I personaggi sono di King tranne Sunny Allgood che me lo sono inventato io. E’ una Sunny/Steven e il titolo dà un’idea del fatto che dopo verrà il momento dei figli ovvero Cuthbert e Roland. Spero che non diventi infinita anche questa altrimenti mi sparo. Buona lettura a voi e buona scrittura a me^^



 


 

 

Da padre in figlio (i padri...)

 

parte II 

 

di Mia

 



- Tu chi sei?- Questa è la prima domanda che feci al bambino che un giorno sarebbe diventato l’amore della mia vita… La prima volta che lo incontrai avevo quattro anni, ero nella periferia di Gilead con mio padre in una locanda che lamentava continui attacchi da vari tagliagole. Lui era un mucchio di stracci logori appoggiato al muro esterno della locanda come un ubriaco o un moribondo, ma a differenza di essi era solo un bambino infreddolito e spaventato e forse anche malato. Andai subito da lui mentre mio padre entrò senza preoccuparsi di me, dopotutto non lo faceva mai, non da quando mia madre era morta, con lei eravamo morti un po’ tutti e due.
- …- Questo fu ciò che mi rispose lo stesso bambino che ora uomo mi sta abbracciando su questa torre… nulla. Il bambino in questione era coperto di stracci, deperito a tal punto da perdersi dentro essi e così sporco da non riuscire quasi a riconoscere i suoi lineamenti eppure i suoi occhi mi attirarono immediatamente senza darmi via di fuga. Mi sentii come se fossi costretto a rimanere con lui da una forza esterna che un giorno avrei chiamato ka. Non riuscii a rimanere in silenzio, ero talmente attratto da quegli occhi che il mio primo istinto era quello di abbracciarlo e tenerlo con me per sempre e rassicurargli che ora che eravamo insieme sarebbe andato tutto bene, ma chissà cosa qualcosa mi avvertì che non sarebbe stata affatto una buona idea, così mi avvicinai con cautela come se stesse dormendo ed io avessi avuto paura di svegliarlo dal suo sonno.
- Come ti chiami?-
- …-
- Io sono Steven…- Provai a presentarmi per primo come voleva l’etichetta ma il bambino si incassò ancora di più rifuggendo la mia mano e il mio sguardo. Solo io mi ero accorto che la sua presenza era diventata fondamentale nella mia vita appena lo avevo visto, lui era troppo impegnato a tremare e ad essere terrorizzato.
- …-
- Sei un bambino?- Non capii il suo sesso se non alla fine della giornata ma la stessa forza che mi impediva di lasciarlo mi sussurrava che era un bambino come me e questo mi sembrò maledettamente giusto, come se il mio destino si fosse appena compiuto.
- Non farmi male…- Si ritirò ancora di più contro il muro e io stupidamente mi avvicinai spaventandolo ancora di più…
- Perché dovrei?-
- Ti prego…- Gli occhi gli si riempirono di lacrime e prima di mettermi a piangere anche io mi venne in mente che ogni volta che avevo voglia di piangere c’era solo una cosa che mi tirava su… mangiare… se era qualcosa di dolce ancora meglio
- Vuoi metà della mia ciambella?- La spezzai e gliela offrii ma era talmente spaventato che cominciò a tremare appena la mia mano si avvicinò al suo corpo. Stavolta non mi allontanai volevo che la situazione tra noi si sbloccasse, che cominciasse a fidarsi di me…
- ….-
- Si dice che le ciambelle del vecchio Hank siano le migliori dell’intera Baronia…- Continuai a parlare facendo finta di non interessarmi a quello che faceva lui e solo facendo così il bambino prese la parte di ciambella che gli porgevo e la divorò in un attimo.
- …-
- Hai fame? Tieni anche la mia parte a me non va…- Avvicinai di nuovo la mano a lui e stavolta invece di guardarmi terrorizzato cominciò a guardarmi con sorpresa, ma la tensione del suo corpo era ancora palpabile. Prese con avidità la ciambella rimasta continuando a guardarmi con quegli occhi che per me erano già diventati la cosa più meravigliosa mai vista nella mia vita. Lui non parlava ma i suoi occhi parlavano al posto della sua bocca e anche senza parole parlavano di cose indicibili che mai un bambino della mia età avrebbe compreso e neanche conosciuto, a Gilead i bambini sono sacri, forse perché sono il futuro dell’intera Baronia e se futuri pistoleri addirittura dell’intero Medio-Mondo…
