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usiamo meglio avete sbagliato mailing list!!!
(attenzione! Per chi non sapesse l'inglese,
delusion significa illusione e non delusione!)
Delusion of your heart
di Unmei e Seilenes
Parte 1/?
Prologo
Marron alzò gli occhi verso l'ampia mole che limitava il suo sguardo,
grigia contro il cielo grigio.
Erano in caccia.
Sempre mandati in cerca di sorcerers particolarmente malvagi, i Sorcerer
Hunters quella volta erano stati inviati da Big Mama in una zona dove uno di
loro stava compiendo efferati crimini, tanto gravi da essere già stato
abbandonato perfino dai suoi simili.
Tuttavia, il suo potere era così grande che la sua casa (un eufemismo, per
definire l'edificio assurdo che si presentava davanti ai loro occhi) e le
sue proprietà erano intatte, e anche se non si sapeva dove fosse i personer
entro molte miglia pregavano perché la disgrazia non li raggiungesse, ma
passasse con le sue ali oscure sopra i loro tetti senza fare alcun danno.
Fino a qualche tempo prima avevano offerto giovani vergini in sacrificio per
lui, ogni anno, finché dopo un po' "...lui aveva detto che non c'era
nulla per cui sacrificare, e che di quello che facevano con le loro vergini
non gliene poteva interessare di meno, tanto avrebbe comunque preso le sue
prede quando e dove gli andava."
E così aveva fatto.
Big Mama aveva affidato loro specificamente quest'incarico, sperando che
potessero trovarlo e bloccarlo.
All'inizio, era sembrato un lavoro pericoloso, ma di routine. Si era invece
trasformato in una caccia al sorcerer senza dati, nulla che li aiutasse o li
dirigesse, se non quella casa come epicentro del male e di un potere al
contempo confuso eppure illimitato. Avevano quindi deciso di controllare che
il suo proprietario non vi si nascondesse dentro, o almeno che non
nascondesse qualche oggetto magico di estrema importanza per il suo potere,
la cui scoperta e distruzione l'avrebbero indebolito o almeno fatto
accorrere.
E dopo quanto aveva sentito, e la disperazione della povera gente, non
vedeva l'ora di poterlo fare.
Perfino i più esuberanti dei suoi compagni, Chocolat e Gatò, e anche suo
fratello, erano stranamente silenziosi.
Milphy-yu andava e veniva, lo sguardo tormentato da chissà quali segreti
nei rari momenti in cui riteneva di non essere visto.
L'edificio in cui avevano preso alloggio era un bizzarro agglomerato di
stili, mura sottili con ampie vetrate colorate che affiancavano torri di
pietre squadrate rozzamente, e che guardavano il mondo attraverso sottili,
sospettose aperture oscure.
Anche l'edera che si abbarbicava strenuamente sulle seconde, ricoprendole di
una morbida pelliccia un po' arruffata che ondeggiava al vento, restava ad
esse limitata, come comprendendo un limite invisibile fissato nello spazio.
Balconi, terrazzini e poi pareti lisce ed all'apparenza incredibilmente
scivolose.
Nell'insieme, tuttavia, quel covo risultava stranamente armonico, come se la
mano che l'aveva creato fosse in qualche modo riuscita a trasmettere in
quell'opera bizzarra anche l'amore che per essa aveva provato... che aveva
riunito in ogni singolo pezzo. O, almeno, così gli sembrava.
All'inizio erano stati incerti se entrare o meno, ma così era risultato più
semplice esplorare l'edificio... e decisamente più comodo per loro.
L'interno, come avevano avuto modo di scoprire, rispecchiava l'aspetto
esterno; stanze estremamente luminose e calde, ricoperte di morbidi tappeti
e riscaldate da ampi caminetti, davano su corridoi cupi e freddi. Saloni
gelidi e ventosi dall'ampio soffitto, abitati da piccioni e pipistrelli... e
perfino qualche corvo... portavano tramite porte secondarie talvolta
nascoste da arazzi a piccole stanze, basse e confortevoli, riscaldate a
quanto pareva da un ingegnoso sistema di tubature d'acqua calda, che però
non si estendevano alle altre stanze del palazzo. Per praticità, e visto
che ormai l'inverno stava allungando le sue gelide dita sul mondo, in
previsione di una lunga caccia avevano deciso di restare a dormire in quelle
stanze. Le sorelle Misù avevano scelto una camera assieme, gli altri
dormivano singolarmente.
