Dago

di Ljs

     

C'è qualcosa di triste in tutto questo. aprire gli occhi e vedere il cielo azzurro, quell'azzurro che prende solo all'alba. Quell'azzurro pulito, fresco, anche se è agosto. Gli occhi di sua madre. Si sente stupido a pensarci perché è da frignoni continuare a pensare ai propri genitori, patetico. Ma lui se ne frega, non gli viene da piangere, e li fa piacere pensare a lei e a lui. Che erano belli e lo amavano. E che ridevano insieme a lui. Quello è struggente non è patetico. Il ricordo delle loro risate, di quanto lo trovava naturale, di come non riusciva a pensare che ci potesse essere realtà diverse. Eppure suo padre glielo ripeteva sempre
-Per quanto tu sei felice questo non cancella la tristezza del mondo. tu ridi e credi che la vita sia meravigliosa ma il difficile è riuscire a farlo con la consapevolezza che non è così per tutti, non è sempre così. Io ti proteggerò e cercherò di renderti forte ma non è detto che ci riesca sempre, e quando ti troverai di fronte il dolore sarai solo anche se io sarò a meno di un passo da te.-
Doveva essere così. avrebbe dovuto essere così.
Guarda il cielo e pensa sinceramente che sia meraviglioso, ne è convinto.
Vorrebbe poter chiedere a suo padre com'è che ora tutto è al contrario. Com'è che trova tranquillizzante lo squallore, le brutture dei vicoli e dei sommersi e trova infinitamente triste il cielo di quell'azzurro stupendo, il rumore tranquillizzante del mare che si srotola calmo sulla riva, le famiglie riunite su quelle spiagge per ora ancora vuote. ma non c'è possibilità di risposta, e non ci sarà mai.
Dago si stiracchiò al suo fianco per poi rinfilare il muso tra le zampe anteriori
-Non mi dire che hai ancora sonno!- gli sussurra piano grattandogli un orecchio. Tende a non toccarlo dove non c'è pelo in seguito alle bruciature per l'acido ma lui ogni tanto scatta portando la sua mano a seguire proprio quelle linee come a dire:
-Guarda che non mi fanno più male-
Vorrebbe credergli, vorrebbe pensare che il passato, almeno per lui, non esiste, ma sa che ha una buona memoria, quanto la sua.
Guarda il braccio che ha tirato fuori dal sacco a pelo ricoprirsi di pelle d'oca. E' fresco, saranno le cinque e mezza. Ora di levare le tende. se ne avesse una.
Si alza e rabbrividisce, ma non è spiacevole, nel pomeriggio penserà a quella frescura come un miraggio. Spiacevole è la fame assurda che gli brucia lo stomaco. L'ultimo pasto degno di quel nome risale a due giorni prima. da allora solo un po' di pane, qualche frutto raccattato per strada e tanta, tanta, tanta acqua. Si passa la mano sullo stomaco piatto, non è certo emaciato. quando trova lavoro non si fa mancare nulla ma si è dovuto spostare rapidamente e non ha avuto modo di rimpinguare le sue finanze e non può rimanere al verde così come non può finire all'ospedale.quello sì che sarebbe un guaio
Dago si stiracchia di nuovo e decide che è il momento di espletare le funzioni di base mattutine. Salta su e si rotola un poco nella sabbia fresca ed asciutta prima di trotterellare uggiolante verso la macchia che circonda in parte la spiaggia. Riccardo alza gli occhi, verso la villa che li sovrasta: presto si sveglieranno i domestici e lui dovrà essere molto più che lontano da lì. Sente la necessità anche lui di raggiungere Dago e innaffiare un po' quelle belle piante. Sorride divertito e si tira su cavandosi la felpa leggera e i pantaloni di tela. Dopo la macchia si dirige verso il mare
-Seduto- e Dago si siede prima di toccare l'acqua- Se ti bagni il sale ti darà fastidio per tutto il giorno e non so quando potrò lavarti. Mi lavo i denti e poi ti do la pappa-
A lui non fa mancare mai il cibo, ha almeno un pasto decente al giorno, ogni giorno. E' un dobermann, anche se le orecchie e la coda non tagliate gli danno un'aria molto meno aggressiva e marziale rispetto ad altri esponenti della sua razza. Peccato per le cicatrici: già, peccato. 
Resta dove l'acqua gli arriva a metà polpaccio e si riempie la tazza di metallo, mette solo una punta di dentifricio sullo spazzolino: costa.
Comincia a spazzolare tranquillo fissando i giochi di luce sull'acqua, sembra che qualcuno abbia ricoperto la superficie di stagnola. è bellissimo.
Si sciacqua con l'acqua salata, che è inquinata e non è per niente igienico ma a lui piace. Non è acqua e sale: no, è un gusto che ha solo il mare, è amaro, forte. Gli piace. gli ricorda il sesso.
Abbassa lo sguardo e vede decine di piccoli pesci che si ammassano intorno ai suoi piedi. Muove le dita e quelli non scappano, anzi. Stanno mangiando le piccole alghe che il movimento libera sul fondo, fanno colazione tutti tranne lui.
