I PG SONO MIEI, LORO PERO’ NON SONO PER NIENTE CONTENTI, CHISSA’ COME MAI…..

Quando ho cominciato a scrivere DEATH era un periodaccio, il mio umore era nero, volevo sfogarmi. A distanza di tempo ho riletto i primi due capitoli e… non i hanno “detto” nulla. Non c’era traccia dei sentimenti che vi avrei voluto riversare. Così mi sono detta che era meglio mollarla lì, ma qualcosa… non so neanche io cosa, mi ha costretto a riprenderla in mano. Chiedo perdono a chi leggerà.

Dediche: una cosa simile non andrebbe dedicata, ma lo faccio comunque. A Marydavil che l’ha commentata, ad Alessandra che legge tutto quello che scrivo e nonostante tutto mi è ancora amica, a Mika e Miko, due carissime ragazze convertite allo yaoi e che hanno da poco scoperto il piacere dello scrivere… quando pubblicate?????

A Mel, una fanwriter eccezionale, sempre così gentile da rispondere alla mie mail, che mi ha minacciata che se succedeva qualcosa di male al piccolo Michael me la faceva pagare….

A tutti coloro che leggeranno, grazie!

 



Death

parte III

di Witch



 

Giorni, tutti uguali, così lenti, così ripetitivi. Il tempo sembrava essersi cristallizzato, era solo scandito dalla presenza rassicurante di Mael e dai pasti che gli venivano portati quando ancora dormiva.

Il ricordo di quanto successo era ritornato prepotentemente, lasciandolo terrorizzato, confuso, solo. Perché lo era davvero.

Mael lo aveva abbracciato stretto, l’aveva coccolato e cullato tra le sue braccia, mormorandogli dolci parole di conforto. Ancora di come l’avesse salvato non ne aveva idea, né voleva sapere. Aveva solo chiesto se i suoi genitori erano stati avvertiti e alla domanda, gli era sembrato… aveva visto un piccolo guizzo di malizia negli occhi di Mael, talmente rapido che di sicuro l’aveva immaginato “Sanno che stai bene, non preoccuparti ho fatto in modo che fossero avvisati subito.” Gli aveva mormorato l’uomo.

Solo.

A casa non poteva tornare comunque. Quanto successo non poteva cancellare il motivo che l’aveva spinto ad andarsene. E poi, non sapeva come, aveva la sensazione che le gambe, se avesse provato, non l’avrebbero sostenuto.

Perciò, si era ancora una volta lasciato andare alle cure dell’uomo che gli aveva ordinato riposo assoluto, e aveva ripreso a trascorrere quelle giornate tra dormite lunghissime e chiacchierate con Mael, in attesa di essere completamente in forze per andarsene. solo.

 

Quella mattina(?)non aveva fatto eccezione, aveva aperto gli occhi e aveva trovato un vassoio pieno di cibarie ad attenderlo. Aveva allungato una mano per afferrare una tazza di caffé, quando si era accorto che le tende, solitamente chiuse, erano leggermente scostate, lasciando penetrare nella stanza una luce delicata e permettendo ai suoi occhi di vedere il giardino. Ne poteva vedere una piccola porzione: siepi, roseti, enormi alberi da frutto, salici, e querceti. Sembrava immenso. Avrebbe tanto voluto uscire e correre sull’erbetta bagnata di rugiada, riempirsi i sensi del delicato profumo dei fiori, arrampicarsi sui rami, come quando era bambino….

“Ti piacciono i fiori, piccolo?” Mael era appena entrato nella camera, silenzioso come sempre, impeccabilmente vestito e con i lunghi capelli biondi stretti in una coda da un nastro nero, aveva spalancato le tende, permettendo agli occhi del ragazzo di abbeverarsi dello splendido panorama.

