Serie:Storia originale
Parte: 4/? credo ce ne saranno altre 3...almeno, scusate la lunghezza...
Rating: mmm... Sesso c'è ne ma pochetto pochetto, discorsi pesanti, il
linguaggio mi pare accettabile, magari è un attimino spinto alla fine...
Note: già detto tutto prima... mi rendo conto di non essere riuscita a
tenere uno stile unitario tra le diverse parti... ma non credo che vi
aspettiate da me particolari abilità... seguo un po' l'impulso del momento e
cerco di usare tempi e linguaggio in modo funzionale a quello che voglio
trasmettere... naturalmente poi il risultato è quello che è... era solo per
giustificare un attimo 'sto caos...



Dago 4

di Ljsbeth


Vorrei sapere cosa pensi di me, della mia storia. Ci siamo incontrati per caso e per caso ci troviamo qui, in questo letto, a parlare di noi… ma non mi dici cosa pensi.
Ti vedo bambino in un angolo, seduto a guardare tua madre, che immagino bellissima. La vedo mentre si raccoglie i lunghi capelli di ombra lucida che ti ha poi lasciato in eredità: pesanti le scivolano sulle lunghe braccia bianche. E tu silenzioso la guardi e non dici nulla e con lei aspetti l’uomo che dovresti chiamare padre. Ho questa scena davanti agli occhi e non so perché, non ti ho mai visto bambino, eppure sento che è vera E ti devo parlare di Marcello, come spiegarti? Da dove iniziare? Marcello è il primo essere umano che mi ha toccato dopo i miei genitori e i medici dell ’ospedale… Ha importanza questo? Serve a capire?
-Marcello è il mio tutore -questo è banale ma è facile, concedimi questa debolezza Wasjlli
-Era scritto, sulle carte. Ti conosco da poco, non sei tipo che scappa di fronte hai problemi. Qualcosa di più ci deve essere Ebbene sì, Wasjlli è un angelo, e come ogni angelo è spietato, vive la vita con intensità ma in realtà essa non lo tocca, per questo ha mantenuto lo sguardo di un bambino molto piccolo. Ora ho suscitato la sua curiosità, e la curiosità di un bambino è spietata Vorrei avere una sigaretta, non ho mai fumato molto, un pacchetto mi durava settimane e settimane… poi fumava quelle ridicole, al mentolo, e per i miei compagni era andare a nozze, facilissimo prendermi per il culo. Ma a me piaceva la sensazione che lasciavano in gola, quel fuoco fresco e bruciante che mi faceva tossire con gli occhi lucidi.
Ecco ora ne sento il bisogno, mi darebbe il tempo di raccogliere i pensieri e le parole.
Si volta verso Wasjlli: sono entrambi stesi, paralleli uno all’altro, nudi e rilassati. Non c’è il minimo contatto… sposta lo sguardo sul lenzuolo ammonticchiato oltre i loro piedi, sospira, si scioglie i capelli, lascia che gli cadano in riccioli scomposti sulle spalle e la schiena, sospira di nuovo, spera che Wasjlli gli dica che non importa, ma sa che è una speranza inutile
-Ci sono vissuti, malesseri che imprigionano in luoghi scuri, umidi e dalle spesse pareti che opprimono: il paese delle lacrime del Piccolo Principe… a Marcello devo riconoscere l’abilità di aver spezzato le mura di quella prigione…
-Ma non gli sei grato…
Trattiene la rabbia, ma qualcosa dalla voce traspare.
-Mi ci aveva ficcato lui!! E mi ha tirato fuori con il dolore e le umiliazioni… no, non gli sono grato!
Wasjlli non dice nulla, inclina il capo… un’altra canzone gli torna alla mente, non ricorda il titolo ne il cantante, sa che nel testo un uomo parlava in prima persona, ricordava la sua città, le case bianche, il cielo blu, la pace e la dolcezza della vita là… poi un clacson lo sveglia e il sogno ha fine, la realtà è ben diversa, ma c’è la persona che ama, in lei ritrova la stessa quiete, la stessa pace e il sogno diventa realtà.
-Marcello era il tuo esatto opposto
Wasjlli lo guarda, si limita a guardarlo e gli da il tempo di trovare le parole, di spiegarsi, gli sembra di avere tutta la vita per chiarire, per capirci anche lui qualcosa. Sente la stanchezza che preme, un mal di testa sordo lo colma come un onda di acqua e petrolio. Sa che sono tutti quei pensieri, quei ricordi che premono per uscire: per fare cessare il dolore deve aprire la bocca e dargli fiato.
