Demoni

parte V

di Lara


Cavalcavano verso sud spostandosi come era solito il popolo, muovendosi lentamente, come i loro bestiami, fermandosi ogni tanto per qualche giorno in un punto particolarmente buono.
Non montavano mai le grandi tende che erano le loro case, ma dormivano e mangiavano dentro dei carri coperti che trasportavano anche i loro averi.
Di solito i carri erano guidati da coloro che non potevano aiutare con le mandrie, bambini, vecchi, donne incinte o malati. Tutte le altre persone collaboravano allo spostamento di quella enorme massa fatta di cavalli, mucche e qualche pecora.
Le mucche del popolo erano diverse da quelle cui Marco era abituato. Erano più massicce e cattive, con il pelo lungo. Sembravano incroci tra un orso e una mucca più che altro.
Marco non sapeva certo come seguire del bestiame, quindi guidava uno dei carri con la roba dello sciamano.

Erano partiti da più di un mese, lasciandosi alle spalle il vecchio campo e andando incontro a bufere di vento e nevischio, lupi e altri animali selvatici.
Il loro passo era lento in modo da non lasciare nulla e nessuno indietro.
Quando la neve era troppo alta per proseguire si fermavano e aspettavano.
Marco aveva spesso la piccola Laele al suo fianco mentre guidava il carro, lei gli parlava con eccitazione del raduno, dove avrebbe ritrovato i suoi amici e parenti dagli altri clan. E gli parlava delle feste, dei balli e delle musiche.
Marco aveva capito una cosa, che le persone di un altro mondo erano rare ma conosciute li, e che avere nel proprio clan una persona del mondo dei sogni, come lo chiamavano loro, era fonte di grandissimo prestigio. E che quella persona fosse addirittura un don'ha era fonte di prosperità e di grandissima fortuna. Infatti la piccola Laele parlava con entusiasmo del fatto che Anak sarebbe stato primo sciamano e quindi avrebbe officiato con lui il grande rito degli dei.
-Che cosa intendi Laele con grande rito?- La bambina lo guardava sorridendo, gli occhi luminosi sotto il cappuccio di pelo argentato, le mani sprofondate dentro il grosso cappotto di pelle con all'interno una folta pelliccia. 
-Quando invocherete lo spirito dell'estate per chiedergli di allontanare il triste e cupo spirito dell'inverno.- Marco sorrise, il viso nascosto da un cappuccio simile a quello della bambina. Le mani che stringevano le redini erano coperte da spessi guanti ma lo stesso non vedeva l'ora di poterle scaldare davanti al fuoco.
-E cosa succede a quell'invocazione?- La bambina sorrise birichina.
-Non lo so, finchè non si diventa adulti non ti lasciano assistere, ma sento sempre i grandi che ne parlano. Ci sono due sciamani e due don'ha. Quello con più prestigio conduce la cerimonia, e quest'anno sarà sicuramente Anak, e l'altro lo assiste. Una volta però ho sbirciato- La bambina guardò Marco con complicità- Ma tu non dirlo mi raccomando, e ho visto i don'ha che si baciavano. Chissà a te chi capiterà!- La bambina sembrava felice e Marco quasi si strozzò.
-Cosa intendi con si baciavano?- Marco cominciava ad avere una teoria in merito, sopra tutto visto che Anak era sempre molto vago riguardo a quello che accadeva al raduno. Appena gli capitava sotto mano lo spremeva come un limone.
-Come fate te e Anak no?- Marco la fissò per un lungo attimo.
-E tu come fai a saperlo?- LA bambina spalancò gli occhi come se avesse compreso quello che aveva appena detto e cominciò ad arrossire.
-Io, bhè ecco. Una volta non mi avete sentito entrare e .. e .. ecco..- La bambina aveva cominciato ad arrossire sotto lo sguardo indagatore di Marco fino a diventare un peperone.
-E quando non ti avremmo sentita entrare?- Marco non era arrabbiato, ma molto imbarazzo e nascondeva il fatto dietro uno sguardo truce. Maledette tende che non si potevano chiudere a chiave.
Laele lo guardava un po' intimorita, ma alla fine sorrise e senza rispondere scese dal carro che procedeva lentamente e si diresse verso quello guidato dalla madre poco lontano lasciando Marco perso nei suoi pensieri.

