Serie: Saiyuki

Pairing(s): quelli già fatti dalla Minekura

Rating: PG con un po’ di lime; un po’ di violenza

Parte: 1/1

Spoilers: qualcuno sì, per chi non ha ancora visto la serie

Disclaimers: i personaggi che ho strapazzato appartengono a Kazuya Minekura ed ai suoi editori, io mi ci diverto un po’ ma senza guadagnarci nulla.

Note: Grazie alle mie Alexiel  (ti devo un titolo) ed Hanachan per la supervisione ed il beta-readaggio. Un saluto speciale a Denise per essere stata la prima, oltre alle prima citate, ad averla letta a commentata!

 

Destini

by Choco

 

 

Hakkai osservava Gojyo sdraiato sul letto all'altro capo della stanza, le braccia incrociate dietro alla nuca, un ginocchio sollevato, gli occhi chiusi e l'espressione totalmente rilassata.

La luce dorata delle lanterne appese accanto all'insegna della locanda filtrava tenue attraverso gli scuri, giocando con i capelli cremisi del ragazzo ed accendendo tra essi piccole scintille color rubino.

Hakkai lo guardava, sentendo il cuore accelerare i battiti secondo dopo secondo, la gola stringersi a causa di qualcosa di indefinibile...

...Era passato poco più di un mese dalla notte in cui Gojyo l'aveva svegliato  mentre era in preda agli incubi, consolandolo e rassicurandolo; dalla notte in cui si erano coccolati e baciati, per poi promettersi a vicenda di riflettere sui rispettivi sentimenti.

E tutto era tornato come prima.

O meglio... La complicità tra loro due era senza dubbio più forte; capitava molto spesso che si scambiassero sguardi dolcissimi senza nessun particolare motivo, che si sfiorassero *accidentalmente*, talvolta anche che rimanessero a dormire l'uno accanto all'altro... ma la presenza dei loro compagni di viaggio, la situazione di incertezza che stavano vivendo ed i fantasmi del loro passato non avevano certo contribuito a far progredire la loro relazione.

Anzi...

Hakkai non voleva che quanto successo tra di loro finisse nella scatola dei vecchi ricordi; non sopportava l'idea di rischiare di morire senza aver avuto un'altra occasione di essere stretto tra le braccia del compagno, di baciarlo un'altra volta...

Sospirò profondamente, attirando l'attenzione di Gojyo, che aprì lentamente un occhio e lo puntò su di lui.

"Sei sveglio, Hakkai?", Domandò sottovoce il mezzo-kappa.

Il caso aveva voluto che quella sera trovassero una locanda con qualche stanza in più, così avevano potuto comodamente sistemarsi due a due; Sanzo aveva preso Goku per un orecchio e se l'era trascinato dietro ("Così terrò d'occhio i tuoi comportamenti da primate") e, di conseguenza, loro due si erano ritrovati in camera assieme... Da soli.

"Mi pare così strano... E' la prima volta che ti vedo tanto agitato da sveglio; di solito lasci al sonno il compito di rivelarmi la tua parte emotiva.", disse Gojyo, riabbassando la palpebra sull'occhio che si era preso la briga di aprire pochi secondi prima. "Cosa c'è che non va?", aggiunse quindi, stavolta aprendo entrambi gli occhi e puntandoli in quelli di Hakkai; quest'ultimo distolse in fretta lo sguardo, sentendosi arrossire stupidamente ma, soprattutto, temendo il confronto con l'amico... Temendo di sentirsi dire che quella serata di effusioni era stata uno sbaglio, un momento di confusione e debolezza.

Hakkai… Vieni qui.”

Il giovane dai capelli corvini sbatté le palpebre, sorpreso; arrossì, se possibile, ancora di più e guardò il suo compagno, che gli aveva teso una mano e lo stava osservando con una tale intensità che Hakkai avrebbe facilmente potuto sciogliersi lì dov’era.

“Non avrai paura di me, vero?”, lo incalzò Gojyo quando realizzò che il giovane youkai non si era mosso nemmeno di un centimetro, ma era anzi impalato come una statua di sale. “Su… Vieni qui…”

La voce del Kappa aveva assunto una sfumatura tutta particolare, quella che usava per sedurre le belle ragazze che incrociava sul suo cammino e che raramente non aveva assolto al suo scopo.

Hakkai si lasciò pervadere dal calore che ogni volta lo assaliva quando Gojyo lo guardava in quel modo o gli parlava con quella voce e si alzò, colmando con due passi delle sue lunghe gambe snelle la distanza tra i loro letti; Gojyo gli afferrò una mano con la sua, ancora protesa verso di lui e se lo tirò vicino,  a sedere sul proprio materasso.

“Ha a che fare con noi due, vero?”, gli chiese sensualmente.

Hakkai non riuscì a fare altro che annuire, senza staccare gli occhi dal pavimento e lasciando che le dita di Gojyo si intrecciassero alle sue.

Si sentiva uno stupido: l’amico gli aveva reso le cose talmente semplici… E lui non riusciva a profferire parola. Anzi, sentiva un nodo grosso come una mela stringergli la gola.

Avvertì il pollice di Gojyo carezzargli delicatamente il dorso della mano.

“ Ci ho pensato tanto anche io… non credo sia giusto continuare a far finta di nulla. Ci stiamo facendo del male. Avevo deciso da giorni che avrei dovuto parlarti, ma…” Una breve pausa, un sospiro. “Ma forse, come te, non ne avevo il coraggio.”

Hakkai portò di scatto lo sguardo sul viso di Gojyo, che rimase leggermente scosso dalla luce disperata che brillava in quei luminosi occhi verdi: gli sembrò di rivedere, per un attimo, uno scorcio del ragazzo che aveva trovato in mezzo al fango in una notte di pioggia di quattro anni prima e lo abbracciò d’impulso, stringendoselo contro.

“No, no… Che hai capito, stupido…”, mormorò, cominciando ad accarezzargli la schiena e cullarlo dolcemente. “Non fare quella faccia, ti prego… Non sopporto di vederti triste, lo saiHakkai… Non potrò mai più vederti solo come un amico. E non farò mai più finta di niente.”

Gojyo si allontanò un poco dal corpo di stringeva tra le braccia; prese delicatamente il mento di Hakkai tra le dita, facendogli sollevare il viso. “*Mai più*”, aggiunse quindi, guardandolo negli occhi.

Lo youkai gli circondò la vita con le braccia, appoggiandogli il viso nell’incavo del collo e sospirando, un sospiro tremante e sofferto; senza che neppure se ne accorgesse, una lacrima gli solcò il viso, scottandogli una guancia.

Si sentiva allo stesso tempo sollevato e frustrato… Era felice delle parole che Gojyo gli aveva appena rivolto ma…

Come avrebbe potuto dirgli che in quel momento aveva un disperato bisogno di lui? Che voleva che lo abbracciasse, che lo tenesse lì nel letto accanto a lui, che lo coccolasse tutta la notte, che…

Che lo desiderava e che aveva bisogno di sentirsi desiderato allo stesso modo?

Seguendo l’istinto, fece ciò che gli venne più naturale: prese una mano di Gojyo nella sua e se la appoggiò sul petto, al di sotto della maglia di cotone che indossava per dormire; sollevò lo sguardo sul compagno, lasciandosi andare ad un sospiro tremante ed attendendo.

Gojyo si era fermato lì, quella sera, all’altezza del suo cuore…

Il Kappa si chinò su di lui, accarezzandogli le labbra in un bacio gentile.

“Sei sicuro che è quello che vuoi?”, chiese, mentre scendeva a stuzzicargli il collo.

Hakkai gettò la testa all’indietro, scoprendo la gola e sentendosi pervadere da un calore intossicante.

“Ho bisogno di te…”, fu la sua risposta, prima di sentirsi trascinare sulle lenzuola fresche e ritrovarsi sdraiato al fianco di Gojyo.

Non capì nemmeno come, ma nel giro di pochi istanti i suoi pantaloni erano da qualche parte sul pavimento insieme a quelli dell’amico e le loro gambe erano allacciate; le sue dita erano perse nella chioma cremisi di Gojyo, che a sua volta lo stava baciando in un modo da togliere il fiato.

Sentì le mani esperte del compagno accarezzargli i dorsali al di sotto della maglia e rabbrividì; Gojyo si scostò di poco da lui, sussurrandogli sulla bocca.

“Hai paura?”, gli chiese, sfiorandogli poi una guancia con le nocche delle dita.

Hakkai si sentì sciogliere; quel modo di trattarlo, come se fosse stato ancora vergine lo faceva liquefare come neve al sole. In quel momento capì davvero perché il kappa avesse tanto successo con le donne.

“Si… si, un po’”, ammise, “Ma non voglio che tu ti fermi…”, aggiunse in fretta.

Non era abituato a vivere il sesso in quel modo; non era mai stato con un altro uomo, anzi… Aveva fatto l’amore solo con Kanan.

“Se non mi fermerai tu, io non lo farò…”, rispose Gojyo tra i sospiri, continuando a coprire il viso  di Hakkai di baci leggeri e ad accarezzarlo con una delicatezza infinita, come se stesse maneggiando un fragilissimo cristallo; i capelli cremisi gli ricadevano a ciocche scomposte davanti agli occhi e ad Hakkai sembrò di non averlo mai visto così bello.

Le lunghe dita del kappa gli sfilarono il monocolo e lo attirarono nuovamente verso quelle labbra avide e al tempo stesso dolcissime, labbra alle quali non si riusciva a fare più fare a meno, una volta assaggiate.

 

 

***

La mattina dopo, Gojyo e Hakkai furono i primi a scendere  per la colazione; Sanzo aveva detto che avrebbero dovuto partire molto presto, anche se lui e Goku non si erano ancora fatti vivi e, a quell’ora, gli unici ospiti svegli della locanda sembravano essere proprio loro due.

Si erano svegliati l’uno tra le braccia dell’altro ed era stato oltremodo difficile riuscire a separarsi; continuavano a guardarsi negli occhi, resistendo a stento alla tentazione di afferrarsi le mani a vicenda o scambiarsi qualche bacio; la notte passata non l’avrebbero mai più dimenticata, anche se tra loro non fosse mai più accaduto nulla.

Era sembrato ad entrambi impossibile aver aspettato così tanto a lungo per concedersi l’uno all’altro; gli pareva assurdo non essersi accorti prima di quando fossero complementari… Come se si conoscessero da secoli.

Stavano spiluccando ciò che la cameriera  aveva già portato in tavola, in attesa che i loro compagni li raggiungessero;  mangiucchiavano distrattamente un grappolino di dolcissima uva nera mentre parlavano sommessamente del più e del meno, quando all’improvviso Hakkai si ritrovò tra le dita un graspo spoglio e guardò con un’aria teatralmente dispiaciuta l’ultimo acino  rotondo sparire tra le labbra del compagno.

“Non è giusto… Lo volevo io!”, protestò, con voce esageratamente infantile, mentre Hakuriyu assaggiava un pezzetto di graspo, per poi risputarlo graziosamente a terra.

Gojyo sfoggiò un sorriso pericoloso, mentre con un braccio circondava le spalle dell’amico.

“Oh… non c’è assolutamente, problema, *dolcezza*…”, mormorò con voce sensuale, avvicinandosi alla sua bocca appoggiandovi le labbra; tagliò con gli incisivi la buccia dell’acino, facendone fuoriuscire il succo zuccherino; poi lo spinse tra le labbra di Hakkai, accompagnandolo con la lingua.

Lo youkai tentò di protestare debolmente, ma tutto ciò che riuscì a fare fu di mettersi a ridacchiare nel suo tipico modo di quando tentava di sdrammatizzare le liti tra Gojyo e Goku o le arrabbiature di Sanzo.

Quel bacio singolare si protrasse qualche secondo, fino a quando una voce contemporaneamente sguaiata e dolcissima, proveniente da in cima alle scale, distrasse i due ragazzi dalla loro piccola performance.

Hey Hakkaaaaiiiiiiiiiiiiiiiiii!!! Pervertito di un kappaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!! Siete già lììììììììììììììììììììììììì?!?”

Fecero appena in tempo a ricomporsi che, accompagnato da un rimbombare di passi sugli scalini di legno il viso luminoso di Goku si affacciò alla porta della sala da pranzo della piccola locanda.

Evidentemente l’atmosfera doveva aver conservato qualcosa di strano, perché il piccolo demone, che si era già seduto e si stava riempiendo il piatto di tutto il possibile, continuava a guardare con curiosità da uno all’altro.

BuongioooooooooooooooooooooornoHey, ma è successo qualcosa? Avete delle facce…”

“Le scimmiette come te dovrebbero solo pensare ad arrampicarsi sugli alberi!”

“Cos’hai detto, brutto scarafaggio rosso?”

“Su, ragazzi, non cominciate… Ma, e Sanzo? Non dirmi che sta ancora dormendo, Goku, se no comincio a preoccuparmi sul serio…”

“Non è necessario, Hakkai…” Una voce nasale e monotona annunciò l’arrivo del monaco, che si presentò con gli occhi assonnati ed i capelli arruffati al tavolo dei tre compagni; si stava grattando la testa e la sua espressione era decisamente quella di qualcuno che ha passato la notte in bianco. “Sono rimasto in camera il più possibile perché stamattina sono di *pessimo* umore… Dato che *qualcuno* passa la notte a russare senza lasciare dormire i propri compagni di stanza.”, sottolineò con un’occhiata eloquente a Goku, che non ribatté, ma continuò a mangiare diventando dello stesso colore della marmellata di ciliegie che Hakkai si stava spalmando su una fetta di pane appena sfornato.

“Prova a tappargli il naso, la prossima volta… Così…”, disse Gojyo, pinzando fra due dita il nasino del piccolo demone e facendogli andare per traverso il boccone.

“Ma cosa fai, brutto pervertito?!?!