- …-
- Mi stai ringraziando?- Mi strinse un lembo della maglia con energia e per un po’ quello fu il nostro modo di dialogare: io parlavo, lui rispondeva si o no, stringendomi la maglietta per il sì e allentando la presa per il no…
- …-
- Prego…-
- …-
- Non vuoi entrare a bere qualcosa di caldo?-
- …-
- Va bene, va bene rimaniamo qui…- Strinse maggiormente la mia maglia e mi si avvicinò timidamente. Cercai di smorzare il sorriso sulle mie labbra ma proprio non ci riuscii, mi sembrò una grande vittoria…
- …-
- Fa freddo…-
- …-
- Stai tremando…- Cercai di mettergli un braccio sulle spalle e mai commisi un errore più grande, il bambino si spaventò a tal punto da allontanarsi di nuovo, sembrava un animale ferito e io non sapevo più come conquistarmi la sua fiducia per potergli medicare le ferite che si portava dietro, visibili e invisibili che fossero…
-…-
- Non voglio farti niente…- Mi alzai e ricordo bene che provai una forte nostalgia della vicinanza del suo corpo. Per la prima volta nella mia giovane vita mi sentii avido. Ma avido del corpo di una persona…
- …-
- Tieni il mio maglione…- Glielo porsi e di nuovo mi fece aspettare, doveva ritrovare la fiducia in me dopo che secondo il suo cervello lo avevo quasi aggredito con quella mano che in realtà lo voleva solamente circondare in un caldo abbraccio…
- …-
- Non ringraziarmi, non ho freddo…- Quando lo prese fece uno sguardo preoccupato e io di rimando sorrisi, in verità stavo tremando di freddo ma vederlo finalmente al caldo mi riscaldava il cuore. Sapevo già che sarebbe stata la persona di cui mi sarei occupato per il resto della mia vita per un motivo o per un altro.
- …-
- Dammi la mano, voglio solo aiutarti…- Ovviamente non l’accettò si strinse ancora di più nel mio maglione, sembrando ancora più piccolo. Annusò il mio odore e mi imbarazzai nessuno aveva mai fatto una cosa così intima, nemmeno il mio amico Vanny e vederlo mentre lo faceva lui mi incendiava il corpo fino le orecchie rosse. Sembrava un gatto che si affida al suo olfatto per decidere se fidarsi o meno della persona che ha davanti. Sembrava così bisognoso di affetto e di cure che di nuovo mi azzardai ad allungare una mano verso di lui, stavolta non si spaventò ma mi guardò curioso...
- …-
- Ti porto via da questo posto… verrai a casa con me…- Risposi alla sua domanda muta e lui sembrò più confuso che mai, la parola casa per lui aveva perso ogni significato o forse non lo aveva mai avuto. Stranamente fu solo allora che mi chiesi cosa gli era successo per ridurlo in un simile stato di annullamento. Avevamo solo quattro anni e il nostro mondo sarebbe dovuto essere fatto solo di giochi e di affetto e non della paura e del dolore che i suoi occhi si tenevano dentro impedendogli così di urlare tutta la sua angoscia...
- Perché?- Con una domanda riuscì a mandarmi in confusione, perchè diavolo stavo facendo tutto questo per uno sconosciuto? Perchè mi faceva sentire così strano? Così euforico ma allo stesso tempo terrorizzato per averlo incontrato?
- Non lo so, so solo che è giusto che sia così…-
- Non farmi male-. Mi prese la mano continuando a tremare ma stavolta sapevo per certo che non stava tremando per il freddo, mi chiesi ancora una volta cosa gli fosse mai potuto accadere per ridurlo in quello stato, ma non feci domande ero certo che se glielo avessi chiesto lo avrei nuovamente allontanato. Ciò che importava era che si stava finalmente fidando di me.
- Non te ne farò, non potrei mai fartene… qual è il tuo nome?-
- Non lo so, non so più niente…- Mi sembrò così spaurito che quasi cedetti all'impulso di abbracciarlo ma resistetti e mi limitai a stringergli di più la mano, per ora non sapevo cosa fare di più per lui... forse al momento ero spaventato quanto lui per le sensazioni che provavo…