Lo stomaco concorda. Si sciacqua la bocca con l'acqua della tazza e la spruzza stizzito verso i pesci, una, due, tre, volte. Ora farà fuori una borraccia e spererà di trovare presto una fontana. E un bar, un bel bar dove farsi un cappuccio, chiedere il bagno, perché per certe cose, quando se ne ha la possibilità, il bagno è impareggiabile, e poi se hanno bisogno di un aiuto.
Prima una doccia però, lungo la costa è facile trovarle sulle spiagge, anche quelle libere. L'acqua è fredda ma gratis, può apparire lindo e presentabile dopo e ottenere posti che solitamente sono preclusi ad un barbone.
Guarda un ultima volta il mare con desiderio, vorrebbe farsi una nuotata, insieme a Dago. ma è tardi, magari domattina.
Si volta e un paio di cose gli sconvolgono giornata e vita.
La prima è che quel traditore di Dago non ha abbaiato: non che solitamente lo faccia, è addestrato bene e usa altri sistemi per avvertirlo che qualcuno si sta avvicinando, ma ora è lì che si fa accarezzare placido dallo sconosciuto che si è seduto in modo da avere il cane tra le sue gambe e lo fissa come se facesse parte del paesaggio, un paesaggio che lo diverte molto.
La seconda è lo sconosciuto: non può che essere un'abitante della villa, ma non riesce a capire chi sia. Un domestico se si alza a quell'ora è per lavorare non certo per fare romantiche passeggiate o per cogliere intrusi impegnati nell'igiene mattutina. Uno dei proprietari? O stanno andando a letto o, anche se sono patiti dello jogging è raro che si alzino a quell'ora. raro ma non impossibile. Cerca di capirlo dai vestiti ma non sono d'aiuto, ha su una camicia a maniche corte lasciata completamente slacciata e un paio di calzoni di tela. A seconda della marca può averli pagati qualche decina di lire o svariate centinaia. Ma la cosa che gli da più fastidio è che è bello in una maniera imbarazzante. Lo guarda fisso negli occhi, senza però riuscirgli a trasmettergli nient'altro che quell'emozione difficilmente definibile. E' spaventato: potrebbe denunciarlo, è incuriosito, gli piace, è solo un ragazzo.
Ma anche lui lo è, ha solo 17 anni e il problema è tutto lì.
Cerca di capire, lo studia attento, cercando di non farsi fregare da quello che sente dentro. Ha i capelli tagliati cortissimi, tanto corti da non essere molto più lunghi del pelo di Dago che continua ad accarezzare tranquillo, nonostante sia lurido, sia sfregiato fino all'orrore, abbia dei denti in grado di aprirgli la gola nel giro di pochi secondi. ma che spreco sarebbe! Perché ha una gola bellissima, fantastica, un collo lungo, candido.. vede i tendini, le vene che creano piccoli sentieri da perderci delle ore a seguirli. Gli mordicchierebbe la base che sparisce dietro delle ossa da uccellino, in un piccolo incavo che bisognerebbe conoscere attraverso la punta della lingua: le dita non possono essere abbastanza sensibili per quella pelle d'alabastro. Poi bisognerebbe studiare attentamente anche quella parte che non vede: arrivare all'attaccatura dei capelli, assaggiarli. E una sua mania: non ne è mai morto nessuno.
Si avvicina di un paio di passi, altri tre o quattro e le punte dei loro piedi farebbero conoscenza. Lo sconosciuto alza un poco il capo per non perdere i suoi occhi. Ha un viso degno di quel collo, davvero, non lo credeva possibile ma è così. Un bel viso da cammeo anche se i suoi tratti non sono affatto classici o anche solo banali. Sono sottili, simmetrici. Gli occhi hanno un taglio leggermente orientaleggiante: neri, vetro liquido che scintilla e ti parla di profondità che è difficile esplorare, bisogna avere un bel fiato per non rimanerne senza quando ti tuffi lì dentro, e poi sono cosi scuri. e chi trova la strada per uscirne poi? Meglio rimanerne fuori, tanto non è necessario arrivare tanto a fondo in una persona, tanto dentro.
E ci sono strade più piacevoli, meno rischiose.
Sale un poco e trova due sopraciglia che paiono disegnate con un sottile pennino nero, un disegno sottile e preciso, un altro passo in avanti e il desiderio assurdo di passarci sopra un dito, paiono morbide: ci si può innamorare di due sopraciglia? Beh, sì, evidentemente.
Ma non è male nemmeno la fronte, non gli piacciono le fronti piccole. Gli piace appoggiarvi la propria quando fa l'amore, o scopa, non è una vita romantica la sua., e per un attimo pensare che sia tutto facile e naturale come quel gesto, che non ci sia pericolo, che non ti può venire dolore da una persona che ti permette una tale vicinanza.
Poi potrebbe sfiorargli il naso con il proprio e sentire il suo respiro sulle proprie labbra. Il naso del ragazzo è al livello di tutto il resto, altro lavoro per le sue dita. La bocca no, per una bocca così solo labbra e lingua. cazzo, una bocca così, che si muove così solo per un respiro! Che ti sorride per lo spostamento infinitesimale di un muscolo! Lode al muscolo, lode al sole che ti illumina, al cibo che ti sfama.
