AVVERTENZE: Questo capitolo è orrendo.
O/////O
Allora perchè lo hai postato? (NdMat)
Fatti gli affaracci tuoi. Tu hai smesso di... Cof cof ^///^ parlare con
Ale quando te lo ho GENTILMENTE chiesto?
Questa è un'altra storia, e guarda che se vai avanti così ce ne andiamo,
vogliamo una cosa seria noi, vero Mat? (NdAle)
Sigh! tuti contro di me... Ok, ma restate, faccio quello che volete ok?
(mi vendicherò poi*__*)
Cuoco parte
II di
Lara
Le onde scure come inchiostro lambivano i piedi dei due ragazzi, mentre la
luna allo zenit sembrava un sorriso coronato di stelle.
A tutti due pareva che il tempo si fosse fermato, un attimo splendido ed
eterno solo per loro, in cui sembrava che solo il calore dei loro corpi
vicini avesse importanza in tutto l'universo.
-Ale. io.-
Le parole si rifiutavano di uscire, di prendere forma e vita, quel 'ti
amo' che illuminava il suo cuore pareva non trovare la via per uscire.
-Shh. Lo so.- Un dito si posa leggero sulle labbra di Mat, che sorride e
annuisce.
-Torniamo all'albergo? Che dici?-
-Torniamo.-
Passi lievi e muti lungo la spiaggia e le loro mani intrecciate che
silenziosamente parlavano di future felicità e promesse ancora da
formulare.
La hall dell'albergo era vuota e buia, e il custode stava sonnecchiando
sulla sedia beatamente cullato dalla voce di un anonimo presentatore di un
altrettanto anonimo programma televisivo.
Un sorriso complice e divertito passa tra i due, che salgono le scale
verso la loro stanza, attraversando i corridoi semi bui e deserti, fino ad
entrare nella loro stanza.
Sembra quasi un piccolo paradiso tutto per loro, dove niente e nessuno può
disturbarli, quello era il primo giorno della loro vacanza e avevano tute
le intenzioni di godersela.
Ale, il suo abbraccio caldo che mi conforta ed eccita, il fiato rovente
sul mio collo che mi spaventa ed esalta. So cosa sta per accadere e sento
un enorme nodo allo stomaco.
All'improvviso ho paura, mi irrigidisco, lui mi fissa e io chiudo gli
occhi. Mi chiede cosa c'è, ma riesco solo a scuotere la testa, il terrore
mi ha paralizzato la gola. Non so neppure io perché all'improvviso questo
panico mi attanaglia le viscere e la gola.
Io non lo ho voluto.
Sento il suo abbraccio cambiare, ora vuole solo confortarmi, farmi sentire
al sicuro.
Ma la paura è dentro di me. Che sia il dolore che mi spaventa?
O non ho ancora accettato il fatto di essere gay e di fare l'amore con un
uomo?
Sento la mia eccitazione che si sta spegnendo, e vedo una muta
accettazione nei suoi occhi.
Stavolta si ferma, si accontenta di baci e carezze.
Ma non potrà accontentarsi di questo per molto, visto che so che lo amo,
e che non riesco a dirglielo, quale modo migliore di dimostrarlo?
Decido di mettere da parte questa nera tenebra che mi ha avvolto il cuore,
e lo riacchiappo mentre stava per lasciare i miei fianchi.
-Dove credi di andare Ale?-
La mia voce cerca di essere tranquilla, specchio di una sicurezza che non
provo.
Appoggio le mie labbra alle sue e mi abbandono tra le sue braccia. Mi fido
di lui, lo amo.
Il mio Mat. Guardo i suoi occhi azzurri spaventati, anche se avevo
accettato di lasciarlo andare, anche se per stavolta mi sarei accontentato
di un bacio, lui mi ha fermato. Coraggioso il mio cucciolo.
Gli accarezzo la spina dorsale con movimenti sempre più ampi, la mia mano
scorre sotto la maglia, la sua pelle è fresca e profumata.
Sa di pulito, di fresco, come un prato fiorito a primavera.
Gli sfilo la maglia chiara, finalmente posso godere di questa pelle
diafana.
Tutta per me, questa distesa di latte profumato.
Mi fermo un momento ad ammirare le sue forme perfette, e lui arrossisce.
Sorrido a inizio a posare lievi e leggeri baci sulla linea del mento,
lascio una scia di baci sul suo lungo collo, bacio e lecco il lobo del suo
orecchio e lo sento gemere piano.
Lo sospingo piano sul letto, avevamo preso due letti singoli, bene, più
si sta' vicini meglio è.
