Disclaimer: i personaggi di questa fic
non sono miei e non solo non ci guadagno niente ad usarli.
WARNING: E’ infine giunto il momento di rivelarvi qual’era l’idea
che aveva più volte accarezzato il mio cervellino bacato ma che avevo
infine scartato ritenendola semplicemente... troppo.
Tuttavia, me baka all’ennesima potenza, mi è sfuggito un accenno con
Clanes che ha chiesto spiegazioni e quando gliele ho date mi ha
praticamente obbligato (^^’’ lei sa dove abito cercate di capirmi) a
riprendere la versione originaria di Cronache dove appunto c'era questa...
cosa. Il famigerato capitolo 5.
Ribadisco prendetevela con LEI!!!
Cronache parte
V
di Naika
Dal Libro dei Popoli
I figli del mondo
Paragrafo secondo.
Dolce e chiara la primavera con i suoi fiori delicati e il canto degli
augelli nell’aria.
In questa stagione nascono i figli dell’aria.
Essi librano le loro ali piumate nel cielo giocando con i grifoni,
inseguendo le farfalle.
E i loro canti si innalzano dai prati fioriti mentre le fate intrecciano
corolle di fiori da posare sui loro capi.
Essi hanno occhi azzurri come il cielo e capelli dalle tonalità del miele
e del sole.
Forte e intensa l’estate con il suo sole rovente e i girasoli dorati.
In questa stagione nascono i figli della terra.
Essi corrono con le loro gambe possenti insieme alle mandrie di cavalli
inseguendo i cervi nelle foreste.
Le loro braccia accarezzano la terra e gli gnomi costruiscono per loro
giocattoli di legno.
Essi hanno occhi neri come la brulla zolla e capelli scuri come la
corteccia dell’albero.
Ardente e fiammeggiante l’autunno con le sue foglie rosse e gialle.
In questa stagione nascono i figli del fuoco.
Essi giocano con le fiamme dei draghi costruendo piccoli scudi con le loro
scaglie lucide.
E le loro risa rallegrano l’aria delle grandi piazze mentre si
affrontano in duelli fittizi.
Essi hanno occhi dorati e capelli del caldo colore della castagna,
dell’intenso luccichio della fiamma.
Freddo e silenzioso l’inverno con il suo vento sottile e la neve
delicata.
In questa stagione nascono i figli dell’acqua.
Essi nuotano tra le onde dell’oceano seguiti dai guizzi delle sirene.
E le loro labbra pronunciano incantesimi per salutare l’aurora la fianco
degli unicorni.
Essi hanno occhi blu come l’oceano profondo e capelli d’ebano come le
notte scura.
Dal Libro dei Popoli
Capitale del regno dell’Acqua
Cinquantunesimo giorno del quinto millennio dal Patto di Zagor
Hanamichi aprì lentamente gli occhi guardandosi attorno confuso.
La sua testa poggiava su qualcosa di liscio e caldo che non era
sicuramente un cuscino.
A meno che i cuscini non respirassero.
Sollevò il capo piano in modo d poter osservare il volto del suo amante
addormentato.
Le ciglia nere che sfioravano le guance candide come fini decorazioni
sulla porcellana, le labbra rosse appena socchiuse.
Quell’espressione rilassata, innocente.
Rukawa.
Il suo amante.
Suo marito.
Ogni muscolo del suo corpo indolenzito, ogni lembo della sua pelle dorata
portava impresso il suo marchio.
Quante volte avevano fatto l’amore?
Non lo ricordava più.
Sapeva solo che c’era quella cosa dentro di lui che lo spingeva a
cercarlo, che bruciava, sciogliendogli le ossa come acido finchè non
poteva sentire il compagno dentro di sè, il suo sperma nel proprio corpo.
Allora quella sensazione si sedava soddisfatta lasciandolo riposare
qualche ora.
Ripensò con vergogna a quella notte assurda.
Aveva provato piacere nel fare l’amore con lui.
Aveva cercato volontariamente il suo corpo.
Gli aveva chiesto di essere posseduto.
Gli si era offerto senza pudore.