Il suo stomaco brontola. con la profondità di un temporale estivo, o il suono cullante di una betoniera: a lui delle bellezze locali poco frega, il cibo che sfama le bellezze locali è tutt'altra storia.
Il ragazzo china un poco il collo e Riccardo sente il suo basso ventre che con un fremito decide che per mangiare c'è sempre tempo. Il ragazzo scoppia a ridere premendo la fronte contro la schiena di Dago che mostra il suo solito buon gusto e se la gode. Riccardo è altrove, quella risata è. ma lasciamo perdere le parole che qui mancano.
Il basso ventre di Riccardo gli fa presente che se però lascia che quella risata si spenga, che quella creatura sparisca, beh, si scordi una futura convivenza pacifica. sarà guerra!
Ma la risata piano, piano si spegne, il ragazzo alza lo sguardo e i suoi occhi scintillano di lacrime: il fondo scuro, le stelle. mi sono innamorato di uno che porta due galassie sul viso. son messo male! E non l'ho ancora sentito parlare
-Ma da dove salti fuori.-
Ecco la fine. Già ero messo male prima ma qui mi scavo la fossa, perché la sua non è una voce è una carezza, e non una di quelle che ti lasciano come ti trovano: troppo bello se no. E' una di quelle carezze che ti scottano, ti mettono sull'attenti e ti fanno urlare la pelle che è stata eletta a sua vittima. E' una di quelle carezze che ti lasciano un segno che non si vede, come il tocco lieve di una medusa che non lascia tracce ma brucia da impazzire. E continui a sfiorarti anche se sussulti ad ogni tocco, e vorresti cancellarlo ma come si può fare.
-Mi capisci? Sei straniero?
Io no ma tu sì, ma non lo dice, non si direbbe ma è educato
-Ti capisco. vuoi denunciarmi?
Inclina un poco il capo: forse è infastidito dal sole. Riccardo è infastidito da quella testa di cazzo che ha nei boxer. e lode anche ai boxer che un po' di dignità gliela concedono ancora nascondendo vibrazioni e sussulti. lo capisce, ma non è proprio il caso di esultare così ad ogni movimento di quel sogno concreto
-Denunciarti?
-La spiaggia è privata. non abiti in quella villa?-
Si volta come per capire di cosa sta parlando, si sofferma un attimo sul sacco a pelo, i vestiti che si è tolto e vi ha abbandonato sopra, quelli stesi ordinatamente sulla piccola barca rivoltata sulla riva che gli aveva offerto un po' di riparo. Poi punta la villa e poi torna sui vestiti. 
Riccardo arrossisce, li ha messi lì perché l'umidità notturna gli desse una rinfrescata: sono quietamente puliti, la biancheria è pulita e basta. Ci sta attento, si può mantenere la propria dignità anche vivendo per strada e lui è più di un anno che non fa altro. Ma si rende conto che non è facile con una creatura del genere che fissa i tuoi boxer di ricambio.
-Hai dormito qui. e hai paura che ti denunci perché è proprietà privata?-
Parla lentamente, ha un tono che gli annoda lo stomaco e i testicoli riducendo paurosamente la distanza che li separa. hanno tutti una fame tremenda a quanto pare.
-Potresti farlo se ti va.-
Ritorna a fissare gli occhi su di lui, e sorride.
-No, non mi va.-
Gli piace il modo che ha di. assaggiare le parole. E' come se le gustasse una alla volta, e gli piacessero da impazzire. Ed è come se volesse renderti partecipe di quel piacere. Non riesce a capire quale sia il suo accento, anzi, li pare che muti ad ogni parola. A tratti è duro, tagliente, poi scivola in qualcosa di dolce ed. arrotolato. Lo manda fuori: di brutto.
-Stai facendo una di quelle vacanze. avventurose ?-
Quello lo fa tornare coi piedi per terra, di botto. Ci si schianta, contemporaneamente di schiena e di pancia. Un dolore assurdo. Ora deve andare, di corsa. Dago sembra avvertire la sua tensione, anzi, l'avverte e basta. Si volta e comincia a leccarlo sulla labbra, sul naso. bastardo! E beato! Già: lui può.
Il ragazzo riprende a ridere, Riccardo si muove verso la sua roba, senza fretta. Urgente era solo voltarsi perché anche i boxer hanno i loro limiti. 
Infila i jeans tagliati sotto il ginocchio ed è con un certo sadismo che si spinge giù il sesso e tira su la zip: giusto per chiarire chi comanda! Non fa in tempo ad infilarsi la maglietta
-Che fai?
-Mi levo dalle palle- non è proprio ciò che voleva dire: quello che voleva dirgli era: posso venire qui? Ma non è una frase che si può mettere giù così. bisogna infiorettarla un po'. magari con un: per favore?
