Cremisi
parte VII
di Dicembre
Era stato comprato da un mercante di schiavi, era stato portato lontano… Eppure lì, fra quelle mura, non era né la distanza, né la sua condizione a pesargli addosso e a schiacciarlo. Non sarebbe stato in grado, probabilmente, di dire esattamente cosa fosse. Nei suoi sogni veniva accusato di qualcosa che neanche sapeva, una vecchia gli aveva puntato il dito contro, gridando e intimandogli di andar via… Poteva non avere amici, poteva rimanere da solo, l’aveva sempre fatto. Ma adesso viveva nell’ansia di dimostrare, in qualche modo, di meritarsi la sua nuova casa. Non aveva mai mangiato così bene come in quei giorni, né dormito in modo così tranquillo. Non aveva neanche mai potuto scherzare e ridere così tanto come gli era capitato di fare da quando era arrivato al palazzo del mago. Già, il mago… “Hai deciso di darmi una mano, oppure non posso disturbare il corso dei tuoi pensieri?” Zir era stato, per un attimo, dimenticato. “No, no” si affrettò a rispondere Nyven. “E allora va a prendermi della polvere di cedro… e già che ci sei, portami anche un po’ d’acqua” “Ma a che cosa serve questo…” il ragazzo cercò di trovare le parole guardando il liquido denso che Zir continuava a rimestare “questo… intruglio?” “Intruglio?” Zir la prese sul personale “Questo è l’unico solvente in grado di lucidare e far brillare le perle rosa!” Nyven annuì, ma aveva l’aria di chi non ha capito di cosa si parli. “Ti si deve proprio spiegare tutto! Non ti ho detto che Tangorn è famosa per il suo mercato di gioielli?” Ma di nuovo Nyven annuì con l’aria di chi non capiva. “Le perle rosa crescono nel lago di Tangorn, e solo lì. Non sono vere e proprie perle, io li chiamerei più coralli… Ma sono tondi come le perle e sono bellissime. Nascono opache e l’unico modo per dargli luce è quest’intruglio. Il palazzo avrà pur bisogno di guadagnare qualche soldo durante il mercato!” Nyven sorrise “Che sciocco. Non ci avevo mai pensato, ma anche un mago ha bisogno di soldi per la servi…”Nyven, d’improvviso, si interruppe “Perché non ci sono umani, nei dintorni?”
“Che cosa?” “Magari semplicemente non sai dove cercarlo” “Ma no…” C’era una certa urgenza nel tono di Nyven, quasi avesse fretta di mettere ordine fra i suoi pensieri. “Gli umani non si nascondono, se ci fossero stati, li avrei visti. Per quanto mi perda ogni volta che cammino fra i corridoi di questa casa, non ho mai visto umani”
Zir aggrottò le sopracciglia: “E questo è un male?” “Perché sei abituato a vivere in un mondo dove ci sono solo umani” “Questo non è vero” rispose imbronciato il ragazzo “ è che numericamente…” “Basta baggianate! Va’ a prendere ciò che devi” Zir interruppe così il corso di pensieri del ragazzo. Nyven andò verso la mensola con aria pensierosa, fermandosi a metà strada. “Non dovrei, lo so. Io non dovrei pensare a tutto…questo” disse facendo un ampio gesto col braccio “Eppure non posso fare a meno di notare che…” “Che?” “Che c’è qualcosa di insolito” “Sei nella casa di un mago” disse l’Eclage con aria di sufficienza. “Non è quello che intendo! Non solo, comunque… Perché il padrone mi parla nel sonno, perché invece non m’interroga quando sono sveglio? Perché non ci sono umani quando nei dintorni, i paesi pullulano di umani, perché il padrone vuole uccidere un dr…” “Basta così” il tono di Zir non ammise repliche “Non spingerti troppo oltre e non trarre insulse conclusioni!” Nyven chinò il capo “Scusami, hai ragione.” Seppur accudito, nutrito e trattato come un pari, Nyven era pur sempre uno schiavo “A volte dimentico il perché sono qui” “E dimentichi chi sei! Se Irìyas ti sentisse parlare in questo modo ti punirebbe severamente. Forse, addirittura, ti caccerebbe. Bada a quel che dici!” “Lo offenderei a tal punto?” “Ciò che hai appena detto non è così innocuo come sembra, anche se…” Zir lasciò correre via le parole insieme ai pensieri che l’avevano generate. A Nyven non rimase che prendere la polvere di cedro e portarla a Zir, sperando che il coniglio riprendesse a parlare. Cercò di insistere: “Anche se?” era un rischio, ma quello che riusciva a sapere da Irìyas era così poco che qualunque dettaglio in più gli sembrava fondamentale per imparare a conoscere il suo padrone.
