Cremisi

 

parte IV 

 

di Dicembre

 


 

La stanza era angusta e buia.

Non c'erano finestre, le pareti erano gocciolanti. Probabilmente si trovava in uno scantinato.

C'era anche odore di muffa.

Nyven non si ricordava come mai si trovasse lì. S'era svegliato e s'era ritrovato lì dentro, con le spalle appoggiate alle pareti che trasudavano umidità.

Il ragazzo aveva le gambe così pesanti che parevano fisse, ancorate al pavimento.

Nyven respirava affannosamente

"Che cosa ci faccio qui?"

Nessuno rispose e nonostante la stanza fosse piccola, la sua voce rimbombò.

"Padrone?"

Ancora nessuna risposta, la voce si perse dopo una piccola eco.

Tastò la parete per cercare una via d'uscita, ma le gambe gli cedettero e cadde a terra carponi. Sentiva male, le membra pesanti non rispondevano al suo volere. Si trascinò e cercò di rialzarsi.

"Padrone?" Nyven si accorse di essere nel panico.

Perchè era lì?

Che il padrone l'avesse rinchiuso lì perchè aveva fatto qualcosa che non doveva?

Nyven non ricordava nulla.

A tentoni, continuò a tastare il muro per cercare una via d'uscita.

Il buio era così intenso che Nyven non riusciva a vedere oltre la propria mano.

"C'è qualcuno?"

Ma ancora una volta, nessuno rispose.

D'improvviso apparve una fiammella laddove Nyven era certo non ci fosse altro che una parete di mattoni.

“Chi è?” Il ragazzo era terrorizzato, ma immobile “chi è” ripetè.

Ancora silenzio.

La fiammella s’ingrandì e divenne un falò.

Nyven si schiacciò contro la parete che non era più umida, stava diventando sempre più calda. Si scostò per paura di bruciare.

Le fiamme ormai divampavano, alte e crepitanti

“C’è qualcuno? Per favore, rispondete”

Ma non ci fu risposta. C’era silenzio, nonostante il fuoco. Non si sentiva alcun rumore.

Nyven si accorse che vicino a dove si trovava, la parete della stanza era interrotta da una piccola fessura: che fosse la via d’uscita?
Appena la fiamma si accorse che il ragazzo si stava dirigendo verso quella apertura, avvampò.

Nyven la guardò con gli occhi sgranati ed ebbe la netta sensazione che anche lei fosse lì a guardarlo, con le pupille dilatate, rosso cremisi.

“Chi sei?”

Ma la fiamma non aveva voce. Solo occhi ardenti.

Nyven raggiunse la fessura. C’erano delle scale strette, a chiocciola. Sembravano l’unica via d’uscita. Il ragazzo esitò: la fiamma non voleva che lui scappasse, la fiamma lo voleva lì per lei.

Ma fu l’esitazione di un istante, Nyven le girò le spalle e corse, con le sue gambe di nuovo leggere.

Ci fu un boato, quasi un’esplosione e la stanza prima fatta di mattoni solidi si frantumò sotto l’ira del fuoco.

Nyven si ritrovò a scappare dalle fiamme che lo inseguivano, lo rincorrevano, sempre più velocemente…

Le scale sembravano infinite, chiocciola dopo chiocciola… e il fuoco era lì, a lambire la sua pelle. Se Nyven si fosse fermato sarebbe stata la fine.

Il cuore in petto gli batteva all’impazzata.

Che cosa ci faceva lì?
E che fuoco era quel fuoco vivo che lo rincorreva e minacciava di reclamarlo e bruciarlo nel suo calore?

Il silenzio di prima era stato rimpiazzato dall’affanno di Nyven e dalla rincorsa delle fiamme che crepitavano.

Sembravano ululare.

C’erano scalini, troppi scalini e il caldo era atroce, ma Nyven non poteva fermarsi.

Le pareti intorno a lui crollarono definitivamente, bruciate come fossero carta.

 

Nyven si svegliò di soprassalto, madido di sudore gelido. Era nella sua stanza, ai piedi del letto. Nello stesso posto dove s’era addormentato la sera prima.