Si scostò da quel corpo caldo a cui aveva dormito abbracciato cercando di
allontanarsi ma un paio di braccia candide scivolarono intorno alla sua
vita trattenendolo.
Seppure quella cosa che gli bruciava il sangue sembrava essersi sciolta
nella loro passione notturna trovò confortevole quel gesto.
Il suo profumo, il suo tocco, la sensazione di quella pelle setosa, tutto
era così familiare e rassicurante.
Non poté fare a meno di arrossire quando le lunghe ciglia scure si
sollevarono velando un paio di occhi blu scintillanti.
“Buongiorno” mormorò il suo amante con voce impastata, calda, prima
di chinare il viso su di lui.
Hanamichi voltò il capo di scatto arrossendo e Rukawa si fermò prima di
raggiungere la sua pelle fissandolo sorpreso.
Non era uno sciocco.
Aveva compreso che il cambiamento che aveva stravolto il suo compagno
quella notte non era stato dettato dalla sua volontà.
Probabilmente aveva chiesto a Fujima qualche droga che gli permettesse di
fare l’amore con lui.
Quel pensiero gli diede fastidio facendogli montare una rabbia cupa
dentro.
Avrebbe preferito che il compagno fosse cosciente o che quanto meno non
facesse l’amore con lui pensando a chissà chi.
Come immagini intrappolate in tanti quadri dai contorni sfumati, i ricordi
tornarono ad accavallarsi nella sua mente.
Ricordò il suo corpo teso sotto il proprio, ricordò il sapore della sua
pelle e il suono dei suoi gemiti.
Quella voce calda e sensuale che si spezzava nell’invocare il suo nome.
Aveva chiamato il SUO nome.
Tornò a fissarlo confuso.
Se anche sotto effetto di droga era a LUI che stava pensando.
Era LUI che aveva chiamato, supplicato, implorato mentre il suo respiro
accelerava e il suo corpo s’inarcava.
Un suono soffocato lo strappò dai suoi pensieri.
Abbassò lo sguardo spalancando gli occhi incredulo.
Il ragazzo tra le sue braccia stava piangendo.
Il suo consorte teneva il viso premuto contro il cuscino candido nel
tentativo di soffocare i singhiozzi.
Si diede mentalmente dell’idiota per la propria insensibilità prima di
allungare una mano e passargliela dolcemente tra i capelli rossi.
“Hana...” mormorò assaporando per la prima volta il suo nome proprio.
Questi a dispetto di quello che si era aspettato si strinse a lui
affondando la testa nella sua spalla come aveva fatto quella notte quando
l’aveva posseduto la prima volta.
Quando aveva assaggiato il suo corpo.
Rukawa lo strinse a sè cullandolo piano, rassicurandolo, mentre faceva
scorrere delicatamente la mano destra sulla schiena del compagno per
calmarlo.
Hanamichi cercò di fermare le lacrime senza molto successo.
Si stava comportando come una donnicciola ma non ne poteva fare a meno.
Sentiva quelle stupidissime lacrime scivolargli bollenti lunghe le guance
senza che riuscisse a fare niente per smettere di piangere mentre Rukawa
lo cullava tra le braccia.
L’imperatore abbassò il viso mettendogli contemporaneamente una mano
sotto il mento per costringerlo a sollevare il capo.
“Non piangere tesoro” mormorò piano cancellando le tracce salate con
la bocca da quel viso abbronzato.
Senza riflettere su quanto stava facendo Hanamichi rincorse quelle labbra
gentili fino a chiuderle con le sue in un bacio colmo di dolcezza.
Quando si separarono Rukawa fece qualcosa che non faceva da molto tempo,
gli sorrise accarezzandogli il volto.
“Va meglio ora?” gli chiese piano.
Hanamichi arrossì annuendo.
“Io... io non so che mi è preso” mormorò.
In effetti sembrava che i suoi sentimenti e il suo cervello volessero
seguire due strade diverse.
La mente continuava a ripetergli che quella era la maledetta volpe che
l’aveva strappato dalla sua terra, dalla sua gloriosa carriera di
guerriero e paladino di splendide fanciulle mentre il suo cuore non faceva
che sussurrare quanto fosse dolce il suo sguardo, quanto si sentisse bene
accanto a lui, come si sentisse completo in quell’abbraccio possessivo.