“Allora, come ti senti oggi?”  Michael rimase un attimo imbambolato ad osservarlo, non riusciva a credere che un uomo potesse essere tanto bello, poi arrossì miseramente. “e…ecco io… si, si sto bene.” Aveva urlato un po’ troppo forte. Mael gli sorrise, quel ragazzo gli faceva tenerezza, sempre così impacciato e impaurito, avvertiva il suo disagio e decise di aiutarlo a sciogliersi un pò. “Ti va di uscire?”

Michael sollevò gli occhi verso l’uomo e poi verso la vetrata. Uscire… da quanto non metteva piede fuori? “Posso?” domandò timidamente. “Ma certo, oggi è una giornata così bella, ti farà bene. Torno subito.” Michael s i sentiva un po’ nervoso, in quella camera si sentiva al sicuro, c’era rimasto chiuso dal giorno dell’aggressione e per quanto l’idea di uscire lo stuzzicasse, avvertiva un leggero disagio. Si maledì mentalmente. Era in un luogo sicuro, no? All’interno di un giardino e soprattutto con Mael. Di che cosa doveva mai aver timore? Di fare brutti incontri? Stupido! Si riscosse dalle sue elucubrazioni quando Mael fece capolino spingendo nella stanza una sedia a rotelle.

Michael sbiancò.

“Non… non posso più…” ‘Dio no, ti prego, ti prego non farmi questo

“Piccolo, stai tranquillo, è solo per non farti affaticare, rilassati, va tutto bene!” gli disse l’uomo portandosi subito vicino a lui non appena l’aveva visto sull’orlo delle lacrime. “Tra poco sarai di nuovo in perfetta forma, te lo prometto!!” sancì Mael mentre sollevava il ragazzo per farlo sedere sulla sedia, quasi fosse senza peso. E Michael, sentì la paura scivolare via.

L’uomo gli coprì le gambe con una copertina e spinse la sedia a rotelle oltre la portafinestra. Finalmente, dopo quella che gli era sembrata un’eternità, Michael potè riassaporare il profumo dell’aria pulita e frizzantina, se ne riempì i polmoni e sentì il cuore allargarsi per la gioia… vivo, si sentiva come rinato e tutto quello lo doveva all’uomo dietro di se…….

“Allora, ti piace?” chiese Mael osservando lo sguardo rapito del giovane alla vista dell’enorme giardino che circondava l’altrettanto enorme casa. C’erano persino delle fontanelle da cui zampillava acqua cristallina. “E’…..E’ splendido” mormorò Michael affascinato, “non avevo mai visto niente di simile!”

“Grazie!”

Michael voltò il viso in direzione della voce rimanendo imbambolato. Ma quelle persone erano tutte così…. belle?! Dov’era capitato? Un uomo, alto quanto Mael, forse anche di più, era uscito da un gazebo e lo osservava divertito. Capelli neri, pelle dorata, occhi nerissimi, luminosi, labbra piene e sensuali, spalle larghe fasciate da una camicia candida che metteva in risalto i toni scuri dell’uomo. Michael si ritrovò a dover deglutire, la bocca piena di saliva ‘che cosa mi sta succedendo? Sono impazzito, mi sto eccitando a guardare un uomo? Oh mio Dio, se mia madre lo scoprisse mi ucciderebbe…’

Il nuovo venuto osservò Mael, poi si rivolse al ragazzo.

“Tu sei Michael, giusto? E’ veramente un piacere conoscerti, io mi chiamo Jack” e gli tese la mano. Michael la strinse…calda, forte, liscia… un brivido gli corse lungo a schiena, non certo di paura. “Questo è il mio regno, ben venuto!” disse l’uomo abbracciando con un ampio gesto ciò che li circondava. Faticando a trovare le parole, Michael cercò di trovare qualcosa da dire, ma il suo cervello pareva essersi scollegato “Io.. io..” riusciva solo a pensare a quanto la pelle dell’uomo sembrasse liscia e morbida, a quelle mani grandi e forti…

Jack raccolse un bocciolo di rosa, rossa come il sangue, tolse le spine e la porse al ragazzo mentre rivolgeva un sorriso malizioso a Mael. “Per te, due splendidi boccioli in attesa di fiorire…” mormorò con una voce roca e carezzevole. Michael arrossì e gemette piano, quando i petali del bocciolo gli sfiorarono la guancia con una dolcezza infinita, per scendere poi sulle labbra bagnandole con una goccia di rugiada. Il suo respiro si era fatto pesante, gli occhi luminosi e languidi, il sangue cominciò una corsa rapida verso il basso, e quando il viso di Jack si avvicinò al suo, Michael socchiuse le labbra in un muto invito.

