Nota: Questa è una shounen-ai, ovvero sia una storia che tratta
(seppur in termini leggeri) di un amore tra ragazzi. Chi pensa di poter essere
infastidito da un racconto di questo tipo eviti di leggerlo. Io vi ho
avvertiti! ^O^
Dawn - la via dell'alba
di Ayame
Buio. Apri gli occhi, guarda la luce. Affidati ad essa, lasciati avvolgere, cullare. Fidati. Continua a percorrere questo cammino sconfinato, guardalo è lì. Brilla davanti a te, è lì. Lo puoi toccare? Lo puoi toccare. Basta allungare un braccio, tendere le dita…
Suonò la sveglia. Spalancò gli occhi. Un sogno, di nuovo. Il suo braccio ancora teso verso l’alto nel tentativo di afferrare qualcosa di lontano. Troppo lontano. Quella luce un giorno l’avrebbe scottato o l’avrebbe portato alla salvezza? Si alzò dal letto, aveva ancora indosso i vestiti del giorno prima. Andò in bagno e si guardò allo specchio. La sua faccia era un po’ sciupata, deboli occhiaie avevano cominciato a segnargli gli occhi. A che ora era andato a dormire la notte prima? In realtà non ricordava nemmeno di averlo fatto. Riku bagnò la mano sotto il rubinetto aperto e se la passò sul viso una, due volte. In fondo non era cambiato niente.
- Riku, aspettami! - chiamò una voce affannata. - Sora - salutò Riku senza rallentare. Il ragazzo sorrise all’amico spostando lo zaino con i libri dalla spalla destra alla sinistra. - Ehi Riku, hai delle occhiaie! - esclamò Sora osservando Riku preoccupato. Il giovane voltò la testa verso di lui, scostandosi una ciocca di capelli argentati da viso, gli puntò gli occhi addosso. Sora era uguale, sempre uguale, ma il suo sguardo preoccupato, l’affetto nei suoi confronti… Accidenti. Accelerò il passo prima di rischiare di perdersi nell’immenso cielo del ragazzo. - Non ho dormito molto questa notte. I due continuarono a camminare, ora lentamente ora più veloce. Infondo mancava ancora molto tempo prima dell’inizio della scuola, in effetti Riku si chiedeva come mai entrambi fossero già in cammino a quell’ora della mattina. - Guarda Riku! Il cortile è deserto! - gridò Sora attraversando il cancello di ferro dell’istituto. Riku non rispose e si limitò a camminare avanti. Sora lo raggiunse subito trafelato e gli si parò davanti. - Riku, cosa succede? - domandò diventando improvvisamente serio. - Cosa dovrebbe succedere? - domandò il ragazzo puntandogli contro gli occhi freddi come il ghiaccio e dello stesso colore. - Non lo so… - mormorò Sora avvicinandoglisi. - Non ti riconosco più sei… sembri di nuovo sull’orlo di un baratro oscuro. I due si fissarono e questa volta Riku non riuscì subito a distogliere lo sguardo. Si preoccupava Sora, cercava di irradiare con la luce anche la sua oscurità, ma infondo entrambi sapevano che non ci sarebbe riuscito. Il giovane allontanò il Sora con una lieve spinta. - L’alba - gli disse - è il passaggio che collega la notte al giorno. Non cercare di abbatterla con i raggi del sole - si girò e scappò via. L’ex custode del Keyblade invece rimase lì fermo, immobile. Cercando si capire cosa avesse inteso dire Riku e cercando di costringere il suo corpo a non corrergli dietro per raggiungerlo e fermarlo.