Marron aveva scelto per sé una stanza un po' distaccata dalle altre... non
tanto per paura che Gatò mettesse in pratica le avances che continuava a
portargli giorno e notte, nonostante il suo continuo rifiutarlo, ma perché
portava ad una fornitissima biblioteca.
Quando gli altri preparavano la cena, o non c'era nulla da fare per lui,
andava a leggere tomi di cui perfino lui aveva fino ad allora ignorato
l'esistenza. Erano tutti scritti e ricopiati dalla stessa mano, la stessa
calligrafia forte eppure al contempo stranamente mutabile, ed indefinita...
come quella casa.
La calligrafia del sorcerer che stavano cercando.
Lo inquietava. Come quella casa.
Spesso si sentiva osservato, anche mentre stava leggendo. Riusciva a sentire
quella presenza nel libro di fronte a lui, e tutt'attorno a lui. A volte, la
sensazione di essere immerso completamente in quell'altro essere, tanto
potente, era così forte da soffocarlo.
Come avrebbe potuto fermare un essere la cui semplice aura aveva quella
forza devastante...?!
E in un paio di situazioni quella scossa era stata così forte che era
uscito quasi correndo dalla biblioteca, il respiro veloce ed il volto
arrossato, e aveva passato un po' di tempo nella sua stanza, in posizione di
meditazione, a riflettere per calmarsi, riprendere a respirare normalmente.
Non sempre ci riusciva a staccarsi completamente quella entità dalla sua
coscienza... e più la sentiva forte in sé, più la sentiva identificabile,
rintracciabile... pericolosa.
Necessaria.
***
1.
"Maaaron! Guarda che muuuscoli!!"
Mattina.
Cielo grigio, cupo di pioggia.
Gonfio e silenzioso, triste.
"Tesoruccio! Assaggia questo!"
"CHOCOLAT! Insomma!"
Colazione.
Tutto come sempre.
Marron Glacès, 17 anni, giovane Sorcerer Hunter. Alto e sottile, con lunghi
capelli scuri e carnagione pallida.
Bello, a detta dei più.
Femmineo, a detta di molti... assomigliava troppo alla madre.
Lui era... con Tira... l'unica persona seria di una compagnia di eroi... o
meglio, di quella che avrebbe dovuto essere una compagnia di eroi.
Qui crollava il palco.
I Sorcerer Hunter erano giovani cresciuti da Big Mama per combattere contro
i Sorcerer, gli stregoni che spesso per il solo fatto di avere poteri magici
gettavano le loro angherie e soprusi sulla povera gente, perlopiù
Personers, cioè incapaci ad usare la magia.
Il loro ruolo era molto importante, quindi, ed in effetti sotto stress
riuscivano a dare del loro meglio, ma appena si rilassavano anche solo un
po'...
Il biondo compagno, Gatò, cercava di spogliarsi davanti a lui - per
mostrargli i suoi muscoli, ovvio... come voleva dormire con lui di notte perché
aveva paura di Barbablù!... - più o meno con la stessa solerzia con cui
Chocolat, la maggiore delle due sorelle Misù, cercava di spogliarsi davanti
a suo fratello Carrot.
Che d'altronde sembrava essere più interessato a qualunque altra fanciulla
gli passasse davanti agli occhi.
Vista l'infanzia burrascosa che loro quattro - Tira, Chocolat, Carrot e lui
- avevano passato insieme al Villaggio, non stentava a credere che il
terrore che il fratello provava per le due sorelline Misù avesse basi ben
concrete...
Gatò, invece... sospirò.
Gatò stava di nuovo cercando di spogliarsi davanti a lui.
"Guarda questa mossa! I miei muscoli esplooodono!!"
L'aveva preso di mira la prima volta che l'aveva visto.
Aveva passato una mano, calda, sulla sua guancia, con reverenza,
leggerezza... guardandolo negli occhi, e sussurrando un complimento che non
era stato in grado di recepire, i loro visi vicinissimi... e poi aveva
iniziato a mettere in mostra il suo fisico scultoreo, con esclamazioni di
gioia ed auto-compiacimento.
Semplicemente irrecuperabile.
