I personaggi sono di King tranne
Sunny Allgood che me lo sono inventato io. E’ una Sunny/Steven e il titolo dà
un’idea del fatto che dopo verrà il momento dei figli ovvero Cuthbert e Roland.
Spero che non diventi infinita anche questa altrimenti mi sparo. Buona lettura
a voi e buona scrittura a me^^
Da padre in figlio (i
padri...)
parte II
di Mia
- Tu chi sei?- Questa è la prima domanda che feci al bambino che un giorno
sarebbe diventato l’amore della mia vita… La prima volta che lo incontrai
avevo quattro anni, ero nella periferia di Gilead con mio padre in una locanda
che lamentava continui attacchi da vari tagliagole. Lui era un mucchio di
stracci logori appoggiato al muro esterno della locanda come un ubriaco o un
moribondo, ma a differenza di essi era solo un bambino infreddolito e
spaventato e forse anche malato. Andai subito da lui mentre mio padre entrò
senza preoccuparsi di me, dopotutto non lo faceva mai, non da quando mia madre
era morta, con lei eravamo morti un po’ tutti e due.
- …- Questo fu ciò che mi rispose lo stesso bambino che ora uomo mi sta
abbracciando su questa torre… nulla. Il bambino in questione era coperto di
stracci, deperito a tal punto da perdersi dentro essi e così sporco da non
riuscire quasi a riconoscere i suoi lineamenti eppure i suoi occhi mi
attirarono immediatamente senza darmi via di fuga. Mi sentii come se fossi
costretto a rimanere con lui da una forza esterna che un giorno avrei chiamato
ka. Non riuscii a rimanere in silenzio, ero talmente attratto da quegli occhi
che il mio primo istinto era quello di abbracciarlo e tenerlo con me per
sempre e rassicurargli che ora che eravamo insieme sarebbe andato tutto bene,
ma chissà cosa qualcosa mi avvertì che non sarebbe stata affatto una buona
idea, così mi avvicinai con cautela come se stesse dormendo ed io avessi avuto
paura di svegliarlo dal suo sonno.
- Come ti chiami?-
- …-
- Io sono Steven…- Provai a presentarmi per primo come voleva l’etichetta ma
il bambino si incassò ancora di più rifuggendo la mia mano e il mio sguardo.
Solo io mi ero accorto che la sua presenza era diventata fondamentale nella
mia vita appena lo avevo visto, lui era troppo impegnato a tremare e ad essere
terrorizzato.
- …-
- Sei un bambino?- Non capii il suo sesso se non alla fine della giornata ma
la stessa forza che mi impediva di lasciarlo mi sussurrava che era un bambino
come me e questo mi sembrò maledettamente giusto, come se il mio destino si
fosse appena compiuto.
- Non farmi male…- Si ritirò ancora di più contro il muro e io stupidamente mi
avvicinai spaventandolo ancora di più…
- Perché dovrei?-
- Ti prego…- Gli occhi gli si riempirono di lacrime e prima di mettermi a
piangere anche io mi venne in mente che ogni volta che avevo voglia di
piangere c’era solo una cosa che mi tirava su… mangiare… se era qualcosa di
dolce ancora meglio
- Vuoi metà della mia ciambella?- La spezzai e gliela offrii ma era talmente
spaventato che cominciò a tremare appena la mia mano si avvicinò al suo corpo.
Stavolta non mi allontanai volevo che la situazione tra noi si sbloccasse, che
cominciasse a fidarsi di me…
- ….-
- Si dice che le ciambelle del vecchio Hank siano le migliori dell’intera
Baronia…- Continuai a parlare facendo finta di non interessarmi a quello che
faceva lui e solo facendo così il bambino prese la parte di ciambella che gli
porgevo e la divorò in un attimo.