E la mente ebbe la peggio dato che il corpo si alleò al suo cuore
ricordandogli il piacere provato nell’avvertire quelle mani candide così
dolci e gentili ora, quand’erano impiegate in tutt’altro tipo di
carezza.
Rukawa gli passò le dita tra i capelli prima di sfiorargli il naso con un
bacio.
“Ti va di fare colazione?” gli chiese cercando di alleggerire la
tensione che si stava improvvisamente creando tra loro.
Il rossino annui riconoscente di quell’aiuto insperato a far fronte al
suo imbarazzo.
Non avrebbe saputo come spiegarlo ma gli era accaduto qualcosa... qualcosa
di strano e meraviglioso.
Per quanto si sforzasse di ritrovare tracce delle rabbia che provava per
il suo consorte non vi riusciva.
Tutta la sua acredine infondo era dovuta al terrore di dover fare
l’amore con lui.
Eppure Rukawa era stato gentile e attento. E anche ora che l’emozione
aveva avuto il sopravvento su di lui, spingendolo a gettarsi tra le sue
braccia in lacrime, l’imperatore invece di allontanarlo con stizza, lo
trattava con dolcezza cercando di aiutarlo.
Lo sentì suonare un piccolo campanellino d’argento facendo
sopraggiungere una cameriera.
Arrossì abbassando il capo e Rukawa sorrise a quel suo gesto pudico dopo
la notte che avevano trascorso insieme, prima di ordinare la colazione
alla cameriera che cercava di trattenere lo stupore non tanto per lo stato
del letto, quanto per l’incredibile dolcezza che aveva scorto nello
sguardo del suo signore quando si era posato sul consorte.
Akira sorrise allegramente osservando il suo sovrano che smistava la
corrispondenza sulla sua scrivania.
Hanamichi era uscito per una cavalcata con il suo capitano delle guardie e
la volpe ne aveva approfittato per sistemare la posta arretrata.
Rukawa sollevò il capo scocciato di essere oggetto di un esame così
attento.
“Si può sapere che hai da guardare?” gli chiese un po’ burbero.
“Sei cambiato sai?” gli fece notare Akira sedendosi su una poltroncina
dinanzi al grande tavolo ingombro di carte.
“Lui è qui da quanto? Poco più di un mese” disse dopo aver pensato
per alcuni minuti “ed è già riuscito a fare quello che io non sono
riuscito a fare in diciassette anni.”
Rukawa scosse le spalle cercando di non dare peso alla cosa.
Però sapeva che Akira aveva ragione.
Dopo la prima notte di nozze lui e Hanamichi avevano raggiunto un accordo.
Non gli avrebbe più chiesto di fare l’amore con lui in modo da
concedere loro il tempo di conoscersi prima di riportare il loro rapporto
su un piano fisico.
Avevano passato quella loro prima giornata insieme mentre Rukawa
rispolverava le corde vocali per raccontagli la storia del suo popolo,
accompagnandolo per il grande maniero.
Avevano sellato due unicorni per girare il paese fino al porto studiandosi
a vicenda.
Le ore erano scivolate via piacevoli, dopo il primo momento di chiusura
Hanamichi aveva ritrovato la sua anima solare e aveva preso a raccontargli
della sua terra, dell’arte della spada, della sua famiglia e di
quant’altro gli passava per la testa.
E Rukawa per la prima volta in vita sua aveva trovato piacevole il
semplice cavalcare accanto a quella persona che riluceva più del sole in
cielo semplicemente ascoltando la sua allegria, il tono vivace della sua
voce più che le parole in sè.
Finchè non era giunta la sera e si erano coricati uno di fianco
all’altro.
Ricordava ancora perfettamente le sue parole.
“Kaede... io...” era arrossito prima di sollevarsi su un gomito per
guardarlo negli occhi “Vuoi fare l’amore con me?”
Da quella seconda notte i loro giorni si erano susseguiti uno più bello
dell’altro.
