Demoni parte
IV
di Lara
Un vento forte e impetuoso soffiava nella pianura spazzando l'erba alta
come un'enorme mano di gigante che cercasse di afferrare la terra.
Il grande fiume che attraversava la pianura punteggiata qua e là di
isolette verdi scorreva tranquillo, un enorme nastro verd' azzurro
cosparso di radi bianchi pizzi di schiuma.
Cadaveri sparsi per quella terra arrossata dal sangue del popolo e dei
loro nemici sembravano bambole rotte lasciate cadere da un bambino
dispettoso.
La devastazione regnava sovrana e il vento gemeva tra gli alti steli
d'erba, dando voce al dolore dei sopravvissuti.
Anak seguito da Marco si aggirava tra i feriti, curando quelli che
potevano guarire e aiutando a raggiungere gli Dei senza soffrire
ulteriormente gli altri.
Marco guardava la schiena di Anak mentre lo seguiva portando la borsa
degli unguenti del giovane sciamano.
Era bassa, piegata e stanca, ma come non capirlo?
Marco tornò con la mente agli avvenimenti di quei giorni.
****
I guerrieri lottavano con le spade e le lance, cavalcando selvaggi i
cavalli della prateria, selvaggi e fieri come i loro padroni.
Ma la vera battaglia era tra gli sciamani. Solo chi avesse saputo invocare
la magia più potente a favore dei suoi guerrieri avrebbe vinto. Ma Anak
era solo contro tre sciamani più vecchi e saggi di lui. Conoscevano più
astuzie ma non erano forti come lui, ne era sicuro.
Passò tre giorni e due notti evocando mostri e incantesimi, illusioni e
realtà. Marco era sprofondato nello stato di semi incoscienza che gli
permetteva di aiutare lo sciamano e non si rendeva conto del passare del
tempo. Però seguiva gli eventi come in un film, mentre sembrava vedere
tutto da un punto non precisato al di fuori del suo corpo.
Alla fine Anak aveva fato quello che non avrebbe mai voluto fare, evocare
uno dei loro dei demoni minori.
L'evocazione, lunga e complessa, era costata la vita di molti uomini
coraggiosi, ma alla fine l'enorme demone, nero e rosso, aveva fatto la sua
comparsa falciando prima gli sciamani e poi i guerrieri nemici, portando
tra le loro fila morte e distruzione. Mantenere il controllo di quel
demone dalle forme animalesche era quasi costato la vita ad entrambi, e il
rimandarlo da dove era venuto era stata un'impresa che li aveva
decisamente sfiniti.
Avevano riposato neppure un'ora e già Anak aveva cominciato a girare tra
i sopravvissuti curando, e sopratutto ridando fiducia e speranza alla sua
gente.
Avevano si vinto, ma era una vittoria amara, punteggiata di lutti e
dolore, per la quale nessuno era propenso a festeggiare.
****
Il giovane sciamano aveva perso anche la forza di piangere davanti a tanta
disperazione e morte, avevano vinto ma si sentiva sconfitto.
Anak inciampò davanti a lui e Marco lo afferrò per un braccio
impedendogli di cadere.
-Siediti cinque minuti, se ti ammazzi adesso di fatica non potrai certo
aiutarli in futuro. Ci sono un sacco di persone che possono aiutarti e lo
stanno facendo, non saranno cinque minuti a cambiare qualcosa!- Non lo
avrebbe ammesso neppure sotto tortura ma Marco era preoccupato per Anak.
Non sapeva assolutamente cosa fare per aiutarlo, ma si era ritrovato più
volte a sorreggerlo mentre camminava. Se lui era svuotato chissà come si
sentiva Anak.
Poi gli venne in mente che se lo sciamano non avesse usato l'energia che
lui gli passava per un incantesimo di certo lo avrebbe ristorato!
Lentamente chiuse gli occhi e con una stanchezza che non aveva mai
sentito, combattendo contro il sonno, raggiunse lo stato di trance e fece
lentamente fluire l'energia verso lo sciamano.
-Smettila immediatamente!- Una sberla lo raggiunse in pieno volto,
talmente forte da fargli lacrimare gli occhi. Anak era in piedi sopra di
lui che lo fissava con occhi di fuoco, la stanchezza svanita.