- Ora una cosa la sai, presto avrai una nuova casa e non sarai più solo… hai me-. Promessa che non ho mai tradito, da quel giorno gli sono appartenuto corpo e anima fin da subito e appena i nostri corpi ci hanno dato la possibilità di dimostrarlo ce lo siamo giurato a pelle fino allo stremo delle forze. Aspettammo al gelo che uscisse mio padre, finalmente avevo raggiunto il traguardo di tenergli una mano e gliela tenevo così fermamente che temevo quasi di fargli male, ma non volevo che si spaventasse alla vista di mio padre e fuggisse via, anche se ero convinto che in quel caso l’avrei cercato per tutto il Medio Mondo finché non l’avessi trovato. Mio padre uscii di corsa e quasi travolse sia me che il trovatello, imprecò abbastanza da insultare tutti i dei e poi austero mi inchiodò con il suo sguardo chiedendomi spiegazioni, il piccolo ormai si era fatto così minuscolo per il terrore che sarebbe sfuggito allo sguardo umano ma mio padre non era solo il Re ma anche un pistolero.
- E lui chi sarebbe?-
- Padre non alzare la voce altrimenti si spaventa…-
- Chi sarebbe?- Insistette con più durezza e quasi temetti che mi avrebbe picchiato ma per il mio nuovo amico avrei affrontato qualsiasi cosa.
- E’ un mio nuovo amico…-
- Non ne hai già abbastanza al castello?-
- Lui è diverso, vorrei portarlo via con noi…-
- Perché?-
- Sta male e non credo sia giusto lasciarlo qui a morire di freddo e di fame…- Ovviamente non gli parlai della strana sensazione che provavo nello stomaco, non gli dissi che era come se lo stessi aspettando da sempre, puntai su quello che era tangibile e reale…
- Va bene lo portiamo con noi poi al castello vedremo il da farsi…- Mio padre salì sulla carrozza un po’ a disagio, lui in genere cavalcava ma vista la mia presenza non aveva potuto fare altro che adeguarsi. Il bambino si accucciò vicino a me cercando di sfuggire allo sguardo di mio padre, per lui quell’uomo era troppo grande per ispirare fiducia, i grandi gli avevano fatto male quindi i grandi erano cattivi. Si addormentò esausto con la testa appoggiata sulla mia spalla e mi piace pensare che quella fu la prima volta che ebbe un sonno tranquillo e che forse fece addirittura sogni che ogni bambino dovrebbe fare alla sua età. Finalmente riuscii a mettergli un braccio intorno alle spalle e stranamente mi sentii meglio tanto da addormentarmi anch’io e mi svegliai che eravamo già arrivati al castello. Lui era già sveglio e aveva gli occhi spalancati non so se più per la paura o per lo sorpresa. Era stretto addosso a me come se io lo avessi potuto salvare da tutto quello che vedeva e che lo spaventava, ero diventato il suo unico punto di riferimento in quel mondo sconosciuto e io ne andavo fiero. Lo abbracciai rischiando di rovinare tutto, al contrario appoggiò la testa sulla mia spalla e chiuse nuovamente gli occhi stavolta per non vedere e nascondersi dalla folla della città… lo accolsi con tutto il calore che il mio corpo poteva dargli. Forse quella fu la volta che si innamorò del mio calore non riuscendone più a farne a meno. Rimanemmo così finché la carrozza non si fermò davanti al castello. Scese mio padre poi io con lui che mi teneva stretto per la camicia, quasi feci cadere entrambi essendo sbilanciato dal suo corpo.
- Portalo in infermeria…- Per tutto il tragitto dovetti trascinarlo per farlo camminare, sentivo che tremava di nuovo ma stavolta ero sicuro che i suoi erano brividi di paura, come dargli torto, percepiva l’ambiente esterno ostile e sconosciuto e come unico appiglio aveva un bambino di quattro anni che sembrava spaventato quasi quanto lui… Quando vidi Vanny sospirai di sollievo, ma per poco visto che si nascose dietro un portico e non lo trovai più, credo che lui era il più spaventato di tutti noi, ogni cosa lo spaventava figurarsi le novità. Mio padre ci spinse verso quello che più terrorizzava me, ovvero l’infermeria… ho qualche problema con gli aghi… ma non c’è bisogno che si sappia in giro anche