“Ma piantala… Dovresti solo ringraziare se uno come me ti mettesse davvero le mani addosso…”

Mentre Sanzo sospirava rassegnato, versandosi del caffè nero e cominciando a leggersi il  giornale della mattina e Hakkai ridacchiava intenerito alle schermaglie dei due amici, la ragazza che serviva ai tavoli guardava la scena intimidita, stringendosi al petto il vassoio.

Nonostante i suoi occhi fossero apparentemente incollati al giornale, il primo ad accorgersene fu proprio Sanzo; si rendeva sempre conto di quando qualcuno lo fissava con insistenza.

Ricambiò lo sguardo, attirando l’attenzione dei suoi compagni che si voltarono uno dopo l’altro verso la giovane cameriera, Gojyo ancora con le orecchie di Goku strette tra le dita.

Hakkai le rivolse un sorriso incoraggiante.

“Aveva bisogno di qualcosa, signorina?”, chiese nel suo solito modo gentile.

La ragazza abbassò un attimo gli occhi e arrossì, per poi avvicinarsi al tavolo dei quattro.

“Scusate… Io… Ecco, mi chiedevo… Lei è un monaco, non è vero?”, domandò quindi, rivolgendosi a Sanzo. Quest’ultimo la guardò da sopra il suo giornale, imbronciato e bieco come al solito.

E allora?”

La fanciulla arrossì ancora di più e parve incassarsi nelle spalle.

“Il solito orso…”, intervenne Gojyo. “Non preoccuparti tesoro, chiedigli pure quello che volevi… Ci pensiamo noi a tenerlo a bada!”, sentenziò quindi il kappa, regalando un irresistibile occhiolino alla sua interlocutrice.

Sanzo sbuffò leggermente e tornò al suo giornale, anche se chiese, con aria esageratamente scocciata:

Dunque, cosa volevi chiedermi? Di benedire un tempio o disinfestare una casa piena di spettri maligni? Di liberarvi da un demone che tiranneggia da queste parti? Oppure…”

“… Mi chiedevo se potrebbe venire a visitare i miei genitori e recitare una preghiera per il mio fratellino, morto poco più di quindici giorni fa… Credo che allevierebbe il loro dolore, anche se di poco…”

Il giovane monaco graziò la fanciulla di uno sguardo obliquo, tenendo sempre il viso nascosto dal giornale.

“… A dire la verità, non si tratta solo del mio fratellino…”, continuò la cameriera, leggermente incoraggiata dal fatto che Sanzo le avesse rivolto un minimo di attenzione. “ Sono… Sono… Morti diversi bimbi nella cittadina, ultimamente… Si… Tutti trovati uccisi… E… “ La ragazza abbassò la testa, mentre la voce le si spezzava in un pianto silenzioso.

I quattro compagni si scambiarono uno sguardo eloquente: sicuramente era opera dei demoni… Di qualche demone particolarmente sadico questa volta, a quanto sembrava.

E va bene… Raduna i genitori dei bambini, poi vieni a cercarmi. Dirò una preghiera per tutti loro…  Se questo può davvero aiutarli a farli stare meglio.”, sentenziò Sanzo, abbassando il giornale e alzandosi dalla tavola mentre si accendeva una sigaretta.

Hakkai gli spalancò in viso due occhi stupefatti, mentre Gojyo si limitò ad alzare un sopracciglio.

Goku aveva smesso di mangiare e guardava il suo piatto con aria triste e le palpebre semichiuse sui grandi occhi ambra.

La cameriera si asciugò gli occhi, sforzandosi di abbozzare un sorriso e profondendosi in una sequenza di inchini.

“Grazie… Grazie davvero, signore…”, disse, per poi scomparire nelle cucine al richiamo perentorio del cuoco.

Sanzo aspirò una profondissima boccata di fumo.

“Non mi piace per niente… Secondo me bluffava.”, affermò Gojyo, allargando le braccia sulla spalliera della sedia ed incrociando le gambe in una posizione rilassata.

“Non lo so… “, replicò Hakkai, “Sanzo, hai accettato per cercare di vederci più chiaro?”

Il monaco espirò dalle narici una nuvola di fumo bianco.

“Io comunque vado a dare un’occhiata. Se è tutto vero, al limite concederò un po’ di falsa serenità ai genitori di quei poveri disgraziati… Tsk. Li invidio… La gente che riesca ancora a credere che una preghiera recitata da un monaco possa salvare le anime…”

“Oh, beh, non certo se è la preghiera di un monaco dissoluto come te!”

Gojyoooo…”

“Scusa, Hakkai, volevo solo spezzare la tensione… Guarda, sembra di essere in cimitero… Hey, Goku, ma che hai?”

Il kappa sembrava finalmente essersi reso conto che il piccolo demone aveva piantato a metà la sua colazione e, cosa che aveva davvero dell’incredibile, sembrava il ritratto della tristezza.

“Io… Penso che sia davvero tremendo che questa volta se la siano presa con dei bambini”, mormorò sottovoce.

 

***

La ragazza si era riavvicinata al loro tavolo appena avevano finito di consumare la loro colazione, invitando Sanzo a casa sua per le tre di quel pomeriggio, assicurandolo che avrebbe pensato al più presto ad avvisare i genitori dei bambini coinvolti a raggiungerli lì; la partenza era stata quindi rimandata al giorno dopo e intanto i quattro ragazzi avevano cercato di raccogliere notizie sugli omicidi di cui aveva parlato la cameriera della locanda; pareva che negli ultimi tre mesi cinque bambini fossero stati trovati morti nei pressi del fiume lì vicino, tutti quanti trascinati a riva dalle corrente dopo aver passato qualche giorno nell’acqua; il medico del villaggio sosteneva che non fossero morti per annegamento, ma non era sicuro di quali potessero essere state le cause.

Avevano fatto anche un piccolo sopralluogo vicino al fiume, controllando i posti dove i bimbi si fermavano a giocare ed accertandosi di zone particolarmente pericolose dove i qualcuno avrebbe potuto precipitare in acqua, ma le rive parevano tutte piuttosto sicure…

Goku e Hakkai avevano provato a chiedere a qualcuno dei piccoli se avessero notato qualcosa o qualcuno di strano negli ultimi tempi, ma tutti avevano negato.

Sanzo era più di cattivo umore del solito; dopo pranzo, prima di seguire la cameriera della locanda ad incontrare i genitori dei bambini uccisi, raccomandò agli altri di fare attenzione.

“Mi raccomando, tieni a bada la scimmia… Mi posso fidare solo di te.”, disse ad Hakkai, mentre Goku e Gojyo si stavano impegnando a fare il bagnetto ad Hakuriyu nella fontana del cortile sul retro della locanda, “Preparatevi per la partenza di domani e fate un po’ di provviste, io cercherò di tornare al più presto… Intanto proverò anche a saperne di più. Non mi piace questa storia… Anche se non credo proprio che questa volta c’entrino Kougaiji e i suoi seguaci.

“No, non lo credo possibile neanche io… “, confermò il ragazzo dai capelli corvini.

“Qui in giro c’è un maniaco… Un massacratore di bambini. Non so se sia umano o demone, ma... Nemmeno io questa volta posso dire che non me ne frega niente.

Hakkai sollevò lo sguardo dalla lista della spesa che stava scrutando, spostandolo su Sanzo, che invece stava pulendo con zelo  la propria pistola.

Sanzo… Tu… E’ per via di Goku?”, provò a chiedere lo youkai, esitante.

Il monaco fece roteare il caricatore, chiudendo poi la sua arma con uno scatto nervoso.

“Per via di Goku cosa?”, domandò quindi con una chiara nota di irritazione nella voce.

“Ecco… No, niente…”, concluse Hakkai con un sorriso triste, guadagnandosi il tipico “Tsk” di sufficienza da parte del compagno.

 

***

 

“Ci sarebbe da andare a fare la spesa per domani!”, disse sorridendo Hakkai arrivando , mentre Hakuriyu si nascondeva dietro alle sue spalle soffiando furibondo a Goku, che ora voleva assolutamente avvolgerlo in un piccolo asciugamano di spugna.

Gojyo si stava gingillando con un mazzo di carte, seduto ad un tavolo in legno del cortiletto.

“Io veramente avevo pensato di fare un po’ di soldi… Ci sono un paio di tipi che hanno iniziato una mano di poker, al bar… Hey, Hakkai, se tu entrassi con me li stracceremmo su tutta la linea!”, affermò il kappa, con un sorriso ammiccante ed una strizzata d’occhio che data la notte precedente fecero andare a fuoco gli zigomi cesellati dell’amico.

Gojyo, ma tu non sai proprio pensare ad altro…”

“Non è vero, pensa anche a come sbirciare sotto alle gonne delle cameriere!”

“Stai zitto tu, bertuccia!”

“Dai ragazzi, vi prego… Goku, vieni tu con me a far provviste?”, chiese gentile Hakkai al piccolo demone, che finalmente era riuscito nell’intento di catturare Hakuriyu e lo stava asciugando in modo non troppo cerimonioso, guadagnandosi qualche morso furibondo da parte del draghetto.

“Oh… Beh… Se vuoi ci posso andare da solo! Così tu puoi unirti al perv… a Gojyo per la mano di poker!”, replicò Goku, cercando di tenere fermo Hakuriyu che si dibatteva con tutte le sue forze.

Hakkai guardò tra il ragazzino ed il loro compagno.

“Ogni tanto anche la scimmiotta dice qualcosa di sensato!”, intervenne Gojyo. “Dai, Hakkai… Lascialo andare a far spese da solo e vieni a giocare… Per una volta lasciamolo libero di comprarsi tutte le schifezze che vuole, dato che non c’è neppure Sanzo a rompere le scatole!”

“Oh, si ,daaaaaaaaaaaaaiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii… Vado a farmi un giretto con Hakuriyu, faccio provviste, mi compro qualche dolcetto e torno! Prometto che non faccio danni! Mi lasci, Hakkai, eh?!?

Gli occhi d’ambra di Goku brillavano come quarzo citrino mentre supplicava Hakkai con le mani congiunte e sbattendo le lunghe ciglia scure;  Hakuriyu gli faceva eco, strofinandosi contro la guancia del suo padrone.

“Oh, beh…” Lo youkai continuò a guardare trai i due ancora qualche secondo, prima di sorridere ed alzare le spalle. “Se me lo chiedete così, non posso certo negarvelo… E va beeeeeeneGoku, vai pure con Hakuriyu a farti una passeggiata, ma cerca di non metterti nei guai, OK?”

Yaaaaaaaaaaaaaah!!! Grazie Hakkai, sei sempre il mio preferito!”, esclamò il piccolo demone lanciandosi in direzione dell’amico e allacciandogli le braccia intorno alla vita in un breve abbraccio. “Andiamo, Hakuriyu!”, chiamò, facendo cenno al traghetto di seguirlo mentre si precipitava fuori dal cortile della locanda per andare ad avventurarsi nella sua passeggiata da solo.

 

***

 

Goku si stava davvero divertendo, anche se non faceva proprio nulla di speciale: si limitava a girare per il villaggio, con Hakuriyu che lo seguiva un po’ svolazzando, un po’ facendosi trasportare, appollaiato sulla sua testa.

Curiosavano insieme nelle botteghe degli artigiani, osservando per qualche minuto il loro lavoro; il piccolo demone chiedeva il perché ed il percome di ogni gesto che vedeva compiere e si deliziava nel constatare di quanto tutti, dal fabbro al falegname, dalla pasticciera alla fioraia sembravano più che contenti di spiegargli il proprio lavoro e chiacchierare con lui.

Le ragazze per la strada gli chiedevano se aveva bisogno di qualcosa e gli dispensavano buffetti sulle guance e carezze sui capelli e nei negozi in cui si fermava a fare spese tutti gli regalavano qualcosa o gli facevano pagare un po’ di meno del dovuto per quanto era carino o quanto era simpatico.

Goku si domandava come mai non lo mandassero in giro da solo più spesso, se questi erano i risultati; l’unica cosa che gli seccava un po’ era usare quella strana scheda che Sanzo dava sempre ad Hakkai per pagare, me per fortuna anche in quello erano tutti disposti a dargli una mano!

Dopo un paio d’ore abbondanti, il ragazzino cominciò a preoccuparsi di rientrare alla locanda; Sanzo probabilmente era già tornato e, sicuramente, si sarebbe arrabbiato da morire se non l’avesse trovato buono e tranquillo nella loro stanza.

Goku si rabbuiò un po’ e su quel pomeriggio così piacevole e rilassante cominciarono ad addensarsi nuvolosi scuri.

Perché Sanzo doveva arrabbiarsi sempre con lui, sgridarlo in continuazione, mantenersi freddo e distaccato ad ogni costo? Per non parlare del fatto che sembrava impegnarsi per riuscire a farlo sentire un emerito imbecille, uno stupido bambino viziato e  indegno di qualunque cosa…

In fondo, tutta la gente del villaggio aveva fatto a  gara per coccolarlo…

E allora perché Sanzo, il *suo* Sanzo

Suo?!?

Da dove gli era uscito quel *suo*?!?

Il fatto era che lui voleva davvero bene al monaco, davvero tanto, tanto bene… E non c’era verso di smorzare quell’affetto grandissimo ed infinito, nemmeno con le sventagliate in testa, nemmeno con gli insulti e le sgridate…

Il piccolo demone ora camminava con gli occhi bassi ed il faccino un po’ intristito, mentre Hakuriyu gli tirava i capelli per fargli notare che aveva oltrepassato l’incrocio al quale avrebbe dovuto girare a sinistra per tornare alla locanda; ma un invitante profumo di nikuman appena sfornati stuzzicò, ad un certo punto, le narici di entrambi strappando Goku ai suoi tristi pensieri.

Il ragazzino sollevò lo sguardo, trovandosi di fronte al negozio di un fornaio; il locale era davvero carino, aveva anche un piccolo banco e un paio di tavolini dove poter gustare the e dolcetti di vario tipo; un paio di ragazze stavano scherzando con un giovane vestito di bianco che indossava un cappello da cuoco ed altri due ragazzi che bevevano del saké.