Non era più lui, non riusciva nemmeno più a controllare il suo corpo o i suoi pensieri, voleva solo le labbra di quell’uomo sulle sue, le sue mani sul suo corpo. La sua anima dunque era davvero dannata. La paura che avrebbe dovuto però provare era sovrastata dalla sensazione di calore che avvertiva. Mai, nemmeno quando si era toccato pensando ad una ragazza aveva provato sensazioni simili. Attese quelle labbra. Labbra che si posarono sulla sua fronte con un tocco troppo  rapido. Jack posò gli occhi, scuriti dalla passione su Mael che aveva osservato il tutto con un sorriso sulle labbra, ma un’espressione di rimprovero nello sguardo.

“Ci vediamo, piccolo. Torna a trovarmi quando vuoi.” E Jack si allontanò verso la casa.

Mael raccolse il bocciolo caduto sul grembo di Michael e nel farlo, sfiorò il rigonfiamento sotto la coperta.

Si sorrise, almeno in quel senso stava bene.

Lo osservò: le guance arrossate, gli occhioni spalancati e le labbra appena socchiuse, era quanto di più dolce e desiderabile avesse mai visto nella sua lunga vita. Lo voleva, lo voleva con un intensità tale da rischiare di perdere tutta la sua calma e la sua forza d’animo. Non era ancora il momento, doveva solo pazientare ancora un po’ e poi….

“Meglio se rientriamo.”

Mael riaccompagnò il ragazzo nella sua camera, senza dire una parola lo aiutò a risistemarsi a letto e uscì.

Non appena se ne fu andato, Michael si risvegliò dal torpore in cui era caduto. E pianse. Pianse per sé, per la sua anima, per la sua famiglia. i suoi genitori erano cattolici, ferventi cattolici, e avevano cresciuto Michael cercando di inculcagli quegli insegnamenti, e dove non arrivava la fede, ci arrivava la paura. Paura della punizione che sarebbe giunta dopo la morte, al cospetto di Dio. E se per tutti i peccati, c’era sempre tempo per pentirsi e chiedere perdono, ce n’era uno che non meritava misericordia: l’omosessualità. Era qualcosa di inumano, contro natura, loro , erano la peggiore piaga della società- meglio un figlio stupratore, o terrorista, ma non la vergogna e l’umiliazione di un figlio gay.  I suoi genitori lo ripetevano di continuo. E Michael aveva avuto almeno quel conforto. Ma ora, ora si era eccitato per un uomo, era diventato ciò che i suoi genitori odiavano di più. Aveva meritato tutto quello che gli era successo, di sicuro, l’incontro col branco era stato un messaggio divino.

Cercò le preghiere per chiedere perdono per ciò che era, ma la sua mente le aveva dimenticate. Solo, senza più nemmeno il conforto della fede. Deviato. Malato. Se Mael si fosse accorto di ciò che era avrebbe probabilmente provato ribrezzo e l’avrebbe cacciato. O magari gli avrebbe fatto del male. Perché quelli come lui, meritavano di essere puniti. E marchiati per il loro peccato. “Perdonami mamma…” i singhiozzi scemarono, così le lacrime smisero di scendere, lasciandolo esausto. E si riaddormentò chiedendo perdono un’ultima volta.

