Serie: Saiyuki
Pairing(s):
quelli già fatti dalla Minekura
Rating: PG con un po’ di lime; un po’ di violenza
Parte: 1/1
Spoilers:
qualcuno sì, per chi non ha ancora visto la serie
Disclaimers:
i personaggi che ho strapazzato appartengono a Kazuya
Minekura ed ai suoi editori, io mi ci diverto un po’
ma senza guadagnarci nulla.
Note: Grazie alle mie Alexiel (ti devo un titolo) ed Hanachan
per la supervisione ed il beta-readaggio. Un saluto
speciale a Denise per essere stata la prima, oltre alle prima
citate, ad averla letta a commentata!
Destini
by
Choco
Hakkai
osservava Gojyo sdraiato sul letto all'altro capo
della stanza, le braccia incrociate dietro alla nuca, un ginocchio sollevato,
gli occhi chiusi e l'espressione totalmente rilassata.
La luce dorata delle lanterne appese accanto
all'insegna della locanda filtrava tenue attraverso gli scuri, giocando con i
capelli cremisi del ragazzo ed accendendo tra essi
piccole scintille color rubino.
Hakkai
lo guardava, sentendo il cuore accelerare i battiti secondo
dopo secondo, la gola stringersi a causa di qualcosa di indefinibile...
...Era passato poco più di un mese dalla
notte in cui Gojyo l'aveva svegliato mentre era in preda agli incubi, consolandolo
e rassicurandolo; dalla notte in cui si erano coccolati e baciati, per poi
promettersi a vicenda di riflettere sui rispettivi sentimenti.
E
tutto era tornato come prima.
O meglio... La complicità tra loro due era
senza dubbio più forte; capitava molto spesso che si scambiassero sguardi
dolcissimi senza nessun particolare motivo, che si sfiorassero
*accidentalmente*, talvolta anche che rimanessero a
dormire l'uno accanto all'altro... ma la presenza dei loro compagni di viaggio,
la situazione di incertezza che stavano vivendo ed i fantasmi del loro passato
non avevano certo contribuito a far progredire la loro relazione.
Anzi...
Hakkai
non voleva che quanto successo tra di loro finisse
nella scatola dei vecchi ricordi; non sopportava l'idea di rischiare di morire
senza aver avuto un'altra occasione di essere stretto tra le braccia del
compagno, di baciarlo un'altra volta...
Sospirò profondamente, attirando l'attenzione
di Gojyo, che aprì lentamente un occhio e lo puntò su
di lui.
"Sei sveglio, Hakkai?", Domandò sottovoce il mezzo-kappa.
Il caso aveva voluto che quella sera
trovassero una locanda con qualche stanza in più, così avevano potuto
comodamente sistemarsi due a due; Sanzo aveva preso Goku per un orecchio e se l'era trascinato dietro
("Così terrò d'occhio i tuoi comportamenti da primate") e, di
conseguenza, loro due si erano ritrovati in camera assieme... Da soli.
"Mi pare così strano... E' la prima
volta che ti vedo tanto agitato da sveglio; di solito lasci al sonno il compito
di rivelarmi la tua parte emotiva.", disse Gojyo,
riabbassando la palpebra sull'occhio che si era preso la briga di aprire pochi
secondi prima. "Cosa c'è che non va?", aggiunse quindi, stavolta
aprendo entrambi gli occhi e puntandoli in quelli di Hakkai;
quest'ultimo distolse in fretta lo sguardo,
sentendosi arrossire stupidamente ma, soprattutto, temendo il confronto con
l'amico... Temendo di sentirsi dire che quella serata di effusioni
era stata uno sbaglio, un momento di confusione e debolezza.
“Hakkai… Vieni qui.”
Il giovane dai capelli corvini sbatté le
palpebre, sorpreso; arrossì, se possibile, ancora di più e guardò il suo
compagno, che gli aveva teso una mano e lo stava osservando con una tale
intensità che Hakkai avrebbe facilmente potuto
sciogliersi lì dov’era.
“Non avrai paura di me, vero?”, lo incalzò Gojyo quando realizzò che il
giovane youkai non si era mosso nemmeno di un
centimetro, ma era anzi impalato come una statua di sale. “Su… Vieni qui…”
La voce del Kappa
aveva assunto una sfumatura tutta particolare, quella che usava per sedurre le
belle ragazze che incrociava sul suo cammino e che raramente non aveva assolto al suo scopo.
Hakkai
si lasciò pervadere dal calore che ogni volta lo assaliva quando Gojyo lo guardava in quel modo o gli parlava con quella
voce e si alzò, colmando con due passi delle sue lunghe gambe snelle la
distanza tra i loro letti; Gojyo gli afferrò una mano
con la sua, ancora protesa verso di lui e se lo tirò vicino, a sedere sul proprio materasso.
“Ha a che fare con noi due, vero?”, gli chiese sensualmente.
Hakkai
non riuscì a fare altro che annuire, senza staccare gli occhi dal pavimento e
lasciando che le dita di Gojyo si intrecciassero
alle sue.
Si sentiva uno stupido: l’amico gli aveva
reso le cose talmente semplici… E lui non riusciva a profferire parola. Anzi,
sentiva un nodo grosso come una mela stringergli la gola.
Avvertì il pollice di Gojyo
carezzargli delicatamente il dorso della mano.
“ Ci ho pensato tanto anche io… non credo sia giusto continuare a far finta di nulla. Ci stiamo
facendo del male. Avevo deciso da giorni che avrei dovuto parlarti, ma…” Una
breve pausa, un sospiro. “Ma forse, come te, non ne avevo il coraggio.”
Hakkai
portò di scatto lo sguardo sul viso di Gojyo, che
rimase leggermente scosso dalla luce disperata che brillava in quei luminosi
occhi verdi: gli sembrò di rivedere, per un attimo, uno scorcio del ragazzo che
aveva trovato in mezzo al fango in una notte di pioggia di quattro anni prima e
lo abbracciò d’impulso, stringendoselo contro.
“No, no… Che hai capito, stupido…”, mormorò,
cominciando ad accarezzargli la schiena e cullarlo dolcemente. “Non fare quella
faccia, ti prego… Non sopporto di vederti triste, lo sai…
Hakkai… Non potrò mai più vederti solo come un amico.
E non farò mai più finta di niente.”
Gojyo
si allontanò un poco dal corpo di stringeva tra le
braccia; prese delicatamente il mento di Hakkai tra
le dita, facendogli sollevare il viso. “*Mai più*”,
aggiunse quindi, guardandolo negli occhi.
Lo youkai gli
circondò la vita con le braccia, appoggiandogli il viso nell’incavo del collo e
sospirando, un sospiro tremante e sofferto; senza che neppure se ne accorgesse, una lacrima gli solcò il viso, scottandogli
una guancia.
Si sentiva allo stesso tempo sollevato e
frustrato… Era felice delle parole che Gojyo gli aveva appena rivolto ma…
Come avrebbe potuto dirgli che in quel
momento aveva un disperato bisogno di lui? Che voleva
che lo abbracciasse, che lo tenesse lì nel letto accanto a lui, che lo
coccolasse tutta la notte, che…
…Che lo desiderava e
che aveva bisogno di sentirsi desiderato allo stesso modo?
Seguendo l’istinto, fece ciò che gli venne
più naturale: prese una mano di Gojyo nella sua e se
la appoggiò sul petto, al di sotto della maglia di
cotone che indossava per dormire; sollevò lo sguardo sul compagno, lasciandosi
andare ad un sospiro tremante ed attendendo.
Gojyo
si era fermato lì, quella sera, all’altezza del suo cuore…
Il Kappa si chinò
su di lui, accarezzandogli le labbra in un bacio gentile.
“Sei sicuro che è quello che vuoi?”, chiese,
mentre scendeva a stuzzicargli il collo.
Hakkai
gettò la testa all’indietro, scoprendo la gola e sentendosi pervadere da un
calore intossicante.
“Ho bisogno di te…”, fu la sua risposta,
prima di sentirsi trascinare sulle lenzuola fresche e ritrovarsi sdraiato al
fianco di Gojyo.
Non capì nemmeno come, ma nel giro di pochi
istanti i suoi pantaloni erano da qualche parte sul pavimento insieme a quelli dell’amico e le loro gambe erano allacciate; le sue
dita erano perse nella chioma cremisi di Gojyo, che a
sua volta lo stava baciando in un modo da togliere il fiato.
Sentì le mani esperte del compagno
accarezzargli i dorsali al di sotto della maglia e
rabbrividì; Gojyo si scostò di poco da lui,
sussurrandogli sulla bocca.
“Hai paura?”, gli chiese, sfiorandogli poi
una guancia con le nocche delle dita.
Hakkai
si sentì sciogliere; quel modo di trattarlo, come se fosse stato ancora vergine
lo faceva liquefare come neve al sole. In quel momento capì davvero perché il kappa avesse tanto successo con le
donne.
“Si… si, un po’”, ammise,
“Ma non voglio che tu ti fermi…”, aggiunse in fretta.
Non era abituato a vivere il sesso in quel
modo; non era mai stato con un altro uomo, anzi… Aveva fatto l’amore solo con Kanan.
“Se non mi fermerai tu, io non lo farò…”,
rispose Gojyo tra i sospiri, continuando a coprire il
viso di Hakkai
di baci leggeri e ad accarezzarlo con una delicatezza infinita, come se stesse
maneggiando un fragilissimo cristallo; i capelli cremisi gli ricadevano a
ciocche scomposte davanti agli occhi e ad Hakkai sembrò di non averlo mai visto così bello.
Le lunghe dita del kappa
gli sfilarono il monocolo e lo attirarono nuovamente verso quelle labbra avide
e al tempo stesso dolcissime, labbra alle quali non si riusciva a fare più fare
a meno, una volta assaggiate.
***
La mattina dopo, Gojyo e Hakkai furono i primi a scendere per la colazione; Sanzo
aveva detto che avrebbero dovuto partire molto presto,
anche se lui e Goku non si erano ancora fatti vivi e,
a quell’ora, gli unici ospiti svegli della locanda
sembravano essere proprio loro due.
Si erano svegliati l’uno tra le braccia
dell’altro ed era stato oltremodo difficile riuscire a separarsi; continuavano
a guardarsi negli occhi, resistendo a stento alla tentazione di afferrarsi le
mani a vicenda o scambiarsi qualche bacio; la notte passata non l’avrebbero mai
più dimenticata, anche se tra loro non fosse mai più accaduto nulla.
Era sembrato ad entrambi impossibile aver aspettato così
tanto a lungo per concedersi l’uno all’altro; gli pareva assurdo non essersi
accorti prima di quando fossero complementari… Come se si conoscessero da
secoli.
Stavano spiluccando ciò che la cameriera aveva già portato in tavola, in attesa che i loro compagni li raggiungessero; mangiucchiavano distrattamente un grappolino di dolcissima uva nera mentre parlavano
sommessamente del più e del meno, quando all’improvviso Hakkai
si ritrovò tra le dita un graspo spoglio e guardò con un’aria teatralmente
dispiaciuta l’ultimo acino rotondo
sparire tra le labbra del compagno.
“Non è giusto… Lo volevo io!”, protestò, con voce esageratamente
infantile, mentre Hakuriyu assaggiava un pezzetto di
graspo, per poi risputarlo graziosamente a terra.
Gojyo sfoggiò un
sorriso pericoloso, mentre con un braccio circondava le spalle dell’amico.
“Oh… non c’è assolutamente, problema,
*dolcezza*…”, mormorò con voce sensuale, avvicinandosi alla sua bocca
appoggiandovi le labbra; tagliò con gli incisivi la buccia dell’acino,
facendone fuoriuscire il succo zuccherino; poi lo spinse tra le labbra di Hakkai, accompagnandolo con la lingua.
Lo youkai tentò di protestare
debolmente, ma tutto ciò che riuscì a fare fu di mettersi a ridacchiare nel suo
tipico modo di quando tentava di sdrammatizzare le liti tra Gojyo
e Goku o le arrabbiature di Sanzo.
Quel bacio singolare si protrasse qualche secondo, fino a
quando una voce contemporaneamente sguaiata e dolcissima, proveniente da in cima alle scale, distrasse i due ragazzi dalla loro
piccola performance.
“Hey Hakkaaaaiiiiiiiiiiiiiiiiii!!! Pervertito di un kappaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!
Siete già lììììììììììììììììììììììììì?!?”
Fecero appena in tempo a ricomporsi che, accompagnato da un
rimbombare di passi sugli scalini di legno il viso luminoso di Goku si affacciò alla porta della sala da pranzo della
piccola locanda.
Evidentemente l’atmosfera doveva aver conservato qualcosa di
strano, perché il piccolo demone, che si era già seduto e si stava riempiendo
il piatto di tutto il possibile, continuava a guardare con curiosità da uno
all’altro.
“Buongioooooooooooooooooooooorno… Hey, ma è successo qualcosa? Avete delle facce…”
“Le scimmiette come te dovrebbero solo pensare ad arrampicarsi sugli alberi!”
“Cos’hai detto, brutto scarafaggio
rosso?”
“Su, ragazzi, non cominciate… Ma, e Sanzo?
Non dirmi che sta ancora dormendo, Goku, se no comincio a preoccuparmi sul serio…”
“Non è necessario, Hakkai…” Una
voce nasale e monotona annunciò l’arrivo del monaco, che si presentò con gli
occhi assonnati ed i capelli arruffati al tavolo dei tre compagni; si stava
grattando la testa e la sua espressione era decisamente
quella di qualcuno che ha passato la notte in bianco. “Sono rimasto in camera
il più possibile perché stamattina sono di *pessimo* umore… Dato che *qualcuno*
passa la notte a russare senza lasciare dormire i propri compagni di stanza.”, sottolineò con un’occhiata eloquente a Goku,
che non ribatté, ma continuò a mangiare diventando dello stesso colore della
marmellata di ciliegie che Hakkai si stava spalmando
su una fetta di pane appena sfornato.
“Prova a tappargli il naso, la prossima volta… Così…”, disse Gojyo, pinzando fra due dita il nasino del piccolo demone e
facendogli andare per traverso il boccone.