-Quando sto con te mi sento tranquillo, qualsiasi cosa stia affrontando, ti guardo accanto a me, guardo il tuo sorriso, il modo leggero che hai di affrontare le cose, senza però svalorizzarle o degradarle a non importanti…
Quando ero con Marcello tutto il resto mi sembrava estremamente cupo, ingiusto. Credo che dentro di lui la parola prediletta fosse merda, o un sinonimo… tutto per lui era merda, tutto. Lui compreso. Si divertiva a vedere la gente che affogava, diceva che la vita prende l’aspetto che merita… e per lui meritava solo la disperazione.
Wasjlli allunga una mano, fruga tra le foto, ne pesca una. Marcello naturalmente, di fronte alla residenza della famiglia Grandi. Una residenza che pareva uscita dal periodo del re Sole.
-Noi abitavamo in una villetta: una sala, due studi, tre camere da letto, quattro bagni e la cucina. Sembra una reggia vero? Eppure per Marcello doveva essere paragonabile solo ad un monolocale di un quartiere-dormitorio.
Sembrava soffocare quando veniva a trovarci, ad un certo punto mia madre ha avuto pena per lui è abbiamo cominciato ad essere solo noi ad andare a trovarlo… passavamo anche lunghi periodi a casa sua, quando mio padre era via per lavoro
-Faceva il giornalista?
-Una specie… era qualcosa di più, credo, scriveva lunghi articoli, su realtà ben specifiche, su temi ben specifici, erano come documentari… E’ difficilespiegare. Stava via mesi e mesi, tornava smagrito sorridente e stanco… ma i suoi occhi erano vuoti…
Ho viaggiato nel dolore. Lo diceva a mia madre, stringendo i manici della sua borsa, i suoi colleghi che gli rimanevano vicini come se temessero che crollasse. Allora solo io e la mamma potevamo farci qualcosa: ci abbracciava in quella maniera disperata, come se volesse annullarsi in noi, seppellirsi.
E il suo saluto:
-Vi prego, vi prego…
E la mamma sorrideva, li toccava il volto, le spalle e il collo. Parlava di noi, di lei e di me. Quel sorriso, quel tocco, quelle parole erano in realtà il suo viaggio di ritorno… Io non avrò nulla di tutto questo, nessuno ha potuto farlo per me…
Come spiegarti Wasjlli? Mio padre voleva essere a tutti i costi un eroe, solo che non lo sapeva.
-Si occupava di argomenti pesanti… davvero pesanti. Era come se non volesse permettere alle coscienze di addormentarsi, le pungolava con parole e racconti, con le foto, le frasi in corsivo…
Forse non capisci Wasjlli, le frasi in corsivo:… sono le parole della gente Riccardo… io guardavo l’articolo, respiravo intensamente il profumo della carta e dell’inchiostro e cercavo di capire. Vedevo le foto e glielo chiedevo… Ma sono vere? Intendevo i volti, le ferite, le espressioni…
-Sì Riccardo, questa ragazza ha la tua età, non voleva sottomettersi al marito, lui l’ha bruciata con l’acido… non guardare la sua pelle, le ferite, guarda il suo sorriso, il suo sguardo… lo vedi? E’ come quella foto coi bambini all’ospedale, quei bambini che giocavano a pallone dopo la riabilitazione…
-Quelli delle mine.
Mio padre annuiva.
-Dopo la mia nascita si occupava soprattutto della condizione dell’infanzia ma non solo… Non so cosa voleva dimostrare, cosa voleva mettere a tacere nella sua anima… Ma doveva farlo. Scriveva storie… null’altro… Quando ha sposata mia madre faceva già questo lavoro - Scoppia a ridere -Mia madre mi ha raccontato che aveva dovuto picchiarlo per convincerlo… gli ha fatto un occhio nero e scheggiato un dente con un pugno!
Sorridi, ma si vede che non capisci
-Non voleva sposarla… sapeva come sarebbe finita… per un po’ ci ha davvero provato a smetterla, poi leggeva un articolo e si arrabbiava… Come possono pensare di parlarne in tre pagine!! Urlava. E doveva partire.
Quando ero più grande me l’ha detto:
-Sapevo che saresti arrivato e sapevo che io sarei stato lontano, che avrei potuto sparire per sempre… Lei ti impedirà di sentirti solo e abbandonato.
Ti farà ridere e ti amerà abbastanza da compensare la mia assenza.
E ci è riuscita…
Wasjlli pesca una foto, i suoi genitori, si abbracciano tenendosi per la vita, ridono. Suo padre è alto, magro, un po’ curvo e stempiato, il volto di un ragazzo. Gli occhiali sono un po’ di traverso ma gli occhi dietro brillano quasi stupiti.
Sua madre… è lei. Sembra una delle statuette tribali che ornano la loro casa. Ride forte stringendosi a lui, pare sul punto di staccarsi per fare una giravolta. E’ piena di felicità
-Non ero ancora nato
-Sembra più giovane di tuo padre…
-Una vita diversa… però sì, c’erano 7 anni, non sono pochi… La stessa età di Marcello
-Aveva l’età di tuo padre?
