Demoni

parte VI

di Lara


-Fermi! Per oggi ci fermiamo qui, domattina arriveremo al raduno!- La voce stentorea di Brenn raggiunse tutti gli appartenenti del clan che disposero i carri per la notte. Mancavano ancora alcune ore al tramonto ma per arrivare nel modo giusto, come diceva il capo clan, era meglio avere la mattina in mano.
Marco fece fermare la coppia di cavalli che tirava il carro, due enormi cavalli neri docili come agnellini, al solito posto all'esterno del campo ma Anak gli fece cenno di no con la testa.
-Ora prenderemo quello che è di solito il posto dello sciamano, in parte al carro di Brenn.- Marco annuì e fece spostare i cavalli. Avevano visto  in lontananza altri clan, ma nessuno si era fermato a salutarsi, solo qualche scambio di parole allegre e felici quando casualmente ci si incrociava, scambiandosi informazioni e novità.

Marco scese dal carro e subito Anak lo portò verso il fuoco principale. 
-Ma i cavalli?- Marco era sorpreso, gli aveva sempre detto che i cavalli venivano prima di tutto.
-Ora non possiamo far sfigurare il nostro clan, hai cavalli, al nostro fuoco, a tutto insomma, provvederanno gli altri. E' un onore farlo. Durante il viaggio se ci arrangiamo facciamo un favore a tutti, ma davanti agli altri clan non possiamo umiliarci facendo vedere che il clan non è in grado di badare al proprio sciamano. E domani il carro verrà guidato da qualcun altro. Io e te entreremo a cavallo.- Lo sciamano fissava Marco cercando di vedere se aveva capito.
-Credo che in questo modo un mucchio di gente si salverà dalla mia cucina.-
Anak si mise a ridere al ricordo di come, sconvolta, la madre di Laele avesse fatto promettere a Marco di non cucinare mai più.
-Esattamente! Ora andiamo a vedere che ci vuole dire Brenn.- 
I due ragazzi si avviarono verso il capo clan, che stava parlando con la sua compagna, seduto presso il grande fuoco centrale dove ci si  riuniva la sera.
Marco non aveva mai visto Fiella, la compagna del capo, così bella. I lunghissimi capelli ondulati castano scuro lasciati liberi sulle spalle e trattenuti da alcuni fermagli d'avorio intagliato. Gli occhi d'onice sottolineati da linee nere attorno agli occhi e lunghi orecchini d'argento.
Sottili braccialetti di rame argento e oro tintinnavano ai suoi polsi e un lungo abito decorato da disegni floreali ricadeva morbido attorno alla figura formosa della donna.
-Sciamano, don'ha.. Sedetevi al mio fuoco stasera, come spero tute le sere del raduno.- Brenn sorrise all'invito della compagna e con un gesto li invitò anche lui a sedersi.
Marco, ancora imbarazzato dalla sua nudità, si trovava a disagio a sedersi in mezzo agli altri, ma non poteva certo dire no ad un invito formale. 
Silenziosamente si sedette a gambe incrociate sulla stuoia accanto ad Anak, arrossendo leggermente sotto lo sguardo della donna.
Si ritrovò a imprecare interiormente verso le stramaledette usanze del popolo. Ma perché doveva capitare tutto a lui?
-. E ho quindi sentito che le probabilità del nostro clan quest'anno di essere primi tra i clan al raduno è alta, altissima. E ho sentito però che anche il clan dei lupi grigi hanno una nuova sciamana, e che anche lei è forte.- Marco si era perso la prima parte del discorso immerso nei suoi pensieri, ma quello che aveva sentito gli fece drizzare le orecchie.
-Lo ho sentito anche io Brenn, ma sono giovane ancora per i canoni degli sciamani, di solito chi viene scelto ha almeno cento primavere alle spalle e io di certo non le ho. Sarebbe un grandissimo onore ma non posso sapere se gli dei mi sceglieranno.- Anak guardava il capo clan con un viso serio e attento. Prima desiderava l'onore di essere primo sciamano con tutto se stesso, ma ora. ora aveva cambiato idea sentendo Marco e cercando di capire il suo punto di vista.
Fiella sorrise allo sciamano, tendendogli una tazza del loro liquore di latte fermentato che marco non sopportava.
-Sono comunque sicura che tu e il don'ha sareste felicissimi di questa eventuale situazione, vero?- La voce dolce e melodiosa della donna pose quella domanda e Marco non se la sentì di negare e creare problemi davanti a Brenn e Fiella.
-Bhè, si , certo.- Marco rispose quasi sottovoce e Anak annuì a sua volta, non si poteva certo offendere il capo clan al suo fuoco!
Presto la sera finì e le lune si alzarono nel cielo.