Quella sera quando i carri si fermarono e i fuochi ti sterco e torba accesi
Marco si diresse a passo spedito verso Anak che arrivava in quel momento dalle mandrie. La notte bastavano poche persone a guardia che si davano il cambio in modo che nessuno si ritrovasse spesso a fare la guardia notturna alle mandrie.
Anak smontò da cavallo e vide Marco venirgli incontro. Non era mai successo in quel mese di viaggio e sorrise. Ma non appena vide l'espressione battagliera del ragazzo cominciò a pensare che non era poi così bello essere accolti al proprio ritorno.
-Anak, ti devo parlare. Subito.- Lo sciamano fissava con un'aria colpevole che non si sapeva spiegare la schiena del ragazzo che si allontanava, entrando nel caro coperto.
Lentamente, dopo aver badato al cavallo, Anak si avviò, chiedendosi cosa ancora poteva essere successo.
Il carro aveva solo un piccolo spazio libero, che di solito usavano per dormire. A quel pensiero un sorriso sfociò sulle labbra di Anak, in quel mese aveva dormito poco, ma per un'ottima ragione.
All'immagine della pelle bianca e calda di Marco sentì un brivido di anticipazione, ma non appena entrò lo vide seduto a gambe incrociate, che lo fissava.
La piccola lampada accesa dava una luminosità dorata all'angusto ambiente che in un altro momento avrebbe dato un'impressione di calore, ma lo sguardo gelido negli occhi del don'ha toglieva quell'impressione.
-Cosa è successo Marco?- Anak si sedette di fronte a lui, le ginocchia che si sfioravano.
-Oggi la piccola Laele mi ha parlato del raduno. Come fa da un bel po' tra l'altro, ma oggi mi ha detto una cosa che mi ha fatto riflettere, riguardo il rito dell'estate che scaccia l'inverno o qualcosa del genere.- Marco osservava gli occhi dello sciamano socchiudersi, e il viso farsi attento.
-E cosa ti ha detto in proposito?- Anak si sentiva guardingo, sperava che non sapesse troppe cose in merito quella bimba, ma era sveglia e furba e ormai aveva compiuto il suo sesto passaggio di stagioni.
-Mi ha parlato dello sciamano di maggior prestigio e del fatto che i don'ha dei due sciamani si bacino. E, testuali parole di Laele, lo fanno come lo facciamo noi due.- Anak scosse la testa e i capelli di seta nera filata ondeggiarono sulle spalle.
-Non è detto che lo sciamano di maggior prestigio sia io. Certo questa possibilità è grande ma sono molto giovane e sarà molto difficile che gli anziani accettino di darmi quell'onore.-
Marco non si sentiva per niente rassicurato da quella frase.
-E se invece ti danno questo. Onore. che mi succederà stavolta?- Anak ,lo fissò negli occhi violetti che mandavano scintille. Bhè era un onore! Inutile che facesse tanta ironia. Era l'onore più grande che poteva capitare ad uno sciamano e al suo don'ha! Lo sguardo del giovane sciamano si indurì. 
-E' un onore Marco, non dimenticarlo! E se io per grazia degli dei fossi scelto, tu e il don'ha dell'altro sciamano aprirete per noi le porte del mondo degli spiriti. E c'è solo un modo per farlo, lo stesso che ti ha permesso di imparare a darmi l'energia che solo tu puoi incanalare.- Marco digrignò i denti furioso.
-ONORE? Ma ti rendi conto? Ho ingoiato il fatto di essere di nuovo scarabocchiato, ho accettato di andare in giro nudo, ma questo non puoi chiedermelo! Non sono una puttana che va con quelli che vuoi tu perché ti serve. Che si cerchino un altro sciamano, io non lo farò! MAI! Capito? Razza di mondo di merda, ma che devo fare io per tornare a casa?- Senza aspettare  la risposta di Anak Marco lo scavalcò uscendo dal carro e facendovi entrare una folata di aria gelida nello spostare la coperture dell'entrata.