 

* * *

 

Nell’aria c’era odore di pane appena sfornato e forse anche di tè. Sì, te alla vaniglia…

“Pane, tè alla vaniglia…” Nyven biasciò, con la bocca impastata, credendo di trovarsi in un  altro sogno

“E ciambelle al latte ripiene di marmellata di ribes. Inoltre zuppa di uova e mele…”

Nyven spalancò gli occhi

“E tante altre cose. Quindi se ora vuoi fare la grazia di alzarti… Ma non dovevi essere un gran lavoratore?”

Zir lo stava guardando con severità.

Nyven si affrettò a mettersi in piedi

“Sì, signore, certo signore” disse non riuscendo a scrollarsi di dosso il torpore che sentiva “Io…”

Ma Zir lo interruppe.

“Basta ciance. Non so perché Irìyas pretenda che sia io a prendermi cura di te, giacché potrei occuparmi di compiti ben più alti e nobili” disse con tono petulante “ma è lui che dà gli ordini qui dentro. E sebbene mi senta di argomentare il più della volte, questa volta no” scrollò le spalle, parlando fra sé e sé “chissà poi perché”

“Il padrone…”

“Sì, è il padrone ad avermi mandato qui, non ti svegliavi più! Dobbiamo fare tantissime cose questa mattina, non possiamo perdere altro tempo. Ma prima devi mangiare”

“Posso anche…”

“No che non puoi non mangiare! Sei a digiuno da cinque giorni!”

In effetti, Nyven aveva così fame che faticava a reggersi in piedi. Il suo stomaco brontolò.

“Visto?”

“Cinque giorni…Non capisco”

Zir  battè due volte le mani e un piccolo animaletto – un castorino – entrò con un vassoio enorme, stracolmo di cibo.

Nyven strabuzzò gli occhi al castoro, ma tutto fu dimenticato – l’animale e il suo sonno di cinque giorni – di fronte a tutto il cibo che gli avevano portato.

“Pos…”

“Fa’ in fretta”
Zir non riuscì a finire la frase che il ragazzo aveva già mangiato mezza ciambella al cioccolato amaro.

“Che modi! Dovremo lavorare anche su quelli…”

Zir andò a rovistare nell’armadio del ragazzo.

“Devi indossare vesti pesanti. Non sei abituato a questo clima, né per altro hai un bel pelo folto come il mio, avrai freddo…”

Si girò verso Nyven e sospirò, sorridendo, d’improvviso.

“Hai dormito cinque giorni, ragazzo. Il padrone ti ha fatto dormire per cinque giorni di fila perché i tuoi capelli crescono di più quando dormi” e con la zampa indicò la testa del ragazzo.

Si sistemò gli occhiali sul naso e appoggiò dei vestiti sul suo letto, non distogliendo lo sguardo da Nyven che lo guardava ancora assonnato.

“Dobbiamo andare al mercato, avrò tempo e modo di parlare con te, finalmente”

“Parlare con me?”

“E’ evidente che non stai capendo niente di quello che succede. Non sai perché sei qui, non sai dove qui sia, non sai perché i tuoi capelli siano così importanti… Ma queste sono tutte domande di poco conto. Quello che non sai è in cosa sei stato coinvolto”

Nyven aggrottò la fronte, aspettando che il coniglio continuasse a parlare.

“Non lo saprai da me. L’unico che ha il diritto di parlarne è Irìyas. Deciderà lui cos’è meglio fare. Io, semplicemente, cercherò di non farti fare delle sciocchezze”

“Delle sciocchezze?”

Zir mosse il naso, come se gli facesse prurito. I baffetti  s’arricciarono e lui, con la zampa, tentò di lisciarli.

“Non ne vogliono proprio sapere di stare a posto…”

Nyven sorrise.

“Non pensare, ragazzo” lo ammonì Zir “ che a me interessi di te. Non cadere nell’errore che qui la tua vita sarà diversa. Solo perché non è come quella che hai vissuto finora, non significa necessariamente che sarà diversa. Tu sei qui perché sei utile, nessun altro motivo. Non dare fastidio, non disturbare e fa’ bene il tuo dovere. Non ti verrà chiesto altro. Ma questo è ciò che si pretende”

L’improvviso cambiamento di tono del coniglio aveva stupito Nyven. Quell’aria simpatica e un po’ scorbutica che aveva intravisto all’inizio era, d’improvviso, scomparsa.

Il ragazzo annuì.

Del resto, non s’aspettava nulla di più, non avrebbe disturbato e sarebbe stato il più utile possibile.

Zir lo fissava.

