Crossover V
di Naika
Hanamichi aprì gli occhi lentamente sollevando una mano per passarla tra i
capelli rossi arruffati mentre i suoi occhi mettevano faticosamente a
fuoco il grande baldacchino che sovrastava il suo capo.
Sbatté le palpebre un paio di volte, incredulo, prima di balzare a sedere.
Si
precipitò alla finestra spalancando le tende candide di scatto senza
riuscire a trattenere un sussulto di gioia nel notare la scintillante
distesa del mare di Zagor.
“Sono tornato...” sussurrò mentre un sorriso gli si allargava sul volto.
Senza badare al fatto che indossava solo una leggera vestaglia da camera si
precipitò fuori dalla stanza guardandosi intorno.
Kaede aveva evidentemente sistemato l’Hanamichi di Kanagawa in una delle
stanze per gli ospiti.
Sorrise correndo lungo il corridoio con l’unico pensiero di riabbracciare la
sua volpe.
Chissà come si era comportato il volpino con quell’Hanamichi che, almeno a
detta dell’altro Rukawa, lo odiava a morte.
Sperava solo che non l’avesse terrorizzato troppo.
La
sua volpe aveva dei metodi... bhe... bruschi... a volte.
Spalancò la porta della camera nuziale bloccandosi però sulla soglia.
Il
suo amante dormiva tra le lenzuola candide, il volto lievemente corrucciato
anche nel sonno, i cuscini accatastati in malo modo come se avesse lottato a
lungo con loro prima di riuscire ad addormentarsi.
Scivolò con attenzione sul folto tappeto di pelliccia prima di sedersi
accanto al compagno dormiente osservandolo per lunghi, silenziosi, istanti.
Sollevò una mano disegnando i contorni del suo volto con dita leggere prima
di scostare alcune ciocche che erano cadute a coprirgli le palpebre chiuse.
“Kaede...” lo chiamò piano.
Il
moro si mosse nel sonno, serrando la mascella infastidito, corrugando la
fronte, prima di socchiudere le palpebre e riconoscere dietro la patina
offuscata del sonno una morbida chioma rossa.
“Hn... che ci fai qui...” borbottò cupo girandosi su un fianco per non
cadere nella tentazione di attirare a se quel corpo così simile a quello del
suo compagno.
“Stupida volpe... possibile che tu debba metterci sempre così tanto per
svegliarti la mattina!!” borbottò Hanamichi stendendosi accanto a lui con un
sospiro prima di appoggiare la fronte contro la sua schiena.
Lo
sentì irrigidirsi contro di lui e sorrise, allontanandosi quel poco che gli
avrebbe consentito di girarsi nuovamente verso di lui.
Rukawa fece scivolare lo sguardo sul suo viso incontrando due lucenti occhi
dorati.
Sbarrò le palpebre per un momento mentre dalle labbra usciva un lieve “Ha...
hana...?” incredulo.
“Buongiorno amore.” mormorò il rossino con un sorriso dolce.
“Hana!!” ansimò Kaede stringendo con forza il compagno tra le braccia.
Il
rossino lo strinse a sua volta crogiolandosi in quell’abbraccio stretto
stretto, quasi soffocante eppure così piacevole.
Rukawa allentò la presa solo dopo diversi minuti fissando nuovamente il
compagno “Come..?” chiese perplesso ma il marito scosse il capo in segno di
diniego. “Non ne ho idea, mi sono svegliato qui....” spiegò
“Allora è riuscito a far funzionare il medaglione...” mormorò tra se il
sovrano dei ghiacci.
“Medaglione?” chiese il rossino perplesso.
Rukawa annuì “L’Hanamichi di quel posto..” cominciò a spiegare.
“Kanagawa?” chiese il compagno.
Kaede annuì “Allora avevo visto giusto allora, vi siete scambiati...” chiese
lanciandogli uno sguardo.
Sakuragi annuì in conferma facendogli poi cenno di continuare.
“Dicevo... l’Hanamichi di Kanagawa aveva un medaglione, emanava un’aura di
potere molto forte ma... strana... aliena” mormorò perplesso.
“Magia di un altro pianeta?” chiese il rossino perplesso.
“Credo..” mormorò Rukawa stringendo di nuovo il compagno a se. “Stai bene?”
si preoccupò accarezzandogli la schiena dolcemente.
“Sì...” mormorò Hanamichi “...Koori e Hi?” s’informò.
La
volpe gli sorrise dolcemente “Stanno bene. Glieli ho presentati...” mormorò
ricordando la faccia del ragazzo quando gli aveva detto di chi erano figli i
due bambini.
