Cremisi
parte III
di Dicembre
Nyven non riusciva a smettere di guardarla. La sua sagoma, a volte, si confondeva con l’acqua dell’ambiente, i lineamenti del viso sembravano appena accennati, eppure era bellissima. Il ragazzo le si avvicinò lentamente. “Sa benissimo che la stai guardando” la voce di Irìyas era un sussurro nel suo orecchio. Nyven si voltò spaventato, ma vide che il mago era distante. Riportò la sua attenzione sull’Ancella. Non avrebbe mai creduto possibile vedere un dio, invece lei era lì, di fronte a lui, intenta a fare qualcosa che Nyven non capiva. Agli occhi umani appariva fatta d’acqua, trasparente. I capelli sembravano raccolti, ma a volte ricadevano pesantemente sulla spalle di lei, con uno scroscio.
Le Ancelle - divinità marine il cui compito era quello di raccogliere l’acqua del mare che cadeva ai confini del mondo, per poi rigettarla nel Mare Interno ed evitare quindi che questa cadesse, lontano dalla terra - erano fantasticherie per alcuni. Irraggiungibili per i più. Le loro enormi giare in Cristallo di Vento, la loro bellezza eterna e sfuggevole erano la leggenda più antica di tutto il Regno. Nyven non sapeva esattamente dove si trovasse il castello del mago e, di conseguenza, non aveva idea di quanto fosse vicino ai confini. Il Regno toccava, in due punti, la fine del mondo, dove il mare cadeva giù.
“Siamo vicini alle Colonne?” “Non hai idea di dove ti trovi?” Nyven scosse la testa: “No signore” “Né perché un’Ancella si trovi qui” “Questo lo reputo un miracolo…” disse Nyven arrossendo. Irìyas sorrise all’ingenuità del ragazzo “Non esistono miracoli” poi tese una mano all’Ancella che smise di fare quello che stava facendo – Nyven non aveva idea di che cosa fosse – e si avvicinò al mago. Sembrò sorridere e sembrò guardarlo negli occhi a lungo. Poi gli mise le braccia intorno a collo, lasciando le l’acqua bagnasse i suoi capelli corvini. Lo strinse a sé e, in uno scroscio, scomparve, ricomparendo esattamente dove Nyven l’aveva vista all’inizio. Era così bella… “Siete bellissima” Nyven si sentì dire. Lei lo guardò e rise, divertita. “Dovresti imparare a parlare ad un’Ancella” “Signore?” “Non puoi rivolgerti ad una dea come se ti rivolgessi ad un qualunque mortale” Ma l’Ancella si avvicinò al mago con l’aria corrugata e Irìyas scoppiò a ridere “Non è d’accordo” spiegò “ dice che il tuo complimento le ha fatto molto piacere” e poi rise di nuovo. Nyven guardò il suo padrone, mentre questi era intento a parlare con l’Ancella. Sembrava così felice e rilassato, che il ragazzo osò, di nuovo, prendere la parola. “Dove siamo qui, signore?” “A Nord-Est, fra Tagorln ed Epsèda,” Nyven sgranò glì occhi ripensando a Droà, dove da sempre era vissuto “Fin lassù…” L’Ancella sorrise di nuovo divertita “Le devi essere particolarmente simpatico, ma non confonderti. Lei” disse prendendo una mano della dea ed avvicinandosi al ragazzo “E’ un Ancella delle Colonne del Sud” “Nel territorio di Droà?” Iriyas annuì “Ed è qui per aiutarmi” Fu in quel momento che Nyven si rese conto che la persona che aveva davanti non era semplicemente un mago bizzarro ed originale che si circondava di stranezze. Chi poteva avere un’Ancella al proprio servizio?