“Ma cosa fai, brutto pervertito?!?! “
“Ma piantala… Dovresti solo
ringraziare se uno come me ti mettesse davvero le mani addosso…”
Mentre Sanzo sospirava rassegnato, versandosi del caffè nero e cominciando
a leggersi il giornale della mattina e Hakkai ridacchiava intenerito alle schermaglie dei due
amici, la ragazza che serviva ai tavoli guardava la scena intimidita,
stringendosi al petto il vassoio.
Nonostante i suoi occhi
fossero apparentemente incollati al giornale, il primo ad accorgersene fu
proprio Sanzo; si rendeva sempre conto di quando
qualcuno lo fissava con insistenza.
Ricambiò lo sguardo, attirando l’attenzione dei suoi compagni
che si voltarono uno dopo l’altro verso la giovane cameriera, Gojyo ancora con le orecchie di Goku
strette tra le dita.
Hakkai le rivolse un
sorriso incoraggiante.
“Aveva bisogno di qualcosa, signorina?”, chiese nel suo
solito modo gentile.
La ragazza abbassò un attimo gli occhi e arrossì, per poi
avvicinarsi al tavolo dei quattro.
“Scusate… Io… Ecco, mi chiedevo… Lei è un monaco, non è
vero?”, domandò quindi, rivolgendosi a Sanzo. Quest’ultimo la guardò da sopra il suo giornale,
imbronciato e bieco come al solito.
“E allora?”
La fanciulla arrossì ancora di più e
parve incassarsi nelle spalle.
“Il solito orso…”, intervenne Gojyo.
“Non preoccuparti tesoro, chiedigli pure quello che volevi… Ci pensiamo noi a
tenerlo a bada!”, sentenziò quindi il kappa,
regalando un irresistibile occhiolino alla sua interlocutrice.
Sanzo sbuffò
leggermente e tornò al suo giornale, anche se chiese, con aria esageratamente
scocciata:
“Dunque, cosa volevi chiedermi? Di
benedire un tempio o disinfestare una casa piena di spettri maligni? Di
liberarvi da un demone che tiranneggia da queste parti? Oppure…”
“… Mi chiedevo se potrebbe venire a visitare i miei genitori
e recitare una preghiera per il mio fratellino, morto poco più di quindici
giorni fa… Credo che allevierebbe il loro dolore,
anche se di poco…”
Il giovane monaco graziò la fanciulla
di uno sguardo obliquo, tenendo sempre il viso nascosto dal giornale.
“… A dire la verità, non si tratta solo del mio fratellino…”,
continuò la cameriera, leggermente incoraggiata dal fatto che Sanzo le avesse rivolto un minimo di attenzione.
“ Sono… Sono… Morti diversi bimbi nella cittadina, ultimamente… Si… Tutti
trovati uccisi… E… “ La ragazza abbassò la testa, mentre la voce le si spezzava in un pianto silenzioso.
I quattro compagni si scambiarono uno sguardo eloquente:
sicuramente era opera dei demoni… Di qualche demone particolarmente sadico
questa volta, a quanto sembrava.
“E va bene… Raduna i genitori dei
bambini, poi vieni a cercarmi. Dirò una preghiera per tutti loro… Se questo può davvero aiutarli a farli stare
meglio.”, sentenziò Sanzo,
abbassando il giornale e alzandosi dalla tavola mentre si accendeva una
sigaretta.
Hakkai gli spalancò in
viso due occhi stupefatti, mentre Gojyo si limitò ad
alzare un sopracciglio.
Goku aveva smesso di
mangiare e guardava il suo piatto con aria triste e le palpebre semichiuse sui
grandi occhi ambra.
La cameriera si asciugò gli occhi, sforzandosi di abbozzare
un sorriso e profondendosi in una sequenza di inchini.
“Grazie… Grazie davvero, signore…”, disse, per poi scomparire
nelle cucine al richiamo perentorio del cuoco.
Sanzo aspirò una
profondissima boccata di fumo.
“Non mi piace per niente… Secondo me
bluffava.”, affermò Gojyo, allargando le braccia
sulla spalliera della sedia ed incrociando le gambe in una posizione rilassata.
“Non lo so… “, replicò Hakkai,
“Sanzo, hai accettato per cercare di vederci
più chiaro?”
Il monaco espirò dalle narici una nuvola di fumo bianco.
“Io comunque vado a dare
un’occhiata. Se è tutto vero, al limite concederò un
po’ di falsa serenità ai genitori di quei poveri disgraziati… Tsk. Li invidio… La gente che riesca
ancora a credere che una preghiera recitata da un monaco possa salvare le
anime…”
“Oh, beh, non certo se è la preghiera di un monaco dissoluto
come te!”
“Gojyoooo…”
“Scusa, Hakkai, volevo
solo spezzare la tensione… Guarda, sembra di essere in cimitero… Hey, Goku, ma che hai?”
Il kappa sembrava finalmente
essersi reso conto che il piccolo demone aveva piantato a metà la sua colazione
e, cosa che aveva davvero dell’incredibile, sembrava il ritratto della
tristezza.
“Io… Penso che sia davvero tremendo che questa volta se la siano presa con dei bambini”, mormorò sottovoce.
***
La ragazza si era riavvicinata al loro tavolo appena avevano
finito di consumare la loro colazione, invitando Sanzo
a casa sua per le tre di quel pomeriggio, assicurandolo che avrebbe pensato al
più presto ad avvisare i genitori dei bambini coinvolti a raggiungerli lì; la
partenza era stata quindi rimandata al giorno dopo e
intanto i quattro ragazzi avevano cercato di raccogliere notizie sugli omicidi di
cui aveva parlato la cameriera della locanda; pareva che negli ultimi tre mesi
cinque bambini fossero stati trovati morti nei pressi del fiume lì vicino,
tutti quanti trascinati a riva dalle corrente dopo aver passato qualche giorno
nell’acqua; il medico del villaggio sosteneva che non fossero morti per
annegamento, ma non era sicuro di quali potessero essere state le cause.
Avevano fatto anche un piccolo sopralluogo vicino al fiume,
controllando i posti dove i bimbi si fermavano a giocare ed accertandosi di
zone particolarmente pericolose dove i qualcuno
avrebbe potuto precipitare in acqua, ma le rive parevano tutte piuttosto sicure…
Goku e Hakkai avevano provato a chiedere a qualcuno dei piccoli se
avessero notato qualcosa o qualcuno di strano negli
ultimi tempi, ma tutti avevano negato.
Sanzo era più di
cattivo umore del solito; dopo pranzo, prima di seguire la cameriera della
locanda ad incontrare i genitori dei bambini uccisi, raccomandò agli altri di
fare attenzione.
“Mi raccomando, tieni a bada la scimmia… Mi posso fidare solo
di te.”, disse ad Hakkai,
mentre Goku e Gojyo si
stavano impegnando a fare il bagnetto ad Hakuriyu
nella fontana del cortile sul retro della locanda, “Preparatevi per la partenza
di domani e fate un po’ di provviste, io cercherò di tornare al più presto…
Intanto proverò anche a saperne di più. Non mi piace questa storia… Anche se
non credo proprio che questa volta c’entrino Kougaiji
e i suoi seguaci.”
“No, non lo credo possibile neanche io… “, confermò il
ragazzo dai capelli corvini.
“Qui in giro c’è un maniaco… Un massacratore di bambini. Non
so se sia umano o demone, ma... Nemmeno io questa volta posso dire che non me
ne frega niente.”
Hakkai sollevò lo
sguardo dalla lista della spesa che stava scrutando, spostandolo su Sanzo, che invece stava pulendo con zelo la propria pistola.
“Sanzo… Tu… E’ per via di Goku?”, provò a chiedere lo youkai,
esitante.
Il monaco fece roteare il caricatore, chiudendo poi la sua
arma con uno scatto nervoso.
“Per via di Goku cosa?”, domandò
quindi con una chiara nota di irritazione nella voce.
“Ecco… No, niente…”, concluse Hakkai con un sorriso triste, guadagnandosi il tipico “Tsk” di sufficienza da parte del compagno.
***
“Ci sarebbe da andare a fare la spesa per domani!”, disse
sorridendo Hakkai arrivando ,
mentre Hakuriyu si nascondeva dietro alle sue spalle
soffiando furibondo a Goku, che ora voleva
assolutamente avvolgerlo in un piccolo asciugamano di spugna.
Gojyo si stava
gingillando con un mazzo di carte, seduto ad un tavolo in
legno del cortiletto.
“Io veramente avevo pensato di fare un po’ di soldi… Ci sono
un paio di tipi che hanno iniziato una mano di poker, al bar… Hey, Hakkai, se tu entrassi con
me li stracceremmo su tutta la linea!”, affermò il kappa,
con un sorriso ammiccante ed una strizzata d’occhio che data la notte
precedente fecero andare a fuoco gli zigomi cesellati
dell’amico.
“Gojyo, ma tu non sai proprio
pensare ad altro…”
“Non è vero, pensa anche a come sbirciare sotto alle gonne delle cameriere!”
“Stai zitto tu, bertuccia!”
“Dai ragazzi, vi prego… Goku, vieni
tu con me a far provviste?”, chiese gentile Hakkai al
piccolo demone, che finalmente era riuscito nell’intento di catturare Hakuriyu e lo stava asciugando in modo non troppo
cerimonioso, guadagnandosi qualche morso furibondo da parte del draghetto.
“Oh… Beh… Se vuoi ci posso andare da solo! Così tu puoi
unirti al perv… a Gojyo per
la mano di poker!”, replicò Goku,
cercando di tenere fermo Hakuriyu che si dibatteva
con tutte le sue forze.
Hakkai guardò tra il
ragazzino ed il loro compagno.
“Ogni tanto anche la scimmiotta dice qualcosa di sensato!”,
intervenne Gojyo. “Dai, Hakkai…
Lascialo andare a far spese da solo e vieni a giocare… Per una volta lasciamolo
libero di comprarsi tutte le schifezze che vuole, dato che non c’è neppure Sanzo a rompere le scatole!”
“Oh, si ,daaaaaaaaaaaaaiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii…
Vado a farmi un giretto con Hakuriyu, faccio
provviste, mi compro qualche dolcetto e torno! Prometto che non faccio danni!
Mi lasci, Hakkai, eh?!?”
Gli occhi d’ambra di Goku
brillavano come quarzo citrino mentre supplicava Hakkai
con le mani congiunte e sbattendo le lunghe ciglia scure; Hakuriyu gli faceva
eco, strofinandosi contro la guancia del suo padrone.
“Oh, beh…” Lo youkai continuò a guardare trai i due ancora qualche secondo, prima
di sorridere ed alzare le spalle. “Se me lo chiedete
così, non posso certo negarvelo… E va beeeeeene… Goku, vai pure con Hakuriyu a
farti una passeggiata, ma cerca di non metterti nei guai, OK?”
“Yaaaaaaaaaaaaaah!!!
Grazie Hakkai, sei sempre il mio preferito!”, esclamò
il piccolo demone lanciandosi in direzione dell’amico e allacciandogli le
braccia intorno alla vita in un breve abbraccio. “Andiamo, Hakuriyu!”,
chiamò, facendo cenno al traghetto di seguirlo mentre si precipitava fuori dal cortile della locanda per andare ad avventurarsi
nella sua passeggiata da solo.
***
Goku si stava
davvero divertendo, anche se non faceva proprio nulla di speciale: si limitava a
girare per il villaggio, con Hakuriyu che lo seguiva
un po’ svolazzando, un po’ facendosi trasportare, appollaiato sulla sua testa.
Curiosavano insieme nelle botteghe degli artigiani,
osservando per qualche minuto il loro lavoro; il piccolo demone chiedeva il
perché ed il percome di ogni gesto che vedeva compiere
e si deliziava nel constatare di quanto tutti, dal fabbro al falegname, dalla
pasticciera alla fioraia sembravano più che contenti di spiegargli il proprio
lavoro e chiacchierare con lui.
Le ragazze per la strada gli chiedevano se aveva
bisogno di qualcosa e gli dispensavano buffetti sulle guance e carezze sui
capelli e nei negozi in cui si fermava a fare spese tutti gli regalavano
qualcosa o gli facevano pagare un po’ di meno del dovuto per quanto era carino
o quanto era simpatico.
Goku si domandava
come mai non lo mandassero in giro da solo più spesso, se questi erano i
risultati; l’unica cosa che gli seccava un po’ era usare quella strana scheda
che Sanzo dava sempre ad Hakkai per pagare, me per fortuna anche in quello erano
tutti disposti a dargli una mano!
Dopo un paio d’ore abbondanti, il ragazzino cominciò a
preoccuparsi di rientrare alla locanda; Sanzo
probabilmente era già tornato e, sicuramente, si sarebbe arrabbiato da morire
se non l’avesse trovato buono e tranquillo nella loro stanza.
Goku si rabbuiò un
po’ e su quel pomeriggio così piacevole e rilassante cominciarono ad addensarsi nuvolosi scuri.
Perché Sanzo doveva arrabbiarsi sempre con lui, sgridarlo in
continuazione, mantenersi freddo e distaccato ad ogni costo? Per non parlare
del fatto che sembrava impegnarsi per riuscire a farlo sentire un emerito
imbecille, uno stupido bambino viziato e indegno di qualunque cosa…
In fondo, tutta la gente del
villaggio aveva fatto a gara per
coccolarlo…
E allora perché Sanzo, il *suo* Sanzo…
Suo?!?
Da dove gli era uscito quel *suo*?!?
Il fatto era che lui voleva davvero bene al monaco, davvero
tanto, tanto bene… E non c’era verso di smorzare quell’affetto
grandissimo ed infinito, nemmeno con le sventagliate in testa, nemmeno con gli
insulti e le sgridate…
Il piccolo demone ora camminava con gli occhi bassi ed il
faccino un po’ intristito, mentre Hakuriyu gli tirava
i capelli per fargli notare che aveva oltrepassato l’incrocio al quale avrebbe
dovuto girare a sinistra per tornare alla locanda; ma un invitante profumo di nikuman appena sfornati stuzzicò, ad un certo punto, le
narici di entrambi strappando Goku ai suoi tristi
pensieri.
Il ragazzino sollevò lo sguardo, trovandosi di fronte al
negozio di un fornaio; il locale era davvero carino, aveva anche un piccolo
banco e un paio di tavolini dove poter gustare the e dolcetti di vario tipo; un
paio di ragazze stavano scherzando con un giovane
vestito di bianco che indossava un cappello da cuoco ed altri due ragazzi che bevevano del saké.