se Sunny non manca mai di sfottermi ma da lui mi faccio fare questo e altro. Quando mio padre tentò di dividerci prima cercammo di fare resistenza poi scoppiammo a piangere tutti e due quando capimmo che non c’era niente da fare. Mi si spezza il cuore a ripensare a quella scena, allora non capii il terrore negli occhi di Sunny ero troppo piccolo per farlo ma ora con gli occhi di un adulto capisco che per lui mio padre era l’equivalente di un mostro per me. Non riuscii più a trattenere la sua mano che mi scivolò e forse lui lo vide come un abbandono fatto sta che cominciò a urlare come una sirena e a scalciare come un ossesso. Tutto questo non spaventò mio padre che lo prese sotto un braccio e oltrepassò la malefica porta, non feci in tempo a varcarla anch’io che mi venne sbattuta in faccia. Vissi malissimo quei primi momenti di distacco tra noi, mi sembrava che la sua presenza fosse stata da sempre al mio fianco ed ora che mi fosse stato strappato via con la forza… e non erano nemmeno due ore che ci eravamo conosciuti. Mio padre uscii e per un momento nessuno dei due parlò e questo mi terrorizzò, già mi immaginavo che il bambino non era riuscito a sopportare le torture del dottore e che quindi era perito in atroci sofferenze e che quindi avevo perso per sempre la mia metà. Ma poi mio padre si decise a parlare e mi riportò in vita.
- Steven il tuo amichetto è ridotto abbastanza male…- Me lo disse come se stesse parlando di un animale ed io con i pugni stretti feci altrettanto per non insospettirlo, non sapevo cosa dovesse insospettirlo ma era sempre meglio prevenire.
- Posso tenerlo?-
- Perché vuoi tenerlo?- Si accese una sigaretta tenendo le mani a coppa, da quello capii che per lui si stava parlando di un argomento di nessunissima importanza quindi era tutto nelle mie mani.
- Mi incuriosisce e poi mi ha stretto la mano… come se fosse la prima volta nella sua vita…-
- Ti incuriosisce? Non credo che sia un motivo abbastanza forte da potertelo far tenere… lo farò curare e gli troverò una sistemazione-. Purtroppo mi fregai da solo avevo parlato del bambino come se fosse stato un essere umano e quindi avevo allertato l’attenzione di mio padre. Quindi ormai non mi rimaneva che esprimere tutto quello che mi sentivo dentro.
- No padre! Non so come spiegartelo ma sento che ho bisogno di lui almeno quanto lui ha bisogno di me…-
- Non sarà semplice, quel bambino oltre ad essere malnutrito e maltrattato, non parla ed è terribilmente spaventato da qualsiasi cosa lo circondi. Per farlo curare l’ho dovuto colpire con il calcio della pistola e farlo svenire…-
- COSA?- Impallidii spaventosamente e quasi persi la ragione per prendere a pugni mio padre, lo so avevo quattro anni ma solo Gan sa quanto ero incazzato in quel momento.
- Era necessario, non stava fermo un momento-. A mio padre bastò mettermi una mano sulla testa per tenermi alla larga da lui così i miei calci e i miei pugni ridicoli andarono tutti a vuoto.
- Se mi avessi fatto entrare lo avrei calmato io…-
- Non pensarci nemmeno se ti dovessi dare il permesso di tenerlo la prima cosa che ti chiederei di fare e di non entrare mai con lui nella stanza medica…- Mi prese per la maglietta come se mi volesse minacciare ma io non capivo perché lo avrebbe dovuto fare, almeno che…
- Perché? Ha qualcosa di grave?- La rabbia sbollì al posto della preoccupazione, quello che aveva lui l’avevo anch’io, così era così sarà per sempre.
- Niente che non sia curabile ma voglio che sia quel bambino a spiegarti quello che gli è successo solo quando si sentirà pronto a farlo. Dovrai essere paziente con lui in questo momento è molto fragile…-
- Mi dai il permesso di tenerlo?- Cercai in qualche modo di mettere un freno alla felicità ma proprio non ci riuscii, insomma era finalmente mio!
- Aye ma io non voglio averci niente a che fare, dovrai occupartene da solo, ricordati che se ti stancherai di lui sarà di nuovo solo e abbandonato a se stesso e nelle condizioni in cui sta non riuscirebbe a sopravvivere per molto-.