Una delle fanciulle notò Goku, che osservava il gruppetto reggendo tra le braccia il sacco di iuta dove aveva messo la spesa e Hakuriyu, acciambellato sulla sua testa.

“Ciao, piccolino! Hey, Won! Guarda che hai un cliente!” Esclamò, dando una leggera gomitata al ragazzo con il cappello da cuoco; quest’ultimo rivolse la sua attenzione al ragazzino e Goku notò che aveva un viso bello ed intrigante che, in qualche modo, ricordava un po’ quello del Kappa.

Son qui per servirti, piccolo! Desideravi qualche nikuman?”

Il piccolo demone alzò le sopracciglia, sfoderando poi un sorriso smagliante. Un paio di nikuman sarebbero stati il modo migliore per concludere la giornata e terminare il pomeriggio di shopping in bellezza!

“Oh, si! Si, per favore!!! Me ne da… Dunque… Una decina?!?”

Il giovane proprietario si alzò da tavola e a Goku sembrò che i suoi due amici si scambiassero inquietanti sguardi, ridacchiando tra loro.

“Una decina? D’accordo… Uhm… Ma come li vuoi? Con la pasta di fagioli rossi, con il budino di prugne, oppure con la cioccolata? Oppure…” Il ragazzo si interruppe, osservando l’espressione al tempo stesso estasiata ed indecisa della scimmiotta. “Senti, ma perché non facciamo una cosa? Adesso ti siedi con noi, bevi una tazza di the e ne assaggi uno per tipo!”

Goku non credette alle sue orecchie; i suoi occhioni dorati si sgranarono fino a diventare quasi rotondi.

Co… Cosa?!?! Ma dici sul serio, zietto?” Chiese, mentre Hakuriyu gli tirava i capelli, come per cercare di fargli capire qualcosa; magari voleva fargli notare che era ora di tornare alla locanda, ma l’offerta del giovane ristoratore era troppo allettante per poter essere ignorata a quel modo.

“Ma certo che dico sul serio… Però… Ehm… Ti dispiacerebbe non chiamarmi ‘zietto’? Mi fai sentire vecchio!”, rispose il ragazzo, sempre sorridendo e grattandosi la nuca imbarazzato. “Ron, Wey! Mentre io preparo del the, andreste di là in cucina a prendere quegli assaggini da far provare ai clienti?” , disse poi, rivolto agli altri due ragazzi ancora seduti al tavolino; questi ultimi si alzarono immediatamente, l’uno cominciando a ripulire i resti dello spuntino che stavano consumando, l’altro afferrando per mano le due fanciulle, baciandole velocemente su una guancia e congedandole con un rapido: “Allora ci vediamo dopodomani sera, ragazze… Non mangiateli tutti assieme quei nikuman, mi raccomando, che poi vi restano sullo stomaco!” ed ignorando le flebili e stupite proteste.

Il giovane proprietario, Won come l’avevano chiamato i due amici, prese quindi il sacco con le provviste dalle braccia del suo piccolo ospite, lo appoggiò sul bancone, girò attorno al ragazzino e, sospingendolo per le spalle, lo guidò verso il tavolino appena liberato dai due compari. Hakuriyu era rimasto appollaiato sulla testa di Goku, ed ora stava soffiando piccoli sbuffi di fumo dalle narici in direzione di Won.

“Su, su… adesso siediti, il the sarà pronto subito! Come ti chiami, piccolo?”, chiese il ragazzo, spingendo la scimmietta a sedere.

“Go… Goku. Mi chiamo Goku”, rispose automaticamente il piccolo, provando una strana sensazione di deja-vu come ogni volta che gi veniva rivolta quella domanda.

Goku… Che bel nome! E non se i di qui, vero?”

“N… No… Sono in viaggio verso Ovest…”

“Oh, in viaggio… Mica da solo, no?

“No, no… Sono con tre amici…”

Won intanto sistemava sul tavolo tazze da the e piattini da dolci.

“Amici? Tutti della tua età?!? Spero di no!”

“No, no… Sono tutti grandi… Uno scorbuticone che se ne va in giro prendendo a ventagliate la gente, un pervertito con i capelli rossi ed il padrone di questo draghetto, l’unico che ha la testa un po’ a posto!”, affermò sorridendo il bimbo;Hakuriyu continuava a tirargli i capelli e soffiare al giovane proprietario della bottega, e lui non riusciva proprio a spiegarsene il perché. Era così gentile… Anche se in effetti c’era qualcosa, nel suo atteggiamento, che gli sfuggiva. Come se fosse… Un po’ *troppo* gentile.

Gli altri due ragazzi uscirono dalla cucine con un piatto a testa ricolmo di minuscoli nikuman.

“Ecco qua! Assaggini in arrivo!!! E’ pronto il the, Won?”, chiese uno dei due sistemando il tutto sul tavolo, mentre l’altro si dirigeva verso il bancone per andare a prendere il bollitore che fischiava sulla piastra rovente dove Won l’aveva appoggiato.

“Coraggio, Goku, non essere timido! Assaggia i miei nikuman e dimmi che ne pensi! Ah, naturalmente se dopo deciderai di comprarne almeno cinque per tipo, ti farò un prezzo di favore, anche per averci tenuto compagnia!” Esclamò il ragazzo, circondando le esili spalle di Goku con un braccio; e, di fronte a quella montagna di piccoli dolci, le già flebili perplessità della scimmietta sparirono completamente.

 

***

 

Gojyo contava avido il denaro guadagnato dai poveri malcapitati che lui e Hakkai avevano sfidato; gli occhi allungati gli brillavano e sulla faccia gli si era stampato quel mezzo sorriso che Hakkai, anche se non avrebbe mai avuto il coraggio di confessarglielo, trovava assolutamente irresistibile.

Guarda, amico mio… Non è facile, la vita?!? Tutti questi soldi, in più divertendosi! Certo che quello di essere un gran giocatore è proprio un grande dono!!!”

Hakkai sorrise indulgente, un po’ imbarazzato dal fatto che i due perdenti erano ancora seduti assieme a loro; Gojyo era stato talmente magnanimo da offrirgli da bere dopo la partita, ma non si stava certo risparmiando nel farli sentire ancora peggio per aver scommesso tutto quel denaro. D’altra parte, i due erano talmente ubriachi da non riuscire a cogliere completamente quello che il Kappa diceva, anzi, ci ridevano sopra; e Gojyo… Beh, era bello brillo anche lui. Forse sarebbe stato meglio trascinarlo in camera e fargli dare una ripulita prima che tornasse Sanzo, giusto per evitare rappresaglie. E poi… C’era da andare a recuperare Goku, il piccolino stava tardando un po’ troppo.

“Ehm… Gojyo, forse è ora che ci prepariamo per la partenza… Su, saluta i signori e ritiriamoci nella nostra stanza!” , disse Hakkai, prendendo tra due dita una manica della giacca di Gojyo e tirandola leggermente, mentre continuava a sorridere ai due sconfitti, ormai quasi addormentati sul tavolino.

“E’ stato.. *hic* … un piacere farci spellare da voi…”, biascicò uno dei due, alzando il boccale di birra verso lo youkai.

“Si… Davvero un piacere… *hic*…”, gli fece eco l’altro, prima di cadere dalla sedia.

Hakkai cominciava a sentirsi davvero imbarazzato, per quanto divertito; diede un altro strattone gentile alla manica dell’amico, sollecitandolo.

GojyooooooDai, andiamocene in camera…”

Lo sguardo un po’ liquido di Gojyo si puntò su di lui, mandandolo a fuoco: sembrava che stesse fissando un succulento pasticcino.

“Vuoi andare in camera, eh? Sai che non è affatto una cattiva idea?”

Hakkai deglutì.

“Go… Gojyo, ma…”

Il kappa mise in tasca il denaro che aveva diligentemente quantificato e si alzò, un po’ malfermo, dalla sedia.

“Vieni, *dolcezza*… Andiamocene su a festeggiare!”, esclamò, prendendo il compagno per la mano e cominciando a correre, trascinandolo su lungo la scala in legno che conduceva ai piani superiori e senza badare minimamente agli ospiti  della locanda che stavano sorseggiando il the pomeridiano e li guardavano perplessi.

 

***

 

Goku aveva lasciato da parte qualsiasi preoccupazione e si era dedicato ad assaggiare tutti i tipi di nikuman che Won e suoi amici gli avevano offerto.

I ragazzi gli versavano il the, gli scompigliavano i capelli e lo facevano ridere con le loro battute sui vari personaggi del villaggio che anche lui, quel pomeriggio, aveva avuto occasione di conoscere. Akuriyu si era acciambellato sul ramo di un albero lì nei pressi e, ogni tanto, gli lanciava alcune occhiatacce. Chissà perché si era offeso con lui? Mistero…

Ad un certo punto, tra le chiacchiere dei tre ragazzi e l’ennesimo dolcetto, Goku cominciò ad accorgersi di essere davvero stanco…

…Strano.

Va bene che se ne era andato in giro tutto il giorno, ma il suo fisico era abituato a sopportare ben altre faticate… E poi era vero che la sera, spesso, crollava dal sonno dopo aver cenato e Hakkai lo doveva portare a letto in braccio, ma… Ma a quell’ora del tardo pomeriggio non gli era mai accaduto che gli bruciassero gli occhi a quel modo e gli venisse da sbadigliare.

Oi, Goku-chan… Va tutto bene? Mi sembri stanco…”

La voce di Won pareva venire da lontano; cercò di girarsi dalla sua parte, ma la testa sembrava così pesante…

“Povero piccolo… Sarà stanco, è stato in giro per compere tutto il giorno… Forse dovremmo farlo riposare un po’, voi che ne pensate, ragazzi?”, disse Ron, mentre le sue dita fresche passavano sulla gota del ragazzino, procurandogli un brivido.

“Si, si, è meglio… Goku-chan, adesso ci pensiamo noi a te…”, fece eco il terzo ragazzo, Wei, accarezzandogli i capelli.

Tutto successe in un attimo: gli occhi che bruciavano cominciarono a non distinguere più bene i contorni delle cose e le membra si fecero improvvisamente tanto, tanto pesanti; Goku voleva dire qualcosa, anche se non sapeva nemmeno bene lui cosa: sto male, mi sento strano, per favore aiutatemi… SanzoSanzo, dove sei?

Ma scoprì che la voce non veniva fuori, né riusciva a distinguere i suoni… Gli sembrò di cadere dalla sedia come un sacco di patate, per trovarsi poi tra le braccia di Won, che si era affrettato a soccorrerlo.

“Ce n’è voluto… Credevo che la droga non gli facesse più effetto, a questo punto…”

Ma quanta se n’è buttata giù?”

“Una dose da cavallo… Questo ragazzino non è normale!”

Il piccolo demone riusciva a sentire le frasi, a lui appena comprensibili, che i tre si stavano scambiando. Chi erano? Demoni? No, lo avrebbe percepito… E allora, chi…

“Speriamo solo che non perda i sensi del tutto, se no non è più divertente…”

Si sentì sollevare di peso, in braccio a Won.

“Si, ma adesso portiamolo in fretta sul retro, prima che qualcuno ci veda… Dai, ragazzi, stabiliamo i turni! Chi sta per primo al negozio?!?

 

***

 

Il cuore di Hakkai batteva all’impazzata; Gojyo era completamente ubriaco… A parte la scena imbarazzante in sala da pranzo… Le abilità del kappa sembravano incrementate del 300% dall’effetto dell’alcool, al contrario di quanto sarebbe accaduto ad un comune essere umano.

Appena entrati in camera, l’aveva sbattuto contro il muro ed ora lo stava letteralmente *divorando* di baci, mentre gli sganciava gli alamari della camicia e si inginocchiava di fronte  a lui per avere accesso alla chiusura dei pantaloni; una volta slacciati anche quelli risalì, baciandogli l’addome, accarezzandogli i glutei e stringendoli dolcemente.

“…Averti due anni in casa con me e non essermi accorto di cosa sei…”, ansimava nel frattempo, alterando baci e piccoli morsi nel suo tragitto lungo il torace del compagno.

Hakkai sospirò, cercando di concentrarsi per riuscire a reggersi sulle gambe che sembravano essere diventate di gelatina; la sera prima era stato tutto molto dolce, mentre in quel momento era come stare fermo in piedi sulla soglia dell’inferno, decidendo se entrare o no.

Gojyo… Non dovremmo, sai… Se Sanzo dovesse tornare…”, provò, con pochissima convinzione, mentre aveva già chiuso gli occhi e offriva il collo all’amico, le cui labbra ora erano risalite fino a stuzzicare la giugulare turgida che spiccava sulla pelle liscia.

Mmmmh…”, fu l’unico inarticolato suono che ottenne in risposta, mentre il compagno lo intrappolava tra il muro ed il suo corpo, premendo i fianchi contro i suoi e disegnando il contorno dell’orecchio con la lingua.

Gojyo…”

La resistenza di Hakkai non durò un secondo di più, ed il ragazzo dagli occhi verdi gettò le braccia al collo dell’amico, cercandogli la bocca; dopo un bacio che sembrava non finire mai, il kappa lo sollevò tra le braccia e raggiunse il letto più vicino.

 

***

 

L’avevano portato in quello che sembrava tanto un magazzino; era una stanza semi buia, vasta e ingombra di tanti sacchi e casse; qualcuno dei sacchi era aperto e traboccante di vari tipi di semi, o farina. Questo percepivano i suoi grandi occhi ambra, mentre scrutava nella penombra per non essere costretto a focalizzare l’attenzione sui volti dei due ragazzi che stavano con lui.

Non capiva bene quello che gli stavano facendo, o cosa si stessero dicendo; era tutto offuscato, i suoni ovattati e le parole confuse…

…Quello che sapeva era che avrebbe voluto essere in qualunque altro posto, avrebbe preferito che Sanzo lo picchiasse in testa con il suo ventaglio fino a farlo svenire… Avrebbe preferito che Kougaiji lo colpisse a morte lì, in quel momento, piuttosto che trovarsi con quei due ragazzi.

