Demoni

parte VIII

di Lara


Erano passate molte giornate tristi e lunghe da quando Marco aveva scoperto la durata della vita di uno sciamano e del suo don'ha. L'isolamento imposto all'interno della caverna cominciava a renderlo insofferente e rabbioso come un animale in gabbia.


Ogni tanto l'anziana sciamana veniva a trovarli e spiegava a Marco tutto quello che voleva, e sorprendentemente era felice di insegnarli tutto quello che sapeva sull'arte delle erbe. Diceva che era strano trovare un don'ha tanto ansioso di imparare e che era felice di poter passare la sua conoscenza sulle erbe.

Anche Anak ascoltava quelle lezioni, se così si potevano chiamare.

Lo sciamano si rendeva perfettamente conto che quello era uno dei pochi momenti in cui Marco riusciva a dimenticare cosa lo aspettava e a rilassarsi completamente.

Seduto accanto al fuoco della loro stanzetta di pietra, il giovane sciamano ascoltava la vecchia raccontare del lontano passato, una delle tante leggende che si tramandavano per ricordare la loro storia.

-E così sciamana dite che secoli e secoli fa la terra non era come ora, che c'era una sola luna e gli uomini popolavano la terra numerosi?- L'anziana donna annuì e sorrise, un movimento appena accennato nel volto stanco, sottile e rugoso.

-Si don'ha, è così che dicono le leggende. Ma ora è notte e io desidero andare a dormire. Ci vediamo dopo domani. Preparati anche tu sciamano. Vi saluto e che la luce degli spiriti vi protegga sempre.-

Con quelle parole la donna uscì lasciando Anak e Marco da soli.

-Anak, credo che le leggende delle epoche passate della vecchia sciamana parlino del mio mondo...- Marco aveva lo sguardo fisso nel fuoco, le mani abbandonate in grembo.

-E perchè lo credi?- I due ragazzi si guardarono negli occhi e lo sciamano lesse tristezza in quelli del suo don'ha.

-Ci sono troppe cose che coincidono, e se ho ragione vorrebbe dire che ho viaggiato nel tempo e non nello spazio o nelle dimensioni. Devo solo capire come...-

Anak scosse la testa, capiva la tristezza di chi è esule dalla propria casa, ma ormai Marco aveva capito di non poter tornare. Perchè questa sua ostinazione riguardo al come? Trovare e capire il modo in cui era arrivato non lo avrebbe riportato indietro di certo! Anzi, avrebbe solo ottenuto altra tristezza...

Allungò piano la mano fino a poggiarla in una lenta carezza sul viso candido di Marco, ammirando il contrasto tra la sua pelle scura e bronzea e quella lunare del ragazzo di fianco a lui.

-Se la cosa ti può aiutare, cerca di capire Marco. Ma a me sembra ti faccia solo soffrire!- Una nota di reale preoccupazione brillava nella voce profonda di Anak, e Marco si appoggiò con il viso alla mano che gli accarezzava una guancia liscia.

-Lo so, ma non riesco a fare a meno di cercare una ragione, un motivo... Anak, è vicino il giorno del rito. E dopo dovremo partire con il figlio della sciamana, che non ho mai visto, per queste terre lontane che nemmeno tu hai mai visto. E tutto perchè la vecchia deve avere il tempo di trovare e punire quello che mi voleva ammazzare con il suo metodo. Tra l'altro penso che quello mi voglia ancora morto. Sappi che non pensare a questo concentrandomi su come sono arrivato qua mi aiuta a non impazzire.- Marco aveva cercato di spiegare al suo sciamano il perchè di quella specie di piccola ossessione, e sperava di esserci riuscito.

Aveva una paura tremenda del futuro che li aspettava. Era stato già faticoso abituarsi alle usanze del popolo, ma ora doveva affrontare troppe cose nuove alle quali era totalmente impreparato.

Rise tra sé.

Come se le usanze del popolo non lo spaventassero! Il pensiero del rito gli aveva fatto correre un brivido di paura lungo la schiena.

Aveva visto il don'ha della sciamana, sapeva che aveva la stessa età della donna ma dimostrava circa venticinque anni. Era un uomo enorme, con il viso sfregiato e gli occhi scuri e sempre seri.

Lo aveva visto per caso e Anak gli aveva confermato che era lui. La sua prima reazione era stata scappare. Quell'uomo era enorme, in ogni senso.

Marco si ritrovò in mano una tazza di infuso e sentì il profumo della camomilla e della menta. Doveva sembrare proprio agitato se Anak gli aveva messo in mano la tazza senza una parola. Con un mezzo sorriso incominciò a bere, sperando di riuscire a volgere altrove i suoi pensieri.



OoOoOoOoOoOoOoOoOoO


I capi clan di tutti i clan erano presenti, e assieme a loro tutti gli adulti con una importanza anche minima all'interno del clan.

Da un lato della radura, enorme e rotonda, circondata da altissimi alberi centenari, stavano tutti gli sciamani e i loro don'ha. Anak e Marco stavano in disparte assieme alla vecchia sciamana e al suo don'ha.

Anak aveva fatto bere a Marco un infuso e ora il ragazzo si sentiva tranquillo, quasi leggero, non riusciva a mettere nulla a fuoco ma gli andava più che bene. Almeno il terrore che lo aveva paralizzato per tutto il giorno si era placato, e così poteva evitare di vedere in faccia la gente che si era assiepata nella radura erbosa.


Si sentiva come una strana attrazione di un circo, e non ne era certo felice.




Solo le lune illuminavano il paesaggio, per quella sera nessun fuoco si sarebbe acceso e nessuno, fino al completamento del rito, avrebbe parlato gioiosamente o riso.