-Non mi frega di cosa stai facendo. ti va di fare colazione insieme?-
Si volta e lo vede in piedi. Immagino che ognuno di noi abbia quei momenti in cui non capisci se ciò che vivi è bene o male, ma che non te ne frega, non è assolutamente importante. Perché è semplicemente bello. Che detto così suona banale, ma non lo è. Era bello, e mai persona era più intonata alla parola. Era il modo di stare lì in piedi: ci stava. morbidamente. Scivolava nella vita. Ti dava quell'impressione. Restava lì con la camicia aperta che svolazzava piano nell'aria che si scalda, le mani infilate nei pantaloncini che si abbassavano giù, appena più giù della vita, rivelando un ventre piatto delineato da due muscoli che disegnavano linee diagonali che sparivano sotto i pantaloni, che sembravano una freccia, un canto: Seguici.
Riccardo voleva dirglielo: -Hai muscoli che sembrano sirene.- Ma sarebbe suonato oltremodo stupido e poi il suo coinquilino ribadiva che se era costretto a seguirlo ovunque questo non gli toglieva una minima possibilità di movimento: alla faccia sua e della zip!
-Ehm, non mi pare sia il caso.- Si voltò con la scusa della maglietta: era abbastanza lunga e larga da coprire ciò che era meglio che rimanesse al coperto.
-Perché? Hai paura che ti faccio domande imbarazzanti?-
-No, non voglio dare disturbo-
-Solo per questo?-
-Per me è sufficien.-te
E affiora una cosa: gli piace (ma dai!!!). Niente prese per il culo, no, è serio. Quel ragazzo gli piace. E se c'è una cosa che odia e non sopporta è che uno che gli piace gli faccia la carità
-Se mi dava disturbo non ti invitavo: non mi pare che ci sia una legge che ti obblighi ad invitare quelli che trovi a lavarsi i denti nella tua spiaggia privata. Devo fare colazione e sono solo. è un sacco che sono solo, ho voglia di fare due chiacchiere.-
Ci pensa su, Dago lo fissa speranzoso: quel cane è troppo intelligente.
Piccola lista:
I pro: rimarrebbe con lui, sarebbe sfamato gratis, rimarrebbe con lui, non pensa che gli negherà l'utilizzo del bagno, rimarrebbe con lui, magari riusciva a trovare una sistemazione per la notte, rimarrebbe con lui, magari un lavoro, rimarrebbe con lui, magari.
I contro: non poteva fidarsi.
Non di lui, ma della situazione in generale. Magari i genitori, o chiunque altro, potevano non essere d'accordo con l'accoglienza di un "profugo" nella loro magione e le conseguenze erano fin troppo prevedibili.
-Senti.-
Scosse la mano e poi l'appoggiò sul suo braccio afferrandoglielo. Ignorando le voce dietro la zip che gridava disperata: Anch'io! Anch'io!, cercò di rimanere lucido.
-Dai, ti aiuto a raccogliere la tua roba. Ti va una colazione continentale o vuoi qualcosa di particolare?-
Qualcosa di particolare? Ma i doppi sensi gli erano stati spiegati?
-Ehm vorrei.continentale va bene.-
Lo fissò un po'incuriosito e poi sorrise, Riccardo si mosse rapido e infilò tutto alla belle e meglio nello zaino
-Andiamo Dago.-
Il cane prese a precedergli per poi tornare indietro di corsa come un pazzo, Riccardo sentiva la necessità di una bella corsa ma anche una semplice uggiolata non era male come sfogo.
-Come ti chiami? -
Nuova botta di realtà ma per quella la ripresa era facile
-Mario
Lo fissò attendendo ma di fronte alla durezza del suo silenzio li tese una mano sorridendo
-Wasjlli
Scordò la stranezza del nome dentro la dolcezza della sua mano che si perdeva nella propria. Era candida e morbida, piccola rispetto la sua. Gli diede l'impressione che se avesse stretto un po' troppo l'avrebbe spezzata, infranta. Si vergognò per come era ridotta la sua: ruvida e scura, sporca della polvere della spiaggia, con le unghie segnate e scheggiate. ma chi voleva prendere in giro? Lo lasciò come se scottasse e tuffò le mani nelle tasche ricordandosi che era solo un senzatetto. Per almeno altri tre mesi.
-Il mio nome è russo, mia madre era russa.-
Era? Russo? Qui ci siamo persi qualcosa. Wasjlli scoppia a ridere e lui non può non rispondere che con un bel sorriso ebete.
-Scusa ma mi pareva di aver capito che non ti va di parlare di te e non sapevo che dire. - è divertito, davvero divertito
-Quanti anni hai?-
Inclina un poco la testa: capriola del suo cuore.
-Diciannove. posso sapere la tua età?
E' più vecchio di lui? Ma dove? Non ci crederebbe nemmeno di fronte al suo atto di nascita
-Venti- e solo perché non vuole esagerare: solitamente va per i ventidue e nessuno ha mai avuto il sospetto che mentisse
-Te ne davo di più.-
Visto?