Marco si mise a camminare nel buio e nel freddo imprecando e dando calci alla neve, finchè non trovandosi ad una certa distanza dal campo alzò la voce, imprecando in tutti i modi che conosceva e picchiando i pugni per terra, finchè non ebbe più voce e le mani troppo dolenti e stanche per continuare.
A quel punto, sconfitto, si incamminò verso il campo e il carro che divideva con Anak.
Ma come faceva a dire che era un onore? Lui non riusciva a capirlo. O forse si, ma la cosa non gli piaceva. Neanche un po'.

Anak aveva guardato Marco uscire furioso e non lo aveva fermato. Era convinto che sfogarsi in qualche modo gli sarebbe servito. Scuotendo la testa uscì a mangiare e dopo tornò nel carro trovandolo ancora vuoto. Aveva detto che voleva tornare a casa, e non poteva dargli torto. Anak si chiese come si sarebbe sentito lui al posto di Marco. E si rese conto che la nostalgia lo avrebbe ucciso.

Marco entrò nel carro senza una parola, non rivolse neppure lo sguardo ad Anak che si trovava già sotto le pellicce. Marco si spogliò e vi si infilò a sua volta, cercando di stare il più lontano possibile dallo sciamano.
Quando sentì una sua mano sulla spalla la spostò e sibilò con tutto il veleno che aveva in corpo.
-Non toccarmi, è meglio per te.- Anak ritrasse la mano lentamente.
-Che cosa hai deciso?-
-Mi ordinerai di farlo?- Anak scosse la testa, ma ricordandosi che era voltato e non poteva vederlo rispose a parole.
-Se sarà necessario si.- Marco rise. Era una risata bassa e amara, mista a lacrime e rabbia.
-Sarà necessario, te lo assicuro.- Marco tremò al ricordo dell'unica volta, quando il vecchio gli aveva dato un ordine e lui aveva cercato di non farlo.

****
Il vecchio sciamano lo fissava, gli occhi parevano di brace nel buio della notte senza stelle.
-Marco spogliati ed entra in quella grotta, te lo ordino.- Le parole del vecchio gli fecero scorrere un brivido lungo la schiena. Ma lui non sarebbe mai entrato in quel buco scuro, non avrebbe lasciato che il vecchio ce lo chiudesse dentro. Lo guardò con aria di sfida.
-No io..- Non riuscì a finire la frase che un dolore fortissimo lo fece crollare a terra, urlando. Il vecchio lo lasciò urlare tranquillamente mentre spiegava che la magia che legava don'ha a sciamano non gli permetteva di non ubbidire ad un ordine, e che quella era la punizione degli dei. 
Alla fine Marco accettò, e nel momento in cui disse si tutto il dolore passò come se non ci fosse mai stato.

****
Anak lo vide tremare e capì a che stava pensando. Lui non aveva mai visto gli effetti di un rifiuto di un don'ha. Ma da quello che aveva saputo dire che era doloroso era un eufemismo.
-Marco, non costringermi ad ordinartelo se sarò scelto. Cerca di capire, tanto non ti ricorderai di nulla.- Il ragazzo si voltò verso lo sciamano.
-E perché non cerchi di capire tu per una volta? Credi che io sia contento al pensiero di quello che succede se io rifiuto un tuo ordine? E tu dici che essere un don'ha è un onore. E' una fregatura! Se tu mi dai un ordine devo obbedire, non posso fare quello che voglio. Da dove vengo questa situazione si potrebbe chiamare schiavitù sai?- Anak fissava quel volto a lui così caro e sospirò.
-Io.. Ti capisco. Ma è mio dovere. Il benessere del popolo viene prima del mio. O del tuo. Essere sciamano e don'ha può essere quella che tu chiami fregatura, ma da noi dipendono il benessere di tutti, lo vuoi capire?- 
Voleva che capisse, lo voleva con tutto se stesso. Non voleva essere costretto ad ordinargli una cosa simile.
-Perché io? Che cosa ho di così speciale che i tuoi dei mi hanno portato in questo posto? Perché io??- Marco con quelle parole tuffò la testa sotto le pellicce e pianse piano. Quando sentì le braccia di Anak che lo circondavano gli disse senza tante cerimonie di togliersi di mezzo, e si voltò, lasciando Anak in parte a lui. Ma come se si fossero trovati a miglia di distanza l'uno dall'altro.