Sembra sorpreso di trovarsi disteso sul letto, ma le mie mani presto lo
distraggono, le lascio vagare raminghe sul petto, sugli addominali e sullo
stomaco, mentre le mie labbra si posano leggere sui capezzoli rosa,
circumnavigando quelle piccole meravigliose isole.
Presto lo sento gemere, mentre sento il suo desiderio nei pantaloni ora
troppo stretti.
Vi poggio sopra la mano in una leggera carezza e lo sento gemere forte,
perso nelle sensazioni che sta' provando. Slaccio il primo bottone e vedo
i suoi occhi chiari annebbiati dal desiderio, le guance arrossate e il
petto che si alza ad un ritmo veloce, dato dal desiderio.
Non mi faccio pregare e con un gesto fluido gli tolgo pantaloni e boxer.
Ora è rivelato davanti a me, nudo, bianco e perfetto.
Sembra fatto di porcellana tanto è fine il cesello dei muscoli e dei
tendini.
Mi perdo in quel biancore, e quasi con reverenza, poggio le mie labbra
sulla punta del suo frutto palpitante.
Il suo gemito erompe forte e io lo soffoco con la mia bocca poggiata sulla
sua, mi cerca con gli occhi ferito dall'abbandono, ma con un sorriso lo
guardo, per poi continuare ad esplorare il suo frutto coronato di piccole
perle di piacere.
Ora lui si morde le labbra per non gemere e il suo viso contratto dal
piacere mi fa andare fuori di testa, lentamente la mia lingua passa
dall'asta al morbido sacchetto per poi scendere alla piccola fessura tra i
glutei.
Si irrigidisce un momento per poi apprezzare le nuove sensazioni , anche
se il suo viso è un po' turbato.
Non ce la faccio più, lo devo avere.
Mat mi sfiora la felpa, toglila, mi dice. Sorrido perché non ha tutti i
torti, e lentamente mi spoglio davanti a lui, uno spogliarello in cui do
il meglio di me stesso.
Ale si sta finalmente spogliando, ora posso guardarlo liberamente.
La sua pelle abbronzata è segnata da una piccola cicatrice sul ventre. La
sfioro, chissà come se la è fatta.
Mi sento troppe cose contemporaneamente, la vista di quel corpo statuario
mi incanta. E' molo più muscoloso di me, anche se non è esagerato.
I suoi occhi di giada mi incantano mentre nudo si accosta a me e poggia le
mani sui miei fianchi. Un roco sussurro esce dalle sue labbra.
-Ti voglio Mat, non ce la faccio più.-
Annuisco piano mentre la paura si fa di nuovo viva, ma non voglio tirarmi
indietro, non ora!
Le sue mani sembrano lava fusa, gemo piano quando la sua lingua torna
sulla mia asta, le sue dita si appoggiano alle mie labbra e io avido le
lecco e succhio, non so più che sto facendo, non mi interessa.
Non ho mai provato nulla di simile.
Lentamente le sue dita mi invadono, una per volta, all'inizio fastidiose e
irritanti, ma poi quasi non le sento perso nel piacere che le sue labbra
sanno darmi.
Si stacca da me e io gemo il mio disappunto, mi sento abbandonato, freddo.
MA i suoi occhi bruciano, sembrano fiamme verdi, mi scaldano solo con uno
sguardo e anche io mi sento ardere.
Si appoggia alla mia apertura e sento un brivido di terrore lungo la spina
dorsale, ma le sue mani tornano a prendersi cura di me e io mi
tranquillizzo e abbandono.
Entra piano, un gemito inarticolato esce da me, fa troppo male, muovo
disperatamente i fianchi e lo sento uscire.
Mi guarda con una domanda negli occhi, ma non voglio che smetta.
Annuisco di nuovo e lui entra in me.
Stringo i denti e una lacrima esce indisturbata dai miei occhi. Piano mi
abituo all'intrusione e quando sfrega un punto particolare che non sapevo
di avere grido. Non ho mai provato niente di simile!
-Dio!!!!!! Ale.. SI!-
Solo quelle parole sconnesse escono da me, in un grido soffocato, roco.
Allaccio le mie gambe attorno a lui, non credevo esistesse qualcosa di così
piacevole, vorrei non finisse mai, ma il piacere è troppo grande, vedo
una miriade di stelle e fuochi d'artificio dietro le mie palpebre, vengo e
il mio seme perlaceo si spande sui nostri stomaci in attrito, dopo un
momento lo sento irrigidirsi nello spasimo finale, affondando, violento,
un'ultima volta.