“Irìyas…” disse poi quasi soprappensiero “Irìyas ha riso quando t’ha visto dormire” e con la zampa indicò il tappeto dove Nyven aveva passato le notti precedenti.

“Perché non hai dormito sul letto?”

“Pensavo fosse il letto di qualcun altro…In una stanza così grande…”

Il coniglio scosse la testa: “E’ la tua stanza, e quello è il tuo letto. Nell’armadio ci sono i tuoi vestiti e quella sul tavolo è la tua colazione. “

Nyven si guardò intorno “Io non ho mai avuto niente di mio, pensavo…”

“…di dover dormire ai piedi del letto?”

“Pensavo semplicemente che qualcun altro avrebbe dormito sul letto – il padrone forse – e che io dovessi dormire per terra. Non sarebbe stata la prima volta che accadeva. Anzi” Nyven si strinse nelle spalle “ero molto felice di poter dormire su un tappeto”

Zir si avvicinò a lui, togliendogli di mano l’involtino che Nyven pareva essersi dimenticato di mangiare “Sbrigati a vestirti…”

Lasciò che Nyven cominciasse ad indossare quello che lui gli aveva messo sul letto prima di ricominciare a parlare. “Era da tanto che Irìyas non rideva così di gusto. Eppure, quando ti ha visto dormire per terra, avvolto dal tappeto per ripararti dal freddo, è scoppiato a ridere. In effetti eri buffo, lui però non rideva così da tantissimo…”

Nyven avrebbe voluto chiedere perché, ma sapeva che Zir non gli avrebbe dato alcuna risposta esauriente.

Finì di vestirsi con quel pensiero in testa.

E stranamente contento di aver fatto in qualche modo felice il padrone.

 

 

Vide per la prima volta il casello, quando il carro si stava allontanando per dirigersi verso il mercato.

Nyven s’era stupito quando, per muoversi, Zir gli aveva detto che avrebbero usato un semplice carro trainato da cavalli. Forse ancora coinvolto dalla visione dell’ancella, s’era aspettato qualcosa di insolito, surreale. Quei giorni passati lì facevano apparire il Crocevia un luogo visitato anni fa, ma l’idea del carro lo rassicurò. Qualche cosa, anche in quel luogo così diverso da quelli che conosceva, funzionava in maniera consueta.

Il castello sembrava fuoriuscire dalla roccia, in parte costruito su di essa, in parte incastonato. Era imponente. In effetti il ragazzo non era in grado di dire se quello di fronte a lui fosse un castello… forse di più un palazzo, o una villa.

Nyven scosse la testa.

Si trovava persino in difficoltà nel capire che cosa avesse di fronte: non avrebbe certo avuto vita facile.

Il palazzo era isolato, intorno la vegetazione era lussureggiante.

“Non ci abita nessuno qui intorno?”

“Irìyas è più che sufficiente. E gli abitanti di casa sua sono, a parer mio, fin troppi”

Nyven allargò gli occhi: “E’ che sembra un posto piuttosto solitario…”

“In realtà, come vedrai, la città non è molto distante. Inoltre, tieni anche presente che abita un Lapdinare in quelle stanze”

“Non capisco”

“Questo perché non lo conosci. Ma Mamim non accetterebbe di vivere in nessun altro luogo abitato se non lì. I Lapdinare sono la specie che più d’ogni altra ha necessità di sentirsi libera. E la città tende a dare un certo senso di costrizione…”

“Ma tu non hai mai paura?”

“Di vivere qui?”

“ Di Mamim”

Zir sorrise: “Avrei paura se non ci fosse”

Nyven lo guardò meravigliato, senza parlare per un po’, mentre i cavalli galoppavano verso il mercato, poi riportò la sua attenzione sul palazzo che piano piano si allontanava.

I capelli che gli erano cresciuti fino alle spalle gli davano fastidio alla vista e cercò di tirarseli via dagli occhi.

“Certo che sono cresciuti proprio in fretta…”

“Stasera te li taglierò”

“Il padrone m’ha detto che gli servono per spegnere il fuoco. Un fuoco che persino lui non riesce a spegnere…”

Zir non spostò le sua attenzione dalle redini che aveva in mano.

