fu così gigantesca da coinvolgere
lei e altre vittime innocenti."
"Come fai a sapere questo?"
"Nella lettera tua madre mi mise al corrente della sua intenzione di
appiccare un incendio ed i media, quando riferirono la notizia, parlarono
dell'esplosione di un magazzino di fuochi d'artificio... cielo che velina
grottesca!"
"Capisco!" Fu la triste conclusione del detective.
Lo zio, addolorato dalla tristezza del ragazzo, posò una mano sulla sua
spalla e lo rassicurò dicendo: "So che è una ben magra consolazione, ma il
sacrificio di tua madre non è stato vano, figliolo, quell'uomo malvagio non
c'è più e..."
"Mi dispiace deluderla, sensei, ma quell'uomo è ancora vivo e i suoi
traffici sono più attivi che mai!" lo interruppe bruscamente Mitsui.
Matsudo sussultò come se qualcuno lo avesse schiaffeggiato con forza.
"Cosa... cosa stai dicendo?"
"Quel maledetto ha cambiato zona, adesso opera nel Kanto e nel nord del
Giappone, ma le assicuro che è ancora vivo!"
"Come fai a saperlo?"
"Non siamo certi che sia la solita persona" intervenne allora Kaede "ma se
non è lui, è comunque qualche seguace sopravvissuto, perché i modi di agire
e gli affari che tratta sono gli stessi che ci ha descritto pochi minuti fa
lei stesso."
A quelle parole Hiroshi si coprì il volto con entrambe le mani e profonde
lacrime cominciarono a solcare le sue guance candide.
"Perdonatemi!"
Senza aggiungere altro, si alzò e uscì velocemente dalla stanza.
Lunghi minuti di silenzio furono improvvisamente interrotti dalla debole
voce di Sendoh che, alzandosi a sua volta, comunicò: "Scusatemi, ho bisogno
di stare da solo per un po'."
Mitsui raggiunse Akira sul portico quando il sole stava cominciando a
tramontare.
"Ciao!" lo salutò un po' impacciato.
"Ciao."
"Ti disturbo, vuoi stare ancora da solo?"
"No, non ti preoccupare" rispose subito Sendoh.
"Accidenti, c'è pure un giardino zen in grande stile!" esclamò Hisashi, non
sapendo proprio cosa dire.
Se, almeno, fosse stato pazzo come il rossino, avrebbe sicuramente tirato
fuori qualcosa di buffo o di stupido da dire e sarebbe riuscito a
sollevargli il morale, invece lui non era abituato a confortare le persone,
non sapeva nemmeno da che parte cominciare.
"Già, è la prima volta che ne vedo uno così completo fuori da un tempio!"
disse distrattamente il detective.
"Akira... cosa posso fare per aiutarti?"
Mitsui non era abituato a consolare il prossimo ma nemmeno a perdere tempo
inutilmente e vedere il suo ragazzo così... combattuto lo faceva star male.
Sendoh si mosse molto rapidamente e stringendo le braccia attorno al collo
di Hisashi si nascose sulla sua spalla, cominciando a piangere.
Il barman non lo sentì singhiozzare né respirare più forte, percepì solo le
sue lacrime silenziose che gli bagnavano copiosamente il collo e la camicia
che indossava.
All'inizio la reazione del ragazzo lo colse impreparato: non lo aveva mai
visto così vulnerabile e quel pianto muto lo spaventò più di qualsiasi altra
reazione. Tuttavia il suo istinto decise cosa fare prima della sua ragione
e, sollevando velocemente le braccia, cinse a sua volta il collo affusolato
di Akira, stringendolo con la stessa intensità con cui lo abbracciava
l'altro.
Sendoh si separò solo diversi minuti dopo dal corpo caldo e protettivo del
compagno ma non si allontanò molto.
"So che è una cosa folle!" si affrettò a precisare Akira "però io non posso
lasciare che..."
"Certo" lo interruppe subito Mitsui, sorprendendo non poco Akira, che
sollevò la testa di scatto.
"Ma io credevo che tu, sì insomma, non ti importa se io affronto una guerra
così folle?!"
"BAKA!!" lo insultò senza dolcezza Mitsui "perché pensi subito ad una cosa
del genere? Credi veramente che non mi importi niente di te?"
"No, scusami io..."
"Tu e Kaede avete risolto decine e decine di casi, avete reso felici tante
persone, rischiando la vostra vita, perché non dovresti farlo per rendere
più serena la tua?"
Parole che Mitsui avrebbe voluto pronunciare con calma e dolcezza furono
gridate quasi con rabbia, tuttavia sortirono ugualmente il loro effetto e
restituirono un po' di refrigerio ai lucenti occhi del detective, che si
scusò di nuovo con un leggero sorriso dipinto sulle labbra.
"Mh, non c'è bisogno che ti scusi" sbuffò ancora imbronciato il barman "del
resto, sempre detto che sei uno stupido!"
"Ehi!!" protestò allora Sendoh.
"Andiamo adesso, Hanamichi sta consumando tutto il pavimento della sala, per
l'agitazione!!"
Il volto di Akira si illuminò definitivamente al pensiero dell'amico
preoccupato per lui e non si lasciò sfuggire l'occasione di punzecchiare il
suo compagno: "Sai, dovresti imparare molte cose dal tuo amico di vecchia
data, è più gentile e anche più premuroso e poi è dolce e... OUCH!"
Akira si massaggiò lo stomaco dolorante ma non poté fare a meno di sorridere
quando sentì il suo ragazzo rispondergli: "Allora la prossima volta che
senti la necessità di frignare come una fontana aggrappati al collo di
Hanamichi, così eviti d'infradiciarmi la camicia... era anche la mia
preferita!"
E smettendo di borbottare sparì dentro il salone dove li aspettavano gli
altri.
Il maestro raggiunse di nuovo i ragazzi e rimase piacevolmente sorpreso nel
trovarli tutti e quattro riuniti mentre ridevano sinceramente divertiti.
Tutti tranne uno.
"Uffa, non capisco che cosa ci sia da ridere tanto! Pure tu volpaccia!"
"Do'aho!" lo apostrofò dolcemente Rukawa "scusa ma... quante cose ti ha
costretto a fare tuo padre?!"