- …-
- Hai fame? Tieni anche la mia parte a me non va…- Avvicinai di nuovo la mano
a lui e stavolta invece di guardarmi terrorizzato cominciò a guardarmi con
sorpresa, ma la tensione del suo corpo era ancora palpabile. Prese con avidità
la ciambella rimasta continuando a guardarmi con quegli occhi che per me erano
già diventati la cosa più meravigliosa mai vista nella mia vita. Lui non
parlava ma i suoi occhi parlavano al posto della sua bocca e anche senza
parole parlavano di cose indicibili che mai un bambino della mia età avrebbe
compreso e neanche conosciuto, a Gilead i bambini sono sacri, forse perché
sono il futuro dell’intera Baronia e se futuri pistoleri addirittura
dell’intero Medio-Mondo…
- …-
- Mi stai ringraziando?- Mi strinse un lembo della maglia con energia e per un
po’ quello fu il nostro modo di dialogare: io parlavo, lui rispondeva si o no,
stringendomi la maglietta per il sì e allentando la presa per il no…
- …-
- Prego…-
- …-
- Non vuoi entrare a bere qualcosa di caldo?-
- …-
- Va bene, va bene rimaniamo qui…- Strinse maggiormente la mia maglia e mi si
avvicinò timidamente. Cercai di smorzare il sorriso sulle mie labbra ma
proprio non ci riuscii, mi sembrò una grande vittoria…
- …-
- Fa freddo…-
- …-
- Stai tremando…- Cercai di mettergli un braccio sulle spalle e mai commisi un
errore più grande, il bambino si spaventò a tal punto da allontanarsi di
nuovo, sembrava un animale ferito e io non sapevo più come conquistarmi la sua
fiducia per potergli medicare le ferite che si portava dietro, visibili e
invisibili che fossero…
-…-
- Non voglio farti niente…- Mi alzai e ricordo bene che provai una forte
nostalgia della vicinanza del suo corpo. Per la prima volta nella mia giovane
vita mi sentii avido. Ma avido del corpo di una persona…
- …-
- Tieni il mio maglione…- Glielo porsi e di nuovo mi fece aspettare, doveva
ritrovare la fiducia in me dopo che secondo il suo cervello lo avevo quasi
aggredito con quella mano che in realtà lo voleva solamente circondare in un
caldo abbraccio…
- …-
- Non ringraziarmi, non ho freddo…- Quando lo prese fece uno sguardo
preoccupato e io di rimando sorrisi, in verità stavo tremando di freddo ma
vederlo finalmente al caldo mi riscaldava il cuore. Sapevo già che sarebbe
stata la persona di cui mi sarei occupato per il resto della mia vita per un
motivo o per un altro.
- …-
- Dammi la mano, voglio solo aiutarti…- Ovviamente non l’accettò si strinse
ancora di più nel mio maglione, sembrando ancora più piccolo. Annusò il mio
odore e mi imbarazzai nessuno aveva mai fatto una cosa così intima, nemmeno il
mio amico Vanny e vederlo mentre lo faceva lui mi incendiava il corpo fino le
orecchie rosse. Sembrava un gatto che si affida al suo olfatto per decidere se
fidarsi o meno della persona che ha davanti. Sembrava così bisognoso di
affetto e di cure che di nuovo mi azzardai ad allungare una mano verso di lui,
stavolta non si spaventò ma mi guardò curioso...
- …-
- Ti porto via da questo posto… verrai a casa con me…- Risposi alla sua
domanda muta e lui sembrò più confuso che mai, la parola casa per lui aveva
perso ogni significato o forse non lo aveva mai avuto. Stranamente fu solo
allora che mi chiesi cosa gli era successo per ridurlo in un simile stato di
annullamento. Avevamo solo quattro anni e il nostro mondo sarebbe dovuto
essere fatto solo di giochi e di affetto e non della paura e del dolore che i
suoi occhi si tenevano dentro impedendogli così di urlare tutta la sua
angoscia...
- Perché?- Con una domanda riuscì a mandarmi in confusione, perchè diavolo
stavo facendo tutto questo per uno sconosciuto? Perchè mi faceva sentire così
strano? Così euforico ma allo stesso tempo terrorizzato per averlo incontrato?
- Non lo so, so solo che è giusto che sia così…-
- Non farmi male-. Mi prese la mano continuando a tremare ma stavolta sapevo
per certo che non stava tremando per il freddo, mi chiesi ancora una volta
cosa gli fosse mai potuto accadere per ridurlo in quello stato, ma non feci
domande ero certo che se glielo avessi chiesto lo avrei nuovamente
allontanato. Ciò che importava era che si stava finalmente fidando di me.