Hanamichi inclinò il capo sui cuscini “Davvero?” chiese curioso “E come ha
reagito?”
Rukawa ridacchiò scuotendo il capo “Da do’aho...”
“Hey!!” protestò il compagno fingendosi offeso. “Guarda che il tuo alter ego
di Kanagawa e svenuto quando gli ho parlato di figli!!” lo prese in giro
regalandogli una linguaccia.
“L’hai incontrato?” volle sapere il volpino sorpreso.
Hanamichi annuì piano, un’ombra di tristezza che scendeva a velargli lo
sguardo. “Sì...” mormorò soltanto.
“E..?” chiese il moretto intuendo che il compagno gli taceva qualcosa.
“E’
innamorato di me... o meglio del suo ‘me’...” mormorò “...ma.. pare che
quell’Hanamichi ami invece una ragazza...” sussurrò.
“Haruko..” ringhiò il volpino ricordando il nome che era fuoriuscito dalle
labbra del rossino solo la mattina precedente.
“Ru... secondo te... perchè il Rukawa di Kanagawa ama Hanamichi mentre il me
stesso di quella dimensione..” chiese preoccupato ma il volpino gli pose
l’indice sulle labbra impedendogli di porre termine alla frase.
“Non credo che lui ami davvero quell’Haruko...” mormorò “L’ho capito dal
modo in cui mi guardava, dal modo in cui si è comportato in certe
occasioni...”
“Davvero?” chiese speranzoso il rossino che non aveva dimenticato il lampo
di dolore negli occhi blu del Rukawa di Kanagawa quando questi gli aveva
detto che l’Hanamichi di quella dimensione lo odiava.
Kaede annuì con il capo, sicuro, “Dagli tempo... ha solo bisogno di capire
quello che prova...” mormorò il signore di Zagor.
Hanamichi si accoccolò tra le braccia del compagno, più tranquillo, “Gli
auguro buona fortuna allora...” mormorò piano, strofinando la guancia contro
il suo petto.
Rukawa sorrise passandogli una mano tra i capelli rossi “Anch’io...” mormorò
prima di chinarsi a sfiorare le labbra dell’amante in un morbido bacio.
“Bentornato a casa amore...”
Pow
Hanamichi
Mi’hao?
Che razza di miagolio
è?
No... devo aver sentito
male....
Il felino fa un nuovo
passo verso di me e io mi trovo incatenato a quegli occhi scuri... lucenti
eppure così... densi....
Mi guarda.
E solo uno stupido
gatto però.... mi fissa.
E i suoi occhi sono
due pozzi oscuri dalle sfaccettature innaturalmente scarlatte.
Mi esamina.
E io non riesco a
muovermi.
Non riesco a respirare.
A pensare.
Lo vedo socchiudere le
palpebre riducendo le iridi a due sottili lame di sospetto.
Mi scruta.
E poi tira indietro le
orecchie appuntite e mi soffia contro scoprendo le zanne candide, pugnali
d’avorio affilato che scintillano minacciosi su un altare d’ebano pregiato.
Trattengo il respiro,
immobile, il battito del cuore che mi esplode nelle orecchie copre ogni
altro suono.
Calma... è solo un
gatto.
Un piccolo...
insignificante....
...chi voglio prendere in giro?
C’è qualcosa nella
creatura che ho davanti....
Qualcosa nel suo modo
sinuoso di muoversi, quasi non toccasse terra, quasi fosse il mondo intero a
spostarsi mentre lui rimane, pigramente, immobile.
C’è qualcosa che io non
comprendo ma che la mia anima, ogni cellula del mio corpo, il mio stesso DNA
riconosce e... teme.
Una sola parola a
caratteri rossi, cubitali, lampeggia sullo schermo nero della mia mente su
cui ogni altro pensiero è stato cancellato, spazzato via, dai suoi occhi.
Dal suo sguardo.
Da quelle iridi
impenetrabilmente nere, piantate nelle mie.
Cosa c’è dentro quegli
occhi scuri.
Cosa celano?
Lo fisso, incatenato
dalle mie stesse domande, trascinato da una curiosità mortale che mi spinge
a seguire la danza delle ombre nelle sue pupille.
Tenebra e Fuoco.
Si fondono, si
scindono, si sciolgono.
Nascono e muoiono
incatenandomi alla loro malia.
Seguo i loro ipnotici,
liquidi, giochi in quegli occhi improvvisamente sempre più grandi, luminosi
nella loro oscurità, muovendo un inconsapevole passo verso di lui, verso
quel baratro rosso e nero, quelle fauci spalancate come amorevoli braccia.
