Dago
di Ljs
parte II
Ora non so voi: se trovate vostro fratello a letto con un altro uomo e
avete in mano un spada in grado di tagliare una pietra (me ne ha dato
dimostrazioni, molto gentile..) Cos’è che fate?
Affettate fratello e amante?
Affettate solo l’amante?
Ve ne fregate altamente: infondo sono affari di vostro fratello? (ma chi
ci crede?)
Invitate gentilmente i due a raggiungervi in terrazza perché la servitù
deve sistemare lo sfacelo che avete fatto tra camera e bagno?
Un paio di premesse sono però d’obbligo. Keiichi è il fratello
maggiore, e pare essere stato cresciuto con la stessa elasticità mentale
di un samurai novantenne e il buon cuore di uno yakuza… Eppure le
opzioni uno e due non sono state abbracciate…
Li fissa dalla poltrona al di la del tavolo come se cercasse di capire
cosa diavolo gli impedisce di incenerirli e spargere poi tutta la polvere
che sono al vento…
Wasjlli si era alzato con uno sbuffo seccato ed aveva infilato i
pantaloncini che aveva recuperato dal pavimento senza il minimo cenno di
imbarazzo. Aveva inforcato un paio di occhiali da sole ed era uscito nel
caldo assurdo del primo pomeriggio dopo aver invitato Dago a seguirlo con
un sorriso e una pacca sulla coscia.
Riccardo pensava che se avesse rivolto a lui lo stesso gesto la sua lingua
non sarebbe stata meno a penzoloni nonostante i suoi testicoli siano al
momento rintanati in qualche affranto: avverte solo un coro patetico :
-Non tagliateci ! Non tagliateci !
Spia Wasjlli con un occhiata che spera sia concessa dal silenzioso
fratello.
Il suo oggetto di desiderio da spettacolo: il corpo candido brilla nella
luce accecante, ha piegato una gamba posando il piede sulla seduta della
poltrona. Ha sistemato le mani intrecciate sul ginocchio e vi ha deposto
una guancia. Osserva il mare assorto: è tornato ad essere una creatura
staccata dalla realtà, un qualcosa di appena più concreto di un sogno…
Gli trasmette una strana tranquillità: assolutamente immotivata
-Wasj pensi di riuscire a mettere insieme una motivazione al tuo
comportamento ? -
Sposta semplicemente la testa, invece delle guancia è il mento che trova
sostegno sulle mani intrecciate, muove piano il capo, come ad ottenere una
carezza lieve. Riccardo ricorda quello che trasmettono le sue mani, la sua
pelle…
-A cosa ? Al fatto che l’ho fatto entrare o che me lo sono scopato? -
Riccardo è sorpreso: il tono di Wasjlli è divertito, leggero, le parole
sussurrate… Suo fratello è una corda tesa: pare sul punto di gridare,
di sfoderare la spada che è accuratamente sistemata sul tavolo a
disegnare il confine tra lui e loro… Loro?
Riccardo si rende conto dello sproposito. Lui è li come oggetto di
discussione non certo come partecipante. E’ abituato a situazioni
assurde, naturalmente come ci si può abituare a questo tipo di
situazioni…, ma lì si toccano nuove vette, nuovi mondi, da qualche
parte della sua memoria viene rispolverato il motivetto di una serie tv
vecchissima: Ai confini della realtà
E ricorda suo padre che la canticchiava ad ogni sparata di sua madre…
per trattenere il sorriso basta spostare l’attenzione sulla spada e
sull'espressione di Keiichi
-Wasjlli la nostra posizione è molto delicata, vorrei che tu non ti
portassi a letto il primo ragazzino che raccati per la strada… -
-Non credo che questo “comprometta” la “nostra” posizione…
quello che faccio della mia vita non ha importanza Kei e tu lo sai
benissimo. L’importante è che io sia un’ombra silente che non
offuschi la tua luce. L’unica cosa che devi capire ora è che io non
voglio niente di più di quello che già ho. A me piace quello che sono. -
Riccardo spalancò gli occhi, per lui il discorso era quasi
incomprensibile… però il tono di quell’ultima frase: dolcissimo.