Lo stavano accarezzando in un modo strano… Un modo che non capiva, ma che sapeva essere sbagliato.

Ma cosa  volevano?

Aveva paura, era terrorizzato…

Non aveva idea di cosa gli stessero facendo, o cosa volessero da lui, ma quando cominciò a sentire le loro mani e le loro labbra sul suo corpo, sotto ai vestiti, una violenta sensazione di nausea lo assalì e provò a gridare, ci provò con tutto il fiato che aveva in gola; ma la voce sembrava non uscirgli, o forse era soltanto lui che non la sentiva.

Cercò di divincolarsi, ma le sue membra erano sempre più pesanti e anche respirare sembrava essere difficile.

Provò a stringere forte gli occhi… magari, una volta riaperti si sarebbe ritrovato nella stanza della locanda che condivideva con Sanzo e avrebbe scoperto che era stato tutto un incubo…

Ma le mani di quei due che lo accarezzavano in quel modo… In quel modo che sembrava così… Così *sporco*, brutto, faceva così *male*…

Sentì gli occhi serrati riempirsi di lacrime, che quando gli caddero sulle tempie scottavano talmente tanto da sovrastare le sensazioni nauseanti che stava provando il resto del suo corpo.

Tentò di gridare di nuovo, ancora e ancora, nella speranza che finalmente la voce si facesse sentire… Anche se nessuno sarebbe venuto ad aiutarlo, magari quei due si sarebbero fermati

Ma invece non accadde nulla, presto il piccolo demone si rese conto di essere completamente inerme nelle loro mani.

Fece un ultimo, disperato tentativo di gridare con tutto il fiato e la forza che gli erano rimasti e, questa volta, riuscì a percepire il suono disperato e distorto della sua voce che pronunciava un nome, il nome della persona che l’aveva liberato da quella orribile prigione, che lui era sicuro gli sarebbe stato sempre vicino, che non l’avrebbe mai abbandonato… il nome della persona più importante al mondo, alla quale voleva più bene, che mai e poi mai avrebbe permesso a quelle persone orribili di giocare in quel modo con lui.

Sanzo, aiutami… Sanzo  Sanzoooooooooooooooooooooo!!!!

 

***

 

HakkaiHey… Va tutto bene?”, riuscì a sussurrare Gojyo all’orecchio del compagno, mentre si muoveva dolcemente dentro di lui; la sera prima non erano arrivati fino a quel punto e quando il ragazzo dai capelli cremisi notò una lacrima scendere sulla tempia di Hakkai si sentì immediatamente in colpa per essersi spinto così in là. In fondo era ubriaco, l’aveva trascinato lui fin sul letto… Non avrebbe potuto perdonarsi di avergli fatto male.

Ma il giovane youkai scosse piano la testa, sorridendo debolmente mentre dalle labbra gli sfuggiva un gemito che non sembrava proprio essere di dolore.

Mmmhh… Allora cosa sono questi lacrimoni, eh?”, insistette Gojyo, accarezzandogli una guancia con infinita tenerezza e baciandogli le palpebre.

Hakkai appoggiò la propria mano un po’ tremante su quella dell’amico, premendosi il palmo caldo contro il viso.

“Dimmi… Dimmi che tutto questo non è un sogno, Gojyo… Non lasciarmi, non lasciarmi mai…”

Gojyo abbracciò stretto il suo ragazzo, appoggiandogli le labbra alla fronte.

“Stupido… Stupido, stupido, stupido…”, continuò a ripetere, sperando che Hakkai sapesse leggere oltre lo schermo del suo orgogli e leggere i reali e diversi significati che celava quella parola: ti voglio bene, sono io che ho paura di perderti, non ti merito, sei il più grande regalo che mi abbia fatto la vita… Hakkai gli si aggrappò all’improvviso, stringendoselo contro e affondandogli le unghie nella  pelle della schiena.

“Go… Gojyo…”

“Si… OK… Anche io…”

Per qualche secondo furono solo ansiti e gemiti sommessi, prima che entrambi collassassero sul letto, esausti, sconvolti, assolutamente svuotati di ogni energia, accoccolati l’uno tra le braccia dell’altro mentre si scambiavano qualche tenero bacio in attesa di recuperare un po’ di forze.

Dopo qualche minuto, Hakkai sollevò una mano e la affondò  tra i sottili capelli rossi del compagno, cominciando a pettinarglieli delicatamente con le dita.

Hakkai… mi sono comportato in maniera ignobile. Mi sono ubriacato e ti ho trascinato in camera, sbattendoti al muro e poi sul letto… Dovresti picchiarmi, lo sai?”, disse dopo un po’ il mezzo kappa, ricambiando le coccole che stava ricevendo con lente carezze sulla schiena di Hakkai.

Quest’ultimo rise, rannicchiandosi ancora di più tra le sue braccia.

“Beh… se questo è il risultato delle tue ubriacature, dovresti bere più spesso…”, lanciò, beandosi del suono indefinibile che uscì dalle labbra di Gojyo.

“Ma, Hakkai!”, lo riprese, fingendosi scandalizzato e sentendosi comunque piacevolmente sorpreso da quel lato così passionale che ancora non conosceva nel ragazzo che stava tenendo tra le braccia.

Avrebbe voluto stare accoccolato nel letto con lui tutta la sera, non gli  importava nemmeno di cenare… E che Sanzo venisse pure a rompere le scatole, non gli interessava nemmeno quello, tanto sapeva che la reazione del monaco alla vista di loro due abbracciati in un solo letto e senza vestiti sarebbe stata niente di più del solito, monotono, incolore e odioso *tsk*.

Sorrise tra sé e sé, prima di irrigidirsi leggermente al suono acuto e graffiante della voce inconfondibile di Hakuriyu, che li stava chiamando da dietro gli scuri chiusi.

Avvertì Hakkai sciogliersi dal suo abbraccio e scattare a sedere sul letto, prima di allungare una mano per cercare alla cieca il suo monocolo sul comodino.

“E’ Hakuriyu… C’è qualcosa che non quadra… Sembra… Spaventato.”

I due ragazzi si guardarono un momento negli occhi, prima di alzarsi e rivestirsi in fretta  e furia mentre il medesimo pensiero attraversava loro il cuore e lo stringeva in una morsa d’angoscia.

*Goku*.

Hakkai aprì gli scuri e venne letteralmente investito dal piccolo drago bianco, che si mise a svolazzagli praticamente sulla faccia, continuando a gridare, agitatissimo.

Hakuriyu.. E’ successo qualcosa a Goku, vero?”

Che succede, Hakkai?”

“Non lo so, ma dobbiamo andare a cercarlo… Hakuriyu, portaci da lui… Andiamo!”

Il piccolo drago volò fuori dalla stanza, imbroccando la porta che Gojyo aveva spalancato e i due ragazzi lo seguirono a rotta di collo.

 

***

 

Dai, aprigli i pantaloni…”

“Scusa, ma non sarebbe il caso di togliergli prima quell’assurdo diadema che ha in testa?”

“No, no… Quello voglio lasciarglielo, in qualche modo è eccitante… “

“Sei davvero un maniaco…”

“Senti chi parla…”

Goku continuava a piangere, gli sembrava di singhiozzare disperato anche se non riusciva ad udire nessun suono uscirgli dalla gola; aveva chiamato Sanzo con tutto il fiato che aveva, ma i due ragazzi che lo stavano toccando in quel modo disgustoso gli avevano riso in faccia, dicendogli qualcosa che non aveva capito.

Desiderava morire… Anzi, in quel momento avrebbe voluto essere in grado di alzare le mani e levarsi il diadema, perdere il controllo e massacrarli, fare a pezzi quel posto… E poi uccidersi…

Si morse violentemente il labbro inferiore tra gli incisivi e strinse forte gli occhi quando avvertì la mano di uno dei due infilarsi al di sotto del bordo dei pantaloni, sfiorandogli l’inguine mentre la lingua dell’altro gli percorreva il petto e gli addominali… Aveva perso ogni speranza che quella tortura potesse terminare, quando gli sembrò che quelle mani si fermassero; riaprì faticosamente le palpebre, che ormai sembravano più pesanti del piombo e cercò di girare la testa per guardare verso i suoi due aguzzini: nell’oblio che ormai lo stava inghiottendo, gli parve di scorgere preoccupazione, forse timore sui loro visi.

Nello spazio di un attimo, la porta  della grande stanza si schiantò in una pioggia di schegge di legno e assi rotte e Won, ancora con il suo cappello da cuoco in testa atterrò con un tonfo sordo accanto ai suoi due compari, paralizzati per la sorpresa; Hakuriyu era attaccato alla faccia del giovane ristoratore e gliela graffiava senza pietà.

Gojyo e Hakkai comparvero poco dopo sulla soglia; erano lividi, tirati, entrambi pronti a colpire; non c’era traccia suoi loro volti del sarcasmo e la sufficienza con cui erano soliti affrontare i loro nemici abituali.

Ma i loro avversari solitamente erano demoni,  demoni che li attaccavano e li combattevano per dimostrare a Kougaiji la loro fedeltà o per ottenere qualcosa da lui… Non erano esseri umani abbietti che molestavano ragazzini innocenti per puro divertimento.

“Chi… Cosa… Chi diavolo siete voi?”, gracchiò uno dei due, mentre una goccia di sudore gelato gli percorreva uno zigomo; l’altro ragazzo deglutì rumorosamente, guardando Won preoccupato ma non osando nemmeno avvicinarglisi. Entrambi avevano allontanato le mani dal corpo di Goku come se si fossero scottati e ora sembravano molto meno baldanzosi di quando, pochi istanti prima, approfittavano di un bimbo drogato.

Gojyo digrignò i denti, muovendo un passo in avanti con fare minaccioso, mentre Hakkai sbiancò e rivolse lo sguardo in direzione del piccolo demone.

Cosa gli avete fatto?”, chiese il kappa a denti stretti.

“N… Niente… Ti giuro, niente!!! Guarda, sta benissimo… Non l’abbiamo nemmeno toccato, noi…”

“Sparite.”

Fu Hakkai a parlare, sibilando quella singola parola tra i denti in modo da farla risultare terrorizzante; Gojyo lo guardò, spaventato. Gli occhi verdi mandavano lampi di odio e la sfera di energia che levitava tra le sue mani rifulgeva di un’inquietante luce azzurrognola.

I due ragazzi si guardarono, poi spostarono lo sguardo su di lui e si guardarono nuovamente.

“Ho detto di SPARIRE!!!”, ripeté lo youkai, facendo sussultare il compagno che non l’aveva mai sentito alzare la voce da quando lo conosceva.

Ron e Wei scattarono in piedi e, dopo aver raccolto in qualche modo da terra il malconcio amico, corsero annaspando verso l’uscita; Gojyo ebbe la tentazione di seguirli e farli a pezzi e, probabilmente, Hakkai li aveva lasciati andare proprio per non cedere alla tentazione di massacrarli. Non l’aveva mai visto *così* arrabbiato.

Goku giaceva sul pavimento polveroso, completamente abbandonato; aveva gli occhi spalancati ed il viso rigato di lacrime.

Il Kappa ripose la sua arma, avvicinandosi al piccolo demone ed inginocchiandosi accanto a lui; gli richiuse in fretta la camicia e provvide a sollevare i pantaloni,  abbassati fino alle ginocchia.

Goku… “, gli sussurrò all’orecchio, passandogli le dita tra i capelli in una carezza veloce ed imbarazzata. “Goku, coraggio… E’ tutto finito. Ci siamo noi…”, continuava, in tono rassicurante, anche se il ragazzino non mostrava segno di reazione alcuno.

Gojyo sentì una strana paura, fredda e sottile, serpeggiargli dentro; rivolse istintivamente lo sguardo in direzione di Hakkai, forse per chiedergli aiuto, forse per cercare un sostegno… Ma scoprì che il suo compagno, dopo l’attimo di furia trattenuta a stento che aveva mostrato qualche minuto prima, ora era lì, in piedi immobile come una statua e fissava Goku con un’espressione terrorizzata e colpevole sul viso.

HakkaiHakkai, per l’amor del Cielo, dammi una mano… Dobbiamo riportarlo alla locanda… E poi, non so se abbiamo fatto bene a lasciarli andare, quei bambini uccisi…”, cominciò Gojyo, mentre tentava di sollevare il corpo totalmente privo di tono di Goku in posizione seduta. “Dobbiamo andare a cercare SanzoHakkai!”

“E’ colpa mia…”

Gojyo sbatté le palpebre, guardando dal suo ragazzo al piccolo demone che giaceva come senza vita tra le sue braccia.

Cosa? Che stai dicendo?”

“E’ colpa *mia*… Sanzo mi aveva detto di tenerlo d’occhio… E invece guarda cosa è successo!”

Il Kappa spalancò gli occhi, scuotendo lentamente la testa.

Hakkai… Non dirlo nemmeno per scherzo. Sei molto scosso… “

“NO!!!”, gridò lo youkai, impallidendo ancora di più di quel che già era e coprendosi il volto con le mani. “No… Non dire niente… Non hai capito che è tutta colpa nostra?  Siamo stati noi… Quegli schifosi si stavano divertendo con lui mentre noi  due facevamo l’amore!”

Hakkai!”

“E’ così… E’ così!!! E’ la mia punizione… Io non avrei dovuto permettere a nessuno di avvicinarmi, nemmeno a te… Io non posso essere di nuovo felice dopo quello che è successo… Io non merito di essere di nuovo felice!”, urlò, sull’orlo della nevrastenia, mentre le lacrime cominciavano a scendergli sugli zigomi.

Gojyo lo guardava, attonito.

Non sapeva cosa fare, non capiva cosa stava succedendo; guardò un attimo il viso inespressivo e umido di lacrime di Goku, poi l’espressione sconvolta di Hakkai.