Riku non tornò a scuola quella mattina. Sora l’aspetto, lo cercò, ma lui non venne. - Stai bene? - domandò qualcuno. Sora aprì gli occhi e alzò la testa, si era quasi addormentato sul banco. Kairi era in piedi davanti a lui e sorrideva, aspettando che l’amico le dicesse qualcosa. - Non so… non credo. - Vuoi parlare? Dov’è Riku? Sora abbassò lo sguardo, afflitto. - Oh, si parlerebbe di Riku? - sorrise Kairi comprensiva. Il ragazzo annuì. - Lui… è strano ultimamente. E’ strano con me: non mi parla quasi più, fugge via e talvolta mi guarda con estrema durezza come se non sopportasse la mia vista - gemette senza accorgersene. - La cosa mi fa male, mi fa molto male. È cambiato da quando siamo tornati sull’isola…e anche io lo sono. Stento quasi a riconoscermi. Kairi prese una sedia e si sedette davanti al banco di Sora. - Beh, io credo che dovresti parlarne con lui. - Ma se non vuole parlare! - protestò. - Dai Sora! - lo rimproverò lei. - Sai farti benissimo ascoltare dalla gente se lo vuoi, questo lo sai anche meglio di me. Il punto è: vuoi davvero chiarire le cose? - Co…certo! È ovvio! Ovviamente! Perché non dovrei? - esclamò Sora sconcertato. Kairi puntò sul ragazzo i suoi enormi occhi blu. - Forse non vuoi capire perché tu sei strano. - Ma certo che… - cominciò Sora, poi si fermò. Voleva sapere perché anche lui era strano da quando erano tornati sull’isola? - Certo che voglio! Kairi si alzò in piedi compiaciuta. - Bene - sentenziò. - Allora credo che ti basterà pensarci un pochino e ci arriverai da solo. Io adesso vado a cercare Selphie. La ragazza si allontanò lentamente, ondeggiando aggraziatamente la testa canticchiando una canzone a mezza-voce. - Aspetta, Kairi! - la fermò ancora Sora. La ragazza si voltò. - Tu conosci già la risposta? Kairi sorrise, trionfante. - Credo che tu ormai sia l’unico a non averla ancora capita! - esclamò. - Ah, comunque, se cerchi Riku, credo lo troverai in quella certa caverna. Ciao ciao! - lo salutò prima di varcare la soglia. Pensarci un pochino? E cosa cavolo voleva dire che lui era l’unico a non aver ancora capito?? Riku già aveva tutte le risposte? Cos’era successo al loro ritorno sull’isola? Ma no, forse non era il ritorno in sé… era stato prima. Ma quanto prima? Quando era iniziato questo cambiamento? Quanto indietro doveva tornare? Poi davanti a sé vide un’immagine, no, in realtà un ricordo. Calde lacrime che dal viso scivolavano su una mano dalla pelle scura, olivastra. Di chi era? Oh, certo: l’Heartless di Xenahort, il corpo in cui aveva vissuto Riku per poterli ritrovare. Era stato quello? Quando il pianto gli era scoppiato nel petto e non aveva potuto far altro di lasciarlo uscire? Era quello? Qualcosa gli diceva che c’era stato anche qualcos’altro…la spiaggia. Quel luogo di oscurità dove erano rimasti ’imprigionati’ dopo la battaglia finale. Erano stati lì a lungo, quanto tempo? Potevano essere poche ore, ma a lui erano sembrati mille anni. Sì è stato quello il momento del cambiamento, ma perché? In quel luogo d’ombra dove l’unica luce era rappresentata dai loro cuori che battevano nel petto erano stati vicini, vicini come mai erano stati in tutta la loro vita. Strettamente a contatto, dipendenti completamente l’uno dall’altro mentre permettevano ai loro cuore di toccarsi. Per Sora era stato uno dei momenti più profondi della sua intera esistenza. Era stato felice, puramente felice, nonostante quel luogo di disperazione. Ma allora perché? Ora erano tornati, tutto era tornato alla normalità… tutto come prima. Ecco. Facile. Stupido. Ovvio. Ma soprattutto stupido, era un sciocco cretino, ecco cos’era. Sora balzò in piedi e schizzò fuori dalla classe proprio quando la campanella della fine dell’intervallo aveva suonato. Correndo per i corridoi era andato a sbattere contro Tidus. - Vado via - gli urlò senza fermarsi. - Coprimi con il prof! Che sciocco, che stupido, che cieco era stato. Cosa gli era successo, senza il Keyblade non era più capace di guardarsi dentro? Il problema era che avvertiva la mancanza di quel contatto che era stato possibile tra lui e Riku su quella spiaggia. Si sentiva incompleto. Doveva parlargli, doveva assolutamente, soprattutto quello che era riuscito a capire. La necessità di non lasciare andare Riku, o di seguirlo, ovunque volesse andare. Fosse il giorno o la notte. E non per amicizia. L’amicizia non c’era più da molto tempo, quando aveva cominciato a trasformarsi in qualcos’altro? Alba. Certo, ecco cosa aveva inteso prima Riku. Il suo cammino ormai non apparteneva più al giorno, ma non avrebbe più toccato le tenebre. Era la via di mezzo, quella dell’alba, che d’ora in avanti avrebbero percorso insieme.