Sono arrivati ai piedi di una lunga scalinata che porta alla villa, la fatica, il peso dello zaino e la fame lo zittiscono lungo la salita. Wasjlli lo precede rapido, ogni tanto si volta come se temesse di non trovarlo più e se incontra i suoi occhi gli sorride: è tutto troppo bello.
Sbucano su di un ampia terrazza piastrellata, la casa è ancora più imponente che vista da giù. Il giardino non è ampio solo perché non c'è abbastanza spazio, la montagna è a qualche metro e continua per un bel pezzo prima di bucare il cielo
Si ferma per ammirare le linee semplici, le ampie terrazza che si sporgono verso il mare. Intanto riprende fiato. Forse si ferma solo per riprendere fiato: è in un lago di sudore, sfinito. Wasjlli invece gioca con Dago che gli salta intorno scodinzolante.venduto
-Vieni?-
E come no?
-Arrivo..- si assesta meglio lo zaino ed entra in casa subito dopo di lui.
Vede le impronte di Dago sulle piastrelle. Wasjlli non ha lasciato un segno, viene da pensare che non sia reale invece è lì che lo aspetta. Sente il rumore di un aspirapolvere da qualche parte.
-Forse è meglio che Dago aspetti fuori.-
-Perché?-
-E' lurido.-
Lui si china e lo circonda con le braccia, Dago gli si preme addosso cercando di poggiargli le zampe sulle spalle, di affogarlo a furia di lappate. venduto due volte
-Niente che non si possa pulire.. ho una bella vasca grande, possiamo lavarlo lì e poi si asciugherà in terrazza, mentre mangiamo. Ti da fastidio mangiare in camera mia?-
La gola li si secca, va bene tutto ma qui non torna nulla. Questo principe russo che l'accoglie nel suo palazzo e lo invita nelle sue stanze? E' una trama bruttissima, per nulla credibile. Forse è stato ingenuo.
Ma è di nuovo la mano di Wasjlli che lo fa capitolare. Afferra la sua rassicurante e lo tira verso di se, è avvolto dal suo profumo che è buono, buonissimo. E' di pulito, ma anche di qualcosa d'altro. Da quella distanza vede che alcune asole della camicia sono strappate, che alcuni bottoni mancano.Ahi
-Andiamo allora?-
Annuisce perché gli si aprono di fronte scenari tremendi e altamente conturbanti.
Lo segue per altre scale, molte meno per fortuna. Un lungo corridoio e tante porte, un silenzio perfetto ed un ombra che sa di pulito e di fresco.
Wasjlli entra in una stanza e lui lo segue
Il letto è una calamita: grande molto grande. Le lenzuola perfettamente in ordine, non ha dormito lì o la servitù è la rapidità incarnata. 
Non manca nulla, è un monolocale, giusto la cucina, ma a che serve? C'è il telefono
-Sì, ha capito, due colazioni, molto abbondanti e porti una scodella di alluminio. o qualcosa del genere. Lei la porti. -si volta verso di lui premendo un tasto - Che mangia Dago? Riso e carne va bene?
-Non si lamenterà di sicuro.-
Scaccia il bottone e ricomincia a parlare
-La riempia di riso e carne, ben cotto e abbondante. Non so, faccio uno squillo quando dovete portarle su, mangiamo in terrazza. Grazie.-
Sembra soddisfatto. Schiaccia un altro tasto e la stanza si riempie di musica, jazz forse: non se ne intende
-Tu devi farti la doccia?-
Lo precede, non resta che scaricare lo zaino e seguirlo, avesse anche lui una coda.
Dago non ha bisogno di suggerimenti, gli saltella intorno ignorandolo completamente, Wasjlli lo ricopre di carezze e gli parla in.russo? Eppure non suona russo.
-Posso lavarlo io?-
-Se ci tieni.-
La vasca è davvero enorme, rotonda, se la riempie Dago potrà anche farsi una nuotatina.Wasjlli prende un piccolo sgabello e si siede, allunga il doccino della vasca fino a portarlo fuori dal bordo, dove si è sistemato lui. Nel frattempo apre l'acqua da un altro rubinetto e riempie la vasca.
Riccardo lo guarda un po' perplesso mentre scruta tra i prodotti appoggiati sul bordo
-Uno shampoo va bene?
-Eh? No, aspetta
Torna in camera e recupera il sapone per Dago e la sua spazzola. 
Wasjlli aveva scatenato la terza guerra mondiale, cercava di bagnare Dago che convinto che fosse un gioco saltellava di qua e di la facendolo ridere come un bambino
- Dago seduto! Se non gli dici di stare fermo non riuscirai mai a lavarlo! Aspetta.-
Si inginocchiò di fianco al cane e si ritrovò con il ginocchio di Wasjlli che gli accarezzava il fianco, che gli sfiorava casualmente il fianco, ma questi erano particolari trascurabili se il tuo basso ventre sta intonando il Va Pensiero.
Si concentrò sul cane, non doveva cedere ai bassi istinti: Wasjlli poteva trovare offensivo, il suo desiderio, e non l'avrebbe tollerato.