Per la prima volta da quando lo conosceva, desiderò la presenza di Sanzo accanto a sé; per la prima volta dopo tanto tempo, si sentì davvero *solo*.

Hakkai…”, tentò, con il solo risultato di vedere il compagno voltargli le spalle e fuggire letteralmente fuori dal magazzino, seguito al volo da Akuriyu. “Hakkai, dove stai andando?!? Maledizione, Hakkai!!!”, gli gridò dietro, sconvolto, furioso e ferito.

Si accorse che stava tremando, non sapeva bene nemmeno lui se per la rabbia o cos’altro; avrebbe avuto voglia di rincorrere Hakkai, di schiaffeggiarlo per farlo rinsavire, di gettarsi ai suoi piedi e supplicarlo di non rinchiudersi di nuovo in sé stesso, di non allontanarlo…

Ma ora, prima di tutto, doveva occuparsi della scimmietta.

Era quasi sicuro che non fosse accaduto nulla di irreparabile, a parte qualche segno rossastro che aveva tanto l’aspetto di un succhiotto Goku sembrava ancora illeso… Per lo meno fisicamente.

Gojyo non si ricordava più l’ultima volta che aveva pregato, non era nemmeno certo di averlo mai fatto; eppure, in quel momento si ritrovò a supplicare ogni divinità disposta ad ascoltarlo che l’anima solare di quella creatura rumorosa, rompiscatole, dolce ed innocente come un bambino non fosse stata oscurata per sempre.

Lo sollevò di peso, cominciando a camminare velocemente fuori da quel posto orribile; l’avrebbe riportato alla locanda, poi avrebbe chiamato un dottore… No, c’era Hakkai, lui poteva occuparsene… Di sicuro sarebbe ricomparso di lì a poco e poi…

Sanzo…”

La voce flebile e roca di Goku lo fece quasi sussultare.

Goku! Coraggio scimmietta, è tutto finito… Non è successo niente…”, provò a rassicurarlo, percorrendo a grandi falcate le strade del paese e cercando di ignorare gli sguardi curiosi e preoccupati dei passanti.

SanzoSanzo… “, continuava a ripetere il piccolo demone, come se quel nome fosse rimasto per lui l’unico appiglio con la realtà.

Gojyo cercò di scrollarlo un po’.

Goku, sono io… Sono Gojyo… Ti prego, dimmi che sono un lurido scarafaggio rosso pervertito, un maniaco mezzo-kappa con la testa essiccata al sole, ma non restare in questo stato… Mi stai facendo paura… Mi senti, scimmia? Guarda che se Sanzo torna e ti trova in queste condizioni comincia a prenderti a sventagliate in testa per farti risvegliare… Sempre che non decida di spararti… Lo sai com’è fatto, no? Adesso ti porto da lui, non aver paura… Oh, maledizione, piccolo stupido… Reagisci, reagisci…”

Gli occhi del kappa cominciarono a bruciare, la vista ad appannarsi e quel corpicino che trasportava a divenire sempre più pesante; gli sembrò un miraggio raggiungere la locanda.

Non ci trovò nessuno: il padrone, allarmato nel vederlo arrivare con il ragazzino in braccio gli chiese immediatamente se avesse bisogno di un dottore e negò di avere visto Hakkai o Sanzo far ritorno.

Portò Goku nella stanza che divideva con il monaco e lo posò sul letto, con l’intento di andare a riempire la piccola vasca in legno che c’era nel bagno con dell’acqua calda; non gli veniva in mente nient’altro per farlo sentire un po’ meglio.

Ma il piccolo demone non lo lasciò allontanare nemmeno d’un passo, stringendo il pugno intorno ad un lembo della sua giacca lo trattenne accanto a sé. Gojyo lo considerò per un attimo, notando immediatamente che qualcosa, nell’espressione vacua di prima, era cambiata.

“G… Gojyo…”, sussurrò il ragazzino, togliendo un ragguardevole peso dal cuore del suo compagno di viaggio; il ragazzo dai capelli rossi si chinò su di lui, prendendogli la mano nelle proprie e sorridendogli incoraggiante.

“Si, scimmietta, sono io… sei al sicuro. Non è successo niente…”

Le labbra di Goku tremarono, mentre gli occhi ambra si velavano nuovamente di lacrime.

GojyoGojyo!!!!” Gridò il ragazzino all’improvviso, gettando le braccia attorno al collo del kappa e scoppiando in un pianto disperato.

 

 

***

 

Gojyo si era abbandonato sulla sedia a dondolo che faceva bella mostra si sé nella stanza di Sanzo e Goku; gli sarebbe venuto da ridere se la situazione non fosse stata tanto triste.

Una sedia a dondolo nella stanza di quel monaco corrotto gli sembrava un'immagine quasi... *blasfema*.

O meglio, per Sanzo doveva avere quasi dell'offensivo, un oggetto che riportava alla mente l'immagine di una dolce vecchina che sedeva lavorando a maglia...

...Invece, probabilmente, Sanzo la sera prima ci si era seduto per leggere il suo solito giornale, fumando la sua quindicina di sigarette e bevendo la sua immancabile birra...

E lui, invece, ci si stava dondolando lentamente, dolcemente, tenendo tra le braccia un ragazzino solitamente pieno di vitalità e di gioia che adesso non sembrava nulla più che un fagotto di stracci. Goku si era finalmente addormentato, in braccio a lui, cullato dai lenti movimenti della sedia ed ancora avvolto nel telo di spugna con il quale Gojyo l'aveva asciugato dopo avergli fatto il bagno.

Non aveva cercato di dirgli nulla: nessuno meglio del ragazzo dai capelli cremisi sapeva che per un bambino ferito le parole non sono che vuoti suoni privi di significato e che l'unica cosa, forse, a farlo sentire meglio è l'essere abbracciati e stretti forte, forte... e così aveva deciso di fare, prendendolo in braccio e sedendosi su quella sedia, stringendo a sé Goku e cominciando a dondolarsi avanti e indietro; gli aveva appoggiato il mento su una spalla e, lasciandosi andare ai ricordi, aveva cominciato a canticchiargli nell'orecchio una melodia con cui Jien riusciva sempre a calmarlo e a farlo addormentare quando, da bambino, piangeva per sua madre...

...Perché finiva sempre per fare soffrire quelli che amava? Sua madre, suo fratello... Adesso la piccola, innocente, dolcissima scimmia... E Hakkai. Non sapeva bene in che modo, ma aveva ferito anche lui. 

La porta si spalancò e Gojyo sussultò lievemente, stringendo istintivamente più stretto a sé l'esile corpicino che poco conservava, in quel momento, dell'incredibile vivacità di Goku.

Sanzo entrò nella stanza sbuffando e chiudendo malamente l'uscio dietro di sé, abbassando il copricapo e scuotendo la testa con la sensualità inconsapevole che lo distingueva nei piccoli gesti quotidiani; slacciò anche la casacca della tonaca, rimanendo con indosso la sua assurda maglia nera.

Non sarebbe stato per nulla diverso da ciò che succedeva di solito; il monaco corrotto era solito fare irruzione nella sua o altrui stanza senza curarsi minimamente di ci potesse esserci, spogliandosi e aprendo una lattina di birra prima di emettere un solo grugnito di saluto.

Questa volta, però, quando Sanzo si accorse del compagno seduto su quella patetica sedia e che per di più teneva in braccio la scimmia come se fosse stato un bimbo in fasce, la sua espressione fu quanto di più confuso Gojyo gli avesse mai letto in faccia.

I bei lineamenti persero d'un tratto tutta la loro durezza e gli occhi indolenti assunsero una sfumatura di ansia e preoccupazione; Sanzo per la prima volta gli sembrò vulnerabile e fragile, come se il suo corpo pallido e sottile e quegli occhi languidi fossero finalmente diventati il vero specchio della sua anima.

 Durò un attimo.

Poi il monaco gli si avvicinò frettolosamente, guardandolo negli occhi dopo essersi chinato brevemente ad osservare il viso di Goku.

"Che succede?", chiese, scrutando il viso del compagno come se avesse voluto leggergli nel pensiero; il tono era fermo e deciso come sempre, ma a Gojyo non sfuggì la nota di preoccupazione repressa che gli era vibrata nella voce, né la particolare luce che gli faceva brillare gli occhi come due ametiste ogni qual volta si agitava per qualche particolare motivo.

"La scimmia sta male? Sicuramente avrà mangiato troppe schifezze, come al solito... Quando vomiterà anche l'anima forse imparerà che..."

"Smettila, Sanzo..." Gojyo non era disposto a tollerare gli scudi difensivi del giovane monaco. Non in quella circostanza. Goku avrebbe avuto bisogno di un po' di umanità da parte sua, più tardi e anche se a Sanzo non piaceva per niente sentirsi vulnerabile, quel giorno avrebbe dovuto rinunciare alla sua armatura di cinismo; il kappa era disposto a prenderlo a sberle per ore intere, se non l'avesse fatto, fino a quando quella insopportabile maschera di insensibilità non si fosse frantumata in mille pezzi. "...Lo sveglierai. Si è appena addormentato.", aggiunse, fissando intensamente le iride violette di Sanzo.

"...Portiamolo a letto.", sentenziò quest'ultimo, tendendo le mani e prendendo delicatamente in braccio il piccolo demone lui stesso; Gojyo si alzò, avvicinandosi al letto di Goku e scostando la leggera trapunta e le lenzuola.

Il monaco vi adagiò la scimmietta con la massima cautela; prese da sotto il cuscino gli abiti che Goku usava per dormire, una T-shirt bianca troppo grande ed un paio di vecchi pantaloni di un completo alla cinese, vestendolo senza lasciare che l'asciugamano con cui l'aveva coperto Gojyo si scostasse rilevando alcunché del corpo minuto nonostante nella stanza non ci fosse nessun altro a parte loro tre.

Quando Goku fu vestito e sistemato sotto le coperte, Sanzo afferrò il pacchetto di sigarette sul comodino e ne accese una, tirando una profonda boccata di fumo, offrendola poi a Gojyo che la accettò dopo qualche secondo di sbigottimento; ne prese un'altra per sé, accendendola direttamente da quella che stava già fumando il compagno, per poi rivolgergli un'occhiata più penetrante di uno stiletto.

"Gojyo, posso sapere cos'è successo, adesso?"

Il kappa inspirò una profonda boccata di fumo, passandosi poi una mano fra i capelli per allontanare una ciocca ribelle che gli ricadeva sull'occhio destro.

"Ti va una birra?", chiese, girando sui tacchi e avvicinandosi alla porta; appoggiò le lunghe dita sulla maniglia, per poi voltarsi nuovamente verso il ragazzo. "E' meglio se andiamo a parlare giù al bar... Lasciamolo riposare in pace."

Sanzo lo raggiunse, senza dire una parola né annuire; prima di uscire dalla stanza, guardò un'ultima volta il viso addormentato di Goku per poi chiudere la porta alle loro spalle.

 

***

 

"Mi dispiace, Sanzo. Non avremmo dovuto perderlo di vista." Gojyo stava facendo ondeggiare la birra nel boccale, muovendo il polso in un ritmo lento e regolare. Il suo sguardo era stato fisso sul liquido dorato per tutto il tempo in cui aveva parlato al monaco di ciò che era accaduto durante quel pomeriggio maledetto.

Si sentiva terribilmente in colpa, frustrato, infelice, teso... Ed il fatto che Sanzo non avesse ancora pronunciato mezza parola non lo stava aiutando.

Azzardò un'occhiata in direzione del compagno; i pugni del bonzo erano stretti, appoggiati sul legno chiaro del piccolo tavolo al quale erano entrambi seduti. Il viso era nascosto dalle lunghe ciocche color del grano che gli scendevano fino sugli occhi e Gojyo avrebbe giurato che, dietro alle labbra serrate in una piega dolorosa stesse addirittura digrignando i denti.

"Cosa ne avete fatto di quei tre?", domandò Sanzo, sempre a denti stretti.

"Beh... Veramente… Hakkai li ha lasciati andare… Ci è mancato poco che li disintegrasse… ”

 Sanzo sollevò lentamente la testa, fissando il suo sguardo negli occhi porpora di Gojyo.

"Dov'è Hakkai?"

"Ecco... Lui..." Gojyo riprese in mano il boccale e finì in un sorso la birra rimasta. "Se n’è andato subito dopo che quei tre sono spariti... Era sconvolto." Si passò un'altra volta la mano tra i capelli, sospirando. Sanzo continuava a fissarlo. "Ha detto che è tutta colpa *nostra*...  Che tu gli avevi chiesto di badare a lui..."

Gojyo si arrestò, guardando il compagno con occhi confusi: Sanzo gli aveva appoggiato una mano sull'avambraccio, stringendolo con decisione.

"Tu occupati di lui. Vai a cercarlo... E riportalo qui. Gli avevo chiesto di dare un'occhiata a Goku, ma intendevo soltanto che evitasse che la scimmia causasse qualche disastro... A parte la sua naturale propensione a far danni, è perfettamente in grado di badare a se stesso e non è mai successo che avessi bisogno di una balia per lui. Non potevate prevedere quello che è accaduto."

"Sanzo..."

Il monaco ritirò la mano, abbassando lo sguardo.

"Sai, in fondo è colpa mia. Sono  *io* il suo tutore... E sempre io avrei dovuto metterlo in guardia dai pericoli reali, invece che passare il tempo a sgridarlo riguardo a cose di poca importanza..."

Le iridi violette si fissarono di nuovo in quelle rubino di Gojyo.

“Vai a riprenderti Hakkai. Io penserò a Goku… E quando sarò sicuro che sta meglio, mi metterò a dare la caccia a quei bastardi… Hanno ucciso loro quei bambini. Dopo averli violentati.”

 

***

 

Hey, Kou… sei proprio sicuro di volerti immischiare in questa faccenda?”