"Siete tutti quanti degli ignoranti, la cerimonia del tea è una vera e
propria arte e racchiude in sé tutto il pensiero filosofico ed estetico del
nostro paese, anche se allora odiavo a morte mio padre per avermi costretto
a frequentare un club simile, adesso gliene sono grato!"
"Non ci credo!" continuò a provocarlo Sendoh.
"Non dovreste prenderlo in giro, il vostro amico ha perfettamente ragione."
Tutti quanti si voltarono verso la porta smettendo improvvisamente di
parlare quando sentirono le parole del signor Matsudo.
"Ci scusi, stavamo facendo troppa confusione!" disse allora Mitsui.
"Oh no, sono io a dovermi scusare per il mio comportamento imperdonabile" si
affrettò a rispondere il maestro "vi ho invitato nel mio ryokan e poi vi ho
lasciato soli per tutto questo tempo!"
"Non si preoccupi, avevamo tutti bisogno di riflettere!"
L'uomo si avvicinò ai quattro ragazzi e si sedette assieme a loro.
"Allora, da quanto ho sentito conosci bene la nobile arte Chanoyu, ti
piacerebbe officiarne una per noi questa sera? Abbiamo tutti quanti bisogno
di purificare il nostro spirito."
"Oh no, sono molti anni che non faccio una cosa del genere, non ne sarei più
capace!"rispose il rossino terribilmente imbarazzato.
"Andiamo, che fine ha fatto il Tensai!!" lo prese in giro Mitsui, ma
stranamente l'amico non reagì alla sua provocazione.
"Io non vorrei offenderla con un mio possibile errore Matsudo-sensei!"
"Oh non temere, qualcosa mi dice che sarai un officiante perfetto!"
I ragazzi si ritirarono così nelle proprie camere e, indossando i kimono che
Hiroshi aveva prestato loro, si prepararono adeguatamente per la solenne
cerimonia.
Quando poi si ritrovarono di nuovo furono tutti colti da uno strano senso
d'imbarazzo: erano secoli che non indossavano abiti tradizionali.
"Bene se siamo tutti pronti possiamo raggiungere la sala da tea!" li esortò
Matsudo con il suo solito sorriso.
Seguendo il protocollo della cerimonia, si lavarono accuratamente le mani
prima di entrare nella piccola e semplicissima stanza. Il primo a sedersi di
fronte alla teiera, posta al centro del pavimento, fu Hanamichi che subito
fece accomodare Matsudo alla sua destra e a seguire tutti gli altri.
Proseguendo fedelmente con le fasi successive consumarono un pasto leggero
servito dalla governante e, al termine di esso, Hanamichi poté finalmente
iniziare la preparazione della bevanda.
Gli amici restarono profondamente incantati dall'eleganza dei suoi
movimenti; il rispetto per i preziosi strumenti che utilizzava scaturiva da
ogni suo gesto e nonostante la massima attenzione in tutto quello che
faceva, le sue movenze erano così fluide e naturali che sembrava non avesse
fatto altro in tutta la vita.
Lentamente riversò il tea polverizzato, verde come giada, sull'acqua calda,
lo amalgamò bene con il frullino di bambù finché non diventò un liquido
denso, leggermente spumoso, e poi lo versò con attenzione sulla tazza
finemente decorata che porse a Matsudo, offrendogli la parte migliore di
essa.
L'uomo prese dalle mani del rossino il bicchiere in ceramica e a sua volta
ebbe cura di girarlo, proprio per non avere la presunzione di bere nel lato
più bello. Allorché ebbe terminato tutto il liquido, il maestro terse con le
dita il bordo e, dopo essersi asciugato le mani in un tovagliolo, tese di
nuovo la tazza a Hanamichi, che la lavò e l'asciugò con cura prima di
ripetere il medesimo procedimento e servire così il resto dei 'suoi' ospiti.
Quando la cerimonia ebbe fine la piccola stanza era permeata da un'intensa
atmosfera di pace e beatitudine e nessuno aveva il coraggio di rompere
quell'armonia con le parole.
"Come immaginavo" parlò alfine Hiroshi "il tuo maestro doveva essere molto
fiero di te, io stesso non avrei saputo fare di meglio!"
"La ringrazio sensei, lei è molto gentile!"
"Sono solo sincero, non è vero ragazzi?"
Ma sia Sendoh sia Mitsui erano troppo sorpresi dalla grazia di quel
terremoto vivente per proferire anche una sola parola mentre Kaede sembrava
impegnato in tutt'altri pensieri.
"Bene, per me si è fatta ora di andare a dormire, vi auguro una buona notte
ragazzi!" li salutò il maestro, sollevandosi in piedi.
"Sono stanco anche io!" esclamò Akira, imitando lo zio. "Tu Hisashi
preferisci rimanere?"
"No, ti seguo, buonanotte!"
"Allora notte, noi ci trasferiamo un po' sotto il portico, è una notte
serena e non capita spesso di avere la possibilità di vedere tante stelle!"
rispose per entrambi il rossino.
Hanamichi se ne stava stranamente in silenzio seduto sul parquet del
porticato.
Teneva le braccia gettate dietro la schiena e la testa completamente rivolta
verso l'alto ad ammirare la volta celeste incastonata da miriadi di puntini
luminosi, mentre Kaede, con la schiena appoggiata ad una colonna di legno e
le gambe leggermente piegate verso il petto, osservava il suo ragazzo con la
stessa intensità con cui egli guardava il cielo.
"Che c'è?" Hana si voltò improvvisamente, per scoprire il motivo
dell'atteggiamento del suo compagno.
"Niente" rispose quello scuotendo lievemente la testa.
"Dai!!"
"Pensavo!"
"A cosa?"
Kaede esitò, ma lo sguardo liquido che rivolse al modello era molto
eloquente.
"Ka... Kaede?!"
Il volpino continuò a non rispondere e, afferrando un polso del ragazzo, lo
tirò a sé, accogliendolo sul suo ampio petto. Restò a guardarlo intensamente
per alcuni secondi, poi piegandosi sulle labbra di Hanamichi le baciò con
passione.
Solo quando si separarono, molti attimi dopo, Kaede parlò sensualmente
direttamente nell'orecchio del rossino: "Prima, durante la cerimonia, eri
terribilmente sexy!!"
Il volto di Hanamichi diventò all'istante di brace e trovò appena il fiato
di mormorare "Hentai!" prima che la sua bocca fosse di nuovo invasa dalla
lingua impudente del suo amante.
