Cuoco parte
III
di Lara
La sveglia suonò insistente per un bel po' beatamente ignorata dai due
ragazzi.
-Mat, guarda che devi andare a lavorare, alzati pelandrone..-
A quelle parole Mat si voltò e si mise il cuscino sopra la testa con un
verso di disappunto.
-Ancora cinque minuti.-
Sembrava un bambino ce non voleva andare a scuola, e Ale sorrise,
cominciando a fargli il solletico. Da quando erano tornati dalle ferie era
andato a vivere nell'appartamento di Mat, subaffittando il suo. Era una
delle cose più belle che gli fossero successe.
Finalmente stava ottenendo qualche effetto e Mat si agitò, ridendo, tra
le lenzuola.
-Va bhè hai vinto tu, ma non è giusto! Perché io inizio sempre prima di
te a lavorare?-
Ale scosse la testa divertito vedendo il suo angelo alzarsi, nudo e
stupendo, per andare a fare colazione, mentre lui metteva la sveglia un
paio di ore dopo e si rituffava tra le coltri.
Mat si sentiva strano a tornare in cucina dopo le ferie, non aveva molta
voglia di tornare a lavorare a dirla tutta.
Gli erano piaciute troppo le ferie. Ci sarebbe tornato anche subito
a quella spiaggia stupenda.
Al pensiero arrossì e si guardò attorno.
Fortunatamente gli altri due cuochi non si erano accorti che era
arrossito, erano delle belve quei due.
Gli avevano già fatto il terzo grado, un interrogatorio completo e
approfondito davanti a cui lui aveva cercato con tutte le sue forze di
nascondere la sua relazione con Ale, riuscendoci perfettamente. Sperava.
Prese in mano il coltello e si mise a tagliare le verdure, e non si
accorse di Paolo, che lo fissava alle sue spalle con uno sguardo
divertito.
-Tu Mat sei innamorato, non negarlo. Odi con tutto te stesso le zucchine,
trovi sempre un modo di farle fare a me o a Carlo, e ora le stai facendo
tu. Su avanti, chi è la bella? Com'è fata? Vogliamo tutti i
particolari!-
Mat si sentì arroventare le guance, e cominciò a balbettare spiegazioni
incoerenti, sotto lo sguardo inquisitorio dei due. Che ad un certo punto
risero.
-Non ce la dai a bere, e ricordati che la vogliamo vedere uno di questi
giorni, una tipa che ti fa scordare l'odio per le zucchine deve essere
davvero bella!-
Mat non riuscì a dire niente, solo un'altra vampata di rossore tornò ad
imporporargli le guance, mentre guardava sconsolato le zucchine davanti a
lui, tornando a tagliarle.
Appoggiato al muro dietro la cucina Ale si era goduto tutta la scena,
sorridendo alla faccia rossa di Mat, messo sotto torchio da Carlo e Paolo.
Ale poi tornò al suo lavoro, lasciando Mat solo a controbattere le
battute di quei due. Chissà che gli avrebbero detto sapendo che "la
bella" era lui. Ridacchiando se ne tornò ai tavoli da
apparecchiare, allegro come lo era stato poche volte sul lavoro.
Il servizio di mezzogiorno si svolse come al solito, e a Mat non sembrava
essersi mai allontanato dalla sua cucina, con un sorriso si mise a
rifinire delle verdure glassate , mettendole come contorno al piatto del
giorno. La cucina gli era mancata anche se non lo avrebbe ammesso neppure
sotto tortura. Prese lo spelucchino e sotto lo sguardo impaziente del
cameriere intagliò una rosellina, piazzandola nel bel mezzo del piatto.
Ora era proprio perfetto.
Assunse una faccia di circostanza allungando il piatto al cameriere, seria
e arrabbiata, apparentemente pronta a saltargli alla gola se solo avesse
commentato.
Eh si, gli era mancato maltrattare i camerieri, gli era mancato tutto. Ed
era stato lontano solo una settimana!!
Alla consegna del piatto successivo si trovò di fronte Ale.
Annegò nei suoi occhi di giada, perso in quel mare di luce verde prima di
rendersi conto che si stava scottando con la teglia e lasciar scappare una
trafila di improperi da far arrossire e sbiancare uno scaricatore di
porto. (NdL: nulla contro gli scaricatori di porto, solo un modo di dire.