Marco non aveva neppure la forza di alzarsi e si limitò a fissarlo con
occhi di fuoco.
-Ma che cazzo ti prende deficiente? Io ti aiuto e tu mi prendi a sberle?-
Anak scosse la testa, infuriato. Era più alto di Marco di una bella
spanna quando erano in piedi tutti e due, ma così lo troneggiava
completamente.
-Sei pazzo e non ti rendi conto o non lo sai.. Non ti sei accorto che se
mi dai le energie in questo modo non attingi a quello che ti sta attorno
ma da te stesso? Avresti finito con l'ucciderti stolto!- Marco fissava lo
sciamo stralunato, ma di che parlava? Si era stanco, stanchissimo. Ma
quello ?
-Spiegati invece di sbraitarmi contro, almeno stai meglio no?- Anak si
sedette a gambe incrociate davanti al suo don'ha e scosse la testa.
-Grazie ma non farlo mai più. Se usi l'energia per ripristinare la mia
non usi quella della vita attorno a te ma della tua vita! E' la regola, la
forza dell'uomo può essere ripristinata solo da un altro uomo. Se non ti
fermavo ti saresti prosciugato senza rendertene conto. E saresti morto.-
Marco spalancò gli occhi, incredulo e spaventato.
-Ho capito. Scusami.- Anak sorrise, era la prima volta che Marco
capitolava e chiedeva scusa. Senza pensarci lo baciò a fior di labbra e
si alzò dal terreno coperto d'erba.
-Andiamo ora, ci sono un sacco di persone che hanno bisogno di noi
ancora.- Anak tese la mano a Marco che la afferrò per alzarsi e si rimise
in spalla la borsa degli unguenti.
-.Anak? La prossima volta che mi baci a tradimento ti concio per le feste,
ma adesso sono troppo stanco.- Lo sciamano sorrise ma non rispose,
riprendendo a camminare tra i sopravvissuti.
Erano passate due settimane dalla battaglia. Il popolo si era ripreso
molto meglio del previsto. I morti erano molto meno numerosi quello che
sembrava e i feriti si stavano riprendendo in fretta.
La gente salutava Marco e Anak con ancor maggior rispetto di prima, e
aveva organizzato una festa della vittoria con le spoglie del campo
nemico. Con i loro bestiami e le loro greggi ora erano ancora più ricchi,
e al raduno dei clan del popolo avrebbero avuto un prestigio migliore del
solito.
Marco stava raccontando storie del suo mondo ad un pubblico di bambini
attenti, sotto un grande albero in riva al fiume, poco lontano dal margine
del campo.
Faceva fresco, ma non era ancora arrivato il vero freddo invernale secco e
gelido che caratterizzava quelle terre.
Ed era ancora piacevole stare al sole, che ancora possedeva un lieve
tepore in grado di scaldare.
Vide arrivare Anak ma continuò raccontando la sua storia di fatta di
aerei e treni, guerre e viaggi sulla luna. Non sapeva se quei bambini
veramente credevano a quello che lui raccontava, ma il sua aspetto così
estraneo al loro di certo dava un'impronta esotica ai suoi racconti.
La Prima volta che un bambino piccolo gli aveva tirato i capelli dicendo
che erano gialli ci era rimasto male. Ma lui era così diverso da
tutti loro.
Il popolo aveva la carnagione olivastra e i capelli scuri, dal bruno al
nero più lucido. Gli occhi erano raramente chiari, di solito erano
nocciola o neri. Aveva visto solo Anak e il vecchio sciamano con gli occhi
chiari. Anak si sedette al bordo del cerchio di bambini che si era formato
attorno al suo don'ha ascoltando la storia che stava raccontando e
rendendosi dolorosamente conto di quanta nostalgia provasse nei confronti
del suo mondo.
Il mondo da cui proveniva era così diverso. Non c'era la magia, non
c'erano le lune gemelle nel cielo, l'uomo viveva in quelle che chiamavano
città e non sotto il cielo.
Guardandolo Anak si perse negli occhi di quel colore così strano e ricco,
che cambiava a seconda dell'umore.