- Non te ne farò, non potrei mai fartene… qual è il tuo nome?-
- Non lo so, non so più niente…- Mi sembrò così spaurito che quasi cedetti
all'impulso di abbracciarlo ma resistetti e mi limitai a stringergli di più la
mano, per ora non sapevo cosa fare di più per lui... forse al momento ero
spaventato quanto lui per le sensazioni che provavo…
- Ora una cosa la sai, presto avrai una nuova casa e non sarai più solo… hai
me-. Promessa che non ho mai tradito, da quel giorno gli sono appartenuto
corpo e anima fin da subito e appena i nostri corpi ci hanno dato la
possibilità di dimostrarlo ce lo siamo giurato a pelle fino allo stremo delle
forze. Aspettammo al gelo che uscisse mio padre, finalmente avevo raggiunto il
traguardo di tenergli una mano e gliela tenevo così fermamente che temevo
quasi di fargli male, ma non volevo che si spaventasse alla vista di mio padre
e fuggisse via, anche se ero convinto che in quel caso l’avrei cercato per
tutto il Medio Mondo finché non l’avessi trovato. Mio padre uscii di corsa e
quasi travolse sia me che il trovatello, imprecò abbastanza da insultare tutti
i dei e poi austero mi inchiodò con il suo sguardo chiedendomi spiegazioni, il
piccolo ormai si era fatto così minuscolo per il terrore che sarebbe sfuggito
allo sguardo umano ma mio padre non era solo il Re ma anche un pistolero.
- E lui chi sarebbe?-
- Padre non alzare la voce altrimenti si spaventa…-
- Chi sarebbe?- Insistette con più durezza e quasi temetti che mi avrebbe
picchiato ma per il mio nuovo amico avrei affrontato qualsiasi cosa.
- E’ un mio nuovo amico…-
- Non ne hai già abbastanza al castello?-
- Lui è diverso, vorrei portarlo via con noi…-
- Perché?-
- Sta male e non credo sia giusto lasciarlo qui a morire di freddo e di fame…-
Ovviamente non gli parlai della strana sensazione che provavo nello stomaco,
non gli dissi che era come se lo stessi aspettando da sempre, puntai su quello
che era tangibile e reale…
- Va bene lo portiamo con noi poi al castello vedremo il da farsi…- Mio padre
salì sulla carrozza un po’ a disagio, lui in genere cavalcava ma vista la mia
presenza non aveva potuto fare altro che adeguarsi. Il bambino si accucciò
vicino a me cercando di sfuggire allo sguardo di mio padre, per lui quell’uomo
era troppo grande per ispirare fiducia, i grandi gli avevano fatto male quindi
i grandi erano cattivi. Si addormentò esausto con la testa appoggiata sulla
mia spalla e mi piace pensare che quella fu la prima volta che ebbe un sonno
tranquillo e che forse fece addirittura sogni che ogni bambino dovrebbe fare
alla sua età. Finalmente riuscii a mettergli un braccio intorno alle spalle e
stranamente mi sentii meglio tanto da addormentarmi anch’io e mi svegliai che
eravamo già arrivati al castello. Lui era già sveglio e aveva gli occhi
spalancati non so se più per la paura o per lo sorpresa. Era stretto addosso a
me come se io lo avessi potuto salvare da tutto quello che vedeva e che lo
spaventava, ero diventato il suo unico punto di riferimento in quel mondo
sconosciuto e io ne andavo fiero. Lo abbracciai rischiando di rovinare tutto,
al contrario appoggiò la testa sulla mia spalla e chiuse nuovamente gli occhi
stavolta per non vedere e nascondersi dalla folla della città… lo accolsi con
tutto il calore che il mio corpo poteva dargli. Forse quella fu la volta che
si innamorò del mio calore non riuscendone più a farne a meno. Rimanemmo così
finché la carrozza non si fermò davanti al castello. Scese mio padre poi io
con lui che mi teneva stretto per la camicia, quasi feci cadere entrambi
essendo sbilanciato dal suo corpo.