^^;;;; )
Il viso di Ale si impietrì per un attimo, preoccupato, ma nel vedere la
reazione del suo angelo, si mise a ridere, piegandosi in due.
La giornata finalmente passò e anche la sera con essa.
-Ale, invece di tornare a casa subito ti va di fare un giro in
centro?-
Mat notò che Ale non sembrava molto contento della cosa, il suo viso
abbronzate si era velato d'ombra. Gli occhi di solito limpidi e
trasparenti erano diventati leggermente opachi.
-Guarda che se non ti va basta dirlo, era solo una idea così.-
-E' che sono un po' stanco Mat, un'altra volta magari, ok?- Mat sorrise, e
annuì con un sorriso, convinto dalla bugia dell'uomo che amava.
Nel vederlo convinto Ale si rese conto di quanto fosse vile. Gli stava
nascondendo la cosa che più aveva avuto importanza nella sua vita per
paura e vigliaccheria. Ma non si sentiva pronto a parlarne, non ancora.
Finalmente siamo a casa e sento di aver bisogno di lui, devo sentire la
sua pelle contro la mia, la sua anima che si fonde con la mia.
Afferro Mat per le spalle e lo sbatto contro la porta chiudendola con il
suo peso. Lo bacio con foga e comincio a spogliarlo.
Si è irrigidito ma mi lascia fare, non riuscirei a fermarmi comunque.
Sono sempre stato dolce e tenero con lui, lo guardo un attimo e nei suoi
occhi scorgo sorpresa per il trattamento inusuale e desiderio.
Voglio sentirlo attorno a me, lo spoglio li sulla porta d'ingresso, mentre
lo bacio con violenza, letteralmente cercando di fondermi con lui. Ho
bisogno di lui come non mai.
Non sa cosa ha scatenato in me il suo desiderio di andare in centro.
Me ne sono tenuto lontano per tanto.
Il suo corpo bianco e diafano anche dopo una settimana di sole e mare è
meraviglioso.
Mi perdo in esso, leccando accarezzando e mordendo, il mio desiderio è
incontenibile e lo porto di peso sul letto, a pochi passi da li.
Poi lo prendo, con violenza, senza attenzioni, come LORO.
Mi rendo conto che sto affogando dentro tutto l'oceano oscuro che è
dentro di me e non so come risalire in modo diverso.
Le mie spinte sono profonde e violente, lo sento gridare più di dolore
che di piacere ma non cerca di fermarmi, mi rivedo come in uno specchio.
Lacrime scendono dai suoi occhi ma dietro al dolore non vedo odio.
Non è proprio uno specchio allora.
Vengo dentro di lui, liberandomi dell'amarezza assieme al mio sperma.
Mi sdraio sfinito su di lui senza neanche la forza di uscire e liberarlo
dall'ingombro del mio sesso.
Sento le sue mani accarezzarmi la schiena, lente, come per consolarmi.
Come può avere un gesto simile per me dopo che lo ho trattato come se
fosse solo un buco?
Mi accorgo di piangere e singhiozzare, lo abbraccio forte mentre lui non
cerca di allontanarmi ma continua con il movimento lento e affettuoso
delle sue mani su di me. Silenzioso, muto, eppure più confortante di
tutte le parole di questo mondo.
Finalmente mi calmo ed esco da lui, vedo un leggero spasmo di dolore che
gli attraversa il viso, e apro la bocca per domandargli scusa, ma
lui mi mette un dito sulle labbra e mi zittisce, mi abbraccia forte e mi
coccola piano, finchè non mi addormento tra le sue braccia, il viso
rigato di lacrime.
L'alba entra dalla finestra aperta e illumina il letto con una lieve luce
d'oro e porpora. Le lenzuola hanno piccole macchie di sangue e Mat si
svegli a disturbato dalla lieve luce che gli ferisce gli occhi. Cerca di
sedersi ma il dolore è atroce e con un sospiro si rimette sdraiato. Non
capisce cosa abbia fatto scatenare quella rabbia e quell'amarezza nel suo
Ale.
Decide di scoprirlo a tutti i costi e di sfruttare il giorno libero che
hanno oggi. Tutti e due insieme fortunatamente. Sente Ale voltarsi verso
di lui e lo osserva. I segni delle lacrime bianchi come cicatrici sul
volto abbronzato, il viso contratto e le labbra morbide segnata dai morsi,
aveva passato la notte a fare incubi da cui Mat non era riuscito a
proteggerlo.