La storia fini e i bambini ne chiesero a gran voce un'altra, ma Marco
guardò Anak e scosse la testa.
-Sarà per un'altra volta ora ho da fare, va bene?-
Una bambina di circa cinque anni con il fratellino per mano tirò la
manica della giubba a Marco per attirare la sua attenzione.
-Don'ha? Ma perché nel tuo mondo non ci sono gli sciamani?- Marco guardò
la bambina, si chiamava Laele e di solito era molto silenziosa e attenta.
Una volta la aveva sentita ripetere quasi parola per parola una sua storia
al fratellino piccolo che non era venuto ad ascoltarlo e ne era rimasto
impressionato.
-Laele, il mio mondo non ha bisogno degli sciamani. Non ci sono magie da
controllare, o almeno non più.- La bambina lo guardava seria, i grandi
occhi d'onice spalancati. All'improvviso gli saltò al collo e gli diede
un bacio sulla guancia.
-Ho deciso che sarò madre dei tuoi figli don'ha, così sarai un po' meno
triste!- e scappò via.
Marco rimase perplesso a guardare la bambina correre verso le tende
seguita dal fratellino. Anak ridacchiava sommessamente alla faccia
che aveva Marco in quel momento.
Spesso dimenticava che non era nato nel popolo e che non conosceva i loro
usi, doveva almeno avvertirlo riguardo Laele.
E poi era venuto a parlargli di una cosa importante. Forse non se lo
sarebbe mangiato vivo a sapere quello che gli stava per dire. Forse.
Lanciò una preghiera silenziosa agli dei e mise una mano sulla spalla di
Marco.
-Hai fatto conquiste vedo. La piccola Laele vuole avere figli da te.-
Marco lo fissò senza parlare. Ma Anak scoppiò a ridere divertito.
-E' inutile che mi guardi così, quando una donna del popolo decide, nulla
le fa cambiare idea! Appena la piccola sarà abbastanza grande non
riuscirai a scapparle!-
-Stai scherzando vero? Io mica voglio sposarmela e fare il papà!- Marco
aveva cominciato a camminare lungo il fiume con Anak in parte a lui. Il
sole era verso la fine del suo viaggio nel cielo e dava una luce purpurea
al paesaggio.
-Non te la devi sposare, ne fare il papà. Solo sarai quello che lei ha
scelto come fonte di vita per i suoi figli! Il compagno di una donna non
è detto che sia il padre dei suoi figli, o non di tutti almeno!- Marco
scuoteva la testa incredulo. Erano tutti matti in quel posto.
-Di che cosa mi vuoi parlare che preferisci stare lontano dal campo per
non farti sentire Anak?- Lo sciamano si sentì arrossire. Lo aveva
beccato.
-Ti ho detto che c'è il raduno dei clan all'inizio della primavera,
giusto?- Marco annui.
-Si, me lo hai detto, che altro c'è di così terribile? Un'altra guerra?-
Anak incontrò lo sguardo del suo don'ha, non prometteva nulla di buono.
Accidenti, perché non era nato nel suo mondo? Cose normali ed ovvie per
il suo popolo parevano avere un effetto spaventoso su Marco. Sapeva che
alla fine avrebbe fatto quello che gli diceva, che aveva capito cosa
significava essere don'ha. Ma questo non toglieva il triste capitolo del
litigio in cui riusciva sempre a farlo sentire in colpa. Anche se non
sapeva il perché.
Era la tradizione e non ci aveva mai trovato nulla di strano o malvagio,
glielo avrebbe spiegato così come stavano le cose. E avrebbe avuto
davanti lunghi e gelidi mesi di recriminazioni, lui e Marco praticamente
sempre nella tenda a causa del freddo. Con un sospiro pensò che quello
sarebbe stato l'inverno più lungo della sua vita.
-E' una storia lunga, Don'ha. Non interrompermi.- Marco sapeva che quando
non lo chiamava per nome ma in quel modo era una cosa seria e per lui mica
tanto simpatica. Si sedette su un masso mentre Anak lo guardava.
-Prometto di non interromperti, ora parla e dimmi tutto. Però non
prometto di stare zitto alla fine del discorso.- Marco si mise comodo
aspettando quella che prevedeva essere una faccenda poco gradevole.