- Portalo in infermeria…- Per tutto il tragitto dovetti trascinarlo per farlo
camminare, sentivo che tremava di nuovo ma stavolta ero sicuro che i suoi
erano brividi di paura, come dargli torto, percepiva l’ambiente esterno ostile
e sconosciuto e come unico appiglio aveva un bambino di quattro anni che
sembrava spaventato quasi quanto lui… Quando vidi Vanny sospirai di sollievo,
ma per poco visto che si nascose dietro un portico e non lo trovai più, credo
che lui era il più spaventato di tutti noi, ogni cosa lo spaventava figurarsi
le novità. Mio padre ci spinse verso quello che più terrorizzava me, ovvero
l’infermeria… ho qualche problema con gli aghi… ma non c’è bisogno che si
sappia in giro anche se Sunny non manca mai di sfottermi ma da lui mi faccio
fare questo e altro. Quando mio padre tentò di dividerci prima cercammo di
fare resistenza poi scoppiammo a piangere tutti e due quando capimmo che non
c’era niente da fare. Mi si spezza il cuore a ripensare a quella scena, allora
non capii il terrore negli occhi di Sunny ero troppo piccolo per farlo ma ora
con gli occhi di un adulto capisco che per lui mio padre era l’equivalente di
un mostro per me. Non riuscii più a trattenere la sua mano che mi scivolò e
forse lui lo vide come un abbandono fatto sta che cominciò a urlare come una
sirena e a scalciare come un ossesso. Tutto questo non spaventò mio padre che
lo prese sotto un braccio e oltrepassò la malefica porta, non feci in tempo a
varcarla anch’io che mi venne sbattuta in faccia. Vissi malissimo quei primi
momenti di distacco tra noi, mi sembrava che la sua presenza fosse stata da
sempre al mio fianco ed ora che mi fosse stato strappato via con la forza… e
non erano nemmeno due ore che ci eravamo conosciuti. Mio padre uscii e per un
momento nessuno dei due parlò e questo mi terrorizzò, già mi immaginavo che il
bambino non era riuscito a sopportare le torture del dottore e che quindi era
perito in atroci sofferenze e che quindi avevo perso per sempre la mia metà.
Ma poi mio padre si decise a parlare e mi riportò in vita.
- Steven il tuo amichetto è ridotto abbastanza male…- Me lo disse come se
stesse parlando di un animale ed io con i pugni stretti feci altrettanto per
non insospettirlo, non sapevo cosa dovesse insospettirlo ma era sempre meglio
prevenire.
- Posso tenerlo?-
- Perché vuoi tenerlo?- Si accese una sigaretta tenendo le mani a coppa, da
quello capii che per lui si stava parlando di un argomento di nessunissima
importanza quindi era tutto nelle mie mani.
- Mi incuriosisce e poi mi ha stretto la mano… come se fosse la prima volta
nella sua vita…-
- Ti incuriosisce? Non credo che sia un motivo abbastanza forte da potertelo
far tenere… lo farò curare e gli troverò una sistemazione-. Purtroppo mi
fregai da solo avevo parlato del bambino come se fosse stato un essere umano e
quindi avevo allertato l’attenzione di mio padre. Quindi ormai non mi rimaneva
che esprimere tutto quello che mi sentivo dentro.
- No padre! Non so come spiegartelo ma sento che ho bisogno di lui almeno
quanto lui ha bisogno di me…-
- Non sarà semplice, quel bambino oltre ad essere malnutrito e maltrattato,
non parla ed è terribilmente spaventato da qualsiasi cosa lo circondi. Per
farlo curare l’ho dovuto colpire con il calcio della pistola e farlo svenire…-
- COSA?- Impallidii spaventosamente e quasi persi la ragione per prendere a
pugni mio padre, lo so avevo quattro anni ma solo Gan sa quanto ero incazzato
in quel momento.
- Era necessario, non stava fermo un momento-. A mio padre bastò mettermi una
mano sulla testa per tenermi alla larga da lui così i miei calci e i miei
pugni ridicoli andarono tutti a vuoto.
- Se mi avessi fatto entrare lo avrei calmato io…-
- Non pensarci nemmeno se ti dovessi dare il permesso di tenerlo la prima cosa
che ti chiederei di fare e di non entrare mai con lui nella stanza medica…- Mi
prese per la maglietta come se mi volesse minacciare ma io non capivo perché
lo avrebbe dovuto fare, almeno che…
- Perché? Ha qualcosa di grave?- La rabbia sbollì al posto della
preoccupazione, quello che aveva lui l’avevo anch’io, così era così sarà per
sempre.
- Niente che non sia curabile ma voglio che sia quel bambino a spiegarti
quello che gli è successo solo quando si sentirà pronto a farlo. Dovrai essere
paziente con lui in questo momento è molto fragile…-
- Mi dai il permesso di tenerlo?- Cercai in qualche modo di mettere un freno
alla felicità ma proprio non ci riuscii, insomma era finalmente mio!
- Aye ma io non voglio averci niente a che fare, dovrai occupartene da solo,
ricordati che se ti stancherai di lui sarà di nuovo solo e abbandonato a se
stesso e nelle condizioni in cui sta non riuscirebbe a sopravvivere per
molto-.