E quella parola ancora
lampeggia frenetica, sempre più forte, in ogni suo battito impazzito il mio
cuore la ripete, la grida.
Ordina e supplica:
SCAPPA.
Ma non riesco a
muovermi.
Non voglio muovermi.
La sua volontà è la
mia.
Come una droga che da
dipendenza il suo sguardo è diventato la mia unica ragione di vita, il mio
solo nutrimento... l’unico mio desiderio.
Anche se la mia mente
ancora grida.
Anche se il mio spirito
di sopravvivenza si dimena con tutta la forza datagli dalla disperazione.
In quelle iridi scure,
per me, leggo un destino composto da un’unica semplice parola: Morte.
Ma faccio un altro
inconsapevole passo verso di lui, verso la strada che lui ha scelto per me.
Desidero, anelo con
ogni respiro, con ogni battito del mio cuore impazzito accontentarlo,
compiacerlo, servirlo.
Morirò nel lucente
abbraccio dell’estasi se la mia dipartita gli procurerà anche solo un attimo
fuggevole di gioia.
E quando lui muove il
primo, inudibile, passo verso di me il tempo trattiene il respiro, in
attesa, mentre millimetro dopo millimetro quella zampetta si avvicina al
suolo.
Inesorabile, come la
condanna implicita nel suo muoversi per venire da ME.
IO sono la
vittima sacrificale per il suo altare.
Sento distintamente la
clessidra del mio Tempo andare in frantumi nel momento in cui l’arto tocca
il pavimento.
La sabbia dorata
scivola tra i cocci appuntiti spargendosi in una impalpabile polvere dorata
attorno al corpo del micino, sollevandosi in un sottile soffio attorno alla
zampina che ha sancito lo scadere del mio tempo.
No... è un illusione
della mia mente... non è sabbia quella che si solleva quando la sua zampa
tocca terra... è un piccolo ricciolo di fumo grigio.
Con la lentezza
esasperante di una moviola lo vedo sollevare l’altro arto ed ecco... quando
lo posa atterra... anche da sotto questa si solleva una piccola voluta di
fumo grigio.
Si
avvicina.
E ogni passo che compie
dal pavimento si sollevano spirali di fumo sempre più dense, più scure.
Centimetro dopo
centimetro si muove verso di me, lentamente, come se avesse deciso di
lasciarsi ammirare in tutta la sua terrificante magnificenza prima di
concedermi l’oblio.
O forse semplicemente
si compiace del terrore della mia anima.
E’ a qualche metro da
me e già il fumo è così alto che arriva ad intrecciarsi con la sua coda.
Ognuna di quelle
impalpabili volute di velo grigio-nero possiede un proprio ondeggiante
movimento, una volontà a se stante che sembra avere come unico obbiettivo e
desiderio quello di venerare la creatura che le genera.
La vista mi si annebbia
mentre la luce scivola via, fugge, dalle ombre che si allungano lambendola
con le loro lingue di tenebra socchiudendo le labbra scure per inghiottirla.
In mezzo alla tenebra
la Sua sagoma si tende, si solleva sulle zampe posteriori e per un momento
sembra che si metta buffamente in piedi ma... si sta allungando troppo.
Se fosse davvero un
gatto a quest’ora si sarebbe spezzato in due.
Invece quell’ombra tra
le ombre si srotola verso il soffitto con la grazia letale di un cobra che
solleva il capo, rivelando lo sguardo vitreo e le sottili fauci mortali.
Le lingue di tenebra si
schiudono con un ansimo estatico, trasparenti petali di una velenosa rosa
nera che sfiorisce. S’inarcano, piegandosi all’indietro, ondeggiando in
lunghi strascichi neri nell’aree scura prima di sussultare e irrigidirsi
all’unisono.
Un fremito le scuote,
le tende per poi lasciarle accasciarsi in avanti, stremati, a richiudere in
un bozzolo oscuro ciò che le ha generate.
Per un interminabile,
infinito, istante un silenzio completo, assordante nella sua totalità mi
strappa il respiro dai polmoni e poi... poi.... con un unico gesto deciso
lunghe dita candide stracciano la tenebra squarciandola in due lembi di seta
sbrindellata consentendo a ciò che vi era racchiuso di emergere di fronte a
me.
Finalmente libero.
Finalmente tornato al
suo magnifico aspetto originale.
Ed è...
è...
... RUKAWA?????