Anak alla fine si stancò di passeggiare avanti e indietro e con aria
sicura si fermò davanti al ragazzo biondo.
-Ti ho già detto che alla fine dell'inverno, prima che la primavera
sbocci in tutta la sua bellezza, il popolo tiene un raduno di tutti i
clan. Ora, il prestigio di un clan oltre che essere decretato dalla
quantità di bestiame e dal prestigio dei singoli componenti, viene
decretato anche dal potere del suo sciamano e quindi del don'ha. In
pratica tutti gli sciamani con i loro don'ha e eventuali apprendisti
passato quasi tutto il tempo del raduno nella grotta ai margini del campo,
a fare cerimonie e a parlare con gli spiriti e gli dei interrogandoli sul
futuro del popolo e chiamando la fortuna. Di solito uno sciamano del
popolo è una persona retta e saggia, ma non siamo, purtroppo, tutti
così. Tu sai che un don'ha deve fedeltà assoluta al suo sciamano anche
se commette atti ignobili, e il raduno serve anche al consiglio dei 5
saggi per capire se uno sciamano si è corrotto attraverso il suo don'ha.
Quindi, ecco. Per capirlo c'è un solo modo. O almeno ecco.- Anak si
interruppe guardando Marco. Non aveva aperto bocca. Ma almeno fino a quel
momento non aveva ragioni per interromperlo, era adesso che veniva il
problema. Anak diede uno sguardo rapido ai segni che stavano svanendo
sulla pelle del ragazzo e tremò interiormente.
-Vedi Marco, devo ridipingerti i simboli lungo il corpo e perché possano
sempre essere sotto gli occhi di tutti tu. io. ecco.. tu dovresti ecco.-
Ma perché non riusciva a dirlo? Era normalissimo! Quando era apprendista
aveva spesso visto la don'ha del vecchio e i don'ha degli altri girare
tranquillamente nudi nei raduni, e tutti portavano loro grande rispetto.
-Perché i simboli si modificano da soli a seconda del mio comportamento,
quindi perché si possa vedere dovresti mostrarli sempre, completamente.-
Aveva finito, lo aveva detto.
Fissò Marco negli occhi, e vi lesse sconcerto. Ma anche una buona dose di
rabbia.
-E io quindi sarei il termometro delle tue azioni?- Marco quasi gridava.
Anak non sapeva cosa era un termometro, ma non gli interessava moltissimo
in quel momento.
-Io dovrei di nuovo farmi disegnare addosso quelle righe odiose che tra
l'altro stanno andando via solo ora, e andare in giro nudo perché tutti
vedano come sei bravo??!!? Ma siamo impazziti! Non se ne parla neanche.-
Marco era in piedi e fissava negli occhi lo sciamano che però non
distolse lo sguardo.
-Infatti come don'ha e sciamano non ne parleremo più. Sarà fatto e
basta.
Sai benissimo che è tuo dovere.- Marco lo guardava con gli occhi pieni di
rabbia. Quando gli diceva le cose in quel modo non poteva assolutamente
dirgli no. Una volta lo aveva fatto quando era rimasto per tre mesi con il
vecchio e aveva sentito come se le ossa si sbriciolassero nel corpo. Non
era una cosa che volevano gli sciamani ma era parte della magia che li
legava.
In pratica se Anak come sciamano gli ordinava di fare una cosa lui come
don'ha non poteva rifiutarsi. E allo stesso modo Anak non avrebbe mai
potuto fargli volontariamente del male a prezzo della morte piene di
sofferenza data da quel legame. Una fregatura insomma.
Marco strinse i pugni più volte, cercando di calmarsi almeno un po'.
-Come tu ordini sciamano.- La voce era fredda e tagliente, e Anak se ne
dispiacque.
-Ma come Marco puoi dirmi tutto quello che vuoi. Hai un inverno davanti
per farmela pagare.- Marco si bloccò a quelle parole. Sentì la rabbia
dissolversi lasciando solo un senso di frustrazione come un nodo infondo
allo stomaco.
-Sei un vero bastardo lo sai?- Ma in quelle parole non c'erano nè odio nè
rabbia e Anak sorrise.