-No di mia madre… erano gemelli.
Wasjlli appare stupito, studia le foto, cerca somiglianze ma non ne troverà…
Lui e sua madre sono i gemelli del mito: uno l’esatto opposto dell’altro.
-Era geloso di tuo padre?
-Vorrei poterti rispondere semplicemente di sì, ma non risponderei… Marcello ci amava tutti, a modo suo… sono stati i miei genitori a sceglierlo come tutore, al di là della parentela sembrava sinceramente affezionato… a tutti noi.
-E invece?
Come dirglielo, è solo un sospetto, un terribile sospetto. Infila le mani sotto le cosce come se avesse freddo, si fissa le gambe
-Il suo giornale ha pubblicato un articolo. L’ha mostrato a mio padre: era una di quelle situazione di cui lui amava occuparsi... Marcello sembrava pronto a finanziare il suo lavoro se era interessato. Non era facile trovare finanziamenti, anche se la famiglia di mia madre è ricca e noi vivevamo anche grazie ad una rendita che ci passava Marcello… è un discorso un po’ strano, c’era una soglia oltre la quale mio padre si sarebbe sentito offeso… ma messa così per lui era accettabile… così è partito… ed è morto
-Pensi che Marcello voleva…
-Se penso se l’ha ucciso? Non lo so… ma lui voleva che sparisse. Non accettava quello che provava, verso nessuno di noi…
-Intendi che vi desiderava? Sessualmente?
Sospiro, vorrei che tu fossi meno diretto, ma forse è meglio così... una notte l’ho segnato… il corpo da statua greca di Marcello avvinto a quello martoriato di mio padre… mi sono svegliato in un bagno di sudore, con lo stomaco chiuso. Marcello era stato con me, poche ore prima, in quel modo che mi nauseava…
-Sì, sono convinto di sì. Ma non per il sesso in se, per il possesso… per Marcello amare una persona era possederla totalmente, non lasciarle più spazio, per un pensiero, un desiderio autonomo. Il matrimonio di mia madre può essere stato solo causa di rabbia per lui… ma i miei erano troppo felici per rendersene conto…
Il medico era convinto che io fossi crollato perché in realtà odiavo mio padre, perché la sua morte era in realtà il concretizzarsi della mia segreta fantasia, quella che non accettavo… Perché lo ritenevo responsabile della morte di mia madre… Cazzate! Mastodontiche cazzate… Sono crollato appena ho compreso quello che era successo. Mio padre era già finito in prigione, già fatto oggetto di persecuzioni e torture… era sempre tornato. Mia madre, quando ha deciso di andare di persona a riprenderlo, mi ha abbracciato, mi ha baciato e ha sorriso… mi ha promesso che sarebbero tornati, insieme. L’ ultimo saluto me l’ha fatto con la mano, un saluto di bambina, e io sentivo ancora il calore delle sue braccia e delle sue labbra. Ci credeva, credeva davvero che la perseveranza arrivasse sempre alla giustizia… magari la strada è dura ma è così. Me lo ripeteva quando ero folle di terrore per lui. Naturalmente ero arrabbiato con loro per la loro ingenuità… ma da qui ad odiarli…da desiderare sinceramente la loro morte… Ero convinto che sarebbero tornati, quando mi hanno detto che erano morti… ho staccato l’interruttore.
Wasjlli tace, aspetta, è tranquillo, appoggiato ai cuscini lo guarda attento, sente la sua vicinanza in modo fisico, anche se appare distaccato.
Non vuole caricarlo delle sue emozioni, immagina forse quanto sia già difficile reggere le proprie… vorrebbe ringraziarlo ma suonerebbe stupido e vuoto, quindi avanza, cammina lungo questo sentiero vischioso e cerca di scacciare le ombre con la luce di questo angelo che gli si è fermato accanto.
-Sono impazzito… non in modo figurato, no da qualche parte c’è una cartella clinica che lo afferma. Sono sbiellato di brutto anche se nessun testo psichiatrico la metterebbe giù con tanta facilità. Per alcuni giorni non ho più capito nulla: mi hanno detto che passavo il tempo ad urlare, sbattere la testa al muro, agitarmi appena uno faceva gesto di avvicinarsi. Hanno pensato bene di soffocare la mia anima, legare il mio corpo. Altri giorni di buio, un buio nero, vischioso, dove pensare era impossibile, piangere proibito. Dove ci sono luci ed ombre ma non saprei dirti la differenza.
Riemergevo per essere buttato, giù. Il dolore ridotto ad un nucleo pulsante, il mio nucleo, ma almeno era sopportabile…
Col passare dei giorni tornavo ad essere un essere umano ma la dentro aveva poca importanza… rimanevo il matto… le terapie mi rendevano difficile qualunque cosa, un ragazzino matto: chi cazzo volevi che mi desse retta?