In lui aveva trovato quella luce calda e imperturbabile che cercava da
tempo per risvegliare il suo animo buio.
Anche se su molte cose finivano per trovarsi discordi, anche se era loro
capitato addirittura di venir alle mani, la sua allegria riempiva le sue
giornate di gioia.
“Ti sei innamorato Kaede?” gli chiese Akira distraendolo violentemente
dai uoi pensieri.
Fissò il suo capo delle guardie, quasi un fratello maggiore per lui,
mentre gli occhi gli scintillavano.
“Non dire assurdità” lo rimproverò ed Akira rise divertito nel
riconoscere nei suoi occhi la risposta affermativa che cercava.
“La festa di Lenaras?” chiese Hanamichi mentre gingillava
svogliatamente con la forchetta.
Rukawa seguì attentamente quel suo gesto.
Erano già un paio di giorni che il rossino mangiava poco.
“Sì terrà tra dieci giorni per festeggiare l’arrivo di Lenaras, il
vento freddo del nord” gli spiegò Rukawa osservando corrucciato il
suo ragazzo arrendersi e deporre la posata dopo aver inutilmente
sminuzzato l’astice posato sul suo piatto.
“Pensavo che ti avrebbe fatto piacere invitare anche i tuoi genitori
visto che non li vedi da un po’”
Hanamichi annuì vagamente perso nei suoi pensieri.
“Hana va tutto bene?” gli chiese Rukawa depositando a sua volta la
forchetta d’argento di fianco al piatto di fine porcellana.
Il rossino gli sorrise passandosi una mano tra i capelli.
“Sì scusami sono solo un po’ stanco” mormorò scuotendo il capo
prima di alzarsi da tavola.
“Se non ti dispiace me ne vado a letto”
Rukawa annuì un po’ preoccupato seguendolo con lo sguardo prima di far
chiamare uno dei paggi.
Poco dopo il servo tornò accompagnato dalla persona che aveva mandato a
chiamare.
Mitsui gli si inchinò salutandolo con il consueto “Maestà”.
Rukawa gli indicò una sedia facendogli cenno di sedersi mentre un
cameriere si affrettava a portare una coppa per il nuovo arrivato
riempiendola con del vino bianco.
“Hai notato qualcosa di strano nel mio consorte ultimamente?” gli
chiese.
Mitsui sollevò un sopracciglio sorpreso a quella domanda.
Dopo quella prima notte di nozze in effetti il suo amico era cambiato e
non poco.
Certo era rimasto il solito ragazzo solare e allegro ma aveva perso parte
della sua esuberanza per una specie di pace interiore di cui non aveva
compreso la natura.
Semplicemente era tranquillo.
Come chi custodisce una bella notizia traendone gioia in ogni momento.
Quando ne aveva parlato con Sendoh chiedendogli se poteva essere un
effetto collaterale della pozione il ragazzo aveva scosso le spalle.
“E’ innamorato tutto qui” gli aveva detto ma Mitsui non era
convinto.
Lui aveva visto Hanamichi crescere e non poteva fare a meno di notare il
cambiamento.
Sembrava più... femminile ecco.
Scosse il capo allontanando quel pensiero.
Erano solo assurdità e se le avesse fatte presente all’amico questo gli
avrebbe tirato un bel pugno in faccia dimostrandogli quanto poco femminile
era.
“No, niente” disse dunque al re che lo scrutava con i suoi occhi blu.
Rukawa scosse il capo “E’ da alcuni giorni che mangia poco e si ritira
presto, sembra stanco” mormorò non riuscendo a nascondere una nota di
preoccupazione.
Mitsui sorrise tra se nel notare la cosa ma scosse il capo.
“Si appresta la stagione fredda maestà e forse ne risente. Infondo noi
eravamo abituati a climi ben più temperati di questo” gli spiegò senza
aggiungere che probabilmente il suo amico si sentiva un po’ in gabbia in
quell’enorme castello.
Rukawa annui ancora perplesso prima di concedergli il permesso di
andarsene.
Il giorno dopo il suo sposo sembrava quello di sempre e decise che forse
il capitano delle guardie del sud aveva ragione.