"Kaede no..." gemette Hanamichi tra un bacio e l'altro.
"Non puoi farmi questo, Hana!"
Il rossino riuscì finalmente a bloccare le mani frenetiche della Kitsune e
separandosi da lui dichiarò con decisione: "Non qui."
Le labbra di Rukawa si piegarono in un ghigno malizioso e, afferrato il
modello per un braccio, lo trascinò in un lampo nella loro camera.
Appena Hana si richiuse gli shoji alle spalle Kaede lo afferrò per la vita
tirandolo a sé e riprese il bacio da dove era stato interrotto, trasformando
la dolcezza in bruciante desiderio. Rimasti senza fiato, Rukawa si separò
dal compagno e prendendolo per mano lo fece adagiare sul futon, stendendosi
subito dopo al suo fianco.
Sostenendosi con un gomito il volpino si sollevò leggermente per gustarsi la
vista del suo ragazzo: era così bello ed innocente che il desiderio che
provava per lui gli causava un dolore fisico al ventre.
Senza una parola, Rukawa prese ad accarezzargli con i polpastrelli la pelle
dorata della fronte, delle guance e quella ancora più morbida delle labbra,
prima di scendere sulla gola e sul petto, aprendo i lembi del suo kimono
scuro, dove sostituì le dita con la propria bocca, avida di quella pelle
bollente e deliziosa.
Leccò a lungo la morbida corona attorno ai capezzoli e, quando
s'inturgidirono, non esitò un attimo a prenderli in bocca e succhiarli con
cupidigia, facendo inarcare il corpo di Hanamichi. Quindi, approfittando
dello spazio che il rossino gli aveva lasciato, fece scorrere la seta lungo
la sua schiena e denudò il torace scolpito. Subito dopo le mani di Kaede si
portarono sulla fascia alla sua vita e, facilitato dal compagno che sollevò
i fianchi per lui, riuscì a spogliarlo completamente, ad eccezione dei
candidi calzini che ancora portava ai piedi.
Finalmente Rukawa si decise a togliere la lingua dal ventre di Hanamichi e,
sollevando la testa, non riuscì a trattenere un piccolo sorriso per come si
presentava il ragazzo ai propri occhi: ansimante, arruffato e a dir poco
sconvolto.
"Baka Kitsune" borbottò imbarazzato Sakuragi "hai intenzione di giocare
ancora per molto con me?"
"Do'aho, se fosse per me non farei altro nella vita!"
E prima che potesse replicare, il volpino si piegò sul suo amante per rubare
quel tenero broncio che gli increspava le labbra in modo irresistibile.
Quando poi si separarono Kaede si portò davanti all'altro e, dopo avergli
sollevato i piedi uno per volta per sfilarne i calzini e gettarli lontano,
li accostò insieme, cominciando a baciarli partendo dalle dita.
"Ka... Kaede!" ansimò incredulo Hanamichi.
"Te l'ho mai detto che hai dei piedi bellissimi?" domandò maliziosamente il
volpino.
Hana ovviamente non rispose, troppo impegnato a trattenere i gemiti che
quella lingua e quelle labbra dispettose ma terribilmente eccitanti gli
provocavano. Lentamente Kaede risalì le lunghe gambe del suo ragazzo,
soffermandosi molto sull'interno coscia, mentre con una mano si divertiva a
stuzzicare la sua virilità tesa.
"KITSUNEE!!"
Il richiamo risentito del modello, a fatica soffocato sul cuscino che si era
portato davanti alla bocca, fece capire a Rukawa che era arrivato il momento
di fare sul serio così, molto velocemente, si spogliò a sua volta e tornò ad
accarezzarlo con il palmo della mano.
"Ti prego Kaede!" soffiò con un filo di voce il ragazzo dalla pelle di
bronzo e il volpino gli artigliò i fianchi e lo tirò verso di sé, mandando a
sbattere le loro virilità.
Hana, a quel contatto improvviso, sgranò gli occhi e trattenne a stento un
grido, maledicendo le sottili pareti di carta che gli impedivano di urlare
liberamente la sua passione, mentre Kaede, per imitarlo, si morse a sangue
il labbro inferiore.
Ora Hanamichi sentiva la mano grande e calda del detective lavorare sul
proprio membro e la sua virilità rigida e pulsante svettare contro la
propria fessura; era davvero troppo devastante per resistere oltre e così si
lasciò andare, venendo sul proprio ventre e sul palmo di Rukawa.
Kaede, però, non gli lasciò il tempo di riprendere fiato e sollevandogli il
bacino lo portò alla sua bocca per prepararlo. Lentamente leccò il liquido
bianco che era colato dal suo precedente orgasmo e lo usò per ammorbidire la
sua fessura che, dopo lunghi minuti di tortura, penetrò con due dita.
Hana divaricò istintivamente le gambe, piegandole verso di sé, e, per
resistere alla tentazione di gridare, afferrò forte la stoffa del futon e
ordinò: "Adesso... prendimi adesso non ce la faccio più!"
Il rossino era completamente bagnato e morbido, quello era il momento
migliore per soddisfare il bisogno d'appagamento e d'amore che entrambi
avevano, quindi Kaede lo adagiò di nuovo sul futon e, posizionandosi fra le
sue gambe completamente schiuse, lo penetrò con estrema dolcezza, facendo
sospirare entrambi di soddisfazione.
Rukawa restò immobile dentro quel nucleo di calore per alcuni secondi poi,
continuando a tenere stretti i fianchi del ragazzo, iniziò a spingere
lentamente, impazzendo di appagamento nel vedere gli occhi del suo Do'aho
annegare nel piacere.
"Ti amo... ti amo... ti amo..." mormorava freneticamente Hanamichi.
Ma Kaede era insaziabile e, affondando i suoi zaffiri nei diamanti scuri
dell'amante, chiese: "Dimmelo ancora!"
Hana però, per paura di urlarlo, afferrò la nuca del volpino e la tirò verso
di sé affinché le loro bocche soffocassero reciprocamente i gemiti e così,
profondamente uniti in ogni punto del corpo e dell'anima, raggiunsero il
culmine nello stesso identico momento.
Ricaddero completamente privi di forze sul futon sfatto, attendendo a lungo
prima di muovere anche solo un muscolo, poi, con la poca energia rimasta,
Hanamichi esaudì la richiesta del volpino e, accoccolandosi sul suo petto,
bisbigliò l'ultimo "...ti amo" prima di addormentarsi.