 

Dall’enorme porta vetrata, Jack osservava le due figure ancora in giardino. Si passò la lingua sulle labbra alla ricerca del sapore del ragazzo. Ne aveva avuto appena un assaggio, ne voleva di più, molto di più. Si allontanò da quella tentazione e si diresse a passo sicuro verso il laboratorio in cui Mael e Eric, il fratello maggiore, passavano la maggior parte del tempo. Aprì la porta e rimase per qualche secondo ad osservare l’uomo intento a sfogliare un grosso manuale, prendere appunti e osservare strani miscugli colorati all’interno di alcune provette.

‘Che ci sarà di tanto affascinante in tutto questo?’ pensò tra se Jack.

“La conoscenza è affascinante, amico mio!” gli rispose Eric spostando la sua attenzione verso Jack. “Scusa, non volevo criticare, lo sai, solo che per me tutto questo è così….”

“Si, si , lo so…” rispose Eric agitando una mano “volevi qualcosa?” proseguì piantandogli addosso due occhi di un blu intenso, così simili a quelli di Mael-

“Ho visto il ragazzo…”

“Ah…!”

“Deduco tu ancora non l’abbia fatto… beh, è stato un incontro fortuito. Ero nel gazebo e quando ne sono uscito, Mael era lì con lui.” Spiegò Jack.

“Che te ne pare?” Eric era curioso! Mael lo teneva aggiornato sulla sua salute, su quanto appreso della famiglia, di quanto riteneva fosse speciale quel ragazzo. E lui gli credeva, credeva ciecamente in Mael, e l’avrebbe aiutato e sostenuto in qualunque modo possibile, ma ancora non gli era stato concesso nemmeno di vederlo.

“Un bel bocconcino!”

Eric chiuse il libro con un tonfo secco. Gli dava fastidio sentir parlare così di quel ragazzo, nemmeno sapeva perché. Da Steve poteva anche capirlo, era giovane, con gli ormoni in subbuglio, ma Jack…

“Ora che mi ci fai pensare…” disse Jack, leggendo nella mente dell’amico “è davvero da tanto che non ci prendiamo un pò di tempo per noi due….” E avanzò verso Eric. “No, ora non posso.” Gli rispose questi allontanandosi, ma Jack fu più rapido e lo afferrò per il polso. “Dove credi di andare?” gli mormorò nell’orecchio, succhiandogli il lobo. “nel caso non l’avessi capito… HO VOGLIA! Fa il bravo, tesoro, obbedisci!” e scese a leccargli il collo. “N… no, Jack, ah, nh, ti prego, sono… indietro col lavoro, sai quanto Mael sia…ah… pignolo al rigua…AAHH!”

L’aveva morso senza troppo riguardo, lasciando un profondo segno rosso sul collo.”Eric, adesso!” gli intimò l’uomo più grande. Lo sbattè contro un tavolino, gli strappò i pantaloni e senza attendere oltre lo penetrò con furia.

“Ah, ah.. Jack, ah, fa… fa piano, non qui..ah..”

Ma l’uomo non ascoltava, toppo preso dalle sensazioni così forti e piacevoli che quel corpo sapeva dargli. Spinse, spinse con forza, senza preoccuparsi di causare dolore all’altro, gli artigliò i fianchi, strappò la maglietta denudando il petto del suo ‘prigioniero’, lo graffiò procurandogli tagli superficiali da cui presero ad uscire pochi rivoli di denso sangue scuro “Jack…”

Eric, omai alla totale mercè del suo aguzzino, s’inarcava per ricevere più a fondo il sesso del compagno, lasciò che l’altro leccasse il suo sangue, poi lo obbligò a sollevare il viso reclamando un bacio. Gli  intrappolò la lingua tra i denti, la succhiò, poi la morse  con forza ingoiando il suo delizioso nettare. Ancora poche spinte violente e Jack riversò il suo seme bollente dentro il compagno.

Uscì da lui subito dopo e lo osservò. Eric non era venuto! Il suo sesso era ancora turgido, i capelli scomposti, appiccicati al viso, il respiro affannoso ‘meraviglioso’. “Ti lascio ai tuoi studi, tesoro, non vorrei mai che Mael ti rimproverasse a causa mia…” e se ne andò, lasciandolo così, nudo, ansante ancora eccitato e frustrato. “Bastardo!!!” gli abbaiò contro prima di afferrare il proprio sesso con una mano e masturbarsi per appagarsi da solo.