Anak parlava con l'anziana donna che emanava un'aura di potere che pareva brillare attorno al fragile corpo, anche Anak, però, non era da meno. 
Sembrava regale e forte, i capelli lunghissimi sciolti sulle spalle ampie e il viso improntato a serietà e decisione.

Lentamente i tamburi presero a suonare e anche le voci si unirono.

Sembrava un immenso lamento funebre capace di far rabbrividire e piangere la morte stessa. Ma Marco non ne risentiva, quella calma e tranquillità innaturale l'invadeva.

Anak gli fece cenno e lui lo seguì fino al centro della radura.

Gli occhi si erano abituati all'oscurità e riusciva a vedere abbastanza bene dove metteva i piedi,anche se le cose più distanti di qualche metro parevano sfumate e inconsistenti.

Sapeva a grandi linee quello che sarebbe accaduto, lui e Anak sarebbero stati la personificazione dello spirito dell'estate che scacciava il freddo inverno.

Fin li era d'accordo, era il resto che non gli piaceva...

L'altro don'ha, di cui aveva scoperto poi il nome, Ero'nma, si mise di fronte a lui restando immobile, mentre gli sciamani si spostavano, cantando e invocando gli spiriti, supplicandoli di esaudire i loro desideri.

La musica si fece sempre più violenta, rimbombando tra gli alberi e creando una sorta di rete che li imprigionava.

Marco chiuse gli occhi e sentì le mani dell'uomo su di lui, rabbrividì ma rimase immobile, sperando di svenire o qualcosa di simile.

Ma come era accaduto durante il rito in cui il vecchio sciamano del clan di Anak era morto, Marco cadde come in trans, recitando una parte senza anima.


Anak vide con la coda dell'occhio il don'ha della sciamana baciare Marco e un groppo di quella che dovette ammettere essere gelosia gli inchiodò lo stomaco.

Ma il suo viso rimase impassibile e la sua voce ferma. Non erano pensieri degni di uno sciamano si disse.

Però non riuscì ad evitare che una parte della sua attenzione, seppur minima, venisse catturata dalla scena.

Ero'nma aveva disteso Marco sull'erba, movimenti meccanici che nulla avevano dell'amore, e lentamente lo possedeva mentre anche nello stato di trans i lineamenti del ragazzo si atteggiarono a dolore.

Poi sentì l'energia fluire verso di lui potente come un'ondata di marea e Anak si lasciò trasportare da quella forza, incanalandola e usandola a modo suo, per il bene del popolo.



Erano passate ore minuti o giorni? Marco non lo sapeva, si rese solo conto che l'effetto del medicinale che aveva bevuto era sparito e che i suoi sensi erano tornati fin troppo svegli.

Ero'nma era ancora sopra su di lui ma con un'ultima spinta si svuotò, mentre grida animali uscivano dalla gola dei due sciamani circondati da una strana luminosità.

Marco continuò a tenere aperto il canale che dava l'energia al suo sciamano e cercò di ritrovare la calma che gli permetteva di estraniarsi.

Chiuse gli occhi e lentamente perse di nuovo la nozione del tempo, finchè non sentì la voce di Anak che lo chiamava.

-Vieni, è tutto finito.- Marco era rattrappito e indolenzito ma con un enorme sforzo riuscì ad alzarsi e ad allontanarsi dignitosamente assieme ad Anak, fino a raggiungere la caverna e la loro stanza, dove il fuoco era stato già acceso.



Marco si sdraiò sulle pellicce a pancia in giù, appoggiando il viso sulle braccia incrociate.

Non aveva neppure cercato di sedersi.

Chiuse gli occhi ma li riaprì di scatto quando sentì la mano di Anak tra le sue natiche.

-Non ci provare sai? Per un po' non ci devi neanche pensare!- Anak non rispose ma gli mostrò le dita macchiate di sangue.

-Non ci penso neppure Marco, solo volevo darti una pulita ! Ma se preferisci restare così...-

Una nota scanzonatoria e gli occhi brillanti di Anak incantarono un attimo il ragazzo biondo, che però si riscosse subito.

-Sono sicuro che le tue intenzioni erano più che caste... Ma se non ti da fastidio faccio da solo.- Marco allungò la mano prendendo la pezza bagnata che riposava nell'acqua di una bacinella ma lo sciamano gliela rubò.

-Mi spiace si...- Poi lo baciò, assaporando le sue labbra fresche e rosee, perdendosi nelle iridi violette del suo don'ha.

Lentamente passò la pezza togliendo le tracce del rito e depositando piccoli baci sulla colonna vertebrale di Marco, che si voltò per abbracciarlo.

-Comunque non cambio idea! Almeno non stasera, o stamattina vista l'ora. Io avrei intenzione di dormire, visto che domattina all'alba partiamo e che dobbiamo fare un sacco di cose prima a quanto pare...- Anak sospirò arrendendosi e si spogliò mettendosi accanto al ragazzo e coprendoli entrambi con la folta pelliccia.

-Stavolta hai vinto tu, ma non ti abituare!- Anak rise alla linguaccia di Marco.

-Caro il mio sciamano, io vinco più speso di quanto tu non creda!-

Anak rise piano, affondando il viso nel collo di Marco e tenendolo stretto a sé. Quella sera aveva sentito per la prima volta il morso della gelosia, e ora voleva sentirlo solo suo.

Sentì il respiro del suo don'ha che si faceva regolare, rallentando nel ritmo lento e leggero del sonno e anche lui si concesse di chiudere gli occhi e di addormentarsi.



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