Wasjlli non scherzava e se poteva suonare come la più grande banalità
che quell’angelo poteva dire in realtà l’aveva sconvolto. Era suonata
come una specie di condanna, come la porta di una cella di clausura, come
il rumore di una lama di ghigliottina, come il più sincero e sentito: non
mi rompere i coglioni. Ma a livello cosmico, karmatico. E’ tutto questo
con quella voce, quella carezza di fuoco liquido. Quando avevano creato
Wasjlli qualcuno aveva pensato che era ora di dare una motivazione forte
alla creazione della razza umana: era la giustificazione ad un sacco di
dubbi che gli erano venuti negli ultimi cinque anni
-Immagino che scoparti certe persone sia estremamente gratificante… -
Era ironico, molto, no anzi, parliamo di tagliente. Riccardo chinò lo
sguardo ma più che per vergogna era per controllare che non ci fosse un
qualche squarcio sul suo corpo, sollevò lo sguardo e incontrò le lenti
degli occhiali di Wasjlli e appena più sotto il suo sorriso
-Sì…estremamente gratificante -
Arrossì, divampò, mentre canti gregoriani lo assordavano: era un
sessanta e lode, un centodieci con bacio accademico e abbraccio del
rettore, era vincere le olimpiadi, camminare sulla luna…
-Un ragazzino che vive per strada? Lo fa per professione? E quanto ti ha
chiesto? -
…era qualcuno che ti afferra i testicoli e stringe al punto che pensi
che di dolore si possa morire, era uno che ti tira un calcio nello stomaco
dopo averti fregato la cena (almeno non senti la fame…), uno che te lo
sbatte nel culo contro un muro che sa di piscio e che ti chiede se dopo il
tuo cane avrà voglia di leccarglielo
-Senta- Dago si mette seduto portandosi al suo fianco -No, mi ascolti -Gli
occhi di Keichii sono finalmente su di lui: lui che ribolle di rabbia, che
non gliene frega un cazzo di quanto ci può mettere a tagliarlo in due
-Lei ha le sue giuste ragioni di essere alterato ma non si permetta mai più
di rivolgermi certe accuse! Posso vivere per strada, saltare un pasto ogni
tanto e vivere con i soldi che lei spende in un giorno per i giornali.
Posso anche essermi pagato una notte al coperto e un pasto caldo per me e
il mio cane con il mio corpo… ma mai, MAI, mi sono messo su di una
strada per vendermi per denaro… mai. Che lei ci creda o no. E tutti i
suoi soldi, la sua bella casa e la sua antichissima spada non le da di
sicuro il permesso di parlare di me come se non ci fossi o di giudicarmi
senza avermi mai rivolto la parola! -
Scatta in piedi e si sorprende che le gambe lo reggano. Sente su di se lo
sguardo di Wasjlli, vorrebbe voltarsi per sapere cosa sta pensando, per
cercare almeno di intuirlo. E avverte il corpo asciutto e nervoso di Dago
che gli si preme contro. Gli carezza la testa senza guardarlo, e il loro
modo di dire che anche se le cose sembrano mettersi al peggio in fin dei
conti non sono soli. E a loro basta: o almeno è sempre bastato.
Ma non lo guarda, non può. Ha gli occhi fissi in quelli di Keiichi. Ha
l’impressione che gli stiano risucchiano la vita, lo tengono inchiodato
lì impedendoli anche la dignità di voltarsi ed andarsene sbattendo la
porta.
Gli prosciugano la rabbia ed è l’unica cosa che gli ha permesso di
attaccarlo, di portare la sua attenzione su di sé. Comincia a non
sentirsi poi così sicuro…
-Scusami, la tua replica è corretta, non è con te che dovevo
prendermela…- e sposta lo sguardo su Wasjlli
Non si volta ancora per guardare la sua reazione…almeno fino a quando
non sente quello sbuffo leggero: sta ridendo, la cosa sembra divertirlo un
sacco.