“Ho visto ben poco, devo ammetterlo. Ma da quello che ho visto, il padrone deve essere un uomo estremamente potente… Com’è possibile che lui non abbia l’arte di spegnere il fuoco?” Nyven continuò a parlare, sperando che Zir lo aiutasse nel suo ragionamento “All’inizio, quando m’ha detto che aveva bisogno dei miei capelli per spegnere il fuoco, ho semplicemente pensato che il padrone non avesse il dominio sugli elementi naturali. Un mio vecchio padrone, che si vantava di conoscere le arti magiche, mi disse che non tutti i maghi sono uguali e che non tutti hanno il controllo sulla natura. Però di certo il padrone ha un perfetto controllo sull’acqua, tanto da poter dare ospitalità persino ad un’ancella…” Nyven lottò ancora una volta coi suoi capelli “Quindi ho pensato che il fuoco a cui il padrone si riferiva fosse un altro tipo di fuoco, ma francamente io non conosco nessun altro tipo di fuoco che il fuoco stesso” rise per la sua frase “Forse sto parlando un po’ troppo…”

Zir scosse la testa “Continua. Sono curioso di sapere fin dove ti sei spinto.”

“Non molto più in là, a dire il vero. Poi mi sono addormentato” Nyven allargò le braccia, come ad indicare che  il sonno fosse stato più forte di lui

“Questa mattina però ho capito che il padrone deve avere molta fretta. Mi fa dormire per far sì che i miei capelli crescano prima, stasera vuole già che siano tagliati… Evidentemente ne ha bisogno il più presto possibile”

Zir sorrise: ”Sei molto sveglio, quasi troppo per un pivello di Droà”

Nyven fece una smorfia di dissenso: “Non sono così piccolo! Ma, un momento” disse poi cambiando completamente voce ed espressione “hai detto il padrone ha riso quando m’ha visto?”

“Così ho detto”

“E’ venuto nella mia stanza?”

“Com’era suo diritto fare”

Nyven capì d’essere stato frainteso “Certo, certo! Lo chiedevo per capire il motivo…”

“Pensi che... ?” chiese il coniglio in modo allusivo

“O no, no” si affrettò a dire il ragazzo, stranamente imbarazzato “Voglio dire, il padrone può fare quel che vuole…” ma si rese conto di aver peggiorato la situazione. Avvampò “Insomma, intendevo…”

“Per parlare”

“Che cosa?”

“Il padrone è venuto in camera tua per parlarti”

“Ma non hai detto che dormivo?”

“E questo cosa c’entra? Non ho detto che ti aveva cucito la bocca”

“Ho parlato nel sonno?”

“Molto, devo ammettere”

Le guance del ragazzo divennero ancora più rosse. “Chissà che cos’ho detto”

“Niente di disdicevole, se è questo che ti preoccupa. Ma il padrone ha sicuramente capito che ti deve piacere molto”

Nyven guardò Zir con la bocca aperta, per un attimo non seppe che cosa dire. “In che senso?”

“In che senso…Che senso può esserci in quello che ho appena detto?”

“In che senso mi piace il padrone: l’ho visto solo qualche minuto”

“Ad Irìyas non serve altro per farsi amare o odiare. Il tempo, qui, viene scandito in modo diverso da come sei abituato. E poi non dimenticarti che hai parlato molto, col padrone. Magari sei rimasto affascinato dalle sue parole”

“Ti sbagli. Ho rispetto per il padrone, e mi piace” disse scandendo ogni sillaba del verbo “perché ho incontrato altri padroni e lui, sicuramente, è uno dei più gentili. Ma non so altro. Inoltre non ho il diritto di avere altre opinioni, né sul padrone, né sul posto dove sono stato portato. Ciò che penso deve e dovrà sempre essere sfumato.”

Il coniglio guardò il ragazzo. “Voi umani siete ben strani…”

“Gli schiavi sono diversi dagli essere umani”

“Su questo devo darti ragione”

 

Svoltato l’angolo le orecchie a punta del coniglio e quelle di Nyven furono investite dai rumori del mercato, dai chiassi delle bancarelle.

 

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Nota dell'autore: In realtà il "sogno" che c'è all'inizio del capitolo avrebbe dovuto essere separato dal capitolo stesso (così è nella versione "originale"). In pratica, mi sembrava troppo striminzito per considerarlo un vero e proprio aggiornamento. Ci saranno altri sogni e forse mi comporterò diversamente, ma questa volta che il capitolo 4 è già pronto, ho preferito addentrarmi in fretta nella storia ^_^