Dokugakouji seguiva pigramente il giovane principe attraverso i fitti sempreverde del bosco che dovevano attraversare per arrivare nel villaggio dove si erano verificati alcuni incresciosi incidenti… Incidenti che riguardavano la morte di ben cinque bambini innocenti e che la gente del luogo imputava ai demoni.

Kougaiji non avrebbe potuto tollerare un tale comportamento da parte di un suo simile e aveva voluto recarsi in quel luogo per accertarsi personalmente di quello che stava accadendo; veramente la sua intenzione era quella di partire da solo, senza venire notato né da Yaone, né tanto meno da Lilin.

Ma lui, Dokugakouji, non sarebbe mai riuscito a lasciarlo indietro; quando si era recato nella rimessa dov’erano custoditi i dragoni volanti l’aveva trovato lì, già pronto a volare insieme a lui in groppa a una delle loro magnifiche quanto inconsuete cavalcature, che ora sonnecchiava nascosta in mezzo agli alberi.

“Non posso perdonare chi compie atti tanto vili su dei bambini innocenti… Li punirò personalmente.”, rispose Kougaiji, continuando a camminare davanti all’amico nel suo incedere elegante e marziale al tempo stesso.

Dokugakouji sorrise, ammirando il portamento del giovane principe ed in particolare il modo in cui si muoveva il suo fondoschiena fasciato dagli attillatissimi  pantaloni bianchi.

“Non mi aspettavo altro da te, Kou…”, disse il demone in un tono indefinibile che però, evidentemente, colpì qualcosa in Kougaiji dato che quest’ultimo si voltò, guardando il compagno con aria interrogativa. Il sorriso di Dokugakouji si fece per un attimo più dolce, prima che il suo viso assumesse un’espressione di allerta; si posò un dito sulle labbra, facendo cenno al principe di tacere, per poi prenderlo delicatamente per un braccio e trascinarlo dietro ad un alto rovo lì vicino.

Dopo qualche istante si fecero perfettamente udibili rumori di rami calpestati sotto ai piedi e fruscio di arbusti, nonché un concitato e preoccupato vociare…

Aspettate… Aspettate, non ce la faccio più…”

“Dai Won, coraggio… Dobbiamo allontanarci dal villaggio… Quei due avranno già raccontato tutto… Sempre che non vengano a cercarci direttamente loro…”

“Non ce la faccio… Mi scoppia la testa, mi fa male dappertutto… Vi prego, fermiamoci un attimo, solo un attimo…”

Ma si, Wei… Lasciamolo riposare un minuto, non cambierà certo le cose un attimo di sosta…”

E va bene… Appoggiamolo contro quell’albero. Non più di dieci minuti, però, intesi? Stiamo rischiando la vita!”

Kougaiji e Dokugakouji ascoltavano, non visti, i ragazzi che si stavano avvicinando al piccolo spiazzo che avevano appena attraversato i due demoni; si traviava di tre giovani, due dei quali ne trascinavano un terzo, piuttosto malconcio e con i tamponi nelle narici, che si teneva in piedi a malapena; era lui che si stava lamentando. Quando i compagni che lo sorreggevano lo adagiarono a terra, lasciandogli appoggiare la schiena al tronco di un albero, si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo molto simile ad un singhiozzo.

“Cavolo… Cavolo, siamo nei casini… Nei casini fino al collo… Ragazzi… Il mio locale… Il mio bel forno… Cosa ci è saltato in mente, cosa abbiamo fatto? Lo sapevo… Lo sapevo che prima o poi gli Dei ci avrebbero punito…” Won si dondolava avanti e indietro, con le braccia strette attorno al corpo e gli occhi spiritati; parlava con voce rotta, come se fosse sull’orlo del pianto.

“Smettila adesso… Non è il momento di farsi venire i rimorsi di coscienza, dobbiamo pensare a salvarci il culo, lo capisci?!? Non serve a niente lagnarsi così!”, lo riprese Wei, scrollandolo per le spalle; Ron gli appoggiò una mano sulla schiena.

“Ha ragione, Won… Anzi, dobbiamo ritenerci fortunati che quei due non ci abbiano fatto a pezzetti… Non erano umani! Avrebbero potuto ridurci a poltiglia, è un miracolo se siamo ancora vivi, non dobbiamo sputare in faccia alla fortuna! Pensiamo ad andarcene di qua, e in fretta!”

“Già! E’ troppo facile farsi venire i rimorsi di coscienza quando le cose cominciano ad andare male! Sei proprio un verme…”

Wei, non esagerare…”

Perché, non è la verità? L’hai mai visto aver paura della collera degli dei, quando si divertiva con quei ragazzini? Quanti ancora ne avrebbe uccisi se oggi non fossimo incappati in quel… Com’è che si chiamava, Goku? Non era umano neppure lui, lasciatelo dire… Hai visto quanta droga abbiamo dovuto fargli buttare giù perché facesse effetto?”

“A parte questo, comunque… AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAGH!!!!”

La discussione fra i tre venne interrotta con un sibilo sinistro da una spaventosa palla di fuoco, misteriosamente scaturita dal grande rovo di succulente more proprio davanti a loro, che si schiantò a pochi centimetri, incendiando un piccolo arbusto; Wei e Ron caddero in ginocchio accanto al loro compagno, terrorizzati e ammutoliti.

Dopo pochi istanti, una figura snella e armoniosa, ammantata da un’aura fiammeggiante rabbia si palesò, le lunghe dita artigliate strette a pugno, i denti aguzzi digrignati ad indurirgli i lineamenti altrimenti delicati.

“Tu… tu… tu chi saresti?!?” Balbettò Wei con voce stridula, mentre Won e Ron erano aggrappati l’uno all’altro e tremavano come foglie.

“Siete stati voi… Voi siete i vermi che hanno compiuto quei delitti ignobili, lasciando che la colpa ricadesse sui demoni… “

Un'altra figura, più alta e possente, si affiancò al demone dai capelli rossi che stava terrorizzando i tre compagni di sventura.

“…Anche se *noi* demoni non saremmo mai capaci di compiere azioni *tanto* abbiette.”, aggiunse il nuovo venuto, rimanendo di profilo dietro alle spalle del suo principe.

“… E avete anche *osato* mettere le vostre luride mani su Son Goku… Non avrò assolutamente pietà di voi!”

Ma… Ma… Che cavolo succede, oggi? Chi diavolo siete, voi due?!?! No… No… NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!

 

***

Goku si risvegliò in un letto stranamente morbido e grande… Troppo grande per essere il letto della locanda dove stavano alloggiando.

Locanda?

Quale locanda?

Il soffitto che scorsero i suoi grandi occhi ambra una volta che li ebbe aperti era alto ed affrescato e la stanza in cui si trovava…

Goku su guardò attorno, confuso; gli girava la testa e gli bruciavano gli occhi e, nondimeno, non riusciva a ricordarsi nulla di quello che era successo prima di addormentarsi.

Quel luogo sembrava stranamente silenzioso, pacifico… Quasi immoto.

Un pugno sulla sommità del capo lo scosse dal suo torpore.

“Stupida bestiolina! Quante volte te lo devo dire che non devi azzannare tutto quello che vedi? Le belle bacche rosa che ti sei ingozzato erano i frutti del sonno eterno… Meno male che Kenren ti ha trovato in tempo, altrimenti staresti già dormendo per i prossimi due secoli! Anzi… *per sfortuna* che ti ha trovato, la mia vita almeno avrebbe riguadagnato un po’ di pace!!!

Massaggiandosi con una mano il punto in cui era stato colpito, il piccolo demone mise a fuoco il viso dell’uomo che gli aveva appena parlato: capelli lunghi e sottili luminosi come raggi di sole, una veste bianca ornata di oro, l’espressione perennemente annoiata e quegli occhi languidi…

“Konzen!!! Konzen, sei proprio tu?!?“

Goku allungò una mano, sfiorando una guancia candida del ragazzo con le dita sottili.

Un altro pugno incerimonioso calò sulla sua testa.

Ma certo che sono io, rimbambito! Le bacche del sonno eterno hanno fatto in tempo a danneggiarti il cervello, prima che l’antidoto facesse effetto?” 

Konzen… Ma certo, Konzen… Quel pomeriggio era scappato (come al solito), approfittando di un momento di distrazione del suo tutore ed era uscito dal palazzo, cominciando a correre a perdifiato per i viali della cittadina imperiale; aveva trovato uno dei bellissimi campi di fiori in cui era solito raccogliere i fiori per Konzen e aveva iniziato a scegliere i più belli, quando un alberello che spuntava solitario aveva attirato la sua attenzione.

Era basso e carico di meravigliosi fiori rosa e fucsia, con lunghi pistilli che sembravano quasi d’oro; e stranamente, in mezzo a quel florilegio di rosa, c’erano tantissime bacche grosse quando ghiande che emanavano un delizioso profumo…

…Beh, lui sapeva che non avrebbe dovuto assaggiarle… Konzen glielo diceva sempre che non si mangia *tutto* quello che sembra commestibile, soprattutto se non si sa di che si tratta… Ma lui era così affamato, aveva corso tanto e poi… Quelle bacche erano davvero *troppo* invitanti!

“Oh, Konzen… Sai che ho fatto un brutto sogno? Non me lo ricordo bene, ma so che era brutto… Tu non c’eri, e avevo paura… C’era qualcuno che voleva farmi del male… Che voleva portarmi via da te… Ma tu non mi lasceresti portare via, vero? Staremo sempre insieme, giusto, Konzen?”

Un sopracciglio arcuato si sollevò, mentre gli occhi d’ametista del giovane dio riflettevano una sfumatura di tenerezza.

Tsk. E’ colpa di quelle schifezze che ti dà da leggere Tenpu. Alimentano troppo la tua già florida fantasia!”, disse Konzen in tono di rimprovero, anche se non poté trattenersi dal passare le lunghe dita tra la folta criniera castana di Goku. “E comunque non ti preoccupare… Io  ci sarò sempre.”, aggiunse quindi, sollevando l’angolo della bocca in un accenno di sorriso.

Il ragazzino afferrò la mano del suo tutore, premendosi il palmo contro una guancia morbida.

Quei rari e delicatissimi gesti d’affetto da parte di Konzen per lui erano pari a tesori inestimabili e lo rendevano così felice… Spalancò gli occhi all’improvviso, sedendo sul letto.

Che ti succede, ora?”

Ten-chan!!! Devo restituirgli il libro che mi ha prestato, l’ho finito oggi, prima di andare a giocare fuori!”

“Vorrai dire prima di scappare per l’ennesima volta…”

Konzen, devo andare assolutamente! E devo anche passare a ringraziare Kenren-niichan per avermi salvato!”

“Ma se fino ad un attimo fa non sapevi nemmeno dove ti trovavi… Hey!!! Goku, fermo qui!”

Ma Konzen non riuscì ad afferrare nemmeno una ciocca di capelli della sua scimmietta, che balzò a terra con un’agilità sorprendente dopo aver preso in mano il libro che teneva sotto al cuscino.

“Gli consegno questo e torno subito, te lo prometto! Ciaaaaaaaaaaaao, Konzen!”, gridò, agitando la mano e scomparendo, saltando dalla finestra.

Konzen si portò una mano alla fronte e scosse la testa, sospirando rassegnato; ma poi sorrise, questa volta più apertamente e con una dolcezza infinita.

“Non so se riuscirò mai a dirtelo come vorrei, Goku… Ma adesso non potrei più vivere senza di te. Non potrei proprio.”

 

***

Ten-chaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaan!!!”, gridò Goku, spalancando la porta del disordinatissimo studio di Tenpu; il caos che vi regnava era quello di sempre, ma del ragazzo non c’era nessuna traccia.

Goku si strinse il libro al petto, percorrendo guardingo la stanza e affacciandosi alla porta che dava negli appartamenti dello *zio*; il *fratellino* Kenren era lì, nell’anticamera della stanza da letto di Ten-chan, scalzo e con indosso solo i pantaloni. Stava preparando su un vassoio in legno dotato di quattro piedini intarsiati frutta, focacce e tè profumato e quando lo vide gli rivolse un sorriso complice.

“Buongiorno, scimmietta! Allora l’antidoto ha fatto in tempo, eh? Chissà come sarà contento Konzen!”

Goku si inchinò leggermente, come gli avevano insegnato a fare e ricambiando il sorriso di Kenren.

Kenern-niichan, grazie per avermi salvato dal sonno eterno! Mi sarei annoiato tantissimo a dormire per sempre! “

Il Generale rise, scuotendo la testa.

“Immagino, immagino… Ma perché non vai a salutare lo zio Ten? E dagli una svegliata, che tra un po’ gli porto la colazione!”

Goku annuì e si diresse verso la stanza da letto di Tenpu, anche se una miriade di punti interrogativi si stavano materializzando sopra alla sua testa; perché mai Kenern si trovava lì, semivestito? E perché stava preparando la colazione a Ten-chan? Mah… Certo che quei semi-dei erano davvero bizzarri…

Timidamente, entrò nella stanza dove, in un enorme letto completamente disfatto, sonnecchiava a pancia in giù uno scarmigliatissimo Tenpu, coperto da un lenzuolo appena sopra alle natiche.

Il ragazzo aprì un occhio e gli rivolse uno dei suoi dolcissimi sorrisi, prima di scompigliarli affettuosamente i capelli.

Goku-chan… Buongiorno…           

“Buongiorno! Ti ho riportato il libro… L’ho già finito, sai?”

Sei proprio bravo… Dai, vieni un po’ qui nel letto con me!”

Goku non se lo fece ripetere due volte e si intrufolò nel lettone di Tenpu, lasciando che questi lo abbracciasse e gli posasse un leggerissimo bacio sulla fronte.

Dopo qualche istante, Kenren fece il suo ingresso con il suo vassoio.

“Ehi, dico, non dovremo mica dividere la colazione con questa specie di idrovora, vero?!?”, chiese, risultando esageratamente oltraggiato.

E perché Ten-chan dovrebbe dividere la colazione con te e non con me?”, chiese Goku, compiaciutissimo delle coccole che stava ricevendo da Tenpu.