I ragazzi soggiornarono nel ryokan altri due giorni, dopo i quali Akira e
Kaede decisero di parlare con il maestro e di rivelargli le loro vere
intenzioni.
"Se quello che mi dite è vero" parlò Matsudo al termine delle loro
spiegazioni "la vostra sarà una missione molto pericolosa!"
"Lo sappiamo zio ma..."
"Tuttavia io non voglio contraddire le vostre scelte, ditemi solo se posso
fare qualcosa per voi!"
"Beh in realtà c'è qualcosa che potresti fare per noi: ospiteresti i nostri
ragazzi finché non sarà tutto finito?"
"Certo, non temete, saranno al sicuro qui, questo vecchio ryokan ha protetto
me per così tanti anni, farà lo stesso con loro!"
"La ringraziamo, Matsudo-sensei!" espresse subito la sua gratitudine Kaede,
che aveva deciso di aiutare il collega nella sua folle impresa ma non aveva
nessuna intenzione di rischiare la vita dei ragazzi.
Nel primo pomeriggio furono quindi pronti a partire.
"Cercate di non morire, ok?" li salutò Mitsui non sapendo cos'altro dire.
"Va bene" promise Sendoh fissandolo direttamente negli occhi.
"Altro che non morite!" saltò su il rossino "cercate piuttosto di tornare
entro la prossima settimana, ho uno spot importante da girare, io!!"
"Do'aho" lo riprese dolcemente Kaede prima di promettere "girerai il tuo
spot."
Distogliendo per un attimo lo sguardo dalla strada, Kaede si voltò
leggermente verso il collega.
"Che hai da sorridere come un deficiente?"
"Sai pensavo!" spiegò Sendoh "mi dispiace aver saputo che i miei genitori
sono entrambi morti per colpa di uno psicopatico, ma sono contento di avere
uno zio così in gamba!"
"Mh... è una buona consolazione" ammise Rukawa senza problemi "anche se
adesso la tua famiglia è un'altra!"
"E chi?"
"Mitsui..."
"E poi..." insinuò sempre più divertito Akira.
"E poi niente, idiota..." borbottò leggermente imbarazzato il volpino
"perché mi fai queste domande? Ti sembro forse Hanamichi?!"
"No, no, però... ti voglio bene anch'io Kaede."
"Mh... chiudi il becco idiota e pensa ad un modo per uscire da questa
situazione!!"
Il viaggio di ritorno fu stranamente più breve di quello fatto all'andata; i
detective erano, infatti, troppo impegnati a riflettere sulle informazioni
in loro possesso per accorgersi dello scorrere dei chilometri.
"Ehi hai sbagliato uscita, la nostra era quella dopo!"
Akira riprese il collega, continuando a guardarsi indietro come se l'uscita
autostradale potesse, per quello, spostarsi più avanti.
"Mi è venuta un'idea." Si limitò a dichiarare Rukawa.
"E cioè?"
"Andremo a parlare con Mito."
"E chi è questo Mito?"
"Un amico d'infanzia di Hanamichi."
Sendoh alzò gli occhi al cielo, esasperato dalle risposte ermetiche di
Kaede.
"Ti devo strappare una spiegazione completa con le pinze?!"
"E' un meccanico" rispose Rukawa trattenendo a stento un sorriso.
"Oh sì, questo sì che mi aiuta!! Sai il modo che hai per divertirti mi
preoccupa molto, dovresti farti controllare da uno specialista uno di questi
giorni."
"Mh, non è colpa mia se non mi lasci finire!"
"E allora muoviti, finisci!!"
"E' un meccanico appassionato di incendi."
"Ma che razza di passione è? Vuoi dire che è un piromane?"
"No, suo padre è un artificiere molto abile e ha trasmesso la stessa
passione al figlio; hanno un archivio più fornito di quello della polizia e
magari ci può dare qualche elemento su cui iniziare le nostre indagini!"
"Sì certo, è sempre qualcosa!"
Sendoh, all'inizio scettico di riuscire a ricavare qualche informazione
utile dall'archivio di un civile, rimase a dir poco basito quando, dopo
averli accolti con estrema disponibilità, il gioviale ragazzo dai capelli
neri mostrò loro il suo 'quartier generale'.
"Accidenti, ma allora è vero quello che Rukawa mi ha detto!" esclamò Akira,
mentre si aggirava incredulo fra strani strumenti di cui non conosceva
nemmeno il funzionamento e grossi archiviatori metallici "questo posto è più
tecnologico di una caserma di pompieri!"
Il moretto si grattò i corti capelli dietro la testa, sorridendo imbarazzato
come se quel commento lo avesse ricevuto per sé e sorridendo rispose: "Mio
padre si è dato molto da fare nel corso degli anni per renderlo così
efficiente e adesso io provo a fare la stessa cosa!"
Senza perdere altro tempo, Mito accese il computer e fece accomodare i suoi
ospiti in confortevoli poltroncine alla sua destra.
"Allora Rukawa, come sta Hanamichi?" domandò mentre aspettava che il
computer terminasse il suo processo d'accensione.
"Mh... bene, adesso si sta godendo qualche giorno di vacanza!" rispose Kaede
restando sul vago.
"Hai capito che bella vita fanno questi modelli di successo! E dire che già
in prima liceo era stato scaricato da cinquanta ragazzine!"
"Che cosa? Ma che dici!" esclamò Sendoh incredulo.
"Chi non lo ha conosciuto in quel periodo non lo può capire..." e lasciando
la frase in sospeso, si concentrò subito dopo sul suo 'lavoro'.
"Allora se non sbaglio mi avete chiesto di un incendio avvenuto venticinque
anni fa nelle zone di Kyoto."
Il ragazzo digitò velocemente i dati sulla tastiera e attese qualche istante
che apparissero le informazioni.
"Ah sì mi ricordo di quest'incendio, mio padre me ne parla spesso" cominciò
Mito corrugando leggermente la fronte "fu molto violento e pieno di misteri,
le notizie giunsero terribilmente confuse e sempre diverse. Ancora oggi non
si è capito cosa sia successo di preciso e mio padre è più che certo che non
si fosse trattato di un semplice magazzino di fuochi d'artificio!"
"Capisco!" finse di non conoscere già la verità Rukawa.