Che il suo sposo aveva semplicemente soffriva per il freddo.
I preparativi per la festa fremevano nel grande castello mentre camerieri
e cortigiani saettavano per le sale seguendo gli ordini del regale
consorte.
Rukawa sorrise tra sè quando vide il sorriso con cui il suo sposo dava
disposizioni facendo impazzire la servitù.
Come aveva detto a Mitsui la stagione fredda era ormai alle porte e il
rossino era stato costretto a limitare le sue cavalcate e le sue
esercitazioni con la spada.
Stare relegato nel castello però aveva finito per farlo diventare
irritabile, per giorni era saltato alla gola di chiunque gli si
avvicinasse.
Akira aveva seriamente rischiato di essere incenerito quando per
alleggerire la tensione gli aveva chiesto se aveva le ‘sue cose’
Con l’approssimarsi della festa tuttavia Rukawa aveva avuto l’idea di
affidare al compagno l’organizzazione dell’evento trovando così uno
sfogo alle sue energie.
“Il tensai organizzerà una festa che si ricorderà per secoli” gli
aveva promesso radioso lanciandosi a capofitto in quell’impresa
tutt’altro che facile.
“Maestààààààà” piagnucolò Hikoichi il suo segretario,
sbracciandosi per farsi notare da lui.
Rukawa che aveva sperato di rimanere ad osservare il so do’hao, non
visto, sospirò tra se, prima di voltarsi verso il piccolo ciambellano che
teneva tra le braccia le sue inseparabili pergamene.
“Sì?” chiese rivolgendosi al ragazzo.
“Il vostro.... il vostro consorte non vuole fare il banchetto” gli
disse srotolando una pergamena piena di strafalcioni su cui riconobbe la
scrittura alquanto sgraziata della sua dolce metà.
Era una tradizione antichissima quella del banchetto per la festa che
salutava l’arrivo dell’autunno e poi dell’inverno, la loro stagione.
Poteva capire che il segretario trovasse la cosa alquanto all’armante
soprattutto se si teneva conto del tradizionalismo che contraddistingueva
il loro popolo.
Scese il grande scalone che portava all’ingresso dove Hanamichi stava
dando ordini per la disposizione dei fiori, gli cinse la vita con un
braccio sfiorandogli una gota con un bacio.
“Volpaccia non distrarre il tensai” lo rimproverò il rossino
appoggiandosi tuttavia a lui.
“Maestà!!!” li richiamò Hikoichi fissandoli imbarazzato.
Hanamichi sospirò rumorosamente scostandosi da lui mentre Rukawa
appuntava mentalmente di mandare il segretario in qualche viaggio
diplomatico moooolto lontano.
“Hana perchè non vuoi fare il banchetto?” gli chiese invece
ritornando al problema principale.
Apprezzava l’inventiva del suo ragazzo però non poteva permettergli di
sconvolgere la festa.
Hanamichi lanciò un’occhiata infuocata al piccolo cortigiano che andò
a nascondersi dietro le spalle del suo re prima di fissare Rukawa con
sfida.
Kaede si preparò mentalmente alla lotta.
Conosceva quello sguardo cocciuto.
“Mi sembrava più congeniale un buffet in piedi” disse scuotendo le
spalle.
La sola idea di dover rimanere seduto a tavola per quattro ore accanto a
quei babbioni nobili del nord gli faceva venire la pelle d’oca.
Rukawa scosse il capo “Hana è nella tradizione far il banchetto non
possiamo cambiare le cose” gli spiego calmo.
Come prevedeva lo sguardo del suo amante divenne cupo. “E’ una
tradizione assurda” sbottò.
Rukawa sentì distintamente Hikoichi sussultare.
Non era il caso di fare discorsi del genere nel salone principale dove
tutti avrebbero potuto sentirli, per loro le tradizioni erano tutto e
un’affermazione come quella del suo sposo avrebbe fatto impallidire più
di un nobile.
“Vieni andiamo a parlarne da un’altra parte” disse accompagnandolo
nel suo studio.