-Grazie dei complimenti, torniamo al campo che oramai il sole sta
tramontando?- Marco annuì e si incamminò di fianco allo sciamano.
Erano passati tre mesi da quando Avevano avuto la loro piccola
discussione, e con l'andare del tempo Marco aveva anche smesso di
fare di tutto per farlo sentire in colpa e aveva cominciato, con molto
più entusiasmo di quanto Anak avrebbe creduto possibile, a imparare da
lui l'arte della guarigione.
Le morti e la sofferenza che aveva visto avevano segnato Marco a fondo.
Quindi aveva deciso che avrebbe fatto di tutto per non vedere più nessuno
morire, applicandosi agli insegnamenti di Anak e scoprendo una cosa
inaspettata, gli piacevano.
Conoscere le erbe e semplici rimedi non gli bastava più, ed era felice di
imparare come non lo era mai stato. Anche nelle giornate più fredde e
gelide, usciva portandosi dietro Anak perché gli mostrasse le piante di
quella stagione.
Salvo poi, una volta tornati nella tenda calda correre accanto al fuoco
maledicendo il freddo e borbottando.
Anak era felice di questo suo entusiasmo, sopra tutto perché gli sembrava
che nell'ultimo periodo fosse come spento. Spesso lo vedeva con lo sguardo
fisso nelle fiamme del fuoco e raccontava raramente storie del suo mondo
ai piccoli che sfidavano il tempo entrando nella loro tenda.
Preferiva raccontare loro storie di fantasia che comunque suonavano
esotiche ai loro orecchi.
Solo la piccola Laele veniva quasi tutti i giorni e gli si sedeva accanto
o in braccio accarezzandogli i capelli.
Quella sera i bambini erano già andati via tutti e rimaneva solo Laele in
braccio a Marco che si era addormentata.
-Svegliala Marco, deve tornare a casa o sua madre si preoccuperà.- Marco
annui e scosse con dolcezza la bambina che aprì gli occhi assonnati.
-Scusami don'ha! Non volevo addormentarmi!- Marco sorrise e le tirò la
treccia.
-Ti perdono solo se vai di corsa a casa che se no tua mamma si preoccupa
Laele, affare fatto?- La bambina annuì e si alzò guardando dritto in
faccia lo sciamano.
-Io vado, ma tu vedi di fare più coccole al tuo don'ha che secondo me è
triste!- Laele fece una linguaccia a tutti e due e uscì di corsa dalla
tenda, lasciando i due ragazzi a guardarsi perplessi. Poi Marco si mise a
ridere come non faceva da troppo tempo.
Il fiato cominciava a mancargli e le lacrime presero a scorrere dagli
occhi pieni di ilarità, si premeva la pancia e annaspava alla ricerca
d'aria.
Era semplicemente bellissimo si ritrovò a pensare Anak. E lentamente gli
si avvicinò, inginocchiandosi dietro di lui e mettendogli le mani sulle
spalle.
Marco continuava a ridacchiare ma un po' si era calmato. Sentiva le mani
di Anak sulle spalle ed un fremito gli corse lungo la schiena.
Molte volte da allora aveva ripensato all'unica volta in cui avevano fatto
l'amore.
E ultimamente si era stupito trovandosi a pensare seriamente di ripetere
l'esperienza.
Anak aveva appoggiato il viso sul suo collo, spostando la tunica e aprendo
con le mani i lacci della tunica. Marco non disse nulla e Anak lentamente
lo spogliò, ammirando quella pelle ora senza nessun segno. Era bianca e
perfetta, lentamente passò un dito sulla colonna vertebrale, dal colo fin
giù, dove le sfere dei glutei si toccavano.
Marco sentì un brivido e appoggiò la testa sul petto dietro di lui. Più
di una volta Anak aveva provato a convincerlo ma lui gli aveva sempre
detto chiaro e tondo che non aveva intenzione di ripetere l'esperienza.
Bhè, si poteva cambiare idea nella vita o no?
Anak era al settimo cielo.