Il liquore girò abbondante e musiche e canti riempirono l'aria sotto le due lune gemelle nel cielo. Il clan festeggiava la fine del viaggio.

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Marco cavalcava al fianco di Anak, dietro Brenn, Fiella e i suoi figli adulti.
Non aveva mai visto tanta gente assieme da quando era arrivato in quel posto, il clan contava una trentina di persone, ma li al raduno ci saranno stati circa un migliaio di uomini e donne!
Ben presto si ritrovarono circondati dal vociare di tutta quella gente e Marco voleva solo sprofondare. Guardandosi attorno però vite altri due don'ha nelle sue stesse condizioni, e si tranquillizzò. Cercando di mimetizzarsi in mezzo a quella che era arrivato a chiamare la sua gente, si ritrovò presso il focolare di Unia, la madre di Laele.
-Benvenuto Marco, mia figlia ti stava cercando, credo volesse darti qualcosa.- Quella donna rotondetta e allegra sapeva sempre metterlo a suo agio.
-Grazie Unia, la aspetterò qui.- La donna ridacchiò puntandogli contro un grosso mestolo di legno.
-Non puoi scappare dagli sguardi degli altri clan ancora per molto sai? Sei una novità esotica, qui da noi i capelli e gli occhi così chiari sono quasi sconosciuti.- Marco arrossì. Quella donna riusciva sempre a capire un sacco di cose senza che lui aprisse bocca.
-Lo so sai. Ma finchè posso ho tutte le intenzioni di nascondermi qui al tuo focolare!- Marco sorrise e la donna ridacchiando gli porse una tazza di infuso caldo dolcificato col miele.
-Io sono ben felice di averti qui con me, qualcuno che mi tiene compagnia invece di andare subito in giro a trovare gli altri clan lasciandomi tutto da fare.- La donna prese a rimescolare l'enorme pentola di infuso da cui tutto il clan poteva attingere e poi s sedette sulla stuoia in parte a Marco, riparando degli strappi nella tunica della figlia.
Marco si appoggiò alla parete del carro dietro di lui, rilassandosi. Il carro di Unia era verde e giallo, con tante piume blu disegnate lungo la copertura impermeabile, era molto bello e soprattutto per Marco, era in disparte rispetto alla posizione degli altri clan del raduno. La semplice presenza di quella donna dolce e materna riusciva a tranquillizzarlo e Marco sorrise.
Era bellissima quella pace.
-Don'ha!! Don'ha!- La voce di Laele gli fece aprire gli occhi e se la trovò davanti a lui, accucciata, con in mano un amuleto.
-Mi stavo addormentando sai? Dimmi perché mi cercavi Laele.- Marco sorrise al visino allegro e radioso della bimba, che gli porse l'amuleto.
-Ho un regalo per te Marco, visto che non hai neanche un amuleto te ne ho fato uno io!- Marco non aveva amuleti perché non ne aveva voluti, ma davanti al sorriso spontaneo della ragazzina non poté fare altro che annuire. Era un regalo e i regali non si rifiutavano!
-Grazie Laele.- La bambina gli si avvicinò e intrecciò nei suoi capelli alcuni anellini d'argento legati con un lungo crine nero e un anello di una strana pietra blu lucidata fino a sembrare vetro. La ciocca a cui era legato l'amuleto era sulla nuca e Marco non lo poteva vedere, ma stando a quello che aveva visto e a quello che ricordava delle lunghe spiegazioni di Anak doveva servire a difendere dalle intenzioni malvagie.
-Ecco fatto, ora anche tu hai almeno un amuleto!- La bambina rise e baciò sulla guancia Marco per poi correre via chiamando a gran voce il fratellino piccolo.
-E così hai avuto l'onore di un regalo da mia figlia! Sono pochissime le persone che possono dirlo.- La donna guardava il ragazzo biondo sorridendo, la tunica rammendata in grembo.
-Non credevo, allora è ancora più prezioso per questo. Dovrò ricambiare in qualche modo.-
La donna scosse la testa.
-No don'ha, l'unica cosa che puoi fare per Laele è continuare a essere suo amico. Da quando sei arrivato tu ha ricominciato a vivere, prima aveva visto la sua vera madre morire e non sembrava voler continuare a vedere la luce del giorno senza di lei.- Marco fissò sconvolto Unia, non era lei la vera madre? Eppure non aveva mai sentito nulla di diverso dalla bambina. Certo, Laele non chiama spesso mamma la donna, ma non aveva mai pensato a quella evenienza.
-E come è successo?- Unia sospirò.