“Che cos’è, per te, Irìyas?” “Non solo” Nyven non poteva certo mentire: “E’ ciò che è” si strinse nelle spalle “E’ il mio padrone perché così deve essere…Io non posso sperare o avere desideri, Zir. E di conseguenza, io non ne ho” Il coniglio arricciò il naso, brontolando “Non mi stupisco che Mamir non possa vederti” “E questo che significa?” “Per un Lapidare qualcuno senza desideri è qualcuno senza forza. E qualcuno senza forza va eliminato” “Vuole uccidermi?” Nyven non pensò di dire una sciocchezza. Del resto, dal modo in cui era stato ricevuto a Mamir il giorno del mercato, era chiaro non piacesse al lupo. Zir versò la polvere di cedro e il liquido che stava rimestando assunse un colore rosso intenso, poi rosato, poi bianco. “Non vuole certo ucciderti. Inoltre, detto fra noi, Irìyas non lo perdonerebbe mai” “Ha ancora bisogno dei miei capelli…” Concluse la frase il ragazzo. Zir roteò gli occhi dietro gli occhialini, ma non disse niente. Per un po’ nella stanza si udì solo lo sbatter del cucchiaio di legno contro la terrina, fra le zampe di Zir. “C’erano umani, una volta” “Che cosa?” Nyven udì quelle parole come se Zir le avesse gridate dritto nelle sue orecchie. “C’era un maestro e c’erano dei discepoli. C’era un’accademia, non lontano da qui. C’erano davvero molti umani. Ma erano ben altri tempi. Ora le loro storie sono ben diverse da quelle che avrebbero dovuto essere.” “Un’accademia?” “L’Accademia”
“Oh…L’Accademia. Quella scuola nella valle di Liah dove va a studiare anche
l’Erede al trono?” “Basta così, coniglio!” La voce di Irìyas raggelò il sangue di Nyven. Si girò d’istinto, per guardarlo, con gli occhi spalancati. Vide il mago sull’uscio della porta, con lo sguardo severo e immobile. Seppe benissimo, con quello sguardo, che Irìyas li ascoltava dall’inizio della loro conversazione. Che l’aveva sentito chiedere troppo. Il mago spostò gli occhi da Zir a lui, occhi verdi ed inespressivi. Era terrorizzato, quasi temesse per la propria vita. Irìyas l’avrebbe ucciso per quelle sue sciocche domande? O forse l’avrebbe ucciso perché aveva ascoltato l’Eclage? Tremò. E sostenne lo sguardo, cercando un indizio di quel che temeva Cercò di parlare, ma le sue labbra erano impastate. E fece una cosa inspiegabile persino per lui: sorrise. Fu un sorriso molto rapido, trattenuto e nascosto, abbassando la testa e sperando – inutilmente – che il padrone non lo notasse. Ma come si poteva non sorridere quando si guardava così a lungo Irìyas? La sola possibilità di guardalo lo rendeva così felice che, in fondo, valeva la pena rischiare di essere cacciato.
“Io…” Nyven sussultò, ma obbedì subito. Uscì dalla stanza e si girò indietro, per guardare ancora una volta il suo padrone. Si sarebbe addormentato con quella immagine negli occhi. Anche il mago era voltato e lo guardava. Nyven inciampò lievemente sui suoi piedi, e corse via.