Hikoichi fece per seguirli ma lo sguardo che gli lanciò il suo re gli
fece improvvisamente rammentare che aveva molte faccende da sbrigare.
Hanamichi aspettò che il compagno si fosse chiuso la spessa porta di
legno alle spalle prima di esplodere
“Insomma Kaede mi spieghi che c’è che non va ora? I fiori devono
essere bianchi perchè così vuole la tradizione, la musica dev’essere
quella perchè si è sempre fatto così e ora anche il banchetto!!”
Rukawa usò il suo tono più calmo per blandirlo “Cerca di capire Hana
il nostro è un popolo molto legato alle...” “Tradizioni?” lo sfottè
Hanamichi terminando la frase per lui.
Rukawa scosse le spalle “E’ una nostra caratteristica”
Hanamichi gli volse le spalle dirigendosi alla finestra per guardare il
mare che cominciava a ghiacciarsi in prossimità dei moli.
“Rukawa si può sapere perchè mi hai dato il compito di organizzare
questa festa” chiese sfiorando quasi distrattamente il legno del
balcone.
Rukawa aggrottò le sopracciglia non tanto per la domanda quanto per il
tono decisamente basso, quasi triste, con cui era stata posta.
Aprì bocca per rispondergli quando Hanamichi si voltò fissandolo con
occhi carichi di dolore.
“Hana?” chiese preoccupato sbiancando quando vide una lacrima
scivolargli lungo la guancia.
“Non .... non è che ti sei stancato di avermi attorno..” mormorò
abbassando il capo.
Rukawa sussultò incredulo. Gli aveva dato quell’impressione?
“Ma che dici???” mormorò coprendo la distanza che li separava con
pochi passi e prendendolo dolcemente tra le braccia.
“Io credevo che tu ti fidassi di me Ru e invece sembra che niente
di quello che faccio vada bene, questa stramaledesttissima festa era già
bella che organizzata!! Il mio aiuto non serviva a nessuno”
Rukawa gli passò delicatamente una mano tra i capelli imprecando
mentalmente contro di se per averlo ferito.
“Tesoro mi dispiace davvero non era mia intenzione farti soffrire”
mormorò piano.
Forse aveva sbagliato a dargli quell’incarico avrebbe dovuto immaginare
che si sarebbe scontrato con una tradizione ben diversa dalla sua.
“Io volevo solo vederti di nuovo felice, ultimamente sei strano tesoro.
Passi dall’apatia al nervosismo e guardati...” gli sollevò il viso
dolcemente asciugandogli le lacrime con le mani.
In effetti anche Hanamichi si sentiva molto sciocco, non era da lui
piangere per delle simili sciocchezze, però sembrava che quello che gli
diceva la mente non interessasse minimante al suo animo.
“Che cosa c’è Hana? Che cosa devo fare per rivedere il tuo
sorriso?” gli chiese.
L’interpellato arrossì violentemente emettendo un sospiro tremulo prima
di allungare le braccia per cingergli il collo. “Amami Kaede” gli
sussurrò a fior di labbra prima di congiungerle con le sue.
Rukawa lo baciò con dolcezza stringendolo di più a se mentre i loro
corpi si cercavano l’un l’altro.
Finirono distesi sul grande divano a scambiarsi baci e carezze che
crebbero notevolmente d’intensità finchè d’un tratto Hanamichi non
allontanò il compagno impallidendo.
Rukawa si vide allontanare bruscamente dal compagno che balzò in piedi
come una saetta.
“Ma cosa...?” protestò ma Hanamichi si limitò a mormorare un “Devo
vomitare” prima di sparire oltre una piccola porta laterale lasciandolo
allibito.
Kaede dopo il primo momento di shock tuttavia si affrettò a seguire
il compagno trovandolo alquanto pallido, seduto su un piccolo sgabello del
bagno che si puliva la bocca con un panno umido.
“Hana tutto bene?” gli chiese preoccupato.
Il rossino scosse il capo confuso.
“Deve esserci qualcosa nel cibo a cui sono allergico è la terza volta
che mi succede questa settimana” mormorò.