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Con i giorni Anak e Marco ripresero a parlare tranquillamente, finchè dopo altri due mesi di viaggio verso sud Marco si accorse che era da un po' che non vedeva più la neve, e che in lontananza si vedeva il verde più scuro di una foresta e l'ombra violacea di monti lontani.
Anak cavalcava in parte al carro, mentre Marco lo guidava fischiettando allegramente. Aveva ancora parlato con Anak alcuni giorni prima e avevano sistemato le cose.
Se non c'era altra scelta Marco lo avrebbe fatto, in ogni modo Anak avrebbe fatto tutto il possibile per non essere scelto. Era quanto di più era riuscito ad ottenere, ed in un certo senso ora era molto più felice. Le giornate si erano allungate e il sole al tramonto era rosso ed enorme. Marco si stiracchiò sul cassone del carro mentre si guardava attorno. Ora non era più piatta la terra ma leggere colline e ondulazioni del terreno la rendevano più varia. Qualche albero sparso si vedeva e c'erano molti torrenti ora che attraversavano gorgogliando la distesa verde e gialla d'erba e arbusti.

Con l'arrivo della sera il popolo come di consuetudine si fermò per riposare e mangiare.
-Marco, ci fermeremo per tre o quattro giorni, prepara la roba. Ci vediamo dopo!- Con quelle parole Anak si allontanò al piccolo trotto verso il capo clan, Brenn.
Scuotendo le spalle il ragazzo biondo scese dal carro, liberò i due cavalli dalle stanghe e diede loro acqua e molte coccole. Poi li impastoiò e cominciò a svuotare un po' il carro, liberando un po' lo spazio interno. 
Senza che se ne accorgesse il tempo passò in fretta e quando finì di mettere a posto era già ora di cena.
Vide la piccola Laele e il fratellino venirgli incontro chiamandolo per la cena.
-Marco Marcoooo!! La cena è pronta! La zia ha fatto la zuppa!- La bimba saltellava felice attorno al ragazzo che sorrise. Ripensando alle prime volte che la aveva mangiata quasi rise. La zuppa della zia di Laele era famosa, ma a lui non era mai piaciuta veramente. Aveva cominciato ad abituarsi a qual sapore speziato e molto forte solo di recente, ma tutti avevano creduto che gli piacesse e lui non aveva mai smentito, visto soprattutto che la donna la faceva quasi appositamente per lui.
Mentre mangiava circondato dai bambini attorno al fuoco arrivò anche Anak che prese una ciotola di zuppa e si sedete vicino a Marco.
-Quando hai finito ti devo parlare.- Marco sorrise ma non ne era molto felice. Ormai si era accorto che quel ti devo parlare non era nulla di bello. Ma quando mai gliene sarebbe andata una dritta?
-O che gioia Anak, quale altra meravigliosa notizia mi aspetta?- Ma vide lo sciamano ridacchiare e andarsene, lasciandolo spiazzato. E questo che voleva dire? Si chiese Marco.