Il promontorio che si tuffava nel lago era ricoperto di verde e creava uno stretto, dove l’acqua del lago, placidamente, s’infrangeva sulla roccia. Dalla finestra del palazzo si poteva vedere la statua di donna che sorgeva laddove il promontorio incontrava l’acqua. Era scolpita nella sua roccia, in parte di forma umana e in parte pesce, con le braccia protese verso le imbarcazioni che passavano di lì. L’Ancella era lontana, probabilmente era vicino alla statua, nel suo elemento naturale: l’acqua. “Sarà andata a giocare con i pesci…” Irìyas era seduto sul davanzale dell’enorme finestra ad arco e guardava lontano, nessun luogo in particolare. “Sono preoccupato. L’Ancella, Nyven… Troppe forze contrapposte si stanno riunendo fra queste mura” La voce di Mamir risuonò roca, quasi fosse un ringhio. IL mago sorrise: “Dell’Ancella non ti devi preoccupare. E’ uno spirito mite, non incline alla guerra. Non ci arrecherà alcun danno” “Lo stesso non si può dire del ragazzo” Irìyas sospirò “Te ne sei accorto?” “Non ho certo le tue capacità, Irìyas, ma non potevo non vedere qualcosa di così evidente”. “Quando ti ho detto di prenderlo al Crocevia e di portarlo qui, avevo sospettato che qualcuno con quei capelli non fosse un semplice schiavo. Tuttavia la conferma l’ho avuta solo quando l’ho visto” “E lui lo sa?” “Dubito. Non è in grado di mentire così bene da ingannarmi. E poi, io stesso non so esattamente chi sia…” “Nemmeno tu?” Irìyas scosse la testa, lasciando che i capelli ondulassero un pochino, ritornando a guardare il lago. “Non lo so. Ma i suoi capelli sono troppo importanti per allontanarlo. Devo correre il rischio di avere Nyven qui. Non posso cederlo a nessuno” Zir, che era rimasto in fondo alla stanza, si lisciò il pelo delle orecchie e la profonda cicatrice che correva lungo una di queste e la sua nuca. “Voi umani siete così possessivi…” Irìyas guardò l’Eclage. Dopo un attimo alzò le sopracciglia e annuì, con noncuranza. “Pensi che fra poco uscirà allo scoperto?” “Non credo, no” il mago scosse la testa “Sento Nyven gridare nel sonno. Agitarsi. Deve sognare qualcosa che lo terrorizza, ma i suoi sogni, ai miei occhi, sono bui. Riesce a non farmeli leggere. Ci sono persone che schermano i propri sogni senza saperlo. Più Nyven ha paura, e più si rinchiude in se stesso, credo. Così tutto m’appare buio.” “Mandalo via, il ragazzo non mi piace” “Non lo manderò via, lo sai” “La Bianca ha detto che porta sventura, e tu sai che la Bianca raramente sbaglia” “La vecchia deve fare il suo dovere. Del resto mi occupo io. Tu sai bene che non lo lascerò andare. Non posso. I suoi capelli sono l’unica cosa che mi permetterà di liberare Gyonnareth “ Si mise una mano fra i capelli, tirandoseli indietro, sospirando. “Irìyas, lascia che ti dica…” “Non dire niente” Disse in tono un po’ troppo alto “Non dire assolutamente nulla.”
“Mi chiedo solo chi sia il ragazzo. Il mio istinto non sbaglia mai. E non mi
posso fidare” Riprese la parola il coniglio: “Ed è bello averlo qui” Le parole rimasero nell’aria per molto tempo e il mago non vi rispose, né negò. Lasciò che si spegnessero da sole, ma la loro eco continuò, seppur silenziosa. Forse era davvero bello averlo lì, ma ad Irìyas questo non interessava. Voleva liberare Gyonnareth e per farlo, aveva bisogno di Nyven. E voleva sapere chi fosse il ragazzo. Il resto era davvero di poco conto. Il mago continuò a guardare l’acqua del lago e i riflessi cremisi del sole. Erano davvero bellissimi.
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