- Non lo abbandonerò padre, mai…- Ci credevo veramente a quella promessa e
anche se ci credo ancora con il tempo ho capito che non sempre è possibile
mantenere la parola data anche quando lo si vorrebbe con tutte le proprie
forze…
- Allora non ti rimane altro che dargli un nome, il medico dice che ha una
brutta botta in testa che gli ha fatto perdere gran parte della memoria…- Non
mi importava del suo passato per me la sua vita era iniziata nel momento in
cui i suoi occhi si erano incrociati con i miei, non ero un insensibile
semplicemente ero tropo piccolo per pensare ad altro che al presente…
- So già come chiamarlo, appena ho visto i suoi occhi ho capito che il nome
giusto per lui è Sunny…- Irradiava luce ed io ero attratto proprio da essa,
sarebbe stato il mio sole che avrebbe indicato il mio cammino… ed io il suo.
- Sunny?-
- Sì ma solo io posso chiamarlo così quindi ora bisogna inventarsi un
cognome…- Volevo mettere in chiaro che lui era mio, lo consideravo un po’ come
un mio oggetto solo col tempo avrei imparato ad amarlo e quindi a considerarlo
anche come persona. Ma ancora ora lo considero prima di tutto come il mio
amante e poi come persona, quando si parla di lui divento profondamente
possessivo.
- Allgood ti va bene?- Mio padre mi stupii, per tutto il tempo si era mostrato
freddo e distacco e invece era stato capace di tirare fuori un cognome che
quasi aveva lo stesso valore del nome che gli avevo dato io…
- Perfetto… da lui non potranno che venire cose belle… per me è diventato già
essenziale…-
- Bene vuoi che dorma da te o che gli faccia preparare una stanza?- La
proposta di mio padre mi fece quasi volare in cielo dalla contentezza, non
avrei mai creduto che mi avrebbe dato il permesso di tenerlo nella mia stessa
stanza… questa fu l’unica cosa che mio padre fece per me in tutta la mia vita,
ma non posso lamentarmene visto che mi gettò tra le braccia del ka e del mio
futuro amante che allora non era altro che un bambino troppo spaventato per la
sua età. Volevo tenermelo vicino, sempre di più, io ero riuscito a calmarlo
già una volta ed ero sicuro che col tempo lo avrei addirittura guarito dal suo
male qualunque esso potesse essere.
- Se mi è permesso vorrei tenerlo con me, vedrai che lo guarirò da ogni sua
ferita…-
- Lo spero…- Mio padre sembrò poco propenso a credermi dopotutto lui conosceva
le reali condizioni di Sunny e se fossi stato in lui anch’io non mi sarei dato
un soldo di cacio. Era una scommessa persa in partenza ma visto che non era
una scommessa ma una promessa fatta a me stesso e al mio bambino d’oro ero
sicuro di riuscire a salvarlo. Questo prima di averlo visto uscire
dall’infermeria… poi nella mia testa c’era posto solo per le sue urla acute
che sembravano andare a ferirmi direttamente il cuore, mai visto una persona
più disperata e spaventata…
- Che gli hanno fatto lì dentro? E’ più terrorizzato di prima!- Corsi da lui e
lo abbracciai ma pareva inconsolabile, il suo corpo era tutto teso pronto a
scattare alla minima mossa di mio padre. Mio padre non mostrò alcuna pena per
lui ma almeno ebbe l’accortezza di rimanere distante, la sua voce uscì sempre
dura e imperiosa che quasi fece venire voglia di piangere anche a me.