Perché… Beh, perché io sono un’altra cosa!”

“Un’altra cosa come?”

“Non sono fatti di un moccioso! Adesso fammi posto che devo sistemare questo sul letto… Maledizione a me e a quando ho cominciato a viziarti così tanto, Tenpu! Una volta potresti anche portarmela tu, la colazione a letto!”, sentenziò Kenren, sistemando con cautela il vassoio sul letto, mentre Tenpu, stiracchiandosi, si scioglieva dall’abbraccio di Goku e si metteva a sedere.

“A te piace viziarmi, Kenren…”, rispose il giovane al compagno con un sorriso complice ed una strizzata d’occhio.

See, see… La realtà è che sono troppo buono e tutti si approfittano di me… EHI, scimmietta, non osare, sai!”

Goku si era messo in ginocchio sul letto e osservava la colazione preparata da Kenren con un misto di adorazione e voracità nello sguardo; i suoi occhi sembravano diventati due enormi stelle luminose e le sue guance parevano ancora più morbide e rosse di sempre, quasi rispecchiassero la rotondità ed il colore delle mele che stazionavano sul vassoio.

Ooooooooooooh, Kenren-niichan, sembra tutto così buono!!!”, cantilenò, scavalcando  le gambe di Tenpu e andandosi a sistemare in mezzo ai due. “Posso assaggiare?!? Posso, eh, posso?”

Kenren sospirò, allargando le braccia rassegnato. “Tanto anche se ti diciamo di no…”

“Oh, grazie, Kenren-niichan! Tu e Ten-chan siete i più fantastici fratellini del mondo!!! Sapete, quando sono arrivato non mi piaceva tanto stare qui… Ma se ci siete voi due non mi sento più triste!!!”

Ma una voce irritata e lievemente nasale, proveniente dall’anticamera, ruppe l’idillio a tre.

Tenpu! Tenpu, Goku è qui da te?”

I due generali ridacchiarono divertiti, mentre Goku si stava già dedicando alla colazione; tuttavia, non esitò a rispondere, a bocca piena e con un sorriso che lo illuminava tutto:

Konzeeeeeeeeeeeeeeeeeen!!! Stiamo facendo colazione, vieni anche tu!!!”

Tenpu tossicchiò, facendogli eco:

“BUONGIORNO, Konzen… Si, dai, perché non ci raggiungi?!?”

Poco dopo una figura vestita di bianco con il volto delicato incorniciato da lunghi capelli color dell’oro fece irruzione, immusonita come sempre, nella camera da letto del generale.

Allo spettacolo del piccolo demone, tranquillamente seduto sul letto tra Kenren a petto nudo e Tenpu, palesemente spogliato sotto alle lenzuola la faccia di Konzen assunse un’espressione a metà tra il disgustato ed il rassegnato; si portò una mano alla fronte, scuotendo la testa e tirò un profondo sospiro. Ma, prima che potesse aprire bocca per protestare, Goku balzò fuori dal letto, abbandonando il vassoio con il cibo che lo aveva attratto così tanto fino a quel momento; gli circondò le braccia con la vita, strusciando il naso contro il suo petto.

“…E se ci sei anche tu, questo diventa il posto più meraviglioso del mondo!!!

 

***

 

“Non voglio andarmene mai più…” sussurrò Goku, ancora incosciente. Le sue dita strinsero piano la mano di Sanzo, che lo vegliava da circa un’ora, aspettando impazientemente che il piccolo si risvegliasse per accertarsi che stesse bene, che avesse superato più o meno indenne lo shock subito a causa di quella brutta esperienza.

Gli era difficile ammetterlo persino a se stesso, ma non avrebbe più potuto vivere se Goku fosse rimasto segnato per sempre da ciò che era accaduto quel pomeriggio, quando lui era lontano…

Non si sarebbe mai perdonato di non essere stato lì, quando Goku aveva bisogno di aiuto.

Non si sarebbe mai perdonato di non avergli mai detto…

“Mai… Più…”

Il monaco strinse a sua volta le mano che teneva nella sua. Probabilmente Goku stava sognando… Forse stava avendo un incubo riguardo a quello che gli era appena accaduto.

Goku… “, chiamò piano. “Goku, svegliati. Stai sognando… Sei al sicuro.”

Mmmhh…”

Il ragazzino si lamentò debolmente, agitandosi un poco sotto alle lenzuola; dopo qualche istante, le palpebre chiuse sulle iridi dorate tremarono un po’, per poi aprirsi su due occhi ancora lucidi e confusi.

Sanzo…”

La voce di Goku era rauca, soffocata, proprio come quella di un bambino che avesse appena finito di piangere.

Il giovane bonzo sbatté le palpebre, ripetendosi che quel fastidioso pizzicore che sentiva agli occhi fosse dovuto soltanto alla stanchezza e sperando che il nodo che gli stringeva la gola non gli impedisse di parlare proprio ora che la sua stupida scimmietta aveva bisogno di lui.

Goku… Stai bene?”, chiese, cercando di controllare l’emozione che gli faceva tremare la voce; la sua mano stringeva ancora quella più minuta del piccolo demone.

Sanzo…”, ripeté il ragazzino, lo sguardo fisso in quello del suo tutore, trasognato come se si trovasse di fronte ad un miraggio; si girò, mettendosi su un fianco e sollevando la mano libera per toccare il viso del ragazzo al suo capezzale. “Sei… Sei davvero tu… Sei tornato…”

Il mondo sembrò vorticare attorno a Sanzo per un attimo; le emozioni rischiarono di sopraffarlo, annientandolo, rischiando di disintegrare tutti i muri che si era costruito attorno in tutti quegli anni… Ma non poteva, non in quel momento, non sarebbe stato giusto; in quel momento doveva essere forte.

Stringendo ancora di più la manina di Goku, si concesse di passare dita leggere nella massa di capelli castani del demone.

“…Certo che sono io… Chi avrebbe dovuto essere?”, domandò, chiudendo poi la mano a pugno e lasciandola cadere dolcemente, nella parodia di una carezza, sulla fronte di Goku. “Dimmi che stai bene, Goku.” Sospirò quindi, una nota di apprensione e disperazione nella voce.

Il viso del ragazzino si illuminò di un sorriso radioso, chiudendo la mano del monaco in entrambe le sue.

“Si… Sto bene… Gojyo e Hakkai… e poi adesso ci sei tu, vicino a me. Adesso va tutto bene…”

Sanzo sospirò, chiudendo gli occhi; era un sospiro tremante, che gli fece pizzicare gli occhi e bruciare le narici.

La sua mano libera passò tra i capelli di Goku, indugiando tra le ciocche castane.

“Già… Adesso ci sono io…”

 

***

 

Kougaiji era sinceramente dispiaciuto per aver mandato a fuoco quell’albero… sicuramente era molto vecchio e lui l’aveva distrutto con un uno schiocco di dita.

Ma era tutto ciò che avrebbe mai rimpianto di quella giornata.

Lui e Dokugakouji avevano attraversato la foresta e si stavano dirigendo verso la cittadina che costeggiava il fiume, camminando lungo l’argine illuminato da una lunga fila di lampioni ad olio; ormai si era fatto buio e le luci del paese brillavano a un paio di miglia di distanza.

KouKou!”

Cosa c’è, Dokugakouji?”

“E’ proprio necessario che raggiungiamo il villaggio? Non è saggio farsi vedere tanto in giro, lo sai…”

Il principe che, come sempre, camminava davanti al compagno, si voltò per guardarlo da sopra una spalla.

“Voglio sapere come sta Goku… E soprattutto come *diavolo* avranno fatto quei tre a riuscire a mettergli le mani addosso…”

Kougaiji si interruppe quando Dokugakouji gli posò entrambe le mani sulle spalle, facendolo fermare e girare leggermente sulla sinistra; gli occhi obliqui del Principe si sgranarono leggermente e le sue labbra serrate si schiusero impercettibilmente.

In una barca di pescatori, ormeggiata lungo il fiume, un corpo era rannicchiato in posizione fetale; la luce di uno dei lampioni accendeva riflessi bluastri tra i capelli corvini ed un piccolo drago bianco se ne stava accucciato accanto alla figura, strofinandogli il musetto su una manica della camicia alla coreana.

Cho Hakkai…” , sussurrò Kougaiji, sorpreso.

Il draghetto bianco alzò la testa e li vide; immediatamente si alzò in volo e li raggiunse, cominciando a volare concitatamente attorno a loro e poi posandosi sul braccio protesogli dal Principe.

Hakuriyu… E’ così che ti chiami, vero?”

 

***

 

Gojyo se ne stava seduto fumando in riva al fiume, con i piedi nell’acqua; non ci aveva messo molto a trovare Hakkai, ma…

…Non aveva avuto il coraggio di avvicinarglisi.

Il suo compagno se ne stava raggomitolato su un piccolo pontile di legno, abbracciando le ginocchia; non si era accorto di lui, o, più probabilmente, non voleva accorgersene. Magari aveva bisogno soltanto di essere lasciato in pace e questo era esattamente ciò che Gojyo avrebbe fatto.

Anche perché…

Anche perché aveva troppa paura di essere rifiutato, a quel punto…E aveva troppa paura di affrontare di nuovo il dolore di Hakkai, tutto da capo, come due anni prima… L’incidente di Goku aveva in qualche modo riaperto in lui ferite che non si erano ancora del tutto rimarginate.

Il senso di colpa lo dilaniava, da una parte per non essere stato in grado di salvare la sua Kanan, dall’altro per essersi lasciato travolgere da una cieca furia omicida per vendicarla; e, ogni volta che sembrava riuscire ad accantonare i ricordi del passato, accadeva qualcosa che li portava indietro, vividi e  dolorosi come sempre.

Per non parlare del fatto che, in quella particolare circostanza, quel senso di colpa rischiava di aver rovinato per sempre il rapporto tra lui e Gojyo

Il kappa sospirò profondamente, per poi gettare in acqua la sigaretta, fumata appena a metà.

Com’era strana la vita…

Con tutte le ragazze che aveva sempre avuto, tutte quelle che si era portato a letto e che l’avevano trascinato nel loro letto… Non era mai riuscito ad innamorarsi veramente.

E adesso che probabilmente stava accadendo, non solo non si trattava di una ragazza… Ma era già andata a rotoli prima di cominciare.

E faceva *maledettamente* male…

KiyuKiyuuuuuuuu!!!

L’inconfondibile voce stridula di Hakuriyu distolse Gojyo dal suo triste rimuginare.

Il draghetto gli volò intorno, planandogli accanto e continuando ad agitare le ali; il ragazzo sbatté le palpebre, dopo un iniziale attimo di apprensione in cui immaginò tutto l’immaginabile, compreso il fatto che Hakuriyu fosse venuto ad avvisarlo che Hakkai avesse deciso di gettarsi nel fiume con un masso legato ai piedi; ma il piccolo drago bianco sarebbe stato molto più agitato e rumoroso, in un’occasione del genere, Invece, sembrava solo voler fargli notare il piccolo rotolo di pergamena che aveva appeso al collo con una piccola striscia di seta bianca.

Gojyo sollevò un sopracciglio sottile, mentre per un attimo la curiosità prese il posto della  preoccupazione.

Avvicinò le mani al collo di Hakuriyu, cominciando a sciogliere il nodo che legava quella sorta di collarino; il draghetto si era immobilizzato, ali aperte e testa in alto, per facilitarlo il più possibile.

Mentre le dita affusolate del ragazzo cercavano di estrarre la pergamena dalla piccola morsa di seta, la curiosità cominciò a sfumare nel panico: che diavolo ci poteva essere scritto lì sopra? Qualsiasi cosa… Anche qualcosa di terribile, nonostante l’apparente serenità di Hakuriyu… Ma in fondo chi poteva essere in grado di leggere negli occhi di una creatura che era poco più di una lucertola?!?

Finalmente Gojyo riuscì sciogliere il nodo e ad aprire il rotolino con mani tremanti.

Una calligrafia elegante e ricercata vergava il foglio con strani caratteri; non erano stati scritti con dell’inchiostro, sembrava piuttosto…  Sembravano impressi a fuoco sulla pergamena; il ragazzo chiuse un attimo gli occhi, prendendo un sospiro profondo prima di cominciare a leggere:

 

Sono  spiacente di non potervi recare di persona i miei saluti, ma penso che in questa situazione la mia presenza sarebbe decisamente di troppo.

Volevo accertarmi che Son Goku stesse bene e ricordargli che fino a che non l’avrò battuto non deve permettersi di lasciarsi sfiorare da nessuno!

Inoltre voglio ricordare a voi quattro che la vostra forza risiede, in gran parte, nei sentimenti che vi legano… Non lasciatevi separare dal dolore.

Comunque, se può esservi di consolazione, chi ha arrecato tanto dolore a questo villaggio è già stato punito. Almeno questo ho potuto farlo, per voi.

Spero di rivedervi presto… E quel giorno, sarà per combattervi!

Kougaiji.

Da parte di Dokugakouji: Fratello, credevo di averti insegnato a proteggere chi ami. Non lasciare da sola la persona a cui hai donato il cuore, non ti perdoneresti mai se dovesse perdersi… Addio.

 

 

 Gojyo dovette rileggere due o tre volte per comprendere bene il significato di quelle parole.

Guardò un attimo Hakuriyu negli occhi, poi balzò in piedi, si infilò gli stivali e risalì in fretta l’argine del fiume, per poi cominciare a correre, seguito al volo dal draghetto.

In meno di cinque minuti raggiunse il luogo dove aveva visto Hakkai circa un’ora prima; non era più accucciato sulla riva del fiume e, per un attimo, Gojyo si lasciò sopraffare dall’angoscia; ma poi Hakuryiu planò sulla barca ormeggiata lì accanto e allora lo vide… Raggomitolato là dentro come un bambino impaurito. Come Goku poco prima, alla locanda…

Il draghetto si appoggiò su una spalla del suo padrone, strofinandogli poi dolcemente il muso contro ad una guancia; Hakkai non reagì e l’animaletto rivolse lo sguardo triste verso Gojyo,  mugolando sommessamente.