Ogni volta che chiedevo di diminuire le dosi degli psicofarmaci, ogni volta che ero abbastanza lucido, non facevano che dirmi che le medicine mi facevano bene, che il dottore voleva solo il mio bene. E aumentavano la dose… Passavo le giornate a letto, a dormire quando ero fortunato, altrimenti non mi restavano che i pensieri, i ricordi… Avevano paura che appena libero potessi cercare di togliermi la vita.. e la responsabilità sarebbe stata loro… credo che se non fosse stato per Marcello sarebbero passati mesi… anni addirittura.
-Marcello ti ha tirato fuori dalla clinica?
Annuisco, anche qui ci sono dubbi orribili: è possibile che abbia tirato lui i fili perché ci finissi? Che mi conoscesse al punto da prevedere la mia reazione?
-E’ venuto da me, aveva una foto di mio padre: morto. Era legato in una stanza, in modo non diverso dal mio, solo che lui era seduto… Me l’ha mostrata e mi ha detto che c’era anche un video: mio padre, fintanto che è riuscito a reggere il dolore, parlava a me e mia madre, pregava perché non vedessimo mai quella cassetta, ma nel caso ci chiedeva scusa, per il dolore, ci ripeteva che ci amava, che se era stato così stupido da credere in un sogno era perché voleva un mondo degno di noi, di mia madre e di me, ha ripetuto il mio nome e quello di mia madre fino alla fine… ci chiedeva scusa…
Le lacrime arrivano, i singhiozzi, dolorosi e profondi, ed arrivano le braccia di Wasjlli, il suo calore e la sua pelle di seta, lo tiene stretto.
Sente il suo cuore che batte tranquillo, si calma e riesce ad andare avanti.
-Mi ha detto che non voleva prendere il loro posto ma che forse potevo ritrovare un minimo di dignità e cercare di onorare la loro morte con la mia vita… cercare di non mostrarmi un perfetto vigliacco e scegliere di passare il resto dei miei giorni a ficcare la testa sotto un cuscino… che se volevo poteva avere di nuovo qualcuno a cui dedicarmi…
-Lui?
Annuisce.
Dago salta sul letto, gli si preme contro, gli si stende di traverso posando il capo sulla sua spalla.
Lo accarezza stringendolo a tratti.
-Quando sono arrivato a casa sua ho trovato una stanza per me, le mie cose, Dago… Ma nulla dei miei genitori, ho dovuto chiedergli foto, scritti, oggetti personali. Aveva ritirato tutto. Non si è mai rifiutato di darmi qualcosa, mai ha commentato, eppure avvertivo una difficoltà a chiedergliele… mi pesava al punto che in alcune occasioni ho preferito non farlo… Tra noi è sempre stato così, lui era… perfetto, disponibile e gentile ma estremamente… chiuso, io passavo le mie giornate a cercare di capirlo, di soddisfarlo… di combattere la debolezza e i desideri…
Lo amavo? Son passati quasi due anni, quando l’ho lasciato ero certo di no…
Ero sicuro.
Poi tutto è sfumato, lo desideravo, mi toccavo pensando a lui, ma questo non ho proprio il coraggio di dirtelo, non è mancanza di fiducia, no, è semplice vergogna, per quei luoghi bui ed umidi che possiamo trovare nella nostra anima.
-Ti ha violentato?
Tiene stretto Dago e si volta, le unghie del cane lo graffiano strappandogli la pelle ma non c’è sangue…
-No, non come intendi tu. Non c’è alcun episodio di violenza che ti possa raccontare… ero sempre io a cercarlo
Non riesce a giustificarsi, nemmeno ora. Marcello era bello, ma non era solo quello… quello che avveniva tra noi era…
-C’era come una catena che andava da lui a me…… Lui teneva in mano un capo e io mi dibattevo mentre questa mi avvolgeva sempre più stretto, mi penetrava nella carne, correva più fluida grazie al mio sangue. Marcello mi concedeva sguardi, lievi sorrisi, ma poco altro. Parlavamo ma con molta fatica. C’era come una… bolla... che ci rinchiudeva, ma era colma di un liquido vischioso e denso: mi impediva di avvicinarmi e nello stesso tempo mi trasmetteva ogni più piccolo movimento…
Nuotavamo insieme: quanti lo fanno?, eppure io non facevo che desiderare di sentire il suo corpo scivolare accanto al mio… Ci pensavo ogni notte, la sua pelle fresca contro la mia, il suo respiro pesante ed affrettato… ma Marcello pareva infastidito dal mio contatto, sembrava sopportarlo… Solo sopportarlo..
-Ti faceva sentire sporco… anche questa è violenza... Annuisco.
-Mendicavo, mendicavo la sua attenzione, le sue carezze, il suo amore… Credo ne traesse piacere: tutto quell’impegno, quella dedizione…
-Avete scopato?