Gatò era un tipo vanesio e scostante, ma evidentemente il fatto di essere
assieme ogni giorno da ormai... tanto, troppo tempo gli faceva credere che
non ci fosse null'altro di meglio da fare che tormentarlo.
Sospirò, e si alzò in silenzio mentre attorno a lui regnava il caos.
Mancava solo Milphy-yu... pensò, scrollando la testa.
Si diresse silenziosamente verso la sua camera.
Non aveva fatto i conti con Gatò, però, che avvedutosi che la sua preda
stava sfuggendogli lo seguì velocemente.
Ad un tratto, si trovò chiuso tra un muro e la forma muscolosa del suo
compagno di viaggio.
"Dove pensavi di andare, Marron?" gli sussurrò a pochi millimetri
dalle labbra, il corpo premuto contro il suo... ogni... singolo...
muscolo...
Marron si sentì diventare rosso come un peperone, mentre tratteneva il
fiato...
"UUUARGH!!! LASCIAMI MALEDETTO PERVERTITO!!!" La voce giunse dal
salone dove si trovavano gli altri.
Gatò si stacco sorridendo, senza neppure voltarsi verso i rumori di rissa
provenienti dalle sue spalle.
"Devo ancora mostrarti i miei muuuscoli!!!!" urlò mettendosi di
nuovo in posa, mentre il giovane mago faceva del suo meglio per non
scivolare a terra.
"Hey, ciao Marron!" lo salutò sventolando la mano Milphy-yu,
attaccato a suo fratello che stava scappando da una infuriatissima Chocolat.
Ecco, appunto. Perfetto. Ora era veramente la fine.
---
...Rido forte, certo.
Non lo faccio sempre?
E corro dietro a Marron. Perché non dovrei? E' straordinariamente bello, e
io ho a cuore le cose belle, lo sai.
E ho a cuore ciò che come me è forte, saldo... ciò che non può essere
sconfitto.
Tu, ad esempio.
E allora, tutto ciò dove ci porta? Tu sei ancora attaccato a quella mezza
carota lessa che è l'insulso fratello di Marron, e io continuo ad esibire
al vuoto un corpo di cui non sento alcun orgoglio... se non quello nato dal
duro lavoro.
Un oggetto utile, nulla più.
Utile per combattere, per attirare gli sguardi, catalizzare l'attenzione...
e trascinarla via dal mio cuore straziato.
Prima mia sorella... scomparsa.
I miei genitori, uccisi.
Ed ora tu... tu, che corri, scappi avanti senza mai guardarmi... come se non
fossi nulla per te... solo quando siamo soli, la notte, ti stringi a me... e
allora so di essere il solo nei tuoi occhi, nella tua mente, nel tuo cuore.
Pochi attimi rubati al tuo destino di Haz Knight (credevi che non lo
sapessi, cosa sei in realtà?), pochi attimi rubati alla nostra comune
lotta.
E quando vieni dentro di me, i tuoi occhi che mi divorano con la stessa
forza bruciante del tuo corpo, so che tu sei mio... come mi stai facendo
tuo.
Buffo. Non ne avresti bisogno. Ti ho sempre amato.
...e non potrò mai dirlo.
Perciò tu continui ad appiccicarti a Carrot (perché proprio lui, mi
chiedo?
Cos'avrà mai di speciale per meritarsi le attenzioni tue e di Mama?),
mentre io mi sfogo su Marron.
Povero piccolo... penso di stare snervandolo.
A volte arriva da noi tutto rosso in viso, con chissà che pensieri in
testa...
...in fondo, anche se cerca in ogni modo di non ammetterlo, è un giovane
anche lui. Mi chiedo se per caso non vorrebbe... ...lo farei, sai? Ti
tradirei senza un sospiro di dolore... per allargare il pozzo che ho nel
cuore.
Ti tradirò senza alcuna vergogna.
E allora? Ho iniziato a stuzzicarlo tanto tempo fa, prima di conoscerti.
Perché le cose dovrebbero cambiare, ora? Tanto, per te non conta nulla
tutto ciò. E allora continuerò, e andrò fino in fondo.
Perché ciò che ho è una fame insaziabile, fame di sguardi, di attenzione.
Di calore.
Perché tu guardi solo gli altri, e il tuo sguardo è freddo.
Perché so che per te non sono altro che un rifugio nella notte, e tutta la
mia forza non è che un porto sicuro e fuggevole.