Si sdraia su di me, spossato ma con il sorriso più bello che abbia mai
visto, passo le mie dita tra i fili neri, e lo guardo estasiato.
Con movimenti lenti esce da me e sfila il preservativo, si alza e lo va a
buttare in bagno, mi manca già il calore del suo corpo.
Fortunatamente dopo un attimo è già qua che si sdraia al mio fianco e mi
abbraccia, mentre io affondo il viso nel suo collo per un momento.
-Ti amo Mat, e non mi sembra vero di essere qui con te.- Le parole
aleggiavano nella notte calma, creando un manto di irrealtà nella
penombra della stanza.
-Anche io, non speravo che tu. Che tu mi volessi bene. Non sono mai stato
meglio Ale, davvero.-
Piano piano, come un ladro nella notte, il sonno si impossessò dei due
ragazzi, lasciandoli abbracciati.
La sveglia suonò all'improvviso, Ale sobbalzò e si scontrò con la testa
di Mat, che rimbalzò all'indietro come un pallone.
-Spegni quel maledetto cellulare Ale! Siamo in ferie possiamo restarcene
qui a letto quanto vogliamo! Per una volta che non devo andare al
lavoro...- Le rimostranze di Mat furono interrotte sul nascere, o quasi,
da un bacio di Alessandro, che cercava di spegnere la sveglia del
cellulare senza guardarla, alla fine ci riuscì, ma erano tutti e due
troppo svegli per tornare a dormire.
-Ummpf. Se è questo il tuo modo di svegliarmi puoi farlo più spesso.-
Mat si passò la lingua sulle labbra alla ricerca delle ultime tracce di
sapore di quella di Ale, che lo baciò di nuovo e sorrise.
-Io ho F.A.M.E. Mat, che ne dici se andiamo a pranzare, sai, la sveglia
l'ho messa a mezzogiorno.-
Mat arrossì e guardò fuori dalla finestra, le tende pesanti erano
tirate, ma era decisamente giorno inoltrato.
La stanza climatizzata era una gran cosa, ma di certo non capivi bene che
ora era, visto che c'erano sempre gli stesi gradi. Si alzò e si stiracchiò.
Non riusciva a camminare proprio bene, gli sembrava che le sue viscere non
collaborassero troppo. A passo tranquillo, perché non si fidava a
correre, andò a farsi una doccia con lo sguardo di Ale che lo seguiva.
L'acqua fredda lo aveva svegliato del tutto, ed ora si accorgeva di avere
fame.
Uscì dalla doccia con un sorriso felice e anche un po' stupido, cosa che
decise non appena si vide nello specchio, Si strofinò vigorosamente con
l'asciugamano e si pettinò i capelli ancora umidi, non appena uscì Ale
si fiondò a sua volta a fare la doccia, e dopo un tempo che non si può
definire breve i due uscirono dalla stanza per andare a pranzare.
Mat si sentiva imbarazzato, anche se cercava di nasconderlo.
Gli sembrava che tutti sapessero di lui e Ale e che li guardassero
dall'alto in basso, giudicando. Si sentiva sempre più a disagio, sempre
più pieno di vergogna. Non sapeva cosa fare.
Mille occhi pronti a giudicare e condannare in ogni angolo, gli sembrava
ci fossero condanne e giudici ovunque. Sembrava che anche l'aria prendesse
le distanze dai suoi polmoni. Si alzò a metà del pranzo e senza dire una
parola al sorpreso e anche un po' ferito compagno, andò in stanza. Come a
volersi nascondere dal mondo.
Si vergognava, aveva paura. E si vergognava di avere paura.
Mat si prese il viso tra le mani, seduto sul letto, impietrito, gelato
davanti alla sua viltà.
Si faceva schivo.
Amava Ale ma si vergognava di lui. Della persona che amava e del loro
rapporto. Nessuno poteva sapere cosa era successo quella notte ma la
sentiva dentro di sé come una colpa.
Ma lui non aveva fatto nulla di male, o no?
La libertà di amare chi si voleva esisteva no? Però le mille
battute sui gay, le mille volte in cui aveva sentito e detto cattiverie
gli venivano in mente, martellavano la sua coscienza.
Perso nel suo conflitto, rannicchiato a gambe incrociate sul letto, il
viso affondato nelle mani, non si accorse della porta che si apriva
facendo entrare Alessandro, preoccupato e cinereo in volto. Che si
chiedeva cosa potesse essere accaduto e ripeteva dentro di se, come un
mantra, " fa che non si sia pentito.fa che non si sia pentito".