Dopo poco lo raggiunse al loro fuoco dove Anak si stava scaldando mentre consultava i suoi strani sassi colorati che lanciava su di una pelle decorata con simboli e disegni.
Marco gli si sedette in parte osservandolo e aspettando che avesse finito, quando lo vide mettere via i sassi nel sacchetto insieme alla pelle arrotolata gli parlò.
-Che hai visto?- Anak sorrise e accarezzò il volto di Marco a poca distanza da lui.
-Non volevo vedere il futuro, solo chiedere un consiglio agli spiriti che proteggono questo viaggio.-
-Ok, ma che cavolo ti hanno detto allora?- Anak tirò fuori dalla borsa in parte a lui un grosso vaso e una piuma lunga e bianca.
-Mi hanno detto che il blu ti dona.- Marco Aprì e chiuse più volte la bocca lanciandogli sguardi assassini.
-Di già? Siamo già arrivati al raduno?- Aveva capito che intendeva ma sperava di avere più tempo. Tre mesi di viaggio erano molti, ma non gli erano bastati ad abituarsi completamente all'idea di doverlo fare. Ora che finalmente quando si guardava non vedeva più tutte quelle linee che lo mettevano in soggezione era ora di farne di nuove. 
-Manca poco. Il raduno è a due giorni di distanza e adesso ci fermiamo per prepararci al meglio. Io farò lo sciamano a tempo pieno e tu farai il mio don'ha a tempo pieno. Gli altri del clan si occuperanno di tutto il resto.
Metteranno ai carri le coperture di pelle impermeabile dipinta e ridipingeranno i carri, i cavalli saranno ornati da piume e portafortuna nuovi, e ci prepareremo al meglio per fare la nostra migliore figura, io e te compresi. Chiaro?-
-Come l'aria Anak.. Metterai anche a me perline e piume per farmi fare bella figura?- Il tono di Marco era ironico, si sentiva come un pezzo di carne in mostra al mercato e non ne era propriamente entusiasta.
-Se ci tieni tanto posso anche farlo.- Il tono di Anak era serio ma i suoi occhi brillavano di ilarità.
-Non ci provare sai a mettermi addosso piume o roba simile, o ti scordi la minima collaborazione da parte mia..- Poi Marco vide Anak ridere di gusto e gli diede una spinta che lo fece cadere con la schiena per terra, ma questo non fece altro che farlo ridere più forte.
-Dovevi vedere la tua faccia Marco! E' troppo bello sentirti ribattere!- Marco lo fissò per poi ridere a sua volta.
-E tu stronzo che non sei altro fai di tutto perché succeda vero?- 
Quando finalmente si calmarono era buio e Anak rimandò la sua opera sulla pelle di Marco all'indomani, quando la luce del giorno lo avrebbe aiutato.

La notte la passarono uno nelle braccia dell'altro, Marco aveva cercato Anak, baciandolo, e lui non si era certo fatto pregare.

La luce dell'alba svegliò lo sciamano, che lentamente aprì gli occhi, trovandosi a fissare la nuca bionda di Marco. Il ragazzo aveva il volto sotto le coperte, affondato nella spalla dell'altro. Il respiro caldo e regolare solleticava il petto di Anak, che lentamente spostò il braccio accarezzando la schiena nuda del ragazzo più esile. Ammirò la perfezione della pelle bianchissima, e lentamente risalì fino ad accarezzare i capelli biondi che si erano molto allungati, arrivandogli fino alle spalle. Lo scosse piano chiamandolo, ma l'unica reazione di Marco fu seppellirsi più profondamente nelle pellicce stringendosi di più ad Anak. 
-Marco ti vuoi svegliare o no? Guarda che è tardi razza di ghiro!- 
Lentamente la testa del don'ha fece capolino tra le pellicce scure e guardò  Anak con occhi annebbiati dal sonno.
-Ma ieri sera hai detto che ci fermavamo qui per tre o quattro giorni, potrò dormire un po' di più o no!? Insomma!- Anak rise alla faccia imbronciata del suo compagno e si alzò all'improvviso rovesciando Marco che era praticamente steso su di lui e lasciandolo al freddo.
-Non abbiamo tempo per poltrire, ci impiegherò tutto il giorno solo per iniziare a scarabocchiarti, come dici tu. Ora alzati e andiamo. Ah, non disturbarti a vestirti che non ti serviranno più per molto tempo!- Anak afferrò i suoi vestiti e letteralmente scappò fuori dal carro ridendo inseguito dalle parole di Marco.