- Quello che deve essere fatto e lo dovrai portare qui ogni giorno finché non
finirà la sua cura, capito Steven?- Mi inchiodò con il suo sguardo sfidandomi
a disobbedirgli, io non ne avevo alcuna intenzione ma Sunny era troppo
terrorizzato per sperare che ci sarebbe tornato ancora ed io ero troppo
piccolo per trascinarlo come aveva fatto mio padre…
- Non credo che ci vorrà venire ancora…- Ora ero impaurito anch’io perché
sapevo che se non avessi fatto quello che mi era stato detto mio padre non ci
avrebbe pensato due volte a strapparmi via dalle braccia Sunny che non aveva
ancora smesso di urlare. Al contrario mio padre mi fece un sorriso ironico
indicandolo…
- Mi pare ti si sia già attaccato parecchio, convincilo…- Ero talmente
stravolto che non mi ero accorto che Sunny aveva allacciato le braccia intorno
alla mia vita stritolandomi, la sorpresa era così piacevole che non sentivo
neanche il dolore per la sua morsa ferrea. La sua testa era nascosta nel mio
torace e le sue lacrime mi avevano bagnato la maglia, tutto questo miracolo
senza che io me ne fossi accorto perché troppo spaventato dalla prospettiva di
poterlo perdere… Mio padre mi lasciò da solo con lui dandomi la possibilità di
risolvere la questione, sospirai di sollievo per non avermelo portato via
subito. Rimasi lì in piedi per non so quanto tempo ma abbastanza da non
sentirmi più le gambe e Sunny ancora non aveva smesso di piangere, stava
diventando un pianto cronico ormai… Cercai di staccarmelo di dosso ma fu una
vera impresa, chiuse i pugnetti intorno alla mia maglia e fece tutta la
resistenza possibile. Quando ci riuscii feci per la prima volta una cosa che
poi sarebbe diventata un’abitudine: gli baciai le gote e con esse le sue
lacrime salate. Il mio gesto impulsivo lo calmò all’istante, come se avessi
spinto un pulsante di spegnimento. Gli presi le mani nelle mie e lo
incoraggiai a seguirmi, in realtà incoraggiai me stesso.
- Basta piangere Sunny è tutto finito… ora ci sono io con te-. Accettò le mie
parole come accettò il suo nuovo nome annuendo quasi impercettibilmente.
- Quel che ci serve è un bagno caldo e dei vestiti puliti… e poi una bella
dormita-. Questo fu il nostro primo giorno così simili a tanti altri che non
ricordo nemmeno più quando cominciò a parlarmi ma sono sicuro di una cosa: mi
fece sudare le sette camicie per spogliarlo e fargli fare il bagno ma quando
lo raggiunsi nella vasca si tranquillizzò immediatamente, forse mio padre
aveva ragione Sunny mi si era già affezionato, dopotutto per me non era lo
stesso? Con tutta la vasca a disposizione Sun mi tirò verso sé e per me in
quel momento la vasca divenne il miglior luogo dell’intero regno e il suo
petto il miglior posto dove riposare… e dopo tanti anni è ancora così. A letto
ci abbracciammo in una posizione non tanto diversa da quella tenuta nella
vasca e anche questo lo mantenemmo nel tempo. Ricordo quel giorno come se
fosse oggi e sento il bisogno impellente di stringermi ancora di più a lui per
donargli ancora quella serenità e tranquillità di allora, purtroppo i tempi
sono cambiati e nessuno può dirsi tranquillo tanto meno io che sono il Re e
tanto meno lui che è il mi vice. Trasmetto la mia tensione a lui che mi guarda
preoccupato, gli sorrido, mi domando se anche lui stia pensando le mie stesse
cose o maniaco com’è non stia pensando al suo chiodo fisso… quello di certo
negli anni non è mai cambiato e poi sarei un ipocrita a dire che non è anche
il mio… ora è lui a stringermi di più… Gan quanto ti amo Sunshine… non
lasciarmi mai. Da piccoli era lui ad avere una paura fottuta che lo
abbandonassi ora sono io a provarla ma la sua stretta ferrea mi riporta presto
alla realtà ovvero lui è mio quanto io sono suo, non c’è solitudine nel nostro
futuro e ogni giorno che passa ne è una riprova. Peccato non poter metter in
pratica più spesso questa certezza… mi manca il suo corpo, mi sembra come se
mi fosse preclusa l’acqua per giorni e giorni, qualcosa di indispensabile che
il mio corpo anela ogni istante che passa. Vedo con lui questo straordinario
paesaggio e mi chiedo perché sto perdendo tempo a guardare Gilead quanto tutto
il mio mondo sono i suoi occhi azzurri, la sua bocca e il suo corpo che so mi
sta desiderando come non mai? Prima di tutto sono un Re e non posso
abbandonarmi a miei piaceri personali, ma la mano di Sunny che mi sta
accarezzando delicatamente lo stomaco non la tolgo… anzi spero che si faccia
più sfacciata il prima possibile e che il suo corpo risponda presto alla
nostra vicinanza… e poi… poi… si vedrà… il viaggio della mia mente non si
ferma certamente qui, lo ha appena cominciato…
Continua…
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