Sebbene la dea sembrasse felice di essere lì, probabilmente di sua scelta,
quale mago poteva sperare nell’aiuto di un dio? Nyven lo stava guardando con la bocca aperta. “Chiudila” gli disse Irìyas aspramente “e rispondimi, che cosa spegne il fuoco?” Nyven si scosse da quel torpore momentaneo, abbassando velocemente lo sguardo. “Non lo so, mio signore” rispose, questa volta. Il ragazzo ebbe la sensazione che il padrone sorridesse, ma se effettivamente lo fece non seppe dirlo. Non vide le sue labbra muoversi. Non capì quindi se fosse un sorriso di scherno, di approvazione, di derisione oppure se fosse un’illusione della sua mente. Ma non ebbe il tempo per pensarci, Irìyas condusse l’Ancella per mano, sin dove aveva lasciato il suo lavoro e lo sollevò: una rete sottilissima appoggiata sull’acqua. Ne staccò un pezzettino. Protese il palmo verso Nyven: un frammento di una corda forse? Ma quando Nyven vide che cosa il mago stava porgendogli sul proprio palmo, fu troppo confuso per dire qualcosa. Un filo cremisi, inzuppato d’acqua, ma così brillante da apparire luminoso “E’ un tuo capello” E così dicendo, il mago buttò il filo nello stesso fuoco dove poco prima aveva buttato l’acqua. Le fiamme crepitarono, si alzarono per un istante, ma poi Nyven sentì uno sbuffo, quasi una voce roca di chi non ha più fiato. Le fiamme si ripiegarono su se stesse, schiacciate e soffocate. Si spensero quasi subito, le ultime braci si trasformarono in cenere. Il rosso del fuoco scomparve. “I miei…” Nyven si portò una mano sulla testa, completamente rasata. “Ricresceranno, molto in fretta” “Ma come…?” “Com’è possibile?” Nyven annuì “I tuoi capelli soffocano il fuoco, qualunque fiamma, anche ben più alta di quelle nel camino” Irìyas apparve estremamente serio “ E io devo spegnere un fuoco che non è mai stato spento prima d’ora” Nyven fece per chiedere qualcosa, ma gli occhi del padrone gli impedirono di farlo. Per un istante, vi vide dolore e a lui, uno schiavo, non era permesso fare domande. Un fuoco mai spento… “E l’arte di una dea d’acqua” continuò Irìyas come se non ci fosse stata alcuna pausa fra i suoi pensieri “L’arte di un’Ancella, permette ai tuoi capelli di essere perfetti e pronti. Sta intrecciando con le sue mani una rete” Il ragazzo fece un passo verso l’Ancella che, con mani esperte, stava tessendo i suoi capelli cremisi. “Ma io ora sono…” Nyven si rese conto di non avere più capelli in testa e, di conseguenza, di non essere più utile al padrone “Mi manderete via?” Era davvero così triste al pensiero di andarsene? C’era qualcosa di così affascinante in quel posto, che Nyven sperò di essere di qualche aiuto e di non essere costretto ad andare via. Irìyas sorrise: “I tuoi capelli cresceranno in fretta, non ti manderò via” rispose, quasi avesse letto i pensieri del ragazzo “Sarebbe stato sciocco l'averti acquistato per quella cifra, per prendermi solo i tuoi capelli…” “Oh…” Annuì Nyven sollevato “Che cos’altro devo fare?” “Ora va’ a letto, tra poco avrai molto sonno… Domani torna qui, aiuterai l’Ancella ad intrecciare i tuoi capelli e aiuterai Zir in alcune faccende” A quelle parole, Irìyas rise divertito, come se gli fosse venuto in mente qualcosa di molto buffo “Zir non sarà per niente contento di dover badare ad un ragazzino…” Nyven abbassò lo sguardo, non era certo così piccolo da aver bisogno di una balia, nè di un supervisore. Non sapeva esattamente gli anni che aveva, ma sicuramente più di diciotto soli. “Quanti anni hai ragazzo?”