Gojyo scese lentamente i gradini della scala scavata nel terreno, che dalla strada giungeva sulla riva del fiume; si inginocchiò con circospezione accanto alla barca, poggiando poi una mano sulla fiancata e spingendola piano, in modo da farle prendere un leggero dondolìo.

Hakkai… “, sussurrò. “Hakkai, lo so che sei sveglio… E so che mi stai ascoltando. Goku sta bene… Anche se mi è toccato portarmelo in braccio fino alla locanda dato che tu hai fatto i capricci e ti sei portato via pure Hakuriyu.

Avrei voglia di sculacciarti, sai?

Non lo faccio soltanto perché credo che per oggi ne abbiamo avuto tutti abbastanza… Adesso però tu ti alzi da qui e vieni via con me, d’accordo? Perché io non muoverò un passo finché non ti deciderai ad uscire da questa dannata barca e dirmi che tutte quelle stronzate sul non meritare di essere felice le hai sparate solo perché eri sconvolto da quello che è successo alla scimmietta…” Gojyo fu costretto a fermarsi quando sentì la voce incrinarglisi pericolosamente: non era il momento di cedere, doveva essere forte. Udì appena il roco sussurro che si levò dalla barca.

“Go… Gomen nasai…”

Il kappa si irrigidì leggermente, incerto sul da farsi; il suo istinto gli diceva di tirar fuori il suo amico da quel guscio di noce, soffocarlo in un abbraccio e pregarlo di dirgli che tra loro non era cambiato nulla, che la brutta esperienza di quel pomeriggio non avrebbe rovinato niente… Ma decise che sarebbe stato meglio agire con cautela.

Hakkai…” , mormorò semplicemente.

“Mi dispiace, Gojyo… Mi sento terribilmente in colpa per averti lasciato da solo in quella situazione… Ero sconvolto, io… Non avevo il coraggio di tornare alla locanda… Goku… Come sta?”

Gojyo sospirò.

“Adesso è con Sanzo… E’ stato lui a chiedermi di venirti a cercare e riportarti indietro. Credo che Goku starà benone… Si è fatto un bel pianto e poi si è addormentato. Gli ci vorrà un po’ di tempo per superare questo trauma, ma per fortuna non è successo nulla di troppo grave…”

Sanzo… “

“Non ce l’ha con te… Hakkai… *Non* è stata colpa tua, non è stata colpa nostra, non è stata colpa di nessuno se non di quelle tre *merde*…”

La barca si mosse; Hakkai si era sollevato in piedi, aveva il viso tirato e pallido ed il naso rosso di chi ha pianto per un bel po’ di tempo; il kappa dovette esercitare tutto il suo autocontrollo per evitare di sorridere intenerito.

Si alzò in piedi a sua volta, aiutando l’amico a scendere sulla terra ferma; negli occhi verdi di Hakkai c’era una sfumatura di angoscia.

Gojyo… Li abbiamo lasciati andare… Dopo tutto quello che hanno fatto. Dobbiamo…”

Due dita affusolate gli si poggiarono sulle labbra.

“Hanno avuto quel che meritavano. Non pensarci più, Hakkai… Torniamocene da Sanzo e Goku.

Gojyo passò allo youkai il foglio di pergamena portatogli poco prima da Hakuriyu: Hakkai lo prese con mani tremanti, quindi lesse in fretta e sbatté un paio di volte le palpebre.

Gojyo sorrise.

“Come vedi il nostro Principe-sempre-tra-i-piedi ci ha dato una mano anche questa volta… E adesso vieni via, comincia a far freddo qui fuori…”

Mise cautamente un braccio intorno alle spalle di Hakkai, tirandoselo vicino; quest’ultimo gli si appoggiò contro, nascondendogli il viso contro al petto.

“Perdonami Gojyo… Perdonami, sono uno stupido… Ho solo… Ho solo tanta paura di perdere ancora qualcuno a cui voglio bene… Ho tanta paura di perdere anche te…”, sussurrò, aggrappandosi alla giacca del compagno e cominciando a tremare.

Gojyo chiuse un abbraccio protettivo intorno a quel corpo che, in certi momenti, gli sembrava fragile e delicato come un cristallo.

“L’hai proprio detto,”, rispose Gojyo, scostandosi un attimo da lui e cominciando a posargli una pioggia di baci leggeri sul viso, “Sei uno stupido…”

 

***

 

Alla locanda dove alloggiavano i quattro amici la porta della camera di Sanzo e Goku si aprì, dopo un leggero bussare; Gojyo fece capolino e sospirò, sollevato; quindi entrò, trascinandosi dietro Hakkai per mano.

Goku era seduto sul letto, con un paio di cuscini impilati dietro alla schiena ed un vassoio che recava una cena leggera sulle ginocchia; sorrise apertamente quando vide i due ragazzi, protendendo poi le braccia verso di loro.

Ragazziiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!” , esclamò, con il suo solito entusiasmo.

Sanzo sollevò appena lo sguardo dal giornale che stava leggendo; guardò Gojyo,  un angolo delle labbra perennemente imbronciate si incurvò in un sorriso; poi guardò Goku ed al kappa non sfuggì l’insolita nota di tenerezza negli occhi ametista.

Hakkai si gettò tra le braccia del piccolo demone, incurante di aver rischiato di rovesciare tutto il contenuto del vassoio sul letto ed essere riuscito ad evitare il danno solo perché Gojyo era stato pronto a tenere il tutto in equilibrio; il ragazzo dai capelli corvini strinse forte a sé Goku, che lo abbracciò a sua volta mentre Hakuriyu gli si era poggiato sulla testa, strusciando il musetto su un’orecchia.

“Perdonami, Goku… “ , si scusò Hakkai.

“Perdonarti di cosa? Siete venuti a salvarmi…  E’ stata colpa mia, mi sono messo nei guai perché non sto mai ad ascoltare Sanzo quando mi dice che devo imparare a comportarmi… E te quando mi dici che non si accetta il cibo dagli sconosciuti… E Gojyo quando mi dice che sono solo una scimmia scalmanata… Ho avuto tanta paura… Ma adesso è finita…”

Ma non avrei dovuto lasciarti da solo…”

Hakkai… Smettila.”

Questa volta fu Sanzo a rispondere e i due amici si sciolsero dal loro abbraccio per guardarlo in viso.

“Avanti… Andate anche voi due a mangiare qualcosa e poi filate a dormire. Avete bisogno di riposare. Faremo tappa qui ancora un giorno e poi ripartiremo.”, sentenziò, anche se nella sua voce non c’era il solito, sprezzante tono di comando, quanto una calda preoccupazione.

Hakkai tentò di offrirsi di lui un po’ di compagnia a Goku, insistendo che anche Sanzo avesse bisogno di riposare; il monaco però assicurò che se la sarebbe cavata da solo e, soprattutto, Gojyo aveva una grandissima voglia di coccolare un po’ il suo ragazzo dopo quella giornata nerissima ma, per fortuna, finita bene.

 

***

 

Goku aveva mangiato poco rispetto ai suoi standard; Sanzo lo liberò dal peso del vassoio, poi gli passò una mano sulla fronte.

“Non hai più la febbre… Prima eri bollente, dev’essere stato l’effetto della roba che ti hanno dato.

Il viso del ragazzino si incupì improvvisamente. Hakkai aveva lasciato Hakuriyu lì con lui per fargli compagnia ed il piccolo drago faceva beato le fusa mentre le dita di Goku gli accarezzavano il pancino.

Sanzo… Quei tre… Sono stati loro ad… Ad uccidere i bambini?”

Sanzo sospirò.

“Si.”

E… Prima a quei bambini hanno fatto quello che hanno fatto a me?”

“Ho paura che abbiano fatto di peggio a loro, Goku…”

“Oh…”

Il monaco prese dal comodino il pezzetto di pergamena consegnatoli da Gojyo prima di congedarsi.

“Credo sia giusto tu legga questo. E’ un saluto da parte di una persona… speciale.

Goku alzò gli occhi e li fissò in quelli del suo tutore, interrogativo; inclinò leggermente il capo, per poi prendere la pergamena e srotolarla lentamente, leggendone in silenzio il contenuto.

KouKougaiji… “, balbettò.

“Non faranno più del male a nessuno. Non feriranno e non uccideranno più nessun bambino.

La voce di Sanzo era dolcissima mentre pronunciava quelle parole, e la sua mano indugiò una volta di più tra le ciocche castane del suo piccolo amico.

Il demone deglutì.

Sanzo…”

“Dormi adesso, Goku. Hai bisogno di riposare. E sono stanco anche io.”

Il ragazzo prese Hakuriyu dal grembo di Goku, alzandosi poi dalla sedia da cui l’aveva vegliato.

Goku allungò una mano, afferrando un lembo della veste e trattenendolo presso il suo letto.

Sanzo… “ Abbassò gli occhi, imbarazzato, intimidito ma allo stesso tempo determinato. “Sanzo… Dormiresti con me? Solo per questa notte…” Attese con il fiato sospeso.

Il monaco non rispose; si avvicinò alla finestra, appoggiando il draghetto sul davanzale. Poi cominciò a liberarsi della veste, riavvicinandosi quindi al letto di Goku e, senza dire una parola, sollevò le coperte e si infilò sotto le lenzuola con la sua scimmietta; allungò una mano e Goku spalancò gli occhi, arretrando un po’ allarmato, come se si aspettasse un ennesimo, abituale pugno sopra alla testa. Invece, Sanzo incorniciò il viso morbido del ragazzino, poggiandogli le labbra sulla fronte, poi sulla bocca in una carezza leggera.

Goku lo osservava stranito, gli occhi ambra spalancati ed increduli.

Sanzo non disse più nulla: si sdraiò ed abbracciò il suo piccolo amico, facendogli poggiare il capo sulla sua spalla e continuando ad accarezzargli gentilmente i capelli.

 

***

 

Hakkai era sdraiato con la guancia appoggiata al petto di Gojyo, che gli accarezzava pigramente la schiena ed i capelli.

Il kappa aveva cercato di far mangiare qualcosa al compagno, ma con scarsi risultati; Hakkai era sfinito e desiderava soltanto mettersi a letto, possibilmente con lui accanto.

Gojyo avrebbe voluto fumarsi volentieri una sigaretta, ma sapeva che al suo Hakkai avrebbe dato fastidio… Sospirando, decise di astenersi e tentare di distrarsi con un paio di chiacchiere.

Hakkai…”

Nh?”

Sei sveglio?”

“Più o meno…”

“Secondo te… La scimmietta e quel monaco corrotto…”

Hakkai si sollevò stancamente su un gomito, guardando in viso il suo compagno con un’espressione esageratamente scandalizzata.

Gojyo! Ma cosa vai a pensare?”

“Guarda che volevo solo chiederti se secondo te stanno già dormendo!”

“Certo, certo… Sei un grandissimo pettegolo, lo sai?”

“Beh, ma.. scusa, tu non sei curioso? Tra loro due…”

Il kappa venne interrotto da una specie di squittìo sommesso e un delicato frusciare d’ali; Hakuriyu era entrato dalla finestra e si stava accucciando sul letto tra Gojyo e Hakkai, strofinando il nasino sulla guancia del suo padrone; quest’ultimo rise intenerito.

“Poverino… Ha paura che lo cacciamo anche noi!”

Gojyo cercò di mettere a fuoco la testolina del draghetto, incrociando buffamente gli occhi e suscitando ancora di più l’ilarità del compagno.

“Poverino?!? Hey, dico… Mica avrai intenzione di farlo dormire qui nel letto, vero?!?”, chiese il kappa, con una nota di disperazione nella voce.

Ma dai… E’ una bestiolina sensibile, ha voluto lasciarli soli… Così ha anche risposto ad una tua curiosità, gli devi un favore!”

Starai scherzando… E per questo io dovrei dormire con una lucertola puzzolente? AIHA!!!”

Gojyo si guadagnò un bel morso su un mignolo, mentre Hakkai si sistemò di nuovo sul petto dell’amico assieme ad Hakuriyu.

Hakuryiu non è una lucertola e non puzza…”, mugugnò il ragazzo dai capelli neri in un tono un  po’ infantile e con la voce già assonnata.

“Beh, però si è messo tra noi due...”, replicò Gojyo, leggermente imbronciato e forse non solo per stare al gioco; ricominciò ad accarezzare i capelli di Hakkai, coprendosi la bocca con la mano libera per soffocare un sbadiglio. Quella giornata era stata impegnativa anche per lui…

“Nessuno potrà mai mettersi tra noi due…”, sussurrò Hakkai.

Gojyo lo guardò, stranito; il suo amico sembrava dormisse già, le palpebre erano abbassate sui bellissimi occhi verdi. Era strano… Anche la voce con cui aveva parlato non gli era parsa la sua… Come se Hakkai avesse parlato da un posto remoto, da un tempo lontano…

Una volta di più, Gojyo si sentì legato ad Hakkai come se lo conoscesse da una vita, come se lo amasse da un’eternità… Ma era troppo stanco per continuare a chiedersene il motivo.

Abbracciò gentilmente il suo compagno, lasciando che anche Hakuryiu si adagiasse comodamente tra di loro e spense la luce, lasciando che l’oscurità li avvolgesse nel suo silenzio ovattato.

Continuò ad osservare per qualche minuto il volto di Hakkai alla flebile luce della luna; poi gli appoggiò le labbra ai capelli.

“Hai ragione… Nessuno riuscirà mai a dividerci.”, mormorò soltanto, prima di chiudere gli occhi… Non riuscì a capire, nel dormiveglia che precede il sonno, se le parole che udì fossero realmente uscite dalle labbra di Hakkai o fosse stata solo la sua immaginazione… Ma gli arrivarono comunque al cuore, forti e gentili come solo Hakkai sapeva essere.

“Ti amo…”

 

Owarii