Una delle fanciulle notò Goku, che osservava il gruppetto reggendo tra le braccia il
sacco di iuta dove aveva messo la spesa e Hakuriyu,
acciambellato sulla sua testa.
“Ciao, piccolino! Hey, Won! Guarda che hai un cliente!” Esclamò,
dando una leggera gomitata al ragazzo con il cappello da cuoco; quest’ultimo rivolse la sua attenzione al ragazzino e Goku notò che aveva un viso bello ed intrigante che, in
qualche modo, ricordava un po’ quello del Kappa.
“Son qui per servirti, piccolo!
Desideravi qualche nikuman?”
Il piccolo demone alzò le sopracciglia, sfoderando poi un
sorriso smagliante. Un paio di nikuman sarebbero stati il modo migliore per concludere la giornata
e terminare il pomeriggio di shopping in bellezza!
“Oh, si! Si, per favore!!! Me ne da…
Dunque… Una decina?!?”
Il giovane proprietario si alzò da tavola e a Goku sembrò che i suoi due amici si scambiassero
inquietanti sguardi, ridacchiando tra loro.
“Una decina? D’accordo… Uhm… Ma come li vuoi? Con la pasta di
fagioli rossi, con il budino di prugne, oppure con la cioccolata? Oppure…” Il
ragazzo si interruppe, osservando l’espressione al
tempo stesso estasiata ed indecisa della scimmiotta. “Senti, ma perché non
facciamo una cosa? Adesso ti siedi con noi, bevi una
tazza di the e ne assaggi uno per tipo!”
Goku non credette alle sue orecchie; i suoi occhioni
dorati si sgranarono fino a diventare quasi rotondi.
“Co… Cosa?!?!
Ma dici sul serio, zietto?” Chiese, mentre Hakuriyu gli tirava i capelli, come per cercare di fargli
capire qualcosa; magari voleva fargli notare che era ora di tornare alla
locanda, ma l’offerta del giovane ristoratore era troppo allettante per poter essere ignorata a quel modo.
“Ma certo che dico sul serio… Però…
Ehm… Ti dispiacerebbe non chiamarmi ‘zietto’? Mi fai
sentire vecchio!”, rispose il ragazzo, sempre sorridendo e grattandosi la nuca imbarazzato. “Ron, Wey! Mentre io preparo del the, andreste di là in cucina a
prendere quegli assaggini da far provare ai clienti?” , disse poi, rivolto agli altri due ragazzi ancora seduti
al tavolino; questi ultimi si alzarono immediatamente, l’uno cominciando a
ripulire i resti dello spuntino che stavano consumando, l’altro afferrando per
mano le due fanciulle, baciandole velocemente su una guancia e congedandole con
un rapido: “Allora ci vediamo dopodomani sera, ragazze… Non mangiateli tutti
assieme quei nikuman, mi raccomando, che poi vi
restano sullo stomaco!” ed ignorando le flebili e stupite proteste.
Il giovane proprietario, Won come
l’avevano chiamato i due amici, prese quindi il sacco con le provviste dalle
braccia del suo piccolo ospite, lo appoggiò sul bancone, girò attorno al
ragazzino e, sospingendolo per le spalle, lo guidò verso il tavolino appena
liberato dai due compari. Hakuriyu era rimasto
appollaiato sulla testa di Goku, ed ora stava
soffiando piccoli sbuffi di fumo dalle narici in direzione di Won.
“Su, su… adesso siediti, il the sarà pronto subito! Come ti chiami, piccolo?”, chiese il ragazzo, spingendo la scimmietta a sedere.
“Go… Goku. Mi chiamo Goku”, rispose automaticamente il piccolo, provando una
strana sensazione di deja-vu come ogni volta che gi veniva rivolta quella domanda.
“Goku… Che bel nome! E non se i di qui, vero?”
“N… No… Sono in viaggio verso Ovest…”
“Oh, in viaggio… Mica da solo, no?
“No, no… Sono con tre amici…”
Won intanto sistemava sul tavolo
tazze da the e piattini da dolci.
“Amici? Tutti della tua età?!? Spero di no!”
“No, no… Sono tutti grandi… Uno scorbuticone
che se ne va in giro prendendo a ventagliate la
gente, un pervertito con i capelli rossi ed il padrone di questo draghetto, l’unico che ha la testa un po’ a posto!”,
affermò sorridendo il bimbo;Hakuriyu
continuava a tirargli i capelli e soffiare al giovane proprietario della
bottega, e lui non riusciva proprio a spiegarsene il perché. Era così gentile…
Anche se in effetti c’era qualcosa, nel suo
atteggiamento, che gli sfuggiva. Come se fosse… Un po’ *troppo* gentile.
Gli altri due ragazzi uscirono dalla cucine
con un piatto a testa ricolmo di minuscoli nikuman.
“Ecco qua! Assaggini in arrivo!!! E’ pronto il the, Won?”,
chiese uno dei due sistemando il tutto sul tavolo, mentre l’altro si dirigeva
verso il bancone per andare a prendere il bollitore che fischiava sulla piastra
rovente dove Won l’aveva appoggiato.
“Coraggio, Goku, non essere timido!
Assaggia i miei nikuman e dimmi che ne pensi! Ah,
naturalmente se dopo deciderai di comprarne almeno cinque per tipo, ti farò un
prezzo di favore, anche per averci tenuto compagnia!” Esclamò il ragazzo,
circondando le esili spalle di Goku
con un braccio; e, di fronte a quella montagna di piccoli dolci, le già flebili
perplessità della scimmietta sparirono completamente.
***
Gojyo contava avido
il denaro guadagnato dai poveri malcapitati che lui e Hakkai
avevano sfidato; gli occhi allungati gli brillavano e sulla faccia gli si era
stampato quel mezzo sorriso che Hakkai, anche se non
avrebbe mai avuto il coraggio di confessarglielo, trovava assolutamente
irresistibile.
“Guarda, amico mio… Non è facile, la
vita?!? Tutti questi soldi, in più divertendosi! Certo che quello di essere un
gran giocatore è proprio un grande dono!!!”
Hakkai sorrise indulgente, un po’ imbarazzato dal fatto che i due
perdenti erano ancora seduti assieme a loro; Gojyo
era stato talmente magnanimo da offrirgli da bere dopo la partita, ma non si
stava certo risparmiando nel farli sentire ancora peggio per aver scommesso
tutto quel denaro. D’altra parte, i due erano talmente ubriachi da non
riuscire a cogliere completamente quello che il Kappa
diceva, anzi, ci ridevano sopra; e Gojyo…
Beh, era bello brillo anche lui. Forse sarebbe stato meglio trascinarlo in
camera e fargli dare una ripulita prima che tornasse Sanzo,
giusto per evitare rappresaglie. E poi… C’era da
andare a recuperare Goku, il piccolino stava tardando
un po’ troppo.
“Ehm… Gojyo, forse è ora che ci
prepariamo per la partenza… Su, saluta i signori e ritiriamoci nella nostra
stanza!” , disse Hakkai,
prendendo tra due dita una manica della giacca di Gojyo
e tirandola leggermente, mentre continuava a sorridere ai due sconfitti, ormai
quasi addormentati sul tavolino.
“E’ stato.. *hic*
… un piacere farci spellare da voi…”, biascicò uno dei due, alzando il boccale
di birra verso lo youkai.
“Si… Davvero un piacere… *hic*…”,
gli fece eco l’altro, prima di cadere dalla sedia.
Hakkai cominciava a
sentirsi davvero imbarazzato, per quanto divertito; diede un altro strattone
gentile alla manica dell’amico, sollecitandolo.
“Gojyoooooo… Dai,
andiamocene in camera…”
Lo sguardo un po’ liquido di Gojyo
si puntò su di lui, mandandolo a fuoco: sembrava che stesse fissando un
succulento pasticcino.
“Vuoi andare in camera, eh? Sai che non è affatto una cattiva
idea?”
Hakkai deglutì.
“Go… Gojyo, ma…”
Il kappa mise in tasca il denaro
che aveva diligentemente quantificato e si alzò, un po’ malfermo, dalla sedia.
“Vieni, *dolcezza*… Andiamocene su a festeggiare!”, esclamò,
prendendo il compagno per la mano e cominciando a correre, trascinandolo su
lungo la scala in legno che conduceva ai piani
superiori e senza badare minimamente agli ospiti della locanda che stavano sorseggiando il the
pomeridiano e li guardavano perplessi.
***
Goku aveva lasciato
da parte qualsiasi preoccupazione e si era dedicato ad assaggiare tutti i tipi
di nikuman che Won e suoi
amici gli avevano offerto.
I ragazzi gli versavano il the, gli scompigliavano i capelli
e lo facevano ridere con le loro battute sui vari personaggi del villaggio che
anche lui, quel pomeriggio, aveva avuto occasione di conoscere. Akuriyu si era acciambellato sul ramo di un albero lì nei
pressi e, ogni tanto, gli lanciava alcune occhiatacce. Chissà perché si era
offeso con lui? Mistero…
Ad un certo punto, tra le chiacchiere dei tre ragazzi e
l’ennesimo dolcetto, Goku cominciò ad accorgersi di
essere davvero stanco…
…Strano.
Va bene che se ne era andato in giro
tutto il giorno, ma il suo fisico era abituato a sopportare ben altre faticate…
E poi era vero che la sera, spesso, crollava dal sonno dopo aver cenato e Hakkai lo doveva portare a letto in braccio, ma… Ma a quell’ora del tardo pomeriggio non gli era mai accaduto che
gli bruciassero gli occhi a quel modo e gli venisse da sbadigliare.
“Oi, Goku-chan…
Va tutto bene? Mi sembri stanco…”
La voce di Won pareva venire da
lontano; cercò di girarsi dalla sua parte, ma la testa sembrava così pesante…
“Povero piccolo… Sarà stanco, è stato in giro per compere
tutto il giorno… Forse dovremmo farlo riposare un po’, voi che ne pensate,
ragazzi?”, disse Ron, mentre le sue dita fresche
passavano sulla gota del ragazzino, procurandogli un brivido.
“Si, si, è meglio… Goku-chan,
adesso ci pensiamo noi a te…”, fece eco il terzo ragazzo, Wei,
accarezzandogli i capelli.
Tutto successe in un attimo: gli occhi
che bruciavano cominciarono a non distinguere più bene i contorni delle cose e
le membra si fecero improvvisamente tanto, tanto pesanti; Goku
voleva dire qualcosa, anche se non sapeva nemmeno bene lui cosa: sto male, mi
sento strano, per favore aiutatemi… Sanzo… Sanzo, dove sei?
Ma scoprì che la voce non veniva
fuori, né riusciva a distinguere i suoni… Gli sembrò di cadere dalla sedia come
un sacco di patate, per trovarsi poi tra le braccia di Won,
che si era affrettato a soccorrerlo.
“Ce n’è voluto… Credevo che la droga
non gli facesse più effetto, a questo punto…”
“Ma quanta se n’è buttata giù?”
“Una dose da cavallo… Questo ragazzino non è normale!”
Il piccolo demone riusciva a sentire le frasi, a lui appena comprensibili,
che i tre si stavano scambiando. Chi erano? Demoni?
No, lo avrebbe percepito… E allora, chi…
“Speriamo solo che non perda i sensi del tutto, se no non è più divertente…”
Si sentì sollevare di peso, in braccio a Won.
“Si, ma adesso portiamolo in fretta sul retro, prima che
qualcuno ci veda… Dai, ragazzi, stabiliamo i turni! Chi sta per primo al
negozio?!?”
***
Il cuore di Hakkai batteva
all’impazzata; Gojyo era completamente ubriaco… A
parte la scena imbarazzante in sala da pranzo… Le abilità del kappa sembravano incrementate del 300% dall’effetto
dell’alcool, al contrario di quanto sarebbe accaduto ad un comune essere umano.
Appena entrati in camera, l’aveva sbattuto contro il muro ed
ora lo stava letteralmente *divorando* di baci, mentre gli sganciava gli
alamari della camicia e si inginocchiava di
fronte a lui per avere accesso alla
chiusura dei pantaloni; una volta slacciati anche quelli risalì, baciandogli
l’addome, accarezzandogli i glutei e stringendoli dolcemente.
“…Averti due anni in casa con me e non essermi accorto di cosa sei…”, ansimava nel frattempo, alterando baci e
piccoli morsi nel suo tragitto lungo il torace del compagno.
Hakkai sospirò,
cercando di concentrarsi per riuscire a reggersi sulle gambe che sembravano
essere diventate di gelatina; la sera prima era stato tutto molto dolce, mentre
in quel momento era come stare fermo in piedi sulla soglia dell’inferno,
decidendo se entrare o no.
“Gojyo… Non dovremmo, sai… Se Sanzo dovesse tornare…”, provò, con pochissima convinzione,
mentre aveva già chiuso gli occhi e offriva il collo all’amico, le cui labbra
ora erano risalite fino a stuzzicare la giugulare turgida che spiccava sulla
pelle liscia.
“Mmmmh…”, fu l’unico inarticolato
suono che ottenne in risposta, mentre il compagno lo
intrappolava tra il muro ed il suo corpo, premendo i fianchi contro i suoi e
disegnando il contorno dell’orecchio con la lingua.
“Gojyo…”
La resistenza di Hakkai non durò un
secondo di più, ed il ragazzo dagli occhi verdi gettò le braccia al collo
dell’amico, cercandogli la bocca; dopo un bacio che sembrava non finire mai, il
kappa lo sollevò tra le braccia e raggiunse il letto
più vicino.
***
L’avevano portato in quello che sembrava
tanto un magazzino; era una stanza semi buia, vasta e ingombra di tanti sacchi
e casse; qualcuno dei sacchi era aperto e traboccante di vari tipi di semi, o
farina. Questo percepivano i suoi grandi occhi
ambra, mentre scrutava nella penombra per non essere costretto a focalizzare
l’attenzione sui volti dei due ragazzi che stavano con lui.
Non capiva bene quello che gli stavano
facendo, o cosa si stessero dicendo; era tutto offuscato, i suoni ovattati e le
parole confuse…
…Quello che sapeva era che avrebbe voluto
essere in qualunque altro posto, avrebbe preferito che Sanzo
lo picchiasse in testa con il suo ventaglio fino a farlo svenire… Avrebbe
preferito che Kougaiji lo colpisse a morte lì, in
quel momento, piuttosto che trovarsi con quei due ragazzi.