“Non lo so signore. Da quando ho memoria, ho contato diciotto soli…” “Sì, signore”” “E leggevi mappe…”
“Le disegnavo… anche... “ Nyven esitò e Irìyas lo guardò negli occhi, obbligando il ragazzo ad abbassarli “Nel sonno, i tuoi capelli cresceranno di più”.
Quando Nyven alzò di nuovo lo sguardo si ritrovò di fronte alla cassapanca impolverata nella stanza vuota. Non c’era alcuna traccia delle scale d’acqua, solo qualche granello di polvere che ancora svolazzava, dopo che il coperchio della cassapanca s’era chiuso bruscamente. “Ma…” Nyven non capì, s’era sognato tutto? Sospirò, scrollando la testa.. Fece per fare un passo verso la porta – forse Zir l’avrebbe aiutato a capire – e solo in quel momento notò i suoi piedi zuppi Il ragazzo era più confuso che mai, ma non gli venne dato il tempo di riflettere. “Allora!” sentì una voce gridare “Torni su o vuoi l’invito scritto?” Zir stava urlando “Arrivo!” Non poteva farsi troppe domande, lui non era certo lì per avere risposte. Che importava se non capiva il suo nuovo padrone? Che importava se non riusciva a capire quel… quel luogo in cui era stato portato. Sarebbe stata la sua nuova casa e il mago il suo nuovo padrone.
Che senso aveva essere così confuso?
La vecchia porta impolverata era aperta, le sale che portavano da Zir erano tutte in salita: ma non era forse salito per raggiungere quello sgabuzzino? Sospirò. Avrebbe impiegato molto tempo per capire quella casa e il suo nuovo padrone.
Il coniglio lo stava attendendo, picchiettando le dita sulla parete “Guarda che la prossima volta non ti aspetto!” “E’ che…” “Sìsì, lo sgabuzzino, ma potevi comunque fare prima” “Ma io non…” “Non capisci, certo. Cosa vuoi capire, il primo giorno” “Sì, però…” “Niente però, devo farti vedere la stanza, o vuoi dormire nello sgabuzzino da basso?”
“Ovunque and…” “Dove…” “Dove dormirai? Nella tua stanza, ovvio!” Nyven sospirò all’ennesima interruzione. Non avrebbe cavato molte informazioni da Zir, quella sera. Tentò allora di cambiare strategia, mentre cercava di stare al passo del coniglio che quasi correva “Il padrone?” “Il padrone cosa?” Aveva sperato Zir completasse anche quella frase “L’ho incontrato” “Certo che l’hai incontrato”
“In una stanza d’acqua” “Ma come…. “ Al che Zir si fermò di colpo e si girò a guardare Nyven, spingendosi gli occhiali contro il naso “Non cercare di capire quello che non puoi capire, ragazzo. Non così presto. Il consiglio che ti posso dare io è quello di osservare, se vuoi capire. Nessuna domanda – qua dentro – porterà ad una risposta chiara, perché non esiste nessuna risposta certa.” Zir guardò il ragazzo negli occhi “Ci sono molte faccende complicate e forze coinvolte di cui meno sai e meglio è. Fa’ ciò che ti compete, ma cerca di…” poi s’interruppe scuotendo la testa, quasi si fosse ricordato di qualcosa. “Cosa pensi di Irìyas” chiese dopo un attimo Nyven esitò, ma non i suoi occhi. Gli era apparso inquietante e gli era apparso forte. Gli era apparso terribile e pauroso, ma anche bello. Gli era apparso affascinate. Gli era apparso irraggiungibile, ma soprattutto voleva rivederlo, voleva parlare di nuovo con lui, per capire esattamente che cosa stesse pensando di Irìyas. Vedendo l’esitazione del ragazzo e la sua bocca leggermente aperta, ma priva di parole, Zir scrollò le spalle, apparendo sconsolato. Riprese a camminare, ma non disse più una parola: lo sguardo di Nyven era stato sufficiente per dirgli tutto.
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