-Bagnalo ma senza buttargli direttamente l'acqua in testa se no si scrolla.-
-Così?-
Annuisce, le mani di Wasjlli risaltano sul pelo nero di Dago come se brillassero, le vede affondare nel pelo, disegnare strani contrasti, ogni tanto lo spia cercando di non farsi beccare. E' splendido, l'acqua gli era finita addosso disegnando scie umide che avrebbe cancellato volentieri a colpi di lingua. Piccole gocce gli si erano impigliate nei capelli. E poi un gesto che lo incanta: si inarca leggermente e spinge indietro il capo, vi passa la mano come se anche lui non potesse trattenersi dalla tentazione, dal piacere
-Ora lo insaponiamo. mi aiuti?-
Se non fosse poco credibile avrebbe detto che cercava di sedurlo. e non ne aveva affatto bisogno.
Le mani di entrambi correvano sul pelo del cane, si inseguivano, si avvicinavano sfiorandosi per poi scappare. Riccardo mise giù anche l'altro ginocchio, scostando un poco le gambe, il sudore gli imperlava la fronte e quello che gli scorreva nelle vene era fuoco non sangue. Wasjlli lavorava tutto concentrato, senza guardarlo, sussurrando qualche parola a Dago che sembrava capirlo perfettamente.
Meno male: era fritto, ogni contatto una scossa. Avrebbe voluto abbracciarlo stretto rivoltandolo sul pavimento fradicio di acqua e di sapone, fargli correre le mani su quel corpo pallido e sottile, capire se era davvero così invitante, accarezzargli il petto, tormentargli i capezzoli, baciarlo e baciarlo. Infilargli la lingua nell'ombelico, scendere e dimenticarsi dello scorrere del tempo, voleva farlo venire nella sua bocca, berlo ed assaporarlo e non solo una volta. E questo nonostante il sapone e l'odore disgustoso di cane bagnato che li aveva impregnati: se non era amore.
-Mi pare pulito.- si passò la lingua sulle labbra asciugandosi la fronte sul braccio
Riccardo sentiva la Cavalleria Rusticana partire assordandolo.
-Sì.sì.-
Wasjlli aprì l'acqua e cominciò a far scivolare via la schiuma dal corpo di Dago, se avesse accarezzato lui così. si passava alla Cavalcata delle Valkirie, no. Wagner no.
Chiuse l'acqua tirandosi su, era fradicio: un attentato alle sue giovani coronarie
-Su bello, salta dentro..-
Dago non ci mise due minuti e dopo un istante sguazzava felice nella vasca Wasjlli si sfilava la camicia, Riccardo osservò incantato i graffi rossi sulla schiena bianca, aveva una amante. o un amante. 
Poco importava: era precluso, proibito
-Io mi faccio una doccia.-
Lui rimaneva lì in ginocchio mentre lo guardava dirigersi verso la doccia, fermarsi, aprire l'acqua, chinarsi un poco e sfilarsi i pantaloncini, sotto cui nulla, ma proprio nulla, era lasciato alla sua immaginazione. Saltò su chiamando Dago: e no, tutto ma venire nei boxer come un ragazzino no.
-Io porto Dago ad asciugare!-
E si diresse come un lampo verso la terrazza, ignorando una risposta, se c'era stata, e ignorando l'acqua che si spandeva in giro per la stanza.
Dago ebbe il buon cuore di aspettare di essere fuori per scrollarsi. Lui cercò di darsi una calmata, un contegno e quant'altro riuscisse a fare nel poco tempo che sarebbe durata la doccia del suo ospite. Forse con un anno o due a sua disposizione.
-La doccia è libera.-
Aveva indossato un nuovo paio di pantaloncini, short aderenti, molto aderenti. chissà perché ma aveva il dubbio che neanche sotto questi ci fosse qualcosa: doccia mooolto gelata
-Posso usare le tue cose?-
Annuì- Ti ho lasciato qualche asciugamano appena fuori dalla doccia. Faccio portare su la colazione?-
-Non dovrei metterci molto..- e riparò in bagno, al sicuro. 
Si lavò con la massima attenzione usando tanto di tutto, passandosi con cura, quasi dovesse passare una visita medica. Scemo. Era inutile, non riusciva a consolarsi. la mano parti da sola, piano piano, aiutata dal sapone e dall'acqua, da tutto quello che la mente inviava a quel piccolo traditore patentato. Era quasi doloroso, ma almeno era un sollievo. ma che magra consolazione, che patetica consolazione.
-Zitto tu che ti nego anche questo.-
Venne sbattendo la testa contro la parete della doccia. Gli rimase da guardare il suo seme che scorreva giù per lo scarico con acqua e schiuma. 
Che spreco! Per alcuni era peccato. Per alcuni la gente come lui andava solo rinchiusa da qualche parte e fatta investire da un camion.
-Coglioni.-
-Ehi, la roba si sta freddando.-
Si voltò incrociando le mani sul pene, sul suo preziosissimo pene. Wasjlli scoppiò a ridere
Chiuse in fretta l'acqua e uscì rapido come una gazzella. Afferrò un asciugamano e si avvolse rapido con il pudore di una vergine.lui? Però non riusciva a smettere di chiedersi quanto avesse visto.