Lo stavano accarezzando in un modo strano… Un modo che non
capiva, ma che sapeva essere sbagliato.
Ma cosa volevano?
Aveva paura, era terrorizzato…
Non aveva idea di cosa gli stessero
facendo, o cosa volessero da lui, ma quando cominciò a sentire le loro mani e
le loro labbra sul suo corpo, sotto ai vestiti, una violenta sensazione di
nausea lo assalì e provò a gridare, ci provò con tutto il fiato che aveva in
gola; ma la voce sembrava non uscirgli, o forse era soltanto lui che non la
sentiva.
Cercò di divincolarsi, ma le sue membra erano sempre più
pesanti e anche respirare sembrava essere difficile.
Provò a stringere forte gli occhi… magari, una volta riaperti
si sarebbe ritrovato nella stanza della locanda che
condivideva con Sanzo e avrebbe scoperto che era
stato tutto un incubo…
…Ma le mani di quei due che lo
accarezzavano in quel modo… In quel modo che sembrava così… Così *sporco*, brutto, faceva così *male*…
Sentì gli occhi serrati riempirsi di lacrime, che quando gli
caddero sulle tempie scottavano talmente tanto da sovrastare le sensazioni
nauseanti che stava provando il resto del suo corpo.
Tentò di gridare di nuovo, ancora e ancora, nella speranza
che finalmente la voce si facesse sentire… Anche se nessuno sarebbe venuto ad
aiutarlo, magari quei due si sarebbero fermati…
…Ma invece non accadde nulla, presto
il piccolo demone si rese conto di essere completamente inerme nelle loro mani.
Fece un ultimo, disperato tentativo di gridare con tutto il
fiato e la forza che gli erano rimasti e, questa volta, riuscì a percepire il
suono disperato e distorto della sua voce che pronunciava un nome, il nome
della persona che l’aveva liberato da quella orribile
prigione, che lui era sicuro gli sarebbe stato sempre vicino, che non l’avrebbe
mai abbandonato… il nome della persona più importante al mondo, alla quale
voleva più bene, che mai e poi mai avrebbe permesso a quelle persone orribili
di giocare in quel modo con lui.
“Sanzo, aiutami… Sanzo… Sanzoooooooooooooooooooooo!!!!”
***
“Hakkai… Hey…
Va tutto bene?”, riuscì a sussurrare Gojyo all’orecchio
del compagno, mentre si muoveva dolcemente dentro di lui; la sera prima non
erano arrivati fino a quel punto e quando il ragazzo dai capelli cremisi notò
una lacrima scendere sulla tempia di Hakkai si sentì
immediatamente in colpa per essersi spinto così in là. In fondo era ubriaco, l’aveva trascinato lui fin sul letto… Non
avrebbe potuto perdonarsi di avergli fatto male.
Ma il giovane youkai scosse piano la testa, sorridendo debolmente mentre dalle
labbra gli sfuggiva un gemito che non sembrava proprio essere di dolore.
“Mmmhh… Allora cosa sono questi lacrimoni, eh?”, insistette Gojyo,
accarezzandogli una guancia con infinita tenerezza e baciandogli le palpebre.
Hakkai appoggiò la
propria mano un po’ tremante su quella dell’amico, premendosi il palmo caldo
contro il viso.
“Dimmi… Dimmi che tutto questo non è
un sogno, Gojyo… Non lasciarmi, non lasciarmi mai…”
Gojyo abbracciò
stretto il suo ragazzo, appoggiandogli le labbra alla fronte.
“Stupido… Stupido, stupido, stupido…”, continuò a ripetere,
sperando che Hakkai sapesse leggere oltre lo schermo del suo orgogli e leggere i reali e diversi significati che
celava quella parola: ti voglio bene, sono io che ho paura di perderti, non ti
merito, sei il più grande regalo che mi abbia fatto la vita… Hakkai gli si aggrappò all’improvviso, stringendoselo
contro e affondandogli le unghie nella
pelle della schiena.
“Go… Gojyo…”
“Si… OK… Anche io…”
Per qualche secondo furono solo ansiti e gemiti sommessi,
prima che entrambi collassassero sul letto, esausti,
sconvolti, assolutamente svuotati di ogni energia,
accoccolati l’uno tra le braccia dell’altro mentre si scambiavano qualche
tenero bacio in attesa di recuperare un po’ di forze.
Dopo qualche minuto, Hakkai sollevò
una mano e la affondò tra i sottili
capelli rossi del compagno, cominciando a pettinarglieli delicatamente con le
dita.
“Hakkai… mi sono comportato in
maniera ignobile. Mi sono ubriacato e ti ho trascinato in camera, sbattendoti
al muro e poi sul letto… Dovresti picchiarmi, lo sai?”, disse
dopo un po’ il mezzo kappa, ricambiando le coccole
che stava ricevendo con lente carezze sulla schiena di Hakkai.
Quest’ultimo rise, rannicchiandosi
ancora di più tra le sue braccia.
“Beh… se questo è il risultato delle tue ubriacature,
dovresti bere più spesso…”, lanciò, beandosi del suono indefinibile che uscì
dalle labbra di Gojyo.
“Ma, Hakkai!”, lo riprese,
fingendosi scandalizzato e sentendosi comunque
piacevolmente sorpreso da quel lato così passionale che ancora non conosceva
nel ragazzo che stava tenendo tra le braccia.
Avrebbe voluto stare
accoccolato nel letto con lui tutta la sera, non gli importava nemmeno di cenare… E che Sanzo venisse pure a rompere le scatole, non gli
interessava nemmeno quello, tanto sapeva che la reazione del monaco alla vista
di loro due abbracciati in un solo letto e senza vestiti sarebbe stata niente
di più del solito, monotono, incolore e odioso *tsk*.
Sorrise tra sé e sé, prima di irrigidirsi leggermente al
suono acuto e graffiante della voce inconfondibile di Hakuriyu, che li stava chiamando da dietro gli scuri
chiusi.
Avvertì Hakkai sciogliersi dal suo
abbraccio e scattare a sedere sul letto, prima di allungare una mano per
cercare alla cieca il suo monocolo sul comodino.
“E’ Hakuriyu… C’è qualcosa che non
quadra… Sembra… Spaventato.”
I due ragazzi si guardarono un momento negli occhi, prima di
alzarsi e rivestirsi in fretta e furia
mentre il medesimo pensiero attraversava loro il cuore e lo stringeva in una
morsa d’angoscia.
*Goku*.
Hakkai aprì gli scuri
e venne letteralmente investito dal piccolo drago
bianco, che si mise a svolazzagli praticamente sulla faccia, continuando a
gridare, agitatissimo.
“Hakuriyu..
E’ successo qualcosa a Goku, vero?”
“Che succede, Hakkai?”
“Non lo so, ma dobbiamo andare a cercarlo… Hakuriyu, portaci da lui… Andiamo!”
Il piccolo drago volò fuori dalla
stanza, imbroccando la porta che Gojyo aveva
spalancato e i due ragazzi lo seguirono a rotta di collo.
***
“Dai, aprigli i pantaloni…”
“Scusa, ma non sarebbe il caso di
togliergli prima quell’assurdo diadema che ha in
testa?”
“No, no… Quello voglio
lasciarglielo, in qualche modo è eccitante… “
“Sei davvero un maniaco…”
“Senti chi parla…”
Goku continuava a
piangere, gli sembrava di singhiozzare disperato anche se non riusciva ad udire
nessun suono uscirgli dalla gola; aveva chiamato Sanzo
con tutto il fiato che aveva, ma i due ragazzi che lo stavano toccando in quel
modo disgustoso gli avevano riso in faccia, dicendogli qualcosa che non aveva
capito.
Desiderava morire… Anzi, in quel momento avrebbe voluto
essere in grado di alzare le mani e levarsi il diadema, perdere il controllo e
massacrarli, fare a pezzi quel posto… E poi uccidersi…
Si morse violentemente il labbro inferiore tra gli incisivi e
strinse forte gli occhi quando avvertì la mano di uno dei due infilarsi al di sotto del bordo dei pantaloni, sfiorandogli l’inguine
mentre la lingua dell’altro gli percorreva il petto e gli addominali… Aveva
perso ogni speranza che quella tortura potesse terminare, quando gli sembrò che
quelle mani si fermassero; riaprì faticosamente le palpebre, che ormai
sembravano più pesanti del piombo e cercò di girare la testa per guardare verso
i suoi due aguzzini: nell’oblio che ormai lo stava inghiottendo, gli parve di
scorgere preoccupazione, forse timore sui loro visi.
Nello spazio di un attimo, la porta della grande stanza si schiantò in una
pioggia di schegge di legno e assi rotte e Won,
ancora con il suo cappello da cuoco in testa atterrò
con un tonfo sordo accanto ai suoi due compari, paralizzati per la sorpresa; Hakuriyu era attaccato alla faccia del giovane ristoratore
e gliela graffiava senza pietà.
Gojyo e Hakkai comparvero poco dopo sulla
soglia; erano lividi, tirati, entrambi pronti a colpire; non c’era traccia suoi
loro volti del sarcasmo e la sufficienza con cui erano soliti affrontare i loro
nemici abituali.
Ma i loro avversari solitamente
erano demoni, demoni che li attaccavano
e li combattevano per dimostrare a Kougaiji la loro
fedeltà o per ottenere qualcosa da lui… Non erano esseri umani abbietti che molestavano
ragazzini innocenti per puro divertimento.
“Chi… Cosa… Chi diavolo siete voi?”, gracchiò uno dei due,
mentre una goccia di sudore gelato gli percorreva uno zigomo; l’altro ragazzo
deglutì rumorosamente, guardando Won preoccupato ma
non osando nemmeno avvicinarglisi. Entrambi avevano allontanato le mani dal corpo di Goku
come se si fossero scottati e ora sembravano molto meno baldanzosi di quando,
pochi istanti prima, approfittavano di un bimbo drogato.
Gojyo digrignò i
denti, muovendo un passo in avanti con fare minaccioso, mentre Hakkai sbiancò e rivolse lo sguardo in direzione del
piccolo demone.
“Cosa gli avete fatto?”, chiese il kappa a denti stretti.
“N… Niente… Ti giuro, niente!!!
Guarda, sta benissimo… Non l’abbiamo nemmeno toccato, noi…”
“Sparite.”
Fu Hakkai a parlare, sibilando
quella singola parola tra i denti in modo da farla risultare
terrorizzante; Gojyo lo guardò, spaventato. Gli occhi
verdi mandavano lampi di odio e la sfera di energia
che levitava tra le sue mani rifulgeva di un’inquietante luce azzurrognola.
I due ragazzi si guardarono, poi spostarono lo sguardo su di
lui e si guardarono nuovamente.
“Ho detto di SPARIRE!!!”, ripeté lo youkai, facendo sussultare il compagno che non l’aveva mai
sentito alzare la voce da quando lo conosceva.
Ron e Wei
scattarono in piedi e, dopo aver raccolto in qualche modo da terra il malconcio
amico, corsero annaspando verso l’uscita; Gojyo ebbe
la tentazione di seguirli e farli a pezzi e, probabilmente, Hakkai
li aveva lasciati andare proprio per non cedere alla tentazione di massacrarli.
Non l’aveva mai visto *così* arrabbiato.
Goku giaceva sul
pavimento polveroso, completamente abbandonato; aveva gli occhi spalancati ed
il viso rigato di lacrime.
Il Kappa ripose la sua arma,
avvicinandosi al piccolo demone ed inginocchiandosi accanto a lui; gli richiuse in fretta la camicia e provvide a sollevare i
pantaloni, abbassati fino alle
ginocchia.
“Goku… “, gli sussurrò
all’orecchio, passandogli le dita tra i capelli in una carezza veloce ed
imbarazzata. “Goku, coraggio… E’ tutto finito. Ci
siamo noi…”, continuava, in tono rassicurante, anche
se il ragazzino non mostrava segno di reazione alcuno.
Gojyo sentì una
strana paura, fredda e sottile, serpeggiargli dentro; rivolse istintivamente lo
sguardo in direzione di Hakkai, forse per chiedergli
aiuto, forse per cercare un sostegno… Ma scoprì che il suo compagno, dopo l’attimo
di furia trattenuta a stento che aveva mostrato qualche
minuto prima, ora era lì, in piedi immobile come una statua e fissava Goku con un’espressione terrorizzata e colpevole sul viso.
“Hakkai… Hakkai,
per l’amor del Cielo, dammi una mano… Dobbiamo riportarlo alla locanda… E poi,
non so se abbiamo fatto bene a lasciarli andare, quei bambini uccisi…”,
cominciò Gojyo, mentre tentava di sollevare il corpo
totalmente privo di tono di Goku in posizione seduta.
“Dobbiamo andare a cercare Sanzo… Hakkai!”
“E’ colpa mia…”
Gojyo sbatté le
palpebre, guardando dal suo ragazzo al piccolo demone che giaceva come senza
vita tra le sue braccia.
“Cosa? Che stai
dicendo?”
“E’ colpa *mia*… Sanzo mi aveva detto di tenerlo d’occhio… E invece guarda cosa è
successo!”
Il Kappa spalancò gli occhi,
scuotendo lentamente la testa.
“Hakkai… Non dirlo nemmeno per
scherzo. Sei molto scosso… “
“NO!!!”, gridò lo youkai, impallidendo ancora di più di quel che già era e
coprendosi il volto con le mani. “No… Non dire niente… Non hai capito che è
tutta colpa nostra? Siamo stati noi…
Quegli schifosi si stavano divertendo con lui mentre
noi due facevamo l’amore!”
“Hakkai!”
“E’ così… E’ così!!! E’ la mia
punizione… Io non avrei dovuto permettere a nessuno di avvicinarmi, nemmeno a
te… Io non posso essere di nuovo felice dopo quello che è successo… Io non
merito di essere di nuovo felice!”, urlò, sull’orlo della nevrastenia, mentre
le lacrime cominciavano a scendergli sugli zigomi.
Gojyo lo guardava,
attonito.
Non sapeva cosa fare, non capiva cosa stava succedendo;
guardò un attimo il viso inespressivo e umido di lacrime di Goku,
poi l’espressione sconvolta di Hakkai.
Per la prima volta da quando lo conosceva, desiderò la
presenza di Sanzo accanto a sé; per la prima volta
dopo tanto tempo, si sentì davvero *solo*.