Ha scelto il termine, la condanna è stata pronunciata: per Wasjlli non c’era amore, e in effetti gli sembra di sporcare questa parola ad usarla per una cosa del genere.
Sorride, che altro posso fare?
-Sì…- minuscolo e timido, sento che arrossisco.
Wasjlli gli sposta i capelli del viso, glieli sistema con cura
-Sei uno scemo…
Scoppio a ridere, lui mi guarda con un incrocio tra un broncio e un sorriso.
-Come fai a ridere…
-Sei tu… ci riesci!
Arrossisce anche lui e lo punisce riprendendo il discorso
-Quanti anni avevi? La prima volta?
-Che abbiamo fatto sesso o che mi ha penetrato?
Lo sto provocando, cerco di capire a che punto esce fuori il suo pudore…
evidentemente non per così poco
-Mhm, per me facevate sesso già quando ti ha portato a casa sua… Il fatto che fosse così… distaccato, una persona può desiderarti fino a soffrirne, ma non darne segno… non siamo così trasparenti… non tutti almeno. Quanti anni avevi quando ti ha concesso il suo sesso?
Pare divertito… beato lui
-Poco più di sedici, era un anno che vivevo con lui… quattro mesi che andavo in camera sua
Pare una frase da altri tempi, più pudichi… eppure era quello che faceva: aspettava che tutti dormissero e correva a piedi nudi fino alla sua camera.
La prima volta non era stata peggiore… Aveva in corpo tanto di quel desiderio che non poteva fare altro. Si ricorda ancora la sensazione della porta a cui si era appoggiato con la schiena nuda. Marcello era a letto, seduto leggeva un libro, ogni luce accesa, non c’era un ombra in quella stanza
-Che c’è Riccardo?
Si era staccato dalla porta e gli si era avvicinato traballante… era tutto così folle…
Aveva stretto le mani a pugno, la sua erezione tanto evidente e dolorosa che come domanda gli pareva proprio scema… Ma gli occhi di Marcello non si erano mai staccati dai suoi.
-Che c’è Riccardo?
Glielo aveva chiesto di nuovo quando si trovava a meno di un passo dal letto, anche lui pareva non indossare altro che i boxer, forse nemmeno quelli… il lenzuolo era tirato giusto fin sull’inguine. Aveva libero accesso al suo petto, lo stomaco, una striscia di peluria che partiva dall’ombelico e correva giù… l’idea che poteva infilare la mano sotto il lenzuolo e sentire il suo sesso, farlo tendere, farlo venire…
Il gemito che gli era sfuggito era stato così pregno delle sue emozioni che gli sconvolgevano il cuore che gli pareva assurdo rispondere
-Che succede Riccardo?
Non capisce più nulla: apre la bocca ma non gli esce una sola parola, si siede sul letto al suo fianco e gli circonda il collo con le braccia, preme forte la fronte contro la pelle del suo petto, sa di dopobarba e si sapone, lo stordisce… se pensa a quante notti insonne ha passato pensando a quel profumo, toccandosi freneticamente, sperando in modo assurdo che ci fosse il giorno in cui…
E ora è lì, tira fuori la lingua e gli da una minuscola leccatina: il suo sapore! Un brivido lo attraversa come se gli avessero gocciolato acqua gelata sulla schiena. Poi Marcello lo stacca da sé, quel tanto che permette la lunghezza delle sue braccia almeno
-Cosa vuoi Riccardo?
Dirglielo sarebbe stato davvero troppo volgare… è un ragazzino, sa appena se è lecito o meno provare desiderio, figuriamoci provarlo per uno del proprio sesso… non osa, ripiega per qualcosa che gli sembra più accettabile
-Vorrei baciarti- usa il condizionale… mica a caso…
Marcello sorride, ed è tremendo
-Lo sai almeno che è da pervertiti? Provare una cosa del genere per un uomo? Lo sai che ci sono posti dove verresti sbattuto in prigione per questo? Torturato? Ucciso? Lo sai che a molti solo il pensiero fa vomitare?
Trema ancora, ma quanto è diverso!: le braccia gli scivolano giù, gli viene da piangere, da scappare, eppure rimane lì, eppure lo desidera ancora…
-Te lo chiedo di nuovo… Cosa vuoi Riccardo?
Scoppia a piangere -Vorrei baciarti… scusami, scusami!
C’è un sospiro, non si è mai stupito di averlo sentito nonostante i singhiozzi, un sospiro che sa di rassegnazione, stanchezza, sopportazione.