Perché non era andato a scuola? Era scappato via, si era rifugiato in quel posto. La caverna, il luogo che una volta era solo di loro due e di nessun altro. Doveva smetterla di comportarsi da idiota. Doveva riuscire ad avere un atteggiamento normale con Sora, almeno per non faro preoccupare; ma ormai gli sembrava impossibile. Tutto era cambiato quando si erano seduti insieme sulla spiaggia in riva al mare nero. Beh, da prima in realtà, da molto prima. Già da quando tendendogli la mano gli aveva chiesto di seguirlo nell’oscurità. E alla fine, per ironia della sorte, era stato proprio lui a donargli la sua luce e permettergli di scegliere una nuova strada, illuminata dall’aurora. Sora comparve improvvisamente davanti a lui, il fiato grosso, la divisa scolastica in disordine. Per un istante credette fosse frutto della sua immaginazione ma poi si accorse che era realmente lì davanti a lui. - Riku… - mormorò il ragazzo avvicinandoglisi. - Ho pensato a una cosa. - Che cosa? - domandò Riku costringendosi a non indietreggiare mentre Sora gli si faceva sempre più vicino. Troppo vicino. Ormai non sapeva più se a bruciarlo sarebbe stata la fulgida luce del ragazzo oppure il proprio petto in fiamme, col cuore che si agitava e si dibatteva come un uccellino terrorizzato. - La spiaggia. - La spiaggia? - ripeté Riku, non certo di capire dove volesse andare a parare il ragazzo. - Sì, la spiaggia. Il mare nero, calmo, le onde che si infrangevano sul bagnasciuga… - disse Sora portando una mano accanto al viso di Riku. - Riku ci è successo qualcosa là e io credo di aver capito che cosa. Riku smise si ascoltarlo. La parte di guancia sfiorata dalle dita di Sora gli sembrava essere andata a fuoco, ormai era perso nell’immenso cielo degli occhi di Sora, senza sapere che anche per il piccolo ragazzo castano era la stessa cosa. Riku afferrò dolcemente con una mano quella di Sora e se la portò alle labbra. Chiuse gli occhi e la baciò. Sentì un brivido di piacere attraversargli il corpo. Con gli occhi chiusi era di nuovo buio. Adesso aveva paura di aprirli, temeva quello che avrebbe potuto vedere ma si preparò ad accogliere la luce. Alzò lentamente le palpebre e incontrò lo sguardo di Sora, adorante, che sicuramente era il riflesso del suo. Senza pensare a nulla, Riku si chinò sul ragazzo e posò un bacio, delicato come una farfalla, sulle sue labbra socchiuse. - Sì, qualcosa del genere - assentì Sora schiudendo le labbra e invitando Riku ad un bacio ben diverso. Poi, i due si staccarono e si guardarono negli occhi. - Dovremmo parlarne adesso? - Non credo che servano le parole a questo punto - decise Riku. - Forse più avanti, un giorno. Si sorrisero. - Ehi, sei scappato da scuola? - domandò poi il ragazzo dai capelli d’argento. - Anche tu l’hai fatto - gli ricordò Sora. - Dovremmo rientrare. - E’ il tramonto ora. Aspettiamo l’alba, poi cammineremo insieme.
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