“Hakkai…”, tentò, con il solo
risultato di vedere il compagno voltargli le spalle e fuggire letteralmente fuori dal magazzino, seguito al volo da Akuriyu.
“Hakkai, dove stai andando?!? Maledizione, Hakkai!!!”, gli gridò dietro,
sconvolto, furioso e ferito.
Si accorse che stava tremando, non sapeva bene nemmeno lui se
per la rabbia o cos’altro; avrebbe avuto voglia di
rincorrere Hakkai, di schiaffeggiarlo per farlo
rinsavire, di gettarsi ai suoi piedi e supplicarlo di non rinchiudersi di nuovo
in sé stesso, di non allontanarlo…
…Ma ora, prima di tutto, doveva
occuparsi della scimmietta.
Era quasi sicuro che non fosse accaduto nulla di irreparabile, a parte qualche segno rossastro che aveva
tanto l’aspetto di un succhiotto Goku sembrava ancora
illeso… Per lo meno fisicamente.
Gojyo non si
ricordava più l’ultima volta che aveva pregato, non era nemmeno certo di averlo
mai fatto; eppure, in quel momento si ritrovò a supplicare ogni divinità
disposta ad ascoltarlo che l’anima solare di quella creatura rumorosa,
rompiscatole, dolce ed innocente come un bambino non fosse stata oscurata per
sempre.
Lo sollevò di peso, cominciando a camminare velocemente fuori da quel posto orribile; l’avrebbe riportato alla
locanda, poi avrebbe chiamato un dottore… No, c’era Hakkai,
lui poteva occuparsene… Di sicuro sarebbe ricomparso di lì a poco e poi…
“Sanzo…”
La voce flebile e roca di Goku lo
fece quasi sussultare.
“Goku! Coraggio scimmietta,
è tutto finito… Non è successo niente…”, provò a
rassicurarlo, percorrendo a grandi falcate le strade del paese e cercando di
ignorare gli sguardi curiosi e preoccupati dei passanti.
“Sanzo… Sanzo…
“, continuava a ripetere il piccolo demone, come se quel nome fosse rimasto per
lui l’unico appiglio con la realtà.
Gojyo cercò di
scrollarlo un po’.
“Goku, sono io… Sono Gojyo… Ti prego, dimmi che sono un lurido scarafaggio rosso
pervertito, un maniaco mezzo-kappa con la testa
essiccata al sole, ma non restare in questo stato… Mi stai
facendo paura… Mi senti, scimmia? Guarda che se Sanzo
torna e ti trova in queste condizioni comincia a prenderti a sventagliate in
testa per farti risvegliare… Sempre che non decida di spararti… Lo sai com’è
fatto, no? Adesso ti porto da lui, non aver paura… Oh, maledizione, piccolo
stupido… Reagisci, reagisci…”
Gli occhi del kappa cominciarono a
bruciare, la vista ad appannarsi e quel corpicino che
trasportava a divenire sempre più pesante; gli sembrò un miraggio raggiungere
la locanda.
Non ci trovò nessuno: il padrone, allarmato nel vederlo
arrivare con il ragazzino in braccio gli chiese immediatamente se avesse bisogno
di un dottore e negò di avere visto Hakkai o Sanzo far ritorno.
Portò Goku nella stanza che
divideva con il monaco e lo posò sul letto, con l’intento di andare a riempire
la piccola vasca in legno che c’era nel bagno con
dell’acqua calda; non gli veniva in mente nient’altro per farlo sentire un po’
meglio.
Ma il piccolo demone non lo lasciò
allontanare nemmeno d’un passo, stringendo il pugno intorno ad un lembo della
sua giacca lo trattenne accanto a sé. Gojyo lo considerò per un attimo, notando immediatamente che qualcosa,
nell’espressione vacua di prima, era cambiata.
“G… Gojyo…”, sussurrò il ragazzino,
togliendo un ragguardevole peso dal cuore del suo compagno di viaggio; il
ragazzo dai capelli rossi si chinò su di lui, prendendogli la mano nelle
proprie e sorridendogli incoraggiante.
“Si, scimmietta, sono io… sei al sicuro.
Non è successo niente…”
Le labbra di Goku tremarono, mentre
gli occhi ambra si velavano nuovamente di lacrime.
“Gojyo… Gojyo!!!!” Gridò il ragazzino all’improvviso, gettando le braccia
attorno al collo del kappa e scoppiando in un pianto
disperato.
***
Gojyo
si era abbandonato sulla sedia a dondolo che faceva bella mostra si sé nella stanza di Sanzo e Goku; gli sarebbe venuto da ridere se la situazione non
fosse stata tanto triste.
Una sedia a dondolo nella stanza di quel
monaco corrotto gli sembrava un'immagine quasi... *blasfema*.
O meglio, per Sanzo doveva avere quasi dell'offensivo, un oggetto che
riportava alla mente l'immagine di una dolce vecchina
che sedeva lavorando a maglia...
...Invece, probabilmente, Sanzo la sera prima ci si era seduto per leggere il suo
solito giornale, fumando la sua quindicina di sigarette e bevendo la sua
immancabile birra...
E
lui, invece, ci si stava dondolando lentamente, dolcemente, tenendo tra le
braccia un ragazzino solitamente pieno di vitalità e di gioia che adesso non
sembrava nulla più che un fagotto di stracci. Goku si
era finalmente addormentato, in braccio a lui, cullato dai lenti movimenti
della sedia ed ancora avvolto nel telo di spugna con il quale Gojyo l'aveva asciugato dopo avergli fatto il bagno.
Non aveva cercato di dirgli nulla: nessuno meglio del ragazzo dai capelli cremisi sapeva che
per un bambino ferito le parole non sono che vuoti suoni privi di significato e
che l'unica cosa, forse, a farlo sentire meglio è l'essere abbracciati e
stretti forte, forte... e così aveva deciso di fare, prendendolo in braccio e
sedendosi su quella sedia, stringendo a sé Goku e
cominciando a dondolarsi avanti e indietro; gli aveva appoggiato il mento su
una spalla e, lasciandosi andare ai ricordi, aveva cominciato a canticchiargli
nell'orecchio una melodia con cui Jien riusciva
sempre a calmarlo e a farlo addormentare quando, da bambino, piangeva per sua
madre...
...Perché finiva
sempre per fare soffrire quelli che amava? Sua madre, suo
fratello... Adesso la piccola, innocente, dolcissima scimmia... E Hakkai. Non sapeva bene in che modo, ma aveva ferito
anche lui.
La porta si spalancò e Gojyo
sussultò lievemente, stringendo istintivamente più stretto a sé l'esile corpicino che poco conservava, in quel momento, dell'incredibile
vivacità di Goku.
Sanzo
entrò nella stanza sbuffando e chiudendo malamente
l'uscio dietro di sé, abbassando il copricapo e scuotendo la testa con la
sensualità inconsapevole che lo distingueva nei piccoli gesti quotidiani;
slacciò anche la casacca della tonaca, rimanendo con indosso la sua assurda
maglia nera.
Non sarebbe stato per nulla diverso da ciò
che succedeva di solito; il monaco corrotto era solito fare irruzione nella sua
o altrui stanza senza curarsi minimamente di ci
potesse esserci, spogliandosi e aprendo una lattina di birra prima di emettere
un solo grugnito di saluto.
Questa volta, però, quando Sanzo si accorse del compagno seduto su quella patetica
sedia e che per di più teneva in braccio la scimmia come se fosse stato un bimbo
in fasce, la sua espressione fu quanto di più confuso Gojyo gli avesse mai letto in faccia.
I bei lineamenti persero d'un
tratto tutta la loro durezza e gli occhi indolenti assunsero una
sfumatura di ansia e preoccupazione; Sanzo per la
prima volta gli sembrò vulnerabile e fragile, come se il suo corpo pallido e
sottile e quegli occhi languidi fossero finalmente diventati il vero specchio
della sua anima.
Durò
un attimo.
Poi il monaco gli si avvicinò frettolosamente,
guardandolo negli occhi dopo essersi chinato brevemente ad osservare il viso di
Goku.
"Che succede?", chiese, scrutando
il viso del compagno come se avesse voluto leggergli nel pensiero; il tono era
fermo e deciso come sempre, ma a Gojyo non sfuggì la nota di preoccupazione repressa che gli era vibrata nella
voce, né la particolare luce che gli faceva brillare gli occhi come due
ametiste ogni qual volta si agitava per qualche particolare motivo.
"La scimmia sta male? Sicuramente avrà
mangiato troppe schifezze, come al solito... Quando
vomiterà anche l'anima forse imparerà che..."
"Smettila, Sanzo..."
Gojyo non era disposto a tollerare gli scudi
difensivi del giovane monaco. Non in quella circostanza. Goku
avrebbe avuto bisogno di un po' di umanità da parte
sua, più tardi e anche se a Sanzo non piaceva per
niente sentirsi vulnerabile, quel giorno avrebbe dovuto rinunciare alla sua
armatura di cinismo; il kappa era disposto a
prenderlo a sberle per ore intere, se non l'avesse fatto, fino a quando quella
insopportabile maschera di insensibilità non si fosse frantumata in mille
pezzi. "...Lo sveglierai. Si è appena addormentato.", aggiunse, fissando intensamente le iride violette di Sanzo.
"...Portiamolo a letto.", sentenziò
quest'ultimo, tendendo le mani e prendendo
delicatamente in braccio il piccolo demone lui stesso; Gojyo
si alzò, avvicinandosi al letto di Goku e scostando
la leggera trapunta e le lenzuola.
Il monaco vi adagiò la scimmietta
con la massima cautela; prese da sotto il cuscino gli
abiti che Goku usava per dormire, una T-shirt bianca
troppo grande ed un paio di vecchi pantaloni di un completo alla cinese,
vestendolo senza lasciare che l'asciugamano con cui l'aveva coperto Gojyo si scostasse rilevando alcunché del corpo minuto
nonostante nella stanza non ci fosse nessun altro a parte loro tre.
Quando Goku fu
vestito e sistemato sotto le coperte, Sanzo afferrò
il pacchetto di sigarette sul comodino e ne accese
una, tirando una profonda boccata di fumo, offrendola poi a Gojyo
che la accettò dopo qualche secondo di sbigottimento; ne prese un'altra per sé,
accendendola direttamente da quella che stava già fumando il compagno, per poi
rivolgergli un'occhiata più penetrante di uno stiletto.
"Gojyo, posso sapere cos'è successo, adesso?"
Il kappa inspirò
una profonda boccata di fumo, passandosi poi una mano fra i capelli per
allontanare una ciocca ribelle che gli ricadeva sull'occhio destro.
"Ti va una birra?", chiese, girando
sui tacchi e avvicinandosi alla porta; appoggiò le lunghe dita sulla maniglia,
per poi voltarsi nuovamente verso il ragazzo. "E' meglio se andiamo a
parlare giù al bar... Lasciamolo riposare in pace."
Sanzo
lo raggiunse, senza dire una parola né annuire; prima di
uscire dalla stanza, guardò un'ultima volta il viso addormentato di Goku per poi chiudere la porta alle loro spalle.
***
"Mi dispiace, Sanzo.
Non avremmo dovuto perderlo di vista." Gojyo
stava facendo ondeggiare la birra nel boccale, muovendo il polso in un ritmo
lento e regolare. Il suo sguardo era stato fisso sul liquido dorato per tutto
il tempo in cui aveva parlato al monaco di ciò che era accaduto durante quel
pomeriggio maledetto.
Si sentiva terribilmente in colpa, frustrato,
infelice, teso... Ed il fatto che Sanzo
non avesse ancora pronunciato mezza parola non lo stava aiutando.
Azzardò un'occhiata in direzione del
compagno; i pugni del bonzo erano stretti, appoggiati sul legno chiaro del
piccolo tavolo al quale erano entrambi seduti. Il viso era nascosto dalle
lunghe ciocche color del grano che gli scendevano fino
sugli occhi e Gojyo avrebbe giurato che, dietro alle
labbra serrate in una piega dolorosa stesse addirittura digrignando i denti.
"Cosa ne avete
fatto di quei tre?", domandò Sanzo, sempre a
denti stretti.
"Beh... Veramente… Hakkai
li ha lasciati andare… Ci è mancato poco che li
disintegrasse… ”
Sanzo sollevò lentamente la testa, fissando il suo sguardo
negli occhi porpora di Gojyo.
"Dov'è Hakkai?"
"Ecco... Lui..."
Gojyo riprese in mano il boccale e finì in un sorso
la birra rimasta. "Se n’è andato subito dopo che quei tre sono spariti...
Era sconvolto." Si passò un'altra volta la mano
tra i capelli, sospirando. Sanzo continuava a
fissarlo. "Ha detto che è tutta colpa *nostra*...
Che tu gli avevi chiesto di badare a lui..."
Gojyo
si arrestò, guardando il compagno con occhi confusi: Sanzo
gli aveva appoggiato una mano sull'avambraccio, stringendolo con decisione.
"Tu occupati di lui. Vai a cercarlo... E
riportalo qui. Gli avevo chiesto di dare un'occhiata a
Goku, ma intendevo soltanto che evitasse che la
scimmia causasse qualche disastro... A parte la sua naturale propensione a far
danni, è perfettamente in grado di badare a se stesso e non è mai successo che
avessi bisogno di una balia per lui. Non potevate prevedere quello che è
accaduto."
"Sanzo..."
Il monaco ritirò la mano, abbassando lo sguardo.
"Sai, in fondo è
colpa mia. Sono *io* il suo tutore... E
sempre io avrei dovuto metterlo in guardia dai pericoli reali, invece che
passare il tempo a sgridarlo riguardo a cose di poca importanza..."
Le iridi violette si fissarono di nuovo in quelle rubino di Gojyo.
“Vai a riprenderti Hakkai.
Io penserò a Goku… E quando sarò sicuro che sta
meglio, mi metterò a dare la caccia a quei bastardi… Hanno
ucciso loro quei bambini. Dopo averli violentati.”
***
“Hey, Kou… sei proprio
sicuro di volerti immischiare in questa faccenda?”
Dokugakouji
seguiva pigramente il giovane principe attraverso i fitti sempreverde del bosco
che dovevano attraversare per arrivare nel villaggio dove si erano verificati
alcuni incresciosi incidenti… Incidenti che riguardavano la morte di ben cinque
bambini innocenti e che la gente del luogo imputava ai demoni.