Cominciò ad accarezzare dolcemente il corpo di bronzo accanto al suo e si
soffermò sulla cicatrice che aveva al ventre. La prima volta che l'aveva
vista gli sembrava piccola, solo dopo si era accorto che doveva essere
stata una ferita decisamente grave.
Ma ogni volta che faceva domande su quella riga di pelle più chiara Ale
cambiava argomento.
Lentamente si stava svegliando, il tocco delle sue mani lo stava
richiamando
alla realtà con dolcezza, Mat non voleva per lui un risveglio brusco, e
quello era il modo migliore a cui aveva pensato.
Lentamente gli smeraldi di Ale si aprirono nella luce dell'alba, chiari e
lucenti.
-Scusami Mat, io... Io non so che mi è preso.- La voce di Ale era bassa,
al limite dell'udibile, e roca. Mat non rispose e si mise ad accarezzare
la cicatrice, per poi fissare con serietà le giade gemelle che erano gli
occhi del suo compagno.
-Come ti sei fatto questa cicatrice Ale? - Non sapeva come ma Mat sentiva
che era legata allo scoppio d'ira della sera prima.
Ale chiuse gli occhi e ributtò la testa sul cuscino, gli avrebbe detto
tutto.
Aveva sedici anni quando i suoi genitori avevano saputo che lui era
omosessuale, lo avevano scoperto a letto con il suo ragazzo.
Avevano chiuso la porta e lui si era affrettato a uscire e cercare di dare
spiegazioni.
I suoi genitori lo avevano ascoltato, comprensivi.
"Ti portiamo da un dottore che ti curerà"
Ecco a cosa arrivava la loro comprensione.
Le sue mille proteste, spiegazione, minacce, a nulle erano serviti. Non
volevano capire che per lui essere omosessuale non era una cosa da cui
voler guarire, a lui andava bene così.
Alla fine aveva deciso di scappare ed era riuscito a vedere il suo ragazzo
di allora, Paolo, per potergli parlare, organizzare la fuga insieme.
Ma lui gli aveva voltato le spalle, gli aveva che si era solo divertito
con lui, che non era una cosa seria, che lui non era omosessuale. Che
semplicemente in mancanza di una ragazza gli andava bene anche lui. Il suo
cuore si era spezzato in quel momento, aveva deciso di andarsene da solo.
Lui non aveva bisogno di nessuno se nessuno aveva bisogno di lui.
E se ne era andato in quel momento, voltando le spalle a Paolo con un
ghigno sul volto, congelato dai troppi sentimenti.
Decise di seppellire la propria anima in qualche buio e profondo buco e si
lasciò tutto alle spalle, viaggiò senza un soldo e senza anima cercando
lavoro di qualunque tipo senza mai trovarlo.
Alla fine era ridotto peggio di un barbone, denutrito e stanco.
Una notte era accucciato all'imbocco di una strada stretta, vicino alle
porte di una cucina da dove sperava di trovare qualcosa non appena
avessero buttato la spazzatura.
Era la sera dei suoi 17 anni, erano mesi ormai che vagava per il paese
solo e deciso a non tornare a casa.
No, a costo di morire solo e per strada non sarebbe tornato là dove
vivevano i suoi genitori e Paolo.
Fu allora che gli i avvicinò il suo primo cliente, il primo di molti.
Quando sentì quello che l'uomo gli chiedeva non credette alle sue
orecchie.
Altre volte aveva già rifiutato, ma quella sera aveva fame come non ne
aveva mai avuta.
I soldi servivano per mangiare, per vivere fino all'indomani almeno.
Accettò, nessuno era mai entrato in lui fino a quel momento, e mentre
l'uomo faceva i suoi comodi con le sue viscere, si era ritrovato a pensare
al sapore del pane fresco, alla piacevole sensazione dello stomaco pieno
di cibo vero.
Per un anno aveva battuto sulla strada.
Aspettava i 18 anni, la maggiore età per poter finalmente tornare a
vivere.
Aveva tenuto da parte tutti i soldi che aveva potuto, aveva una misera
stanza in una pensione e lo stomaco pieno quasi tutti i giorni.
Era sempre riuscito a cavarsela, a far sempre usare il preservativo ai
suoi clienti.
Si era fatto degli amici, o qualcosa di simile, in quel mondo duro dalle
tinte fosche e mai rosee.
Ragazzi disincantati della strada, carnefici e vittime di se stessi.