Lentamente Alessandro si avvicinò al compagno, all'amico ora diventato
amante, alla persona che ora era la sua luce.
-Cosa è successo Mat?-
Non sapeva che altro dire, con un sospiro si sedette accanto al ragazzo,
vedendo le spalle tremare leggermente, che stesse piangendo?
Si preparò ad aspettare pazientemente al suo fianco una spiegazione, una
parola, qualunque cosa. Qualunque cosa che non fosse quell'angosciante
silenzio spezzato da rari e soffocati singhiozzi.
Era terrorizzato dall'idea che Mat si fosse pentito. Possibile che la
storia si potesse ripetere? Bhe', almeno questa volta no sarebbero passati
anni prima di un voltafaccia doloroso e feroce.
Non che il passare di un solo giorno potesse spezzare meno il suo cuore.
Solo che il rumore della rottura non sarebbe stato così forte.
Il tempo necessario a ripararlo, forse, non così lungo.
E la cicatrice non così dolorosa. O almeno sperava tutto questo.
Il tempo passava, impassibile davanti all'angoscia dei due ragazzi, vicini
eppure distanti come due stelle.
-Mi spiace.-
Quelle parole sussurrate uscirono dalla bocca di Mat, mentre alzava
lentamente lo sguardo a fissare un punto vuoto nella stanza.
-Ti dispiace di che cosa Mat? Ti prego dimmelo, parla.-
Ale non aveva mai pregato nessuno, mai. Ora pregava Mat di parlargli , di
dirgli quello che lo faceva stare così male.
-Io sono solo una merda. Scusa.-
-Spiegati Mat. E poi tu non sei una merda, non puzzi. Anzi profumi di
buono.
Ok?-
Mat scosse violentemente la testa come a negare quelle parole, a volerle
cancellare. Gli occhi celesti erano appannati dalle lacrime e rossi. Anche
se le guance erano asciutte aveva pianto e non poco.
-Io . io mi sono vergognato.-
Ale non sapeva come prendere la cosa, la rivelazione lo aveva colpito.
Probabilmente stava affrontando lo stesso travaglio interiore che aveva
dovuto esaminare lui. La stessa angoscia, la stessa paura, la stessa
vergogna.
Scoprirsi diversi in un modo dove chi è diverso viene beffeggiato.
Come se essere diversi fosse una cosa subdola, sporca.
Ma in fondo la diversità era una cosa universale, solo che quella
diversità non era accettata. O almeno non lo era veramente e dappertutto.
Non potevano certo andare in giro ovunque mano nella mano, non potevano
manifestare nulla in pubblico. C'era chi ti licenziava quando scopriva che
eri gay. E c'era chi non ti dava lavoro. La vita era dura, e anche se
c'erano persone coraggiose che non si nascondevano, erano poche e
bersagliate.
Lui aveva perso il precedente posto di lavoro perché gay. Non voglio un
cameriere frocio gli avevano detto. E aveva dovuto andarsene.
Ora Mat stava affrontando quella stessa prova.
E Ale no sapeva cosa fare.
Ale è qui vicino a me, mi sta vicino, mi ama, non è scappato quando ho
detto che mi vergogno, anche se vedo che ha capito cosa intendo. Mi
vergogno ancora di più della mia codardia. E mi chiedo come un essere
spregevole come me possa avere vicino un essere simile.
Mi guarda e mi accarezza piano la guancia.
Mi dice che non c'è nulla da vergognarsi, ma che è difficile capirlo,
convincersi, ammetterlo con se stessi. In fondo. Mi dice, siamo cresciuti
in un paese dove non siamo accettati, le cose cambiano piano. Ma cambiano.
Mi dice di aver fiducia, di aver fiducia in lui. Io ce la ho. Lo amo.
Finalmente riesco a dirglielo.
Gli dico quelle semplici parole guardandolo negli occhi verdi come un
prato di primavera, gli metto in mano la mia anima, e lui la accarezza
timidamente , sa che è come un piccolo passero, tremate e terrorizzato.
La mia anima freme di paura, ma il suo sguardo, le sue mani, lui, mi
tranquillizzano.
Le mie parole lo fanno sorridere. E piangere.
Accolgo tra le mie labbra una sua lacrima dolce e salata. Perché piange?
Glielo chiedo e mi dice che sono lacrime di gioia, che cedeva di avermi
perso.
Aveva paura. Per me. Aveva paura di perdere me.
No, no penso proprio che mi perderà, come io credo che non perderò lui.