Kougaiji
non avrebbe potuto tollerare un tale comportamento da parte di un suo simile e
aveva voluto recarsi in quel luogo per accertarsi personalmente di quello che
stava accadendo; veramente la sua intenzione era quella di partire da solo,
senza venire notato né da Yaone,
né tanto meno da Lilin.
Ma lui, Dokugakouji,
non sarebbe mai riuscito a lasciarlo indietro; quando si era recato nella
rimessa dov’erano custoditi i dragoni volanti l’aveva
trovato lì, già pronto a volare insieme a lui in groppa a una delle loro
magnifiche quanto inconsuete cavalcature, che ora sonnecchiava nascosta in
mezzo agli alberi.
“Non posso perdonare chi compie atti tanto
vili su dei bambini innocenti… Li punirò personalmente.”, rispose Kougaiji, continuando a camminare davanti all’amico nel suo
incedere elegante e marziale al tempo stesso.
Dokugakouji
sorrise, ammirando il portamento del giovane principe ed in particolare il modo
in cui si muoveva il suo fondoschiena fasciato dagli attillatissimi pantaloni bianchi.
“Non mi aspettavo altro da te, Kou…”, disse il demone in un tono indefinibile che però,
evidentemente, colpì qualcosa in Kougaiji dato che quest’ultimo si voltò,
guardando il compagno con aria interrogativa. Il sorriso di Dokugakouji
si fece per un attimo più dolce, prima che il suo viso assumesse un’espressione
di allerta; si posò un dito sulle labbra, facendo cenno al principe di tacere,
per poi prenderlo delicatamente per un braccio e trascinarlo dietro ad un alto
rovo lì vicino.
Dopo qualche istante si fecero
perfettamente udibili rumori di rami calpestati sotto ai piedi e fruscio di
arbusti, nonché un concitato e preoccupato vociare…
“Aspettate… Aspettate,
non ce la faccio più…”
“Dai Won, coraggio…
Dobbiamo allontanarci dal villaggio… Quei due avranno già
raccontato tutto… Sempre che non vengano a cercarci direttamente loro…”
“Non ce la faccio… Mi
scoppia la testa, mi fa male dappertutto… Vi prego, fermiamoci un
attimo, solo un attimo…”
“Ma si, Wei… Lasciamolo riposare un minuto, non cambierà certo le
cose un attimo di sosta…”
“E va bene…
Appoggiamolo contro quell’albero. Non più di dieci
minuti, però, intesi? Stiamo rischiando la vita!”
Kougaiji
e Dokugakouji ascoltavano, non visti, i ragazzi che
si stavano avvicinando al piccolo spiazzo che avevano
appena attraversato i due demoni; si traviava di tre giovani, due dei quali ne
trascinavano un terzo, piuttosto malconcio e con i tamponi nelle narici, che si
teneva in piedi a malapena; era lui che si stava lamentando. Quando i compagni
che lo sorreggevano lo adagiarono a terra, lasciandogli appoggiare la schiena
al tronco di un albero, si lasciò sfuggire un sospiro
di sollievo molto simile ad un singhiozzo.
“Cavolo… Cavolo, siamo nei casini… Nei casini
fino al collo… Ragazzi… Il mio locale… Il mio bel forno… Cosa ci è saltato in mente, cosa abbiamo fatto? Lo sapevo… Lo
sapevo che prima o poi gli Dei ci avrebbero punito…” Won si dondolava avanti e indietro, con le braccia strette
attorno al corpo e gli occhi spiritati; parlava con voce rotta, come se fosse
sull’orlo del pianto.
“Smettila adesso… Non è il momento di farsi
venire i rimorsi di coscienza, dobbiamo pensare a salvarci il culo, lo capisci?!? Non serve a
niente lagnarsi così!”, lo riprese Wei,
scrollandolo per le spalle; Ron gli appoggiò una mano
sulla schiena.
“Ha ragione, Won…
Anzi, dobbiamo ritenerci fortunati che quei due non ci abbiano fatto a
pezzetti… Non erano umani! Avrebbero potuto ridurci a
poltiglia, è un miracolo se siamo ancora vivi, non
dobbiamo sputare in faccia alla fortuna! Pensiamo ad andarcene di qua, e in
fretta!”
“Già! E’ troppo facile farsi venire i rimorsi
di coscienza quando le cose cominciano ad andare male! Sei proprio un verme…”
“Wei, non
esagerare…”
“Perché, non è la
verità? L’hai mai visto aver paura della collera degli
dei, quando si divertiva con quei ragazzini? Quanti ancora ne
avrebbe uccisi se oggi non fossimo incappati in quel… Com’è che si
chiamava, Goku? Non era umano neppure lui, lasciatelo dire… Hai visto quanta droga abbiamo dovuto
fargli buttare giù perché facesse effetto?”
“A parte questo, comunque…
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAGH!!!!”
La discussione fra i tre venne
interrotta con un sibilo sinistro da una spaventosa palla di fuoco,
misteriosamente scaturita dal grande rovo di succulente more proprio davanti a
loro, che si schiantò a pochi centimetri, incendiando un piccolo arbusto; Wei e Ron caddero in ginocchio
accanto al loro compagno, terrorizzati e ammutoliti.
Dopo pochi istanti, una figura snella e armoniosa,
ammantata da un’aura fiammeggiante rabbia si palesò,
le lunghe dita artigliate strette a pugno, i denti aguzzi digrignati ad
indurirgli i lineamenti altrimenti delicati.
“Tu… tu… tu chi saresti?!?”
Balbettò Wei con voce stridula, mentre Won e Ron erano aggrappati l’uno
all’altro e tremavano come foglie.
“Siete stati voi… Voi siete i vermi che hanno
compiuto quei delitti ignobili, lasciando che la colpa ricadesse sui demoni… “
Un'altra figura, più alta e possente, si
affiancò al demone dai capelli rossi che stava terrorizzando i tre compagni di
sventura.
“…Anche se *noi*
demoni non saremmo mai capaci di compiere azioni *tanto* abbiette.”, aggiunse
il nuovo venuto, rimanendo di profilo dietro alle spalle del suo principe.
“… E avete anche
*osato* mettere le vostre luride mani su Son Goku… Non avrò assolutamente pietà di voi!”
“Ma… Ma… Che cavolo
succede, oggi? Chi diavolo siete, voi due?!?! No… No…
NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!”
***
Goku
si risvegliò in un letto stranamente morbido e grande… Troppo grande per essere il letto della locanda dove stavano alloggiando.
Locanda?
Quale locanda?
Il soffitto che scorsero
i suoi grandi occhi ambra una volta che li ebbe aperti era alto ed affrescato e
la stanza in cui si trovava…
Goku
su guardò attorno, confuso; gli girava la testa e gli bruciavano gli occhi e,
nondimeno, non riusciva a ricordarsi nulla di quello che era successo prima di
addormentarsi.
Quel luogo sembrava stranamente silenzioso,
pacifico… Quasi immoto.
Un pugno sulla sommità del capo lo scosse dal
suo torpore.
“Stupida bestiolina!
Quante volte te lo devo dire che non devi azzannare tutto quello che vedi? Le
belle bacche rosa che ti sei ingozzato erano i frutti del sonno eterno… Meno
male che Kenren ti ha trovato in tempo, altrimenti staresti già dormendo per i prossimi due secoli! Anzi… *per
sfortuna* che ti ha trovato, la mia vita almeno avrebbe riguadagnato un po’ di
pace!!!”
Massaggiandosi con una mano il punto in cui
era stato colpito, il piccolo demone mise a fuoco il viso dell’uomo che gli
aveva appena parlato: capelli lunghi e sottili luminosi come raggi di sole, una
veste bianca ornata di oro, l’espressione perennemente
annoiata e quegli occhi languidi…
“Konzen!!! Konzen, sei
proprio tu?!?“
Goku
allungò una mano, sfiorando una guancia candida del ragazzo con le dita
sottili.
Un altro pugno incerimonioso
calò sulla sua testa.
“Ma certo che sono
io, rimbambito! Le bacche del sonno eterno hanno fatto in tempo a danneggiarti
il cervello, prima che l’antidoto facesse effetto?”
Konzen…
Ma certo, Konzen… Quel pomeriggio era scappato (come al solito), approfittando di un momento di distrazione del
suo tutore ed era uscito dal palazzo, cominciando a correre a perdifiato per i
viali della cittadina imperiale; aveva trovato uno dei bellissimi campi di
fiori in cui era solito raccogliere i fiori per Konzen
e aveva iniziato a scegliere i più belli, quando un alberello che spuntava
solitario aveva attirato la sua attenzione.
Era basso e carico di meravigliosi fiori rosa
e fucsia, con lunghi pistilli che sembravano quasi d’oro; e stranamente, in
mezzo a quel florilegio di rosa, c’erano tantissime bacche grosse quando
ghiande che emanavano un delizioso profumo…
…Beh, lui sapeva che non avrebbe dovuto
assaggiarle… Konzen glielo diceva sempre che non si mangia *tutto* quello che sembra commestibile, soprattutto
se non si sa di che si tratta… Ma lui era così affamato, aveva corso tanto e
poi… Quelle bacche erano davvero *troppo* invitanti!
“Oh, Konzen… Sai
che ho fatto un brutto sogno? Non me lo ricordo bene, ma so che era brutto… Tu
non c’eri, e avevo paura… C’era qualcuno che voleva
farmi del male… Che voleva portarmi via da te… Ma tu non mi lasceresti portare
via, vero? Staremo sempre insieme, giusto, Konzen?”
Un sopracciglio arcuato si sollevò, mentre
gli occhi d’ametista del giovane dio riflettevano una sfumatura di tenerezza.
“Tsk. E’ colpa di
quelle schifezze che ti dà da leggere Tenpu.
Alimentano troppo la tua già florida fantasia!”, disse
Konzen in tono di rimprovero, anche se non poté trattenersi
dal passare le lunghe dita tra la folta criniera castana di Goku.
“E comunque non ti preoccupare… Io ci sarò sempre.”, aggiunse quindi, sollevando
l’angolo della bocca in un accenno di sorriso.
Il ragazzino afferrò la mano del suo tutore,
premendosi il palmo contro una guancia morbida.
Quei rari e delicatissimi gesti d’affetto da
parte di Konzen per lui erano pari a tesori
inestimabili e lo rendevano così felice… Spalancò gli occhi all’improvviso,
sedendo sul letto.
“Che ti succede,
ora?”
“Ten-chan!!! Devo restituirgli il libro che mi ha prestato, l’ho
finito oggi, prima di andare a giocare fuori!”
“Vorrai dire prima di scappare per l’ennesima
volta…”
“Konzen, devo
andare assolutamente! E devo anche passare a
ringraziare Kenren-niichan per avermi salvato!”
“Ma se fino ad un attimo fa non sapevi
nemmeno dove ti trovavi… Hey!!!
Goku, fermo qui!”
Ma Konzen non
riuscì ad afferrare nemmeno una ciocca di capelli della sua scimmietta,
che balzò a terra con un’agilità sorprendente dopo aver preso in mano il libro
che teneva sotto al cuscino.
“Gli consegno questo e torno subito, te lo
prometto! Ciaaaaaaaaaaaao, Konzen!”,
gridò, agitando la mano e scomparendo, saltando dalla finestra.
Konzen
si portò una mano alla fronte e scosse la testa, sospirando rassegnato; ma poi
sorrise, questa volta più apertamente e con una dolcezza infinita.
“Non so se riuscirò mai a dirtelo come
vorrei, Goku… Ma adesso non potrei
più vivere senza di te. Non potrei proprio.”
***
“Ten-chaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaan!!!”, gridò Goku, spalancando la
porta del disordinatissimo studio di Tenpu; il caos
che vi regnava era quello di sempre, ma del ragazzo non c’era nessuna traccia.
Goku
si strinse il libro al petto, percorrendo guardingo la stanza e affacciandosi
alla porta che dava negli appartamenti dello *zio*;
il *fratellino* Kenren era lì, nell’anticamera della
stanza da letto di Ten-chan, scalzo e con indosso
solo i pantaloni. Stava preparando su un vassoio in
legno dotato di quattro piedini intarsiati frutta, focacce e tè profumato e
quando lo vide gli rivolse un sorriso complice.
“Buongiorno, scimmietta!
Allora l’antidoto ha fatto in tempo, eh? Chissà come sarà
contento Konzen!”
Goku
si inchinò leggermente, come gli avevano insegnato a
fare e ricambiando il sorriso di Kenren.
“Kenern-niichan,
grazie per avermi salvato dal sonno eterno! Mi sarei annoiato tantissimo a
dormire per sempre! “
Il Generale rise, scuotendo la testa.
“Immagino, immagino…
Ma perché non vai a salutare lo zio Ten? E dagli una
svegliata, che tra un po’ gli porto la colazione!”
Goku
annuì e si diresse verso la stanza da letto di Tenpu,
anche se una miriade di punti interrogativi si stavano materializzando sopra
alla sua testa; perché mai Kenern si trovava lì,
semivestito? E perché stava preparando la colazione a Ten-chan? Mah… Certo che quei semi-dei erano davvero
bizzarri…
Timidamente, entrò nella stanza dove, in un
enorme letto completamente disfatto, sonnecchiava a pancia in giù uno scarmigliatissimo Tenpu, coperto
da un lenzuolo appena sopra alle natiche.
Il ragazzo aprì un occhio e gli rivolse uno
dei suoi dolcissimi sorrisi, prima di scompigliarli affettuosamente i capelli.
“Goku-chan…
Buongiorno… “
“Buongiorno! Ti ho
riportato il libro… L’ho già finito, sai?”
“Sei proprio bravo…
Dai, vieni un po’ qui nel letto con me!”
Goku
non se lo fece ripetere due volte e si intrufolò nel
lettone di Tenpu, lasciando che questi lo
abbracciasse e gli posasse un leggerissimo bacio sulla fronte.
Dopo qualche istante, Kenren
fece il suo ingresso con il suo vassoio.
“Ehi, dico, non dovremo mica dividere la
colazione con questa specie di idrovora, vero?!?”,
chiese, risultando esageratamente oltraggiato.
“E perché Ten-chan dovrebbe dividere la colazione con te e non con
me?”, chiese Goku, compiaciutissimo
delle coccole che stava ricevendo da Tenpu.