-E’ pensi di riparare in questo modo? Ha dimostrato più onore e
rispetto di te Kei, cerca di essere all’altezza… -
-E secondo te cosa dovrei fare? -
Sembrano giocare: incredibilmente ha l’impressione che Keiichi sia
improvvisamente rilassato, appoggia i gomiti ai braccioli della poltrona e
incrocia le mani di fronte al viso quasi a voler mascherare il sorriso che
gli trasforma il viso in quello di un ragazzo. E’ di nuovo tagliato
fuori: giocattolo di questi uomini che paiono muoversi su un piano diverso
dal suo, parlando una lingua di cui riesce ad afferrare solo qualche
parola e anche di quello il senso è solo parziale, superficiale
-Secondo me dovresti offrirgli un tetto… -
-E’ un posto nel tuo letto? -
-Beh, quello sta a me deciderlo -
Benissimo gli offrono un tetto perché gli hanno dato della troia e
cercano di riparare offrendogli un posto da mantenuto
-Credo di avere il diritto di oppormi.. le scuse sono più che sufficienti
e non ho intenzione di accettare una proposta del genere… per me è
arrivato il momento di togliere il disturbo… -
Se si mette in cammino subito raggiunge il paese prima di notte, certo…
non è detto che si sistemi subito ma trovare un posto dove dormire lungo
la spiaggia non è difficile…poi, domani mattina cercherà lavoro…in
estate un posticino, se sai adattarti, non è difficile, soprattutto se
sai adattarti.
-Aspetta. Siediti. -
Per un attimo ha la tentazione di mandarlo dove merita poi ubbidisce, ci
sono persone che ricevano rispetto e ubbidienza limitandosi ad esistere:
Keiichi è una di queste
-Cerchi lavoro?-
Deglutisce: che fare?
-Non ho documenti…-
-Ti ho chiesto se cerchi lavoro non la tua posizione sociale…Ci fermiamo
qui per tutta l’estate, forse di più… quattro, cinque mesi, se ti
accontenti di un posto come tuttofare…-
Non è l’offerta in se o chi la fa ma il periodo, quattro o cinque mesi,
diverrebbe maggiorenne, e lì è un posto isolato, quella gente non gli
chiede documenti, quella gente viene da tanto lontano che potrebbe non
interessarsi minimamente alle vicende del suo paese o almeno a quelle che
lo riguardano e poi…Wasjlli… è lì e lo fissa incuriosito, non fa
nient’altro per convincerlo a restare lì e dispensa bellezza… vivere
lì, anche come cameriere, ma vivere lì e poterlo vedere, parlargli,
conoscerlo…
-Potrebbe interessarmi.. quali sono le condizioni?-
Se fossimo in uno di quei racconti dove tutti i pezzi s’incastrano a
creare un disegno fantastico avrebbe detto sì e morta lì ma fra quattro
giorni potrebbe ritrovarsi in mezzo ad una strada nella stessa situazione
in cui l’ aveva abbandonata
Keiichi solleva un poco un sopraciglio
-Solitamente non mi occupo di queste cose… vitto alloggio per te e quel
cane… soldi?-
Potrebbe bastare vitto e alloggio ma…
-Duecento a settimana… pagato in contanti ogni lunedì -
E meglio non essere pagato sul fine settimana… troppe distrazioni, certo
che seicento al mese…
Sorride
-Duecento? Dollari? -
Impallidisce un poco, un milione e mezzo più o meno…più il vitto e
l’alloggio…
-Sta a lei decidere…-
Keiichi sembra sul punto di scoppiare a ridere, si copre gli occhi con una
mano e annuisce
-Ok, ok… che tipo…-
Si ricompone subito ma mantiene quel sorriso divertito e pare un attimino
più caldo ed umano della statua che era…
-Wasjlli mi sembra che hai movimentato abbastanza la giornata, stasera
abbiamo ospiti e non credo che abbiamo altro tempo da perdere.. Pensi di
poter occuparti del tuo nuovo acquisto?-
Vorrebbe poter replicare con qualcosa di altrettanto pungente e bastardo
ma non gli viene proprio nulla e si limita a guardarlo lasciarli lì per
dirigersi lungo la terrazza verso stanze che non conosce ancora
-Sei stato grande…-
Si volta stupito verso Wasjlli, si rende conto di essere sfinito, sarà
l’incontro di Keiichi, sarà la mattina tra le lenzuola di Wasjlli,
saranno tutta una serie di paure e speranze che gli girano in testa ma
pensa davvero che farà fatica ad alzarsi da lì
-Io mi sento sfinito-
Ride e trova almeno la forza di sorridergli
-Ti credo! Kei è una specie di muro, non puoi parlarci puoi solo cercare
di scalarlo o sbatterci contro.-
Allunga una mano e gli sfiora il viso, il collo, torna su e gli tocca le
labbra con la punta delle dita.