“Come sarebbe a dire la terza volta” gli chiese sempre più
preoccupato il moretto togliendosi la giacca per metterla sulle spalle del
compagno che tremava leggermente.
“Adesso tu fili immediatamente a letto e io chiamo il medico” ordinò
ben deciso a non accettare un rifiuto come risposta.
Hanamichi tuttavia annuì stancamente lasciandosi accompagnare in camera
dove si distese con un sospiro di sollievo sul grande letto mentre Rukawa
mandava di corsa un paggio dal medico.
Il responso del mago comunque non fu molto differente da quello del suo
compagno.
Il ragazzo era sano come un pesce, probabilmente era semplicemente
allergico a qualche componente che usavano per la preparazione dei cibi.
Consigliò al re di chiedere ai cuochi che venissero preparati, per il
consorte reale, dei piatti tipici delle sue terre, in modo da far fronte
all’inconveniente e l’episodio venne accantonato.
“Allora ti diverti?” chiese un allegro Sendoh avvicinandosi ad
Hanamichi che dopo aver salutato nobili per tutta la sera al fianco di
Rukawa era riuscito infine a trovare un minuto per allontanarsi.
Si sentiva soffocare in mezzo a tutta quella gente intervenuta per la
festa e come se non bastasse era giunto un dispaccio dove venivano
informati che i suoi genitori sarebbero giunti solo due giorni più tardi,
a causa di una tempesta che li aveva obbligati a deviare la rotta per
giungere sull’isola.
Hanamichi scosse il capo distrattamente “Non ne posso più” borbottò
cercando con lo sguardo Rukawa che sembrava invischiato da una vecchia
contessa e dal marito in chissà quale noiosissimo discorso.
Aveva caldo e si sentiva intontito.
Quella notte non era riuscito a dormire e quella mattina anche se non
aveva detto niente a Kaede per non preoccuparlo aveva di nuovo avuto la
nausea.
Osservò la sala cupo, desiderando solo di poter cancellare tutti gli
invitati con un cenno della mano in modo da metter fine a quel fastidioso
brusio e alla musica che gli rimbombava nella testa.
“Hanamichi stai bene?” gli chiese Sendoh un po’ preoccupato vedendo
lo sguardo vuoto e spento del suo sovrano.
Il rossino scosse il capo allontanando la nebbiolina che gli offuscava lo
sguardo.
“Sto benissimo sono solo un po’ stanco” mormorò.
“Maestà venite devo presentarvi..” Hikoichi venne a prendere
Hanamichi per ricatapultarlo nel caos della festa mentre Akira lo seguiva
con lo sguardo.
Incrociò gli occhi di Mitsui poco più in la che parlava con delle dame,
che non gli staccavano gli occhi di dosso un momento. Lo sguardo del
guerriero la diceva lunga sul fatto che avrebbe voluto essere ovunque
tranne che lì.
“Belle signore vogliate scusarci, noi valorosi guerrieri avremmo
qualcosa di cui parlare” disse interrompendo il cicalio indistinto delle
comari prima di prendere Mitsui per un braccio e trascinandolo lontano dal
gruppetto di ragazze.
Mitsui gli sorrise riconoscente “Grazie non ce la facevo più a sentir
parlare di doti, cerimonie nuziali e quant’altro” disse con un brivido
scuotendo il capo. Sendoh gli sorrise tranquillamente “Non sono molti
gli scapoli appetibili e belli come te” gli disse tranquillamente.
L’altro sollevò lo sguardo sorpreso a quel complimento ma Akira pareva
già esserselo dimenticato mentre osservava la sala cercando con lo
sguardo una nota chioma rossa.
Lo ritrovò immerso nella folla nuovamente la fianco di Rukawa.
“Di cosa volevi parlarmi?” gli chiese invece.
Akira gli indicò con un cenno del capo la coppia reale. “Hanamichi mi
pare strano stasera” mormorò.
Il guerriero annuì, aveva notato anche lui che l’amico sembrava un
po’ spento in quegli ultimi giorni ma credeva fosse imputabile alle
lunghe giornate passate tra le quattro mura del castello ora invece anche
Akira se n’era accorto.
Forse c’era davvero qualcosa che non andava in lui.