Era quasi un'ora che aspetta di vedere Marco uscire dal carro e la pazienza di Anak stava terminando. Aveva già preparato quello che gli serviva per il rito di purificazione, e il tempo non era molto per prepararsi.
Stava per andare e tirarlo fuori a forza quando vide la testa bionda uscire dal carro e guardarsi attorno. Loro erano ai margini del campo e pochissima gente era li in quel momento, e i pochi erano occupati con i loro preparativi. Lentamente Marco uscì, e Anak rimase senza fiato. La pelle candida sembrava risplendere alla luce del mattino, e il corpo quasi completamente glabro sembrava delicato come cristallo. I tratti fini e squisiti, ben modellati. Con un tuffo al cuore Anak si accorse che Marco era molto dimagrito. Non era mai stato massiccio, ma ora era decisamente esile, i muscoli in evidenza, e le gambe lunghe e sottili.
Anak si impose di non pensarci o quella giornata sarebbe volata via in altre cose.
Marco gli si fermò davanti, paonazzo.
-E adesso che si fa?-
-Andiamo alla polla che forma il torrente più in là. Seguimi.- Marco tremava dal freddo e il pensiero di muoversi lo allettava moltissimo. 
Camminarono in silenzio per una decina di minuti fino ad arrivare alla polla, nell'acqua limpida nuotavano alcuni pesciolini argentei e Marco li fissò. Pensava che forse erano buoni in padella, e con un sorriso si rese conto di quanto fosse cambiato. Una volta a un pesce nell'acqua ci dava le briciole di pane, ora voleva metterselo in pancia.
-Marco, ti ricordi vero quello che è successo con il vecchio sciamano quando ti ha dipinto lui il corpo la prima volta?- Marco annuì.
-Intendi che finchè non hai finito non posso più parlare?- Anak annuì.
-Ma non solo, ricordi quello che ha fatto lui e quello che hai fatto tu?-
Marco scosse la testa infreddolito.
-Poco. Mi aveva fato bere un sacco di robe strane. Ricordo la storia del silenzio, e che non avevo freddo.-
-Adesso ti passerà, aspetta ancora un attimo. Ora ti spiego. Fino a quando non avrò finito di disegnare i simboli e le linee sul tuo corpo non solo non puoi parlare con me, ma con nessun altro. E poi se ti capita tocca solo me. Neanche per sbaglio un'altra persona ti deve sfiorare, chiaro?- Anak aveva  un'aria terribilmente seria e Marco annuì.
-Mi farai bere anche tu delle cose strane?- Anak scosse la testa.
-Non ce n'è bisogno, ora cominciamo.- Anak stese una grande pelle bianca sul terreno in riva alla polla e fece cenno a Marco di inginocchiarsi al centro mentre gli cospargeva il corpo di una crema trasparente e collosa.
Lentamente la voce di Anak prese forza mentre cantilenava una preghiere nella lingua antica. Marco sentiva il freddo svanire ma non fece domande. Lo sciamano gli fece cenno di entrare nell'acqua.
Marco entrò, seguito a ruota dallo sciamano che si era a sua volta spogliato. Lentamente, cantilenando la stana e discorde preghiera, Anak lavò Marco fino a che la crema appiccicosa non fu completamente sparita.
Ormai era quasi mezzogiorno, ma il tempo sembrava scorrere in modo diverso quel giorno, i minuti volavano rapidi portando con sé le ore.
Una volta uscito e asciutto, Marco fu fatto sedere al centro della pelle e lo sciamano iniziò lentamente i lungo lavoro di disegno sulla pelle dell'altro, partendo dalla base del collo, dove partiva la spina dorsale.
Nessuno dei due si fermò fino al tramonto, e quando gli ultimo raggi del sole stavano svanendo Anak si alzò, smise di cantare e picchiò la mano per terra tre volte, e poi altre tre.
-Ora possiamo andare a mangiare. Ricorda di non parlare e di non toccare nessuno.
Marco annuì e si alzò lentamente. Era tutto intorpidito e gli facevano male i muscoli per la lunga immobilità ma si accorse che, anche se ormai il sole era calato, non sentiva freddo.