-Dai vieni.-
Già fatto piccolo, già fatto. e forse lo sai, hai visto: patetico e squallido ma la colpa di tutto è solo tua!
La colazione fu pantagruelica. se ciò che voleva gli era negato almeno che si impegnasse a contentare il suo stomaco!
E allora toast e che fossero grondanti di burro e marmellata, e miele tanto miele. Tutto affogato con cioccolata, dolce e densa, alla faccia del caldo.
Quattro cucchiaini! E poi succo d'arancia. no è pompelmo. e chi se ne frega? 
Meglio! Amaro, toglie via lo zucchero e prepara il salato: salsicce? Vada per le salsicce! Che cavolo! non è quello che ha in mente da ore? Porco. Sì lo ammetto, guardatemi, me piccolo vizioso senza fissa dimora che gronda desiderio per questa creatura che mi osserva mangiare incredula e sorridente, stupita.
Mangerei lui se potessi, lo spalmerei di miele, glielo verserei goccia a goccia nell'ombelico e lo lapperei via famelico. Farei colare questa marmellata densa di pezzi di frutta succosa tra le sue natiche e non vi dico i pezzi di frutta. Senape sul tuo bel sesso. Pizzicherebbe? Lo spero così mi supplicheresti a lungo di porvi rimedio. Mi vergogno di me stesso. ma chi prendo in giro? L'unica vergogna è non avere il coraggio di dirglielo
-Dago dorme.-
E' estremamente dolce il suo sguardo, tutte le follie erotiche-gastronomiche si quietano improvvisamente. accipicchia se è bello
-Ho sonno anch'io.-
Riccardo deglutisce. a vuoto e dolorosamente: è un addio.
-Beh, allora io tolgo il disturbo.-
Si alza e inciampa nella sedia. è fatto completamente, si sente colmo di desiderio, zuccheri, proteine e tristezza. Che miscela esplosiva! E c'è gente che si deve accontentare della cocaina.
-Perché non ti fermi ancora un po'?-
Se si vedesse da fuori vedrebbe la stessa espressione di un san bernardo. un caso da LAV, perché questa è vivisezione pura e semplice e qualcuno lo deve proteggere.
-Senti io.-
-Ti sei svegliato all'alba. non ci credo che non ti va di metterti giù ancora un po'.-
E indica il letto, lo fa con un gesto della mano, un gesto di altri tempi. 
Mettersi giù? Stesi? Nello stesso letto?
-Senti- china il capo fino a premere il mento nel petto -Senti, io.ecco. non sono indifferente. a te intendo. insomma sono.-
Non lo lascia finire, le sue braccia sono intorno al suo collo, il suo corpo è premuto contro il suo, fortemente premuto.accidenti se è premuto!
-Guarda che non sono scemo.
E poi arrivano le sue labbra, e son fuochi d'artificio.
Riccardo, che è scemo, resta per un attimo attonito, immobile, Wasjlli che fai?, gli viene da chiedere, mentre è lì come un ciocco, le braccia abbandonate lungo i fianchi, il cuore fermo, la testa altrove, lo stomaco occupato nel frammentare tutto quel ben di Dio. meno male che non è solo, dietro la zip qualcuno urla e grida la sua fame e prende il potere. Quindi i fianchi scattano in avanti e il bacino danza la sua gioia, le braccia accompagnano e partono per l'esplorazione di ciò che gli occhi hanno già goduto, e sono subito raggiunte dalle labbra che erano lì a chiedersi solo che stavano aspettando e si schiudono sotto la lingua da gatto di Wasjlli. La bocca di Riccardo si riempie improvvisamente di quella cosa morbida e vellutata, dal delizioso sapore di.caffè? Vada per il caffè, che aiuta a svegliarsi! Riccardo riprende coscienza, rallenta un attimo e dichiara solenne: da qui posso continuare io. Il coro di no che si alza dal suo corpo è assordante: in effetti non sta andando male, non sta andando affatto male.
Quando si tratta di sesso la testa non è che serve più di tanto. meglio staccare la spina e lasciar fare ai professionisti.
Wasjlli lascia per un attimo la sua bocca e scende lungo il collo.
No un attimo, questo lo dovevo fare io!
Ma è tardi le sue mani sono sul suo petto, i palmi aperti, brucianti, si china vorace su un suo capezzolo.effettivamente non si ricorda di averlo visto mangiare a tavola. poi è di nuovo nebbia e luci colorate e vola! Sul letto, un puf attutito e Wasjlli e sopra di lui a litigare con il bottone dei jeans
-Preferisci essere attivo o passivo?-
O cazzo, questa poi? Cos'è? Se azzecco la risposta vinco qualcosa?
Sì!!!
Non era Wasjlli era la testa di cazzo che vedeva la luce e il sorriso divertito di Wasjlli, la bocca di Wasjlli, sempre più vicino, sempre più vicino. o mamma.
Cioè la mamma non era ciò a cui voleva pensare ora: ora non voleva pensare.