E’ strano ma non riesce nemmeno ad eccitarsi, resta lì a subire quella
carezza curiosa senza provare altro che un piacere lento e vischioso,
rilassante. Ogni tanto brividi partono increspandogli la schiena ma non
riesce a muoversi, è inchiodato lì, e gli viene in mente qualche verso,
parole sparse che gli riempiono la mente ed accompagnano i gesti
-Quando amore ti chiama, segui il segno, anche se sale ripido il sentiero.
E quando le sue ali ti avvolgono, abbandonati, anche se tra le sue piume
ti ferisse una lama.
E quando amore parla, non indugiare a credergli, anche se la sua voce
sconvolge i tuoi sogni
…
Poiché amore incorona e amore inchioda a una croce….
Era sua madre a recitargliela, quando li raggiungeva nel grande letto di
legno scuro. Ed è di nuovo lì, tra il corpo dolce e generoso di lei e
quello spigoloso e ferito di suo padre. Ricorda come si tendeva per
cercare il contatto, il calore. Come scivolava e riemergeva dal sonno
ritrovando la stanza illuminata dal sole, le tende che si gonfiavano
muovendosi leggere arrivando a sfiorarli ed avvolgerli rendendo la realtà
più irreale del sogno. E c’era la musica, c’era sempre la musica
dov’era sua madre…
-Sei grande per queste cose…-
Lo accoglieva così ma sorrideva. Aveva ragione ma non ci avrebbe mai
rinunciato. Frequentava alcune famiglie di amici e rimaneva stupito della
loro distanza: fra di loro sembrava strano restare nella stessa stanza
senza toccarsi…
-Puoi scegliere Riccardo, puoi affrontare la vita come una
roccia:infrangerla, lasciarti travolgere e avvolgere, ma lasciare che il
tuo cuore rimanga intoccato. O puoi sfiorarla: lasciarti trasportare come
una foglia o una piuma, scivolare su essa, lasciarsi penetrare in una
certa misura ma potendo scegliere che lato mostrare e quale tenere
nascosto. O puoi essere goccia, dissolverti, scioglierti, annullarti in
essa.-
Posava la testa sulla gamba di sua madre che seduta tra i cuscini gli
accarezzava i capelli pettinandoglieli con le dita. Suo padre scivolava
nel sonno più vicino tendendo un braccio fino a riuscire ad abbracciare
entrambi.
Rimanevano così per ore, rendendo le mattine eterne. Era il posto più
sicuro del mondo quel letto, il più colmo di amore, il più sacro. Era
una sensazione che non aveva mai più provato e non aveva il dubbio di
averli persi per sempre
-Dove sei finito?-
Sbatte un paio di volte gli occhi come per schiacciare delle lacrime che
in realtà non c’erano
-Scusa?-
Wasjlli si sfilò gli occhiali e si tese fino a toccargli le labbra con le
proprie
-Eri lontano da qui… lontanissimo-
Gli sorrise -Già, un’altra vita-
Si aspettò una domanda, uno sguardo incuriosito ma nulla, si rese conto
che dopo che si era mostrato reticente a parlare di sé Wasjlli non gli
aveva chiesto più nulla… tranne il suo nome
-Non mi chiamo Mario-
-Non mi stupisce-
-Non vuoi sapere?-
-Solo quello che sei disposto a dirmi. Mi aspetto lo stesso da te-
-Riccardo-
-Un nome importante, maestoso-
-Mi stai prendendo in giro?-
Rise ed era bellissimo -Un poco…vieni-
Lo guardò interrogativo ma poi lo segui docile imitando fiducioso Dago
che si era portato al fianco di Wassjli dopo essersi stiracchiato ben
bene. La stanza era, ora, perfettamente in ordine, si chiese se ci
lavoravano dei folletti li dentro…
-Andiamo, ci conviene parlare prima con Andrej… mi rendo conto che non
ho la più pallida idea di come sia disposta questa casa…-
-Andrej ?- domandò mentre raccattava, e rinfilava nello zaino, le sue
proprietà
-E’ il braccio destro di mio fratello ma in realtà è un factotum.