Le notti in cui non sei con me... da chi ti rifugi? Chi occupa i tuoi
pensieri? Vorrei entrarti nella pelle, e poi uscire ed entrare di nuovo fino
ad essere assuefatto di te, e tu di me.
Mi ameresti, allora? O mi lasceresti ancora senza una parola, scivolando via
nella notte come un fantasma sazio di orrori?
Rido forte.
E spero che gli altri non sentano il mio cuore che si spacca, sempre più in
profondità.
---
Quando erano arrivati in quel paese, e avevano visto che cosa dovevano
combattere, si erano resi conto che la missione che Big Mama aveva loro
affidato era molto difficile... se non quasi terribile.
Eppure, al contempo, era di tutto svago.
Il Sorcerer che stavano cercando era scomparso da mesi ormai, senza dare
alcun segno della sua presenza. Tutto ciò che di concreto avevano in mano
era la casa... la grande casa, completamente vuota se non si consideravano
tutti i comfort possibili.
Palestra.
Sauna.
Piscine.
Stalle piene di bellissimi destrieri.
E giusto per Marron... una biblioteca pressoché infinita.
Se non fosse stato per la spada di Damocle che avevano tra capo e collo,
l'avrebbero considerata certamente una vacanza. E d'altronde, non sapendo
quando di preciso quella minaccia si sarebbe realizzata... stavano
lentamente cedendo alle lusinghe di quel posto.
Chi se la stava spassando di più, era Gatò. E Milphy-yu, naturalmente.
Carrot stava ormai diventando isterico, preso tra Milphy e Chocolat, mentre
Marron non usciva praticamente più dalla biblioteca per timore di essere
messo di nuovo con le spalle al muro da Gatò. Ora che passava le mattinate
ad esercitarsi in palestra, il biondo Sorcerer Hunter era assolutamente
entusiasta, e appena poteva correva a mostrare a chiunque i progressi del
suo meraviglioso fisico. Be' non a Carrot, ovviamente.
Le due sorelle Misù ormai erano rassegnate, soprattutto Tira, perchè
Chocolat era troppo occupata a "sorvegliare il suo tesoruccio",
gelosissima di Milphy.
Dopo pranzo si trovavano però assieme nell'atrio, e nuovamente seri (per
quanto possibile...) proseguivano nella loro ricerca.
I corridioi risuonavano dei loro passi lenti, e le stanze echeggiavano dei
loro sussurri... sempre più sicuri, mano a mano che non trovavano nulla,
giorno dopo giorno.
Eppure... se il loro nemico non si faceva sentire, e la vita di tutti era
tranquilla, perchè affannarsi? Anche il senso del dovere di Marron e Milphy
stava, se non cedendo, almeno adattandosi alla peculiarità della
situazione.
Non esattamente una vacanza, ma almeno un po'...
La stanza che stavano visitando quel giorno era una specie di ampio studio,
in noce rosso. Le pareti erano ricoperte di libri dalle copertine marroni e
rosse scuro, ogni lato una libreria eccetto quello che dava sul giardino, su
cui si apriva un'ampia finestra. Il muro era di un verde smorto, che si
accostava perfettamente al legno.
Di fronte alla finestra, l'unico mobile della stanza: un'ampia scrivania con
sedia, su cui erano posati alcuni volumi e una lampada ad olio.
Per il resto, silenzio ed ombre, come sempre.
La giornata era abbastanza uggiosa di per sè, grigia ed umida, e la luce che
entrava dalla finestra era triste come quella.
Con un sospiro, Marron sfiorò con dita leggere le copertine dei libri.
Altri trattati di magia, di certo, libri di cui non aveva neppure mai
sentito parlare... il potere di quell'uomo era così forte... si trovò a
pensare a quanto sarebbe potuto essere utile, se utilizzato in altre
situazioni... di quanto tutto quel potere poteva essere piacevole, riempire
una vita...
Aprì una pagina a caso del primo dei volumi.
Nella calligrafia che aveva imparato a conoscere, in lettere contorte ed
allungate, c'erano solo poche righe.
Questo è il mio mondo ma ucciderei per poterlo abbandonare.
Questa la mia illusione, il sangue che scorre nelle mie vene.
Se potessi privarmene e vivere ancora questa stanza sarebbe già tinta del
rosso cupo di una rosa scarlatta appena recisa.