-La mamma di Laele veniva da un altro clan ed era figlia del raduno dell'estate. Vuol dire che è nata da due don'ha durante il rito che apre le porte all'estate. Si dice che quei bambini portano fortuna o sfortuna a seconda dello spirito che è entrato in loro nel momento in cui sono stati concepiti.- Unia si interruppe portando lo sguardo verso il cielo e Marco vide lacrime brillare negli occhi della donna.  - La mamma di Laele era considerata fortunata e quando venne nel nostro clan come compagna del fratello del mio compagno tutti noi eravamo ovviamente molto felici. Ma poi, non appena Laele venne concepita il compagno di sua madre morì durante una caccia, ucciso da un orso, e la madre morì lentamente di dolore, finchè quando la piccola aveva 3 anni si spense e io mi occupai di lei. Da allora è mia figlia.- La donna si asciugò furtivamente le lacrime che le avevano rigato le guance e sorrise a Marco che era rimasto in silenzio.
-Ma da quando ci sei tu ha ricominciato a voler vivere, ed è rifiorita.-
-Grazie di avermi detto tutto questi Unia, ti prometto che cercherò di essere sempre vicino a Laele.- Marco sorrise e finì l'infuso ormai freddo nella tazza.
Anak aveva assistito a tutto quello nascosto dall'angolo del carro, e aveva sorriso nel vedere come la piccole Laele era riuscita a far fare a Marco quello che voleva. E poi quando Unia aveva raccontato la storia della bambina Anak era tornato con la memoria a quella donna stupenda che regalava a tutti il suo sorriso dolcissimo.
Fece un rumoroso passo avanti e sorrise a Marco e alla donna.
-Dobbiamo andare Marco, seguimi.- Il ragazzo annuì e si alzò. Ma chi glielo faceva fare insomma? Si incamminò dietro ad Anak, osservandolo. Camminava in modo diverso, più fiero quasi. Non sembrava neppure lui e solo ora Marco capiva cosa intendesse dire con la frase fare lo sciamano a tempo pieno. 
Si era reso che si stavano dirigendo verso il centro del raduno, e Marco faceva di tutto per non far trasparire il suo disagio. Ma la gente lo fissa, additava, e a lui non piaceva molto. No, non era vero che non gli piaceva molto. lo detestava! Se solo avesse potuto si sarebbe voltato tornando di corsa al carro di Unia. Ma non poteva. Si sentiva come circondato, preso in trappola. Anak si fermò e quasi Marco andò a sbattere contro la sua schiena. 
Anak lo guardò e lui sorrise in tralice. Appena poteva stare da solo con lo sciamano, Marco aveva deciso di dirgli tutto quello che pensava di quello stupido raduno. Tutto.
Davanti a loro c'era l'entrata coperta di pelli di una grotta e una piccola collina. Marco era sicuro non fosse completamente naturale ma non era un geologo e non avrebbe saputo dirlo con certezza.
Le pelli si spostarono ed uscì una ragazza, era una don'ha. Il corpo ricoperto da disegni rossi e i capelli lunghissimi pieni di amuleti. Marco la guardava incantato e solo una gomitata da parte di Anak lo fece voltare verso una vecchia donna uscita in quel momento seguita da altri quattro vecchi sciamani.
Era il consiglio dei cinque saggi, Anak gliene aveva parlato molto. Erano gli sciamani più vecchi e saggi di tutto il popolo, e decidevano loro tutto quello che riguardava la vita spirituale. La loro parola era legge, anche per i capi tribù. Il consiglio era composto da tre donne e due uomini, vecchi ma tutti ancora dritti e forti.
La donna che era uscita per prima aveva i capelli bianchi tagliati corti e pieni di amuleti, e le mani erano piene di anelli e bracciali. Con passo fermo e sicuro si diresse verso Anak e poggiò il palmo della mano sinistra sulla sua fronte, poi si mise davanti a Marco, che teneva gli occhi bassi evitando il su sguardo, osservandolo a lungo. Il suo sguardo era penetrante e lo metteva a disagio, lo osservava apertamente. Poi gli passò una mano tra i capelli biondi e sorrise.
-Sciamano del clan del cavallo, hai un don'ha davvero particolare! Gli dei sono stai generosi con te. Noi del consiglio abbiamo sentito molte storie, ma ora vogliamo sentire dalla tua bocca la storia tua e di questo don'ha cosi strano.- La voce della donna era bassa e leggermente roca, ma forte e decisa.
-Come tu desideri sciamana del clan del vento, capo del consiglio dei cinque saggi e voce unica degli spiriti. Sono ai tuoi ordini.- Anak diede la risposta formale e la donna sorrise. Poi guardò Marco dritto negli occhi e lui si accorse con un brivido che la donna aveva gli occhi completamente bianchi, era cieca.