Dalla gestione della case in cui abitiamo all’organizzazione delle
nostre giornate… E’ il genio della lampada!-
Pare molto divertito non capì da cosa, e poi era distratto… Wasjlli
camminava apparentemente ignaro di quello che suscitava. Si muoveva
leggero, aveva un passo deciso ma incredibilmente lieve, una naturalità
ed una grazia che gli sembrava venire da anni di danza. Lo incantava, era
stupido ma lo immaginava vestito con larghi pantaloni fruscianti stretti
alla caviglia e un corto gilet ricamato, e null’altro: un personaggio da
mille e una notte.
Forse era ora di un po’ di stabilità nella sua vita…cominciava a
diventare un piccolo perverso…
Wasjlli si voltò per dirgli qualcosa ma si fermò rabbuiandosi
-Hai una faccia da spavento!-
Cercò di rassicurarlo con un sorriso ma si rese conto che era una stupida
pantomima
-Un pensiero stupido che mi ha rivoltato lo stomaco… mi sono ricordato
di un nomignolo che mi dava… suoi nervi.-
Scosse la spalle
-Senti è qui, ti avviso che cercherà di metterti a disagio quanto mio
fratello ma dopo di lui ti parrà una passeggiata…-
Bussò annunciandosi prima che potesse replicare in alcun modo: per dirgli
che poi? Era stanco, davvero stanco
-Vieni pure Wasjlli-
Diede ordine a Dago di aspettarli fuori, era certo che una volta
ufficialmente assunto non ci sarebbe stato più niente da dire.
Era un uomo, non una specie di guerriero antico vestito di furia, ma un
uomo, forse un po’ rigido… sedeva dietro la scrivania impugnando
deciso una penna che mandava riflessi dorati illuminata dalla luce
asettica del pc.
Anche lui era un po’ asettico. Impeccabile nel completo grigio chiaro,
impeccabile la camicia immacolata, impeccabile la cravatta, il taglio
corto dei capelli completamente candidi, la postura che trasmetteva
solidità e impeccabilità. Sollevò lo sguardo e lo fissò su di lui: lo
inchiodò su di lui
-Credevo fossi venuto per sapere i tuoi compiti della giornata… chi è
il signore che ti accompagna?-
Un po’ gelidino ma in effetti dopo Keichii sembrava al massimo un
venticello fastidioso… Il fatto era che appariva spento, un paragone
opaco. Poi c’era Wasjlli che sembrava semplicemente divertito di tutto
quello che viveva, bastava spostare l’attenzione su di lui e tutto il
resto si riduceva a una mosca ronzante
-Riccardo è un nuovo dipendente Andrej-
Un sopracciglio si alzò ma fu un movimento rapido e millimetrico, forse
solo un’illusione in fin dei conti.
-Davvero? Strano non ero stato avvertito… posso avere le vostre
referenze signor…?-
S’irrigidì,:questo non era buono..
-Riccardo, è già stato assunto, tu devi solo preparare il contratto. E
basta, niente domande, niente indagini.-
Quello che segui fu un rapido scambio di battute in una lingua che risultò
arabo per Riaccado ma poteva ben immaginare cosa stavano discutendo.