Lentamente lo fece alzare assieme a lui e lo baciò con passione. Le loro
lingue danzarono assieme e lottavano per avere il predominio, ma alla fine
fu Anak a vincere. Senza staccare le labbra da quelle di Marco sciolse i
lacci dei pantaloni facendoli cadere in un mucchio attorno alle caviglie
del ragazzo, che ne uscì con un passo.
Lentamente Anak si staccò, ammirando il corpo bianco e perfetto di Marco.
Con lentezza accarezzò ogni centimetro di pelle fermandosi sui capezzoli
e sentendo un ansito di piacere provenire dal suo don'ha.
Raggiunte le pellicce lo fece sdraiare e si spogliò rapidamente.
Marco tremava di piacere sotto quelle mani che sembravano non dargli mai
tregua, la bocca di Anak lo stava facendo impazzire, succhiando
leggermente per poi lasciarlo solo. Quando gli aveva preso la testa
cercando di fargli capire il suo bisogno si era ritrovato con i polsi
lungo i fianchi inchiodati dal peso dell'altro ragazzo e la tortura era
ricominciata.
Marco muoveva i fianchi cercando di trovare sfogo al piacere ora talmente
intenso da essere doloroso, ma Anak non gli dava tregua, portando Marco a
gridare invocando il suo nome quando, finalmente, si svuotò nella bocca
dell'altro che bevve avidamente l'aspro succo.
-Come va?- La voce di Anak era spessa, sensuale e Marco sentì un nuovo
brivido corrergli lungo la schiena.
-Come ti pare vada?- Con quella domanda Marco baciò lo sciamano che
abbandonò la presa sui polsi per stringerlo e passare i palmi aperti
sulla schiena del compagno, assaporando la pelle morbida e liscia. Con
gentilezza lo fece voltare e iniziò a esplorare con la lingua lo stretto
passaggio, inumidendolo.
Lenti mugolii di piacere uscirono soffocati dalle pellicce, mentre con una
mano Anak si prendeva cura del sesso dell'altro.
Senza preavviso Marco si trovò impalato dal sesso del compagno, affondato
completamente nelle sue carni, e non riuscì a trattenere un grido.
Ma la mano che continuava a massaggiare il suo sesso lo distrasse dal
dolore.
Con delicatezza Anak cominciò a muoversi finchè non sentendo i gemiti di
piacere del compagno cominciò a muoversi con maggior forza e velocità.
Finchè non seppe più trattenersi e venne nell'orgasmo più violento
della sua vita, sentendo la propria mano riempirsi del seme di Marco.
Si pulì la mano in un pezzo di stoffa che era vicino a lui e la
appallottolò lanciandola nel fuoco.
-Ti decidi ad uscire Anak?- Marco era schiacciato dal peso del compagno e
il sesso di lui che ancora mordeva le sue carni cominciava a dare
decisamente fastidio.
-Io sto comodo così.- La voce dello sciamano era a dir poco maliziosa e
Marco ridacchiò.
-Bhè, tu magari stai comodo ma io no, quindi esci e spostati!- Anche lo
sciamano si mise a ridere e con un movimento fluido liberò Marco.
-Peccato, era un bel posticino caldo quello.- Anak si stiracchiò per poi
alzarsi e sistemare il fuoco per la notte.
-Sai una cosa che mi sono dimenticato di dirti Marco?- Il ragazzo fissava
assonnato lo sciamano che si era sdraiato accanto a lui, e dopo essersi
accoccolato tra le sue braccia rispose.
-E cosa ti saresti scordato di dirmi?- Sentì le braccia di Anak
stringerlo.
-Domattina partiamo per il raduno che è a sud, ci aspetta un mese di
viaggio.- Marco prese a dimenarsi tra le braccia del ragazzo più alto e
massiccio di lui imprecandogli contro.
-Cazzo Anak!!! E io come faccio a cavalcare domani? Sei proprio un
bastardo.-
Anak ridacchiò e sentì il suo don'ha calmasi tra le sue braccia.
-Lo so Marco, ma se te lo dicevo prima mica facevamo quello che abbiamo
fatto, o sbaglio?-
Marco non rispose neppure, e la risata soddisfatta di Anak lo accompagnò
nel sonno.
FINE 4° CAPITOLO
Lara
PS: tra le 4 stelline ci sono i Fash back... OK?^_^
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