Il lavoro di Anak continuò a quel modo per altri due giorni, fino a che anche la pianta dei piedi e i palmi delle mani non furono pieni dei segni blu scuro.
Al terzo giorno, sotto il sole allo zenit, lo sciamano completò il rito.
-Finito.- Avevano tutti e due un'aria stanchissima. Marco cercò di parlare ma dopo tre giorni di silenzio completo dovete schiarirsi la voce più volte prima di riuscirci.
-Sono diversi da quelli del vecchio, perché?- Anak lo fissò. Credeva che le prime parole di Marco sarebbero state insulti, era lieto di essersi sbagliato.
-Servono ad un altro scopo.- Marco annuì. Più volte durante quei giorni era stato tentato di parlare, di chiedere. Ma ora la sua mente era vuota. Tra l'altro stranamente in quei giorni nessuno del clan lo aveva visto. Ma se tornavano indietro all'ora di pranzo di certo li avrebbe visti. E loro avrebbero visto lui.
Marco divenne paonazzo e Anak lo guardò curioso.
-Perché sei rosso? Io ti ho già visto nudo un sacco di volte.-
-Cretino e chi se ne frega di te? Sto pensando a tutti gli altri del clan.-
Anak gli diede una pacca sulla spalla facendolo barcollare.
-Guarda che anche loro ti hanno già visto nudo..- Marco che camminava davanti allo sciamano si bloccò.
-E' vero! Ma era buio. E poi scusa, ma quanto dura questo raduno?-
-Una luna, perché?- Marco fissò l'espressione angelica dell'altro ragazzo con cattiveria.
-Tu dirmi tutte le cose insieme no è? -
Poi entrarono nel cerchio di carri del campo e Marco notò che nessuno lo guardava due volte, solo qualche bambino particolarmente piccolo e qualche vecchia che rideva sotto i baffi.
Brenn venne loro incontro, alto e massiccio, con i lunghi capelli con qualche filo bianco stretti in una lunga treccia. Gli occhi nocciola brillavano di felicità e il viso squadrato di solito truce era rischiarato da un sorriso.
-Sciamano, don'ha.. Quest'anno siamo fortunatamente tra i primi e prenderemo i posti migliori. Partiremo domani, siete pronti vero?- Il capo clan guardò con approvazione Marco e lo sciamano che annuì.
-Bene allora, domani all'alba partiamo!- Brenn si allontanò a passo veloce e Marco per la prima volta notò l'abbondanza di colori che regnava. Tutto era stato dipinto e decorato con colori allegri, ma sopra tutto predominava il blu e il disegno di un cavallo al galoppo. IL colore e lo spirito protettore del loro clan.
Laele appena vide Marco gli corse incontro e gli saltò al collo, baciandolo sulla guancia.
-Che bello rivederti, mi sei mancato!- Marco rise e la strinse a sé per un momento. Il comportamento di tutti era invariato anche se lui era nudo, e questo lo faceva sentire a suo agio.
Lentamente tra gli ultimi preparativi si prepararono a partire. Il oro carro era stato decorato di svariate tonalità di blu, e sulla pelle impermeabile erano state disegnate cavalli al galoppo e arabeschi. Ritornando sempre di notte non lo aveva notato, ma era davvero bello! Tutti i loro cavalli avevano nuovi amuleti alla criniera e i finimenti erano tutti stati tirati a lucido talmente bene da sembrare nuovi.
Anak cominciò a tirare fuori abiti che marco non aveva mai visto, e intrecciò nei capelli alcuni amuleti fatti di pietre semi preziose e cuoio colorato. Laele era rimasta con loro due tutto il pomeriggio, aiutando a pulire oggetti strani che Marco non aveva mai visto e facendoli impazzire con le sue domande.
Una volta calato il tramonto lentamente il campo si fece silenzioso, preparandosi alla partenza del giorno dopo.

-Sai una cosa sulla piccola Laele Marco? - Il ragazzo biondo si sciolse dall'abbraccio e si mise seduto sulle pellicce.
-Cosa? - Lo sciamano sorrise.
-Credo che quella bambina potrebbe essere un'ottima sciamana o un'ottima guaritrice, a seconda di quello che dicono gli dei. Quando le farò il rito del passaggio lo vedrò.- Marco annuì. Anche lui aveva visto che era particolarmente intelligente e che al contrario di molti altri bambini non aveva nessun timore di loro.
-E sai un'altra cosa Marco? In questo momento mi sembra proprio di volerti.- Dopo un attimo in cui gli sembrava di non afferrare appieno quello che gli aveva detto Anak, Marco rise e lo baciò per poi spostarsi.
-Mi sbagli o tu hai detto che domani dobbiamo essere in forze? Allora dormi!- Anak guardò in cagnesco il suo don'ha, per poi spostarsi e mettersi su un fianco.
-Va bene allora, Buonanotte.- Marco ridacchiò e si stese in parte allo sciamano alitandogli sul collo e sfuggendogli ogni volta che cercava di prenderlo, finchè, ridendo, anak non lo prese e lo baciò.
-Ora Marco sei mio e io non ti mollo.-
-E chi vuole essere lasciato?-
Le lune si alzavano lente nel cielo ma presto avrebbero ceduto il posto al grande sole che brillava su quella pianura.




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