Mito continuò a ricercare tutto il materiale a sua disposizione ma diversi
minuti dopo si lasciò andare contro lo schienale della sedia, frustrato.
"Mi dispiace ragazzi, ho solo le notizie riportate nei giornali e la lista
completa dei deceduti."
"Nient'altro?" domandò deluso Akira.
"No, come vi ho detto fu un vero e proprio enigma. Un paio di anni fa,
capitando da quelle parti, mio padre provò a fare un po' di domande alla
gente del posto, ma sembrava quasi che non fosse mai accaduto niente. La
gente fingeva di non sapere o di non ricordare e questo è davvero troppo
strano, perché un incendio di quelle dimensioni non si dovrebbe dimenticare
almeno per un paio di generazioni."
"Va bene Yohei, salva tutto in un dischetto, gli daremo comunque
un'occhiata!" disse Rukawa, decisamente sfiduciato.
Mito estrasse il floppy dalla tower e lo consegnò all'amico.
"Mi dispiace davvero di non avervi potuto aiutare di più!"
"E' in ogni caso qualcosa Mito" lo tolse dall'imbarazzo Sendoh "fino a pochi
minuti fa non sapevamo nemmeno il luogo esatto dell'accaduto!"
"Ci vediamo Yohei, scusa per il disturbo!" lo salutò Rukawa alla porta.
"Figurati, salutami quello scansafatiche, ok?"
"Certo!"
"Ho bisogno di un caffè!" esclamò Sendoh una volta arrivati a casa.
"Fallo anche per me, intanto comincio ad analizzare gli articoli!"
Dieci minuti dopo, Akira raggiunse il collega con due tazze di caffè molto
forte e abbassandosi leggermente verso il monitor del computer chiese:
"Trovato niente?"
"Ho dato solo uno sguardo veloce ma non ho visto niente d'interessante."
Kaede si alzò, affacciandosi alla finestra per riflettere ancora su quella
strana storia e Akira occupò il suo posto davanti al computer per analizzare
anche la lunga lista di nomi.
"Accidenti, sono morte oltre un centinaio di persone!"
Kaede si avvicinò di nuovo al monitor e, sorseggiando lentamente il suo
caffè, cercava di non lasciarsi ipnotizzare da quelle parole che scorrevano
verso il basso con un ritmo costante.
Qualche minuto dopo Rukawa sussultò e afferrando la spalla dell'amico,
ordinò bruscamente: "Torna indietro!"
"Cosa?"
"Torna alla pagina prima, presto!"
Sendoh schiacciò velocemente il tasto per eseguire quel comando e guardò a
sua volta l'elenco di nomi che comparve.
"Io non..."
Ma le parole gli morirono in gola assieme al respiro e solo diversi istanti
dopo, dando fondo al suo autocontrollo, mormorò "Chiama il tuo amico,
presto!"
Kaede compose velocemente il numero e attese che Mito rispondesse.
"Pronto Mito sono Rukawa" si presentò velocemente "no, nessun problema,
volevo sapere quanto è attendibile la lista dei deceduti che mi hai
fornito."
Il detective restò in attesa della risposta, dopo di che ringraziò Yohei e
chiuse la comunicazione.
"Allora?" chiese Sendoh troppo impaziente.
"Le persone che sono indicate in quella lista sono state tutte quante
riconosciute: l'affidabilità è del cento per cento."
E le parole del collega risuonarono nelle orecchie di Akira come una
condanna a morte.
Improvvisamente si alzò facendo cadere indietro la sedia e, urlando
ferocemente come un leone ferito, si lanciò contro la scrivania scagliando
con una violenza inaudita a terra tutto quello che c'era sul ripiano,
compreso il monitor che malignamente gli aveva mostrato quel nome:
Hiroshi Matsudo.
"AAHH, quel bastardo, ci ha fregato!! Lo avevamo lì davanti ai nostri occhi!
Sarebbe bastato un istante, il tempo di estrarre la pistola ed io avrei
vendicato la morte dei miei genitori!"
E non contento della scrivania, cominciò a colpire tutti i mobili attorno a
lui, continuando ad urlare come un pazzo furioso.
"Ti rendi conto. Ci ha raccontato la sua follia nei minimi termini, è
scoppiato a piangere quando gli abbiamo rivelato che l'assassino era ancora
in vita e noi..."
Akira smise di parlare per scoppiare a ridere: "Ci aveva anche avvisati,
ricordi Ru, aveva detto che era un bravo attore!"
E scagliò la sedia fuori della finestra, mandando in frantumi il vetro.
"Akira..." provò a chiamarlo Rukawa.
"Ed io che mi ero illuso di aver trovato uno zio in gamba" continuò Sendoh
ignorandolo "che scemo, avrei dovuto capire che c'era il trucco, non sono
mai stato fortunato con la famiglia. Maledizione io..."
Sendoh interruppe bruscamente il suo folle soliloquio quando si ritrovò
improvvisamente attaccato al muro, perforato da due occhi altrettanto
furiosi.
"AKIRA... LORO-SONO-CON-LUI."
Sendoh non disse niente, il suo corpo cominciò a fremere sempre più forte e
lentamente scivolò dalla presa di Rukawa, cadendo a sedere per terra come
una marionetta a cui hanno tagliato i fili.
"Adesso chiamo la polizia di Nara" lo avvertì Kaede sperando di rianimare un
po' la sua speranza.
Dopo una serie di cambi Rukawa riuscì a parlare, finalmente, con il
commissariato giusto e spiegò molto velocemente la sua situazione,
tralasciando solo alcuni particolari.
"Ah capisco, la ringrazio."
"Che ti hanno detto?" domando Akira con un filo di voce.
"Il ryokan che abbiamo visto è abbandonato da almeno sei mesi e in ogni caso
il proprietario non lo ha più utilizzato da molti anni. Manderanno qualcuno
a vedere ma dubito che saranno ancora lì. Comunque mi chiameranno se trovano
qualcosa."
Sendoh abbassò la testa sempre più angosciato.
"Kami! Che cosa ho fatto!" mormorò, affondando le mani fra i propri capelli,
tuttavia la sua disperazione durò solo per pochi istanti ancora. La sua
testa, infatti, si sollevò subito dopo e, fissando il collega con occhi
ferini, sibilò: "Nakano."
"Andiamo!"
E senza aspettare un secondo di più i ragazzi si precipitarono fuori
dell'appartamento.