Ok... calma.... CHE
CA**O STA SUCCCEDEDENDO???
La volpe mi fissa con
quegli occhi scuri, insondabili nel volto ancora più pallido di quanto lo
ricordassi, quasi... candido.
Copre gli ultimi metri
che ci separano con poche, morbide, falcate e poi la sua mano saetta in
avanti, fulminea.
Come un piccolo,
innaturalmente candido, aspide che spalanca le fauci, le sue dita sottili si
aprono di scatto prima di serrarsi sulla mia gola in una presa dolorosamente
ferrea.
Mi solleva di diversi
centimetri, da terra, come se non avessi peso scrollandomi un paio di volte,
con forza.
“Chi sei tu?” il
suo ringhio fa sussultare tutta la casa.
I vetri delle finestre
tintinnano nelle loro intelaiature come tanti piccoli denti che battono per
il terrore.
Un ansito gelido
scivola silenzioso nella stanza, accarezzandomi languido la nuca, la
guancia, con le sue labbra fredde, prima di disperdersi accanto a lui mentre
le ombre fuggono, rannicchiandosi negli angoli, timorose di irritare
ulteriormente il loro padrone.
Ho paura.
Ho davvero paura.
I suoi occhi non hanno
niente di umano.
Mi scuote come una
bambola di pezza, un’insignificante giocattolo nelle sue mani.
Questo non è il mio
Rukawa.
M***a sono finito in
un’altra dimensione ancora!
E questo Rukawa....
sembra un demone.
Magari lo è davvero...
Aiuto! Aiuto! Aiuto!!!
Il cuore mi scoppia in
petto mentre cerco di ritrovare la voce.
Lui ancora attende una
risposta.
E non sembra avere
intenzione di aspettare a lungo.
“Mi.. mi chiamo
Hanamichi.. Hanamichi Sakuragi... vengo da... Kanagawa...” ansimo.
Le sue dita si
stringono attorno al mio collo strappandomi un sussulto mentre l’aria
comincia a scarseggiare nei miei polmoni.
Boccheggio producendo
versi inarticolati e ansiti che somigliano più a dei pigolii, alla disperata
ricerca di un po’ d’ossigeno.
“Non cercare di
ingannarmi mortale...” ringhia e la sua voce vibra bassa e sinistra.
Nel suo sguardo si
contorcono ombre rosse mentre la sua pupilla si restringe divenendo una
sottile lama nell’occhio scuro.
Chiunque mi abbia
mandato qui..... aiutooooooo!!
Prometto che non farò
più lo stupido durante gli allenamenti!
Giuro che non salterò
più nemmeno un’ora di lezione!!
Smetterò anche di
insultare la volpe ma.... sono troppo giovane per morireeee!!!
Lui mi attira a se
portando il suo sguardo a pochi centimetri dal mio, strappandomi bruscamente
dalle miei preghiere. “Chi credi di imbrogliare?” sussurra piano,
sinistramente melifluo.
“Non hai il simbolo
sulla fronte...” mormora gettandomi con disprezzo sul grande letto
matrimoniale.
Il mio corpo non
risponde a nessuno dei miei comandi.
Non riesco a reagire.
Che diavolo mi ha
fatto!?
Si avvicina di nuovo,
un lieve sorriso crudele che gli tende le labbra mentre allunga una mano
candida per scostarmi alcune ciocche dal collo. Lo vedo ghignare
malignamente nel sfiorare coi polpastrelli la vena che pulsa veloce sotto la
mia pelle dorata.
Hey... che vuole... che
diamine.... vuole fare????
Socchiude le labbra
piano, catturando la mia attenzione su di esse e allora... allora li
noto....
Lunghi... lucenti....
Quelli sono... sono....
CANINI DA VAMPIRO????
Pow
Rukawa
Il suono della sveglia
mi costringe a sollevare le palpebre.
Mi guardo attorno
sbuffando nel riconoscere il salotto.
Ho dormito sul divano
perchè ho lasciato la camera da letto al do’aho.
Mi stiracchio
infastidito dall’aver riposato in un letto decisamente troppo piccolo per me
quando il suono di un sussulto mi costringe a voltarmi verso il corridoio
che porta alle camere.
Hanamichi è fermo sulla
soglia del salotto e si sta guardando attorno freneticamente come se non
riconoscesse il luogo in cui si trova.
Ma che gli prende?
E poi il suo sguardo si
fissa su di me.
Sbianca, sbarrando gli
occhi.
“Do’aho che ti prende?”
gli chiedo perplesso.