“Perché… Beh, perché
io sono un’altra cosa!”
“Un’altra cosa come?”
“Non sono fatti di un moccioso! Adesso fammi
posto che devo sistemare questo sul letto… Maledizione a me e a quando ho
cominciato a viziarti così tanto, Tenpu! Una volta potresti
anche portarmela tu, la colazione a letto!”, sentenziò
Kenren, sistemando con cautela il vassoio sul letto,
mentre Tenpu, stiracchiandosi, si scioglieva
dall’abbraccio di Goku e si metteva a sedere.
“A te piace viziarmi, Kenren…”,
rispose il giovane al compagno con un sorriso complice ed una strizzata
d’occhio.
“See, see… La realtà è che sono troppo buono e tutti si
approfittano di me… EHI, scimmietta, non osare, sai!”
Goku
si era messo in ginocchio sul letto e osservava la colazione preparata da Kenren con un misto di adorazione
e voracità nello sguardo; i suoi occhi sembravano diventati due enormi stelle
luminose e le sue guance parevano ancora più morbide e rosse di sempre, quasi
rispecchiassero la rotondità ed il colore delle mele che stazionavano sul
vassoio.
“Ooooooooooooh, Kenren-niichan, sembra tutto così buono!!!”,
cantilenò, scavalcando le gambe di Tenpu e andandosi a sistemare in mezzo ai due. “Posso
assaggiare?!? Posso, eh, posso?”
Kenren
sospirò, allargando le braccia rassegnato. “Tanto
anche se ti diciamo di no…”
“Oh, grazie, Kenren-niichan!
Tu e Ten-chan siete i più fantastici fratellini del
mondo!!! Sapete, quando sono arrivato non mi piaceva
tanto stare qui… Ma se ci siete voi due non mi sento più triste!!!”
Ma
una voce irritata e lievemente nasale, proveniente dall’anticamera, ruppe
l’idillio a tre.
“Tenpu! Tenpu, Goku è qui da te?”
I due generali ridacchiarono divertiti,
mentre Goku si stava già dedicando alla colazione;
tuttavia, non esitò a rispondere, a bocca piena e con un sorriso che lo
illuminava tutto:
“Konzeeeeeeeeeeeeeeeeeen!!! Stiamo facendo colazione, vieni anche tu!!!”
Tenpu
tossicchiò, facendogli eco:
“BUONGIORNO, Konzen…
Si, dai, perché non ci raggiungi?!?”
Poco dopo una figura vestita di bianco con il
volto delicato incorniciato da lunghi capelli color dell’oro fece irruzione,
immusonita come sempre, nella camera da letto del generale.
Allo spettacolo del piccolo demone,
tranquillamente seduto sul letto tra Kenren a petto
nudo e Tenpu, palesemente spogliato sotto alle lenzuola la faccia di Konzen
assunse un’espressione a metà tra il disgustato ed il rassegnato; si portò una
mano alla fronte, scuotendo la testa e tirò un profondo sospiro. Ma, prima che
potesse aprire bocca per protestare, Goku balzò fuori dal letto, abbandonando il vassoio con il cibo che lo
aveva attratto così tanto fino a quel momento; gli circondò le braccia con la
vita, strusciando il naso contro il suo petto.
“…E se ci sei anche tu, questo diventa il
posto più meraviglioso del mondo!!!”
***
“Non voglio andarmene mai più…” sussurrò Goku, ancora incosciente. Le sue dita strinsero piano la
mano di Sanzo, che lo vegliava da circa un’ora,
aspettando impazientemente che il piccolo si risvegliasse
per accertarsi che stesse bene, che avesse superato più o meno indenne lo shock
subito a causa di quella brutta esperienza.
Gli era difficile ammetterlo persino a se
stesso, ma non avrebbe più potuto vivere se Goku fosse rimasto segnato per sempre da ciò che era
accaduto quel pomeriggio, quando lui era lontano…
Non si sarebbe mai perdonato di non essere
stato lì, quando Goku aveva bisogno di aiuto.
Non si sarebbe mai perdonato di non avergli
mai detto…
“Mai… Più…”
Il monaco strinse a sua volta le mano che teneva nella sua. Probabilmente Goku stava sognando… Forse stava avendo un incubo riguardo
a quello che gli era appena accaduto.
“Goku… “, chiamò
piano. “Goku, svegliati. Stai sognando… Sei al
sicuro.”
“Mmmhh…”
Il ragazzino si lamentò debolmente,
agitandosi un poco sotto alle lenzuola; dopo qualche
istante, le palpebre chiuse sulle iridi dorate tremarono un po’, per poi
aprirsi su due occhi ancora lucidi e confusi.
“Sanzo…”
La voce di Goku era
rauca, soffocata, proprio come quella di un bambino che avesse
appena finito di piangere.
Il giovane bonzo sbatté le palpebre,
ripetendosi che quel fastidioso pizzicore che sentiva agli occhi fosse dovuto soltanto alla stanchezza e sperando che il nodo
che gli stringeva la gola non gli impedisse di parlare proprio ora che la sua
stupida scimmietta aveva bisogno di lui.
“Goku… Stai bene?”,
chiese, cercando di controllare l’emozione che gli faceva tremare la voce; la
sua mano stringeva ancora quella più minuta del piccolo demone.
“Sanzo…”, ripeté il
ragazzino, lo sguardo fisso in quello del suo tutore, trasognato come se si trovasse
di fronte ad un miraggio; si girò, mettendosi su un fianco e sollevando la mano
libera per toccare il viso del ragazzo al suo capezzale. “Sei… Sei davvero tu… Sei tornato…”
Il mondo sembrò
vorticare attorno a Sanzo per un attimo; le emozioni
rischiarono di sopraffarlo, annientandolo, rischiando di disintegrare tutti i
muri che si era costruito attorno in tutti quegli anni… Ma non poteva, non in
quel momento, non sarebbe stato giusto; in quel momento doveva essere forte.
Stringendo ancora di più la manina di Goku, si concesse di passare dita leggere nella massa di
capelli castani del demone.
“…Certo che sono io… Chi avrebbe dovuto
essere?”, domandò, chiudendo poi la mano a pugno e lasciandola cadere
dolcemente, nella parodia di una carezza, sulla fronte di Goku.
“Dimmi che stai bene, Goku.” Sospirò quindi, una nota
di apprensione e disperazione nella voce.
Il viso del ragazzino si illuminò
di un sorriso radioso, chiudendo la mano del monaco in entrambe le sue.
“Si… Sto bene… Gojyo
e Hakkai… e poi adesso ci sei tu, vicino a me. Adesso
va tutto bene…”
Sanzo
sospirò, chiudendo gli occhi; era un sospiro tremante, che gli fece pizzicare
gli occhi e bruciare le narici.
La sua mano libera passò tra i capelli di Goku, indugiando tra le ciocche castane.
“Già… Adesso ci sono io…”
***
Kougaiji
era sinceramente dispiaciuto per aver mandato a fuoco quell’albero…
sicuramente era molto vecchio e lui l’aveva distrutto con un uno schiocco di
dita.
Ma
era tutto ciò che avrebbe mai rimpianto di quella giornata.
Lui e Dokugakouji avevano attraversato la foresta e si stavano dirigendo verso
la cittadina che costeggiava il fiume, camminando lungo l’argine illuminato da
una lunga fila di lampioni ad olio; ormai si era fatto buio e le luci del paese
brillavano a un paio di miglia di distanza.
“Kou… Kou!”
“Cosa c’è, Dokugakouji?”
“E’ proprio necessario che raggiungiamo il
villaggio? Non è saggio farsi vedere tanto in giro, lo sai…”
Il principe che, come sempre, camminava
davanti al compagno, si voltò per guardarlo da sopra una spalla.
“Voglio sapere come sta Goku…
E soprattutto come *diavolo* avranno fatto quei tre a
riuscire a mettergli le mani addosso…”
Kougaiji
si interruppe quando Dokugakouji
gli posò entrambe le mani sulle spalle, facendolo fermare e girare leggermente
sulla sinistra; gli occhi obliqui del Principe si sgranarono leggermente e le
sue labbra serrate si schiusero impercettibilmente.
In una barca di pescatori, ormeggiata lungo
il fiume, un corpo era rannicchiato in posizione fetale; la luce di uno dei
lampioni accendeva riflessi bluastri tra i capelli corvini ed un piccolo drago
bianco se ne stava accucciato accanto alla figura, strofinandogli il musetto su
una manica della camicia alla coreana.
“Cho Hakkai…” , sussurrò Kougaiji, sorpreso.
Il draghetto bianco
alzò la testa e li vide; immediatamente si alzò in volo e li raggiunse,
cominciando a volare concitatamente attorno a loro e poi posandosi sul braccio
protesogli dal Principe.
“Hakuriyu… E’ così
che ti chiami, vero?”
***
Gojyo
se ne stava seduto fumando in riva al fiume, con i piedi nell’acqua; non ci
aveva messo molto a trovare Hakkai, ma…
…Non aveva avuto il coraggio di avvicinarglisi.
Il suo compagno se ne stava raggomitolato su
un piccolo pontile di legno, abbracciando le ginocchia; non si era accorto di lui,
o, più probabilmente, non voleva accorgersene. Magari aveva bisogno soltanto di
essere lasciato in pace e questo era esattamente ciò che Gojyo
avrebbe fatto.
Anche
perché…
Anche
perché aveva troppa paura di essere rifiutato, a quel punto…E aveva troppa
paura di affrontare di nuovo il dolore di Hakkai,
tutto da capo, come due anni prima… L’incidente di Goku
aveva in qualche modo riaperto in lui ferite che non si erano ancora del tutto
rimarginate.
Il senso di colpa lo dilaniava, da una parte
per non essere stato in grado di salvare la sua Kanan,
dall’altro per essersi lasciato travolgere da una cieca furia omicida per
vendicarla; e, ogni volta che sembrava riuscire ad accantonare i ricordi del
passato, accadeva qualcosa che li portava indietro, vividi e dolorosi come sempre.
Per non parlare del
fatto che, in quella particolare circostanza, quel senso di colpa rischiava di
aver rovinato per sempre il rapporto tra lui e Gojyo…
Il kappa sospirò
profondamente, per poi gettare in acqua la sigaretta, fumata appena a metà.
Com’era strana la vita…
Con tutte le ragazze che aveva sempre avuto,
tutte quelle che si era portato a letto e che l’avevano trascinato nel loro
letto… Non era mai riuscito ad innamorarsi veramente.
E
adesso che probabilmente stava accadendo, non solo non si trattava di una
ragazza… Ma era già andata a rotoli prima di cominciare.
E
faceva *maledettamente* male…
“Kiyu… Kiyuuuuuuuu!!!”
L’inconfondibile voce stridula di Hakuriyu distolse Gojyo dal suo
triste rimuginare.
Il draghetto gli
volò intorno, planandogli accanto e continuando ad agitare le ali; il ragazzo
sbatté le palpebre, dopo un iniziale attimo di apprensione
in cui immaginò tutto l’immaginabile, compreso il fatto che Hakuriyu
fosse venuto ad avvisarlo che Hakkai avesse deciso di
gettarsi nel fiume con un masso legato ai piedi; ma il piccolo drago bianco
sarebbe stato molto più agitato e rumoroso, in un’occasione del genere, Invece,
sembrava solo voler fargli notare il piccolo rotolo di pergamena che aveva
appeso al collo con una piccola striscia di seta bianca.
Gojyo
sollevò un sopracciglio sottile, mentre per un attimo la curiosità prese il
posto della preoccupazione.
Avvicinò le mani al collo di Hakuriyu, cominciando a sciogliere il nodo che legava
quella sorta di collarino; il draghetto si era
immobilizzato, ali aperte e testa in alto, per facilitarlo il più possibile.
Mentre
le dita affusolate del ragazzo cercavano di estrarre la pergamena dalla piccola
morsa di seta, la curiosità cominciò a sfumare nel panico: che diavolo ci
poteva essere scritto lì sopra? Qualsiasi cosa… Anche qualcosa di terribile,
nonostante l’apparente serenità di Hakuriyu… Ma in
fondo chi poteva essere in grado di leggere negli occhi di una creatura che era
poco più di una lucertola?!?
Finalmente Gojyo
riuscì sciogliere il nodo e ad aprire il rotolino con
mani tremanti.
Una calligrafia elegante
e ricercata vergava il foglio con strani caratteri; non erano stati scritti con
dell’inchiostro, sembrava piuttosto…
Sembravano impressi a fuoco sulla pergamena; il ragazzo chiuse un attimo
gli occhi, prendendo un sospiro profondo prima di cominciare a leggere:
Sono spiacente di non potervi recare di persona i
miei saluti, ma penso che in questa situazione la mia presenza sarebbe decisamente di troppo.
Volevo accertarmi che Son Goku stesse
bene e ricordargli che fino a che non l’avrò battuto non deve permettersi di
lasciarsi sfiorare da nessuno!
Inoltre voglio ricordare a voi quattro che la vostra forza risiede, in
gran parte, nei sentimenti che vi legano… Non lasciatevi separare dal dolore.
Comunque, se può esservi di consolazione, chi ha arrecato tanto dolore a
questo villaggio è già stato punito. Almeno questo ho
potuto farlo, per voi.
Spero di rivedervi
presto… E quel giorno, sarà per combattervi!
Kougaiji.
Da parte di Dokugakouji: Fratello, credevo di averti insegnato a
proteggere chi ami. Non lasciare da sola la persona a
cui hai donato il cuore, non ti perdoneresti mai se dovesse perdersi… Addio.
Gojyo
dovette rileggere due o tre volte per comprendere bene il significato di quelle
parole.
Guardò un attimo Hakuriyu
negli occhi, poi balzò in piedi, si infilò gli stivali
e risalì in fretta l’argine del fiume, per poi cominciare a correre, seguito al
volo dal draghetto.
In meno di cinque minuti
raggiunse il luogo dove aveva visto Hakkai circa
un’ora prima; non era più accucciato sulla riva del fiume e, per un attimo, Gojyo si lasciò sopraffare dall’angoscia; ma poi Hakuryiu planò sulla barca ormeggiata lì accanto e allora
lo vide… Raggomitolato là dentro come un bambino impaurito.
Come Goku poco prima, alla locanda…
Il draghetto si
appoggiò su una spalla del suo padrone, strofinandogli poi dolcemente il muso
contro ad una guancia; Hakkai non reagì e
l’animaletto rivolse lo sguardo triste verso Gojyo, mugolando sommessamente.