- Non lo abbandonerò padre, mai…- Ci credevo veramente a quella promessa e anche se ci credo ancora con il tempo ho capito che non sempre è possibile mantenere la parola data anche quando lo si vorrebbe con tutte le proprie forze…
- Allora non ti rimane altro che dargli un nome, il medico dice che ha una brutta botta in testa che gli ha fatto perdere gran parte della memoria…- Non mi importava del suo passato per me la sua vita era iniziata nel momento in cui i suoi occhi si erano incrociati con i miei, non ero un insensibile semplicemente ero tropo piccolo per pensare ad altro che al presente…
- So già come chiamarlo, appena ho visto i suoi occhi ho capito che il nome giusto per lui è Sunny…- Irradiava luce ed io ero attratto proprio da essa, sarebbe stato il mio sole che avrebbe indicato il mio cammino… ed io il suo.
- Sunny?-
- Sì ma solo io posso chiamarlo così quindi ora bisogna inventarsi un cognome…- Volevo mettere in chiaro che lui era mio, lo consideravo un po’ come un mio oggetto solo col tempo avrei imparato ad amarlo e quindi a considerarlo anche come persona. Ma ancora ora lo considero prima di tutto come il mio amante e poi come persona, quando si parla di lui divento profondamente possessivo.
- Allgood ti va bene?- Mio padre mi stupii, per tutto il tempo si era mostrato freddo e distacco e invece era stato capace di tirare fuori un cognome che quasi aveva lo stesso valore del nome che gli avevo dato io…
- Perfetto… da lui non potranno che venire cose belle… per me è diventato già essenziale…-
- Bene vuoi che dorma da te o che gli faccia preparare una stanza?- La proposta di mio padre mi fece quasi volare in cielo dalla contentezza, non avrei mai creduto che mi avrebbe dato il permesso di tenerlo nella mia stessa stanza… questa fu l’unica cosa che mio padre fece per me in tutta la mia vita, ma non posso lamentarmene visto che mi gettò tra le braccia del ka e del mio futuro amante che allora non era altro che un bambino troppo spaventato per la sua età. Volevo tenermelo vicino, sempre di più, io ero riuscito a calmarlo già una volta ed ero sicuro che col tempo lo avrei addirittura guarito dal suo male qualunque esso potesse essere.
- Se mi è permesso vorrei tenerlo con me, vedrai che lo guarirò da ogni sua ferita…-
- Lo spero…- Mio padre sembrò poco propenso a credermi dopotutto lui conosceva le reali condizioni di Sunny e se fossi stato in lui anch’io non mi sarei dato un soldo di cacio. Era una scommessa persa in partenza ma visto che non era una scommessa ma una promessa fatta a me stesso e al mio bambino d’oro ero sicuro di riuscire a salvarlo. Questo prima di averlo visto uscire dall’infermeria… poi nella mia testa c’era posto solo per le sue urla acute che sembravano andare a ferirmi direttamente il cuore, mai visto una persona più disperata e spaventata…
- Che gli hanno fatto lì dentro? E’ più terrorizzato di prima!- Corsi da lui e lo abbracciai ma pareva inconsolabile, il suo corpo era tutto teso pronto a scattare alla minima mossa di mio padre. Mio padre non mostrò alcuna pena per lui ma almeno ebbe l’accortezza di rimanere distante, la sua voce uscì sempre dura e imperiosa che quasi fece venire voglia di piangere anche a me.
- Quello che deve essere fatto e lo dovrai portare qui ogni giorno finché non finirà la sua cura, capito Steven?- Mi inchiodò con il suo sguardo sfidandomi a disobbedirgli, io non ne avevo alcuna intenzione ma Sunny era troppo terrorizzato per sperare che ci sarebbe tornato ancora ed io ero troppo piccolo per trascinarlo come aveva fatto mio padre…
- Non credo che ci vorrà venire ancora…- Ora ero impaurito anch’io perché sapevo che se non avessi fatto quello che mi era stato detto mio padre non ci avrebbe pensato due volte a strapparmi via dalle braccia Sunny che non aveva ancora smesso di urlare. Al contrario mio padre mi fece un sorriso ironico indicandolo…