Aveva visto troppi di loro morire per malattie per accettare di lavorare
senza protezione per una manciata di soldi in più.
Lui voleva vivere a tutti i costi.
Ma non aveva fatto i conti con i pazzi che giravano per strada.
Un uomo un giorno gli chiese se per un po' di soldi in più avrebbe
accettato di farsi legare, Ale aveva trattenuto le risa, mai ridere in
faccia ad un potenziale cliente.
Avevano contrattato, e quando Ale si era accorto che quell'uomo grande e
grosso voleva proprio lui si era messo a fare il prezioso, per spillare più
soldi. E ci era riuscito, aveva più soldi ed aveva soddisfatto tutte le
sue condizioni.
L'uomo lo aveva fatto salire in macchina e lo aveva portato in un motel
fuori mano, lo aveva spogliato con mosse dure e violente, trattandolo come
una bambola.
Ma a lui andava più che bene, odiava i clienti ce chiedevano se gli
piaceva e tutte quelle cose li.
Lui preferiva essere trattato come una bambola.
In fondo lo pagavano per avere un buco, non per chiacchierare, cosa che
lui non voleva fare, tra l'altro.
Lo aveva legato al letto e aveva cominciato ad usarlo, tutto normale.
Poi il terrore si impadronì di lui. Quell'uomo enorme, dopo averlo
imbavagliato aveva tirato fuori un coltello da chissà dove.
Dandosi dello stupido Ale aveva cominciato a dimenarsi per liberarsi in
preda al terrore.
A nulla erano valsi i suoi sforzi.
Qualche tempo dopo l'inserviente del motel l'aveva trovato in fin di vita
per la perdita di sangue, si era risvegliato in ospedale.
Appena sveglio si accorse di quanto vicina la signora morte fosse passata,
e anche se decisamente debole scappò, tornando alla sua misera stanza ed
ad altri clienti.
A 18 anni, finalmente, trovò un lavoro vero, normale.
Nella periferia della città.
Faceva il cameriere e gli piaceva, ma quando il padrone aveva scoperto che
era omosessuale lo aveva licenziato, e poi aveva trovato il nuovo posto e
Mat.
-Questa è tutta la mia storia Mat.-
La voce di Ale era incrinata e gli occhi erano serrati. Il corpo disteso
semi nascosto dalle lenzuola candide era pieno di goccioline di sudore.
Mat gli accarezzò un fianco e si chinò a baciarlo. Dilaniato dal dolore.
Il suo Ale.
Il suo Ale era quasi morto.
Non aveva parole, non sapeva come dire quello che aveva dentro.
Si chinò su di lui baciandolo con dolcezza, guardando gli occhi verdi ora
aperti con tutto l'amore che poteva esprimere.
-Ti amo-
Furono le sue uniche parole.
Fine....
Fino al prossimo capitolo! ^_______-
Vi scrivo il testo della canzone che mi ha ispirato:
*L'angelo Caduto* dei Nomadi tratta da "Amore che prendi amore che
dai"
Sei un angelo caduto dietro il ciglio di una strada
tra l'asfalto e la pietra dove l'erba si dirada
ho contato le tue ossa, misurato ogni ferita
resistiti all'amarezza con la stretta delle dita
a quell'uomo che è venuto a cercare la tua pelle
per due soldi hai regalo la tua polvere di stelle
ma se è vero che non vivi e non ne vuoi parlare
nel tuo cuore nutri il sogno di riprendere a volare
Sei un 'angelo caduto dentro un'altro firmamento
la tua casa non è il sole ma una strada di cemento
una vittima immolata alle fantasie di un pazzo
giace immobile, indifesa, assomiglia ad un pupazzo
hai prestato il corpo a ore per poter tirare avanti
hai subito la condanna di tutti i ben pensanti
e mi piace ricordare che spesso sono quelli
che ridono godendo dei rumori dei coltelli
Sei un angelo caduto dietro il ciglio di una strada
tra l'asfalto e la pietra dove l'erba si dirada
ho contato le tue ossa, misurato ogni ferita
resistito all'amarezza con la stretta delle dita
A quell'uomo che è venuto a cercare la tua pelle
come mai non è bastata la tua polvere di stelle?
Ma se è vero che si vive oltre questa dimensione
io mi chiedo qual'è il senso mi domando la ragione
ma se è vero che non vive e non ne vuoi parlare
nel tuo cuore nutri il sogno di riprendere a volare
di riprendere a volare
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