Mi muovo in corridoi che io creo ferendomi contro gli angoli perchè non so
vivere, trascinandomi avanti perchè non so morire.
Di tutti i segreti che non avrei mai dovuto conoscere, la realtà è il più
doloroso.
Non ho mai avuto paura del futuro non ho mai ricevuto rimorsi dal passato
tutto ciò che c'è è il mio comando, ora.
Niente ricordi, speranze, nessuno che distrugga con un gesto questi specchi.
La conoscenza mi ha spinto oltre ogni limite e non c'è altro attorno che
nauseante amarezza.
La noia del destino è un'arma sterile, un sogno spezzato ma vivo. Mi chiedo
se almeno tu potrai
...
L'ultima riga era illeggibile, con suo rammarico. Poteva sentire la rabbia,
la frustrazione dietro a quelle lettere scure. Perchè non poteva che
capirlo, sentirlo vicino? ...Si trovò a sfiorare coi polpastrelli quelle
parole, come a sentire sulla punta delle dita il bacio oscuro di quel
pensiero...
"Marron?"
Un sussurro curioso, che lo fece sobbalzare.
Si voltò di scatto.
"Milphy?"
Si trovò addosso lo sguardo interrogativo dell'uomo.
Milphy aveva occhi profondi, che nascondevano più di ciò che mostrava di
essere, e questo Marron lo sapeva. Si chiedeva, a volte, se non fosse più
di ciò che sembrava... e se lo era, quanto di più fosse.
"Cos'è?" chiese, voltandosi a guardare il libro.
"Aah... mh... è un libro personale, penso... c'era una poesia..."
"Ooh... ma allora questo Sorcerer è anche uno scribacchino oltre ad
essere un bastardo patentato!" Suo fratello stava prendendo in mano il
libro, tenendolo sgraziatamente per parte delle pagine.
Non potè fare a meno di notare che sembrava un uccello preso per le ali...
un albatro ancorato a terra. (NdS: Baudelaire, ovviamente!)
"Basta, Carrot!" disse aspramente, strappandogli di mano il libro.
Silenzio. Improvviso, in tutta la stanza. Rimasero tutti a guardarlo, un po'
stupiti dalla reazione veemente.
"...è pur sempre un libro" bofonchiò, abbassando gli occhi
imbarazzato e prendendolo in mano, sfiorando con reverenza le pagine.
"Potrebbe svelarci qualcosa di importante... potrebbe esserci scritto
qualcosa di essenziale!" sorrise Milphy, battendosi una mano chiusa a
pugno sul palmo dell'altra. "Marron, forse dovresti leggerlo per
accertartene, no?" disse strizzandogli un'occhio, l'espressione
perennemente allegra.
Chinò il capo, e prese con sè i tre volumi, uscendo dalla stanza.
Da quel giorno, mentre gli altri perlustravano la casa lui rimaneva a
leggere, seduto in biblioteca, quei diari.
Erano una sorta di guida personale, un insieme di incantesimi e righe sulla
vita che portavano tutte in un'unica direzione... se solo avesse potuto
capire chiaramente quale. Poteva sentire sotto sotto l'intreccio, appena a
portata della sua mano.
La verità che si nascondeva sotto a quelle righe, il segreto che voleva
svelare.
Forse, anche dove ora il sorcerer si stava nascondendo.
E certamente le basi per capire un potere immenso...
Una sera ne parlò con Milphy, l'unico che ritenesse abbastanza vicino per
capire il problema, ma neppure Milphy seppe venirne a capo. "So solo
che credo che siano importanti- disse, scuotendo la testa -e che credo che
tu sia la persona più adatta a leggerli. Ma non posso aiutarti... mi sembra
chiaro che sei l'unico che può farci qualcosa."
Più leggeva, più sentiva la presenza farsi più forte, chiudersi attorno a
lui.
Ed ogni volta, lo faceva sentire meglio... per pochi attimi, prima di
chiudersi con troppa forza su di lui.
Una volta era quasi arrivato a vederlo... quasi... un demone bellissimo,
dalla carnagione chiara e gli occhi blu, i capelli lunghi e neri... ma non
riuscì a descriverlo agli altri.
Non sapeva più chi aveva il controllo... ma se era un sogno, o in qualche
incubo, non era più sicuro di volersi svegliare...
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