Gli chiedo se mi ha perdonato, e la sua risposta mi riempie di gioia come
una cascata di luce.
Non c'è niente da perdonare, anzi, mi dice che sarà sempre al mio
fianco.
Non c'è nulla di cui ti debba vergognare o avere paura, e io ti aiuterò
a capirlo, se vuoi.
A quelle parole mi ritrovo tra le sue braccia, a tenerlo stretto, quasi
avessi paura di vederlo scappare, mi allontana ridendo, dice che lo
soffoco se stringo ancora un po'.
E io rido con lui.
Non ho mai sentito nulla di più bello e perfetto come le nostre risate
che vibrano assieme.
Credo proprio che la felicità vera sia ad un passo da me. Ora spetta solo
a me, e a lui, arrivare a toccarla e farla nostra.
-Allora Mat, ora ti va di andare giù a fare il bagno?-
-Certo, ma aspetta un attimo, tu va pure che io ti raggiungo. Va bene?-
Gli sorrido. Mat, il mio angelo di luce.
-Ovvio, muoviti però!-
Mi avvio dopo aver tolto velocemente la maglia, afferro l'asciugamano e
scendo in spiaggia fischiettando. Aspetto Mat al più presto, non vedo
l'ora di portalo in un certo posto. Sperando che non mi dia del porco.
Sorrido all'idea del mio angelo che arrossisce, forse avrebbe ragione a darmi
del porco.
La spiaggia è quasi deserta, perfetto. Stendo l'asciugamano al sole e
rimango in costume, sdraiato come una lucertola a godermi i raggi del
pomeriggio che mi sfiorano con il loro calore intossicante. Il mare è un
liscio cristallo azzurro con lievi merletti bianchi qua e là.
Mi accorgo che sto sonnecchiando, ma quanto ci mette? Angelo si, ma ha
anche un po della lumaca il mio Mat.
Ripenso a quello che mi ha detto. Mi ha detto che mi ama e io che faccio?
Piango. Neanche fossi un'imbecille.
Ma a quanto pare la reazione non la ha presa a male, credo che l'abbia
finalmente capito che lo amo davvero anche io.
Mi volto insofferente, insomma dov'è finito?!?
Sto per alzarmi e andarlo a cercare quando compare al mio fianco,
sorridente e bellissimo.
Allora mi alzo e gli dico che voglio portarlo in un posto, lui è sorpreso
ma annuisce e mi segue dentro l'acqua. Vuole sapere dove andiamo, ma è un
segreto. Gli dico che lo scoprirà.
Nuotiamo per un bel tratto, fermandoci a riposare ogni tanto.
Non siamo certo nuotatori olimpionici noi. Finalmente arriviamo. Un
piccolissima spiaggetta isolata, ci si può arrivare solo a nuoto. Ci
sdraiamo stanchi sulla sabbia calda a rosolarci al sole che ormai è a metà
del suo peregrinare.
Parliamo un po' e senza accorgerci ci addormentiamo.
Penso che sia tardi, veramente tardi. Ma tardi per che poi? Siamo in
ferie, no? Il sole è solo un bagliore rosso all'orizzonte, e Mat dorme
ancora.
Lo sveglio con un bacio il mio angelo sornione. E lui mi bacia decisamente
con passione.
Direi che l'atmosfera è perfetta.
Apre gli occhi e sorride. Mi chiede perché lo ho lasciato dormire
tanto e che è tardi, dovremmo tornare all'albergo.
Ma tornare indietro ora non è tra i miei progetti, e gli dico che io
volevo aspettare il tramonto apposta. Lui sembra non capire, ma penso che
tra poco afferrerà il concetto.
Lo bacio con passione e lui dopo un attimo mi risponde.
Va tutto decisamente bene, mi alzo ed entro in acqua trascinandomelo
dietro, la sua mano allacciata alla mia.
Facciamo l'amore nell'acqua, è una cosa stupenda che volevo lui provasse.
Le stelle sopra di noi e una sottile striscia carminia che sta svanendo
all'orizzonte, il leggero frusciare di seta dell'acqua sulla nostra pelle
e la sabbia del fondale tra i piedi. Mille scintille di luce sull'acqua
scura e affascinante che incantano, ma mai quanto i suoi occhi.
Credo gli sia piaciuto, e anche molto.
Quando ce ne andiamo mi strappa la promessa di ritornare li prima di
andarcene.
Eh si, gli è proprio piaciuto.
Torniamo alla nostra stanza lentamente, nuotando senza fretta.
Cosa potrei volere di più?
Fine. Per ora.
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