Andrej replicava secco e conciso ma Wasjlli lo disarmava con sorrisi,
lievi cenni della mano e frasi che sembravano musica
-Allora è deciso- chiuse dopo alcuni minuti
-Cosa?- gli chiese lui un po’ preoccupato
-Tutto a posto-
-Vi faccio presente che non é sano far entrare in casa… chiunque. Non
vorrei che la vostra leggerezza sia causa di pericolo per la vostra
incolumità.-
-Riccardo è persona fidata-
-Già il suo stipendio è un furto!-
Arrossì, sapeva che era vero
-Sono…-
-Andrej spero tu non voglia discutere le decisioni di Keichii…-
Parve turbato -No…cosa sa fare?-
-Io… beh, un po’ di tutto-
-Allora farai un po’ di tutto, aspettami fuori, ti accompagnerò alla
camera che ti verrà affidata. Wasjlli tu puoi fermarti un attimo,
dobbiamo metterci d’accordo per l’incontro di stasera.-
Guardo Wasjlli interrogativo, tutto lì?
-Non devo firmare nulla?-
-Servirebbe? Wasjlli mi ha spiegato che non hai documenti…-
E già… tutto troppo semplice..
-Riccardo aspetta fuori io finisco qui e poi ti accompagno-
Uscì senza replicare, era stupito, per quello che stava avvenendo, per la
sua reazione. Per come si sentiva. Si sedette per terra scivolando giù
lungo il muro, Dago ci mise un attimo per insinuarsi tra le sue
gambe
-Sembrerebbe che siamo a posto, se tutto va bene potremo stare nascosti
qui per un bel pezzo-
Dago commento con una leccata soddisfatta
-Sì, Wasjlli mi piace molto, ma non al punto di dimenticarmi la prudenza,
e poi piace anche a te e tu non sbagli mai… Ma Keichii non ti piace…
in effetti anche a me ha ricordato qualcuno…-
Dago s’immobilizzò guadandolo fisso, avrebbe voluto sul serio riuscire
a capirlo: che significava quello sguardo, che doveva stare in guardia?
Che erano in pericolo? O che si stava sbagliando?
-Ho voglia di pace, per questo mi sento così stanco, per questo un attimo
mi sento in paradiso e un attimo dopo giù all’inferno. Ma forse
potrebbe andarci bene, non abbiamo diritto ad un po’ di fortuna-
La porta si aprì e si vide di fronte Wasjlli, non era una risposta
quella?
-Mi ami Wasjlli?
Avrebbe voluto chiederglielo ma era stupido, di uno stupido abissale, si
conoscevano da meno di un giorno… come poteva fargli una domanda del
genere?
-Andiamo su…- gli tese una mano e l’aiuto ad alzarsi, era forte
–vieni ora Andrej ci accompagna alla tua camera-
-Quel cane fa parte del bagaglio?-
-Andrej…-
L’uomo scosse il capo aggiustandosi gli occhiali dalla sottile montatura
d’oro, aveva in mano un immenso mazzo di chiavi.
-Senta, sappia che ogni danno causato da lei o da quella bestia sarà
scalato dal suo stipendio…-
-Dago è molto educato-
-Dago?-
-E’ un personaggio dei fumetti…-
Si sentiva in dovere di fornire almeno un limite di spiegazione… certo
che con i loro nomi al primo comunicato avrebbero dovuto alzare le tende
in fretta e furia
-Segno del vostro livello culturale immagino…-
Non rispondere… non rispondere per favore
-Abbituati ad essere strapazzato da Andrej… è l’unica forma di
divertimento che conosce-
-Wasjlli! Non dovresti andare a prepararti per gli ospiti di tuo fratello?-
-Non preoccuparti, voglio solo accertarmi che tu non ti mangi Riccardo
appena volto l’angolo-
-Devo iniziare subito il lavoro?- cercava almeno di ritagliarsi uno spazio
-Forse più tardi ci sarà qualcosa per lei-
Lui voleva tornare nel letto di Wasjlli, con Wasjlli, voleva rituffarsi
tra le sue braccia, affogare la malinconia nel sesso, dopo era certo che
sarebbe stato meglio.