Rukawa annuì con il capo in segno di saluto all’ennesima coppia di
nobili che si era loro avvicinata trascinandoli in un discorso sul
commercio navale di cui non poteva importare di meno ne a lui ne ad
Hanamichi.
Il rossino gli fece scivolare una mano sotto il braccio appoggiandosi a
lui e Rukawa si voltò a guardarlo sorpreso.
Era un po’ pallido notò con preoccupazione.
Il duca gli chiese che disposizioni avevano deciso di prendere per la
sorveglianza marittima ma non ebbe modo di rispondere dato che la presa di
Hanamichi sul suo braccio divenne d’un tratto una morsa disperata.
Rukawa si voltò sorpreso, impallidendo quando vide il suo ragazzo cinereo
in volto.
Hanamichi riuscì a malapena a mormorare un flebile “Mi sento male”
prima di perdere i sensi e accasciarsi tra le braccia del sovrano.
Quello che successe dopo fu il caos.
Rukawa gridò al più vicino servo di chiamare il medico di corte prima di
sollevare il rossino tra le braccia e uscire a tutta velocità dalla sala
diretto alle proprie stanze mentre Mitsui e Akira cercavano di calmare il
panico che era serpeggiato tra la folla quando qualcuno aveva gridato
all’attentato.
Rukawa consumò per l’ennesima volta il pavimento dello studio accanto
alla camera da letto.
Il medico gli aveva consigliato di attendere fuori e sebbene nervoso il
sovrano se n’era andato aspettando con ansia un responso.
Ma erano passati venti minuti e nessuno gli aveva ancora detto niente.
Akira che l’aveva seguito cercando di calmarlo era stato quasi mangiato
vivo e alla fine era tornato da Mitsui al piano inferiore per accomiatare
gli ospiti e sistemare le cose lasciate in sospeso dalla scomparsa dei due
sovrani.
Un bussare leggero lo riscosse dai suoi pensieri.
“Entrate!” esclamò fermando il suo avanti e indietro per volgersi
verso la porta.
Come si era aspettato si trattava del medico, quello che non gli piacque
affatto fu il pallore sul viso dell’uomo.
“Allora?” chiese preoccupato.
“E’ meglio se vi sedete maestà” mormorò l’anziano a mezza voce.
“Anzi se permettete mi siederei anch’io” disse sprofondando in una
poltrona senza attendere il consenso del sovrano mentre fissava con
sguardo leggermente inebetito un punto immaginario davanti a lui.
Rukawa lo fissò spaventato e decise che forse era meglio fare come gli
era stato consigliato.
“Allora?” chiese con voce incerta una volta seduto dietro la sua
scrivania.
Ora non era più tanto sicuro di voler sapere che cosa aveva Hanamichi.
E se gli avessero detto che era stato avvelenato?
Se gli avessero detto che stava morendo?
Il solo pensiero gli strinse lo stomaco in una morsa fredda che gli strappò
il respiro.
“Da una prima analisi il vostro consorte non presenta nessuna
malattia... eppure tutte i sue valori sono sfasati”
Rukawa trattenne il respiro “Che ... vuol dire sfasati” balbettò.
“I suoi ormoni sono in quantità eccessiva” mormorò prima di fare una
pausa passandosi una mano tra i capelli grigi.
“E’ stato partendo da questo punto abbiamo condotto un’analisi più
attenta e....” il medico s’interruppe e Rukawa si accigliò.
“E....???” chiese impaziente.
“Sua maestà è in attesa” mormorò il medico.
Rukawa lo fissò senza capire.
“In attesa di cosa?” chiese perplesso.
Il medico scosse il capo prima di sollevare il volto per fissare il
sovrano.
“Mio Signore, il vostro consorte porta in grembo l’erede al trono”
Continua....
Vi pregooooo!!!!
E' stata Clanes io le ho detto che non era il caso, che era meglio che
quest'idea riposasse nel mio cervellino bacato, ma lei ha insistito finchè
non mi ha convinto!! ç_ç
Pietàààààààààààààà!!!!!
Kiss Naika_che_si_nasconde
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