-Don'ha del clan del cavallo, tu non sei di questo mondo e molte cose possono sembrarti strane e lontane. Ma vedo che sei fedele al tuo sciamano, sei anche tu agli ordini del consiglio dei cinque?- La vecchia fissava Marco e lui al contrario di ogni logica era sicuro che lo vedesse. Non sapeva come era possibile ma lui ne era sicuro.
-Sono agli ordini dello sciamano del clan del cavallo e del consiglio, e la mia fedeltà va al mio sciamano e al consiglio dei cinque saggi.- Marco diede la risposta formale che Anak gli aveva insegnato con un misto di soggezione che non aveva mai sentito prima. Ora non gli sembravano solo parole, sembrava che avesse fatto un giuramento.
-Bene don'ha, ricordati sempre queste tue parole. Che siate i benvenuti nel ventre della terra, e che gli spiriti benedicano voi e il vostro clan.-
Tutti e cinque gli sciamani vennero a stringere la mano a Anak e a salutare Marco. Delle altre due sciamane una aveva i capelli bianchi striati da qualche ciuffo d'ebano, legati in una treccia con pochi amuleti, e l'altra aveva la schiena curva e zoppicava, i capelli sale e pepe legati in una semplice coda e le mani senza alcune dita. Quando arrivò il turno dei due sciamani Marco rimase impressionato. Anche se dovevano essere molto vecchi i loro occhi erano lucidi e i capelli appena striati di grigio. Il primo dei due salutò Anak e Marco con un sorriso e li benedisse, ma l'altro li guardò quasi con odio, salutandoli con un cenno del capo e voltandosi subito dopo per tornare nella grotta.
Anak gli fece cenno di seguirlo e lui lo seguì all'interno della grotta.
Era enorme, e da una parte centrale si diramavano depressioni e vere e proprie stanze.
Un grande fuoco bruciava ne mezzo dell'area centrale aperta e il fumo saliva verso l'alto disperdendosi in crepe invisibili del soffitto. L'interno era buio, pieno di strane musiche e di don'ha. Ora Marco capiva perché ne aveva visti pochi in giro, erano tutti dentro la grotta.
La vecchia sciama parlò sottovoce a Anak e gli indicò il fondo della grotta, per poi allontanarsi.
-Seguimi Marco, la sciamana ci ha detto dove staremo per il tempo del raduno.- Marco si guardò attorno, ora che i suoi occhi si stavano abituando alla scarsa luce vide gli enormi dipinti sulle pareti, che raffiguravano gli animali e gli spiriti cari al popolo.
-Anak, ma perché non possiamo restare con gli altri ma dobbiamo stare qui?- 
Marco seguiva Anak stando al suo fianco, e guardandosi attorno con curiosità.
-Perché sono uno sciamano e devo fare in modo che gli spiriti amino il mio clan, e questa grotta serve a parlare con gli spiriti e a farsi benvolere. Ma non e lo ho già spiegato un sacco di volte?- Marco guardò lo sciamano con gelo.
-Magari questa volta avevi cambiato idea, questo posto non mi piace, mi sembra strano e poi mi formicola tutta la pelle.- Anak scosse la testa sconsolato.
-Ti prude perché senti la reazione alla magia del posto, ma appena ti abituerai passerà. Ora sta tranquillo e non cominciamo subito a litigare.-
-Litigare? E come poso litigare con te, visto che alla fine mi tocca sempre fare quello che vuoi?- Marco guardava in cagnesco Anak, aveva tenuto la voce bassa, poco più di un sussurro, ma era chiaramente percepibile la sua rabbia. Intanto erano arrivati all'imboccatura di una grotta più piccola, era chiusa da alcuni pelli e una volta entrati videro che era più o meno stanza. L'idea di Marco che quella grotta non fosse naturale si rafforzò sempre più. La struttura interna era troppo precisa, aveva uno schema che non poteva essere naturale!
La loro stanza, Marco non riusciva a vederla in altro modo, era grande, su poco meno di metà stavano le pellicce del letto, e il resto dello spazio era già occupato dalle loro cose e da un piccolo focolare che in quel momento era acceso.
Anak entrò insieme a Marco e richiuse l'entrata alle loro spalle.
-E ora mi dici perché sei arrabbiato?- Anak guardava il suo don'ha negli occhi, le braccia incrociate sul petto.
-Per molte cose.- Marco si sentiva improvvisamente stanco. Gli occhi non erano mai stati così pesanti. Lentamente si fece cadere sulle pellicce del loro giaciglio e si prese la testa che improvvisamente era preda da una potente emicrania tra le mani.
-Cosa hai?- La voce di Anak gli arrivava come lontana, ovattata, Marco alzò lo sguardo e svenne.



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