"Te lo ripeto per l'ultima volta, dimmi dove si trova il tuo capo!"
Rukawa e Sendoh erano riusciti a catturare il viscido individuo proprio
pochi minuti prima della sua partenza, sorprendendolo nel suo ufficio al Red
Rose mentre riempiva una ventiquattrore con tutti i soldi che aveva nella
cassaforte.
Bloccandolo nella sua costosissima poltrona di vera pelle, si erano fatti
spiegare dettagliatamente quello che era successo, venendo così a sapere
che, subito dopo la loro partenza, Nakano aveva avvertito Koyama il quale si
era precipitato a Nara per recitare la sua parte.
L'obiettivo dell'uomo era di liberarsi dei due scocciatori senza suscitare
troppo scalpore, poiché era convinto che, per soddisfare la loro curiosità,
sarebbe stato sufficiente raccontare parte della verità; mai e poi mai si
sarebbe aspettato che i due detective fossero tanto folli da sfidare
un'organizzazione come la sua solo per vendicare due persone, che perlopiù
non avevano nemmeno conosciuto.
Saputo questo, Sendoh e Rukawa volevano conoscere il luogo dove Koyama si
era nascosto assieme ai due ostaggi.
"Io non lo so!" cercò di convincerli Nakano fra le lacrime.
"Stavi scappando" disse Rukawa scostandosi leggermente la giacca scura che
indossava "stavi scappando per raggiungere lui. E nessuno può raggiungere un
luogo senza sapere la sua ubicazione!"
"No io, stavo partendo per Hong Kong, c'è un carico di ragazzi che mi...
AAAAAHHH!"
L'uomo guardò incredulo la sua mano sopra la scrivania e il pugnale che la
inchiodava ad essa e solo il poderoso schiaffo che Rukawa gli diede impedì
al verme di svenire.
"Kami! Oh Kami perché!" cominciò a singhiozzare sempre più vergognosamente.
"Ora, vuoi dirmi dove eri diretto? Per favore..." domandò di nuovo Rukawa,
estraendo la sua pistola e puntandola con forza alla tempia di Nakano.
"A Kobe, nei pressi del porto. E' un edificio molto antico ma non in stile
tradizionale, è fatto di cemento e pietra." Si arrese alla fine, troppo
spaventato dalla morte.
Kaede ripose la pistola nella fondina e si allontanò da Nakano ma Sendoh,
che era rimasto muto per tutto il tempo, non fece altrettanto.
"Povero signor Nakano, ti fa così male?" domandò con un tono falsamente
preoccupato "Aspetta, lascia che ti aiuti."
Con un movimento rapido estrasse il coltello e rimase a guardarlo, come se
fosse veramente incuriosito dal sangue che vi scorreva sopra.
"Sai quale era la punizione per le spie in passato?"
L'uomo chiuse gli occhi, completamente invaso dal terrore, ma il guaito
disperato che emise non sortì alcun effetto perché Sendoh, senza la minima
esitazione, passò il coltello sotto la sua gola, sgozzandolo come il maiale
che era.
"Scusa, amico mio, ma mi faceva troppo schifo toccare la tua lingua!"
I due detective uscirono dal Red Rose, facendo ben attenzione a non essere
visti da nessuno e confondendosi fra le ombre della strada si allontanarono
da quel posto maledetto.
"Questa volta non ce la faremo da soli!" costatò realisticamente Sendoh
mentre l'auto procedeva con calma per le vie sgombre della città.
"Dobbiamo andare dal commissario."
"Kami! Ci ucciderà!"
"..."
Nonostante l'ora tarda il signor Sakuragi accolse i ragazzi nel suo studio
alla centrale ma, poiché il suo istinto di padre strepitava come un cavallo
imbizzarrito dentro la sua testa, dimenticò ogni regola di ospitalità e
arrivò subito al punto: "Che cosa volete ragazzi?"
Il commissario ascoltò in perfetto silenzio tutto il racconto di Sendoh,
dalla foto di sua madre alle ultime dichiarazioni di Nakano e, quando non ci
fu più niente da dire, continuò a rimanere in quello stato di distaccato
mutismo ancora per diversi minuti.
"Mi hai raccontato tutto?" chiese poi con un tono indifferente, come se fino
a quel momento avessero parlato delle previsioni del tempo.
"Sì, certo!" gli assicurò Akira.
"Mi dispiace molto per i tuoi genitori e per tuo zio" affermò il padre di
Hanamichi con sincerità ma, senza aggiungere altro sull'argomento, continuò:
"Adesso però uscite, devo fare un paio di telefonate. Rimanete pure nella
sala d'aspetto, vi richiamerò al momento opportuno."
I ragazzi uscirono senza aprire bocca, sentendosi addosso la stessa colpa di
quei figli che commettono un grosso guaio ma non vengono sgridati dai
genitori, troppo delusi per dire loro qualunque cosa.
Rukawa e Sendoh attesero a lungo immersi nei loro oscuri pensieri finché il
commissario non li raggiunse con indosso il suo soprabito.
"Venite, un elicottero ci sta aspettando" li esortò l'uomo sbrigativamente
"vi spiegherò tutto durante il viaggio."
L'elicottero atterrò poco più di un'ora dopo in una collinetta nei pressi
del porto di Kobe, dove ad attendere Sakuragi c'erano già una squadra
speciale ben equipaggiata e il commissario di quel distretto.
"Salve Sakuragi, è un piacere rivederti!"
Lo salutò cordialmente l'uomo sulla cinquantina: una vecchia conoscenza del
padre di Hanamichi.
"E' un piacere anche per me, Taiki, grazie di avermi messo a disposizione i
tuoi uomini migliori con così poco preavviso!"
"Figurati, mi dispiace molto per tuo figlio, faremo il possibile per
liberarlo!"
"Bene, loro sono Rukawa e Sendoh, i collaboratori di cui ti ho parlato, ci
saranno indispensabili per il piano che abbiamo ideato!"
"Perfetto, allora andiamo a parlare con Okubo, il comandante della squadra
speciale."
I cinque uomini si riunirono attorno al cofano di uno dei furgoni della
'speciale' e Okubo aprì una cartina della planimetria della casa,
comunicando con precisione i dati che i suoi uomini erano riusciti a
rilevare con i sensori termici.