Poi ci sono le mani di Marcello sulle sue spalle, poi ci sono le labbra di Marcello sulle sue labbra… Per un momento rischia di soffocare: ha il naso intasato per le lacrime. Si stacca per prendere fiato ma è un milionesimo di secondo, gli si riappiccica immediatamente addosso, l’eccitazione risale immediatamente alle stelle, li appoggia le mani sul petto, proprio sui suoi capezzoli, ma le tiene fermo per timore di essere di nuovo respinto. Ogni tanto allunga la lingua e gli sfiora le labbra ma sono solo tentativi timidi, da prime esperienze appunto. E’ di nuovo Marcello a farsi avanti, la sua lingua non ha molto da premere, Riccardo lo accoglie con un sospiro che pare un grido. Si sente malleabile tra le sue mani, vivo, tremendamente vivo dopo mesi, dopo quelli che gli paiono anni! Vorrebbe non finisse mai, ma ha termine, quasi subito…
Marcello lo fissa divertito
-Ecco, piccolo pervertito, spero che ne sia valsa la pena…
E' la confusione totale, balbetta qualcosa ma non si capisce niente perché non sa cosa vuol dire. Si alza e questa volta scappa, sul serio… e una volta da solo non riesce nemmeno più, a rifugiarsi in un piacere solitario.. Come la notte dopo non riesce a non tornare da lui…
-Era… umiliante, mortificante forse rende più l’idea… ma nello stesso tempo estremamente vitale, in un modo che non so trasmetterti. Non riuscivo a farne a meno, anche se mi rendevo conto che era contorto, offensivo, degradante, lo cercavo, continuamente. Peggio: lo desideravo. Sai cosa significa la parola desiderare? Sentire la mancanza… io sentivo la mancanza di tutto, tutto ciò che avevo perso, ma anche di qualcosa… una parte di me, qualcosa che mi era stato strappato con la morte dei miei genitori. Se fosse stata l’epoca giusta mi sarei offerto come suo schiavo. Ciò che mi importava era di essere posseduto, di riuscire a compiacerlo, di avere accesso al suo corpo… non avevo la forza di sottrarmi ad una carezza, anche se per averla…
-Dentro ognuno di noi c’è un luogo oscuro, affamato: si nutre del dolore altrui, di amoralità e lordure, degradazione. E’ una parte di noi, negarlo, rivestirlo di sete di conoscenza o altro è stupido ed inutile… Marcello nutriva quella tua parte e forse ai tempi era l’unica che ti permetteva di tirare avanti.
-Può essere… ero sempre così stanco… sempre così debole… ci ho messo mesi a riprendermi, e parlo solo da punto di vista fisico… Tra le mani di Marcello mi sentivo come una marionetta, mi muoveva con estrema facilità, aveva accesso al mio corpo, alla mia anima con estrema facilità, e non era solo la mia disponibilità, c’era questa mia… impossibilità di oppormi. Arrivava al punto in cui dicevo: cedere è bello, è bello arrendersi, lasciarsi usare, affidare la volontà ad un altro. Il piacere fisico era una droga, la più stordente e perfetta… e nessuno sospettava anzi… Sentivo la gente chiedere a Marcello di essere più affettuoso, di essermi più vicino. Me ne parlava mentre mi prendeva, rideva e diceva se mi avesse dato poi fastidio invitarne qualcuno nelle sua stanza per vedere quanto era affettuoso con me, quanto mi era vicino… quasi non ci pensavo… una parola, un affondo e io sbavavo dal piacere… Facevo schifo…
Volto il capo, non voglio vederti in viso Wasjlli, non voglio assolutamente vedere lo spettro di quel disprezzo che trovavo nello sguardo di Marcello. A volte mi concedeva di toccarlo, già: me lo concedeva, nulla di più. Teneva gli occhi chiusi e io mi domandavo se sapesse chi lo stava toccando. Quando veniva non era strano che mi cospargesse del suo sperma… mi teneva giù con una mano, io mi dibattevo e lui usava il suo seme tracciando linee e segni sul mio corpo, l’odore mi investiva in modo fisico, mi nauseava, soprattutto le prime volte
-Non sei felice? Hai faticato tanto per ottenerlo… non ti tocchi nel tuo letto pensando a me? Almeno avrai il mio odore a darti una mano
Sussulto, Wasjlli ha fatto rotolare via Dago con una manata, si china su di me e mi bacia, allunga una mano fino ad afferrarmi un polso e tira, finché
non mi giro a mezzo su me stesso e mi ritrovo a meno di un palmo dal suo
inguine… è eccitato. Lo fisso per un lungo istante come per capirci qualcosa
-Per favore Riccardo…
Mi gira la testa, mi sento sfinito, eppure… mi allungo e gli sfioro la punta
del sesso con le labbra e la lingua, ne seguo un po’ il contorno, scendo verso la base, mi ci attacco cominciando a succhiare forte. Sono steso sulla pancia e Wasjlli allunga una mano verso le mie natiche, scivola, esplora, io risalgo usando solo la lingua, lo lappo, come faccio con i ghiaccioli, uguale… Torno ad occuparmi della punta, comincia ad essere un po’ congestionata, sorrido e l’accolgo nella mia bocca. Wasjlli mi penetra con un dito, si muove piano, ma il piacere mi fa chiudere gli occhi e succhiare più forte… mi rendo conto di avere sete… scendo un po’ di più e cerco di risolvere un paio di problemi: il mio e il suo.