 

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Mael si chiuse la pesante porta di quercia alle spalle e con un sospiro vi si appoggiò contro, si passo le mani sul viso, cercando di calmarsi e riacquistare il controllo. Era scappato via, lui! Era fuggito! quel ragazzo lo tentava e lui temeva davvero di non poter più resistere. Per quel motivo teneva tutti lontani, se lui per primo non riusciva a controllarsi, era quasi impossibile che ci riuscissero gli altri.

Sperava solo di averci visto giusto….

Forse era meglio provare a distrarsi, così andò a controllare il lavoro svolto da Eric. Si sorrise, suo fratello maggiore, il suo discepolo….era stato divertente insegnargli tante cose sulla medicina e le arti magiche e, sebbene all’inizio il fratello l’avesse presa superficialmente, si era poi appassionato. Aveva ancora tanto da imparare, ma certamente non mancava il tempo. Ricordava di avergli chiesto di preparare alcuni composti, niente di troppo complicato, ma perché risultassero efficaci non bisognava commettere nemmeno un piccolo errore nella preparazione e soprattutto stare attenti che non si mischiassero tra loro, altrimenti avrebbero potuto causare danni piuttosto ingenti.

“che fai qui?”

Aveva aperto la porta del laboratorio, Eric era si lì, ma non stava certo facendo il suo lavoro. E trovarcelo in quelle condizioni non gli piacque!!!

“Mh… Jack….”

Mael scosse la testa “non è il posto per queste cose, quand’è che lo capirete?”

Eric socchiuse gli occhi, ottenebrato dal piacere, diede un’occhiata veloce a Mael e capì che qualcosa non andava. A fatica si sollevò e gli andò vicino.

“Scusami, Jack non ha voluto sentir ragioni….” Lo abbracciò stretto, sciogliendogli il nastro che gli teneva legati i capelli che ricaddero morbidi lungo le spalle. “Li adoro.” Disse Eric passando una mano tra quel manto dorato. “Eric, no!” “Come vuoi….” Gli rispose, si scostò un po’, gli afferrò una mano e la strinse tra le sue, Mael lo osservò con un sorriso dolcissimo sulle labbra e Eric si porto la mano al viso, baciandone poi il palmo osservandolo negli occhi. Poi affondò i denti nel polso.

Mael si irrigidì, non per il dolore, ma per essersi fatto fregare, non aveva capito subito le intenzioni di quel demone di fratello che si ritrovava. Intanto questi suggeva il sangue con gusto, quel sangue sembrava così particolare, gli piaceva da impazzire!

Mael si sentiva indebolire, cercò di raccogliere le forze per liberarsi e fargliela pagare, ma non ne ebbe il modo. Alle sue spalle qualcuno lo abbracciò stretto e costringendolo a piegare il collo di lato, lo morse. La vista gli si appannò, le forze scemarono. Si sentì sollevare da terra e poggiare su qualcosa di morbido, i vestiti furono stracciati a liberare quel corpo candido e perfetto. Sentì i denti penetrare di nuovo nel polso, una lingua scendere sul suo petto, leccare e mordere i capezzoli, poi scendere più giù, fino a l sesso “Mh…ah…”troppo stanco per urlare, Mael lasciò uscire solo un debole gemito, e quando i denti penetrarono con forza alla base del pene rinunciò a lottare. In quel momento tre bocche affamate si gettarono su quel meraviglioso banchetto, squarciando la giugulare, stappandogli la lingua e infine una mano penetrò nel torace scardinando le costole e agguantando il cuore pulsante.

Mael rantolò….poi…il buio.

 

 

Continua…

 

Mi rendo conto che è un obbrobrio, ma se qualcuno l’ha letta è vuole commentare, vanno bene anche gli insulti, ma per favore niente uova!!!!!