Voleva sentire, voleva sentirsi meravigliosamente bene e non era difficile, anzi. Questo è il paradiso. questa mattina mi sono svegliato con una giornata che si presentava assolutamente deprimente e priva di attrattive.mezz'ora e tutto cambiava.
Ora era nel letto di questo ragazzo che lo beveva come se ne andasse della sua vita, che lo risucchiava in un vortice in cui il fiato si faceva sempre più corto, il corpo si tendeva come una corda e si scioglieva, sì.
Wasjlli si tolse rapido gli short ma lui manco se ne accorse ancora preso com'era dal piacere che lo stordiva cullandolo. Poi di nuovo quella pelle di seta, tutta quella dolcezza. Le mani di Wasjlli che viaggiavano come farfalle sul suo petto
-Sei bellissimo, sembri fatto d'oro.-
Sbatte un paio di volte gli occhi e poi è catturato da quelle labbra ora lucide e lievemente arrossate, un nuovo bacio, nuovo incontro di lingue, nuovo sapore. è il suo, quello è il suo sapore. però c'è pure il sapore di Wasjlli, che buono che è.
Chissà la sua pelle? Si è lasciato prendere la mano ma qui urge un cambiamento di rotta, deciso e rapido.
-Attivo!Attivo!
Sussurra frenetico afferrandogli i polsi e portandolo sotto di sé.
Wasjlli scoppia a ridere.è un bambino, un bambino che vuol giocare con il suo corpo, con il proprio. Non gli nega niente ma è generoso ed aperto, sembra quasi che non ci sia nulla a cui direbbe di no. gli fa quasi paura, tanto era angelico e distante prima tanto ora si riveste di carne e sangue, e pulsa sotto di lui. mhm. Si china e lo inghiotte quasi, lo sente inarcarsi per spingersi più a fondo. Gli afferra i capelli, li arrotola intorno alla mano e tira e spinge giù, quasi fossero un guinzaglio. Riccardo gli afferra le natiche: è così piccolo che con una mano riesce a tenerne una. é di seta anche lì: che bello! Lo sfiora, lo palpa, saggia l'elasticità e parte in esplorazione, un dito per iniziare li pare ideale. Imprime il ritmo che da con la bocca e si sforza di tenerlo. Wasjlli sbatte la testa di qua e di la: pare vittima di un dolore assurdo ma appena accenna a rallentare gli tira i capelli fino a fargli male. è indiavolato, viene all'improvviso con un grido acuto che gli fa venire un erezione fulminea. Accidenti: stupisce se stesso.
Wasjlli non è ancora sazio, gli si volta fra le braccia offrendosi in un modo che non può fraintendere anche se la lingua è ancora quella assurda che usava a volte con Dago. ma sinceramente: chi se ne frega! Lo penetra con un gesto secco e un grugnito che ha poco di civile. ma che civiltà e civiltà?
Son due selvaggi che si inseguono e si pugnalano, partono graffi e morsi e ne ridono, son affondi e stoccate e grida ed incitamenti, qui crollano gli imperi e sorgono civiltà, qui si scopa e si fa l'amore.
Qui si viene, insieme questa volta e si ritrovano impiastricciati di seme, vai a capire di chi? Ma basta la lingua e quel che resta delle residue energie per pulirsi quanto basta per infilarsi sotto le lenzuola ed abbracciarsi stretti e sorridenti con Dago che li raggiunge e si rotola tra loro, rigorosamente sopra il lenzuolo.
Riccardo si sveglia piano, per un attimo non capisce: c'è un corpo sottile premuto contro il suo ed un ombra imponente ai piedi del letto. E' stato il ringhio basso di Dago a svegliarlo
L'uomo è imponente, indossa un paio di pantaloni neri, stretti intorno a gambe che paiono tronchi per la solidità con cui sono piantate a terra.
Sopra è nudo, un petto che è una cartina geografica: altopiani, valli e monti, tutto deve essere stato scolpito in qualche roccia e poi ricoperto di pelle umana, altre spiegazioni non né trova. I capelli sono lunghi, di un nero perfetto, ordinatamente riposti sulle spalle, lisci da sembrare di vetro. Poi il volto: è un'orientale, ora non sottilizziamo la provenienza: gli occhi hanno il tagli tipico, lo sguardo è una specie di buio scintillante, due pozzi neri. La bocca ha un taglio perfetto, virile, duro, spietato. Ogni tratto è inciso, eppure è bello da far paura. ma forse dipende dalla spada, forse è giapponese, se non si ricorda male la katana è una spada giapponese. potrebbe chiedere a Wasjlli
-La katana è una spada giapponese?
Apre gli occhi e lo guarda un po' stupito: che razza di risveglio.
-Scusa?
-Sì mister, è una spada giapponese e non si possono nemmeno contare le generazioni da cui appartiene alla mia famiglia.
Wasjlli si tira un po' su e guarda il nuovo arrivato
-Oh. ciao, scusa ma non ho sentito la sveglia.-
-Non credi che ci debbano essere delle presentazioni?-
-Sì, hai ragione. Mario questo è mio fratello: Keiichi Imahori.-








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