La mano di Wasjlli mi abbandona poi la sento su una coscia. Mi obbliga a separare le gambe: vorrei che stesse un attimo più tranquillo… io sto cercando di concentrarmi e apprezzerei se anche lui… il pensiero si perde quando prende le mie palle in mano. Per poco non gli tiro un morso! Piego le gambe lasciando un po’ di spazio al sesso che ha deciso che si può fare un altro giro sulle montagne russe e si mette comodo iniziando la risalita. Partono i cori degli alleluia quando la sua mano mi raggiunge, prendo un ritmo un po’ invariato per lasciarmi andare a quello che mi fa lui…
-Sei un po’ monotono…
Mi fa notare con il riso nella voce… la fa facile lui: fosse meno bravo! Ma a Wasjlli la monotonia stressa evidentemente, mi abbandona e un attimo dopo per poco non l’abbandono io… una nuova spinta e sono di nuovo rivoltato, Wasjlli si stacca e per una attimo lo vedo viaggiare sopra di me… comincio a partire: sento le sue labbra sopra il mio sesso, sento il suo sesso contro le mie labbra. O cazzo… e non a caso… ma qui scivoliamo nel porno! Ma sì, crepi l’avarizia!
-Mi raggiungi?- fa lo spiritoso il ragazzo: tesoro…
Come posso deluderlo? Lo riaccolgo e cerco di tenere un ritmo personale ed estroso, di farlo felice insomma, ma ogni tanto m’incanto per cercare di capire come diavolo faccia a darmi un piacere del genere: vuoti allo stomaco, giri della morte ed avvitamenti… beato io, beato il mio piccolo laggiù…
Cerco di restituire tutto, ma proprio non riesco.
-Mi spiace…- faccio in tempo a sussurrare e vengo, con gusto e partecipazione!
Wasjlli ride, io sto lì tra il sonno e la veglia, mi tendo e gli bacio il sesso ma proprio non ce la faccio a continuare, accidenti che figura..
Wasjlli si arrangia
-Posso voltarti?
Socchiudo un occhio e mi pare di essere steso sul soffitto.
-Vuoi approfittarti di me?
-Quasi quasi
Rido e mi volto, ci provo è come se tutti i miei organi prendessero per carezze quei movimenti, sussulto e gemo come se stessi avendo un nuovo orgasmo. Appena tocco il letto le mani di Wasjlli sono su di me e dopo le mani, beh potete immaginare…
Sono poco partecipe, è piacevole ma non sconvolgente…non per questo non mi piace, anzi, è come perdere coscienza piano piano, sentire la consapevolezza svanire piano piano, sfumare un poco, ma senza perdersi davvero. Molto dolce…
Wasjlli viene e si stende su di me, mi allarga le braccia e vi stende sopra le sue fino a che non riesce ad intrecciare le nostre dita…
Siamo nella stessa identica posizione, le uniche varianti sono la testa di Wasjlli che scivola sulla mia spalla e il suo sesso che nonostante si sia svuotato resta dentro di me. Mi contraggo e lui sussulta… scoppiamo a ridere e mi pare un miracolo.
-Se teniamo questa posizione per un po’ credo che tornerò ad eccitarmi…- confida alla mia spalla
-Se lo rifacciamo un’altra volta muoio! Ma quante cazzo di volte sono venuto? Wasjlli sono giovane ma qui mi uccidi!
Ride, e anch’io, nonostante le parole, le lacrime, i ricordi, non sono triste, stanco di sicuro, forse anche qualcosina di più, ma non triste -Sei scomodo?
-No, ma Dago mi guarda male…
-Lascialo perdere, fa così quando non capisce… è un’asceta lui, non mi ricordo l’ultima volta che lo visto godersi le gioie della carne… deve trovarmi davvero incomprensibile
-E’ strano immaginavo che uno rifiutasse il sesso quando la prima volta è legata ad un’esperienza negativa…
-Te la metti via in qualche modo… senti:      a me piace un casino, piace davvero un casino…
Anche quello schifo che facevo con Marcello mi dava piacere, mi son detto: chissà come deve essere fatto bene? Con piacere reciproco, con desiderio reciproco e reciproco rispetto. E la risposta mi ha entusiasmato…
-Sei una persona forte
-Se lo dici tu
-Lo dico io
Ridono di nuovo, ridono con estrema facilità ed è strano, li pare che per Wasjlli sia strano…
-C’è mio fratello…
La testa scatta su, la porta è chiusa quindi che non può essere la finestra.