"Nel perimetro dell'abitazione abbiamo individuato con esattezza sei
sentinelle, sul tetto invece se ne trovano quattro. All'interno della casa
non è stato possibile identificare il numero preciso di uomini, ma con i
rivelatori siamo comunque riusciti a stabilire l'ubicazione degli ostaggi.
Sono in questo scantinato nel lato ovest, sorvegliati costantemente da due
uomini."
Persino il commissario Sakuragi rimase sbalordito dall'efficienza di quell'uomo.
"Come ci ha giustamente consigliato il signor Rukawa, l'energia elettrica è
già stata tolta a tutto il quartiere, ciò permetterà di eseguire con più
facilità il nostro piano d'azione. Sei dei miei uomini si occuperanno delle
sentinelle del perimetro. Superato il primo ostacolo, Sendoh e Rukawa
cercheranno di penetrare l'abitazione per recuperare gli ostaggi senza far
scoprire la loro presenza. Una volta raggiunto il loro obiettivo si
metteranno in contatto con me e a quel punto faremo irruzione all'interno
della casa. Qualche obbiezione?"
Nessuno parlò ed il piano ebbe inizio.
Silenziosi e invisibili come pantere nella notte, sei uomini si mossero
contemporaneamente a seguito dell'ordine di Okubo; superarono con le loro
corde sottili l'alto muro di recinzione e, individuati i loro bersagli, si
apprestarono ad immobilizzarli e renderli inoffensivi.
Quando il capitano ebbe ricevuto la conferma da tutti e sei i suoi uomini
diede il via libera ai due detective, che si introdussero a loro volta
nell'ampio parco della villa.
"Se passiamo attraverso il boschetto di aceri abbiamo meno probabilità di
essere individuati" costatò Sendoh a voce quasi inavvertibile.
"Ok, anche se si trova ad est, è preferibile spostarsi all'interno della
casa, troveremo più ripari dove nasconderci!"
Agevolati dalla più totale oscurità e dalle piante, i ragazzi riuscirono a
raggiungere la piccola finestrella dei sotterranei senza essere visti.
Velocemente Sendoh forzò la maniglia con un piccolo piede di porco e con
attenzione scivolò dentro l'abitazione, imitato pochi secondi dopo da Kaede.
Grazie ai fedelissimi occhiali ad infrarossi riuscirono ad individuare
immediatamente la loro posizione e, spostandosi rapidamente attraverso i
corridoi umidi e poco ventilati, si diressero verso il lato ovest della
casa.
Durante il loro percorso incontrarono diversi uomini di Koyama, tutti molto
agitati da quella precaria condizione d'oscurità e per questo facili
bersagli dei due professionisti. Molto spesso non avevano nemmeno bisogno di
estrarre un'arma, riuscivano ad avvicinarsi così tanto che spezzavano loro
il collo con una mossa fulminea e del tutto ovattata.
"Da quella parte" mormorò Rukawa guidando il collega.
"Fai attenzione, di sicuro avranno aumentato il numero di guardie alla
porta!"
E la previsione di Sendoh fu pienamente azzeccata.
"Sono sei" contò velocemente Kaede.
"Non possiamo affrontarli a corpo libero, rischiamo di essere scoperti,
usiamo il gas" propose allora Akira.
D'accordo con il collega, Kaede prese da una tasca del corpetto una piccola
sfera di plastica dura, forata in più punti, estrasse velocemente la sicura
e la fece rotolare con precisione ai piedi delle guardie.
Dieci secondi dopo un fumo denso e scuro cominciò a fuoriuscire dai fori e
gli uomini non riuscirono nemmeno a lanciare l'allarme poiché caddero
addormentati all'istante.
Quando il gas soporifero si fu dissolto, Akira e Rukawa corsero alla porta e
la spalancarono con violenza, facendo sussultare chi era imprigionato
all'interno della stanza.
"Chi è là" gridò subito una voce conosciuta che fece tremare di sollievo le
gambe del volpino "se qualcuno osa avvicinarsi è un uomo morto!"
"Do'aho!" Fu l'unica parola che Kaede riuscì a pronunciare.
"Kitsune!!" urlò allora Hanamichi con lo stesso sollievo che aveva provato
poco prima il suo compagno.
"Shh, non urlare Hana o ci scopriranno, dove è Mitsui?" fece subito dopo la
domanda che Sendoh non riusciva a porre.
"E' qui" si affrettò a rispondere Hanamichi "si è addormentato, quei
bastardi gli hanno rotto un braccio!"
Quando i detective si avvicinarono riuscirono a distinguere perfettamente le
figure dei due ragazzi e Rukawa trattenere fra i denti un grido di puro odio
quando vide la parte destra del volto di Hanamichi interamente coperta da un
livido violaceo e le sue belle labbra spaccate da un profondo taglio, dove
il sangue si era seccato formando una sottile crosta marrone.
"Do'aho che cosa avete combinato?"
"Te lo spiego dopo volpaccia, adesso voglio uscire da questo buco, mi sembra
di stare dentro ad una tomba!"
"Stupido, dovevi aspettarmi!"
E delicatamente sfiorò la parte contusa del suo rossino, che piegò
istintivamente la testa per andare incontro a quella carezza.
"Aspettare una baka Kitsune rallentata come te, non volevo mica morire!"
scherzò dolcemente il modello.
Mentre Rukawa comunicava ad Okubo che la loro missione era stata conclusa,
Sendoh svegliò con attenzione il suo compagno.
"Cosa?!" domandò Mitsui allarmato.
"Ti sembra questo il momento di schiacciare un pisolino?"
"SENDOH!" ansimò quasi incredulo prima di continuare con un tono più
sostenuto "maledizione, sei sempre il solito ritardatario!"
"Scusami" bisbigliò Akira, sentendosi realmente in colpa.
"Non dire sciocchezze, ora sei qui!"
I ragazzi non dissero altro, bastavano i loro sguardi a curare tutte le
ferite, ma le raffiche delle mitragliette interruppero però il loro dolce 'dialogo'.
"Adesso usciamo da qui!" disse con tono deciso Rukawa.
Ripercorrendo a ritroso il cammino che avevano fatto pochi minuti prima,
Akira e Kaede riuscirono a portare in salvo i due ragazzi, mentre nella
villa si consumava uno scontro violento fra gli uomini di Koyama e la
squadra speciale.
"Papà!" gridò sorpreso il rossino non appena vide il commissario ad
aspettarlo fuori della villa.