Possibile che si sia
già dimenticato che si trova momentaneamente a Kanagawa?
“Tu... tu non sei...”
mormora piano mentre il suo sguardo corre dalla punta dei mie piedi nudi ai
capelli arruffati.
Ma che cos’ha?
Ha già dimenticato
quello che gli è successo?
Sto per aprire bocca
quando lui fa una cosa inaspettata.
Dalla gola gli esce un
basso, minaccioso, ringhio che ha ben poco di umano.
Ma
che...?
“Non mi lascerò fregare
dallo stesso trucco due volte...” mi avverte gelido.
Non capisco che diamine
sta dicendo e glielo chiederei se non che.... tutta la sua figura prende
fuoco!
E questo non è un
incantesimo come quello che gli ho visto fare ieri.
No... è totalmente
diverso.
Le fiamme esplodo
letteralmente attorno a lui, divampano furiose danzandogli accanto prive di
controllo. Si tendono, si flettono, schioccano come fruste impazzite
riempiendo l’aria di scintilli dorati e faville scarlatte che saettano
violenti vicino a lui come piccoli spettri infuocati.
Lo vedo stringere le
braccia intorno ai fianchi e poi....
Che sta facendo????
Con un suono secco di
stoffa lacerata la maglia del pigiama si apre in due lembi pallidi scoprendo
la sua schiena candida dove....
OH KAMI SAMA!!!
Due violenti schizzi di
sangue scarlatto spruzzano le pareti candide del salotto disegnando enormi
ali scarlatte su tutta la parete dietro di lui mentre le scapole gli
fuoriescono dalla schiena allungandosi verso l’esterno.
Vedo le ossa chiare,
coperte di sangue denso, fuoriuscire dalla pelle martoriata tendendosi con
scricchiolii terrificanti verso il soffitto.
Il tempo di un sussulto
e lui scuote le spalle sbattendo con forza due lucenti, terrificanti, ali
nere come la pece.
Ok... calma...
CHE CA**O STA
SUCCEDENDO???
Cerco di ragionare in
fretta mentre retrocedo con cautela.
Questo non è certamente
l’Hanamichi di Zagor e tanto meno il MIO Hanamichi.
Ma allora che è
successo?
Un ringhio
terrificante, mi costringe a riportare la mia attenzione su Hanamichi... o
meglio quello che era Hanamichi...
I pantaloni del pigiama
che gli avevo prestato si stracciano quando la sua colonna vertebrale si
allunga innaturalmente srotolandosi, con uno schiocco, in una lunga coda
serpentina.
Lui la sbatte a terra
con rabbia, disintegrando il pavimento, rischiando di demolire tutta la casa
con la sola potenza del contraccolpo mentre da essa fuoriescono enormi
aculei dall’aria velenosa.
Che... che... cos’è
QUELLO???
Hanamichi ruggisce
facendo scattare nervosamente la mandibola mentre muove il primo passo,
contraendo i muscoli improvvisamente molto più voluminosi, facendo saettare
nervosamente la coda avanti e indietro.
Ok, le domande gliele
faccio dopo... penso osservando le zanne che gli tendono le labbra segnando
la mandibola volitiva e le lunghe corna nere che gli spuntano tra i capelli
rossi... adesso è meglio mettersi in salvo... e in fretta anche!!!
Ma non riesco a muovere
un passo che la sua coda si pianta di fronte a me.
Gli aculei frantumano
il pavimento costringendomi a sollevare le braccia per proteggermi il viso
dalle schegge impazzite.
“Insomma do’aho che
diavolo ti prende?” gli ringhio contro cercando di trattenere la nota
isterica che vibra nella mia voce.
Hana si può sapere che
casino hai combinato!!
Da dove arriva questo
qui???
Dall’Inferno???
Se avessi tempo glielo
domanderei.... dopo averlo convinto che non è assolutamente necessario farmi
a pezzi!!!
Scatto di lato ma lui
dimostra una velocità e un’agilità di movimenti incredibili, nonostante il
peso di quel corpo terrificante, balzandomi davanti, bloccandomi ogni via di
fuga nello spalancare le enormi ali scure.
“Vuoi giocare...”
sussurra con voce spaventosamente gracchiante e profonda.
Sembra che le parole
facciano fatica ad uscirgli dalle zanne.
“Va bene....”
dice tendendo le labbra in un sorriso terrificante “...
giochiamo...” sussurra piano prima di lanciarsi contro di me.
Continua...
Però...
sarebbe un finale molto fuori del comune se adesso li uccidessero tutti e due...
no? ^_^
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