Keiichi è sullo sfondo, il mattino è ancora grigio, il caldo ancora distante per un paio d’ore… Keiichi corre, le gambe e le braccia coordinate, i movimenti decisi e regolari, viene verso di loro seguendo il sentiero che sparisce fra gli alberi. Ha un paio di calzoncini neri e un felpa di quelle col cappuccio a cui sono state strappate le maniche, tutto rigorosamente di un nero slavato che parla di infinite corse e conseguenti lavaggi. E’ sicuro che li ha visti, ma pare che portare a termine la consuetudine mattutina sia più importante di occuparsi della moralità e della discrezione del fratello…
Ma non è finita: un bussare secco e breve alla porta e qualcuno entra…
Non ho il coraggio di guardare, semplice no? Tuffo la testa nel lenzuolo, la premo nel materasso, cerco di non sentire
-Andrej te ne puoi andare?
Anche tu Wasjlli, però… almeno decideti di uscire dal mio corpo!
-Il ragazzo deve lavorare…
La rabbia, gelida e metallica, ecco se fossero sul serio altri tempi ora una trentina di frustate non  me le toglierebbe nessuno
-Abbiamo scopato per tutta la notte Andrej… Tu e mio fratello avete fatto funzionare questa cosa senza l’aiuto di Riccardo fino a ieri… un altro paio di giorni senza contare su di lui non credo che vi rovineranno…
-No, aspetti! -Non so dove trovo il coraggio ma non ho certo intenzione di passare per “l’amichetto” di Wasjlli, il che non è facile visto che il suo peso, e il suo sesso, mi impediscono di fare altro che puntarmi un poco sui gomiti… è meglio non descrivere la faccia di Andrej… ho detto trenta?
Facciamo al giorno, per un mese, con la frusta spalmata di aceto!
-Il tempo di fare una doccia… arrivo!
Wasjlli si sistema strozzandolo a metà frase
Andrej s’imporpora capendo finalmente “cosa” ha davanti…
-Hai la giornata libera!- esce sbattendo la porta che ribalza rimanendo socchiusa
-Dago per favore… pensa alla porta. Wasjlli!
Si alza ignorando volutamente il fatto che lo fa cadere giù malamente… lui gli si aggrappa alle spalle e lo porta con se di nuovo giù.
-Vasjlli sono incazzato! Non scherzo!
Finalmente lo lascia, si mette a sedere e nota, solo ora, che i suoi vestiti sono sparsi per tutto il pavimento… Certo! Li aveva lasciati sul letto la sera prima… Quando è arrivato Wasjlli non aveva trovato luogo migliore…
-Non devi prendertela.. Pensi che non lo immaginasse? Si occupa di me da quando avevo 12 anni. Mi conosce bene, forse solo Keiichi mi conosce meglio
Si volta e cerca di fulminarlo con lo sguardo… ma Wasjlli lo sostiene impassibile
-Ma credi che sia incazzato per quello? No, non me ne frega nulla anche se mi da fastidio mettere in piazza i miei affari! Che mi fa girare sei tu che mi tratti come una tua proprietà… Che il mio stipendio mi venga da te non ha importanza! E’ il mio lavoro! Se devo svolgere dei compiti lo DEVO fare e basta. Se decido di passare la notte a rotolarmi nel letto con te è un mio problema… non deve essere una scusa per sorvolare sui miei impegni!
Si alza e va in bagno per farsi una doccia, schiarirsi le idee e togliersi da davanti il corpo nudo di Wasjlli… ma questo lo segue
-Senti fammi sbollire… disfa il letto per piacere.
-Ci penserà la servitù…
-Wasjlli sono io la servitù!… Lasciamo perdere
-Scusami
Si volta ed è per rispondergli male… ma è davvero dispiaciuto, dondola sui talloni fissandosi i piedi con le mani appoggiate allo stipite della porta, il suo corpo nudo, i segni della notte appena trascorsa… nulla sembra toccarlo… la sua ira sì
-Senti Wasjlli, questa camera, i pasti, i soldi che mi danno… voglio guadagnarmeli, non mi va di pensare che li pago venendo a letto con te, stando con te… Non mi va cazzo! Senti: ce lo siamo detto, non ci amiamo, ma da parte mia posso dirti che mi piaci e molto e da quello che ho capito è ricambiato… Ora come pensi che posso vivere questa… amicizia… se penso che mi pagano per stare con te?
-Scusami
Esce dalla doccia e lo abbraccia così, senza asciugarsi, fregandosene del fatto che dovrà pure lavare il bagno
-L’importante è chiarirsi, viviamola così, giorno per giorno e sforziamoci di tenere le ombre lontano.
Wasjlli ricambia l’abbraccio con una stretta d’acciaio
-Mi spiace Riccardo, sono molto goffo con te… mi hai davvero preso… Non riesco ad immaginare come si possa passare quello che hai passato tu, non riesco ad immaginare il dolore… ho perso anch’io mia madre ma non è paragonabile, nessun dolore di questo tipo lo è. Abbi pazienza con me…





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