-Eccoci: la televisione può essere usata anche come una radio, mi sembra
che nel bagno ci sia una doccia ma deve controllare lei… ogni parte del
mobilio e della biancheria è segnato…-
Arrossi violentemente
-Non ho intenzione di portami via un armadio!!!-
-…per la lavanderia-
-Non sapevo che mandassimo i mobili in lavanderia Andrej-
Per la prima volta vide Wasjlli irritato, Andrej ritorno immediatamente
nei ranghi
-Penso possiate sistemarvi senza la mia supervisione. Wasjlli vieni?-
-Arrivo subito-
Attese che fosse uscito poi gli sorrise
-Non lasciarti prendere dallo sconforto-
Tuffo una mano tra i suoi capelli afferrandone una manata alla base del
cranio. Un brivido parti facendolo sussultare mentre il suo stomaco si
annodava. Tirò giù fino ad avere la sua bocca comoda e si dedicò ad un
bacio che pensava potesse ridurlo ad una gelatina alla fragola.
-Vorrei avere tempo…-
E lo lascia lì: con il cuore a mille, il petto che si alza e si abbassa
come se avesse corso i cento, Dago che lo fissa con la testa inclinata,
dolcissimo e grottesco nelle sue cicatrici
-Che hai da guardare? Lo hai visto? Com’è, come si muove, come parla…
sarà volgare ma quel ragazzo è la concretizzazione della parola orgasmo!-
Dago uggiolò e dopo uno sbadiglio decise che era il momento di esplorare
la stanza visto che il suo padrone aveva spostato le sue capacità di
ragionamento nei boxer
Riccardo si guarda intorno, la camera è piccola ma ha una porta-finestra
che da sul giardino che occupa, in pratica, tutta una parete. C’è un
armadio a due ante con sotto tre cassetti, una scrivania con relativa
sedia, telefono, lampada. Un letto è un comodino. Si siede sul letto e
inspira profondamente, quella è la sua stanza, di là c’è il suo
bagno. La televisione è fissata ad una parete come in qualche albergo. Sì,
è piccola ma è sua, e per chi ha dormito nell’androne di una porta con
il terrore della polizia o di un qualunque passante che decideva che la
tua faccia è degna di essere ridisegnata da un calcio o un pugno quello
è il paradiso…
La televisione… lo fa per curiosità e per puro masochismo: l’accende.
L’ora è giusta, il tardo pomeriggio è il regno dei talk-show, vagola
un po’, ma poi figurarsi se non lo trova. Un gesto lieve della testa ed
ecco i suoi capelli lucidi e serici che si ricompongono in un’ala
perfetta che va a velargli un poco il volto fino a quasi a nascondergli lo
sguardo di uno smeraldo vellutato, ma solo quasi. Balena un sorriso
discreto, un accenno di sorriso, mentre ascolta attento la presentatrice
di turno, non annuisce, basta l’intensità lusinghiera di quagli occhi
che hanno il potere di farti provare…tutto, lui ti guarda e tu esisti.
Ride prima di rispondere, una risata gutturale e calda, bassissima. Si
tocca lievemente il risvolto della giacca, come se ci fosse bisogno di
sistemarla… è perfetto, un bellezza discreta e perfetta. Ricordava
l’effetto che faceva nelle feste organizzate dal giornale: pareva
passare inosservato, solo che nessuno gli staccava gli occhi di dosso,
magari non si riusciva a dire cosa avesse di così… attraente, forse gli
occhi ma nessuno avrebbe potuto dire cosa che non c’era che non andava.
Poteva rispondere, biblicamente parlando era un sepolcro imbiancato:
parla, la sua voce è ancora un incantesimo lieve che affascina. E’ puro
masochismo, ricorda il passato: se non fosse stata quella voce calda a
dirglielo…
-Sono morti Ric, non posso dirtele in altri modi, sono morti.-
Aveva annuito, è strano ma vede la scena come se fosse stato uno spirito
fluttuante in quella dannata stanza.