Gojyo
scese lentamente i gradini della scala scavata nel terreno, che dalla strada
giungeva sulla riva del fiume; si inginocchiò con
circospezione accanto alla barca, poggiando poi una mano sulla fiancata e
spingendola piano, in modo da farle prendere un leggero dondolìo.
“Hakkai… “, sussurrò.
“Hakkai, lo so che sei sveglio… E so che mi stai
ascoltando. Goku sta bene… Anche se mi è toccato
portarmelo in braccio fino alla locanda dato che tu
hai fatto i capricci e ti sei portato via pure Hakuriyu.
Avrei voglia di sculacciarti, sai?
Non lo faccio soltanto perché credo che per
oggi ne abbiamo avuto tutti abbastanza… Adesso però tu
ti alzi da qui e vieni via con me, d’accordo? Perché io non muoverò
un passo finché non ti deciderai ad uscire da questa dannata barca e dirmi che
tutte quelle stronzate sul non meritare di essere
felice le hai sparate solo perché eri sconvolto da quello che è successo alla scimmietta…” Gojyo fu costretto a
fermarsi quando sentì la voce incrinarglisi
pericolosamente: non era il momento di cedere, doveva essere forte. Udì appena
il roco sussurro che si levò dalla barca.
“Go… Gomen nasai…”
Il kappa si irrigidì leggermente, incerto sul da farsi; il suo
istinto gli diceva di tirar fuori il suo amico da quel guscio di noce, soffocarlo
in un abbraccio e pregarlo di dirgli che tra loro non era cambiato nulla, che
la brutta esperienza di quel pomeriggio non avrebbe rovinato niente… Ma decise
che sarebbe stato meglio agire con cautela.
“Hakkai…” , mormorò semplicemente.
“Mi dispiace, Gojyo…
Mi sento terribilmente in colpa per averti lasciato da solo in quella
situazione… Ero sconvolto, io… Non avevo il coraggio
di tornare alla locanda… Goku… Come sta?”
Gojyo
sospirò.
“Adesso è con Sanzo… E’ stato lui a chiedermi di venirti a cercare
e riportarti indietro. Credo che Goku starà benone… Si è fatto un bel pianto e poi si è addormentato.
Gli ci vorrà un po’ di tempo per superare questo trauma, ma per fortuna non è successo nulla di troppo grave…”
“Sanzo… “
“Non ce l’ha con te…
Hakkai… *Non* è stata colpa tua, non è stata colpa
nostra, non è stata colpa di nessuno se non di quelle tre *merde*…”
La barca si mosse; Hakkai si era sollevato in piedi, aveva il viso tirato e
pallido ed il naso rosso di chi ha pianto per un bel po’ di tempo; il kappa dovette esercitare tutto il suo autocontrollo per
evitare di sorridere intenerito.
Si alzò in piedi a sua volta, aiutando
l’amico a scendere sulla terra ferma; negli occhi verdi di Hakkai
c’era una sfumatura di angoscia.
“Gojyo… Li abbiamo
lasciati andare… Dopo tutto quello che hanno fatto.
Dobbiamo…”
Due dita affusolate gli si poggiarono sulle
labbra.
“Hanno avuto quel che meritavano. Non
pensarci più, Hakkai… Torniamocene da Sanzo e Goku.”
Gojyo
passò allo youkai il foglio di pergamena portatogli
poco prima da Hakuriyu: Hakkai
lo prese con mani tremanti, quindi lesse in fretta e
sbatté un paio di volte le palpebre.
Gojyo
sorrise.
“Come vedi il nostro Principe-sempre-tra-i-piedi ci ha dato una mano anche
questa volta… E adesso vieni via, comincia a far freddo qui fuori…”
Mise cautamente un braccio intorno alle
spalle di Hakkai, tirandoselo vicino; quest’ultimo gli si appoggiò contro, nascondendogli il viso
contro al petto.
“Perdonami Gojyo…
Perdonami, sono uno stupido… Ho solo… Ho solo tanta paura di perdere ancora
qualcuno a cui voglio bene… Ho tanta paura di perdere anche te…”, sussurrò,
aggrappandosi alla giacca del compagno e cominciando a tremare.
Gojyo
chiuse un abbraccio protettivo intorno a quel corpo che, in certi momenti, gli
sembrava fragile e delicato come un cristallo.
“L’hai proprio detto,”,
rispose Gojyo, scostandosi un attimo da lui e
cominciando a posargli una pioggia di baci leggeri sul viso, “Sei uno stupido…”
***
Alla locanda dove
alloggiavano i quattro amici la porta della camera di Sanzo
e Goku si aprì, dopo un leggero bussare; Gojyo fece capolino e sospirò, sollevato; quindi entrò,
trascinandosi dietro Hakkai per mano.
Goku
era seduto sul letto, con un paio di cuscini impilati dietro alla schiena ed un
vassoio che recava una cena leggera sulle ginocchia; sorrise apertamente quando
vide i due ragazzi, protendendo poi le braccia verso di loro.
“Ragazziiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!” , esclamò, con il suo solito entusiasmo.
Sanzo
sollevò appena lo sguardo dal giornale che stava leggendo; guardò Gojyo, un angolo
delle labbra perennemente imbronciate si incurvò in un
sorriso; poi guardò Goku ed al kappa
non sfuggì l’insolita nota di tenerezza negli occhi ametista.
Hakkai
si gettò tra le braccia del piccolo demone, incurante di aver rischiato di
rovesciare tutto il contenuto del vassoio sul letto ed essere riuscito ad
evitare il danno solo perché Gojyo era stato pronto a
tenere il tutto in equilibrio; il ragazzo dai capelli corvini strinse forte a
sé Goku, che lo abbracciò a sua volta mentre Hakuriyu gli si era poggiato sulla testa, strusciando il
musetto su un’orecchia.
“Perdonami, Goku… “ , si scusò Hakkai.
“Perdonarti di cosa? Siete venuti a salvarmi…
E’ stata colpa mia, mi sono messo nei
guai perché non sto mai ad ascoltare Sanzo quando mi
dice che devo imparare a comportarmi… E te quando mi dici che non si accetta il
cibo dagli sconosciuti… E Gojyo quando mi dice che
sono solo una scimmia scalmanata… Ho avuto tanta paura… Ma adesso è finita…”
“Ma non avrei dovuto
lasciarti da solo…”
“Hakkai… Smettila.”
Questa volta fu Sanzo
a rispondere e i due amici si sciolsero dal loro abbraccio per guardarlo in
viso.
“Avanti… Andate anche
voi due a mangiare qualcosa e poi filate a dormire.
Avete bisogno di riposare. Faremo tappa qui ancora un giorno e poi ripartiremo.”,
sentenziò, anche se nella sua voce non c’era il
solito, sprezzante tono di comando, quanto una calda preoccupazione.
Hakkai
tentò di offrirsi di lui un po’ di compagnia a Goku, insistendo che anche Sanzo
avesse bisogno di riposare; il monaco però assicurò che se la sarebbe cavata da
solo e, soprattutto, Gojyo aveva una grandissima
voglia di coccolare un po’ il suo ragazzo dopo quella giornata nerissima ma,
per fortuna, finita bene.
***
Goku
aveva mangiato poco rispetto ai suoi standard; Sanzo
lo liberò dal peso del vassoio, poi gli passò una mano sulla fronte.
“Non hai più la febbre… Prima eri bollente, dev’essere stato l’effetto della roba che ti hanno dato.”
Il viso del ragazzino si incupì
improvvisamente. Hakkai aveva lasciato Hakuriyu lì con lui per fargli compagnia ed il piccolo
drago faceva beato le fusa mentre le dita di Goku gli
accarezzavano il pancino.
“Sanzo… Quei tre…
Sono stati loro ad… Ad uccidere i bambini?”
Sanzo
sospirò.
“Si.”
“E… Prima a quei
bambini hanno fatto quello che hanno fatto a me?”
“Ho paura che abbiano fatto di peggio a loro,
Goku…”
“Oh…”
Il monaco prese dal comodino il pezzetto di
pergamena consegnatoli da Gojyo prima di congedarsi.
“Credo sia giusto tu legga
questo. E’ un saluto da parte di una persona… speciale.”
Goku
alzò gli occhi e li fissò in quelli del suo tutore, interrogativo; inclinò
leggermente il capo, per poi prendere la pergamena e srotolarla lentamente,
leggendone in silenzio il contenuto.
“Kou… Kougaiji… “, balbettò.
“Non faranno più del male a nessuno. Non
feriranno e non uccideranno più nessun bambino.”
La voce di Sanzo
era dolcissima mentre pronunciava quelle parole, e la sua mano indugiò una
volta di più tra le ciocche castane del suo piccolo amico.
Il demone deglutì.
“Sanzo…”
“Dormi adesso, Goku.
Hai bisogno di riposare. E sono stanco anche io.”
Il ragazzo prese Hakuriyu
dal grembo di Goku, alzandosi poi dalla sedia da cui
l’aveva vegliato.
Goku
allungò una mano, afferrando un lembo della veste e trattenendolo presso il suo
letto.
“Sanzo… “ Abbassò
gli occhi, imbarazzato, intimidito ma allo stesso tempo determinato. “Sanzo… Dormiresti con me? Solo per questa notte…” Attese
con il fiato sospeso.
Il monaco non rispose; si avvicinò alla
finestra, appoggiando il draghetto sul davanzale. Poi
cominciò a liberarsi della veste, riavvicinandosi quindi al letto di Goku e, senza dire una parola, sollevò le coperte e si infilò sotto le lenzuola con la sua scimmietta;
allungò una mano e Goku spalancò gli occhi,
arretrando un po’ allarmato, come se si aspettasse un ennesimo, abituale pugno
sopra alla testa. Invece, Sanzo
incorniciò il viso morbido del ragazzino, poggiandogli le labbra sulla fronte,
poi sulla bocca in una carezza leggera.
Goku
lo osservava stranito, gli occhi ambra spalancati ed increduli.
Sanzo
non disse più nulla: si sdraiò ed abbracciò il suo piccolo amico, facendogli
poggiare il capo sulla sua spalla e continuando ad accarezzargli gentilmente i
capelli.
***
Hakkai
era sdraiato con la guancia appoggiata al petto di Gojyo,
che gli accarezzava pigramente la schiena ed i capelli.
Il kappa aveva
cercato di far mangiare qualcosa al compagno, ma con scarsi risultati; Hakkai era sfinito e desiderava soltanto mettersi a letto,
possibilmente con lui accanto.
Gojyo
avrebbe voluto fumarsi volentieri una sigaretta, ma sapeva
che al suo Hakkai avrebbe dato fastidio… Sospirando,
decise di astenersi e tentare di distrarsi con un paio di chiacchiere.
“Hakkai…”
“Nh?”
“Sei sveglio?”
“Più o meno…”
“Secondo te… La scimmietta e quel monaco corrotto…”
Hakkai
si sollevò stancamente su un gomito, guardando in viso il suo compagno con
un’espressione esageratamente scandalizzata.
“Gojyo! Ma cosa vai a pensare?”
“Guarda che volevo
solo chiederti se secondo te stanno già dormendo!”
“Certo, certo… Sei un grandissimo pettegolo, lo
sai?”
“Beh, ma.. scusa, tu
non sei curioso? Tra loro due…”
Il kappa venne interrotto da una specie di squittìo
sommesso e un delicato frusciare d’ali; Hakuriyu era
entrato dalla finestra e si stava accucciando sul letto tra Gojyo
e Hakkai, strofinando il nasino sulla guancia del suo
padrone; quest’ultimo rise intenerito.
“Poverino… Ha paura che lo cacciamo anche
noi!”
Gojyo
cercò di mettere a fuoco la testolina del draghetto,
incrociando buffamente gli occhi e suscitando ancora di più l’ilarità del compagno.
“Poverino?!? Hey,
dico… Mica avrai intenzione di farlo dormire qui nel letto, vero?!?”, chiese il kappa, con una nota
di disperazione nella voce.
“Ma dai… E’ una bestiolina sensibile, ha voluto lasciarli soli… Così ha
anche risposto ad una tua curiosità, gli devi un favore!”
“Starai scherzando…
E per questo io dovrei dormire con una lucertola
puzzolente? AIHA!!!”
Gojyo
si guadagnò un bel morso su un mignolo, mentre Hakkai
si sistemò di nuovo sul petto dell’amico assieme ad Hakuriyu.
“Hakuryiu non è una
lucertola e non puzza…”, mugugnò il ragazzo dai capelli neri in un tono un po’ infantile e con la voce già assonnata.
“Beh, però si è messo tra noi due...”,
replicò Gojyo, leggermente imbronciato e forse non
solo per stare al gioco; ricominciò ad accarezzare i capelli di Hakkai, coprendosi la bocca con la mano libera per
soffocare un sbadiglio. Quella giornata era stata
impegnativa anche per lui…
“Nessuno potrà mai mettersi tra noi due…”,
sussurrò Hakkai.
Gojyo
lo guardò, stranito; il suo amico sembrava dormisse già, le palpebre erano
abbassate sui bellissimi occhi verdi. Era strano… Anche la voce con cui aveva
parlato non gli era parsa la sua… Come se Hakkai
avesse parlato da un posto remoto, da un tempo lontano…
Una volta di più, Gojyo
si sentì legato ad Hakkai
come se lo conoscesse da una vita, come se lo amasse da un’eternità… Ma era
troppo stanco per continuare a chiedersene il motivo.
Abbracciò gentilmente il suo compagno,
lasciando che anche Hakuryiu si adagiasse comodamente
tra di loro e spense la luce, lasciando che l’oscurità
li avvolgesse nel suo silenzio ovattato.
Continuò ad osservare per qualche minuto il
volto di Hakkai alla flebile luce della luna; poi gli
appoggiò le labbra ai capelli.
“Hai ragione… Nessuno riuscirà mai a
dividerci.”, mormorò soltanto, prima di chiudere gli occhi… Non riuscì a
capire, nel dormiveglia che precede il sonno, se le
parole che udì fossero realmente uscite dalle labbra di Hakkai
o fosse stata solo la sua immaginazione… Ma gli arrivarono comunque al cuore, forti
e gentili come solo Hakkai sapeva essere.
“Ti amo…”
Owarii