L'uomo non disse niente ma accolse il figlio fra le sue braccia,
accarezzandogli subito dopo i capelli impastati dalla polvere.
"Stai bene tesoro?"
"Sì, non ti preoccupare."
"E tu?" domandò subito dopo rivolgendosi questa volta a Mitsui.
"Tutto bene signore, sono solamente un po' ammaccato!"
"Bene" sospirò sollevato Sakuragi "adesso finalmente vi sarete decisi a
lasciar perdere questi due squilibrati!!"
"Papààà!"
"Fai come ti pare, ma sappi che te lo permetto solo perché sono venuti loro
a tirarvi fuori di là, altrimenti..."
Diversi minuti dopo gli spari cessarono completamente e l'irruzione ebbe
dunque fine; gli uomini della 'speciale' cominciarono ad uscire con i
criminali sopravvissuti ammanettati e controllati a vista e fra di loro
c'era anche Koyama.
"Posso parlare con lui, signore?" chiese Sendoh al padre di Hanamichi.
"Sì certo." E così dicendo, fece un gesto al poliziotto che lo scortava
affinché si fermasse.
Akira si avvicinò all'uomo fissandolo dritto negli occhi e con voce piatta
domandò: "Che ne è stato del mio vero zio?"
Koyama sorrise beffardamente ma nonostante tutto rispose: "Quell'insetto
insignificante raggiunse tua madre non appena ricevette la lettera, voleva
fare l'eroe e invece è finito arrosto come un povero stupido!"
Akira trattenne con tutte le sue forze la rabbia che gli pulsava feroce in
testa e continuò con un'ultima domanda: "Perché non mi hai ucciso quando ne
avevi la possibilità?"
"Sai, non è assolutamente vero che assomigli a tuo padre!"
"Sei così tranquillo perché le tue amicizie ti faranno uscire presto di
prigione, vero?"
Koyama non rispose e allora Sendoh continuò: "Ma non temere, se dovesse
accadere io sarò alla porta ad aspettarti!"
E l'ultima cosa che Akira vide di quel mostro fu il suo ghigno sprezzante.
Quando le auto della polizia si furono allontanate, il signor Taiki si
avvicinò discretamente al suo amico collega e domandò: "Come stanno tuo
figlio e il suo amico?"
"Bene, solo ferite leggere!"
"Allora, posso fare loro qualche domanda?"
Sakuragi guardò i due giovani e, vedendoli annuire entrambi, acconsentì.
"Il commissario Sakuragi mi ha raccontato tutto quello che è successo prima
del vostro rapimento" spiegò l'uomo "adesso vorrei sapere quello che è
successo a voi dopo che Sendoh e Rukawa hanno lasciato il ryokan."
"Non c'è molto da raccontare signor commissario!" esordì Mitsui,
sostenendosi il braccio destro dolorante con la mano sinistra "dopo circa
due ore dalla loro partenza la pensione è stata circondata da delle macchine
scure e una decina di uomini, agli ordini di quel falso maestro, sono
arrivati per catturarci."
"Abbiamo cercato di opporre resistenza" continuò il rossino "ma erano dei
professionisti e dopo pochi minuti sono riusciti a sopraffarci. Per quanto
mi riguarda poi, non ricordo altro perché mi hanno stordito e mi sono
risvegliato in quella stanza completamente buia. E' stato Rukawa a dirmi che
non siamo più a Nara bensì a Kobe."
"Sono stato stordito anche io" dichiarò subito dopo Hisashi.
"D'accordo" concluse quindi il commissario "grazie della vostra
disponibilità ragazzi, una macchina vi accompagnerà immediatamente
all'ospedale!"
"Grazie infinite Taiki" espresse la sua gratitudine il padre di Hanamichi.
"Non ti preoccupare, spero di rivederti prima del tuo ritorno a Kanagawa!"
"Contaci."
Il cellulare di Sendoh squillò proprio mentre il signor Taiki chiudeva lo
sportello della sua macchina.
"Sì, pronto" rispose velocemente Akira sotto lo sguardo attento del collega
"ho capito, grazie Maki, siamo in debito con te adesso!"
Il detective chiuse subito la comunicazione e guardò Kaede sollevato.
"E' tutto sistemato!"
"Perfetto."
Il commissario seguì quello scambio di battute sospette.
"Che cosa è sistemato?" domandò poi 'leggermente' preoccupato.
"Niente di speciale, signore" lo tranquillizzò Akira con il suo sorriso più
innocente "avevo lasciato alcuni abiti in lavanderia e un mio amico è andato
a ritirarli!"
"Alle cinque di mattina?"
"E' una lavanderia aperta solo la notte, fra pochi minuti avrebbe chiuso e
Akira non avrebbe potuto ritirare il suo adorato cappotto prima di domani."
Rukawa continuò quell'assurda spiegazione sotto lo sguardo incredulo di
tutti.
"Eppure ho sentito già nominare quel nome: Maki..."
Le riflessioni del commissario furono interrotte di nuovo dal suono di un
cellulare, questa volta il suo.
"Pronto" rispose bruscamente come al solito.
"Che cosa!!! Ma non è possibile! Ho capito, ti ringrazio. Ci vediamo."
Sakuragi premette il tasto off nel suo telefonino, dopo di che guardò i due
detective con malcelata collera.
"Era il mio amico Taiki" li informò con una voce spettrale "e indovinate
cosa mi ha appena detto? Koyama è morto, qualcuno gli ha sparato mentre due
agenti lo scortavano alla centrale. Voi ovviamente non ne sapete niente
vero?"
"Assolutamente no!" gli assicurò Rukawa "siamo rimasti con lei per tutto il
tempo, giusto?"
"Giusto!" confermò Akira mentre la collera del commissario aumentava a
dismisura.
"Un giorno o l'altro vi sbatterò in galera, ve lo prometto!" esplose alla
fine Sakuragi "Adesso forza Hisashi, ti accompagno in ospedale!"
"Sì signore!" non ebbe il coraggio di obbiettare Mitsui.
"Hanamichi vieni anche tu!"
"Ma io non ho bisogno..."
"TI HO DETTO VIENI!!"
"Agli ordini!" scattò immediatamente il rossino.
E sorridendo rassegnati ai 'loro' detective, i due ragazzi seguirono il
commissario senza aggiungere altro.
OWARI
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