I tuoi genitori sono morti, annuisci, certo, sì,sì, è stato fatto tutto
il possibile ma devi capire che non c’era altro sistema… Quella frase
lo scuote un poco, aggrotta la fronte. Ecco annuisci, aggrotti la fronte,
sinceramente non è una risposta sana ad una esperienza del genere… ma
se volete che vi sveli un segreto non ci sono risposte sane… Lui li si
era ammalato, le parole come un virus, follia depressione, usate i termini
che più vi sembrano adatti, ne ho sentiti tanti… Ma il nostro piccolo
Riccardo su quella frase comincia a sbiellare, o meglio, la sua ragione
rimane aggrappata coi denti e le unghie fintanto che c’è Marcello, la
sua voce che rende quella notizia assurda accettabile, il suo sguardo che
gli concede di esistere… Quando poi era rimasto solo (Ti lascio
solo…cioè, era arrivato a dirglielo, come se gli stesse facendo un
favore, una gentilezza, e l’aveva presa per tale!… Ti lascio solo…),
quando la stanza si era svuotata della presenza di Marcello e si era
riempita dell’assenza dei suoi genitori, il male l’aveva assalito con
fauci ricolme di lame, fulminante, irreversibile.
Vista da fuori ha del comico, no sono passati tre anni, non sufficienti
perché faccia meno male, ma almeno riesce a riderci sopra, in un modo che
sembra un conato di vomito. Già si guarda in giro per capire la
provenienza di quel suono assurdo, una specie di guaito ma più lungo, più
gutturale. Era come se per produrlo si rinunciasse a respirare, era troppo
rapido e ripetuto per riuscire ad inspirare. Si era voltato verso Dago ma
aveva faticato a vederlo per le lacrime:stava piangendo! Finalmente capì:
era lui, nasceva da lui, dal suo petto, dalla sua gola, dal suo cuore. La
stanza si era riempita di persone, mani e braccia che lo stringevano, lo
premevano. Ma arrivavano troppo tardi…ti lascio solo…era tutto in
quella frase.
Dago ringhiò riportandolo alla realtà, arrossì sbrigandosi a girare
-Scusami, deve darti molto fastidio-
Dago andava su e giù innervosito e teso, lo chiamò per cercare di fare
pace a colpi di coccole e carezze ma venne volutamente ignorato.
-Cosa devo fare per farmi perdonare?-
Si piazzò davanti alla finestra cominciando a grattarsi con un impegno
che pareva voler escludere anche la più remota possibilità che potesse
interrompersi per dare retta ad un bipede con la sensibilità di un sasso
e l’egoismo tipico della sua razza. Sapeva che gli sarebbe passata, con
il suo tempo. Era meglio darsi da fare per pagarsi quella stanza e il
vitto. Si diresse in bagno, piccolo e funzionale, c’era addirittura la
biancheria!!
Yuppy-doo
Si diede una veloce rassettata, Si osservò critico nello specchio, aveva
i capelli lunghi, molto, arrivavano ben oltre le spalle. Sua madre aveva
inventato una specie di filastrocca con cui lo faceva ridere da piccolo e
lo ricattava da grande
-Ha fatto un bambino con la testa piena di codini di porcellino!-
Scosse il capo facendoli danzare, la cosa più sorprendente era il colore,
passavano dal castano scuro al biondo cenere:sembrava un campionario
vagante di tinte per capelli. Li strinse in una coda semplice, si infilò
sulla pelle nuda una camicia di jeans e il paio di pantaloni tagliato al
ginocchio, aveva solo quelli puliti al momento… chissà se c’era una
lavatrice da qualche parte o mandavano tutto in lavanderia… Li sembrava
brutto mettersi a stendere sul ferro della doccia ma aveva urgente bisogno
di biancheria pulita!
Wasjlli, aveva voglia di vederlo, di abbracciarlo e sentire il sapore
della sua bocca, di scoprire cosa voleva fargli se avesse avuto più
tempo…
Sospirò e gli parve di sentire un’eco proveniente da una regione, ben
precisa, poco più giù del suo ombelico
-Vediamo di distrarci un po’. Dago io vado, cercherò un piccolo
presentino per farmi perdonare la mia coglionaggine: non volevo farti del
male bello.-
Dago si voltò ma solo un attimo giusto per fargli capire che lo sapeva ma
non poteva sempre fargliele passare tutte lisce… per il suo bene anche.
Chiuse la porta e si mise alla ricerca della cucina.
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