- Mi pare ti si sia già attaccato parecchio, convincilo…- Ero talmente stravolto che non mi ero accorto che Sunny aveva allacciato le braccia intorno alla mia vita stritolandomi, la sorpresa era così piacevole che non sentivo neanche il dolore per la sua morsa ferrea. La sua testa era nascosta nel mio torace e le sue lacrime mi avevano bagnato la maglia, tutto questo miracolo senza che io me ne fossi accorto perché troppo spaventato dalla prospettiva di poterlo perdere… Mio padre mi lasciò da solo con lui dandomi la possibilità di risolvere la questione, sospirai di sollievo per non avermelo portato via subito. Rimasi lì in piedi per non so quanto tempo ma abbastanza da non sentirmi più le gambe e Sunny ancora non aveva smesso di piangere, stava diventando un pianto cronico ormai… Cercai di staccarmelo di dosso ma fu una vera impresa, chiuse i pugnetti intorno alla mia maglia e fece tutta la resistenza possibile. Quando ci riuscii feci per la prima volta una cosa che poi sarebbe diventata un’abitudine: gli baciai le gote e con esse le sue lacrime salate. Il mio gesto impulsivo lo calmò all’istante, come se avessi spinto un pulsante di spegnimento. Gli presi le mani nelle mie e lo incoraggiai a seguirmi, in realtà incoraggiai me stesso.
- Basta piangere Sunny è tutto finito… ora ci sono io con te-. Accettò le mie parole come accettò il suo nuovo nome annuendo quasi impercettibilmente.
- Quel che ci serve è un bagno caldo e dei vestiti puliti… e poi una bella dormita-. Questo fu il nostro primo giorno così simili a tanti altri che non ricordo nemmeno più quando cominciò a parlarmi ma sono sicuro di una cosa: mi fece sudare le sette camicie per spogliarlo e fargli fare il bagno ma quando lo raggiunsi nella vasca si tranquillizzò immediatamente, forse mio padre aveva ragione Sunny mi si era già affezionato, dopotutto per me non era lo stesso? Con tutta la vasca a disposizione Sun mi tirò verso sé e per me in quel momento la vasca divenne il miglior luogo dell’intero regno e il suo petto il miglior posto dove riposare… e dopo tanti anni è ancora così. A letto ci abbracciammo in una posizione non tanto diversa da quella tenuta nella vasca e anche questo lo mantenemmo nel tempo. Ricordo quel giorno come se fosse oggi e sento il bisogno impellente di stringermi ancora di più a lui per donargli ancora quella serenità e tranquillità di allora, purtroppo i tempi sono cambiati e nessuno può dirsi tranquillo tanto meno io che sono il Re e tanto meno lui che è il mi vice. Trasmetto la mia tensione a lui che mi guarda preoccupato, gli sorrido, mi domando se anche lui stia pensando le mie stesse cose o maniaco com’è non stia pensando al suo chiodo fisso… quello di certo negli anni non è mai cambiato e poi sarei un ipocrita a dire che non è anche il mio… ora è lui a stringermi di più… Gan quanto ti amo Sunshine… non lasciarmi mai. Da piccoli era lui ad avere una paura fottuta che lo abbandonassi ora sono io a provarla ma la sua stretta ferrea mi riporta presto alla realtà ovvero lui è mio quanto io sono suo, non c’è solitudine nel nostro futuro e ogni giorno che passa ne è una riprova. Peccato non poter metter in pratica più spesso questa certezza… mi manca il suo corpo, mi sembra come se mi fosse preclusa l’acqua per giorni e giorni, qualcosa di indispensabile che il mio corpo anela ogni istante che passa. Vedo con lui questo straordinario paesaggio e mi chiedo perché sto perdendo tempo a guardare Gilead quanto tutto il mio mondo sono i suoi occhi azzurri, la sua bocca e il suo corpo che so mi sta desiderando come non mai? Prima di tutto sono un Re e non posso abbandonarmi a miei piaceri personali, ma la mano di Sunny che mi sta accarezzando delicatamente lo stomaco non la tolgo… anzi spero che si faccia più sfacciata il prima possibile e che il suo corpo risponda presto alla nostra vicinanza… e poi… poi… si vedrà… il viaggio della mia mente non si ferma certamente qui, lo ha appena cominciato…


Continua…